BSc Thesis

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UniversitĂ di Cagliari

Per un sistema di segnaletica integrata della Cittadella dei Musei a Cagliari Facoltà di Architettura Corso di laurea in Scienze dell’architettura A.A. 2010/2011 Tesi di laurea di Valentina Porceddu Relatore: Paolo Sanjust Co-relatore: Stefano Asili



Università di Cagliari

Facoltà di Architettura Corso di laurea in Scienze dell’architettura A.A. 2010/2011 Tesi di laurea di Valentina Porceddu Relatore: Paolo Sanjust Co-relatore: Stefano Asili


indice 3.

Il percorso come un filo

5.

Il ruolo dell’architettura nella formazione dell’immagine ambientale

7.

Il cambiamento: la città contemporanea

8.

Grafica e racconto urbano

11. La via della semplicità 12. La Cittadella dei Musei 26. Note


Il percorso come un filo

La nostra dipendenza da percorsi predeterminati aumenta le probabilità di perderci (il GPS smette di funzionare e non c’è nessuna mappa in macchina), in parte perché siamo privi della capacità di rievocare una “mappa mentale” di un’area che non gioca più il benché minimo ruolo nell’informazione fornita.1

Mappa mentale (prima di una lunga serie) Taccuino, pagine 33 - 34 Bic nera

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Il nostro modo di percorrere lo spazio oggi potrebbe essere definito in termini di “navigazione assistita”. Ci muoviamo in compagnia di una voce guida che indica la strada da seguire per raggiungere una destinazione preimpostata. Un dispositivo GPS (Global Positioning System) è in grado, con un buon livello di approssimazione, di fornirci la posizione assoluta sulla superficie terrestre, servendosi dei segnali inviati dai satelliti. Perché questo possa avvenire con successo è necessario avere un’opportuna ricezione da parte di almeno quattro sorgenti. Esistono quindi una serie di condizioni da soddisfare che circoscrivono l’attendibilità, talvolta scontata, della tecnologia. Inoltre, quando ci spostiamo nello spazio non ci limitiamo soltanto a compiere un movimento tra due punti, non ci basta seguire un itinerario calcolato meccanicamente o sapere la posizione assunta momento per momento. Il significato stesso del viaggio come esperienza verrebbe meno: potremmo riassumerlo in due soli elementi, A e B, trascurando gli innumerevoli punti di una connessione che nella realtà può non essere univoca. Il percorso, in questo caso, è un filo inestensibile. Contrapposta a questa posizione, vi è quella che Paul Mijksenaar definisce imprevedibilità pianificata, o più semplicemente “avventura”.2 Potremmo immaginare di unire la partenza e la destinazione con un elastico in grado di deformarsi, toccando quei punti che entrano a far parte del percorso ma che non erano contemplati nella visione iniziale, qualificandosi come imprevisti e opportunità. Non esiste più un solo segmento di congiunzione, ma possibili itinerari, la cui conformazione risiede nell’individuo e nella possibilità che all’esigenza iniziale si aggiungano bisogni contingenti, come godere di una vista panoramica o lasciarsi incuriosire dalla vetrina di un negozio. Sono i punti intermedi che fanno il percorso, non gli estremi. Apparentemente, l’imprevedibilità diminuisce con la maggiore disponibilità di artifici, siano essi dei segnali, delle mappe o dispositivi più evoluti. La sicurezza della tecnologia, verso la quale si ripone una ragionevole ma smisurata fiducia, sulla base di un’infallibilità soltanto presupposta, argina qualsiasi istinto di sopravvivenza che porterebbe a guardarsi intorno, considerando tutti i punti del percorso ed evidenziandone alcuni in base all’esperienza. Ma in passato il nostro riferirci allo spazio era meno schiavo di assoluti e attingeva da un bagaglio di relazioni con l’intorno.

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Il ruolo dell’architettura nella formazione dell’immagine ambientale

Cittadella dei Musei, Cagliari Belvedere orientale sulla cittĂ 19.10.2011 ore 17:30

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Torre di San Pancrazio, Cagliari 02.11.2011 ore 15:52

Un primo modo di stabilire relazioni spaziali è probabilmente dato dalla differenziazione del costruito, riconoscibile soprattutto nella città antica. Nella sua struttura era possibile rintracciare una serie di elementi simbolicamente e visivamente dominanti, cui Ludovico Quaroni, ne La Torre di Babele, dà il nome di emergenze, inserite all’interno di un tessuto.3 Kevin Lynch, ne L’immagine della città, cita il modo in cui Proust descrive Combray, servendosi della parte per indicare il tutto: Era sempre al campanile che uno doveva ritornare, era sempre esso che dominava tutte le altre cose, riassumendo le case in un inaspettato pinnacolo.4

Il campanile assume nella teoria di Lynch il ruolo del riferimento, ossia l’elemento puntiforme che rimane esterno all’osservatore. Vi sono altri elementi sulla base dei quali si struttura l’immagine ambientale, o la corrispondente “mappa mentale” di Mijksenaar. Percorsi sono i canali lungo i quali l’osservatore si muove abitualmente, occasionalmente o potenzialmente. Margini sono gli elementi lineari che non vengono usati o considerati come percorsi dall’osservatore; essi sono confini tra due diverse fasi, interruzioni lineari di continuità. Quartieri sono le zone della città, di grandezza media o ampia, concepite come dotate di un’estensione bidimensionale in cui l’osservatore entra mentalmente “dentro”, e che sono riconoscibili in quanto in esse è diffusa qualche caratteristica individuante. Nodi sono i punti, luoghi strategici in una città, nei quali un osservatore può entrare, verso i quali e dai quali si muove; le congiunzioni sono tipicamente convergenze di percorsi, eventi nel cammino, ma anche fuochi di intensità di quartieri, il loro centro polarizzatore.5 L’immagine ambientale è frutto di un’interazione tra l’osservatore e lo spazio, di una selezione effettuata dal primo sul secondo in virtù della forza con cui un elemento rimane impresso nella mente. Le informazioni geografiche esistono nel momento in cui sono dedotte dalla struttura circostante e attraverso una percezione continua si sedimentano nell’individuo. 6


Il cambiamento: la città contemporanea

I contrassegni rossi e bianchi sui sentieri italiani rappresentano per l’escursionista la sicurezza di trovarsi in un luogo battuto, lasciandogli la libertà di seguire un percorso a più variabili, secondo le proprie necessità. La comunicazione grafica ha un ruolo essenziale, perché viene valorizzata da chi traccia consapevolmente dei percorsi e neutralizzata da chi segue, meccanicamente, delle traiettorie.6

Un paesaggio che risulti scarsamente plasmato dall’intervento dell’uomo può risultare privo di differenziazioni spaziali immediatamente percepibili, che spiccano per contrasto rispetto all’intorno. Ma se questa affermazione godeva di forza prendendo come raffronto la città raccontata da Quaroni, un senso di smarrimento pervade lo straniero giunto, nel secondo millennio, in una metropoli sconosciuta e sempre meno riconoscibile, lentamente assimilabile nei suoi elementi salienti. La città contemporanea presenta i postumi di quell’evento che ha fatto da spartiacque rispetto alla città antica: la Rivoluzione industriale. Da quel momento, l’aumento e l’automazione della produzione, anche nel settore edilizio, hanno reso più instabile e incline alla trasformazione la struttura dello spazio, assecondando i ritmi elevati della rendita fondiaria. Il paesaggio urbano ha gradualmente perso quel carattere di fermezza che si concretizzava nel campanile, simbolico nord dello skyline. L’architettura ha cominciato a porsi obiettivi quali il recupero dell’esistente e la progettazione di opere effimere e riconfigurabili, a servizio dell’evento e disciplinate dai requisiti della sostenibilità. In questo contesto, l’adattabilità delle percezioni umane rivela una minor velocità rispetto alle possibilità di aggiornamento della tecnologia: le mappe GPS, in continua revisione, hanno la capacità di dare una lettura quasi simultanea della flessibilità del costruito, rivendicando il compito di protesi dei sensi e riscattando l’immagine della navigazione assistita. È opportuno dotare il viaggiatore di un bagaglio di informazioni più ricco, che gli lasci la possibilità di esplorare consapevolmente l’ambiente e al contempo supplisca alle carenze di un apparato ereditato dall’evoluzione della specie. Il viaggio diviene costruzione ragionata di un percorso a tappe, mediante il supporto dei segni grafici, scelti tra quelli che la città mette a disposizione, e le estensioni tecnologiche, dalle mappe in tempo reale alla realtà aumentata.

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GraďŹ ca e racconto urbano

Il nesso tra grafica e cittĂ diventa molto piĂš ricco, consentendo di leggere il luogo urbano come una grande partitura di segni notazionali, molti dei quali amministrati e generati appunto dalla grafica.7

Via Fiume, Cagliari Sul filo 03.12.2011 ore 09:03

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Le nostre città ereditano non solo le architetture, ma anche le iscrizioni del passato, come veri e propri libri di storia della grafica a cielo aperto. La loro evoluzione ha portato a un processo di sovrapposizione degli elementi costituenti questa “scrittura visiva”: la toponomastica, le mappe, i sistemi informativi e la segnaletica, l’immagine della P. A. e dei privati, le insegne e la pubblicità, costituiscono un linguaggio di grande potenzialità per il racconto urbano.8 Tra le righe di queste modalità espressive, che scaturiscono da una mentalità progettuale, è possibile leggere una moltitudine di segni che, pur intenzionali, sono il prodotto di gruppi sociali minoritari che si saldano intorno ad una caratteristica individuante, ad esempio la religione o l’etnia. Per dare risonanza pubblica ad iniziative sorte dal basso, questi occupano lo spazio comune, per mezzo di canali alternativi rispetto a quelli istituzionali. Le superfici si trasformano in una bacheca infinitamente estesa, dove il singolo individuo lascia traccia del proprio passaggio, armato di bomboletta spray, pennarelli e fogli. La città diventa veicolo di trasmissione di un messaggio scritto a più mani. Indipendentemente dalla bontà del contenuto, frutto di una società eterogenea di cui dobbiamo prendere atto, soffermiamoci sulla competenza del messaggero. Nei confronti dell’inquinamento prodotto da una comunicativa pletorica e da una complementare indifferenza per la cultura dell’immagine (risultato di una forma dell’industrializzazione dei processi comunicativi, dove l’industria massmediale e informazionale, prigioniera della ideologia dell’orientamento al mercato, produce vulcanicamente informazione), noi sottolineiamo le nuove responsabilità del progettista grafico. Difendiamo il progetto della qualità nel campo della comunicazione visiva. Rivendichiamo nostre le responsabilità nei confronti dell’utenza. Competenza questa che è peraltro ciò che ci viene richiesto dalla committenza più avanzata.
Noi dichiariamo pertanto il punto di vista dell’utenza fondamento costante del nostro operare.9

Tuttavia, alla luce del ventennio trascorso dalla Carta del Progetto grafico, il professionista deve prendere atto della natura ibrida dell’utente, che provvede in modo più o meno raffinato ai propri bisogni, affrancandosi dai servigi altrui. Da una parte si assiste al proliferare di mittenti improvvisati, grazie all’ampia diffusione della tecnologia, dall’altra si nota la progressiva apertura del grafico verso altre branche, come la fotografia, e la sempre minore attenzione verso la specificità del proprio campo.

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Piazza Garibaldi, Cagliari Elezioni amministrative 07.05.2011 ore 9:19

Ci chiediamo allora quale sia la linea labile di discrimine tra il professionista e il profano, o volendo andare oltre una pregiudizievole distinzione accademica, quale sia il metro di paragone da adottare in un panorama sempre più affetto da vere e proprie manifestazioni di inquinamento visivo. Per rendere giustizia al tecnico, si potrebbe dire che prima di definire se un progetto sia o meno buono, si dovrebbe affermare che esso è, innanzitutto, un progetto, riferendoci alla consapevolezza con cui un’idea si sviluppa. Saper ripetere un’esperienza di successo è ben diverso dal produrla occasionalmente, quando la qualità probabilmente è destinata a rimanere circoscritta ad un caso isolato. Siamo sommersi dal visivo, ma al progetto della “visibilità”, della nostra facoltà “di mettere a fuoco visioni a occhi chiusi” (come scrive Italo Calvino) non si manifesta nessuna attenzione.10

Al professionista si richiede, per far fronte al disordine comunicativo, di spuntare le armi altrui servendosi della specificità delle proprie, evitando di cadere nell’indifferenza strumentale, ma facendo appello a quella capacità descritta dall’Italo Calvino delle “Lezioni Americane”: un saper vedere frutto di formazione e propedeutico al progetto. Possiamo farci un’idea dell’importanza di curare la comunicazione visiva per il modo in cui permea il nostro quotidiano prendendo in prestito la metafora citata da Adrian Shaughnessy: Il design grafico è stato paragonato ad un bicchiere di vino. Quando beviamo il vino ci accorgiamo a malapena del bicchiere in cui viene servito. Non sarebbe veritiero dire che non diamo importanza al bicchiere da cui beviamo – non berremmo un vino doc da una vecchia tazza, per esempio – eppure è il vino che conta, non il suo contenitore.11

Sebbene si assista ad una grafica quasi invasiva, non dobbiamo tralasciare la sua capacità di trasmettere i contenuti con chiarezza, senza che si presti attenzione alla struttura, al pittogramma, al colore, ai caratteri tipografici, cioè proprio a tutto ciò che rende il messaggio intellegibile. L’ubiquità di cui gode è tale che l’abitudine ci porta a considerare scontati elementi senza i quali il nostro mondo apparirebbe irriconoscibile e alieno, incapace di fornirci ogni possibilità di identificazione.12 10


La via della semplicità

In un mercato che ci vede proiettati verso esiti cibernetici, se il sicuro terreno della tecnologia franasse sotto i nostri piedi, il graphic design costituirebbe una valida alternativa: i miliari introdotti dai romani incarnano, con la loro sopravvivenza, i vantaggi di durabilità ed economicità che l’obsolescenza vieta a molti dispositivi di cui ci serviamo per comunicare e orientarci; in situazioni estreme, per quanto non rare, come terremoti, alluvioni, conseguenti disfunzioni la cui soluzione è nelle mani di pochi esperti, esisterebbe comunque una grafica fai-da-te alla quale appellarsi, magari priva di eleganza, ma spesso determinante nel fornire un vero e proprio servizio, primo obbligo cui adempiere. In virtù di questa “rivoluzione copernicana” avvenuta nell’ambito dei servizi, l’utente, in contesti distopici o meno, non è più solo un destinatario ma anche una fucina di comunicazione. Ciò che vogliamo far salvo della concezione della Carta è una diversa centralità, fisiologica e quasi costante, ribadita in funzione di un meccanismo comunicativo che ha come perno la capacità di comprensione e interpretazione dell’individuo. Per utenti biologicamente simili ma culturalmente eterogenei, occorre semplificare la complessità della comunicazione introducendo convenzioni, fino ad un livello in cui il compromesso tra ricchezza dell’esperienza e reciproca comprensione risulti accettabile. La grafica ha sempre posseduto e può, forse deve, ritornare alla capacità di riassumere un divieto – stop – o un segnale identificativo – taxi – in una parola che acquisisce la potenza sintetica dell’immagine, tagliando i tempi interpretativi.

“È solo perché l’osservatore sa come interpretare i segni sulla carta che possiamo dire che la mappa contiene informazioni”. (…) A volte, peraltro, quando si afferma che il contenuto di un sistema grafico (ad esempio una segnaletica) è informativo, si compie un’indebita semplificazione: sapere dove si trovi un determinato luogo è sempre – se questa indicazione appare su una mappa esposta o su un cartello – funzionale alla possibilità che io possa/voglia/debba recarmi in quel luogo.13

E se alla base dell’inquinamento visivo rintracciamo un eccessivo semplicismo, una semplicità genuina può essere la via seguita dalla grafica per rendere comunicabile la complessità che ci arricchisce e al contempo divide.

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La Cittadella dei Musei

Bisogna che i monumenti cantino. Ăˆ necessario che essi generino un vocabolario, creino una relazione, contribuiscano a creare una societĂ civile.14

[1] [2] [3] 1. Portale d’ingresso. 2. Mappa. 3. Cere anatomiche Clemente Susini.

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La Cittadella dei Musei di Cagliari si presenta come una vera Babele di segni, incapace di superare con una concezione unitaria la gestione settoriale – nazionale, regionale, comunale e non ultima universitaria – delle istituzioni culturali che trovano sede nell’area dell’ex Arsenale. La lezione che tale realtà insegna a non seguire è quella di una comunicazione che ha la presunzione di raggiungere il destinatario attraverso un’eccessiva dovizia di indicazioni, le quali, sovrapponendosi, generano un dialogo “chiassoso” e confuso, frutto di un lavoro superficiale. Forte è l’esigenza di introdurre una strategia di semplificazione che argini le distanze tra i vari enti, dando all’utente l’impressione di essere guidato in un clima meno carico di attenzioni e più disteso, che attinge a piene mani da un contesto denso di significati storici e paesaggistici e al contempo dalle infinite possibilità del nostro tempo.

[4] [5] 4. Pinacoteca nazionale. 5. Museo archeologico nazionale.

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Coerentemente con i principi che sono stati terreno fertile del progetto, come l’idea ecumenica di un patrimonio che si estende dall’opera d’arte alla natura circostante, in cui il tutto è funzionale alla preparazione di un uomo “vitruviano”, è quasi d’obbligo considerare il contesto e le numerose opportunità di relazione spaziale che esso offre. La fisionomia del complesso presenta una riconoscibilità immediata, frutto del contributo dato dal profilo delle fortificazioni sabaude ad ovest e a nord e dallo scosceso roccioso ad est, margini netti di distinzione della “città nella città”. Riferimenti visivi costanti, grazie allo slancio in altezza, sono gli elementi turriti agli estremi di quest’area, i quali costituiscono termini di paragone per stabilire la propria posizione all’interno della Cittadella: la Torre di San Pancrazio, a sud, e la Torre di Santa Lucia, a nord. Non possiamo dimenticare l’ambizione del progetto di tessere relazioni sulla lunga distanza con la città contemporanea, attraverso un sapiente uso delle inquadrature ricavate dall’alternanza tra i corpi di fabbrica, nell’ambito di una passeggiata panoramica per molti versi incompiuta. La distesa offerta dall’ampio cono ottico che si apre sul fronte est rappresenta, analogamente alla Torre di San Pancrazio, un elemento che, pur rimanendo fisicamente esterno al perimetro del costruito, diventa, nella costruzione dell’immagine dell’utente, parte integrante della visione d’insieme. Infine, in quanto segno grafico facilmente assimilabile dalla memoria, per l’andamento sinuoso che contrasta con le spigolose mura, si pone in risalto la rampa realizzata a posteriori per soddisfare l’utenza senza alcuna esclusione. Tenendo presente la preminenza spaziale di questi elementi, si possono individuare possibili destinazioni, anche parziali, dei percorsi; procedendo in senso antiorario a partire dal portale bronzeo, si incontrano: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.

Spazio San Pancrazio Cere anatomiche Clemente Susini Aula Verde Museo civico di arte siamese Stefano Cardu Museo etnografico regionale Pinacoteca nazionale Aula rossa Museo archeologico nazionale Collezione delle industrie litiche preistoriche Laboratorio di antichità sarde e paletnologia

[6] > [9] Semplificazione della pianta a partire da una foto aerea. Gli edifici, dal punto di vista del visitatore, sono “scatole nere”, ad eccezione delle pareti visibili. Sono stati evidenziati i percorsi principali e, sinteticamente, le scale.

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5 6 4

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3

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La risposta che si è scelto di dare alle problematiche di comunicazione di questo complesso è incentrata sulla salvaguardia di alcuni principi ritenuti, se non irrinunciabili, almeno preziosi per il successo della navigazione, come la presenza di un codice forte nella stabilità della sua struttura.

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190

15 15

Il supporto è dimensionato per garantire minori spese in fase di lavorazione, con un modulo costante indipendentemente dal numero di informazioni, che potrebbero facilmente essere aggiunte a posteriori saturando lo spazio ancora disponibile.

60°

Le caratteristiche materiche, come la trasformazione resa dall’obsolescenza, si adattano al contesto, risultato di una ricca stratificazione storica che percorre i secoli dal dominio pisano al secondo dopoguerra, mentre i contenuti garantiscono, con una buona conservazione della forma, il permanere del servizio.

1100

[10] [11] 10. Segnale in acciaio zincato. Il pezzo unico di lamiera viene piegato per creare il piede e le guide dell’elemento estraibile collocato nel leggìo. 11. La forma deriva interamente dalla funzione: stare in piedi, permettere una lettura e un’inquadratura agevole del codice, adattarsi ai cambiamenti.

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5 220


Università di Cagliari

ABCDEFGHIJKLMNOPQRSTUVWXYZ 1234567890 abcdefghijklmnopqrstuvwxyz ,.;:-_!ӣ$%&/()=?^@ ABCDEFGHIJKLMNOPQRSTUVWXYZ 1234567890 abcdefghijklmnopqrstuvwxyz ,.;:-_!ӣ$%&/()=?^@

Si è impiegato il medesimo font già in uso presso gli ambienti dell’Università, il Frutiger, declinato in due varianti che mantengono una loro distinguibilità senza perdite in termini di chiarezza ed eleganza, il Light e il corrispondente corsivo per le traduzioni. Tale scelta è in linea con la possibilità di estendere a più realtà, nelle quali è forte la presenza istituzionale, un linguaggio riconoscibile, colmando le lacune di uniformità che abbiamo evidenziato in precedenza, e coordinando l’immagine di un’entità che manifesta in senso umanistico e in modo chiaro la sua presenza sul territorio. L’idea di una segnaletica che sia non solo un sistema, ma un sistema integrato dalla tecnologia, mediante l’impiego della realtà aumentata tramite codice QR, è in linea con un progetto architettonico e di restauro permeato dalla volontà di mostrare i segni del tempo che sino ad oggi hanno raccontato la storia di quest’area, e al contempo l’intenzione di non ristagnare entro i confini della storia ma seguire, attraversandoli, gli esiti della sua evoluzione.

[12] [13] [14] 12. Marchio dell’Università di Cagliari. 13. Frutiger Light e Light Italic. Il Frutiger è stato disegnato nel 1976 da Adrian Frutiger per l’aeroporto Internazionale Charles De Gaulle di Roissy. 14. Esempio di Codice QR.

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5

I segnali posti agli snodi principali presentano la pianta semplificata del complesso e una legenda con cui interpretarla. Non indicano direzioni, ma forniscono la posizione dell’utente, in quel momento, rispetto alle diverse destinazioni. Dei tre, solo quello posto in corrispondenza dell’ingresso reca il testo sull’elemento verticale.

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Frutiger Light corpo 16 pt interlinea 19,2 pt

5 6 4

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2 Frutiger Light corpo 12 pt interlinea 18 pt 62

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Spazio San Pancrazio Cere anatomiche Clemente Susini Aula verde Museo civico di arte siamese Stefano Cardu Museo etnografico regionale Pinacoteca nazionale Aula rossa Museo archeologico nazionale Collezione delle industrie litiche preistoriche Laboratorio di antichità sarde e paletnologia

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Frutiger Light corpo 52 pt interlinea 62,4 pt

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Università di Cagliari Cittadella dei Musei

5


[26] [27] [28] 26. Ingresso. Il segnale viene utilizzato per occultare un elemento verticale della rampa, dando continuitĂ ottica ai correnti in ferro. 27. Snodo intermedio. 28. Terzo snodo.

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5

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.

Spazio San Pancrazio Cere anatomiche Clemente Susini Aula verde Museo civico di arte siamese Stefano Cardu Museo etnografico regionale Pinacoteca nazionale Aula rossa Museo archeologico nazionale

La parte superiore, in formato A4, può essere cambiata periodicamente in quanto incassata mediante guide, le quali mantengono un allineamento esterno con la parte sottostante del segnale. Questo accorgimento è stato previsto in relazione alla frequenza con cui determinate informazioni, come orari e contatti, cambiano nel tempo. La medesima considerazione è alla base del codice a barre bidimensionale, o codice Quick Response, che può essere letto mediante appositi dispositivi o applicazioni per smartphone, garantendo, con aggiornamenti in tempo reale, un collegamento ai siti internet dei Musei.

25

110

15

50

Frutiger Light corpo 16 pt interlinea 19,2 pt

orario di apertura: dal martedì al sabato 9:00 - 13:00 mercoledì, venerdì 16:00 - 19:00 domenica, lunedì chiuso

Frutiger Light Italic corpo 16 pt interlinea 19,2 pt

opening time: from tuesday to saturday 9:00 am - 1:00 pm wednesday, friday 4:00 pm - 7:00 pm sunday, monday closed info: tel. 070 684800 - 070 662496

217

info: phone. 070 684800 - 070 662496

15 10 Frutiger Light corpo 70 pt interlinea 84 pt

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34 Frutiger Light corpo 52 pt interlinea 62,4 pt

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Spazio San Pancrazio

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[15] [16] [17] 15. Museo archeologico nazionale. 16. Pinacoteca nazionale. 17. Museo etnografico regionale. Modalità di collocazione nel caso di ingresso con stipite centrale. La scelta dipende dal mantenimento della fruibilità , anche per i disabili, senza rinunciare alla chiara identificazione dell’entrata.

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[18] [19] [20] 18. Aula rossa. L’ingresso non è posto a favore del percorso usuale, su cui il segnale è stato collocato per garantire comunque l’individuazione dell’accesso. 19. Cere anatomiche Clemente Susini. 20. Museo civico di arte siamese Stefano Cardu.

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[21] [22] [23] 21. Aula verde. 22. Spazio San Pancrazio. Il segnale non deve ostacolare le rampe o i dispositivi ausiliari, se presenti. Dove possibile viene addossato alla parete. 23. L’integrazione di una cella fotovoltaica su un supplemento superiore, con collegamento a dei led alla base, garantirebbe un effettivo servizio anche in occasione di iniziative e inaugurazioni che si protraggono oltre il consueto orario.

23


15

9. Collezione delle industrie litiche preistoriche Laboratorio di antichità sarde e paletnologia Segnale in formato A4 che viene fissato alla parete mediante tasselli. Questa differente soluzione è stata introdotta per la specificità del contesto delle due realtà cui si riferisce, aventi un accesso comune dall’esterno.

180

15

50

Università di Cagliari

Frutiger Light corpo 16 pt interlinea 19,2 pt

CIMAS - Centro Interdipartimentale dei Musei e dell’Archivio Storico Collezione delle industrie litiche preistoriche Dipartimento di scienze archeologiche e storico-artistiche LASP - Laboratorio di Antichità Sarde e Paletnologia

174

Frutiger Light corpo 70 pt interlinea 84 pt

43

15

[24] 24. Struttura del segnale.

24

9

15


Università di Cagliari CIMAS - Centro Interdipartimentale dei Musei e dell’Archivio Storico Collezione delle industrie litiche preistoriche

Frutiger Light corpo 23 pt interlinea 27,6 pt

Dipartimento di scienze archeologiche e storico-artistiche LASP - Laboratorio di Antichità Sarde e Paletnologia

9

[25] 25. Collezione delle industrie litiche preistoriche Laboratorio di antichità sarde e paletnologia.

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note 1. Paul Mijksenaar, You are here, N.B. Nuova Serie n.1, Anno II 2. Ibidem 3. Ludovico Quaroni, La torre di Babele, Marsilio, Padova 1967 4. Kevin Lynch, L’immagine della città, Marsilio, Padova 1971 5. Ibidem 6. Antonio Perri, Da utente a interprete. Come non perdersi dietro ai fantasmi (e nella metro), Progetto grafico n. 17, Aprile 2010 7. Mario Piazza, Le scritture della città, Intervento all’Accademia di Belle Arti di Urbino nell’ambito della conferenza “Guarda lontano”, 8 aprile 2005 8. Ibidem 9. AA. VV., Carta del progetto grafico, art. 6, Aosta 1989 10. Beppe Chia, Guardare, vedere, progettare: educare, Intervento tenuto in occasione della manifestazione Roma Design più, Design After school, Università La Sapienza, Corso di Laurea in Disegno Industriale, Roma 2008 11. Adrian Shaughnessy, Guida per profani al graphic design, Design Observer, trascrizione editata della trasmissione radiofonica Resonance FM’s Free University of the Airwaves, 2008 12. Ibidem 13. Antonio Perri, Da utente a interprete. Come non perdersi dietro ai fantasmi (e nella metro), Progetto grafico n. 17, Aprile 2010 14. Paul Valéry, Epigrafe sulla facciata del Musée de l’Homme a Parigi

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