Politecnico di Torino Corso di Laurea Magistrale in Architettura per il progetto sostenibile A.A. 2013/2014
La certificazione di sostenibilitĂ , tra strumento di progetto e verifica. Applicazione ragionata del protocollo LEED NC al Campus Tiscali.
Relatori
Roberto Giordano Carlo Micono Correlatore esterno
Ingrid Paoletti
Candidati
Valentina Porceddu Alessia Procida
Indice
Introduzione Valutare la sostenibilità L’emergere del concetto di sviluppo sostenibile Gli strumenti di valutazione della sostenibilità degli edifici Applicare la certificazione LEED® ad un progetto esistente: obiettivi
p. 004 p. 004 p. 004 p. 005 p. 007
II 2.1 2.2 2.3 2.4 2.5
La certificazione ambientale LEED® Nascita negli Stati Uniti e implementazione in Italia Struttura del protocollo e livelli di certificazione Sistemi di verifica esistenti e criteri di scelta Articolazione del processo di certificazione Incidenza dell’approccio nel valore dello strumento
p. 008 p. 008 p. 009 p. 011 p. 012 p. 013
III 3.1 3.2 3.3 3.4 3.5
Caso di studio: il Campus Tiscali Masterplan Linguaggio architettonico Destinazione d’uso e sua evoluzione Strategie adottate nel progetto iniziale Scelta del sistema di verifica per la certificazione
p. 014 p. 014 p. 015 p. 016 p. 017 p. 019
IV 4.1 4.1.1 4.1.2 4.1.3 4.1.4 4.2 4.2.1
Scenari di applicazione della certificazione LEED® Scenari basati su competenze settoriali Caso 1 – Intervento “minimo” Caso 2 – Riqualificazione involucro Caso 3 – Riqualificazione impianti Caso 4 – Gestione avanzata impianti Scenario basato su competenze multisettoriali Caso 5 –Intervento globale
p. 021 p. 021 p. 021 p. 023 p. 024 p. 025 p. 026 p. 026
V 5.1 5.1.1 5.1.2 5.2 5.3
Conclusioni Discussione degli scenari Confronto tra approcci settoriali Criticità dell’approccio multisettoriale Il ruolo dell’architetto nel processo corale di progettazione Il ruolo del LEED® come strumento di valutazione
p. 138 p. 138 p. 138 p. 139 p. 142 p. 143
Bibliografia generale Risorse per la certificazione Allegati
p. 146 p. 147
I 1.1 1.1.1 1.1.2 1.2
I 1.1 Introduzione Valutare la sostenibilità
Il presente lavoro ha come oggetto di studio il Campus Tiscali, situato in località Sa Illetta, a Cagliari, dove nel 2001 l’omonima azienda italiana e sarda del settore delle telecomunicazioni, a seguito della propria affermazione sul mercato internazionale, ha deciso di realizzare la sua sede centrale. A dieci anni dall’inaugurazione, avvenuta nel 2003, il complesso di uffici e strutture di servizio ospita funzioni che hanno saputo adeguarsi ai cambiamenti del mercato, attraverso una parziale integrazione della destinazione d’uso principale con l’emergente realtà del co-working e l’apertura alla collaborazione sinergica con altri professionisti del settore. Attività flessibili sono racchiuse entro un contenitore statico, concepito originariamente come innovativo, ma soggetto ad una rapida obsolescenza delle soluzioni impiegate. L’evoluzione tecnologica, alla luce di una crescente sensibilità verso le tematiche ambientali, è stata parallelamente accompagnata da un processo di adeguamento normativo, che in edilizia stabilisce da un lato limiti prescrittivi, mentre dall’altro fornisce strumenti per incrementare, misurare e certificare le prestazioni degli edifici. La valutazione della sostenibilità di un edificio è un problema complesso, che richiede approfondite considerazioni relative alla scala del progetto e all’intervallo di tempo entro il quale si estende l’analisi. Le conseguenze generate da un intervento antropico non riguardano la sola impronta lasciata sul sito, ma si estendono alla scelta dei componenti di dettaglio, dei processi produttivi che hanno permesso di ottenerli e delle modalità per la loro messa in opera, che condizioneranno gli scenari successivi alla realizzazione. In questo modo si richiama un approccio onnicomprensivo che contempla l’intero ciclo di vita dell’edificio, passando per il progetto, la costruzione, la gestione e la dismissione, fasi nelle quali la quantificazione degli impatti può subire notevoli variazioni. Secondo i dati forniti dalla Commissione Europea, gli edifici in Europa comportano: 004
•• l’impiego del 50% dei materiali estratti in fase di costruzione •• un consumo di acqua pari al 30% in fase di costruzione e gestione •• il consumo del 42% dell’energia e il 35% delle emissioni di gas serra in fase di gestione •• una produzione di rifiuti pari al 30% in fase di costruzione e dismissione.1 Per poter assistere ad un miglioramento degli scenari rappresentati da questi dati occorre agire non solo sulla limitazione degli effetti negativi di un edificio, ma incentivare anche la capacità di influenzare positivamente la sostenibilità nelle sue componenti fondamentali, di tipo ambientale, economico e sociale, secondo la definizione data dalla Norma ISO 15392:2008, Sustainability in building construction. 1.1.1 L’emergere del concetto di sviluppo sostenibile Nel 2000 il Premio Nobel per la Chimica Paul J. Crutzen utilizzò il termine “antropocene” per indicare l’era geologica attuale, il cui inizio simbolico fu individuato dallo stesso scienziato con l’invenzione del motore a vapore da parte di James Watt, sul finire del XVIII secolo. La specificità di questa definizione risiede nell’aver riconosciuto per la prima volta ad una sola specie, quella umana, la capacità di alterare sensibilmente i cicli dell’acqua e del carbonio, attraverso un inarrestabile consumo di risorse.2 La seconda metà del XX secolo è segnata da alcune tappe
1 Associazione Nazionale per l’Isolamento Termico e acustico, Linee guida per la progettazione con i protocolli di sostenibilità LEED e ITACA, versione 1.2, 2012
Bettini, Virginio, Marina Alberti e Gabriele Bollini, Metodologie di valutazione dell’impatto ambientale, Venezia: Clup, 1988
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fondamentali, che descrivono la consapevolezza crescente dei limiti del modello di sviluppo seguito fino a quel momento e la necessità di un nuovo paradigma. Nel 1962 Rachel Carson pubblica “Silent Spring”, titolo evocativo di un ipotetico scenario futuro nel quale la biologa statunitense colloca una città americana nella quale domina il silenzio delle specie ormai estinte, a seguito degli effetti dannosi dei pesticidi usati in agricoltura. Nel 1972 il System Dynamics Group del Massachusetts Institute of Technology pubblica il rapporto “The limits to growth”, commissionato dal Club di Roma, secondo cui gli indicatori considerati, ossia le risorse naturali, il prodotto industriale procapite, gli alimenti procapite, la popolazione e l’inquinamento, avrebbero portato ad un collasso entro i cento anni dall’indagine, qualora non si fosse messa in atto alcuna misura correttiva. Senza entrare nel merito dell’affidabilità delle proiezioni, è da sottolineare come sia stato messo scienficamente in discussione il successo del pensiero occidentale, basato sull’analogia tra il concetto di sviluppo e una crescita senza limiti. La stessa consapevolezza assume carattere istituzionale in due momenti fondamentali. Nello stesso anno, in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite, viene approvata la Dichiarazione di Stoccolma, testo articolato in 26 principi, e viene istituito il Programma ambientale delle Nazioni Unite. Nel 1987 la World Commission on Environment and Development pubblica il Rapporto “Our Common Future”, meglio noto come Brundtland, dal nome del presidente di commissione cui si deve la definizione di sviluppo sostenibile, inteso come lo sviluppo capace di soddisfare i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere gli stessi bisogni da parte delle generazioni future. Il documento raccoglie in tre parti le preoccupazioni, le sfide e gli sforzi comuni dei Paesi partecipanti. Il valore delle azioni intraprese a scala locale su un problema di portata globale viene sancito dall’Earth Summit di Rio de Janeiro del 1992, che tra i suoi risultati comprende l’iniziativa Agenda 21, strumento da declinare ai diversi livelli del territorio per dare luogo, entro il XXI secolo, ad una serie di azioni capaci di incidere gli equilibri esistenti, a partire dalle città. Successivamente alla Carta delle città europee per uno sviluppo durevole e sostenibile, siglata ad Aalborg nel 1994, la necessità di ridimensionare gli impatti del settore edilizio emerge dalla Conferenza Habitat II, a Istanbul, nel 1996.
Nel 2006 l’American Society of Heating, Refrigerating and Air Conditioning Engineers (ASHRAE) ha introdotto il concetto di Green Building, basato sui criteri del consumo netto di energia, dato dal bilancio tra fonti non rinnovabili e rinnovabili, pari a zero, minimizzazione delle emissioni, di rifiuti solidi e liquidi, nonché contenimento dell’impatto sugli ecosistemi. Al contempo, le strategie messe in atto per ottenere questi risultati non avrebbero dovuto sacrificare, bensì incentivare, la qualità della vita, reale e percepita, da parte degli utenti.3 Tuttavia, dire quale effettivamente sia l’architettura sostenibile, davanti ad approcci anche distanti gli uni dagli altri, risulta un’operazione complessa. A partire dalla necessità di dare chiara lettura dei risultati raggiunti, a prescindere dalla capacità del singolo progetto di darne comunicazione dietro ad un’immagine accattivante, nascono gli strumenti di valutazione. 1.1.2 Gli strumenti di valutazione della sostenibilità degli edifici Per stabilire in che misura un progetto si impegni a perseguire questi obiettivi, possiamo individuare quali strumenti di valutazione sono disponibili, distinguendoli secondo due approcci: •• qualitativo e a punteggio, con il quale il livello di sostenibilità ambientale è determinato dal soddisfacimento di specifici requisiti e dal totale dei punti acquisiti per ciascuno, in base all’attribuzione di pesi differenti; •• quantitativo, con il quale è possibile determinare in maniera rigorosa l’energia incorporata dall’edificio nel suo intero ciclo di vita, fino alla dismissione, fornendo un indicatore sintetico. Mentre in quest’ultima categoria ricade la Life Cycle Assessment (LCA), possiamo includere nella prima le certificazioni di sostenibilità LEED4 (Stati Uniti), BREEAM5 (Inghilterra) e CASBEE6 (Giappone). Tali protocolli rappre-
Filippi, Marco, e Valeria Branciforti, «Green Building e Green Washing» in Atti rassegna tecnica - Società degli Ingegneri e Architetti in Torino 1–2–3 (2012): 15–21 3
LEED® - Leadership in Energy and Environmental Design
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5 BREEAM® - Building Research Establishment Environmental Assessment Methodology
CASBEE® - Comprehensive Assessment System for Built Environment Efficiency 6
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sentano uno dei possibili strumenti in grado di individuare le prestazioni di un edificio, sulla base di categorie relative a tematiche differenti ma integrate all’interno del progetto, e di classificarlo secondo un sistema a livelli. Tra i fattori presi in considerazione troviamo anche il consumo di energia, il quale non costituisce tuttavia un parametro esclusivo. Questo dettaglio distingue la certificazione ambientale dall’attestato di prestazione energetica attualmente utilizzato in Italia, che viene espresso in funzione di un intervallo di classi, distinte secondo l’indicatore dei kWh/m2anno o dei kWh/m3anno, in relazione alla destinazione d’uso.7 Mentre in questo secondo caso si ha una prospettiva limitata ai dati relativi al fabbisogno energetico, il primo strumento ha alla base una visione più ampia. Dal punto di vista della cogenza, la redazione dell’attestato di prestazione energetica è imprescindibile per le operazioni immobiliari di vendita o locazione di immobili pubblici e privati, oltre che un elemento influente nella scelta da parte degli acquirenti. Solo la Regione Friuli Venezia Giulia ha imposto che la certificazione ambientale, denominata nello specifico contesto VEA, sia necessaria nei medesimi casi, mentre nella maggior parte delle applicazioni la sua adozione è volontaria. Vige l’obbligo solo per i nuovi edifici pubblici, i nuovi immobili destinati a Edilizia Residenziale Pubblica e nel caso si voglia accedere a particolari bonus e incentivi. In Italia sono impiegati prevalentemente due protocolli. Il protocollo ITACA è il più utilizzato a livello pubblico, sebbene con modifiche implementate per un miglior adattamento alle specificità regionali, cui si è tentato di porre ordine attraverso una pubblicazione nazionale nel 2011. Sul piano privato prevale il LEED, uno strumento di respiro internazionale che può rappresentare un investimento in termini di costi e di immagine.
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7 D.L. 4 giugno 2013, n. 63, Disposizioni urgenti per il recepimento della Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell’edilizia per la definizione delle procedure d’infrazione avviate dalla Commissione europea, nonché altre disposizioni in materia di coesione sociale, convertito con modificazioni dalla L. 3 agosto 2013, n. 90
1.2 Applicare la certificazione LEED® ad un progetto esistente: obiettivi La diffusione dei protocolli di valutazione ha determinato una tendenza a identificare gli edifici con lo strumento che attribuisce loro un certo livello, facendo trasparire un’immotivata priorità del certificato rispetto al progetto. Questo genera, da una parte, una situazione nella quale il certificato vincola il progetto prendendo il sopravvento sulle scelte dei progettisti, invece che suggerire loro dei temi sui quali confrontarsi. Tale rischio è tanto più elevato quanto meno si coglie l’importanza del coinvolgimento di più discipline all’interno del processo, necessarie per la presenza di categorie di valutazione relative a diversi settori. In secondo luogo, il concepire un edificio certificato con il massimo livello come standard di sostenibilità nega gli aspetti fondamentali di specificità dati dalle condizioni entro cui si progetta, le quali rappresentano una traccia da seguire diversa per ciascun caso, senza che la ripetizione delle medesime soluzioni possa essere garanzia dei risultati raggiunti. Al contrario, la flessibilità di questi mezzi dovrebbe offrire un codice di lettura comune per confrontare esempi diversi tra loro, che possono perseguire i medesimi obiettivi percorrendo strade diverse. Prescindendo dalla capacità dei mezzi impiegati, siano essi LEED, BREEAM, Itaca o altri, di quantificare il soddisfacimento di requisiti di sostenibilità, l’obiettivo di questa tesi è quello di discutere un problema anteriore: • il loro ruolo - partendo da uno di essi, il protocollo LEED - nell’ambito di un progetto sostenibile, distinguendo tra assessment tool e design tool; • il ruolo dell’architetto all’interno di un progetto complesso, che richiama competenze notevolmente diverse le une dalle altre, e l’importanza che questa consapevolezza assume nel padroneggiare una certificazione ambientale, subordinando lo strumento a chi lo utilizza. Sono queste due variabili, alla radice, a compromettere
la bontà di un progetto: lo strumento non potrà valutare bene l’oggetto, se ad esso si relaziona in maniera differente rispetto a quella per cui è stato concepito. Questa distinzione tra progettazione e valutazione, a livello zero, rappresenta un presupposto necessario, ma non sufficiente, per una corretta verifica. Tale riflessione sarà guidata dall’applicazione di LEED Italia 2009 Nuove Costruzioni e Ristrutturazioni ad un caso di studio reale, per la possibilità di seguire concretamente le procedure previste dalla certificazione. L’intervento sull’esistente costituisce uno stimolo progettuale maggiore nello sviluppo di strategie tese al miglioramento di una situazione pregressa, che presenta necessariamente dei limiti. Essi sono dettati dalla necessità di stabilire un equilibrio tra il proprio intervento e gli indirizzi progettuali originari, dal tempo intercorso dalla prima realizzazione, che ha visto un’evoluzione della normativa, delle tecnologie e delle esigenze, e dalle risorse disponibili sul territorio specifico. Il lavoro sarà articolato nella definizione di scenari di applicazione della certificazione al medesimo caso studio, il Campus Tiscali di Sa Illetta, a Cagliari. Nell’individuazione delle ipotesi sarà data priorità alle diverse competenze del gruppo di progettazione e alla loro incidenza sul risultato finale, in quanto l’accento dell’analisi vuole essere posto sui protagonisti delle scelte, a parità di strumento impiegato ma non di conoscenze che si vogliono mettere in gioco. Saranno quindi definiti quattro scenari settoriali, costruiti mediante una prevalutazione secondo la checklist del LEED, e uno scenario multisettoriale, sviluppato nel dettaglio. Nella parte conclusiva verranno confrontati gli approcci applicati e riletti criticamente i risultati raggiunti per ciascuno di essi. Verranno descritte inoltre le problematiche emerse dall’applicazione puntuale del protocollo portata avanti nel quinto caso.
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II 2.1 La Nascita negli Stati Uniti certificazione e implementazione in Italia ambientale LEED® Il LEED® - Leadership in Energy and Environmental Design, introdotto negli Stati Uniti nel 1998, è un sistema di valutazione della sostenibilità ambientale degli edifici, con carattere volontario e non prescrittivo. La sua applicazione rappresenta quindi una precisa scelta, da parte del committente dell’opera e del gruppo di progettazione, finalizzata alla certificazione delle prestazioni secondo un insieme di criteri e al conferimento di un livello capace, eventualmente, di rendere l’edificio più competitivo sul mercato. A seguito della costituzione della prima associazione no profit nel 1993, la U.S. Green Building Council (U.S. GBC), venne istituito un comitato multidisciplinare allo scopo di analizzare i metodi esistenti e sviluppare uno strumento che arricchisse il processo di valutazione in edilizia. L’approccio seguito riflette la collaborazione di professionalità provenienti da diversi ambiti, ciascuna delle quali ha una ricaduta sul progetto, non solo dal punto di vista costruttivo, ma anche economico, legale e amministrativo. Oggi conosciamo il risultato di questo lavoro con il nome di LEED, programma pilota cui seguirono una versione 2.0 nel 2000, 2.1 nel 2002, 2.2 nel 2005 e la LEED 2009, secondo un percorso di aggiornamento tuttora in atto, al fine di rispondere alla varietà di casi applicativi e alle criticità emerse. Per soddisfare le esigenze di mercato provenienti dagli specifici settori, l’offerta si è ampliata in modo da fornire protocolli dedicati alle differenti destinazioni d’uso, quali ad esempio scuole, ospedali e attività commerciali.
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Il Green Building Council Italia (GBC Italia) è un’associazione no profit che fa parte della rete internazionale dei GBC presenti in oltre 40 paesi, tra cui India e Canada. È membro del World GBC e partner di U.S. GBC. GBC Italia viene costituito il 28 gennaio 2008, su iniziativa della Provincia Autonoma di Trento e di Habitech Distretto Tecnologico Trentino insieme a 47 soci fondatori, tra aziende, enti e associazioni. Nel 2010 viene rilasciata ufficialmente la
versione italiana del sistema di valutazione dedicato alle Nuove Costruzioni e Ristrutturazioni, denominata LEED 2009 NC Italia, che ha beneficiato di un importante lavoro di revisione e adattamento dei crediti alle specificità locali.
2.2 Struttura del protocollo e livelli di certificazione
Ogni progetto interessato ad acquisire la certificazione LEED deve essere conforme a caratteristiche minime fissate per ciascun sistema, allo scopo di garantire la trasparenza dell’ente certificatore, il valore oggettivo dell’immobile sul mercato ed evitare successive ripercussioni sul processo in corso. I Requisiti Minimi di Programma devono essere obbligatoriamente rispettati al fine di ottenere la certificazione per il caso in esame - denominato nel seguito come Progetto LEED - prima dell’acquisizione di punti utili per determinare a quale livello questo si collochi. Tali accorgimenti sono continuamente aggiornati e il loro mancato soddisfacimento, anche a seguito del riconoscimento, comporta la revoca immediata da parte del Green Building Council Institute. Essi riguardano il rispetto della normativa vigente e delle previsioni degli strumenti urbanistici alle diverse scale, la definizione dei limiti entro i quali la certificazione ha valore e la trasparenza della documentazione sui consumi energetici e idrici. La struttura vera e propria del LEED prevede una valutazione del progetto mediante punteggio acquisito sulla base del soddisfacimento obbligatorio di prerequisiti e l’acquisizione premiale di crediti, divisi in categorie. Tali categorie sono state definite in modo da comprendere diversi aspetti dell’edificio che influiscono sulla sostenibilità e, per lo specifico LEED Italia NC 2009, sono: •• Sostenibilità del Sito (SS) 1 prerequisito, 8 crediti, max 26 punti •• Gestione delle Acque (GA) 1 prerequisito, 3 crediti, max 10 punti •• Energia e Atmosfera (EA) 3 prerequisiti, 6 crediti, max 35 punti •• Materiali e Risorse (MR) 1 prerequisito, 7 crediti, max 14 punti •• Qualità ambientale Interna (QI) 2 prerequisiti , 8 crediti, max 15 punti
Inoltre sono state inserite due categorie aggiuntive, al fine di considerare prestazioni che eccedano notevolmente la richiesta, pratiche progettuali non valutabili nelle precedenti e aspetti peculiari dovuti alla posizione geografica e alle specifiche esigenze locali. Sono state denominate: •• Innovazione nella Progettazione (IP) 2 crediti, max 6 punti •• Priorità Regionale (PR) 1 credito, max 4 punti I crediti sono pesati sulla base delle categorie definite dall’U.S. Environmental Protection Agency (EPA) all’interno del software TRACI1, che viene impiegato per stimare gli impatti ambientali nelle analisi LCA. In Italia si tiene in considerazione anche quanto, analogamente, viene fatto dal NIST2 con il software BEES3. In accordo con tale procedura, l’incidenza sul punteggio complessivo dipende da consumi energetici, emissioni di gas serra di impianti e trasporti, dall’energia incorporata nell’acqua e nei materiali edili e dalla produzione di rifiuti. Indipendentemente dal Paese in cui il protocollo ha una sua declinazione, esistono delle regole di base: •• tutti i crediti valgono almeno 1 punto, in modo che il valore totale sia sempre positivo e intero •• tutti i crediti hanno un peso unico e fisso senza variazioni geografiche •• l’ammontare dei punti corrispondenti ai crediti base è
TRACI - Tool for the Reduction and Assessment of Chemical and Other Environmental Impacts
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NIST - National Institute of Standards and Technology
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BEES - Building for Environmental and Economic Sustainability
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pari a 100, con l’eventuale possibilità di acquisire 10 punti bonus, relativi ai crediti delle categorie opzionali IP, se le prestazioni raggiunte sono esemplari, superando notevolmente quelle richieste, e PR, se sono ritenute di particolare importanza a scala locale.
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Il livello raggiunto varia in base all’intervallo entro cui ricade il punteggio acquisito, secondo la seguente scala di valutazione: 1. Complesso Fiera Milano, Rho (Fieramilano) 2. Laboratorio Saint-Gobain, Corsico (Saint-Gobain)
• • • •
Certified: 40 - 49 punti Silver: 50 - 59 punti Gold: 60 - 79 punti Platinum: 80 - 110 punti
Attualmente in Italia sono presenti 61 progetti certificati, di cui 8 di livello Certified, 10 di livello Silver, 37 di livello Gold e 6 di livello Platinum. Altri 113 sono in fase di certificazione, per un totale di 174 progetti.4 Il primo edificio ad ottenere una certificazione LEED in Europa, con l’applicazione del protocollo Existing Building: Operation and Maintenance, che valuta la gestione di un immobile esistente, è stato il complesso Fiera Milano, a Rho. Nel 2013 l’Habitat Lab, showroom e laboratorio di SaintGobain a Corsico (Milano), ha ottenuto la certificazione Platinum con 90/110 punti, diventando l’edificio con il punteggio più alto in Italia.
L’elenco aggiornato è consultabile al link: http://www.gbcitalia.org/ page/show/progetti-registrati-e-certificati?locale=it
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2.3 Sistemi di verifica esistenti e criteri di scelta
L’operazione preliminare da compiere è la scelta del tipo di strumento, tra quelli disponibili, di cui risulta più coerente l’applicazione. Il GBC fornisce indicazioni in merito ai criteri da seguire, basandosi in una prima fase sul tipo di intervento, sia esso, ad esempio, una nuova costruzione o la ristrutturazione di un edificio esistente, e in un secondo momento sulla destinazione d’uso.1 Attualmente è possibile scegliere tra diversi sistemi di verifica. I principali in funzione del tipo di intervento sono:
Gli edifici scolastici possono rientrare nei casi analizzati solo se si consegue un credito relativo al comfort acustico nella categora IP, le cui specifiche sono consultabili online sul sito della GBC Italia. A scala più ampia rispetto al singolo edificio, è invece disponibile il sistema LEED Neighborhood Development, valido per i progetti relativi alla nuova realizzazione o alla riqualificazione di quartieri ad uso residenziale o misto.
• LEED for Existing Buildings: Operations and Maintenance: interventi di miglioramento delle condizioni attuali di edifici esistenti, che non prevedono una completa ristrutturazione; • LEED for Core & Shell: interventi che si concentrano sull’involucro esterno degli edifici, senza riguardare la riorganizzazione degli spazi interni; • LEED for New Construction and Major Renovations: nuove costruzioni o ristrutturazioni che coinvolgono elementi significativi degli impianti, dell’involucro e della distribuzione interna. La versione italiana di quest’ultimo, LEED 2009 Italia NC, è applicabile ad un insieme ampio di casi e secondo determinate condizioni dipendenti dalla destinazione d’uso: •• agli uffici, alle attività commerciali o ricettive, alle sedi istituzionali o agli edifici residenziali di almeno quattro piani abitabili •• il proprietario, o il locatario se presente, deve essere responsabile di almeno il 50% della superficie vendibile. In caso contrario, può essere applicato LEED for Core & Shell.
U.S. Green Building Council, LEED 2009 Rating system selection guidance, version 4, 2011
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SCELTA DEL SISTEMA DI VERIFICA
TIPO INTERVENTO
La committenza, valutati i costi e i benefici di tale scelta, può decidere di applicare il protocollo LEED, coinvolgendo i progettisti e tutte le figure tecniche necessarie per portare a termine la procedura. Essa si struttura in fasi, ufficializzate attraverso il portale web1 alla conclusione dell’analisi preliminare o assessment. Sono necessari i dati principali dell’edificio, del committente e del gestore del processo di certificazione, nonché il pagamento di una quota per l’avvio dell’istruttoria e l’accesso alla documentazione ufficiale per le successive fasi di revisione. Esse sono:
Al termine della revisione in fase di progetto, che può essere utile a verificare la fattibilità della certificazione, si riceve un parere che non ha valore definitivo e che non assicura l’ottenimento di alcun livello. Inoltre, se sono state apportate modifiche al momento della realizzazione, è necessario aggiornare la documentazione, per poterla sottoporre al giudizio definitivo. Il portale online può essere utilizzato per accedere a risorse di supporto durante la fase di elaborazione del protocollo e per avere un confronto diretto in caso di incertezza. L’ente indipendente e imparziale addetto al rilascio della certificazione e all’accreditamento delle competenze dei LEED Accredited Professional (LEED AP), professionisti esperti del sistema di rating, è il Green Building Council Institute (GBCI).
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FINAL REVIEW
design review, al termine della compilazione degli elaborati progettuali, esplicativi delle soluzioni e tecnologie che si intendono adottare; construction review, prima della consegna delle opere, con l’analisi delle azioni intraprese durante la cantierizzazione; final review, che ripercorre i due precedenti momenti, credito per credito.
http://www.gbcitalia.org
QI
MR
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IP
PR
PR
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CONSTRUCTION REVIEW
I
•
DESIGN REVIEW
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•
ASSESSMENT
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1. Fasi della certificazione
DESTINAZIONE D’USO
IT
1
2.4 Articolazione del processo di certificazione
SS RE
LIVELLO
I QU
S
2.5 Incidenza dell’approccio nel valore dello strumento
Lo scopo della riflessione che segue non è quello di fornire, sulla base dei risultati desumibili dalla letteratura scientifica prodotta a riguardo, un elenco delle principali critiche e opportunità del protocollo LEED®, bensì quello di vedere come ciascun aspetto possa assumere una doppia valenza, in funzione dell’approccio utilizzato in partenza. Spesso si limita la sostenibilità alla sola efficienza energetica e si definisce un edificio energivoro solo in termini di prestazioni in esercizio. Un aspetto positivo è l’incentivo dato dal protocollo al dialogo tra più discipline, che vengono tradotte in categorie. Non è facile, e non è questa la sede, dire se questi settori siano sufficientemente rappresentativi di tutti gli aspetti da tenere in considerazione. Nelle regole date dalla sua struttura, c’è tuttavia la possibilità, e il rischio, di poter decidere su cosa confrontarsi, aspetto che sarà alla base della costruzione degli scenari di questa tesi. Nel protocollo ITACA, per esempio, sono assegnati punteggi negativi nel caso in cui un edificio risulti carente rispetto a un requisito, mentre nel protocollo statunitense è possibile conseguire punti che denotano solo le virtù del progetto. Se la flessibilità1 del LEED® viene usata in fase di valutazione, può diventare il codice di lettura e confronto di progetti diversi, che pure, e forse proprio in virtù della loro specificità, possono essere riconosciuti come sostenibili. Viceversa, se viene considerata soltanto una procedura elastica, permette di scavalcare qualsiasi giudizio, in un’ottica di rincorsa al punteggio più simile ad un gioco.
della normativa. Sono state invece le aziende, le associazioni ed altri enti a promuoverlo. Questo fenomeno ha avuto tra i suoi effetti un importante movimento del mercato edilizio nell’offerta di soluzioni che potessero soddisfarne le richieste, in una dimensione di competizione e ricerca di continuo miglioramento. Tuttavia, l’accento dato a tematiche di rilievo, potrebbe tradursi, nel caso di impiego scorretto dello strumento da parte dei progettisti, in una scelta limitata dei prodotti impiegati nella costruzione, tralasciando eventualmente materiali di qualità, pur senza un’etichetta green. Dietro questo protocollo, vi è un lavoro di continuo miglioramento: vengono rilasciate periodiche versioni aggiornate, inclusive di aspetti precedentemente tralasciati, come ad esempio l’inserimento dell’analisi LCA nella versione 4 promossa dall’USGBC. Lo stesso Green Building Council ha permesso la nascita di una nuova certificazione, denominata Living Building Challenge2, che include ulteriori categorie che tentano di dare voce a tutti gli aspetti di un buon progetto. Le più popolari critiche che possono essere rivolte al protocollo LEED®, cui come accennato si tenta di dare risposta, sono diverse e sono spesso basate su difetti legati alla sua efficacia come strumento di valutazione. Il rischio maggiore tuttavia è insito in aspetti che prescindono dallo specifico strumento. Il dubbio è che tali opposizioni possano trovare ragionevoli motivi nella dimensione data alla certificazione in fase di progetto: la checklist guida le scelte passivamente o le analizza?
Dopo aver varcato i confini di origine ed essersi imposto a livello internazionale come un sistema acclamato, il LEED® è diventato un riferimento per la diffusione del concetto di sostenibilità, anche in contesti nei quali faticava ad inserirsi dall’alto, passando per i canali convenzionali
Non si fa riferimento ai limiti prescrittivi, che sono vincolanti, ma alla struttura del protocollo
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http://www.living-future.org/lbc
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III 3.1 Caso di studio: Masterplan il Campus Tiscali
Nel 2001 la Tiscali Spa incarica lo Studio di architettura Arassociati di Milano del progetto architettonico della sua nuova sede centrale, che vede l’apertura del cantiere nel 2002 e l’inaugurazione il 19 settembre 2003. Il momento storico cui va incontro la società ha come conseguenza la carenza di spazi verso i quali indirizzare la propria crescita e la necessità di centralizzare attività direzionali e di supporto, unificando parallelamente un’immagine divenuta più solida. Si tratta di una necessità e possibilità non insolita, che spesso riguarda i grandi attori privati e gli enti istituzionali. A tal proposito, basti pensare alle motivazioni, anche economiche, che hanno spinto la Regione Piemonte alla realizzazione della Sede Unica, ospitata nel grattacielo firmato da Massimiliano Fuksas. Il Masterplan iniziale era rivolto all’intera area oggetto dell’Accordo di Programma1 stipulato tra enti pubblici e l’Ex CASIC2, consorzio di imprese proprietario delle aree facenti parte del distretto industriale di Macchiareddu. Attualmente, dopo più di dieci anni, risulta edificato il solo lotto 6, di pertinenza della società telematica. L’accesso avviene da sud-est mediante la Strada Statale 195, infrastruttura realizzata in precedenza per servire l’area industriale e dalla quale si sviluppano due assi secondari di distribuzione ai parcheggi, situati in prossimità degli ingressi. All’interno, tra i diversi blocchi di uffici, è permesso spostarsi unicamente a piedi, servendosi di un percorso trasversale agli edifici che inizialmente doveva essere porticato, ma successivamente si è preferito il solo segno della pavimentazione per eliminare un potenziale filtro verso il paesaggio. La pista ciclabile che doveva svilupparsi lungo il litorale della laguna non è stata realizzata e
al momento non è possibile raggiungere l’area in bici per l’assenza di un percorso dedicato. Il Campus Tiscali deve tale definizione alla volontà di integrare gli spazi tecnici con i luoghi adibiti alla ricreazione e al lavoro. Gli edifici si collocano sull’area con una disposizione regolare rispetto ad una maglia, ad eccezione del blocco dei servizi, volendo attribuire a quest’ultimo una valenza differente e una funzione di cerniera rispetto al lotto confinante. I blocchi destinati ad uffici e centro direzionale si sviluppano in corpi lineari, perpendicolari al percorso pedonale di attraversamento, con una giacitura nord-est sud-ovest, e un auditorium di forma compatta che si colloca tra gli edifici 4 e 5. Gli edifici principali hanno un’estensione massima di 110 metri e un’altezza di 12,5 metri, corrispondente a 3 livelli. Le reciproche posizioni sfalsate e l’inclusione di spazi verdi alberati definiscono corti aperte verso la laguna. L’asse pedonale termina nella web-farm, deputata alla protezione dei server attraverso una configurazione compatta e una differente scelta delle finiture esterne, mentre sul limite orientale del lotto vengono sistemati gli impianti tecnici.
D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Accordo di Programma “Polo Telematico”, approvato il 16 ottobre 2001
1
Ex CASIC, attualmente CACIP - Consorzio Industriale Provinciale di Cagliari. Uno dei primi consorzi industriali dell’Italia meridionale gestisce le aree di Elmas, Macchiareddu e Sarroch, per un totale di 9.264 ettari
2
014
Scala 1:5000 0
50
250 m
3.2 Linguaggio architettonico
2 1
La scelta dei materiali impiegati per le finiture segue la tradizione locale, pur prevedendo modalità di messa in opera secondo procedure standardizzate e facilmente risolvibili con tecniche industriali. Gli edifici presentano una definizione netta in prospetto, con un attacco a terra privo di un basamento vero e proprio, cui è stato preferito il contatto diretto con il terreno. Questa scelta, insieme alla bicromia data dall’associazione di materiali lapidei differenti, è ispirata consapevolmente alla storia dell’isola e all’Architettura Romanica Sarda, di cui è un esempio la Basilica della Santissima Trinità di Saccargia. I materiali principali di rivestimento sono la trachite rossa, utilizzata per le pareti, il Biancone di Orosei, per le fasce marcapiano e l’ingresso, dove, insieme al basalto, crea un’alternanza cromatica facilmente riconoscibile. Lo stesso litotipo di colore scuro è stato impiegato anche per la pavimentazione esterna e per alcuni dei portali d’ingresso che si incontrano percorrendo l’asse pedonale.
2
4
3
5
3 4
1. Masterplan (Arassociati) 2. Basilica di Saccargia (Sardegnacultura) 3. Trachite rossa, Campus Tiscali (Arassociati) 4. Basalto e Biancone di Orosei, Campus Tiscali (Coworkingfor.com)
1
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A 6
SS
N.
19
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1 2
3
1 - 2 - 3. Campidarte e Tellas, “C(on)nessioni” (Artribune)
3.3 Destinazione d’uso e sua evoluzione
Quando il progetto di Tiscali ha visto la luce nel 2001, la società era proprietaria di uno dei provider più importanti a livello internazionale ed era sua ferma intenzione accorpare in un’unica sede, dal forte valore rappresentativo, le proprie risorse tecnologiche e umane, scegliendo di risiedere nella città in cui aveva mosso i primi passi. In questo modo avrebbe dato un nuovo indirizzo di crescita ad un’isola certamente limitata nei collegamenti materiali al resto del territorio, ma che poteva trarre sviluppo dai flussi immateriali di dati e dal settore avanzato dell’ICT1. Al forte carattere innovativo si affianca un’attenzione sempre presente e rivolta dalla committenza verso il mondo intellettuale, che trova concreta attuazione nel Progetto Arte2. I portali e le sedute che segnano il percorso tra gli edifici sono stati incisi da Michelangelo Pistoletto con indicazioni altamente evocative dello spirito imprenditoriale, nella sua dimensione positiva, e della passione per la ricerca. In questo modo l’azienda intende trasmettere, attraverso un progetto architettonico che è anche progetto d’immagine, i propri valori fondanti. Negli spazi esterni, liberamente fruibili da parte del pubblico, vengono ospitate alcune opere di scultori locali, come Maria Lai, Pinuccio Sciola, Costantino Nivola, italiani, come Grazia Toderi e Alberto Garutti, e stranieri, come Olafur Eliasson. Nel 2013 si assiste alla più importante evoluzione dei contenuti del Campus, all’interno del quale, accanto agli uffici, vengono condivisi spazi di lavoro in forma di coworking, mettendo a disposizione servizi, programmi di accelerazione per start-up digitali e tecnologie a canoni di affitto contenuti. L’iniziativa, cui è stato dato il nome emblematico di Open Campus, ospita periodicamente interventi di grande risonanza nell’ambito dei digital media e
1
Cochrane G., Tiscali Campus - Progetto Arte. Sa Illetta, Cagliari, Cagliari, 2003 2
016
ICT - Information Communication Technology
del web, come la Startup Weekend, che in 54 ore permette a designers, developers, esperti di marketing e di product management, o semplici appassionati, di incontrarsi e far nascere un progetto innovativo. Per far questo sono attive feconde collaborazioni in continua evoluzione con incubatori d’impresa e altri attori del settore. All’interno di questi spazi è anche possibile ripercorrere la storia dell’informatizzazione, attraverso l’installazione di oggetti che ne hanno rappresentato le tappe. L’esposizione permanente è stata intitolata “C(on)nessioni” ed è stata realizzata dal collettivo Campidarte e dall’artista Tellas.
3.4 Strategie adottate nel progetto iniziale
La riqualificazione ipotizzata nel seguito della tesi si è basata su una riflessione stimolata dalle tematiche che il protocollo LEED traduce in categorie: in un primo momento, è stato utile valutare i punti deboli e le potenzialità su cui fare leva. Il sito è collegato ai comuni limitrofi mediante trasporto pubblico, sebbene con qualche carenza dal punto di vista della frequenza, ma il mezzo privilegiato è ancora l’automobile di proprietà. Presenta elevate percentuali di spazio dedicato a verde e a superfici permeabili, in virtù della vicinanza ad un Sito di Interesse Comunitario, cui si è cercato di rimediare contenendo gli indici urbanistici. Le occasioni in cui il consumo di acqua potabile può aumentare sono l’irrigazione e l’impiego dei servizi, non essendo presente una destinazione d’uso che abbia un ingente fabbisogno da soddisfare. Tuttavia, si rivelano opportune le scelte fatte in merito alla tipologia di vegetazione, che richiede poca acqua, e l’installazione di apparecchiature con contenimento del flusso di scarico. Il progetto dell’involucro opaco si distingue per l’utilizzo di materiali locali lapidei per i rivestimenti della muratura, al cui interno non è stato posato alcun isolante, con conseguenti prestazioni non ottimali durante la stagione invernale. Per quanto riguarda le scelte dell’involucro trasparente, l’impiego del vetrocamera semplice, senza alcun trattamento, e il posizionamento interno delle tende a rullo non rendono agevole il controllo della componente della radiazione responsabile del surriscaldamento, che non è trascurabile a questa latitudine. L’impianto di climatizzazione VRF deve colmare le lacune dell’involucro, con un sottosistema di generazione che impiega pompe di calore ad espansione diretta e terminali di emissione in ambiente. Parte dell’aria esausta viene sfruttata mediante recuperatori di calore, che gestiscono le portate di rinnovo. Le soluzioni tecnologiche adottate, un tempo efficienti, possono essere potenziate. Il punto
debole è rappresentato dalla produzione di acqua calda sanitaria mediante scaldacqua elettrici. Non è stata prevista alcuna forma di copertura del fabbisogno da fonte rinnovabile. Il complesso è stato progettato per ospitare un numero di persone superiore rispetto a quelle attuali, con conseguente parziale sfruttamento degli spazi, che vengono in ogni caso climatizzati.
1 2
1. Vista Sud Est, ingresso principale (Confinivisivi) 2. Prospetto Sud Ovest (Arassociati)
017
3 4
7 5
2A 4
3. Planimetria Campus Tiscali 4. Vista Nord Ovest (Arassociati)
3
Servizi integrativi: mensa, bar, asilo nido - 2A Uffici - 2B, 3, 4
2B
Uffici/Open Campus - 5 Auditorium - C Data Center - 6 Locali tecnici: CTA, CTB - 7
Scala 1:2000 0
018
20
100 m
C
6
3.5 Scelta del sistema di verifica per la certificazione
Per il complesso di edifici oggetto di questa tesi si è ritenuta opportuna l’applicazione del sistema di verifica LEED 2009 Italia NC, in quanto si ipotizza un intervento di ristrutturazione che implica modifiche degli impianti e dell’involucro, con accorgimenti riguardanti la gestione degli spazi che non variano l’attuale distribuzione interna. I limiti della valutazione, e conseguentemente della certificazione, includono gli edifici aventi destinazione d’uso omogenea, ossia gli uffici, ed escludono l’auditorium, situato in un blocco interposto, e i servizi integrativi, che sono collocati in una struttura indipendente. Il data center, anch’esso fisicamente distinto all’interno del progetto, non può essere oggetto di alcuna analisi, in quanto non prevede occupazione su base annua e non rispetta pertanto il punto 5 dei Requisiti Minimi di Programma.1 LEED 2009 Italia NC - Checklist Sostenibilità del Sito PT PR 1.0 - Prevenzione inquinamento da 0 attività di cantiere CR 1.0 - Selezione del sito 1 CR 2.0 - Densità edilizia e vicinanza ai 5 servizi CR 3.0 - Recupero e riqualificazione 1 dei siti contaminati CR 4.1 - Trasporti alternativi: accesso 6 ai trasporti pubblici CR 4.2 - Trasporti alternativi: portabi1 ciclette e spogliatoi CR 4.3 - Trasporti alternativi: veicoli a bassa emissione e a carburante 3 alternativo CR 4.4 - Trasporti alternativi: capacità 2 area di parcheggio
PE
PR
1 1 1 1
Green Building Council Italia, RMP - Requisiti Minimi di Programma per LEED 2009 Italia NC, 2011
1
CR 5.1 - Sviluppo del sito: proteggere e ripristinare l’habitat CR 5.2 - Sviluppo del sito: massimizzazione spazi aperti CR 6.1 - Acque meteoriche: controllo della quantità CR 6.2 - Acque meteoriche: controllo della qualità CR 7.1 - Effetto isola di calore: superfici esterne CR 7.2 - Effetto isola di calore: coperture CR 8.0 - Riduzione dell’inquinamento luminoso Totale Gestione delle Acque PR 1.0 - Riduzione dell’uso dell’acqua CR 1.0 - Gestione efficiente delle acque a scopo irriguo CR 2.0 - Tecnologie innovative per le acque reflue CR 3.0 - Riduzione dell’uso di acqua Totale Energia e Atmosfera PR 1.0 - Commissioning di base dei sistemi energetici PR 2.0 - Prestazioni energetiche minime PR 3.0 - Gestione di base dei fluidi refrigeranti CR 1.0 - Ottimizzazione delle prestazioni energetiche CR 2.0 - Produzione in sito di energie rinnovabili CR 3.0 - Commissioning avanzato dei sistemi energetici CR 4.0 - Gestione avanzata dei fluidi refrigeranti CR 5. 0 - Misure e collaudi
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1 26 PT 0
10 PE
4
PR 1
2
1
1
4 10 PT
1 2 PE
1 3 PR
19
1
1
7
1
2
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0 0 0
1
2 3
1
019
020
CR 6.0 - Energia verde Totale Materiali e Risorse PR 1.0 - Raccolta e stoccaggio dei materiali riciclabili CR 1.1 - Riutilizzo degli edifici: mantenimento di murature, solai e coperture esistenti CR 1.2 - Riutilizzo degli edifici: mantenimento del 50% degli elementi non strutturali interni CR 2.0 - Gestione dei rifiuti da costruzione CR 3.0 - Riutilizzo dei materiali CR 4.0 - Contenuto di riciclato CR 5.0 - Materiali estratti, lavorati e prodotti a distanza limitata (materiali regionali) CR 6.0 - Materiali rapidamente rinnovabili CR 7.0 - Legno certificato Totale Qualità ambientale Interna PR 1.0 - Prestazioni minime per la qualità dell’aria PR 2.0 - Controllo ambientale del fumo di tabacco CR 1.0 - Monitoraggio della portata dell’aria di rinnovo CR 2.0 - Incremento della ventilazione CR 3.1 - Piano di gestione IAQ: fase costruttiva CR 3.2 - Piano di gestione IAQ: prima dell’occupazione CR 4.1 - Materiali basso emissivi: adesivi, primer, sigillanti, materiali cementizi, finiture per legno CR 4.2 - Materiali basso emissivi: pitture CR 4.3 - Materiali basso emissivi: pavimentazioni CR 4.4 - Materiali basso emissivi: prodotti in legno/fibre CR 5.0 - Controllo delle fonti chimiche ed inquinanti indoor CR 6.1 - Controllo e gestione degli impianti: illuminazione CR 6.2 - Controllo e gestione degli impianti: comfort termico
2 35 PT
1 4 PE
3 PR
0 3
1 2
1
2 2
1 1
2
1
1
1
1 14 PT
1 6 PE
0 0 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1
PR
CR 7.1 - Comfort termico: progettazione CR 7.2 - Comfort termico: verifica CR 8.1 - Luce naturale e visione: luce naturale per il 75% degli spazi CR 8.2 - Luce naturale e visione: visuale esterna per il 90% degli spazi Totale
1 1 1
1
1
1
15
2
Al fine di valutare l’incidenza di diversi approcci alla progettazione sono stati comparati quattro casi applicativi del protocollo, utilizzando come unità di misura la checklist fornita dalla certificazione stessa. I casi sono stati scelti facendo riferimento all’eventuale disponibilità di competenze professionali specifiche da parte della committenza e/o all’interno del gruppo di progettazione. Nell’ambito di un sistema di rating LEED®, cui si ricorre volontariamente, la preparazione dei tecnici addetti alla predisposizione della documentazione, in seguito validata da un ente terzo, rappresenta un punto cruciale nella valutazione della sostenibilità del progetto. Infatti è il gruppo di progettazione a decidere quali aspetti virtuosi evidenziare, sulla base dei quali verrà assegnato un punteggio, mentre potrebbero non venire alla luce le carenze.1 Per ciascuno dei quattro casi verranno illustrate le ipotesi di partenza. Il metodo adottato per quantificare il punteggio totale e livello conseguibile si basa su una prevalutazione ragionata delle strategie adottate rispetto alle richieste dei requisiti, senza tuttavia un’applicazione puntuale del protocollo credito per credito. I presupposti comuni rispettati durante la costruzione di ciascuno dei casi sono i seguenti. • L’oggetto dell’applicazione è il Campus Tiscali di Cagliari, descritto nei capitoli precedenti. • Si tratta di una riqualificazione dell’esistente e non di una nuova realizzazione. Non si tiene conto di un’eventuale demolizione e ricostruzione. I limiti entro cui si parla di riqualificazione sono dettati dalla definizione che viene data dalla USGBC di major renovation: un intervento che comporti la sospensione delle attività all’interno dell’edificio per un periodo di tempo imprecisato, a causa di una modifica estensiva dell’involucro e/o della struttura e/o degli impianti meccanici, elettrici, idraulici e/o del sito. • Il contesto entro cui si considera il progetto e lo stato di fatto sono quelli attuali e i medesimi nei quattro casi; viene data dimostrazione del loro peso sul punteggio di partenza all’interno del primo caso, date per scontate le stesse considerazioni all’interno dei successivi. • È necessario, per la validità del processo di certificazione, il soddisfacimento dei prerequisiti di ciascuna
Come descritto in precedenza, il protocollo non prevede la detrazione di punteggio se sono presenti dei punti deboli nel progetto
4.1 IV Scenari basati Scenari su competenze settoriali di applicazione della certificazione LEED® categoria, aspetto che influenza il comportamento degli attori nelle azioni da intraprendere per garantire le prestazioni minime richieste. • Le ipotesi sono applicate ottenendo i punti addizionali nei crediti per i quali è consentito e nei limiti della quota massima concessa dalla certificazione: non è possibile considerare più di 5 prestazioni esemplari (nel seguito indicate con PE) e 4 priorità regionali (PR). • Il confronto tra i casi di studio avviene a parità di prestazioni dell’involucro opaco, essendo questo presente nelle diverse ipotesi per il soddisfacimento dei prerequisiti, ma non a parità di soluzioni adottate, in quanto queste hanno un impatto diverso sui crediti in base alle proprie specificità. Le prestazioni considerate sono le stesse di cui verrà data dimostrazione nell’ambito dell’applicazione approfondita del protocollo.2 4.1.1 Caso 1 – Intervento “minimo” - Ipotesi Le seguenti ipotesi si possono verificare nel caso di una committenza fortemente motivata ad acquisire una certificazione e un gruppo di progettazione con competenze deboli. 1. Si considerano i vantaggi dati dalle risorse esterne ai confini del Progetto LEED® (contesto). 2. Si considerano i vantaggi derivanti dalla progettazione anteriore all’intervento (stato di fatto). 3. Viene minimizzato l’intervento sull’edificio, includendo il solo soddisfacimento dei prerequisiti, necessari per ottenere la certificazione. 4. Vengono sfruttate il più possibile le soluzioni che permettono di soddisfare i crediti senza apportare con-
1
Si veda il Caso 1, al punto 3
2
021
sistenti modifiche all’edificio, inteso come sistema di più componenti, e in prima approssimazione come sistema di involucro e impianti. - Descrizione 1. La scelta del sito costituisce una variabile progettuale che incide sul bilancio ambientale complessivo dell’edificio, non solo relativamente alla prima categoria di crediti, Sostenibilità del Sito, ma anche nelle rimanenti. In quest’ultimo caso, il gruppo di progettazione può decidere, ad esempio, di avvalersi di risorse esterne ed evitare la realizzazione di infrastrutture all’interno del progetto, utilizzare prodotti o servizi forniti da imprese locali, favorire la visuale su spazi ad elevata valenza ambientale. Si tratta di un passaggio meno immediato rispetto a quello richiamato dalle prime voci di valutazione del protocollo, ma ha la capacità di incidere sulla qualità del risultato finale e di sottolineare le specificità del progetto, rendendo impossibile una sua lettura separata dal contesto o una sua replicabilità indifferenziata. Il caso di studio scelto si avvale di due risorse capaci di incidere notevolmente sul punteggio di partenza: la presenza di una fermata collegata con due linee del trasporto pubblico e la piattaforma ambientale per il trattamento delle acque reflue, che supporta la rete idrica dell’intero comparto industriale. CONTESTO STRATEGIA Collegamento al trasporto pubblico
Piattaforma ambientale Totale
CR SS 4.1 GA 1.0 GA 2.0
PT
PE/PR
6
-
4
1 PR
2
1 PR
14
2. Nell’ambito di un intervento di riqualificazione esistono dei limiti e dei benefici dati dallo stato di fatto, e in particolare i secondi denotano un comportamento virtuoso da parte del gruppo di progettazione che ha curato la prima realizzazione, indipendentemente dalla possibilità di acquisire un punteggio nell’ambito di un sistema di valutazione di cui non era stato previsto l’impiego. Il caso di studio si avvale di scelte adottate sotto molteplici aspetti. 022
STATO DI FATTO STRATEGIA CR SS 5.1 Qualità degli spazi aperti SS 5.2 Soluzioni di dettaglio dell’impianto GA idrico 3.0 EA Concezione generale dell’impianto 4.0 di climatizzazione QI 7.1 QI 8.1 Illuminazione e visione QI 8.2 Totale
PT
PE/PR
1
-
1
1 PE
4
1 PR
2
-
1
-
1
1 PE
1
1 PE
15
Dal punto di vista del promotore dell’intervento, è possibile acquisire ulteriori punti in base alla strategia assunta rispetto allo stato di fatto, qualora si scelga di riqualificare l’edificio con minime, o addirittura nulle, modifiche sull’esistente. NON INTERVENTO STRATEGIA CR Non si incrementa il numero di par- SS cheggi 4.4 MR Non si compromettono gli elementi 1.1 strutturali, non strutturali e di riveMR stimento 1.2 Totale
PT
PE/PR
2
-
3
-
1
6
Grazie al progetto di base si ottengono 21 punti in totale. 3. Il sistema di valutazione Nuove Costruzioni e Ristrutturazioni è applicabile a precise destinazioni d’uso e tipologie di intervento, riferendosi, in questo secondo caso, a qualsiasi major renovation. Inoltre, il protocollo stabilisce delle prestazioni minime da assicurare per il conseguimento della certificazione, le quali non contribuiscono all’incremento del punteggio. Da questi presupposti deriva la necessità di assicurare, come da prerequisito EA 2: Prestazioni energetiche minime, una riduzione del 5% della trasmittanza delle componenti di involucro, del rendimento globale medio stagionale degli impianti, del
fabbisogno per la climatizzazione invernale ed estiva e la produzione di acqua calda sanitaria, rispetto ai limiti fissati dal D. Lgs. 192/2005, come modificato e integrato dal D. Lgs 311/2006 e dal DPR 59/2009. Per poter raggiungere questo risultato, il promotore dell’intervento è obbligato, almeno, a modificare le stratigrafie delle componenti opache, ottenendo un miglioramento del 6% rispetto ai valori limite. 3 In una prima ipotesi, si suppone che non vengano impiegati materiali o tecniche che permettono di acquisire ulteriori punti per i crediti riferiti alla categoria Materiali e Risorse. 4. Partendo da una base di 35 punti, dati dalle risorse esterne e dallo stato di fatto, si ipotizzano una serie di misure che permettano almeno di raggiungere il livello Certified, la cui soglia è fissata a 40 punti, senza modifiche sostanziali al sistema edificio – impianto. INTERVENTO MINIMO STRATEGIA CR Delimitare e adibire a preferenziali SS 20/382 parcheggi 4.3 Sfruttare le superfici parzialmente SS permeabili presenti e curare la ma7.1 nutenzione delle rimanenti Distribuzione di un questionario tra gli occupanti relativo alle condizioni QI di benessere termico, di cui si ipo- 7.2 tizza un esito positivo Totale
PT
PE/PR
3
-
1
-
1
5
La sola pratica di questi accorgimenti permette il conseguimento di 5 punti in più e pertanto del livello base di certificazione. A questi possono essere aggiunte ulteriori azioni, di seguito elencate, che permettono un avanzamento di livello, conservando la strada dell’intervento minimo intrapresa. INTERVENTO MINIMO STRATEGIA CR Prevedere l’installazione di 58 stalli SS per biciclette e convertire un ufficio 4.2 al piano terra in spogliatoio
PT
PE/PR
1
-
Valutazione ottenuta mediante simulazione con software Bestclass
3
Stipulare un contratto per la forni- EA tura di energie rinnovabili 6.0 EA 5.0 Pianificare la gestione dell’edificio QI nelle fasi precedenti l’occupazione 3.1 QI 3.2 Totale
2
1 PE
3
1 PR
1
-
1
-
10
L’edificio raggiunge complessivamente un punteggio pari a 50, superando la classificazione di base e rientrando nel livello Silver del protocollo. CASO 1 CATEGORIA Sostenibilità del Sito Gestione delle Acque Energia e Atmosfera Materiali e Risorse Qualità ambientale Interna Innovazione nella Progettazione Priorità Regionale Totale Livello
PT 15 10 7 4 6
PE PR 1 3 1 1 2 4 4 50 Silver
4.1.2 Caso 2 – Riqualificazione involucro - Ipotesi Le seguenti ipotesi possono essere dovute alla disponibilità di competenze limitate all’involucro all’interno del gruppo di progettazione. 1. Si considerano i vantaggi dati dalle risorse esterne ai confini del Progetto LEED® (contesto). 2. Si considerano i vantaggi derivanti dalla progettazione anteriore all’intervento (stato di fatto). 3. Si interviene in modo mirato sull’involucro opaco e trasparente, massimizzando le potenzialità di questa strategia rispetto alla totalità di crediti. - Descrizione La situazione di partenza tiene conto dei 35 punti4 conse-
Si veda lo scenario ipotizzato in precedenza ai punti 1 e 2
4
023
guiti grazie alle risorse esterne e allo stato di fatto in cui il gruppo di progettazione si trova ad operare. 3. La strada scelta in questo caso prevede degli interventi volti a massimizzare le prestazioni dell’involucro edilizio, oltrepassando i minimi imposti dai prerequisiti del protocollo. L’intervento sugli elementi opachi verticali tiene conto dei materiali utilizzati per la realizzazione del cappotto interno, analizzandone la provenienza, il processo produttivo e la posa in opera. La strategia usata in copertura permette di conseguire molteplici vantaggi, sia in termini energetici, che dal punto di vista della gestione delle acque. Infine vengono sostituite le componenti dell’involucro trasparente con elementi che si adattano meglio alla specifica installazione sull’edificio originale, per le esposizioni date e i valori di irradianza della località. INTERVENTO SULL’INVOLUCRO STRATEGIA CR PT PE/PR SS Copertura verde 1 7.2 Contributo dell’involucro opaco e EA trasparente alle prestazioni ener1 1 PR 1.O getiche MR Impiego di materiali riciclati 2 4.0 MR Impiego di materiali locali 2 5.0 QI 1 4.1 Materiali di finitura basso emissivi QI 1 4.2 Totale 9 La somma del punteggio dato dalle condizioni esistenti dell’edificio e quello ottenuto intervenendo sull’involucro portano al raggiungimento del livello Certified, con 44 punti. CASO 2 CATEGORIA Sostenibilità del Sito Gestione delle Acque Energia e Atmosfera Materiali e Risorse Qualità ambientale Interna Innovazione nella Progettazione 024
PT 11 10 3 8 5
PE 1 2 3
PR 3 1 -
Priorità Regionale Totale Livello
4 44 Certified
4.1.3 Caso 3 – Riqualificazione impianti - Ipotesi Le seguenti ipotesi possono essere dovute alla disponibilità di competenze limitate alla progettazione degli impianti all’interno del gruppo di progettazione. 1. Si considerano i vantaggi dati dalle risorse esterne ai confini del Progetto LEED® (contesto). 2. Si considerano i vantaggi derivanti dalla progettazione anteriore all’intervento (stato di fatto). 3. Si interviene in modo mirato sulla progettazione degli impianti, massimizzando le potenzialità di questa strategia rispetto alla totalità di crediti. - Descrizione La situazione di partenza tiene conto dei 35 punti conseguiti grazie alle risorse esterne e allo stato di fatto in cui il gruppo di progettazione si trova ad operare. 3. L’intervento è concentrato sul retrofit del solo sistema impiantistico, tenendo in considerazione l’aumento delle prestazioni delle componenti in fase di progetto, senza valutare il possibile peggioramento dovuto ad una cattiva gestione. Viene potenziato il sottosistema di generazione mediante la sostituzione delle pompe di calore, la copertura del fabbisogno da fonti rinnovabili sfruttate in sito o tramite contratto per la fornitura di energia verde. INTERVENTO SULL’IMPIANTO - PROGETTO STRATEGIA CR PT PE/PR Contributo dell’impianto alle pre- EA 3 1 PR stazioni energetiche 1.0 Produzione in sito di energie rinno- EA 7 vabili 2.0 EA Contratto fornitura energia verde 2 1 PE 6.0 QI Incremento della ventilazione 1 2.0 Totale 15
La somma del punteggio ottenuto grazie alle condizioni in sito o tramite contratto per la fornitura di energia verde. esistenti e intervenendo sulla progettazione degli impian- Viene inoltre pianificata la gestione mediante l’implementi portano al raggiungimento del livello Silver, con 53 punti. tazione di piani per il monitoraggio degli impianti. CASO 3 CATEGORIA Sostenibilità del Sito Gestione delle Acque Energia e Atmosfera Materiali e Risorse Qualità ambientale Interna Innovazione nella Progettazione Priorità Regionale Totale Livello
PT 10 10 14 4 4
INTERVENTO SULL’IMPIANTO - GESTIONE STRATEGIA CR PT PE/PR Commissioning avanzato dei Siste- EA 2 mi Energetici 3.0 EA 3 Misure e collaudi 5.0 Monitoraggio della portata d’aria di QI 1 rinnovo 1.0 QI 1 3.1 Piano di gestione IAQ nelle due fasi, di costruzione e successiva QI 1 3.2 QI 1 Controllo e gestione degli impianti 6.1 di illuminazione e climatizzazione QI 1 6.2 QI Verifica del comfort termico 1 7.2 Totale 11
PE PR 1 3 1 1 2 4 4 50 Silver
4.1.4 Caso 4 – Gestione avanzata impianti - Ipotesi Le seguenti ipotesi possono essere dovute alla disponibilità di competenze limitate alla progettazione e gestione degli impianti all’interno del gruppo di progettazione. 1. Si considerano i vantaggi dati dalle risorse esterne ai confini del Progetto LEED® (contesto); 2. Si considerano i vantaggi derivanti dalla progettazione anteriore all’intervento (stato di fatto); 3. Si interviene in modo mirato sulla progettazione e gestione degli impianti, massimizzando le potenzialità di questa strategia rispetto alla totalità di crediti.
La somma del punteggio acquisito grazie alle condizioni esistenti dell’edificio e quello ottenuto intervenendo sulla progettazione degli impianti6 e la loro gestione porta al raggiungimento del livello Gold, con 61 punti. CASO 4 CATEGORIA Sostenibilità del Sito Gestione delle Acque Energia e Atmosfera Materiali e Risorse Qualità ambientale Interna Innovazione nella Progettazione Priorità Regionale Totale Livello
- Descrizione La situazione di partenza tiene conto dei 35 punti conseguiti grazie alle risorse esterne e allo stato di fatto in cui il gruppo di progettazione si trova ad operare. 3. L’intervento è concentrato sul retrofit del sistema impiantistico5, tenendo in considerazione l’aumento delle prestazioni delle componenti in fase di progetto e valutando il possibile miglioramento ottenuto grazie ad una corretta gestione. Viene potenziato il sottosistema di generazione mediante la sostituzione delle pompe di calore, la copertura del fabbisogno da fonti rinnovabili sfruttate
Tenute in considerazione le modifiche minime da apportare all’involucro edilizio per il raggiungimento dei prerequisiti della certificazione
5
PT 10 10 19 4 10
PE PR 1 3 1 1 2 4 4 61 Gold
Si consideri valida, anche per questo caso, la tabella Intervento sull’impianto - Progetto del caso precedente
6
025
4.2 Scenario basato su competenze multisettoriali
Nel seguito della tesi si cercheranno di bilanciare i quattro approcci precedentemente esposti, intervenendo sul sistema, inteso non solo come binomio edificio-impianto. Per poter perseguire queste finalità è necessario poter disporre di un gruppo di progettazione con competenze eterogenee e in grado di dialogare tra loro, o in alternativa rivolgersi a consulenti esterni con una formazione specifica. A partire da questi presupposti, verrà fornita una panoramica delle strategie adottate e del livello conseguibile, cui seguirà la concreta applicazione dello strumento di valutazione, necessaria per far emergere dalla pratica gli aspetti critici che verranno ripresi nella parte conclusiva del lavoro. 4.2.1 Caso 5 – Intervento globale - Ipotesi 1. Si considerano i vantaggi dati dalle risorse esterne ai confini del Progetto LEED® (contesto). 2. Si considerano i vantaggi derivanti dalla progettazione anteriore all’intervento (stato di fatto). 3. Si interviene in modo multisettoriale, individuando le possibili strategie applicate all’involucro, elaborando considerazioni che vadano oltre la sola efficienza energetica, all’incremento prestazionale degli impianti, alla gestione delle fasi di cantiere e alla previsione delle condizioni ottimali di utilizzo da parte degli occupanti.
026
- Descrizione Alla scala del sito l’intervento si articola nella definizione di alternative alla mobilità tradizionale che non necessitino della realizzazione di nuove infrastrutture, ma al contrario riescano a sfruttare le risorse esistenti senza richiedere cambiamenti a scala municipale. Si prevede di contenere l’effetto isola di calore curando maggiormente le soluzioni adottate sulla sommità dell’edificio, in modo
che possano contribuire positivamente nelle diverse categorie di crediti, e si ipotizzano le corrette pratiche di manutenzione delle superfici impermeabili attualmente presenti. Non si prevede l’introduzione di sistemi di raccolta dell’acqua piovana, date le condizioni climatiche, con una piovosità discontinua e poco abbondante, e i costi di realizzazione. La necessità di ottimizzare il consumo di questa risorsa viene soddisfatta attraverso lo sfruttamento degli impianti consortili di trattamento dei reflui, di cui la zona, in quanto area industriale, è dotata. Si intende migliorare il comportamento invernale ed estivo dell’involucro aumentando le prestazioni delle stratigrafie, isolando dall’interno le superfici opache perimetrali e installando verde estensivo in copertura. Le superfici trasparenti non vengono sostituite, ma si ipotizza una loro schermatura dall’esterno che non comprometta eccessivamente le attuali condizioni di visibilità da parte degli utenti. Tali modifiche non riguardano le componenti strutturali e sono volte al mantenimento di una percentuale elevata di finiture interne e dei rivestimenti esterni, che hanno un significato importante all’interno del progetto originario. Vengono comparati differenti materiali, utilizzando, se dal confronto emergono dei vantaggi non solo prestazionali, prodotti di provenienza locale con un concreto impatto sul territorio entro cui si inserisce il progetto. Nella scelta delle finiture, a contatto con gli ambienti interni, si privilegia il benessere degli occupanti. Si prevede di modificare l’impianto misto VRF - recuperatori deputato alla climatizzazione dell’edificio, in modo tale che supporti anche la produzione di acqua calda sanitaria, sostituendo gli scaldacqua elettrici. Il retrofit attuato sarà compatibile con le componenti attualmente installate, con un incremento dell’efficienza dei sottosistemi. Date le vantaggiose condizioni di irradiazione, verranno installati in copertura pannelli fotovoltaici e solare termico, purché la superficie destinata a verde non risulti irrisoria. Per quanto riguarda il quantitativo di energia
elettrica non coperto direttamente sul sito mediante il ricorso a fonti rinnovabili, verrà stipulato un contratto di fornitura con un’azienda che possieda le certificazioni relative alla produzione di una percentuale “verde”. Gli interventi di ristrutturazione verranno calendarizzati in modo da agire separatamente sui singoli edifici, sfruttando la disposizione data da masterplan. Durante la fase di cantiere, verrà implementato un piano di gestione al fine di limitare i problemi per la manodopera connessi alla qualità dell’aria ed effettuare un flush-out, prima dell’occupazione. In esercizio sarà compito di apposite sonde determinare il superamento dei limiti di CO2, e l’impianto potrà variare il proprio funzionamento, anche in accordo alle variazioni degli altri parametri dell’aria umida, come temperatura e umidità. Seguendo buone pratiche di gestione, si prevede un’occupazione degli spazi in funzione dell’effettiva presenza del personale, in modo tale da sfruttare interamente la capienza dei singoli uffici, con un incremento di ventilazione sopra i requisiti minimi di legge ai fini del ricambio d’aria esterna, prestando però attenzione all’equilibrio con i consumi energetici. Gli open space non utilizzati potranno non essere climatizzati, grazie ad una regolazione che avviene separatamente per macro ambienti. Non è auspicabile compromettere le attuali condizioni di visione verso l’esterno e di illuminazione naturale, ma si preferisce migliorare l’illuminazione artificiale fornendo sorgenti più efficienti e le singole postazioni di lavoro di apparecchi con diverse opzioni di controllo, ma soprattutto strategie adatte a condizioni di occupazione differenti. Le soluzioni adottate e la situazione di partenza verranno descritte nel dettaglio nelle schede dei singoli crediti. CASO 5 CATEGORIA Sostenibilità del Sito Gestione delle Acque Energia e Atmosfera Materiali e Risorse Qualità ambientale Interna Innovazione nella Progettazione Priorità Regionale Totale Livello
PT 15 10 14 10 9
PE PR 1 3 1 1 1 2 5 4 67 Gold
4.1 4.3 4.4 5.1 5.2 7.1 7.2 1.0 2.0 3.0 1.0 2.0 4.0 6.0 1.1 1.2 2.0 4.0 5.0 6.0 7.0 1.0 3.1 3.2 4.1 4.2 6.1 7.1 8.1 8.2
LEED 2009 Italia NC - Prestazioni da progetto Sostenibilità del Sito PT PE Fermate di due linee TPL a 190 6 m dall’ingresso Parcheggi preferenziali per il 5% della capacità totale, stazione 3 rifornimento GPL Non prevedere nuovi parcheggi 2 1 Spazi a verde autoctono per il 62% della superficie totale 1 1 Combinazione di strategie per il 1 90% delle superfici pavimentate Copertura verde e superfici ad 1 elevata albedo in combinazione Gestione delle Acque PT PE 4 Impiego di reflui trattati, di apparecchi con riduzione flusso al 2 40% e vegetazione xerofila 4 Energia e Atmosfera PT PE Riduzione fabbisogno energeti3 co del 55 % Copertura del fabbisogno da 7 1 fonti rinnovabili per il 22% Refrigerante con LCGWP = 12,9 2 Energia verde per il 58% 2 Materiali e Risorse PT PE 3 Mantenimento del 100% delle componenti strutturali e non 1 Riciclo del 100% dei rifiuti da 2 1 costruzione Contenuto di riciclato del 17% 1 Materiali rinnovabili, provenienti 1 per il 16% entro un raggio di 350 1 km Materiali 100% certificati FSC® 1 Qualità ambientale Interna PT PE Monitoraggio CO2 1 1 Piano di gestione per la fase costruttiva e pre-occupazione 1 1 Utilizzo di materiali esenti o con bassissimo contenuto di VOC 1 Strategie di illuminazione 1 Regolazione termica efficiente 1 FLDM > 2% per il 97% degli spazi 1 1 Visione esterna per il 94% degli spazi
Totale
1
1
58
5
PR
PR 1 1 1 PR 1
PR
PR
4
027
028
S S
1 1.0
8
Prerequisito Prevenzione dell’inquinamento da attività di cantiere
Crediti
1.0
Selezione del sito
2.0
Densità edilizia e vicinanza ai servizi
3.0
Recupero e riqualificazione dei siti contaminati
4.1 4.2 4.3 4.4
Trasporti alternativi: accesso ai trasporti pubblici Trasporti alternativi: portabiciclette e spogliatoi Trasporti alternativi: veicoli a bassa emissione e a carburante alternativo Trasporti alternativi: capacità dell’area di parcheggio
5.1 5.2
Sviluppo del sito: proteggere e ripristinare l’habitat Sviluppo del sito: massimizzazione degli spazi aperti
6.1 6.2
Acque meteoriche: controllo della quantità Acque meteoriche: controllo della qualità
7.1 7.2
Effetto isola di calore: superfici esterne Effetto isola di calore: coperture
8.0
Riduzione dell’inquinamento luminoso
15/26
Punti
029
PUNTI
Finalità Evitare l’edificazione in aree inappropriate e ridurre l’impatto ambientale della localizzazione di un edificio su di un sito
Requisiti Non costruire edifici, spazi esterni pavimentati, strade o aree a parcheggio su siti che rispondono ai criteri indicati dal protocollo: aree agricole, aree a rischio idrogeologico elevato, in zone non edificate, zone speciali di conservazione (ZSC), entro 30 m dalle zone umide indicate dalla Convenzione di Ramsar, entro 15 m da un corpo idrico, in aree non antropizzate, parchi pubblici
1.0 Selezione del sito
Il progetto sorge in località Sa Illetta, a circa sette chilometri dalla città di Cagliari, percorribili in automobile lungo la Strada Statale 195 Sulcitana. La superficie ricade all’interno dei limiti territoriali in cui vige il Piano Regolatore dell’Area di Sviluppo Industriale di Cagliari, il quale riguarda un comprensorio esteso ai Comuni facenti parte dell’Area Vasta1 del capoluogo. Inoltre, data la particolare rilevanza ambientale dovuta alla Laguna di Santa Gilla e al sistema naturale che ad essa fa riferimento, esistono dei vincoli di tutela a scala europea. Nel novembre 2010, considerati questi specifici aspetti del sito, il Comune si oppone alla Sesta Variante al Piano presentata dal Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale di Cagliari.2 Nel luglio 2001, la Tiscali SpA acquista una porzione di sei ettari e, al fine di realizzare le proprie sedi, si rende necessaria la formulazione di un Accordo di Programma che coinvolga l’Ex CASIC, il Comune di Cagliari, che ritira la sua iniziale opposizione a tale proposta, e la Regione Sardegna. Il progetto presentato è quello di un Parco Telematico che abbia una posizione strategica e offra un’alternativa in termini di destinazione d’uso per il territorio considerato, precedentemente pensato come area di servizio per il Porto Canale, infrastruttura industriale di smistamento delle merci all’interno di container. Il Piano Attuativo redatto dal CASIC è caratterizzato da alcune misure di mitigazione degli impatti ambientali, quali la riduzione degli indici urbanistici e il mantenimento di una fascia di rispetto dallo stagno. L’Università degli Studi di Cagliari è stata coinvolta nella predisposizione della Valutazione di Incidenza, che rappresenta lo strumento da applicare in presenza di un Sito di Interesse Comunitario (SIC),
Per Area Vasta di Cagliari si intende un’area di 16 comuni e 419.000 abitanti, delimitata dai comuni di Pula a Ovest, Decimomannu e Sestu a Nord e Sinnai e Maracalagonis a Est
1
D.P.C.M. 10 novembre 1967, Piano Regolatore Territoriale dell’Area di Sviluppo Industriale di Cagliari, aggiornato alla Det. 231/PT del 6 settembre 2001, Sesta Variante
2
030
conducendo ulteriori indagini finalizzate all’esclusione di preesistenze archeologiche. Conclusa l’analisi del progetto e dei relativi aspetti eventualmente lesivi del contesto, il cantiere può essere avviato e i lavori si concludono nel luglio 2003. Nei paragrafi successivi verrà descritta la situazione del progetto sulla base delle caratteristiche del sito, in merito all’eventuale presenza di aree agricole, siti non antropizzati a pericolosità idrogeologica elevata, habitat di specie minacciate, zone umide di interesse internazionale, parchi pubblici. L’area assume un carattere prevalentemente industriale a partire dagli anni ‘20 del Novecento, su iniziativa del Gruppo elettrico sardo, che intende supportare i settori produttivi dell’isola fornendo energia elettrica. Nel 1915 vengono realizzate una fabbrica di cementi Portland, una centrale termoelettrica e i primi stabilimenti del settore chimico. Nel 1921 si rendono necessari dei lavori affinché la laguna, che ospita un complesso di saline, sia accessibile ai mezzi per il trasporto del sale. Negli anni ‘60, data la disponibilità di risorse fondamentali come il cloruro di sodio e l’acqua, si insedia il settore petrolchimico, che costituisce ancora oggi un comparto di grande importanza. Il Piano Regolatore dell’Area di Sviluppo Industriale, approvato con D.P.C.M. del 10 novembre 1967, classifica l’area di 316.200 m2 come destinata a “Industrie specifiche piccole e medie”, escludendo un suo utilizzo agricolo. Con l’interessamento di Tiscali e il parere favorevole dell’Ex CASIC, l’area viene indirizzata verso un’evoluzione alternativa, che contempli la realizzazione di strutture per l’attività di ricerca, poli telematici, produzione di beni e di servizi ad alta tecnologia, nei campi dell’informatica, della telefonia e della biotecnologia, con l’integrazione di altre attività al servizio degli impiegati di tali settori. Lo stagno di Cagliari, originariamente, si presentava come
un bacino continuo comunicante con il mare, attraverso dei canali naturali e irregolari. La Bonifica Contivecchi, tra il 1920 e il 1925, lo suddivide in tre ambienti acquatici, separati dal mare mediante un cordone sabbioso, denominato La Plaja: • nella parte occidentale, lo Stagno di Capoterra, con una superficie di 75 ettari, inserito nel circuito delle saline; • nella parte centrale, le Saline di Macchiareddu, con una superficie di 2.500 ettari; • nella parte settentrionale, alimentata dai corsi d’acqua Riu Mannu e del Cixerri, la Laguna di Santa Gilla, con una superficie di 1.300 ettari. Il Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI)3 del 1989, aggiornato nel 2008, non classifica come area a rischio di frane o esondazioni la località in esame. La forte valenza naturalistica del territorio è stata riconosciuta da due direttive comunitarie, rispettivamente nel 1988 e nel 1995:
di Incidenza, che rappresenta lo strumento da applicare in presenza di un SIC, cui si aggiungono ulteriori indagini finalizzate all’esclusione di preesistenze archeologiche. Tali studi sono stati condotti dall’Università di Cagliari e hanno avuto esito positivo in merito all’implementazione del progetto. Il lotto 6 dove sorge il Campus Tiscali è delimitato a Nord Ovest da un canale scolmatore artificiale, che segna il limite fisico rispetto alla laguna, dalla quale il progetto dista complessivamente più di 30 metri. Le modalità di realizzazione delle perimetrazioni sono definite dalle Norme Tecniche di Attuazione delle Sesta Variante e prevedono una recinzione in metallo alta 2 metri, costituita da pali zincati, su tutti i lati con la sola esclusione del fronte principale su strada, dove, nel rispetto della normativa, viene sostituita da un’opera muraria a secco di altezza inferiore a 70 centimetri. Il credito non viene attribuito data la presenza di habitat dei quali viene evidenziata l’importanza dalle direttive comunitarie. Tuttavia, si sottolinea la differente impronta data al territorio con la destinazione d’uso prescelta e le precise analisi condotte dall’Università, cui verrà dato sinteticamente spazio nei paragrafi seguenti.
• 79/409/CEE, Direttiva “Uccelli”, che individua la Zona di Protezione Speciale (ZPS) ITB044003; • 92/43/CEE, Direttiva “Habitat”, che individua il Sito di Importanza Comunitaria (SIC) ITB040023, “Stagno di Cagliari, Saline di Macchiareddu, Laguna di Santa Gilla”, in cui è inclusa la precedente ZPS. I siti che ricadono all’interno delle suddette aree fanno parte della rete ecologica “Natura 2000”, secondo la nuova denominazione di Zone Speciali di Conservazione (ZSC), per le quali sono previste misure di tutela e valorizzazione del patrimonio esistente, la cui consistenza si caratterizza per la presenza di quattro habitat e di ventuno specie animali, oltre ad un’ampia varietà delle specie vegetali. Nello specifico, più di 50 specie dell’avifauna scelgono questo sito per la nidificazione, alla quale sono associati flussi migratori periodici. La Convenzione di Ramsar del 1971, specifica con il criterio 6 che le aree umide, caratterizzate da regolare supporto ad almeno l’1% della popolazione di una specie o sub-specie, debbano essere considerate di valore internazionale. Queste peculiarità hanno determinato la necessità di predisporre una Valutazione
Decreto del Presidente della Regione Sardegna 21 marzo 2008, n. 35, aggiornamento Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI)
3
031
Gli impatti riscontrabili in conseguenza della realizzazione del progetto sono da intendersi come riferiti alle diverse fasi del suo ciclo di vita, in particolare la costruzione e l’esercizio, in quanto possono sussistere variazioni notevoli. La prima, della durata complessiva di 12 mesi, è quella più problematica per la varietà di interventi potenzialmente rischiosi. La Valutazione di Incidenza1 suddivide, riconosciuti questi due momenti, gli impatti in diverse categorie. Vengono fatte considerazioni per ciascuna di esse e un’analisi sintetica attraverso l’approccio multicriteri, sovrapponendo le categorie di impatto e immaginando che vi sia il contemporaneo verificarsi di molteplici azioni, valutando l’intensità degli impatti residui a seguito dell’implementazione di strategie di mitigazione. Nella descrizione degli impatti, pur ritenendo siano maggiori quelli derivanti dalla realizzazione dell’opera e trascurabili quelli dovuti al funzionamento della stessa, si considerano i medesimi contingenti a un quadro molto più complesso, dove le preesistenti destinazioni d’uso insediate e le infrastrutture hanno contribuito a modificare l’equilibrio dell’area, che tuttavia si è adattato permettendo la contemporanea esistenza di un ricco habitat e il mantenimento delle abitudini dell’avifauna. - Trasporti Le infrastrutture rappresentano una condizione essenziale per il funzionamento delle aree industriali del comparto di Macchiareddu e dell’attività ittica della laguna. La SS 195 Sulcitana è un asse ad elevato scorrimento di importanza ormai consolidata, i cui volumi di traffico costituiscono senza dubbio un elemento di disturbo per l’avifauna. Il progetto va ad insediarsi in un contesto difficilmente modificabile, per le considerazioni in merito alla sua operatività, ma che, d’altra parte, possiede già condizioni di accessibilità sufficientemente evolute, tali da scongiurare interventi addizionali ulteriormente compromettenti. Le decisioni più importanti sono state quelle relative alla viabilità interna del Campus, che si articola in modo da limitare il più possibile l’influenza verso le aree sensibili, sia in termini di localizzazione che di tipologia di utenza. Le aree di sosta e di accesso dei veicoli sono collocate in
CINIGEO, Progetto “Tiscali Campus”, Relazione per la valutazione di incidenza, 2002
1
32
prossimità della strada statale, già congestionata, mentre all’interno del sito la mobilità è esclusivamente pedonale, con un flusso predominante nell’asse trasversale ai diversi edifici, in posizione intermedia. I due assi ciechi, che si chiudono con rotatorie perilagunari, sono l’elemento di maggior rischio: previsti per servire anche i lotti limitrofi, attualmente inedificati, sono stati schermati con un sistema di recinzioni integrate da vegetazione locale. - Emissioni gassose Nell’ambito di un’area ricca di sorgenti puntuali di sostanze potenzialmente nocive, la destinazione d’uso del polo telematico si configura come un elemento trascurabile, le cui uniche fonti di emissione sono rappresentate dalla centrale termica e dal flusso degli autoveicoli. - Emissione di polveri La produzione di polveri è un fenomeno limitato alla fase di cantierizzazione, per la presenza di automezzi in movimento la realizzazione degli scavi. A tal proposito si è provveduto a limitare le emissioni con la frequente bagnatura dei cumuli e delle piste. In esercizio, la sistemazione delle diverse pavimentazioni consente condizioni stabili ed esenti da rischi. - Smaltimento dei reflui civili La gestione dei reflui è disciplinata dal Piano Territoriale Generale predisposto per tutta l’area di pertinenza del Consorzio industriale. Le acque di rifiuto vengono convogliate in una rete fognaria, distinta da quella delle acque pluviali, e trattate in maniera centralizzata in un impianto già esistente. Data la destinazione d’uso, non si parla di reflui industriali, ma unicamente di reflui civili, per un totale stimato di 50 m³/d. - Produzione e dispersione di residui solidi In fase di costruzione, i materiali depositati in cantiere sono stati rimossi e le aree ricondotte a uno stato naturale, mentre in fase di esercizio non è ammesso lo sversamento, diretto o indiretto, di rifiuti di qualsiasi natura. - Interazione con le acque superficiali Il progetto non interagisce con il sistema idrografico superficiale, naturale o artificiale, in quanto non vi è scarico di reflui civili o industriali, non ha comportato la realizzazione di una rete aggiuntiva e non ha determinato, per la posizione degli edifici, alcun tipo di interferenza.
1
2 3
1. Canale scolmatore 2. SS 195 Sulcitana (Google Street view) 3. Delimitazione ZPS (Sardegna Mappe PPR)
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4 5
4 - 5. Fasi di cantiere (Arassociati)
- Occupazione e consumo di suolo Il progetto si inserisce in un’area già antropizzata e in parte compromessa, senza però contribuire ad accrescerne lo stato di degrado, ma integrandosi nell’area sulla base di scelte morfologiche meno lesive del contesto. Nella parte settentrionale si sottolinea la presenza di un limite artificiale già esistente nei confronti della laguna, rappresentato da un canale scolmatore necessario per le opere di regimazione delle acque. Inoltre, rispetto al complesso sistema dello Stagno di Cagliari, la zona di Sa Illetta ha un punteggio di conservazione inferiore. - Impatto visivo I sei edifici situati nell’area, completati dai parcheggi e dalle opere di sistemazione a verde, non superano i 12,5 metri di altezza e i 120 m di sviluppo longitudinale, conseguenza di scelte progettuali finalizzate a ottenere un minor rischio connesso all’impatto visivo in fase di esercizio. In fase di costruzione si sottolinea invece la presenza delle attrezzature, che con le loro dimensioni e la loro movimentazione, possono esercitare azione di disturbo, che tuttavia può considerarsi temporanea e limitata ad esigui tempi di realizzazione, a seguito dei quali l’opera assume caratteri tali da favorire una stabile integrazione. Durante l’apertura del cantiere sono state prese misure al fine di schermare la visuale, ma la strategia più importante è stata sicuramente la scelta, a livello di cronoprogramma, di non sovrapporsi al periodo della nidificazione. - Alterazione della luminosità naturale La percezione notturna dell’area è stata sensibilmente modificata dalla presenza di insediamenti industriali, sulla breve distanza, e del centro di Cagliari, che contribuiscono nell’insieme a modificare l’equilibrio notturno e le condizioni di orientamento dell’avifauna. Il progetto si inserisce quindi in un contesto già alterato rispetto alle condizioni ottimali con l’impiego di un’illuminazione funzionale e architettonica. Le sorgenti inizialmente proposte prevedevano sodio a bassa pressione.
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- Rumore e vibrazioni Gli impatti si differenziano per sorgente, intensità e frequenza, considerando la fase di costruzione e di esercizio, nel primo caso riferibili alle attrezzature impiegate e nel secondo limitati a veicoli in transito. Tuttavia, considerando come potenzialmente rischioso soprattutto il momento del cantiere, si vuole sottolineare come l’avifauna sia di fatto abituata alla presenza di strade ad elevato scorrimento e il vicino aeroporto di Elmas.
6 7
6. Avifauna (Sardegna Digital Library) 7. Area inustriale di Macchiareddu (Sardegna Digital Library)
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PUNTI
Finalità Indirizzare lo sviluppo edilizio verso aree urbane dove sono già presenti servizi e infrastrutture, proteggere le aree verdi, preservare l’habitat e le risorse naturali
Requisiti Costruire in una zona con densità ≥ 2,5 m3/m2 Costruire in una zona edificata situata entro 800 m da almeno 10 servizi di base
Opzioni 1. Densità edilizia 2. Vicinanza ai servizi
2.0 Densità edilizia e vicinanza ai servizi
Il Campus Tiscali si inserisce in un’area non edificata, pur facente parte di un contesto più ampio nel quale sono presenti infrastrutture consolidate, a supporto dell’attività industriale. La sua collocazione non sfrutta quindi un tessuto ad elevata densità incluso nei confini della città, ma si tratta di una posizione periurbana, in linea d’aria non eccessivamente distante dal centro, che avrebbe consentito di realizzare un progetto di maggiore portata, come inizialmente previsto. Nel 2001, lo studio Arassociati aveva predisposto un Masterplan comprendente una superficie di 316.200 m², distribuita su otto lotti, con un indice di edificabilità fondiaria pari a 1,8 m³/m². Il complesso di edifici oggetto del presente protocollo era concepito come frammento di un Polo più ampio, in posizione baricentrica rispetto alla città di Cagliari, ai comuni limitrofi e al Parco Tecnologico Polaris di Pula, a sua volta supportato dal Centro di ricerca, sviluppo e studi superiori in Sardegna (CRS4), che ha svolto un ruolo trainante nel settore high-tech a partire dal 1990. Queste circostanze avrebbero potuto alimentare sinergie tra diversi attori dell’ICT e avrebbero reso Sa Illetta un hub1 per il traffico telematico di dati, parallelo al porto industriale, in un momento storico in cui Tiscali rappresentava il provider più competitivo a scala europea e il punto di partenza per una svolta economica. La Sesta Variante al Piano Regolatore dell’Area di Sviluppo Industriale prevedeva, come si legge all’articolo 11, comma 10, un indice di sfruttamento edilizio di 0,6 m²/m², dato dal rapporto tra la superficie lorda degli edifici e la superficie fondiaria dei lotti. Il presente credito impone come limite minimo un indice di 0,8 m²/m², o in alternativa, confrontando il volume lordo dell’edificio con la superficie fondiaria, un valore di 2,5 m³/m². Questi limiti sono imposti, secondo l’accordo stabilito tra
l’Ex CASIC e il Comune di Cagliari, al fine di limitare l’impatto dell’edilizia su un territorio che risulta vulnerabile dal punto di vista naturalistico.2 La mancata realizzazione del Masterplan nella sua interezza ha determinato un decremento ulteriore della densità edilizia, ottenendo inoltre come risultato la realizzazione di una “cattedrale in mezzo al deserto”. L’inattesa evoluzione del progetto non ha tuttavia compromesso del tutto la realizzazione di alcuni servizi all’interno del Campus, che sono stati prevalentemente concentrati nell’edificio 2A, il quale, esprimendo un linguaggio architettonico differente rispetto agli uffici, si trova in una posizione di cerniera tra il lotto 6 e i lotti 4 e 5. Infatti, percorrendo l’asse pedonale che attraversa i blocchi principali, si possono raggiungere facilmente la mensa e l’asilo nido, pensati per facilitare la permanenza quotidiana dei dipendenti dell’azienda all’interno dell’area. La struttura che li ospita non viene considerata nell’ambito dell’applicazione del protocollo e qualifica quindi queste attività come esterne rispetto ad esso. All’interno della progettazione del Campus, e nello specifico nell’ambito degli edifici analizzati, rientrano considerazioni legate alla possibile apertura dei suoi spazi al pubblico, secondo diverse modalità. La prima è il Progetto Arte, curato da Gail Cochrane, come forma di site-specific3 che ha coinvolto diversi professionisti legati all’identità locale, i quali hanno realizzato opere esposte nel parco circostante e in parte all’interno, fruibili dai visitatori. Tra queste ricordiamo le opere di artisti locali: la scultura “Pietra Sonora” di Pinuccio Sciola, che accoglie gli ospiti lungo l’ingresso principale, l’installazione “Quanti mari navigare” di Maria Lai, collocata sulla parete esterna dell’auditorium e dedicata alla laguna sui cui si affaccia l’edificio, e una scultura della collezione di Costantino Nivola. A queste si aggiungono “Irrigatori” di Alberto Garutti, antistante l’entrata al parco pubblico, “Fog Doughnut” di Olafur Eliasson e “Città invisibile” di Grazia Toderi. Campidarte e lo street artist Tellas hanno collaborato alla realizzazione del progetto “C(on)nessioni”, una selezione di oggetti tecnologici che hanno rappresentato le tappe
2
Per hub si intende un dispositivo che funge da nodo di smistamento dati di una rete di comunicazione
1
36
Si veda il credito SS 1.0
Per site-specific si intende un’opera appositamente concepita per un sito
3
evolutive dell’informatica dall’inizio degli anni ’70 ad oggi. I sostegni che reggono i computer sono minimali e danno l’impressione di elementi fluttuanti su uno sfondo sul quale sono stati tracciati dei motivi geometrici reticolari.
1 2 3
Dopo 15 anni dalla sua affermazione all’interno di questa sede, Tiscali ha deciso di dedicare parte degli ambienti di lavoro e delle proprie competenze ad aziende, startup e freelance che operano nel settore dei digital media. L’iniziativa Open Campus offre un programma di accelerazione, denominato GoLive, a giovani aziende che intendono lanciare online i propri prodotti, supportati da un percorso di tre mesi al fine di acquisire maggiore visibilità sul web. Inoltre alcuni degli spazi precedentemente dedicati ad uffici vengono ceduti in locazione a chi ne faccia richiesta con la formula del co-working, che consente di gestire le risorse tecnologiche e le sale per riunioni secondo l’approccio della sharing economy.
1. Campidarte e Tellas, “C(on) nessioni” (Artribune) 2. Open Campus (Open Campus) 3. Masterplan di progetto (Arassociati)
Al fine del conseguimento del presente credito, secondo le due alternative della densità e della vicinanza ai servizi, non è possibile assegnare il punteggio indicato dal protocollo in quanto, pur sottolineando aspetti positivi legati al progetto, questi servizi non vengono contemplati dalla procedura applicata. Scala 1:5000 0
50
250 m
2
1: 9.325 m2 2: 16.600 m2 3: 13.820 m2 4: 19.810 m2 5: 20.170 m2 6: 65.000 m2 7: 17.020 m2 8: 14.449 m2
4
1
Totale: 176.194 m2 7 3
8
A: 13.982 m2 (Distributore benzina)
5
S. territoriale: 316.200 m2
A 6
SS
N.
19
5
37
PUNTI
Finalità Bonificare e riqualificare siti degradati dove lo sviluppo insediativo è ostacolato dall’ambiente e diminuire così il consumo di suolo non urbanizzato
Opzioni 1. Edificare su un sito brownfield 2. Edificare su un sito da bonificare secondo le anagrafi predisposte dalle singole Regioni e Province Autonome
3.0 Recupero e riqualificazione dei siti contaminati
Secondo le informazioni messe a disposizione dall’Apat1 nel 2005, i siti inquinati in Italia superano i 5000, stima variabile in relazione alla necessità di stabilire con certezza la situazione delle aree potenzialmente soggette a bonifica. L’attribuzione della responsabilità di tali operazioni, unita ai costi elevati, spesso a carico della Pubblica Amministrazione, ne rende difficile l’implementazione. Tuttavia, alcuni di questi siti, denominati brownfields, presentano alcuni vantaggi economici, dovuti alla loro collocazione in ambito urbano o di immediata periferia, alla dotazione di opere di urbanizzazione, nonché prossimità alle infrastrutture per la mobilità. La loro riqualificazione rappresenterebbe l’opportunità di sfruttare un’area senza l’utilizzo di suolo vergine, pur con un ottimo livello di servizi a supporto. In Italia, il compito di aggiornare le liste riferite alla mappatura del fenomeno sul territorio nazionale è suddiviso tra le autorità regionali, come stabilito dal D. Lgs. 22/97 e dal D.M. 471/99: alle Regioni spetta il compito di definire il Censimento regionale dei siti potenzialmente contaminati, l’Anagrafe dei siti da bonificare, il Piano per la bonifica delle aree inquinate, nell’ambito del Piano regionale di gestione dei rifiuti. Il risultato è un quadro frammentato per la diversità di strumenti e metodologie applicate. Nel 2005 è stato diffuso un questionario relativo ai siti aventi le seguenti caratteristiche: inquinati ai sensi del D.M. 471/99, con tipologia di attività industriale o commerciale, attualmente dismessi o sottoutilizzati. Per quanto riguarda la Regione Sardegna, il Piano di Bonifica del 2003 individua 699 siti, di cui 43 con tipologia di attività industriale e 83 con tipologia di attività commerciale. Tra questi, l’unico avente le caratteristiche di un sito brownfield è il comparto petrolchimico dell’area in-
38
Apat - Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e dei servizi Tecnici
1
dustriale di Porto Torres (SS). Il progetto oggetto di questo protocollo ricade nell’area industriale di Macchiareddu (CA) e, ai fini dell’acquisizione di tale credito, non è pertanto perseguibile la prima opzione. Il comparto petrolchimico di Macchiareddu, che insieme alle aree di Sarroch ed Elmas fa parte del più ampio Sistema Integrato gestito dal CACIP, ospita nel suo territorio dei siti occupati da stabilimenti la cui presenza ha comportato un’operazione di bonifica da parte della Regione negli anni ‘80. La vicinanza della Laguna di Santa Gilla, e l’interesse comunitario manifestato per le sue specificità naturali, ha determinato la necessità di portare avanti un monitoraggio, svolto tra il 2006 e il 2007 dall’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Sardegna (ARPAS) per l’eventuale inserimento di tali aree all’interno del Sito di Bonifica di interesse nazionale del Sulcis-Iglesiente-Guspinese. Il piano è suddiviso in due parti distinte, una relativa all’analisi e allo studio dei sedimenti e l’altra all’analisi e allo studio degli organismi e della colonna d’acqua, considerndo un’area di 35 km² e 35 stazioni di test. I risultati hanno evidenziato puntuali forme di contaminazione per le quali risulta sufficiente un’attività di intenso controllo, senza che vi siano le condizioni per una più importante bonifica. Per tali motivazioni, il Campus Tiscali, pur in prossimità di siti che stanno attuando degli interventi di bonifica localizzata, si trova in un territorio non contaminato, come la prospiciente laguna, e non è idoneo all’acquisizione di questo credito. Tuttavia è importante sottolineare come la Sesta Variante al Piano Regolatore abbia permesso di destinare Sa Illetta ad un’attività, il Polo Telematico, meno lesiva dell’ambiente rispetto alla previsione di attività industriale specifica.
A seguito di un rilievo relativo ai mezzi di trasporto pubblico, viene esclusa la possibilità di perseguire il credito attraverso la prima opzione, in quanto la Stazione Ferroviaria di Cagliari, pur vicina al Campus Tiscali, si trova ad una distanza di 4,2 chilometri lungo la SS Sulcitana 195, non percorribili da un pedone agevolmente e rapidamente. In merito alla seconda opzione, si è resa necessaria una distinzione tra le linee urbane ed extra-urbane. Le prime, della CTM Spa1, connettono il centro al Villaggio dei pescatori attraverso la Navetta Giorgino, senza interessare la parte nord della località Sa Illetta. Il servizio di trasporto extra-urbano, fornito dall’ARST Spa2, offre due linee, la 130 Cagliari - Capoterra e la 134 Cagliari - Pula, che hanno come tappa intermedia il Campus Tiscali, con una fermata situata a 190 metri dall’ingresso principale. La linea 130 prevede un servizio che si estende lungo il percorso dall’autostazione ARST di Piazza Matteotti, polo intermodale prossimo alla Stazione Ferroviaria di Cagliari, fino ad arrivare al vicino centro di Capoterra, comune incluso nell’Area Vasta.3 La prima e l’ultima partenza della tratta Cagliari - Capoterra sono previste rispettivamente alle 4:45 e alle 21:05, mentre il percorso inverso copre le fasce orarie comprese tra le 5:10 e le 21:50. La distribuzione delle frequenze cambia nel corso della giornata e si ha un’estensione del percorso fino all’Ospedale Brotzu, in concomitanza con l’ingresso e l’uscita degli studenti dalle scuole del capoluogo. La linea 134 è una linea pentaferiale che collega Piazza Giovanni XXIII e il Parco Scientifico e Tecnologico di Pula, polo regionale di fondamentale importanza per l’innovazione e la ricerca, dopo aver toccato altre fermate strategiche all’interno di Cagliari. La prima e l’ultima partenza della tratta Cagliari - Pula sono previste rispettivamente alle 7:45 e alle 17:15, mentre il percorso inverso copre le fasce orarie comprese tra le 9:00 e le 18:30. La frequenza si articola in due corse A/R al mattino, due al pomeriggio e una intermedia.
Il Consorzio Trasporti e Mobilità esercita la sua principale attività nel settore del Trasporto Pubblico Locale.
1
L’Azienda Regionale Sarda Trasporti SpA è la maggior Azienda di TPL in Sardegna. Opera in tutta la Regione, prevalentememte con servizi extraurbani
2
L’Area Vasta di Cagliari è caratterizzata dalla concentrazione dei servizi e la dispersione della popolazione, con conseguente necessità di considerare un Piano Urbano della Mobilità che dia soluzioni ai problemi derivanti dal pendolarismo
4.1 PUNTI 6 Trasporti alternativi: accesso ai trasporti pubblici
Sebbene il criterio si intenda soddisfatto, possono essere fatte alcune considerazioni in merito all’efficacia del servizio che esso intende valutare, prendendo come unico parametro la distanza della fermata dall’area di progetto. In particolare è stata osservata la copertura delle fasce orarie corrispondenti all’ingresso e uscita dall’ufficio per un contratto full-time, distinguendo il punto di vista di un lavoratore proveniente dal capoluogo o dai comuni di Capoterra e di Pula, che risultano diversamente localizzati rispetto al baricentro dell’Area Vasta in confronto ad altri centri che ne fanno parte. Cagliari Tra le 7:00 e le 10:00 sono disponibili quattro corse della linea 130, che permettono di raggiungere il Campus da Cagliari in soli 5 minuti, ad intervalli di 35 minuti, prima delle 9:00, e successivamente a cadenza oraria. In alternativa ci si può riferire alle due corse della linea 134, con partenza dal capoluogo alle 7:45 e alle 8:45. Tra le 18:00 e le 21:00 sono disponibili tre tratte della linea 130 in direzione Cagliari, con passaggi alle 18:00, 18:45 e 19:15. In alternativa ci si può riferire alle due tratte della linea 134, con passaggi alle 18:32 e 19:18. Capoterra e Pula Tra le 7:00 e le 10:00 nessuna delle due linee considerate effettua collegamenti con il Campus. Tra le 18:00 e le 21:00 è possibile raggiungere Capoterra con la linea 130 solo alle 19:45, mentre sono assenti i collegamenti per Pula.
Finalità Ridurre l’inquinamento e l’impatto ambientale generati dal traffico automobilistico
Requisiti Fermata di due o più linee di trasporto pubblico a meno di 400 metri, percorribili a piedi, dall’ingresso principale
Opzioni 1. Vicinanza a stazione ferroviaria 2. Vicinanza a fermata dell’autobus
La fascia oraria 13:00 - 15:00 non è stata considerata per la presenza di un servizio di ristorazione all’interno del Campus, ospitato nell’edificio 2A e facilmente raggiungibile percorrendo l’asse principale di attraversamento del complesso.
3
Possiamo notare come la situazione del trasporto pubblico sia sbilanciata in relazione alla differente provenienza
39
1 2
C
1. Distanza della fermata dall’ingresso pedonale 2. Distanza della fermata dall’Autostazione ARST
B 0
25
50
100 m
B
A
dei lavoratori del Campus. La collocazione del Campus Tiscali al di fuori del centro ma da esso poco distante, in un’area di espansione industriale che possiede innegabili vantaggi dal punto di vista della presenza di infrastrutture esistenti e gestite in maniera centralizzata dal Cacip, è tuttavia penalizzante se si considera l’assenza di collegamenti alla rete locale del trasporto pubblico e le spese e frequenze del trasporto extra-urbano, concepito per un più ampio raggio d’azione. Tuttavia, andando a considerare le possibilità offerte dal progetto, quali ad esempio gli eventi di rilevanza internazionale organizzati da Open Campus, acquistano importanza altre forme di mobilità aventi più ampia copertura. La Stazione Ferroviaria, che come visto non soddisfa il presente criterio ricadendo in un raggio di oltre 4 chilometri, e l’Aeroporto di Cagliari - Elmas, che si trova a 14,5 chilometri, si possono raggiungere in autonomia in 12 minuti, secondo due diversi itinerari. L’Aeroporto è anche collegato mediante un servizio navetta disponibile presso l’autostazione di Piazza Matteotti. Ipotizzare un servizio di navetta potrebbe rivelarsi una scelta sfavorevole poiché gli utenti provengono da un territorio policentrico per il quale sarebbe necessario distribuire il servizio su più linee, con probabili svantaggi in termini di costi e con la sovrapposizione rispetto a quelle esistenti a scala urbana ed extra-urbana di una rete di trasporti ad hoc, appositamente pensata per coprire maggiormente le lacune di alcune fasce orarie. Vi sono alcune specificità del progetto da considerare. La prima è la collocazione, che determina una sorta di “periferia centrale”, in quanto il sito, pur vicino al capoluogo in linea d’aria, risulta difficilmente raggiungibile per la scarsa efficacia dei collegamenti municipali e per la presenza di un’infrastruttura, la Strada Statale, che fa da barriera a qualsiasi alternativa di mobilità lenta, incentivando il trasporto su gomma. La seconda è l’affluenza variabile, in relazione alle modalità di occupazione del Campus, in prevalenza come lavoratore full-time, ma anche come locatario di uno spazio adibito a co-working o partecipante ad un evento organizzato da Open Campus. A: Autostazione ARST, Piazza Matteotti B: Fermata ARST C: Ingresso principale Campus Tiscali __ Percorso pedonale __ Percorso linee 130 e 134
0
40
500
1000 m
A - B: 4 km B - C: 190 m
1. Individuazione piste ciclabili nel territorio comunale (www.piste-ciclabili.it) 1
La stesura del Masterplan proposto dai progettisti per il Campus Tiscali, che forniva anche le linee guida per l’edificazione dei lotti limitrofi, prevedeva un percorso ciclabile a nord ovest, tra gli edifici e il canale scolmatore della laguna. Tale soluzione non è stata poi adottata in fase di esecuzione dei lavori. La realizzazione di una simile infrastruttura, pur essendo noti i suoi vantaggi in termini ambientali, non risulta essere una scelta congeniale al caso di studio analizzato. Da un censimento che copre l’estensione comunale e le aree circostanti, si nota come esistano prevalentemente degli itinerari chiusi, concepiti per apprezzare le valenze naturali e paesaggistiche, come i percorsi che si sviluppano lungo lo Stagno di Molentargius e le Saline di Quartu Sant’Elena. In altre zone non è rintracciabile la presenza di una rete che connetta elementi isolati andando a creare delle tappe in continuità le une rispetto alle altre, probabilmente a causa della morfologia di un territorio che presenta diverse pendenze.
4.2 PUNTI Trasporti alternativi: portabiciclette e spogliatoi
Per quanto riguarda l’area in esame, la necessità di collegare gli stabilimenti produttivi al capoluogo ha dettato la costruzione della SS 195, che ha reso possibile la ricucitura di un lembo di terra altrimenti isolato dall’acqua. I volumi di traffico da essa supportati e la sua conformazione non si prestano all’integrazione del traffico lento, con la cessione di parte della carreggiata ad una corsia dedicata. Allo stesso modo si ritiene che predisporre un’infrastruttura indipendente, per incentivare la sicurezza del ciclista, sia una soluzione economicamente poco sostenibile e ingiustificata se si considera la debolezza dell’offerta a scala più ampia. Tali considerazioni non dipendono dall’effettiva capacità dell’edificio di ospitare servizi di supporto, quali portabiciclette e spogliatoi, ma da carenze individuate a monte che renderebbero queste strutture inutilizzate, implicando unicamente una voce di spesa senza alcun guadagno in termini di efficacia del servizio. Per questo motivo il credito non viene soddisfatto.
Finalità Ridurre l’inquinamento e l’impatto ambientale generati dal traffico automobilistico
Requisiti Fornire portabiciclette ad una distanza < 200 m dall’entrata per almeno il 5% di tutti gli utenti, misurati nei periodi di punta, e spogliatoi con docce in misura pari allo 0,5% degli occupanti
Opzioni Caso 1. Edifici commerciali o istituzionali Caso 2. Edifici residenziali
41
PUNTI 3 4.3 Trasporti alternativi: veicoli a bassa emissione e a carburante alternativo
Finalità Ridurre l’inquinamento e l’impatto ambientale generati dal traffico automobilistico
Requisiti Parcheggi per i veicoli a bassa emissione e a carburante alternativo per il 5% della capacità totale del parcheggio
Opzioni 1. Prevedere parcheggi preferenziali per veicoli a bassa emissione 2. Installare delle stazioni di rifornimento di carburante alternativo 3. Fornire veicoli a bassa emissione e veicoli a carburante alternativo 4. Fornire agli occupanti degli edifici un servizio di car sharing
Le strategie disponibili per l’acquisizione del punteggio relativo al presente credito sono diverse e hanno differenti implicazioni dal punto di vista dell’implementazione. Le prime due opzioni si basano sulla fornitura di un’infrastruttura che presuppone la propensione degli occupanti all’utilizzo di veicoli a bassa emissione, garantendo loro agevolazioni ulteriori, quali parcheggi dedicati e stazioni di rifornimento sul posto. Tra le due offerte, la prima richiede minori costi di implementazione, trattandosi di un intervento legato ad una strategia di gestione più che a una realizzazione ex novo. Quest’ultima riflessione sarebbe fondamentale per un’ipotesi di riconversione in caso di insuccesso, scenario da tenere in considerazione dato il forte peso del comportamento individuale degli utenti. L’installazione di stazioni di rifornimento riguarderebbe colonnine elettriche, supportate da impianto fotovoltaico, in quanto in prossimità del lotto, a circa 600 m, è già presente un distributore con GPL, che rappresenta l’unica alternativa offerta dal protocollo per questa opzione. È evidente che, benché il progetto contempli l’impiego di fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica1, quest’ipotesi avrebbe ampi margini di incertezza. Sarebbe necessario condurre un sondaggio tra i dipendenti del Campus per verificare i rischi connessi all’investimento. La terza e la quarta opzione dipendono dalla capacità dell’azienda, soprattutto economica, di dotare i propri dipendenti di veicoli, anche in condivisione. Questo aspetto potrebbe essere un valido elemento di attrazione per le persone, ma la convenienza sarebbe determinata dalla possibilità di accedere ad incentivi pubblici2. Tuttavia, la concessione di una riduzione sui costi, come
1
L. 7 agosto 2010, n. 134, Conversione in Legge del D.L. 83/2012, Misure urgenti per le infrastrutture, l’edilizia ed i trasporti
2
42
Si veda il Credito EA 2.0
da normativa, è inversamente proporzionale alle emissioni del veicolo, limitandone la scelta, ed è vincolata, per le imprese, alla rottamazione di mezzi aventi almeno dieci anni di vita. Inoltre il protocollo LEED impone veicoli di almeno 8 posti per il car sharing, soglia attualmente troppo restrittiva per il mercato. Per questi motivi, il gruppo di progettazione ritiene che sia da scartare l’opzione 4 e che sia piuttosto auspicabile un’evoluzione del servizio di condivisione municipale, che al momento è in fase di sviluppo e non prevede veicoli a bassa emissione, né una copertura capillare del territorio. L’opzione 3 comporterebbe un acquisto dispendioso da parte dell’azienda, in quanto si tratterebbe di un’offerta rivolta ai singoli, e nello specifico 35 veicoli, pari al 3% dei 1152 occupanti a tempo pieno. Seguendo le indicazioni fornite dalla prima opzione, viene calcolato il 5% del numero di parcheggi attualmente presenti, pari a 382. Si ottengono in questo modo 20 parcheggi da riservare ai veicoli, di proprietà dei privati, che utilizzano carburante alternativo, lasciando la scelta ai singoli per il modello di vettura. Le aree di sosta verranno collocate in prossimità del viale pedonale di accesso agli edifici e verranno segnalate mediante cartelli, poiché, per le caratteristiche dei parcheggi non è possibile evidenziarli sul terreno, dove è presente una pavimentazione permeabile. Allo stesso modo sono attualmente identificati i parcheggi per i disabili. Benché non sia quantificabile il concreto miglioramento della mobilità da e verso il luogo di lavoro, si può ipotizzare che un lieve incentivo sia costituito dalla vicinanza, considerata la capienza ridotta del parcheggio. L’alternativa migliore, ma inattuabile per i motivi visti in precedenza, rimane l’implementazione del car sharing, in quanto interpreterebbe una prassi già diffusa tra i dipendenti, ossia la condivisione della propria automobile per gli spostamenti.
1 2
1. Individuazione parcheggi preferenziali 2. Distanza dal distributore GPL
Scala 1:1000 0
10
50 m
43
PUNTI 2 4.4 Trasporti alternativi: capacità dell’area di parcheggio
Finalità Ridurre l’inquinamento e l’impatto ambientale generati dal traffico automobilistico
Requisiti In caso di ristrutturazione edilizia non prevedere nuovi parcheggi
Opzioni Caso 1. Edifici non residenziali Caso 2. Edifici residenziali
La riduzione del numero dei parcheggi all’interno di un progetto è una strategia che può essere implementata con successo se si prevede di non superare i limiti minimi previsti dalla normativa e se parte dell’offerta viene destinata ad alternative di mobilità basate sulla condivisione. In fase di ristrutturazione è sufficiente non prevedere nuovi parcheggi. Dall’analisi della mobilità risulta predominante l’impiego dell’automobile e assenti infrastrutture alternative, come le piste ciclabili. Il car sharing è agli inizi del suo potenziale sviluppo a scala municipale e attualmente il numero di stazioni non copre capillarmente il territorio. La pratica della condivisione è tuttavia diffusa tra gli impiegati, ma avviene in maniera informale, e non è possibile per l’azienda accedere a sufficienti incentivi per mettere a disposizione mezzi con questa finalità.1 Nel caso dell’intervento analizzato, il gruppo di progettazione non prevede di realizzare nuovi stalli rispetto ai 382 esistenti, e inoltre ipotizza di destinarne il 5% a veicoli a carburante alternativo.2 Si ricorda che anche la soluzione tecnologica adottata per definire la pavimentazione, sfruttando sistemi permeabili, è vantaggiosa sotto molteplici punti di vista, come la limitazione dell’effetto isola di calore e la permeabilità rispetto alle acque piovane.3 Nonostante il progetto rispetti i requisiti di questo credito, acquisendo ben 2 punti, si vuole sottolineare come non sia assicurata la riduzione dell’impiego di automobile. Tale aspetto costituisce una peculiarità del progetto analizzato, sulla quale non è possibile fare facili generalizzazioni da parte del protocollo. Come spesso accade nei grandi in-
44
terventi che non vengono completati, la sola edificazione del lotto 6 e la mancata realizzazione del Polo Telematico, come previsto in sede di pianificazione, ha portato alla definizione di spazi limitrofi inutilizzati e incontrollati. La presenza di questi ultimi non solo incoraggia gli impiegati a parcheggiare senza vincoli, ma crea inoltre una situazione caotica e non gestita dall’azienda, la quale non ha alcun controllo sui terreni circostanti, e di conseguenza nessuna responsabilità diretta.
1
Si veda il Credito SS 4.3
2
Ibidem
3
Si veda il Credito SS 7.1
1. Sosta nei lotti limitrofi
1
Il progetto del Campus Tiscali si colloca all’interno del lotto 6, come individuato dalla ripartizione delle aree secondo gli strumenti urbanistici, avente una superficie territoriale di 65000 m². Al suo interno sono presenti edifici con differente destinazione, motivo per il quale si è resa necessaria un’ulteriore suddivisione delle strutture e delle superfici esterne di pertinenza, considerando ai fini dell’applicazione del protocollo i soli uffici, individuati con le sigle 2B, 3, 4, 5, ed escludendo l’edificio Centrale, che ospita l’auditorium, il 2A, dedicato ai servizi integrativi, e gli edifici 6, CTA, CTB, che accolgono il data center e i locali tecnici. La suddivisione così effettuata individua rispettivamente il lotto 6.2, comprendente uffici, parcheggi e percorsi pedonali, che sono oggetto della certificazione LEED, il 6.1 e il 6.3. Gli spazi aperti sono stati assegnati alle tre aree proporzionalmente all’incidenza della superficie coperta sul totale. Queste considerazioni sono valide per l’applicazione di tutti i crediti. Per l’attribuzione del punteggio riferito alla protezione e ripristino dell’habitat, si imposta l’analisi sulla base del CASO 2 - Aree antropizzate, in quanto l’area si qualifica come parte di un distretto industriale, attraversato da infrastrutture viarie caratterizzate da elevati volumi di traffico, pur in prossimità di un sito il cui valore naturalistico è riconosciuto a livello comunitario. Si valutano le due alternative secondo cui le superfici destinate a verde devono superare il limite del 20% della superficie totale, inclusa quella dell’edificio, o il 50% della superficie totale, esclusa l’impronta dell’edificio. Dalle tabelle di seguito riportate si nota come il più restrittivo sia il primo e pertanto le valutazioni avranno questo come valore di riferimento. Nel lotto 6.2 il verde occupa una superficie di 31205 m², pari al 62% della superficie limite, e il credito può dirsi acquisito. Non viene considerato il contributo dato dalla percentuale di pavimentazione permeabile dei parcheggi, in quanto la loro presenza non definisce un habitat di qualità per la flora e la fauna e non influisce positivamente sulla promozione della biodiversità. Inoltre non si rende necessaria la considerazione della copertura verde.La vegetazione si compone soprattutto di alberi e arbusti autoctoni, con la sola eccezione delle palme, situate prevalemente, e in numero esiguo, in una delle corti. Si tratta in questo caso di una specie non nativa ma che trova in questo con-
5.1 PUNTI 1 Sviluppo del sito: proteggere e ripristinare l’habitat
testo condizioni climatiche favorevoli. Nel seguito verranno descritte brevemente le caratteristiche principali della flora maggiormente utilizzata nel progetto.1 Ulivo - Olea europaea L. È un albero diffuso nel Lauretum, l’area con i climi più caldi del territorio italiano, sia peninsulare che insulare. Ha un altezza che non supera mai i 6 - 8 metri, con tronco contorto di colore grigio scuro, foglie lanceolate verdi e bianche, fiori bianchi. È una specie sempreverde che si adatta a condizioni climatiche frugali, terreni con pH variabile ma ben drenati. Ha un’elevata resistenza alla siccità, che se troppo elevata ne compromette la qualità del frutto, nel caso in cui la pianta sia utilizzata per la produzione. Lentisco - Pistacia lentiscus L. È una pianta tipica della zona mediterranea. Ha un altezza variabile, con portamento arbustivo e talvolta arboreo, con foglie resinose di colore grigio-verde e fiori di colore rosso, con frutti sferici. Predilige un clima arido e si può trovare dalle zone costiere a quelle montane interne, fino ai 700 metri sul livello del mare. Si adatta a qualsiasi substrato, anche se predilige terreni silicei.
Finalità Conservare le aree naturali e i paesaggi agrari esistenti, riqualificare le aree danneggiate per fornire habitat a flora e fauna e promuovere la biodiversità
Requisiti Superficie verde [m2] > 20% Superficie totale Superficie verde [m2] > 50% Superficie aperta
Opzioni Caso 1. Aree verdi naturali e paesaggi agrari Caso 2. Aree antropizzate
Lavanda - Lavandula stoechas L. È una pianta tipica della zona mediterranea. È alta 30-60 cm, densamente ramificata e aromatica, con foglie oblunghe di colore grigio-verde e fiori, riuniti in spighe, di colore bruno porporino. Predilige un clima mite ed occupa in genere le macchie dalle zone marine sino ai 600 metri sul livello del mare. Non teme condizioni avverse, mentre scompare quando la vegetazione diventa evoluta. Si adatta ai terreni silicei (acidi), trachite, graniti, scisti, basalti.
Le informazioni sono reperibili sul sito internet dell’azienda che si è occupata del progetto del verde, indicato in sitografia, e possono essere integrate con quelle messe a disposizione dalla Regione Sardegna sul proprio portale
1
45
1 2
1. Dati di progetto 2. Verifica
Elicriso - Helichrysum italicum È una pianta tipica della zona mediterranea ed esclusiva della Sardegna per quanto riguarda l’Italia. È alta 30 - 50 cm, molto ramificata a partire dal basso, con foglie strette e lineari di colore grigio-verde e fiori gialli tubolosi. Predilige le zone aride prospicienti il mare e, all’interno, i luoghi rocciosi e pietrosi, in suoli poco evoluti. Può costituire il principale componente di macchie degradate. Rosmarino - Rosmarinus officinalis È una pianta tipica della zona mediterranea e in particolare delle isole. È alta sino a 2 m, il fusto è legnoso, con foglie sottili e opposte di colore verde scuro-argento e fiori raccolti in spighe, con colori variabili. Si riscontra la sua presenza dal livello del mare fino agli 800 metri di altitudine, su macchia mediterranea bassa. Molto rustica, si adatta facilmente a terreni con diverso pH, prediligendo tuttavia suoli basici.
Le specie elencate sono xerofile, si adattano cioè ai terreni secchi e caratterizzati da lunghi periodi di siccità, e eliofile, in quanto necessitano di un’intensa esposizione al sole, senza ostacoli che ne favoriscano l’ombreggiamento. Al contrario, talvolta risentono di circostanze opposte, con temperature basse e alternanza di gelo e disgelo. Dal punto di vista progettuale, avendo mantenuto distanze notevoli rispetto alle altezze e avendo concentrato la piantumazione a sud rispetto agli edifici, si verificano condizioni favorevoli al loro sviluppo.
PROGETTO LEED Superfici coperte Destinazione
Spazi aperti
Area [m2]
Destinazione
Lotto 6.2 Area [m2]
Area totale [m2]
2B
1.112 Parcheggio A
1.360
3
1.727 Parcheggio B
8.420
4 C
1.727 Percorsi pedonali 735 uffici
2.363
5
1.727 Verde
31.205
Totale
7.028 Totale
43.347
50.375
86
100
% Coperta/ Tot.
14 % Aperta/Tot. VERIFICA Totale
Limite
[m2]
46
[%]
Verde [m2]
[%]
[m2]
50.375
20
10.075
62
31.205
43.347
50
21.674
72
31.205
3 4
ULIVO
3
LENTISCO 3. Principali specie vegetali presenti 4. Mappatura del verde
ELICRISO
LAVANDA
LOTTO 6.2
ROSMARINO Scala 1:2000 0
20
100 m
47
PUNTI 1 5.2 Sviluppo del sito: massimizzazione degli spazi aperti
Finalità Fornire un’elevata quantità di spazio aperto a verde in rapporto all’impronta di sviluppo per promuovere la biodiversità
Requisiti Fornire uno spazio aperto a verde [m2] > 20% superficie totale, prestazione esemplare se > 40% Superficie totale
Opzioni Caso 1. In presenza di requisiti minimi Caso 2. In assenza di requisiti minimi
Come stabilito dall’Accordo di Programma siglato il 6 ottobre 20011, la committenza si impegna a rispettare i requisiti progettuali minimi stabiliti con la Sesta Variante al Piano Regolatore Territoriale.2 L’articolo 11, comma 3, di quest’ultima stabilisce che in ciascun lotto disciplinato dal Piano debba essere riservata una percentuale di almeno il 5% a spazi pubblici, verde e parcheggi, senza particolari distinzioni tra le diverse categorie. Il limite del 20% della superficie del lotto da destinare a spazi verdi rispetto alla superficie totale è maggiore del valore indicato dalla norma, pur incrementato del 25%. Per questo motivo, poiché i limiti urbanistici sono meno severi di quelli del protocollo, si sceglie lo scenario più cautelativo. La superficie destinata a verde, con le caratteristiche precedentemente descritte3, copre il 62% della superficie del lotto 6.2, superando, con una differenza più che doppia, il limite imposto. Tale aspetto permette di acquisire il punto relativo al credito e di classificare questo progetto come prestazione esemplare per quanto riguarda la massimizzazione degli spazi aperti. Il Campus Tiscali si presenta come un complesso di edifici immerso in un grande parco, fruibile non solo da parte degli occupanti abituali, che possono inoltre goderne della vista dai loro uffici, ma anche da ospiti esterni, che, previa registrazione, possono visitarlo indisturbati. Un valore aggiunto di tali spazi è la scelta di affiancare al percorso naturale un itinerario artistico, curato da personalità locali e non. L’integrazione tra i due aspetti avviene tramite un approccio site specific e l’inserimento di opere che
1 D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Accordo di Programma “Polo Telematico”, approvato il 16 ottobre 2001
D.P.C.M. 10 novembre 1967, Piano Regolatore Territoriale dell’Area di Sviluppo Industriale di Cagliari, aggiornato alla Det. 231/PT del 6 settembre 2001, Sesta Variante
2
048
3
Si veda il Credito SS 5.1
dialogano con l’intorno. Ne sono un esempio la scultura “Pietra sonora” di Pinuccio Sciola, una stele lapidea lavorata, capace di produrre suoni al tocco in base all’intaglio del materiale, e gli “Irrigatori” o “Fog Doughnut”, rispettivamente di Alberto Garutti e Olafur Eliasson, che diffondono o nebulizzano l’acqua sul verde circostante. In fase di prima stesura del progetto erano previsti degli specchi d’acqua tra le corti create dalla posizione reciproca degli edifici, che successivamente non furono realizzati. Da un punto di vista economico, questa evoluzione nel disegno degli spazi aperti ha comportato minori costi di gestione, rispetto a quelli di manutenzione che sarebbero stati necessari, e che sono tuttora ridotti al minimo per la forte autonomia delle specie vegetali impiantate rispetto alle condizioni climatiche. La sostituzione dell’acqua con superfici permeabili non ha comportato un peggioramento nel risultato finale.
1
2 3
4
5
1. Alberto Garutti, “Irrigatori” (Open Campus) 2. Pinuccio Sciola, “Pietra Sonora” (Tiscali) 3. Michelangelo Pistoletto, “Ipertesto” 4 - 5. Olafur Eliasson, “Fog Doughnut” (Flickr)
049
PUNTI
Finalità Limitare le alterazioni della dinamica del ciclo idrologico, mediante la riduzione delle superfici di copertura impermeabili, l’aumento delle infiltrazioni in sito, la riduzione o l’eliminazione dell’inquinamento dal deflusso delle acque meteoriche e l’eliminazione dei contaminanti
Requisiti Implementare un piano di gestione delle acque piovane
Opzioni Caso 1. Impermeabilità esistente < 50% Caso 2. Impermeabilità esistente > 50%
6.1 Acque meteoriche: controllo della quantità
L’impiego di soluzioni progettuali che impediscano il deflusso superficiale delle acque meteoriche può avere importanti ripercussioni a scala locale, in quanto vi è un maggior contenimento dei volumi di acqua che, non assorbita dal terreno, incide sulle condotte fognarie, spesso con un aumento dei contaminanti in essa presenti, dovuto al contatto con sostanze quali pesticidi, liquami dei veicoli e altri. Viceversa, l’implementazione di strategie per la raccolta può rappresentare una risorsa da impiegare per finalità come l’irrigazione e gli scarichi delle apparecchiature, per le quali non è richiesta acqua potabile. Si parla dunque di misure non strutturali, se finalizzate alla filtrazione naturale all’interno del suolo, o di misure strutturali, nel caso di dispositivi per lo stoccaggio e il trattamento. Esistono due casi da considerare preliminarmente alla scelta del percorso da seguire per certificare il raggiungimento dei requisiti fissati dal credito. Il primo e il secondo caso riguardano rispettivamente i progetti nei quali la superficie impermeabile esistente sia minore o maggiore del 50%. Date le condizioni del progetto1, in cui il totale di superfici permeabili o assimilabili è pari al 81% della totale, si ricade nel secondo caso. Il protocollo suggerisce pertanto di implementare un piano di gestione delle acque meteoriche, al fine di controllare la portata e il volume di acqua di un evento meteorico di 24 ore, con tempo di ritorno di 1 e 2 anni.
gono, in sede di intervento, le coperture a verde estensivo degli edifici, aventi un’area complessiva di 3.884 m2. A queste non fa seguito l’installazione di specifici sistemi di stoccaggio e canalizzazione, che permetterebbero di raccogliere l’acqua durante i picchi temporaleschi e utilizzarla per finalità al servizio del complesso. Le misure strutturali sono tuttavia più costose rispetto alle prime e richiedono una manutenzione maggiore nel corso del tempo. Poiché non si è in possesso di informazioni dettagliate sulla tipologia dei suoli, non è possibile risalire alla loro effettiva capacità di filtrazione, sia in termini di velocità che di quantità. Inoltre, nel primo progetto, non sono stati fatti precisi calcoli di dimensionamento finalizzati al perseguimento di questi obiettivi, benché siano stati curati gli aspetti naturali delle superfici esterne agli edifici. Infatti il gruppo di progettazione, per limitare l’uso di acqua potabile perseguirà altre strategie a scala locale, in virtù delle infrastrutture di trattamento di cui l’area industriale è dotata e degli strumenti urbanistici che ne favoriscono l’impiego.2
Allo stato di fatto, il progetto presenta una serie di misure non strutturali che sono state messe in opera: le ampie superfici a verde che circondano gli edifici, per un totale di 31.205 m2, le aree di sosta realizzate con PVC alveolare ad alta permeabilità, per un totale di 5.763 m2, cui si aggiun-
Si vedano i Crediti SS 5.1, 7.1 e 7.2. In questo caso viene aggiunta alla superficie a verde degli spazi esterni, quella permeabile dei parcheggi e quella relativa alle coperture: 31.205 m2 + 5.763 m2 + 3.884 m2 = 40.852 m2 (81% della totale del lotto, pari a 50.375 m2) 1
050
Si vedano i Crediti GA 1.0 e 2.0
2
6.2 PUNTI Acque meteoriche: controllo della qualità
Le Best Management Practices (BMP) sono soluzioni adottate per ridurre il deflusso di acqua dovuto alle precipitazioni e la percentuale di agenti contaminanti in essa presenti. Vengono classificate in tre categorie: • sistemi vegetati; • sistemi filtranti, che sono costituiti da una matrice in sabbia, ghiaia o torba; • sistemi ad infiltrazione, che favoriscono la percolazione nel suolo, dove i particolati rimangono nel terreno e microrganismi aggrediscono le componenti organiche. All’interno del progetto vengono utilizzati sistemi vegetati e sistemi ad infiltrazione. La pavimentazione in PVC alveolare dei parcheggi, con una permeabilità del 90%, fa parte dei sistemi ad infiltrazione, in quanto pavimentazione porosa.
vana soggetta ad infiltrazione e la relativa velocità con cui questo avviene, tali da garantire l’assorbimento del 90% precedentemente fissato. Non si possiedono informazioni e competenze tali da garantire l’acquisizione di questo credito, come per il precedente, per i quali il protocollo individua tra le possibili figure professionali di riferimento l’ingegnere civile e l’architetto del paesaggio.
Finalità Ridurre o eliminare le interruzioni e l’inquinamento dei flussi d’acqua attraverso la gestione del deflusso delle acque piovane
Requisiti Implementare un piano di gestione delle acque meteoriche mediante l’adozione delle migliori pratiche di gestione, per una quantità pari al 90% della piovosità
Per determinare il volume di acqua di scorrimento superficiale catturata con le strategie adottate occorre stabilire prima di tutto la natura del bacino entro cui ci si trova, in funzione della quale vengono stabiliti i limiti. Vengono classificati i bacini: • umidi, con piovosità annua di 1400 mm; • semi-umidi, con piovosità annua di 800 - 1400 mm; • aridi, con piovosità annua inferiore a 800 mm. Per la località considerata, ossia Cagliari, che ricade entro un bacino arido, con piovosità annuale di 430 mm, il 90% della precipitazione è equivalente al trattamento di 18 mm di acque di dilavamento.1 Nel caso di misure non strutturali, occorre conoscere la tipologia del suolo che determina la quantità di acqua pio-
Green Building Council Italia (a cura di), Green building : nuove costruzioni e ristrutturazioni. Manuale LEED Italia Nuove Costruzioni e Ristrutturazioni. Per progettare, costruire e ristrutturare edifi ci istituzionali e commerciali, GBC Italia, Rovereto, 2011, p. 89 1
051
PUNTI 1 7.1 Effetto isola di calore: superfici esterne
Finalità Ridurre l’effetto isola di calore per minimizzare l’impatto sul microclima e sull’habitat umano e animale
Requisiti Almeno il 50% delle superfici pavimentate devono essere permeabili, poste in ombra o avere un SRI > 29
Opzioni 1. Utilizzare una combinazione di strategie per il 50% delle superfici esterne pavimentate 2. Porre sotto copertura almeno il 70% degli spazi adibiti a parcheggio
Ai fini della valutazione di questo credito si sceglie di seguire la prima opzione, in quanto la seconda può essere applicata solo in presenza di parcheggi posti sotto copertura. Nel caso del progetto analizzato questa condizione non si verifica e si sottolinea inoltre come l’impatto negativo in termini di assorbimento della radiazione solare sia dovuto alle pavimentazioni dei percorsi pedonali, mentre per i parcheggi è stata adottata una tecnologia vantaggiosa. Il contributo alla riduzione dell’effetto isola di calore viene dato da una combinazione di soluzioni, quali la permeabilità dei materiali, la corretta manutenzione delle pavimentazioni con riflettanza intermedia e l’ombreggiamento delle superfici più scure. Le superfici esterne pavimentate del Campus Tiscali comprendono le due aree destinate ai parcheggi, indicate con A e B e situate in prossimità dell’ingresso dedicato, e i percorsi pedonali, che attraversano il parco secondo due direzioni ortogonali a partire dalle due entrate. Il totale misura 12.143 m². Dal punto di vista tipologico, in relazione al diverso indice di riflettanza solare (SRI)1 e alla permeabilità, possono essere classificate come segue: •
• • •
spazi dedicati alla manovra dei veicoli all’interno dei parcheggi, realizzati in ciottolato stabilizzato con legante; aree di sosta all’interno dei parcheggi, realizzate con un sistema drenante alveolare in PVC; percorsi pedonali in basalto; percorsi pedonali in ciottolato stabilizzato con legante.
La scelta di utilizzare un grigliato con permeabilità del 90%, rispetto all’eventuale impiego di asfalto, riduce no-
Solar Reflectance Index: parametro che esprime la capacità di un materiale di respingere il calore solare: per una superficie nero standard è 0 e per il bianco standard è 100
1
052
tevolmente l’impatto dei posti auto, con un’incidenza in termini di superficie pari al 47% della totale pavimentata (5.763 m²). La permeabilità può essere ridotta dall’infiltrazione di altri materiali a causa dell’utilizzo ed è quindi opportuno provvedere periodicamente alla loro rimozione. Anche le prestazioni del ciottolato stabilizzato con calcestruzzo grigio dipendono dalle condizioni in esercizio, che in questo caso diventano determinanti, poiché il materiale usato in partenza non ha un indice di riflettanza elevato. Una corretta manutenzione, che può essere effettuata con un lavaggio a pressione una volta ogni due anni, garantisce un valore di SRI ragionevolmente superiore a 29. Infatti un calcestruzzo classico grigio ha un indice di riflettanza solare pari a 19, se invecchiato, e a 35, se nuovo. Solo in questo caso è possibile considerare il contributo di queste superfici, che hanno un’incidenza del 41% sul calcolo globale (5.011 m²). Dal punto di vista dell’ombreggiamento è opportuno tralasciare l’apporto dato dalla vegetazione, collocata prevalentemente in corrispondenza del verde, escluso dal credito, o dei parcheggi, che sono stati precedentemente inseriti nella valutazione. Si considerano quindi le sole ombre che gli edifici proiettano il 21 giugno, alle ore 10:00, 12:00 e 15:00 sui percorsi pedonali in basalto, avente un SRI pari a 10, e si calcola la loro media aritmetica. Le condizioni di ombreggiamento vengono simulate con il software Ecotect, sulla base dei dati climatici relativi alla città di Cagliari. Il risultato corrisponde a una superficie pari a 204 m², con un’incidenza percentuale del 2%. Le superfici pavimentate che contribuiscono all’acquisizione del credito, superando la soglia fissata del 50%, sono pari al 90% del totale e corrispondenti a 10.977 m².
1 2
1. Ombre 21 giugno, ore 10:00, 12:00, 15:00 2. Mappatura delle pavimentazioni Alveolare PVC Ciottolato stabilizzato Basalto Basalto in ombra
LOTTO 6.2
Scala 1:2000 0
20
100 m
053
3 4
ALVEOLARE PVC
BASALTO
3. Tipologie pavimentazioni 4. Dati di progetto e verifica
CIOTTOLATO STABILIZZATO SPORCO E PULITO
PROGETTO LEED Superfici esterne pavimentate Area [m2]
Destinazione Parcheggio A
1.360
Parcheggio B
8.420
Percorsi pedonali uffici
2.363
Tipologia
Area [m2]
%
Caratteristiche
Ciottolato stabiliz.
510
4
SRI = 19*
Alveolare PVC
850
7
permeabile 90%
Ciottolato stabiliz.
3.509
29
SRI = 19*
Alveolare PVC
4.913
40
permeabile 90%
991
8
SRI = 19*
1.371
12
SRI = 10
12.143
100
*pulito SRI > 29
Ciottolato stabiliz. Basalto
Totale VERIFICA Limite
S. totale [m2]
[%] 12.143
Progetto [m2]
[m ] 2
50
6.071
Superfici permeabili
5.763
Superfici con SRI > 29
5.011
Superfici in ombra*
054
10.977
*Si considera la media delle superfici in basalto ombreggiate dallâ&#x20AC;&#x2122;edificio il 21 giugno alle ore 10:00, 12:00 e 15:00.
204
7.2 PUNTI 1 Effetto isola di calore: coperture
Si considerano le coperture piane degli edifici destinati ad uffici. Dal punto di vista tipologico è possibile distinguere superfici aventi differenti caratteristiche, quali il piano di calpestio, le coperture dei locali tecnici, gli spazi antistanti dove sono localizzate alcune componenti dell’impianto di climatizzazione, e, in percentuale minima, la finitura superiore dei parapetti intonacati che ne circondano il perimetro. La soluzione tecnologica adottata per le coperture prevede un tetto verde estensivo incompleto, in quanto, diversamente da quanto previsto in fase di progetto, sono stati predisposti gli strati funzionali alla piantumazione ma questa non è stata eseguita. La messa in opera prevede il posizionamento di un manto impermeabile antiradice sopra un massetto delle pendenze. Successivamente si sovrappongono un elemento prefabbricato in EPS che svolge la funzione di protezione, drenaggio e accumulo, un filtro geotessile e il substrato composto da materiale di origine vulcanica e sostanze organiche. Prima della piantumazione si applica un fertilizzante granulare a rilascio controllato. La vegetazione prevede una miscela di varietà di talee di sedum, secondo proporzioni che dipendono dalla provenienza1. In Sardegna è possibile trovare la Borracina Acre (Sedum acre), la Borracina Bianca (Sedum Album), cui si uniscono altre specie tipiche della macchia mediterranea. Da un punto di vista ambientale, il tetto verde rappresenta una scelta vantaggiosa nel caso in cui contribuisca al miglioramento delle prestazioni secondo una strategia globale, con la riduzione dell’effetto isola di calore, grazie all’evapotraspirazione e la sostituzione di superfici potenzialmente assorbenti, il drenaggio dell’acqua piovana e un aumento dell’inerzia termica che migliora il comportamento passivo dell’involucro nel corso della giornata. Le spese richieste per la gestione di una soluzione estensiva sono minime e legate a una manutenzione semiannuale2 e alla scelta di specie vegetali autoctone, che richiedono un’irrigazione minima e sono capaci di sopportare radicali condizioni di siccità.
dei marcatori visivi che sono rappresentati dai parapetti delle coperture, chiaramente distinguibili per la colorazione della trachite di rivestimento. La copertura dei locali tecnici e dei corpi scala necessari per raggiungere la sommità degli edifici è realizzata con rivestimento bianco su struttura metallica, con un coefficiente di riflessione solare di 0.67, un’emittanza infrarossa di 0.85 e un SRI di 82. Si tratta di una soluzione capace di riflettere con efficacia la radiazione solare, non solo nel campo del visibile. Limitare l’estensione di superfici con queste caratteristiche, preferendo il tetto verde per la porzione rimanente, permette di contenere fenomeni di abbagliamento che potrebbero disturbare i volatili. Dalla combinazione di più strategie si ottiene una percentuale di superficie di copertura utile alla riduzione dell’effetto isola di calore pari a 6.319 m², con un’incidenza del 90% sul totale. Tuttavia si ricorda che per conservare le prestazioni delle superfici ad elevata riflessione è necessaria una manutenzione a frequenza biennale. La seguente equazione, basata sull’applicazione della terza opzione, mostra il superamento del requisito3: {Si/[78x(0,75/SRI)] + Sv/0,5} > (Stot - Simp) {886/[78x(0,75/82)] + 810/[78x(0,75/100)] + 3.884/0,5} > > (7.028 - 709) 10.400,49 > 5.580
In un sito di particolare valore naturalistico, scelto dall’avifauna come habitat ideale, è necessario inoltre fornire
1
Si veda la scheda tecnica del prodotto Daku Estensivo
2
Ibidem
3 Si: Superficie dei materiali aventi un SRI > 78. Si include nella sommatoria ogni materiale i-esimo, con il proprio SRI [m2] Sv: Superficie del tetto verde [m2] Simp: Superficie destinata alle componenti impiantistiche [m2]
Finalità Ridurre l’effetto isola di calore per minimizzare l’impatto sul microclima e sull’habitat umano e animale
Requisiti Copertura a verde e superfici ad elevata albedo che soddisfino l’equazione: {Si/[78x(0,75/SRI)] + + Sv/0,5} > (Stot - Simp)
Opzioni 1. Utilizzare materiali di copertura con indice SRI > 78 per un minimo del 75% della superficie del tetto 2. Installare un sistema di copertura a verde per il 50% della superficie del tetto 3. Installare superfici ad elevata albedo e coperture a verde in combinazione
055
1 2
1. Stato di fatto (Bing Maps) 2. Dati di progetto e verifica
PROGETTO LEED Superfici di copertura Area [m2]
Tipologia
%
Caratteristiche
Copertura bianca su struttura metallica, piana
886
13
SRI = 82*
Superfici intonacate
810
12
SRI = 100*
Copertura verde estensiva
3.884
58
Evapotraspirante
Spazi riservati agli impianti (esistenti e fonti rinnovabili)
1.099
17
-
Totale
6.679
100
-
*Fonte: Lawrence Berkley National Laboratory Materials Database. Valore di riferimento, in assenza del valore del produttore. VERIFICA Limite [m2] 5.580
056
Progetto [m2] 10.400,49
Copertura bianca su struttura metallica, piana
1.247,88
Superfici intonacate
1.384,61
Copertura verde estensiva
7.768,00
ESTERNO
3
Miscela di sedum
4
Substrato - 8 cm Strato filtrante geotessile - 0,13 cm Accumulo, drenaggio EPS - 8 cm Impermeabilizzante - 0,3 cm Massetto pendenze - 5 cm (min. - pendenza 2%) Isolamento EPS - 3 cm
3. Stratigrafia copertura verde estensiva
Solaio di copertura - 28 cm Intonaco - 2 cm
4. Mappatura delle superfici di copertura
INTERNO
Superfici riflettenti Copertura verde estensiva
Scala 1:10
Spazi riservati agli impianti 0
0,1
0,5 m
Scala 1:1000 0
10
50 m
057
PUNTI
Finalità Minimizzare le dispersioni luminose generate dall’edificio e dal sito, limitare la brillanza della volta celeste al fine di incrementare l’accesso visuale notturno alla volta celeste, migliorare la visibilità notturna attraverso la riduzione del fenomeno dell’abbagliamento e ridurre l’impatto negativo indotto dall’illuminazione dell’edificio durante il periodo notturno
Requisiti Ridurre la potenza di alimentazione degli apparecchi interni del 50% tra le 23:00 e le 5:00 o garantire schermature per le aperture trasparenti dell’involucro; in entrambi i casi, all’esterno, illuminare solo le aree dove sono richiesti comfort visivo e sicurezza e dimostrare che gli apparecchi non emettono luce verso l’alto
Opzioni Illuminazione interna 1. Potenza apparecchi 2. Schermature per le aperture trasparenti Illuminazione esterna Rispettare i requisiti in entrambi i casi 058
8.0 Riduzione dell’inquinamento luminoso
Un buon progetto illuminotecnico dovrebbe essere in grado di rendere compatibile la presenza degli utenti e le esigenze legate alla percezione della volta celeste, sempre più compromessa in ambito urbano. In ambito extraurbano le condizioni dovrebbero essere tali da non arrecare disturbo alla fauna presente. Occore valutare entrambe le componenti del sistema di illuminazione, interna e ed esterna. L’orario lavorativo prevede un’occupazione degli edifici che si protrae, nei casi peggiori, fino alle 8 di sera. Bisogna considerare, tuttavia, l’eventualità in cui il complesso ospiti eventi legati alla collaterale attività di Open Campus, i quali possono avere durata maggiore. Nella norma, l’illuminazione interna non viene utilizzata la sera ed è soggetta ad una gestione centralizzata e calendarizzata. Il gruppo di progetto prevede inoltre l’installazione di sistemi di controllo basati su sensori di presenza, i quali permettono una calibrata e contemporanea gestione degli apparecchi e delle schermature1. Le tende interne in tessuto vengono completamente abbassate al termine del consueto orario di ufficio, garantendo che non vi sia alcuna interferenza con la volta celeste. Il progetto si trova all’interno di una zona LZ1, ossia una Zona Buia, esterna al centro abitato e, benché prossima a stabilimenti industriali, soggetta a vincoli naturalistici. L’illuminazione esterna utilizza apparecchi incassati a pavimento che vengono sfruttati per dare risalto alle quinte architettoniche e proiettori installati lungo i principali assi interni di percorrenza. Nel primo caso si tratta di un’applicazione non motivata dalla necessità di garantire sicurezza e comfort visivo, mentre nel secondo bisogna tenere in considerazione non solo la sorgente ma anche il suo puntamento. Come spesso accade, i proiettori vengono installati in maniera casuale, o la loro posizione può cambiare
Si veda il Credito QI 6.1
1
nel tempo, anche per motivi del tutto accidentali. Questo aspetto inficia una corretta gestione dell’illuminazione esterna e rende frequente il verificarsi di episodi nei quali vi è un flusso di luce dispersa verso l’alto. Inoltre non è stato possibile misurare rigorosamente le condizioni di illuminamento, che dovrebbero attenersi al limite di 0,1 lux, orizzontalmente e verticalmente. Per tali valutazioni, non si ritiene siano stati rispettati i requisiti di questo credito.
1
2
3
4 5
1. Illuminazione uffici risolvibile con schermature esterne (Europaconcorsi) 2. Illuminazione uffici risolta mediante aggetti (Europaconcorsi) 3. Proiettore esterno 4 - 5. Illuminazione architettonica (Arassociati)
059
060
G A
1 1.0
3
Prerequisito Riduzione dell’uso dell’acqua
Crediti
1.0
Gestione efficiente delle acque a scopo irriguo
2.0
Tecnologie innovative per le acque reflue
3.0
Riduzione dell’uso dell’acqua
10/10
Punti
061
PUNTI 4 1.0 Gestione efficiente delle acque a scopo irriguo
Finalità Limitare o evitare l’utilizzo di acque potabili, acque di superficie o del sottosuolo disponibili nelle vicinanze del sito di ubicazione dell’edificio, per scopi irrigui
Requisiti Installazione di particolari tipologie vegetative che non necessitano di sistemi di irrigazione permanenti
Opzioni 1. Riduzione dei consumi del 50% 2. Nessun utilizzo di acqua potabile per l’irrigazione
La gestione efficiente delle acque per l’irrigazione all’interno del caso di progetto avviene secondo due modalità: passivamente, attraverso opportune scelte in merito al completamento degli spazi esterni, e attivamente, valutando l’impiego di reflui ma ripiegando su infrastrutture già esistenti nel più ampio contesto dell’area industriale1. Per il conseguimento del credito non si rende necessaria la quantificazione della riduzione di acqua potabile, in quanto il suo impiego è del tutto escluso: i reflui trattati vengono convogliati mediante le infrastrutture del comparto al sito e vengono utilizzate per l’irrigazione e i servizi. Tuttavia, per capire l’incidenza delle strategie interne al progetto sul perseguimento delle finalità del presente credito, in assenza di risorse esterne, verranno illustrate le procedure di calcolo definite dal protocollo. In esse ricadono considerazioni relative alle scelte inerenti la progettazione del verde, le condizioni climatiche della regione considerata e i sistemi di irrigazione. - Progettazione del verde Le aree circostanti il Campus Tiscali sono caratterizzate da ampie superfici verdi, progettate per l’inserimento di manto erboso, alberi e arbusti locali o adattabili.2 Tali specie sono xerofile, in quanto si adattando facilmente ai periodi di forte siccità che caratterizzano la località considerata. È possibile ricavare le norme di gestione delle specie vegetali dal catalogo del fornitore; nella pagina seguente verranno brevemente schematizzate, suddivise per tipo. La varietà di piante comprende circa 6 tipologie, un numero sufficiente alla creazione di un habitat per la fauna presente, che al contempo non risulta eccessivamente eterogeneo, aspetto che implicherebbe minori condizioni di salubrità per la flora e, con l’incremento delle patologie infestanti, il ricorso a pesticidi. Tali sostanze potrebbero contaminare l’acqua impiegata a scopo irriguo. Inoltre, la
Si veda il Credito GA 2.0
1
062
Si veda il Credito SS 5.1
2
specie maggiormente compromessa, la palma, che può essere attaccata dal punteruolo rosso, è isolata tra gli edifici. Il protocollo indica il totale di acqua potabile utilizzata TPWA come derivante dal totale di acqua utilizzata TWA, cui sottrarre l’acqua riutilizzata eventualmente disponibile. Per quantificare TWA è necessario determinare con la seguente equazione3 il coefficiente delle aree esterne di pertinenza KL, dipendente dal fabbisogno delle specie presenti, dalla loro area fogliare e dalle condizioni microclimatiche. KL = ks x kd x kmc KL, indicante il volume di acqua persa attraverso l’evapotraspirazione, risulta nullo in quanto il relativo fattore di specie ks, corrispondente alla variazione del fabbisogno di acqua, è pari a zero, grazie alla presenza di piante xerofile. La densità e il microclima invece incidono in due modi: l’evapotraspirazione, e di conseguenza il fabbisogno di acqua cui provvedere in maniera artificiale, aumenta in presenza di alta densità vegetativa e di aree a parcheggio o collocate ad ovest, dove sono più alti i valori di temperatura. Il gruppo di progettazione ha compiuto una scelta opportuna, decidendo di collocare i parcheggi ad ovest e utilizzando una pavimentazione permeabile, alternata con percorsi di colore chiaro, ad alta riflessione. Le temperature in questo modo sono ragionevolmente ridotte. La densità vegetativa è invece bassa, data la necessità delle specie vegetali di avere condizioni di esposizione di pieno sole, senza un reciproco ombreggiamento. - Condizioni climatiche della regione La seconda equazione4 permette di calcolare il tasso di evapotraspirazione specifico del progetto, a partire dall’evapotraspirazione di riferimento per la regione in esame e dalle condizioni precedentemente indicate. ETL = ETo x KL
3 KL : coefficiente di aree esterne di pertinenza [-] ks: fattore di specie [-] kd: fattore di densità [-] kmc: fattore di microclima [-]
ETL: tasso di evapotraspirazione [mm] ETo: evapotraspirazione di riferimento per la località considerata [mm] KL: coefficiente di aree esterne di pertinenza [-] 4
1 3 4
Tipologie vegetative
Ulivo
Dimensioni 2 - 10 m
Corologia
Irrigazione
Steno-mediterraneo
2
1. Da sinistra: ulivo, palma, lentisco
PROGETTO LEED
Specie
5
Habitat
Poca acqua, se non usato per i frutti
Pieno sole, indifferente al substrato
Palma
2 - 12 m
Canarie (ma diffusa nel mediterraneo)
Poca acqua
Terreno ben drenato
Lentisco
4-5m
Mediterraneo
Poca acqua
Pieno sole/mezzâ&#x20AC;&#x2122;ombra, indifferente al substrato
Elicriso
0,3 - 0,5 m
Sardegna
Poca acqua
Pieno sole, indifferente al substrato
Lavanda
0,3 - 0,6 m
Steno-mediterraneo
Poca acqua
Pieno sole, indifferente al substrato
Rosmarino
0,5 - 2 m
Steno-mediterraneo
Poca acqua
Pieno sole, indifferente al substrato
2. Dallâ&#x20AC;&#x2122;alto: elicriso, lavanda, rosmarino 3. Abaco tipologie vegetali 4. Stratigrafia copertura 5. Accumulo e drenaggio (Daku)
Scala 1:10 0
0,1
0,5 m
063
Si considera per ETo il valore indicato per il mese di luglio all’interno del Riepilogo mensile meteorologico e agrometeorologico della Regione Sardegna, nell’area di Cagliari.5 Tale valore è compreso tra 141 e 160 mm. Si ritiene ragionevole un valore medio di 150 mm. - Sistema di irrigazione Infine, la terza equazione6 permette di tenere in considerazione l’efficienza del sistema di irrigazione e del sistema di controllo, eventualmente calibrato mediante sensori di umidità o meteorologici, e calcolare TWA. TWA = A x (ETL/EI) x CE x 1,0 x (l/m2mm) Pur non essendovi particolari necessità di irrigazione, essa è presente in due modalità, a supporto del manto erboso: funzionale, con un sistema interrato, e artistica, per la presenza di due installazioni che impiegano l’acqua nebulizzata o spruzzata per il loro funzionamento. Tuttavia, dal punto di vista dei consumi, le opere di Olafur Eliasson e di Alberto Garutti7 vengono utilizzate sporadicamente, in occasione di eventi ospitati all’interno del Campus. Per quanto riguarda invece l’irrigazione funzionale si ipotizza una condizione svantaggiosa, non potendo risalire ai dati del produttore, assegnando al sistema a pioggia un’efficienza di 0,625, come indicato dal protocollo nel caso di aspersori. Nell’ultimo passaggio8, è possibile stabilire la quantità di acqua potabile ancora necessaria, a seguito degli accorgimenti presi e descritti nelle fasi precedenti. Si ricorda tuttavia che, pur non avendo a disposizione precisi dati sulle quantità di acqua fornite dalla piattaforma ambientale esterna al sito di progetto, il 100% del fabbisogno per l’irrigazione risulta coperto da acqua non potabile, trattata e riutilizzata. TPWA = TWA - Acqua riutilizzata
Rapporto consultabile al seguente link: http://www.sar.sardegna.it/ pubblicazioni/riepiloghimensili/pdf2/riepilogo.2014.07.pdf
5
TWA: totale acqua necessaria [l] A: area esterna di pertinenza [m2] ETL: tasso di evapotraspirazione [mm] EI: efficienza del sistema di irrigazione [-] CE: efficienza del controller in presenza di sensori [-] 6
064
7
Si veda il Credito SS 5.2
8
TPWA: totale acqua potabile necessaria [l]
In aggiunta, si segnala un accorgimento preso in fase di riqualificazione. Per la copertura degli edifici è stato adottato un tetto verde di tipo estensivo, che contribuisce positivamente ai fini del presente credito in due modi. Il primo è la scelta di una miscela di sedum, la cui composizione viene fornita dall’azienda unendo le varietà in proporzione diversa in base alla località di installazione. Si tratta di specie perenni che non richiedono alcun sistema di irrigazione. Inoltre è presente uno strato funzionale in EPS che svolge la funzione di drenaggio, protezione e un accumulo idrico di 24 l/m2, grazie alla particolare conformazione a celle. La strategia impiegata per l’acquisizione di questo credito non implica l’installazione di particolari soluzioni tecnologiche all’interno del sito, che costituirebbero una spesa aggiuntiva fornendo un servizio superfluo, attualmente gestito in maniera centralizzata all’interno dell’area industriale. All’impiego di acque reflue trattate si unisce la scelta di specie vegetali che non richiedono particolare manutenzione e cura, nel rispetto delle specifiche caratteristiche climatiche del sito. La percentuale di acqua a scopo irriguo viene in primo luogo minimizzata e successivamente gestita con risorse alternative rispetto a quella potabile.
PROGETTO LEED
6
Area
ks
kd
kmc
kL
ETL
IE
TWA
[m2]
[-]
[-]
[-]
[-]
[mm]
[-]
[l]
1
Ulivi, parcheggi con pavimentazione permeabile e percorsi in ciottolato
10.928,14
0,2
0,5
0,5
0,05
7,5
0,625
131.137,68
2
Ulivi, manto erboso e macchia mediterranea lungo i percorsi
17.646,47
0,5
0,5
1
0,25
37,5
0,625
1.058.788,20
3
Manto erboso con sporadica presenza di macchia mediterranea
Zona
Descrizione
12.787,88
0,7
0,5
0,5
0,17
26,25
0,625
557.551,57
7 8
6. Dati relativi al calcolo del fabbisogno di acqua per l’irrigazione 7. Irrigazione a pioggia all’interno del Campus (Flickr) 8. Planimetria con individuazione delle zone omogenee
Totale acqua potabile richiesta per l’irrigazione [l]
1.747.477,44
Percentuale coperta da acque reflue trattate non potabili [%]
100%
3
2
1
Scala 1:2000 0
20
100 m
065
PUNTI 2 2.0 Tecnologie innovative per le acque reflue
Finalità Ridurre la produzione di acque reflue e la richiesta di acque potabili e, nel contempo, aumentare la ricarica dell’acquifero locale
Requisiti Riduzione del 50% dell’uso dell’acqua potabile
Opzioni 1. Riduzione del 50% dell’uso dell’acqua potabile per il convogliamento dei liquami dell’edificio, tramite l’utilizzo di apparecchiature che ne attuano il contenimento, o mediante l’utilizzo di acqua non potabile 2. Trattamento direttamente sul sito del 50% delle acque reflue prodotte fino a raggiungere gli standard di idoneità di tipo terziario
L’utilizzo dell’acqua potabile è applicato in diversi ambiti all’interno degli edifici, anche quando il suo impiego non si mostra prettamente necessario. L’irrigazione delle specie vegetali e l’acqua destinata ai servizi igienici rappresentano i settori dove il risparmio di acqua potabile può avvenire senza apportare nessun tipo di peggioramento nel funzionamento dell’edificio, ma anzi è fonte di notevoli vantaggi dal punto di vista ambientale. Una delle possibilità è attingere l’acqua non potabile dalla raccolta di acqua piovana, considerata rispetto alle acque grigie, le acque reflue o di scarto industriale, l’alternativa qualitativamente migliore. Tuttavia tale soluzione tecnologica risulta superflua, in quanto il CACIP, attraverso la società consortile Tecnocasic, si occupa della gestione dei servizi idrico-ambientali per tutta l’area industriale di Cagliari e le aziende situate al suo interno, che sono tenute a rispettare quanto contenuto all’interno della Sesta Variante.1 Essa stabilisce che il territorio ad esso riferito si serva di una piattaforma ambientale situata nel comparto di Macchiareddu, impiegata per il trattamento dei rifiuti solidi urbani, industriali e dei reflui. La rete, al servizio dell’area industriale e dei comuni limitrofi, consente di trasferire al depuratore le acque reflue di origine produttiva e civile. Queste, una volta trattate, vengono recuperate e riciclate per essere destinate all’irrigazione e alle industrie dell’area. Il credito, che stabilisce una soglia minima pari al 50% di utilizzo di acqua non potabile rispetto alla totale necessaria, risulta pertanto acquisito mediante l’impiego esclusivo di questa risorsa. Il risultato raggiunto darebbe diritto ad un bonus per prestazione esemplare, a cui si rinuncia in quanto il Green Building Council ha indicato l’imple-
Norme tecniche di attuazione della Det. 231/PT del 6 settembre 2001, Sesta Variante, art. 6, comma 1
1
066
mentazione di tecnologie innovative per le acque reflue una strategia valida per far fronte alle necessità regionali, con relativo punto addizionale. Nella pagina seguente, la planimetria illustra il collegamento dei servizi igienici, collocati in posizione intermedia rispetto agli uffici posti in testata e gli open space, alla rete del comparto industriale.
1
2 3
1. Impianto consortile Tecnocasic (Tecnocasic) 2. Impianto consortile Tecnocasic (Google Maps) 3. Rete idrica
Saracinesca Pozzetto di incrocio Pozzetto di allaccio CASIC Rete idrica Nebulizzatore
Scala 1:2000 0
20
100 m
067
PUNTI 4 3.0 Riduzione dell’uso d’acqua
Finalità Aumentare ulteriormente l’efficienza nell’uso dell’acqua negli edifici per ridurre il carico sui sistemi municipali di fornitura dell’acqua e sui sistemi delle acque reflue
Requisiti Adottare strategie che complessivamente portino ad una riduzione del 30% dell’uso dell’acqua potabile
Per il risparmio sul consumo dell’acqua all’interno dei complessi per uffici si posso utilizzare strategie che fanno riferimento alle prestazioni degli apparecchi sanitari. In commercio sono infatti presenti elementi che utilizzano accorgimenti di vario genere per il controllo dei flussi di volumi d’acqua.
lizzato e il confronto di questo con il caso di riferimento, le cui caratteriste e prestazioni sono stabilite secondo standard ricavati dalla US Environmental Protection Agency (EPA), Office of Water.1 Tale prova è stata condotta per tutti gli edifici del complesso con il risultato medesimo per ognuno di essi. La prestazione permette una riduzione del 40%, con l’attribuzione di 4 punti.
Nella categoria dei WC è possibile trovare infatti i prodotti standard, il cui volume di acqua è attestato a 6 litri per flusso, e la categoria di WC ad alta efficienza, di cui fanno parte gli HET a flusso ridotto, con un volume d’acqua pari a 4 litri per flusso, e gli HET a flusso nebulizzato, in cui il valore di risparmio è massimizzato, grazie ad un volume di 0,2 litri per flusso. Per quanto riguarda la categoria dei lavabi è possibile fare un confronto fra la tipologia standard, con un consumo di acqua di 2 litri al minuto, e i rubinetti temporizzati, che rispetto ai primi permettono il risparmio di 1 litro di acqua. Per il calcolo dei quantitativi di acqua impiegati relativamente al consumo degli apparecchi idrosanitari, si ipotizza di seguire la procedura standard, descritta nei prerequisiti del protocollo: la percentuale di occupanti si ritiene suddivisa al 50% fra uomini e donne, si ipotizza un utilizzo dei servizi pari a 3 volte a persona nell’arco della giornata lavorativa, della durata di 8 ore, per un totale di 260 giorni. Dal punto di vista del progetto, tutti i WC installati sono del tipo HET, doppio flusso, a getto ridotto, e sono presenti inoltre lavabi temporizzati, aventi un flusso pari a 2 litri al minuto a 4 bar. Come si può vedere nella tabella della pagina successiva, il consumo risultante ammonta a 309.104.640 litri annui, con una riduzione del 40,3% rispetto al caso di riferimento, ma il 100% della quantità di acqua risulta non potabile, bensì proveniente da reflui trattati dalla piattaforma consortile del Tecnocasic.
068
La verifica del risultato raggiunto è stata effettuata calcolando il consumo di acqua annuale per il progetto ana-
La US EPA fornisce una guida agli utilizzatori commerciali, industriali e residenziali dell’acqua, in modo da realizzare un risparmio nei consumi
1
1 2
1. Progetto di riferimento
PROGETTO DI RIFERIMENTO Tipologia apparecchio
Numero di apparecchi
Numero di usi al giorno
Vol. scarico
Numero di occupanti
[l]
H2O scarico [l]
WC convenzionale [M]
84
1
6
576
290.304
WC convenzionale [F]
84
3
6
576
870.912
120
3
2
1152
829.440
Rubinetto lavabo Volume giornaliero di scarico [l]
2. Progetto LEED
1.990.656
Volume annuale di scarico [l]
517.570.560 Considerando 260 giorni lavorativi da 8 ore
PROGETTO LEED Tipologia apparecchio
Numero di apparecchi
Numero di usi al giorno
Vol. scarico
Numero di occupanti
[l]
H2O scarico [l]
WC HET, doppio flusso, getto ridotto [M]
84
1
4
576
193.536
WC HET, doppio flusso, getto ridotto [F]
84
3
4
576
580.608
Rubinetto temporizzato
120
3
1
1152
414.720
Volume giornaliero di scarico [l]
1.188.864
Volume annuale di scarico [l]
309.104.640 Riduzione del 40,3% 069
070
E A 3
Prerequisiti
1.0
Commissioning di base dei sistemi energetici dellâ&#x20AC;&#x2122;edificio
2.0
Prestazioni energetiche minime
3.0
Gestione di base dei fluidi refrigeranti
6
Crediti
1.0
Ottimizzazione delle prestazioni energetiche
2.0
Produzione in sito di energie rinnovabili
3.0
Commissioning avanzato dei sistemi energetici
4.0
Gestione avanzata dei fluidi refrigeranti
5.0
Misure e collaudi
6.0
Energia verde
14/35
Punti
071
PUNTI 3 1.0 Ottimizzazione delle prestazioni energetiche
Finalità Raggiungere livelli crescenti di prestazioni energetiche per gli edifici e gli impianti di progetto, superiori ai valori minimi definiti dalla normativa e legislazione vigente, al fine di ridurre gli impatti economico-ambientali associati all’eccessivo consumo di energia
Requisiti Miglioramento della prestazione energetica > 5%
Opzioni 1. Procedura semplificata per la determinazione della prestazione energetica dell’edificio 2. Simulazione energetica in regime dinamico dell’intero edificio 072
Ai fini del perseguimento di questo credito, si è deciso di seguire la procedura semplificata della prima opzione, la quale prevede la determinazione della prestazione energetica intesa come somma dei contributi dei fabbisogni per la climatizzazione invernale ed estiva, la produzione di acqua calda sanitaria, l’illuminazione e l’energia di processo. La prestazione misurata viene confrontata con i valori limite definiti dalla normativa1, in modo da poter valutare il miglioramento percentuale ottenuto attraverso gli interventi sul sistema edificio-impianto. Il Campus Tiscali è situato in località Sa Illetta, Cagliari, cui si attribuiscono 990 GG e la zona climatica C, cui si riferiscono tutti i limiti di seguito specificati per i diversi fabbisogni. Facendo riferimento alla tabella contenuta nell’Allegato C del D. Lgs. 311/2006, relativa ai limiti applicabili dal 1 gennaio 2010 ad edifici con destinazione differente dalla residenza, e interpolando linearmente i valori per la specifica collocazione del progetto e il rapporto S/V degli edifici, si ottiene il limite di prestazione energetica per la climatizzazione invernale. L’edificio 2B ha un rapporto S/V di 0,32, cui corrispondono 5,67 kWh/m3anno, mentre gli edifici 3, 4 e 5 hanno un rapporto S/V di 0,31, cui corrispondono 5,49 kWh/m3anno. Il limite da rispettare per il fabbisogno energetico per il raffrescamento è dato da D.L. 59/2009 ed è pari 10 kWh/m3anno. Il limite del fabbisogno per la produzione di ACS è 2 kWh/m3anno, mentre quello per l’illuminazione è di 35 kWh/m3anno, ed entrambi si possono ricavare dalle tabelle fornite dal protocollo2, per la specifica destinazione ad uffici. Il fabbisogno limite di energia primaria di processo, che fa riferimento ai consumi non con-
D. Lgs. 192/2005, come modificato e integrato da D. Lgs. 311/2006 e dal D.P.R. 59/09
1
Green Building Council Italia (a cura di), Green building : nuove costruzioni e ristrutturazioni. Manuale LEED Italia Nuove Costruzioni e Ristrutturazioni. Per progettare, costruire e ristrutturare edifici istituzionali e commerciali, GBC Italia, Rovereto, 2011, p. 232 2
templati dagli altri indicatori e alle apparecchiature presenti, è stato assunto pari al 25% della somma dei valori limite degli altri indici di fabbisogno di energia primaria. Globalmente il valore limite da rispettare, considerando tutti i contributi elencati, sarà pari a 67,31 kWh/m3anno per l’edificio 2B e 67,10 kWh/m3anno per gli edifici 3,4,5. Rispetto al fabbisogno così ricavato, in fase di intervento sull’esistente il gruppo di progettazione ha come obiettivo un miglioramento del 20% per conseguire 3 punti, ottenendo rispettivamente almeno 53,85 kWh/m3anno e 53,68 kWh/m3anno. Parte di questo valore potrà essere soddisfatto da una quota proveniente da fonti rinnovabili. Il complesso è composto da quattro edifici che si sviluppano linearmente lungo l’asse nord-ovest sud-est, reciprocamente ostruiti rispetto alle esposizioni nord-est e sud-ovest, con variazioni dovute a scelte compositive che hanno portato ad un differente allineamento dei corpi di fabbrica. La distribuzione degli ambienti è regolare, con uffici collocati nelle testate, separate da blocchi di servizio dalla parte centrale, spesso organizzata in open space. L’involucro viene trattato secondo tre modalità: • in testata le aperture a tutta altezza sono disposte esclusivamente a nord-ovest o sud-est e sono ombreggiate dalla presenza di uno sporto superiore e ostruzioni su due lati, grazie all’arretramento del filo della facciata; • i corpi scala e i servizi presentano un involucro prevalentemente opaco, ad esclusione di feritoie schermate con frangisole fissi; • gli open space, distribuiti nello sviluppo centrale delle stecche, dispongono di un doppio affaccio mediante aperture a tutta altezza, schermate da un lieve arretramento rispetto al marcapiano e dalla presenza degli altri edifici.
1
2 3
TRASMITTANZA LIMITE DELLE CHIUSURE
FABBISOGNO INVERNALE LIMITE
[W/m2K]
[kWh/m3anno]
Strutture opache verticali
0,40
Strutture opache orizzontali
0,38
Pavimenti verso locali non riscaldati o verso lâ&#x20AC;&#x2122;esterno
0,42
Chiusure trasparenti comprensive di infissi
2,6
Vetri
2,1 Allegato A del D. Lgs. 311/2006, applicati a partire dal 1 gennaio 2010
S/V
1. Trasmittanza limite delle chiusure costituenti lâ&#x20AC;&#x2122;involucro
GG
GG
GG
901
990
1400
2. Fabbisogno invernale limite 3. Valori limite del fabbisogno energetico complessivo
Edificio 2B 0,2
3,6
4,0
6,0
0,32
5,2
5,67
7,9
0,9
12,8
13,6
17,3
Edifici 3 - 4 - 5 0,2
3,6
4,0
6,0
0,31
5,0
5,49
7,8
0,9
12,8
13,5
17,3
VALORI LIMITE DEL FABBISOGNO ENERGETICO COMPLESSIVO Fabbisogno [kWh/m3anno]
Edificio
Metodo di determinazione
2B
3
4
5
EPi,lim
5,67
5,49
5,49
5,49 Allegato C del D. Lgs. 311/2006
EPe,lim
10,00
10,00
10,00
EPacs,lim
2,00
2,00
2,00
2,00 Protocollo LEED
EPill,lim
35,00
35,00
35,00
35,00 Protocollo LEED
EPproc,lim
13,46
13,42
13,42
13,42 Approssimato al 25% della somma dei precedenti
EPtot,lim
66,13
65,91
65,91
65,91 Somma di tutti i valori precedenti
10,00 D.L. 59/2009
073
- Involucro opaco Le soluzioni tecniche adottate nel 2003 per l’involucro opaco, con particolare riferimento alle strutture verticali e alla totale assenza di strato isolante, non garantiscono prestazioni in linea con i limiti previsti a partire dal 2010. Le considerazioni sullo stato di fatto e sulle ipotesi di intervento sono basate su tre esigenze:
4 5
• 4. Intervento sulla parete esterna Trachite 5. Intervento sulla parete esterna Biancone di Orosei
•
• Scala 1:10 0
074
0,1
0,5 m
il corretto comportamento in inverno, con valori di trasmittanza sufficientemente bassi per limitare le dispersioni del calore per trasmissione; il corretto comportamento in estate, con valori di sfasamento e attenuazione sufficientemente elevati, indice di una favorevole distribuzione dei picchi di calore nel corso della giornata; il corretto comportamento igrometrico, evitando il formarsi di condensa superficiale o interstiziale, con conseguente deterioramento dei materiali.
L’intervento ipotizzato è il risultato di tali obiettivi, cui si uniscono tuttavia dei limiti importanti, dovuti alla presenza di ponti termici dati dalla giunzione degli elementi strutturali e da un rivestimento di pregio che non consente un isolamento a cappotto esterno. La stratigrafia della parete esterna nella sua versione attuale ha una trasmittanza di 0,41 W/m2K, superiore rispetto al limite di 0,40 W/m2K, uno sfasamento di 13,59 h e massa superficiale di 345 kg/m2. La presenza di uno strato fortemente impermeabile di trachite determina la formazione di condensa. L’intervento prevede un cappotto interno di 5 cm, con un isolante in sughero avente una conducibilità di 0,044 W/ mK e successiva posa di barriera al vapore. La scelta del materiale è stata dettata dalla considerazione globale delle sue caratteristiche, dando importanza alle sue prestazioni in fase di esercizio e alle possibilità di dismissione date dalla posa. La finitura prevede cartongesso montato a secco su un’orditura metallica interposta all’isolante. Nel complesso la parete così progettata comporta una trasmittanza di 0,27 W/m2K, uno sfasamento di 16,94 h e massa superficiale di 364 kg/m2, senza formazione di condensa. La stessa soluzione viene impiegata anche nelle pareti in testata, con rivestimento in Biancone di Orosei, e lungo le pareti di separazione rispetto ai corpi di servizio, non riscaldati. Le strutture orizzontali su esterno, quali solaio di base e di copertura, presentano maggiore semplicità di intervento. Il solaio di base su vespaio ha una trasmittanza di 0,153 W/m2K, uno sfasamento di 18,74 h e massa superficiale di
523 kg/m2, senza formazione di condensa. La copertura è stata progettata come tetto verde estensivo, ma successivamente non è stata realizzata come previsto. Implementando questa soluzione si ottiene una trasmittanza di 0,216 W/m2K, uno sfasamento di 12,84 h e massa superficiale di 1068 kg/m2, senza formazione di condensa.
6
7 8 9
Parete esterna_cod. 149
s
ρ
μ
c
λ
R
U
ϕ
m
(int. - est.)
cm
kg/m3
-
J/kgK
W/mK
m2K/W
W/m2K
h
kg/m2
Strato liminare int. 2,50
720
9
1090
0,210
Barriera al vapore PE
0,02
940 700000
2100
0,400
Suber Ganau
5,00
150
10
1600
0,044
Intonaco calce e gesso
2,00
1400
11
840
0,700
25,00
900
10
1000
0,230
Intercapedine aria
3,00
1
1
1000
0,026
Trachite
4,00
2300 200000
840
2,700
Poroton
Strato liminare est.
9. Prestazioni parete esterna Biancone di Orosei a seguito dell’intervento
0,04
0,273
16,94
364
Parete esterna_cod. 150
s
ρ
μ
c
λ
R
U
ϕ
m
(int. - est.)
cm
kg/m3
-
J/kgK
W/mK
m2K/W
W/m2K
h
kg/m2
0,283
21,63
429
Strato liminare int.
0,13
Pregy Plac 13 BA
2,50
720
9
1090
0,210
Barriera al vapore PE
0,02
940 700000
2100
0,400
Suber Ganau
5,00
150
10
1600
0,044
Intonaco calce e gesso
2,00
1400
11
840
0,700
40,00
760
10
1000
0,230
Intercapedine aria
3,00
1
1
1000
0,026
Biancone di Orosei
3,00
2600
20000
1000
2,300
Poroton
Strato liminare est.
7. Biancone di Orosei, facciata sud est 8. Prestazioni parete esterna Trachite a seguito dell’intervento
0,13
Pregy Plac 13 BA
6. Trachite, particolare
0,04
075
10 11
10. Prestazioni solaio di base a seguito dell’intervento 11. Prestazioni solaio di copertura a seguito dell’intervento
Base_cod. 528
s
ρ
μ
c
λ
R
U
ϕ
m
(int. - est.)
cm
kg/m3
-
J/kgK
W/mK
m2K/W
W/m2K
h
kg/m2
0,130
19,91
506
Strato liminare int. Pavimento
0,17 5,00
1200
10000
1400
0,170
16,00
1
1
1800
≥
Suber Ganau
5,00
150
10
1600
0,044
Imp. Derbigum NT
0,30
Malta cementizia magra
5,00
1800
6
840
1,500
Argilla espansa e cemento
10,00
450
63
920
0,145
Ciottoli e pietre alta densità
20,00
1500
38
840
0,700
Intercapedine aria
Strato liminare est.
0,04
Copertura_cod. 645
s
ρ
μ
c
λ
R
U
ϕ
m
(int. - est.)
cm
kg/m3
-
J/kgK
W/mK
m2K/W
W/m2K
h
kg/m2
0,216
12,84
1068
Strato liminare int.
0,17
Intonaco calce e gesso
2,00
1400
11
840
0,700
Solaio laterocementizio
24,00
3000
9
2
≥
EPS 25 kg/m3
3,00
25
47
1250
0,040
Massetto pendenze
5,00
1900
17
1000
1,200
Imp. Derbigum NT
0,30
DAKU FD 30
8,00
25
47
1250
0,034
ROOF SOIL 2
8,00
1230
3
920
0,120
Strato liminare est. 076
5,00
0,56
0,04
Scala 1:10 0
0,1
0,5 m
- Involucro trasparente L’involucro trasparente consiste in serramenti in alluminio a taglio termico, dotati di vetrocamera semplice 4-12-4 con aria in intercapedine. Considerando la notevole presenza di superfici trasparenti e la prevalente esposizione est-ovest, dove il surriscaldamento è maggiore, la soluzione scelta dai progettisti non è adeguata. Sarebbe stato opportuno valutare l’installazione di vetrocamera dati dall’abbinamento di un vetro extrachiaro e un vetro a controllo solare, con interposizione di Argon. La scelta avrebbe dovuto consentire un buon compromesso di tutte le proprietà: alta trasmissione luminosa, bassa trasmittanza e fattore solare contenuto. Dal confronto tra i prodotti di due diverse aziende, AGC3 e Pilkington4, si nota come tale soluzione sia conseguibile, ma è difficile considerare la sostituzione di tutti i vetri ed è preferibile ipotizzare un sistema esterno di schermatura, ora assente. Gli uffici sono attualmente dotati di tende screen sul lato interno, efficaci solo per la componente luminosa della radiazione.
12 13
12. Intervento sul solaio di base 13. Intervento sul solaio di copertura
I serramenti posti in testata, con orientamento nord e sud, sono schermati dalla forma dell’edificio, ottenuta con l’arretramento del filo della facciata rispetto alla cornice che sporge superiormente e lateralmente, creando aggetti orizzontali e verticali. Le condizioni di ombreggiamento che si verificano a sud nel corso dell’anno minimizzano gli apporti estivi e massimizzano quelli invernali, mentre a nord la scelta è stata dettata dalla sola simmetria formale, che non consente i medesimi risultati in termini energetici. I serramenti che caratterizzano lo sviluppo dei lati lunghi degli edifici secondo le giaciture est e ovest godono di un arretramento minimo rispetto al filo della facciata, ma la posizione reciproca degli edifici e le ombre portate non consentono percentuali di ombreggiamento adeguate. La soluzione proposta consiste nella realizzazione di una schermatura esterna che sfrutti la presenza della fascia marcapiano per l’installazione di tende a rullo motorizzate. Il tessuto scelto è un microforato rivestito in alluminio,
Da configuratore: 4 mm Iplus Energy NT pos.2 - 12 mm Argon 90% - 4 mm Planibel Clearvision, con strato antisolare in faccia 2 e vetro extrachiario in abbinamento. Prestazioni: TL = 74, g = 42, Ug = 1,2 W/m2K
3
Da scheda tecnica: Suncool 70/35, con vetro a controllo solare e vetro extrachiaro in abbinamento, separati da camera con Argon 90%. Prestazioni: TL = 70, g = 37, Ug = 1 W/m2K
4
077
14
Prestazioni vetrocamera semplice 4-12-4: Tl = 82% g = 76% U = 2.8 W/m2K
15 16 17
Prestazioni tenda esterna: Tl = 29% g = 29% OF = 23%
14. Planimetria di riferimento 15. Sezione schematica con indicazione delle prestazioni delle schermature esterne 16. Sezione trasversale agli edifici, sud-est, 21 giugno 17. Sezione trasversale agli edifici, sud-est, 21 dicembre
Scala 1:500 0
5
25 m
Prestazioni tenda esterna + vetrocamera semplice 4-12-4: Tl = 27% g = 45% U = 1.8 W/m2K
che, a schermature abbassate, blocca il 71% della radiazione incidente sull’involucro trasparente e consente una buona visibilità da parte degli utenti verso l’esterno, con un fattore di apertura del 23%. Il fattore di trasmissione luminosa è del 29% ma modulabile grazie alla gestione dinamica delle componenti. - Impianto di climatizzazione L’impianto HVAC è in grado di controllare, sia in estate che in inverno, più parametri dell’ambiente: • • • •
la temperatura dell’aria umida, l’umidità dell’aria umida, la velocità dell’aria umida, la qualità dell’aria umida.
La tecnologia adottata prevede una separazione tra queste funzioni, in quanto è presente un sistema VRF a pompa di calore a inversione, che grazie alla variazione della portata del fluido refrigerante R407C può controllare la sola temperatura in maniera efficiente, grazie all’espansione diretta. Il ricambio avviene invece attraverso dei recuperatori di calore totale aria-aria a flussi incrociati. In questo modo vengono mantenute condizioni interne di progetto di 27°C in estate e 21°C in inverno, con un’umidità relativa del 50% in entrambe le stagioni. La soluzione è indicata per l’organizzazione spaziale degli ambienti, in quanto la regolazione viene gestita per macro-aree distinte e corrispondenti alle due metà di ciascun edificio. Nel seguito verranno descritte le specifiche unità esterne, interne e di recupero che sono state installate, e di cui si è curata l’integrazione con l’edificio, per l’assenza di spazi tecnici di grande estensione e per la possibilità di sostituire facilmente i singoli apparecchi in caso di anomalia. Unità esterne Il sottosistema di generazione VRF, a flusso di refrigerante variabile, è costituito da 55 pompe di calore ad inverter Mitsubishi PUHY-250 YMF-C, collocate in copertura in corrispondenza dei locali tecnici e opportunamente nascoste. Ciascuna unità può essere collegata a un massimo di 16 unità interne, mediante un circuito a due tubi che consente un funzionamento in regime alternato di riscaldamento o raffreddamento. Un collegamento a quattro tubi, in questo caso non presente, consentirebbe il funzionamento simultaneo di unità che incrementano o riducono la temperatura.
Il COP è pari a 3, ma è necessario precisare un aspetto specifico di questa tecnologia che la distingue da una comune pompa di calore. Attraverso il compressore di cui la pompa è dotata può essere controllata linearmente la capacità termica del fluido refrigerante, con una variazione dal 16% al 100%, garantendo una precisione maggiore anche nelle frequenti condizioni di carico parziale. L’espansione diretta comporta un passaggio in meno rispetto ai sistemi a fluido intermedio, nei quali il condensatore e l’evaporatore sono contenuti entro un unico apparecchio e scambiano calore con l’aria o l’acqua che fanno da termovettore. L’unità è inoltre dotata di una batteria in grado di funzionare alternativamente da condensatore o evaporatore: in estate, come avviene in un sistema multisplit, l’esterna funziona da condensatore e le interne come evaporatore, mentre in inverno la situazione viene invertita. Per incrementare ulteriormente l’efficienza del sistema e considerando l’età del progetto, e di conseguenza quella degli apparecchi, a fronte di una contemporanea evoluzione tecnologica, il gruppo di progettazione prevede di sostituire le pompe di calore con altre analoghe per funzionamento e potenza, ma con un COP di 4,4. Unità interne L’integrazione dei terminali nel controsoffitto permette condizioni di comfort uniformi, senza ostacolare la libera fruizione degli ambienti. Per ciascun piano tipo sono state installate due file di unità interne canalizzate, in modo tale che un open space tipo contenesse 5+5 unità, ciascuna collegata mediante condotti tubolari flessibili a 6 diffusori lineari, ognuno dei quali permette l’immissione in ambiente di una portata d’aria pari a 125 m3/h, per un totale di 750 m3/h. Il modello selezionato, PEFY-VMM-A, comprende uno scambiatore a espansione diretta con funzionamento alternato - evaporatore o condensatore - una valvola di controllo del refrigerante impiegato, con una precisione dal 25% al 100%, un filtro in fibra sintetica lavabile a secco, un ventilatore e una bacinella per raccogliere la condensa prodotta in fase di raffreddamento e deumidificazione. Recupero e rinnovo dell’aria Per il rinnovo dell’aria è stato installato il modello LOSSNAY LU 500, un recuperatore a scambio totale di calore con vie di passaggio dell’aria esterna e dell’aria espulsa, fisicamente separate da un diaframma in carta trattata, caratterizzato da un’alta conducibilità termica e dalla
079
18 19 20
18. Sezione tipo testata + open space, schema distributivo unitĂ esterne e interne ad esse collegate 19. Pianta tipo testata + open space, schema distributivo unitĂ interne 20. Sezione edificio 3, schema gestione per zone
Scala 1:200 0
2
10 m
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080
5
25 m
possibilità di trasmettere la quota latente. Lo scambio, che avviene con un efficienza del 70%, è possibile grazie alla presenza di griglie di estrazione, situate nel controsoffitto in corrispondenza del perimetro degli ambienti, addette al prelievo dell’aria esausta destinata a 11 recuperatori, aventi ciascuno una portata di 5000 m3/h. L’aria esterna viene invece immessa da pavimento, viene ripresa per induzione dalle unità interne e ridistribuita, miscelata alla quantità ricircolata, agli uffici. L’attenta disposizione degli apparecchi consente la creazione di due moti circolari che “lavano” gli ambienti uniformemente e attenuano lo scambio termico in corrispondenza delle vetrate. Acqua calda sanitaria La produzione di acqua calda sanitaria è attualmente coperta mediante l’impiego di scaldaacqua autonomi che comportano dei consumi elevati. Si prevede di integrare l’impianto principale con un’unità dedicata a tale scopo, come indicato dal costruttore, realizzando un impianto misto al servizio delle due necessità. Inoltre vengono installati 4 serbatoi di accumulo, ciascuno avente una capacità di 500 l, che non comportano consumo energetico. Parte del fabbisogno può essere soddisfatto mediante pannelli solari termici installati su ogni copertura.5 Fonti rinnovabili In aggiunta ai pannelli solari, considerati i consumi del sistema di generazione e di tutti i sottosistemi ad esso collegati, si rende opportuna la realizzazione di un impianto fotovoltaico.6 La collocazione dei pannelli in copertura sfrutta migliori condizioni di integrazione, grazie al parapetto che scherma la vista, e di esposizione, per la minore probabilità di ombre portate e la libertà di installazione. La manutenzione è facilitata dall’accesso, attualmente garantito da scale di servizio che portano ai locali tecnici. Lo spazio rimanente per la copertura a verde non viene eccessivamente sacrificato, in quanto gli edifici presentano una superficie di 1.397,25 m2 (3), 968,26 m2 (4-5) e 550,48 m2 (2B) libera dall’ingombro di altri elementi. - Determinazione delle prestazioni L’impiego del software Bestclass, basato sulla UNI/ TS 11300, ha permesso di calcolare il fabbisogno per la
climatizzazione invernale e la produzione di acqua calda sanitaria. Per l’inserimento dei dati è stato schematizzato l’edificio come segue: • • •
Per ciascun edificio sono stati inseriti i valori riferiti al tipo di utenza, alle caratteristiche dimensionali e alle portate d’aria di ventilazione7. Le zone non riscaldate sono state classificate in base al tipo di tenuta all’aria, in conseguenza del numero di aperture e dell’impermeabilità delle superfici perimetrali. Sono state considerate le componenti di involucro, opaco e trasparente, e i ponti termici dovuti alle soluzioni tecnologiche adottate in corrispondenza dei giunti. Per stabilire le prestazioni delle prime, sono state inserite le stratigrafie in un foglio di calcolo8, precedente impostato secondo le condizioni della località di progetto. I dati relativi all’impianto sono ripartiti in base ai sottosistemi di generazione, distribuzione ed emissione, la cui efficienza è stata ricavata secondo la procedura dei rendimenti precalcolati. Il fabbisogno di energia primaria per la climatizzazione estiva EPe è stato determinato secondo la UNI/TS 113003:2010, a partire dalla relazione di Bestclass, che fornisce i valori mese per mese di dispersioni per trasmissione e ventilazione e apporti solari e interni. Il fabbisogno di energia primaria per l’illuminazione EPill è stato determinato secondo il metodo semplificato della UNI EN 15193:2008, allegato F, come rapporto tra Lighting Energy Numeric Indicator (LENI) e il rendimento del sistema elettrico nazionale, pari a 0,46. Per la destinazione uffici, considerando l’assenza di sistemi CTE,
7 5
6
Si veda il Credito EA 2.0 Ibidem
gli edifici 2B, 3, 4, 5 sono stati considerati separatamente in quanto corpi distinti; per ognuno di essi sono state individuate le zone non riscaldate, quali i corpi scala e i locali tecnici; per ognuno di essi sono state individuate le zone riscaldate, suddividendo l’edificio per piani, in modo da considerare le differenti condizioni di ombreggiamento e di rapporto tra involucro opaco e trasparente, e il piano terra è stato a sua volta diviso in due parti, separate dal percorso pedonale.
Si veda il Credito QI 2.0
Corrado V., Calcolo dei parametri termici dinamici e della prestazione igrotermica dei componenti edilizi, Politecnico di Torino - DENER
8
081
21
21. Dati di progetto e verifica
l’accensione automatica e una potenza installata di 20 W/ m2 (CLASSE 2), si ottiene un LENI di 45,5 kWh/m2anno. Tale valore viene moltiplicato per la superficie di pavimento di ciascun edificio e diviso per il volume netto, in modo da ottene un’approssimazione ragionevole del fabbisogno di energia primaria per l’illuminazione. Il fabbisogno di energia primaria di processo EPproc è stato assunto pari al 25% della somma dei valori limite degli altri indici di fabbisogno di energia primaria.
• • • •
edificio 2B: 29,36 kWh/m3anno edificio 3: 29,55 kWh/m3anno edificio 4: 29,39 kWh/m3anno edificio 5: 29,55 kWh/m3anno
Si ha un miglioramento della prestazione energetica del 55%, superiore alla soglia del 20 % fissata, e pertanto il credito si può considerare acquisito con 3 punti.
La produzione di energia da fonte rinnovabile, indicata con EPrinn, viene sottratta dalla somma degli altri contributi in quanto apporto positivo, e può essere calcolata mediante il software RETScreen. Sommando le diverse componenti, illustrate nella tabella, si ottengono i seguenti fabbisogni globali per gli edifici:
PROGETTO LEED Fabbisogno [kWh/m3anno]
Edificio
Metodo di determinazione
2B
3
4
5
EPi*
3,72
4,38
3,65
3,68 Software Bestclass, in accordo con UNI/TS 11300
EPe
4,75
4,55
4,90
5,03 Software Bestclass, in accordo con UNI/TS 11300
EPacs*
0,17
0,16
0,17
0,17 Software Bestclass, in accordo con UNI/TS 11300
EPill
7,26
7,04
7,25
7,25 Protocollo LEED
EPproc
13,46
13,42
13,42
13,42 Corrispondente al valore limite
EPtot
29,36
29,55
29,39
29,55 Somma di tutti i valori precedenti
EPtot,lim
66,13
65,91
65,91
65,91 Si veda la figura 3 del presente credito
%
55,60
55,17
55,41
55,17 Miglioramento della prestazione energetica globale
*Il contributo dato dalle fonti rinnovabili è incluso: calcolato su RETScreen e inserito su Bestclass
082
2.0 PUNTI 7 Produzione in sito di energie rinnovabili
Per coprire parte del fabbisogno di energia primaria del sistema edificio-impianto si è previsto di sfruttare il contributo del sole come fonte rinnovabile. Le unità deputate alla generazione, per quanto ottimizzate, comportano dei consumi elettrici elevati, che sono stati minimizzati per quanto possibile agendo nell’ordine sull’involucro e sull’impianto.
ranno installati rispettivamente 8+4+4 collettori a tubi sottovuoto Eclipse ACQUA PLUS DTH, con azimut di 0° e inclinazione di 45° rispetto al piano orizzontale. Con una potenza totale installata di 21,95 kW, si ha una produzione di 81.000 kWh.
Le strategie adottate prevedono la copertura, riferita a ciascun edificio, del 70 % del fabbisogno per la produzione di acqua calda sanitaria, mediante impianto solare termico, e del 27,6 % del fabbisogno per la climatizzazione, mediante impianto fotovoltaico.1
L’impianto fotovoltaico è costituito da un totale di 72 unità, per una superficie complessiva di 119,52 m2. Sulla copertura di ciascuno dei 4 edifici considerati verranno installati 18 pannelli in silicio monocristallino Eclipse SOL 260 M, su un’area di 29,88 m2, con azimut di 0° e inclinazione di 30° rispetto al piano orizzontale. Con una potenza totale di 18,72 kW si ha una produzione di 25.663 kWh.
In fase di progettazione sono stati impiegati dei software per valutare quali scelte avrebbero offerto maggiori vantaggi. L’orientamento dei pannelli e la collocazione ottimale, ossia quella che garantisce minori problemi di ombreggiamento, sono state identificate mediante un’analisi effettuata sul modello con il software Ecotect. La presenza di locali tecnici in copertura non costituisce un ostacolo alla resa dei pannelli, in quanto la loro posizione è compatibile con le ombre che vengono proiettate il 21 dicembre, il 21 marzo e il 21 giugno, considerando le diverse fasi della giornata, alle ore 9:00, 12:00 e 15:00. La simulazione del rendimento di ciascuna soluzione è stata effettuata mediante l’impiego del software RETScreen, in cui sono stati inseriti i dati climatici della località e le caratteristiche degli specifici prodotti, compresa una percentuale di ipotetiche perdite in fase di esercizio.
Il fabbisogno di energia primaria dell’intero complesso, valutato in tutte le sue componenti relative alla climatizzazione, alla produzione di acqua calda sanitaria, all’illuminazione e all’energia di processo, equivale a 479.802 kWh. Si ottiene considerando l’indice di prestazione globale, in assenza di contributo da fonti rinnovabili, e le superfici di tutti gli edifici. Si ha una produzione di energia da fonti rinnovabili, combinando il solare termico e il fotovoltaico, pari a 106.663 kWh. Suddividendo il secondo valore per il primo, si ottiene una percentuale di copertura del 22,23 %, per la quale la soglia massima è soddisfatta e si acquisisce un punto ulteriore per prestazione esemplare. Il credito stabilisce infatti delle soglie successive, al superamento di ciascuna delle quali si ottiene un punto.
L’impianto solare termico è costituito da un totale di 16 unità, per una superficie complessiva di 35,52 m2. Sulla copertura degli edifici 3, 4 e 5, che presentano una maggiore superficie utilizzabile rispetto all’edificio 2B, ver-
Nella pagina seguente vengono illustrate le valutazioni svolte attraverso l’impiego dei software, sia in fase di progettazione della soluzione ottimale che in fase di verifica.
Percentuali indicate da Bestclass, in base alla stima della produzione di energia effettuata con RETScreen
Finalità Promuovere un livello crescente di produzione autonoma di energia da fonti rinnovabili in sito, al fine di ridurre l’impatto ambientale ed economico legato all’uso di energia da combustibili fossili
Requisiti Percentuale del fabbisogno annuo di energia primaria coperta da fonti rinnovabili > 2,5%
1
083
1
2 3
1. 21 giugno ore 09:00, 12:00, 15:00 2. 21 marzo ore 09:00, 12:00, 15:00 3. 21 dicembre ore 09:00, 12:00, 15:00 e disposizione pannelli, in pianta e sezione
Fotovoltaico Solare termico
Scala 1:1000
084
0
10
50 m
Inclinazione ˚ Inclinazione RETScreen Modello Energetico - Progetto produzione energia elettrica Azimut
Azimut
Sistema produzione energia elettrica caso proposto Tipo di analisi
Superficie riceventeSuperficie collettorericevente solare collettore solare Coefficiente Fr (tauCoefficiente alfa) Fr (tau alfa) Coefficiente Fr UL Coefficiente Fr UL Coeff. TemperaturaCoeff. per FrTemperatura UL per Fr UL Numero di collettoriNumero di collettori Area collettore solare Area collettore solare Potenza Potenza Perdite varie Perdite varie
Tubi sotto vuoto Tubi sotto vuoto Eclipse Italia Eclipse Italia Fisso ACQUA30,0 PLUS DTH ACQUA PLUS DTH ° m² 2,22 m² 2,22 ° 0,0 m² 1,96 m² 1,96 1,41 1,41 Mostra informazioni (W/m²)/°C 0,00 (W/m²)/°C 0,00 (W/m²)/°C² (W/m²)/°C² Radiazione 16 16 0 solare giornaliera m² 35,52 m² 35,52 - su superficie orizzontale Mese kW 21,95 kW 21,95 kWh/m²/g % 2,0% % 2,0%
sì/no % W/m² €/kWh
Sommario Sommario Domanda di elettricità - pompa Domanda di elettricità - pompa Energia termica fornita Energia termica fornita Frazione utilizzo energia solare Frazione utilizzo energia solare
MWh MWh %
Potenza elettrica Costruttore Modello Rendimento Temperatura normale funz. Cella Coefficiente di temperatura Area collettore solare Metodo di controllo Perdite varie Inverter Rendimento Potenza Perdite varie Sommario Fattore utilizzo Energia elettrica fornita al carico Energia elettrica ceduta alla rete
Incremento costi inizi
4
Metodo 2
Bilancio sistema eBilancio varie sistema e varie Accumulo Accumulo Scambiatore di calore Scambiatore di calore Perdite varie Perdite varie Potenza pompa / area collettori solari Potenza pompa / area collettori solari Prezzo energia elettrica Prezzo energia elettrica
Sistema produzione riscaldamento Sistema produzione riscaldamento Verifica Radiazione Verifica di progetto solare annuadi- progetto su superficie orizzontale Tipo di combustibile di combustibile Radiazione solareTipo annua - su piano inclinato Efficienza stagionale Efficienza stagionale Consumo combustibile - annuale Consumo combustibile - annuale Fotovoltaico Prezzo del combustibile Prezzo del combustibile Tipo Costo combustibileCosto combustibile
45,0 0,0
Radiazione Radiazione Radiazione solareRadiazione solare solare giornalierasolare giornaliera quotidiana - pianoquotidiana - piano - su superficie - su superficie Metodo 1 inclinato inclinato orizzontale orizzontale
Mostra informazioni Mostra informazioni Sistema solare riscaldamento acqua Sistema solare riscaldamento acqua Fotovoltaico Tipo Tipo Valutazione risorse Costruttore Costruttore Sistema inseguimento solare Modello Modello Inclinazione Area lorda cad. collettore solare Area lorda cad. collettore solare Azimut
45,0 ˚ ˚0,0
˚
Gennaio Febbraio No Marzo No sì/no Aprile 2,0% % Maggio W/m² Giugno €/kWh Luglio Agosto Settembre 0,0 MWh Ottobre 81,0 MWh Novembre %Dicembre Annuale
2,05 2,79 No 4,14 No 5,14 2,0% 6,32 7,11 7,18 6,28 4,95 0,0 3,51 81,0 2,32 1,81 4,48
5
Radiazione solare 0 quotidiana - piano inclinato kWh/m²/g 3,13 3,73 4,90 5,41 6,11 6,61 6,79 6,40 5,64 4,54 3,46 2,87 4,97
Prezzo cessione energia elettrica €/MWh
Energia elettrica ceduta alla rete MWh 4. RETScreen solare termico 1,446 1,544 5. RETScreen fotovoltaico 2,211 2,336 2,672 2,738 2,859 2,696 2,340 1,989 1,511 1,322 0,00 25,663
Caso di Caso proposto Energia risparmiata Caso di Caso proposto Energia risparmiata MWh/m² 1,63 Gas naturale - m³ Gas Gas naturale - m³ Gas naturale - m³ naturale MWh/m² 1,82 - m³ m³ €/m³ €
kW
#DIV/0! m³ €/m³ #DIV/0! €
% °C % / °C m² %
#DIV/0! #DIV/0!
m³ #DIV/0!
€/m³ Si-monocristallino #DIV/0! #DIV/0! #DIV/0! 18,72 Eclipsall Si-monocristallino - NRG60 260W 15,7% 45 0,40% 119 Inseguimento Max. Punto Potenza 14,0%
% kW %
95,0%
% MWh MWh
15,6% 0,000 25,663
m³ €/m³
72 unità °F
113,0
pi²
1.285
2,0%
085
PUNTI
Finalità Iniziare il processo di commissioning nelle prime fasi della progettazione ed eseguire attività addizionali dopo che le verifiche prestazionali degli impianti sono state completate
Requisiti Incaricare una persona come Commissioning Authority, responsabile del Commissioning
3.0 Commissioning avanzato dei sistemi energetici
Per Commissioning avanzato si intende un’attività di verifica e documentazione che segue l’omonima attività di base. Il Commissioning di base riguarda la redazione di un documento denominato Requisiti della Committenza, ossia quell’insieme di aspetti considerati indispensabili da parte del cliente per il successo dell’opera, concretizzabili attraverso un progetto che segua i dettami tecnici del documento denominato Assunti della Progettazione. A partire da questi presupposti, ci si assicura che gli impianti siano installati in accordo con il loro raggiungimento. In seguito si redige un piano e si seguono i lavori fino alla conclusione, dopo la quale viene scritta una relazione. Il Commissioning avanzato riguarda il funzionamento degli impianti in fase di esercizio, la redazione di manuali per il loro corretto impiego e l’addestramento del personale di gestione, estendendo eventualmente le indicazioni agli occupanti. Queste operazioni, che richiedono dei costi di consulenza, sono fondamentali per il mantenimento delle prestazioni dell’edificio rispetto a quanto progettato. Rappresentano un vero e proprio investimento per minimizzare i costi di gestione, ad esempio quelli legati alle spese di climatizzazione. La scelta della persona incaricata deve rispettare i seguenti requisiti: • avere un’esperienza documentata nel campo, in almeno altri due progetti simili, o certificata dall’iscrizione ad un registro AICARR1 o altri elenchi di professionisti accreditati GBC;
AICARR - Associazione Italiana Condizionamento dell’Aria, Riscaldamento e Refrigerazione
1
086
• dev’essere incaricato dalla committenza, ma non può far parte del gruppo di progettazione né esserne un dipendente; • non può essersi occupato della direzione lavori, ma può esserne un dipendente, purché abbia gli altri requisiti; • dovrà riportare gli esiti della propria analisi direttamente alla committenza. Poiché la redazione di tale protocollo di certificazione è stata richiesta dal gruppo di progettazione, il quale non può direttamente incaricare il Commissioning Authority, questo credito non può essere acquisito. Tuttavia se ne sottolinea l’importanza strategica, per scongiurare la possibilità che un edificio potenzialmente prestante si riveli inferiore alle aspettative in fase di esercizio, compromettendo le spese che sono state fatte all’inizio per avere un risparmio nel tempo.
4.0 PUNTI 2 Gestione avanzata dei fluidi refrigeranti
La soluzione VRF utilizzata per l’impianto di climatizzazione che serve l’edificio ha come principio di funzionamento la portata variabile di fluido refrigerante, che permette di riscaldare e raffrescare gli ambienti grazie a un meccanismo di espansione diretta, possibile per la ripartizione delle funzioni di condensatore ed evaporatore, in regime alternato in base alla stagione, tra unità esterne e unità interne. Se il pregio di questa soluzione è una maggiore efficienza in termini di regolazione del comfort, adattabile variando la capacità termica del fluido mediante un compressore, a farne le spese è la presenza dello stesso refrigerante in ambiente, pur all’interno dei propri circuiti. In un comune sistema che impiega una pompa di calore differente da quella a espansione diretta, il fluido sarebbe contenuto nell’unità di generazione, ed eventuali perdite sarebbero localizzate. Uno degli accorgimenti principali è quindi quello di curare l’installazione e la successiva manutenzione delle diverse componenti. Il fluido utilizzato all’interno dell’impianto e in seguito mantenuto dal gruppo di progettazione è l’R-407C, che ha sostituito l’R-22 precedentemente impiegato in molti progetti e lesivo dell’ozono, grazie ad un impatto ambientale minore e alle proprietà che lo rendono simile al suo predecessore, senza la necessità di apportare modifiche sostanziali ai circuiti. Negli ultimi anni è prassi diffusa da parte dei costruttori la sostituzione degli impianti con apparecchi compatibili con il fluido R-410A, che ha maggiore efficienza e una pressione di saturazione più elevata. Tali aspetti non rendono semplice il passaggio tra un refrigerante e l’altro, senza che venga sacrificato l’impianto stesso. Il costruttore degli impianti del Campus Tiscali mette a disposizione un servizio di Replace Technology che consente di conservare le tubazioni esistenti, nel caso in cui si debba operare una sostituzione del fluido R-22. Nel caso degli edifici oggetto di questo intervento, poiché l’impiego di R-407C non è vietato dalle direttive, non si ritiene ne-
cessario sostituirlo, date le implicazioni che questa operazione avrebbe sull’intero sistema. Di seguito viene illustrata l’equazione1 per identificare il contributo del refrigerante al riscaldamento globale, tenuto in conto il limite di: LCGWP < 13 [kgCO2/(kW/anno)].
Finalità Minimizzare i contributi diretti al surriscaldamento globale
LCGWP = [ GWPr x ( Lr x Life + Mr) x Rc] / Life Fluido refrigerante: R407C GWPr: 1700 kgCO2/kg refrigerante Lr: 2% Mr: 10%
Requisiti LCGWP del refrigerante < 13
Pompa di calore package: Rc: 0,286 kg/kW Life: 15 anni LCGWP = [1700 x (0,02 x 15 + 0,1) x 0,286] / 15 LCGWP = 12,9653
Opzioni 1. Non utilizzare refrigeranti 2. Scegliere refrigeranti ed impianti di climatizzazione o refrigerazione che minimizzino o eliminino l’emissione di composti che contribuiscono al riscaldamento globale
1 GWPr: potenziale di riscaldamento globale del refrigerante [kgCO2/ kg refrigerante] Lr: perdita annua percentuale di refrigerante [%] Mr: perdita percentuale del refrigerante a fine vita [%] Rc: carica del refrigerante [kg/kW] Life: vita delle apparecchiature [anni]
087
PUNTI
Finalità Fornire una contabilizzazione nel tempo dei consumi energetici dell’edificio in fase di esercizio
Requisiti Implementazione di un piano di Misura e Verifica
5.0 Misure e collaudi
Ciò che permette il reale risparmio energetico ed economico nella costruzione o ristrutturazione di un edificio è l’elaborazione di buone pratiche che ne curino la gestione in fase operativa. Il credito prevede, a questo proposito, l’implementazione di un piano di Misura e Verifica (M&V) delle prestazioni dell’edificio con una durata minima non inferiore ad un anno. L’elaborazione del piano deve avvenire in modo conforme alle direttive dell’International Performance Mesurement & Verification Protocol (IPMVP).1 Tale protocollo non ha valore prescrittivo, ma fornisce indicazioni per il conseguimento degli obiettivi M&V. La redazione del piano è influenzata da alcune pratiche principali di seguito indicate:
Opzioni 1. Sviluppare ed implementare un piano di misure e verifiche secondo la UNI 15378, appendice F, e Calibrated Simulation, opzione D 2. Sviluppare ed implementare un piano di misure e verifiche secondo la UNI 15378, appendice F, e Energy Conservation Measure Isolation, opzione B
• investire del capitale per l’introduzione di sistemi di monitoraggio all’interno della struttura; • scegliere con cura il numero, la collocazione, la durata dei punti di misurazione; • determinare le variabili dipendenti e indipendenti da monitorare; • predisporre dei sistemi per il controllo degli impianti per condurre una verifica accurata e precisa. L’IPMVP suggerisce due alternative perseguibili per l’analisi, la cui scelta è a cura del gruppo di progettazione. Tali modalità sono anche descritte all’interno dell’Appendice F della norma UNI EN 15378:2008. La prima opzione (Opzione D del protocollo IPMVP) suggerisce il confronto fra una simulazione energetica di riferimento, Baseline, e un modello calibrato as-built dell’inte-
IPMVP: volume redatto dall’organizzazione no profit EVO, contentente una descrizione delle tecnologie disponibili per la verifica delle prestazioni energetiche
1
088
ro edificio post-costruzione. Questa pratica mostra come le interazioni delle misure di contenimento energetico influenzino il consumo dell’edificio. La seconda opzione (Opzione B del protocollo IPMVP) prevede un’indagine del risparmio energetico, Energy Construction Management (ECM), basata sul calcolo delle ipotetiche prestazioni dell’impianto, che lavori alle condizioni operative dopo la fase di costruzione, ma coinvolge un numero limitato di variabili. L’acquisizione del credito prevede inoltre un’analisi del rischio che coinvolge i costi energetici anticipati, il risparmio stimato, la stima degli errori e delle tolleranze delle varie opzioni, parametri non oggetto di osservazione analitica in questa trattazione. Pertanto risulta esclusa l’attribuzione del punteggio previsto dalla certificazione.
6.0 PUNTI 2 Energia verde
Il Gestore dei Servizi Energetici fornisce a cadenza annuale i rapporti riguardanti il mix energetico di energia elettrica in Italia, indicando percentualmente le differenti modalità di produzione, con particolare attenzione alle fonti rinnovabili. Dall’ultimo consuntivo disponibile risulta una percentuale nazionale di produzione da fonti rinnovabili pari al 30,7%.1 La Sardegna, secondo il Rapporto Statistico del 2012 sul Settore Elettrico pubblicato dal GSE2, è caratterizzata qualitativamente dalla diversificazione nella produzione di energia da fonte rinnovabile, in quanto sul territorio sono attivi 22.381 impianti, per un totale di 2.103,3 MW di potenza, suddivisi tra energia idraulica, eolica, solare e bioenergie, mentre non è sviluppata la geotermica, vera e propria eccezione italiana rappresentata dalla Toscana. Tali tipologie rientrano nella definizione data dall’art. 2 del D. Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità.3 Dal punto di vista quantitativo, l’incidenza sulla produzione nazionale è del 3,3%. Gli ultimi dati4 relativi ai consumi, risalenti al 2011, indicano una percentuale regionale di consumo di energia elettrica da
fonte rinnovabile FER E = 18,9%. Gli impianti presenti sull’isola non fanno riferimento a società locali, ma la loro produzione confluisce nei contratti di altri operatori. Nella scelta del contratto si è fatto riferimento alle indicazioni fornite da “100% energia verde”, marchio italiano di garanzia che certifica chi acquista, produce, vende o utilizza energia elettrica rinnovabile. Ad oggi sono stati certificati solo due produttori italiani e uno di questi è Trenta Spa, società commerciale del Gruppo Dolomiti Energia, che offre ai propri clienti, imprese incluse, contratti certificati CO-FER, che attestano l’origine dell’energia esclusivamente da impianti di rinnovabili. Tuttavia queste aziende rappresentano un’eccezione e non la prassi del panorama italiano. Il gruppo di progettazione ha valutato l’offerta di altri operatori che coprono l’intero territorio nazionale con maggiore capillarità. Tra questi vi è Enel Energia, i cui dati sono reperibili dal mix energetico pubblicato su sito internet5 e utilizzato per identificare la produzione dell’energia elettrica venduta nel 2012 e 2013 dall’azienda.
Finalità Promuovere lo sviluppo e l’impiego di tecnologie per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile (ad emissioni zero) con connessione alla rete elettrica nazionale
Requisiti Energia elettrica certificata proveniente da fonti rinnovabili > 35%, acquistata mediante contratto di almeno due anni
Poiché l’energia fornita da contratto è proveniente da fonti rinnovabili per una quota pari al 57,84%, si acquisiscono due punti per questo credito.
Riferito all’anno 2012, consultabile al seguente link: http://www.gse. it/it/Gas%20e%20servizi%20energetici/Mix%20energetici%20e%20 Offerte%20Verdi/Pages/default.aspx
1
2 GSE, Rapporto statistico 2012, Impianti a fonti rinnovabili, reperibile al seguente link: http://www.gse.it/it/Dati%20e%20Bilanci/GSE_Documenti/osservatorio%20statistico/Rapporto%20Statistico%20 2012%20-%20Settore%20Elettrico%20%20%20vers%20web%20 def.pdf
Sono considerate rinnovabili le fonti energetiche eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica, biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas.
3
GSE, Rapporto statistico 2011, Impianti a fonti rinnovabili, reperibile al seguente link: http://www.gse.it/it/Dati%20e%20Bilanci/GSE_Documenti/osservatorio%20statistico/Statistiche%20Rinnovabili%20 2011.pdf
4
Dati reperibili al seguente link: https://www.enelenergia.it/mercato/ libero/it-IT/info_e_news/mercato_libero_energia_elettrica/mix_combustibili
5
089
090
M R 1 1.0
7
Prerequisito Raccolta e stoccaggio dei materiali riciclabili
Crediti
1.1
Riutilizzo degli edifici: mantenimento delle murature, solai e coperture esistenti
1.2
Riutilizzo degli edifici: mantenimento del 50% degli elementi non strutturali interni
2.0
Gestione dei rifiuti da costruzione
3.0
Riutilizzo dei materiali
4.0
Contenuto di riciclato
5.0
Materiali estratti, lavorati e prodotti a distanza limitata (materiali regionali)
6.0
Materiali rapidamente rinnovabili
7.0
Legno certificato
10/14
Punti
091
PUNTI 3 1.1 Riutilizzo degli edifici: mantenimento delle murature, solai e coperture esistenti
Finalità Estendere il ciclo di vita del patrimonio edilizio esistente, preservare le risorse, conservare i beni culturali, ridurre i rifiuti e l’impatto ambientale delle nuove costruzioni anche in relazione alla produzione e al trasporto
Il recupero degli edifici rappresenta una pratica fondamentale all’interno del panorama attuale. L’attività edilizia produce una grande quantità di rifiuti solidi, e questo rende necessario, negli interventi di costruzione quanto in quelli di ristrutturazione, ridurre al minimo la percentuale di materiali di scarto e garantire contemporaneamente l’implementazione di un completo e responsabile piano di gestione, per minimizzare l’impatto ambientale e lo smaltimento in discariche e inceneritori, nonché le spese ad essi connesse. Il Campus Tiscali è un complesso di recente costruzione e per questo motivo non presenta rilevanti problematiche di dissesto che comportino azioni rivolte al cambiamento o all’integrazione della componente strutturale. Facendo riferimento a quest’ultima, in ciascun edificio si possono identificare due soluzioni costruttive:
Requisiti Mantenere una percentuale > 55% della struttura e dell’involucro esistenti
092
• le testate sono concepite in modo che la funzione portante e quella di separazione tra interno ed esterno siano integrate in un unico sistema, rappresentato dalla scatola muraria; • lo sviluppo longitudinale è caratterizzato da una sequenza di pilastri con funzione strutturale e un involucro realizzato con superfici trasparenti. L’intervento ipotizzato dal gruppo di progettazione nell’ambito della riqualificazione si pone come obiettivo il miglioramento delle prestazioni di involucro, senza modificare gli elementi portanti, ma agendo sugli strati di completamento che risolvono necessità di comfort termoigrometrico e salubrità. I rivestimenti esterni realizzati con l’impiego di trachite rossa, Biancone di Orosei e basalto, costituiscono un aspetto fortemente identitario dell’edificio. Per evitare di sacrificare questi materiali è necessario prevedere il nuovo isolamento mediante la realizzazione di un cappotto interno, che lascia integra la struttura perimetrale. Per quanto riguarda la copertura, non se ne prevede il rifa-
cimento, ma solo la sua sistemazione a verde. Essa infatti, già predisposta per una soluzione estensiva, non è stata mai ultimata con la piantumazione. L’intervento prevede la rimozione dello strato di argilla espansa attualmente presente e l’installazione di un pacchetto completo. Ai fini dell’analisi di questo credito è stata elaborata una lista di elementi quali solai, coperture, strutture portanti verticali e ai rivestimenti esterni, seguendo le linee guida del documento Master Format1 per l’organizzazione dei dati. Gli elementi costruttivi, relativi al conseguimento del punteggio, possono essere così schematizzati: • testate dell’edificio, realizzate prevalentemente con blocchi POROTON® e in parte con l’utilizzo di calcestruzzo armato; • sviluppo longitudinale, avente una sezione a doppia campata simmetrica con una maglia di pilastri, ad interasse di 7,20 metri, e rivestimento in laterizio limitato ai pilastri del piano terra; • partizioni orizzontali e copertura realizzate mediante solai laterocementizi; • rivestimenti esterni in materiale lapideo locale. Il calcolo di verifica è stato svolto considerando: • la superficie delle partizioni orizzontali • la sola superficie esterna delle pareti esterne, sottraendo le aperture • la superficie di un solo lato per le pareti interne con funzione portante • i pilastri come parte delle superfici precedenti entro cui sono inseriti La strategia utilizzata permette al gruppo di progettazione il conseguimento del punteggio massimo per questo credito, pari a 3 punti, in quanto per tutti gli edifici la percentuale di riutilizzo delle strutture è pari al 100%.
Master Format è lo standard di specifiche per la progettazione edilizia e costruzione di progetti commerciali in Nord America. Elenca titoli e numeri di sezione per l’organizzazione dei dati sui requisiti costruttivi, i prodotti e le attività. La standardizzazione di tali informazioni facilita la comunicazione tra architetti, committenti, appaltatori e fornitori, e li aiuta a soddisfare la costruzione, rispettando requisiti, scadenze e budget
1
PROGETTO LEED P.
ID
03 31 13
Categoria* 03 Calcestruzzo
04 Opere 04 21 13 murarie PT
Area riutilizzata
[m2]
[m2]
Calcestruzzo strutturale pesante
Testate
528
528
Blocchi servizi
640
640
Murature strutturali in laterizio
Muratura in mattoni
Pareti esterne
1.737
1.737
Pareti interne
658
658
6.313
6.313
Pali in calcestruzzo
Fondazioni
Opere miste
Solai misti
Solaio latero- Solaio cementetizio interpiano
03 31 13
03 Calcestruzzo
Calcestruzzo strutturale
Calcestruzzo strutturale pesante
Murature strutturali in laterizio
Muratura in mattoni
6.313
6.313
Testate
528
528
Blocchi servizi
640
640
Pareti esterne
1.243
1.243
Pareti interne
549
549
6.313
6.313
-
Opere miste
Solai misti
Solaio latero- Solaio cementetizio interpiano
03 31 13
03 Calcestruzzo
Calcestruzzo strutturale
Calcestruzzo strutturale pesante
Testate
528
528
Blocchi servizi
640
640
Murature strutturali in laterizio
Muratura in mattoni
Pareti esterne
1.067
1.067
Pareti interne
503
503
Opere miste
Solai misti
Solaio latero- Solaio cementetizio copertura
6.313
6.313
04 Opere murarie
Murature strutturali in laterizio
Muratura in mattoni
Pareti esterne
785
785
Copertura
720
720
36.125
36.125
100%
100%
-
04 21 13 -
Totale
1
1. Dati di progetto e verifica PT: Piano terra P1: Piano primo P2: Piano secondo
-
04 Opere P2 04 21 13 murarie
%
Area esistente
Calcestruzzo strutturale
31 Fondazioni ed elementi 31 62 13 Pali battuti strutturali speciali
04 Opere P1 04 21 13 murarie
LT
Collocazione
LT: Locali tecnici
* Sono state considerate le categorie del documento Master Format e introdotte nuove categorie per gli elementi che non vengono individuati dal documento, per i quali risulta assente il codice identificativo 093
PUNTI 1 1.2 Riutilizzo degli edifici: mantenimento del 50% degli elementi non strutturali interni Finalità Estendere il ciclo di vita del patrimonio edilizio esistente, preservare le risorse, conservare i beni culturali, ridurre i rifiuti e l’impatto ambientale delle nuove costruzioni anche in relazione alla produzione e al trasporto
Requisiti Mantenere una percentuale > 50% di parti non strutturali interne
Ai fini della compilazione del presente credito, analogamente al precedente, è stato redatto un documento per la classificazione e quantificazione di tutti gli elementi con caratteristiche non strutturali, quali controsoffitti e pavimenti, partizioni divisorie e porte interne presenti negli edifici, per valutare il loro mantenimento. L’edificio presenta uno sviluppo interno molto flessibile, caratterizzato per la maggior parte della sua estensione da un sistema di partizioni leggere e facilmente smontabili, realizzate in alluminio verniciato con inserti in vetro serigrafato, di cui non è prevista la sostituzione. L’azione di maggior rilievo in questo caso coinvolge lo strato di finitura interno delle pareti perimetrali, per permettere l’integrazione dello strato isolante. I pannelli in sughero Suber del sugherificio Ganau, dello spessore di 5 cm, vengono tassellati alla parete e interposti ai montanti e traversi per il cartongesso. La posa a secco è prevista eventualmente sopra lo strato di intonaco esistente, una volta che ne sia accertata la sua composizione come miscela a base di calce, maggiormente traspirante rispetto ad una cementizia. In questo modo si evita la produzione di polveri in fase di cantiere, si contiene la percentuale di rifiuti e si mantiene uno strato uniforme a supporto del cappotto interno. La finitura a completamento dell’intervento comprende l’installazione di una controparete realizzata in lastre di cartongesso PREGY Plac BA 13 dello spessore di 12,5 mm, posata anch’essa a secco su orditura metallica verticale in acciaio zincato. L’orditura metallica in acciaio zincato comprende dei profili a “C”, posti a interasse di 60 cm, e dei profili ad “U”, fissati a soffitto, pavimento e parete. I pannelli in cartongesso sono montati sui supporti mediante viti autofilettanti.
094
Il solaio di base viene a sua volta isolato con lo stesso di materiale e uno strato di protezione dalla polvere in po-
lietilene, mentre i solai interpiano vengono isolati superiormente e inferiormente solo in corrispondenza dell’intersezione con la parete, per una lunghezza di 1,5 m, per attenuare il ponte termico. Soffitti e pavimenti sono rimossi solo momentaneamente per permettere l’integrazione della struttura verticale e dei solai, ma sono poi conservati apportando così contributo per l’acquisizione del credito. Sono inoltre conservati tutti gli elementi che compongono le aperture in quanto non usurate e funzionanti. Si può verificare dalla tabella nella pagina successiva che il credito è stato conseguito mediante percentuali di componenti interne che raggiungono l’84%, nel caso in cui venga rimosso l’intonaco esistente, a fronte della soglia limite del 50% prevista dal protocollo. Il calcolo di verifica è stato svolto considerando: • la superficie di soffitti e pavimenti finiti; • la superficie netta, compresa tra pavimento e soffitto, delle pareti interne non strutturali, conteggiando entrambi i lati; • la superficie delle pareti esterne, se intonacate o rifinite con cartongesso, conteggiando il solo lato verso ambiente interno; • porte interne, conteggiando un solo lato.
PROGETTO LEED P.
ID
08 11 13
PT
Categoria
08 Aperture
Porte e telai in metallo
Collocazione
Porte e telai in metallo tamburate
Area esistente
Area riutilizzata
[m2]
[m2]
Bagni
61,74
61,74
Ingresso bagni
30,24
30,24
Bagni disabili
13,23
13,23
Ripostigli
40,65
40,65
Corpi sc ala
86,94
86,94
09 25 23 09 Finiture
Intonaci a base di calce
Pareti, lato interno
3.386,33
1.794,97
09 51 33 09 Finiture
Soffitti fonoisolanti
Soffitti a piastre metalliche fonoisolanti
Controsoffitti uffici
2.434,50
2.434,50
09 69 16 09 Finiture
Pavimenti sopraelevati
Pavimenti sopraelevati con traversi dâ&#x20AC;&#x2122;aggancio
Pavimenti
4.023,06
4.023,06
09 91 23 09 Finiture
Pittura
Pittura per interni
Pareti, lato interno
3.386,33
1.794,97
Pareti divisorie
Pareti divisorie smontabili in metallo
Divisori interni uffici
633,26
633,26
Bagni
79,38
79,38
Ingresso bagni
30,24
30,24
Bagni disabili
20,79
20,79
Ripostigli
40,65
40,65
Corpi scala
86,94
86,94
08 11 13
08 Aperture
Porte e telai in metallo
Porte e telai in metallo tamburate
P1
1. Dati di progetto e verifica PT: Piano terra
Altri tipi di intonaci
10 22 19 10 Prodotti 13 speciali
1
09 25 23 09 Finiture
Altri tipi di intonaci
Intonaci a base di calce
Pareti, lato interno
3.189,64
2.195,99
09 51 33 09 Finiture
Soffitti fonoisolanti
Soffitti a piastre metalliche fonoisolanti
Controsoffitti uffici
3.106,07
3.106,07
P1: Piano primo
095
PROGETTO LEED 2
P.
ID
Categoria*
09 69 16 09 Finiture
2. Dati di progetto e verifica
P1 09 91 23 09 Finiture
10 22 19 10 Prodotti 13 speciali
LT: Locali tecnici
08 11 13
08 Aperture
[m2]
[m2]
Pavimenti sopraelevati
Pavimenti
4.213,72
4.213,72
Pittura
Pittura per interni
Pareti, lato interno
3.189,64
2.195,99
Pareti divisorie
Pareti divisorie smontabili in metallo
Divisori interni uffici
228,45
228,45
Bagni
64,68
64,68
Ingresso bagni
28,56
28,56
Bagni disabili
24,57
24,57
Ripostigli
50,22
50,22
Corpi scala
94,50
94,50
Porte e telai in metallo
Porte e telai in metallo tamburate
Intonaci a base di calce
Pareti, lato interno
3.189,64
2.195,99
Soffitti fonoisolanti
Soffitti a piastre metalliche fonoisolanti
Controsoffitti uffici
3.063,95
3.063,95
09 69 16 09 Finiture
Pavimenti sopraelevati
Pavimenti sopraelevati con traversi dâ&#x20AC;&#x2122;aggancio
Pavimenti
4.423,51
4.423,51
09 91 23 09 Finiture
Pittura
Pittura per interni
Pareti, lato interni
3.189,64
2.195,99
10 22 19 10 Prodotti 13 speciali
Pareti divisorie
Pareti divisorie smontabili in metallo
Divisori interni uffici
456,94
456,94
Porte e telai in metallo
Porte e telai in metallo tamburate
7,56
7,56
37,80
37,80
09 51 33 09 Finiture
08 LT 08 11 13 Aperture 096
Area riutilizzata
Altri tipi di intonaci
09 25 23 09 Finiture
P2
Area esistente
Pavimenti sopraelevati con traversi dâ&#x20AC;&#x2122;aggancio
P1: Piano primo P2: Piano secondo
Collocazione
Scala di servizio Ingresso
PROGETTO LEED P.
ID
09 25 23 09 Finiture
LT 09 69 16 09 Finiture
09 91 23 09 Finiture Totale %
Categoria*
Collocazione
3
Area esistente
Area riutilizzata
[m2]
[m2]
Altri tipi di intonaci
Intonaci a base di calce
Pareti, lato interno
896,04
896,04
Pavimenti sopraelevati
Pavimenti sopraelevati con traversi dâ&#x20AC;&#x2122;aggancio
Pavimenti
720,05
720,05
Pittura
Pittura per interni
Pareti, lato interni
3. Dati di progetto e verifica LT: Locali tecnici
896,04
896,04
44.921
37.763,68
100%
84%
097
PUNTI 2 2.0 Gestione dei rifiuti da costruzione
Finalità Deviare i rifiuti delle attività di costruzione e demolizione dal conferimento in discarica o agli inceneritori, reimmettere le risorse riciclabili recuperate nel processo produttivo e reindirizzare i materiali riutilizzabili in appositi siti di raccolta
Requisiti Riciclare e/o recuperare i rifiuti non pericolosi derivanti dall’attività di costruzione e demolizione, in una percentuale > 50%, basata sul peso o sul volume dei materiali
098
Le attività di costruzione e demolizione generano una grande quantità di rifiuti solidi. L’ipotesi di un corretto scenario di smaltimento o riciclo permette di minimizzare il loro impatto ambientale. Una delle strategie in questo momento più efficace è quella di prevedere l’impiego di prodotti da costruzione modulari, affiancati a materiali tagliati su misura, in modo da rendere quasi nulli i rifiuti e convertire la fase di cantiere in un ciclo di montaggio di singoli elementi. Fra le possibilità di riduzione dell’impatto ambientale, il credito si occupa di considerare l’eventualità di deviare il materiale di scarto, generato dai lavori di costruzione o ristrutturazione, dalle discariche o dagli inceneritori per un eventuale riciclo o recupero, mediante l’implementazione di un piano di gestione all’interno del cantiere. Concretamente prevede che venga determinata la percentuale dei rifiuti deviati o riciclati, basata sul peso o sul volume degli stessi. Questa pratica deve essere affiancata ad un piano di gestione dei rifiuti, che garantisca il controllo delle disposizioni previste dal gruppo di progettazione. - Pareti Nel caso del progetto in esame, come descritto nei crediti precedenti, la strategia del cappotto interno permette di prefigurare uno scenario favorevole all’abbattimento dei rifiuti in cantiere, mediante interventi contenuti che non implicano la demolizione dell’esistente. Nella messa in opera della stratigrafia si considerano l’isolante e la finitura. L’isolante scelto è il pannello in sughero Suber del Sugherificio Ganau, dello spessore di 5 cm, che viene commercializzato nel formato 1x0,50 m. Si prevede un ordine di 6.384 pannelli per l’intero intervento, articolato come segue. Per ogni ufficio posto in testata si quantifica, ottimizzando gli scarti di posa ove possibile, un totale di 266 pannelli, corrispondenti a 133 m2, di cui 6,80 m2 di scarto. In totale, considerando i 24 uffici aventi le stesse dimensioni, si ottengono 163,10 m2 di scarto, pari a 8,15 m3 in
volume, con un peso di 1.223,30 kg (ρ = 150 kg/m3). Il materiale è classificato come materiale non pericoloso con codice CER 03.01.01, scarti di corteccia e sughero. Non contenendo collanti, se non di origine alimentare, non necessita di smaltimento come rifiuto speciale, ma può essere totalmente rimacinato e riciclato dalla stessa azienda per la produzione di nuovi pannelli, inerti e sottofondi. Questa pratica viene già attuata per i tappi di sughero, che hanno un valore aggiunto dovuto alla provenienza da sughero gentile, di migliore qualità rispetto alla materia prima con la quale vengono prodotti i pannelli.1 Il cartongesso per la finitura può essere ordinato in formato standard o in un formato a scelta. Nel caso specifico, il gruppo di progettazione decide di non prevedere dei pannelli ad altezza piano, in quanto l’interasse di 3,71 m comporterebbe notevoli problemi di movimentazione in fase di posa. Vengono ordinati 720 pannelli da 1,85x1,20 m. Per ogni ufficio posto in testata si quantifica un totale di 30 pannelli, corrispondenti a 66,60 m2, di cui 5,91 m2 di scarto. In totale, considerando i 24 uffici aventi le stesse dimensioni, si ottengono 141,84 m2 di scarto, pari a 1,77 m3 in volume, con un peso di 1.274,40 kg (ρ = 720 kg/m3). Il materiale rientra nei processi della stessa azienda che offre un proprio servizio a pagamento di recupero e riciclo per la produzione di nuove lastre, secondo due modalità di conferimento: la fornitura di sacchi ritirati dall’azienda o la raccolta in container e successivo recapito a cura del produttore degli scarti. Le distanze coinvolte nel caso del fornitore delle lastre potrebbero scoraggiare l’eventuale ricorso a questa strategia, di cui si auspica comunque l’impiego. - Copertura Per la realizzazione del tetto verde si prevede la rimozione dell’attuale strato di argilla espansa, dello spessore di 10 cm, che ricopre l’isolante in EPS, dello spessore di
Si veda il Credito MR 4.0 per una descrizione dettagliata
1
3 cm. In questo modo si rende possibile l’installazione di un pacchetto completo di tutti gli strati funzionali, quali massetto delle pendenze soluzione verde estensiva con incremento delle prestazioni. L’argilla espansa, che è stata posata per semplice accostamento in assenza di leganti, può essere recuperata per la produzione di sottofondi stradali rivolgendosi ad aziende presenti sul territorio provinciale. Una quantità in percentuale trascurabile verrà impiegata nello stesso progetto per gli elementi di separazione del tetto verde dal parapetto di copertura. Attualmente copre una superficie complessiva di 4.276,53 m2, corrispondente a 427,65 m3, avente un peso di 192.442,50 kg (ρ = 450 kg/m3). Si prevede di contattare una ditta i cui stabilimenti si trovano a 53 km dal sito di progetto. Per l’installazione del nuovo sistema di copertura estensiva si impiegheranno gli elementi modulari FSD 30 forniti dall’azienda, finalizzati all’accumulo e al drenaggio. Per evitare di tagliare il materiale, i moduli verranno disposti in modo da lasciare degli spazi perimetrali dove verranno realizzati dei cordoli di contenimento.
I calcoli per determinare la percentuale di rifiuti riciclabili sono, in questo caso, ininfluenti rispetto al perseguimento del credito. Infatti la percentuale di materiale riciclato, proveniente dalle fasi di demolizione e costruzione, incide del 100% sul totale dei rifiuti prodotti, consentendo l’acquisizione di 2 punti e il punto addizionale per prestazione esemplare, avendo superato la soglia del 95%. Si osservi come l’eventuale mancato recupero degli scarti derivanti dalla posa del cartongesso non comprometterebbe l’acquisizione del credito, e, nel solo caso in cui i calcoli venissero svolti secondo il peso, si perderebbe il punto addizionale. Le strategie adottate prevedono: studiare soluzioni progettuali che minimizzino le demolizioni, contenere la quantità di scarti di posa, sfruttare le infrastrutture presenti nel territorio a distanza limitata o i servizi dei fornitori.
3
1 2
1. Macinazione e riciclaggio del sughero (Coop. Artimestieri) 2. Raccolta del cartongesso (Siniat) 3. Dati di progetto e verifica
La presenza di adeguati spazi all’interno del Campus consente lo stoccaggio differenziato prima dell’effettivo trasporto presso le imprese. Viene pertanto predisposta una superficie di 30 m2, in accordo con la dimensione degli edifici e le conseguenti prescrizioni del protocollo, in corrispondenza dei locali tecnici, dislocati a nord est rispetto al Campus.
Ipotesi
COSTRUZIONE
Prodotto
Riciclo scarti di posa Isolante in sughero per la produzione di Suber nuovi pannelli Riciclo scarti di posa Cartongesso per la produzione di Pregy Plac 13 BA nuove lastre
DEMOLIZIONE
FASE
PROGETTO LEED
Argilla espansa
Riciclo per produzione di sottofondi stradali
Totale rifiuti prodotti % rifiuti deviati dalla discarica
Luogo di riciclaggio
Area
Volume
Peso
[m2]
[m3]
[kg]
Sugherificio Ganau 247 km
163,10
8,15
1.223,30
Corfinio (AQ) - 742 km
141,84
1,77
1.274,40
4.276,53
427,65
192.442,50
437,57
206.340,20
100%
100%
C.A.P.R.I. Soc. Coop. a r.l. Guasila (CA) - 53 km
099
PUNTI
Finalità Riutilizzare materiali e prodotti da costruzione in modo da ridurre la domanda di materiali vergini e la produzione di rifiuti, limitando in questo modo gli impatti ambientali associati all’estrazione e ai processi di lavorazione delle materie prime
Requisiti Utilizzare materiali recuperati, restaurati o riutilizzati in percentuale > 5%, basato sul costo, del valore totale dei materiali del progetto
3.0 Riutilizzo dei materiali
Il riutilizzo dei materiali per il rifacimento o la costruzione di nuovi edifici allunga la vita utile degli stessi, contribuendo inoltre ad una riduzione dei costi iniziali dell’intervento. Questa pratica può essere indirizzata a materiali già presenti nel sito, oppure può comprenderne altri esterni ad esso. Nel primo caso vengono conteggiati elementi fissi recuperati e destinati ad un altro ruolo, mentre altri che vengono conservati per svolgere la loro funzione originale, come muri, soffitti e pavimentazioni rimasti immutati, sono stati già considerati nei Crediti MR 1.1 e 1.2. Nella seconda alternativa rientrano materiali di provenienza esterna, acquistati o rilocati, alla sola condizione che siano stati effettivamente utilizzati in precedenza in un altro progetto. Il documento di riferimento per stilare la lista degli elementi da schedare è il Master Format1 e la percentuale di incidenza dei materiali è basata sul costo dell’intervento, eventualmente calcolato mediante computo metrico. Data la piccola portata dell’intervento sull’edificio, come ipotizzato dal gruppo di progettazione, non è possibile conseguire il credito in quanto non si fa ricorso alla strategia descritta.
Master Format è lo standard di specifiche per la progettazione edilizia e costruzione di progetti commerciali in Nord America. Elenca titoli e numeri di sezione per l’organizzazione dei dati sui requisiti costruttivi, i prodotti e le attività. La standardizzazione di tali informazioni facilita la comunicazione tra architetti, committenti, appaltatori e fornitori, e li aiuta a soddisfare la costruzione, rispettando requisiti, scadenze e budget
1
100
4.0 PUNTI 1 Contenuto di riciclato
L’intervento di ristrutturazione si pone come primo obiettivo il miglioramento delle prestazioni dell’involucro, attraverso la modifica delle stratigrafie della parete esterna e della copertura. La parete esterna è attualmente caratterizzata da un rivestimento lapideo in trachite rossa e Biancone di Orosei su una struttura di blocchi POROTON®, con rifinitura interna in intonaco, mentre l’isolante risulta assente. La stratigrafia così definita non consente all’elemento di avere un buon comportamento igrometrico, a causa dell’impermeabilità del materiale superficiale, e termico, come dimostrato da valori di trasmittanza pari a 0,41 W/m2K, appena corrispondenti ai limiti introdotti successivamente alla costruzione e ora vigenti1, per i quali in zona climatica C la trasmittanza deve essere < 0,40 W/m2K. Inoltre, in caso di ristrutturazioni, se si volesse accedere agli incentivi fiscali del 50% previsti dalla legge finanziaria per il 20142, sarebbe necessario ridurre ulteriormente questo valore, portandolo a U < 0,34 W/m2K. Il rivestimento lapideo costituisce un aspetto identitario per l’edificio e questo ha reso impossibile un intervento dall’esterno. Si è deciso di optare per un cappotto interno, con uno spessore ridotto che non limitasse eccessivamente lo spazio fruibile dagli utenti, adottando accorgimenti che impediscano la formazione di condensa interstiziale e superficiale. Per questo motivo sono state escluse alternative vantaggiose dal punto di vista esclusivamente termico, come pannelli in PET riciclato aventi una conduttività inferiore a quelli scelti per il progetto, data la loro natura sintetica, la scarsa permeabilità e la minore idoneità in questo tipo di applicazioni. Sono stati successivamente valutati materiali che, risolvendo questo problema, mantengono inoltre ottime prestazioni e hanno importanti impatti rispetto al territorio analizzato: la lana di pecora e il sughero. - Lana di pecora La lana di pecora alimenta prevalentemente il settore tessile, per il quale vengono utilizzate le fibre lunghe provenienti dalla tosatura, la quale rappresenta solo un tassello dell’intera filiera, di cui fanno parte allevamento, mungitu-
ra, tosatura, macellazione. Le fibre corte, che rappresentano uno scarto pre-consumo, possono essere impiegate in edilizia per la produzione di isolanti naturali ad alte prestazioni, quali bassa conduttività, elevata traspirabilità e resistenza al fuoco. Questa ipotesi rappresenta un’importante prospettiva per gli allevatori in quanto la tosatura ha un costo di circa 3 euro a capo, cui si aggiungono i costi di smaltimento se il prodotto non viene utilizzato. In Sardegna, dove si registra un’incidenza del 50% rispetto al comparto nazionale di allevamento di ovini, la salvaguardia di quest’attività rappresenta una risorsa strategica per la conservazione dei territori ad essa pertinenti.2 Sono state considerate all’interno del presente lavoro due importanti casi di studio. La prima è l’attività di ottimizzazione della filiera svolta dall’azienda regionale EDILANA, che produce materassini e moduli isolanti per le coperture con struttura in legno di abete. Di recente, seguendo la medesima logica della trasformazione degli scarti di un settore in materia prima di un altro, l’offerta si è distinta a livello internazionale per l’introduzione di un nuovo isolante composto dalla posidonia, che spesso rappresenta un problema dei litorali dell’isola. La seconda è la ricerca coordinata dal Politecnico di Torino e portata avanti presso i laboratori dell’ISMAC3 di Biella con il supporto dell’azienda di filati Davifil, finalizzata al perfezionamento del formato nel quale viene commercializzato questo isolante. Il materassino manca infatti di rigidità, caratteristica che ne inficia l’ottimale conservazione nel tempo. Il prototipo CARTONLANA, pannello autoportante in fase di brevetto, esclude l’impiego di additivi e persegue questo scopo attraverso una soluzione alternativa, ossia un trattamento termochimico che modifica la composizione
Finalità Aumentare la domanda di materiali e prodotti da costruzione con contenuto di riciclato, riducendo in tal modo gli impatti derivanti dall’estrazione e dalla lavorazione di materiali vergini
Requisiti Utilizzare materiali con un contenuto di riciclato tale che la somma del contenuto di riciclato postconsumo e della metà del contenuto pre-consumo costituisca almeno il 10%, basato sul costo, del valore totale dei materiali utilizzati nel progetto
Bosia, Daniela, Roberto Giordano, e Savio Lorenzo. «Progetto locale ecocompatibile di filiera di prodotto: pannelli isolanti innovativi in lana di pecora». Techne: Journal of Technology for Architecture and Environment 1 (2011): 110–15
2
D. L. 4 giugno 2013, n. 63, Disposizioni urgenti per il recepimento della Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell’edilizia per la definizione delle procedure d’infrazione avviate dalla Commissione europea, nonché altre disposizioni in materia di coesione sociale 1
ISMAC - Istituto per lo Studio delle Macromolecole
3
101
cheratinica della fibra, irrigidendola. Questo risultato è frutto dell’impegno della Regione Piemonte nel finanziare progetti tesi a favorire uno sviluppo alternativo del territorio rurale. Nell’ambito delle aziende sarde non è ancora presente un’offerta in grado di risolvere le medesime problematiche con altrettanta efficacia, in particolar modo dovendo considerare l’isolamento all’interno di una parete esterna. - Sughero Il sughero viene utilizzato in diversi settori, sebbene il 70% del comparto sia dedicato alla produzione dei tappi per i vini, per la capacità di conservarne le proprietà organolettiche: da ogni tonnellata si possono ottenere fino a 250.000 tappi. Altri ambiti che ne prevedono l’impiego sono quello artigianale, il calzaturiero, l’abbigliamento, la nautica, il design e l’architettura. Vanta, tra le applicazioni più avanzate, la protezione delle navicelle spaziali dall’elevata temperatura generata dall’attrito con l’atmosfera.4 La filiera del sughero comincia nel periodo compreso tra maggio e agosto con la fase di estrazione del materiale, che prende il nome di decorticazione, dall’operazione, un tempo svolta interamente a mano, di rimozione della corteccia. In Sardegna esiste ancora una tradizione di operai specializzati, denominati “scorzini”, che impiegano l’accetta per effettuare dei tagli orizzontali e verticali sul tronco e facilitare il distacco del materiale dalla pianta. Questa fase avviene ad intervalli di circa 10 anni, quando il tronco ha raggiunto una circonferenza di 30 o 40 cm, cioè fra il ventesimo e il venticinquesimo anno di età, e la lavorazione risulta più semplice. La prima estrazione, detta demaschiatura, fornisce il cosiddetto sughero maschio, che incide per il 15% sull’intera produzione mondiale, di scarsa qualità (ruvido, poroso e legnoso), destinato alla macinazione per la produzione di agglomerati. Dalle estrazioni successive si ottiene il sughero gentile o femmina, che presenta una struttura più regolare (liscio, compatto, leggero, elastico e impermeabile) ha un maggior valore economico e rappresenta l’85% della quantità estratta. Le plance, ossia i singoli pezzi, vengono fatte stagionare all’aria aperta per un periodo che va dai 6 ai 24 mesi, in modo da perdere l’umidità.
Le informazioni si riferiscono al progetto “Innovazione e valorizzazione del sughero”, coordinato da Sardegna Ricerche tra il 2008 e il 2009. I risultati dello studio sono reperibili sul portale: http://www.sardiniancork.com/
4
102
Segue la bollitura all’interno di caldaie o vasche rivestite in rame o acciaio inox, ad una temperatura di circa 120°C per un’ora. Durante questa fase vengono eliminati i parassiti contenuti nella corteccia, viene abbattuto il contenuto di sostanze idrosolubili e si conferisce a ciascun elemento una forma piatta, idonea alle successive lavorazioni. Se il sughero gentile viene sottoposto a raschiatura, affinché venga depurato dalla parte più esterna, tali residui, che costituiscono il 30% della quantità originale, vengono macinati per la produzione di agglomerati bianchi.5 Il 60% confluisce nella realizzazione di tappi mediante fustellatura e rifinitura e il 10% nel settore calzaturiero per la produzione di suole. Il sughero presenta un’elevatissima elasticità ed impermeabilità ai liquidi e ai gas, grazie alle cellule del tessuto sugheroso che sono piene d’aria e quindi scarsamente permeabili all’acqua. Ciò lo rende un ottimo isolante termico ed acustico, resistente bene all’usura, al fuoco e all’attacco di roditori ed insetti. Dalla descrizione della filiera e dalla ripartizione nei diversi settori si può notare come i pannelli utilizzati in edilizia derivino totalmente da scarti di riciclo pre-consumo. Esiste tuttavia la possibilità di riciclare i tappi di bottiglia per ottenere materiale edile; il Dipartimento sul Sughero Agris Sardegna ha testato la qualità dei pannelli derivanti dal sughero riciclato (post-consumo), che presentano una maggiore efficienza di quelli provenienti dagli scarti di lavorazione (pre-consumo) in quanto derivanti dalla percentuale pregiata del materiale. Tuttavia questa pratica, presente a livello nazionale, non è ancora radicata nelle politiche locali, sebbene ci siano i presupposti. In Italia diverse organizzazioni si occupano di campagne di sensibilizzazione al riciclo di sughero, come l’Associazione di volontariato A braccia Aperte Onlus 6, che ha organizzato 55 punti di raccolta nelle scuole, nei supermercati e nei bar di Milano, e la Cooperativa Sociale Artimestieri7, specializzata in bio-arredamento e bio-edilizia, che rimacina il sughero per la produzione di pannelli. Rilegno, il Consorzio
Provenienti da sughero sottoposto a bollitura
5
L’Associazione A Braccia Aperte Onlus nasce a Milano nel 2005 e si sviluppa in diversi settori, supportata dall’autofinanziamento attraverso campagne di riciclo di vestiti, biciclette, tappi di plastica, tappi sughero e alluminio
6
Artimestieri è una cooperativa sociale B che dal 1989 opera, con sede a Boves (CN), nei settori del bioarredamento e della bioedilizia, promuove l’attenzione all’ambiente, alla solidarietà sociale, ed a una economia di giustizia
7
nazionale per la raccolta, riciclo e recupero degli imballaggi di legno e di sughero, ha promosso il progetto “Tappo a chi?”8, con il quale, in collaborazione con l’azienda trevigiana Gruppo Amoprim, mette a disposizione dei kit per il recupero dei tappi e il loro reimpiego. Al contributo dato dal sughero al presente credito si aggiunge quello della lastra di cartongesso, che presenta una percentuale di materiale riciclato pari al 28%, di cui il 24% pre-consumo e il 4% post-consumo. Nello specifico la lastra è composta per poco più del 90% da gesso, riciclato per il 27%, di cui il 25% pre-consumo, proveniente da impianti produttivi, e il 2% post- consumo, proveniente da raccolta differenziata. Il 2% circa, totalmente riciclato, è costituito da carta, per il 90% post-consumo, e il rimanente 6-8% da additivi. Inoltre, secondo le indicazioni del protocollo, si può considerare una percentuale di riciclato post-consumo pari al 25% per i materiali in acciaio, quali i profili necessari per il montaggio della finitura. L’impermeabilizzante contiene percentuali di riciclato post-consumo del 25%, poiché deriva da sfridi e da vecchie membrane. Gli altri materiali facenti parte dell’intervento, come quelli costituenti il tetto verde estensivo, le finiture e la barriera al vapore, non danno contributo.
Il contenuto di riciclato è stato distinto nelle componenti di pre-consumo, come avviene per il sughero, e post-consumo, come avviene per una percentuale minima del cartongesso, proveniente da raccolta differenziata. La componente post-consumo ha un valore maggiore, in quanto riguarda materiali che non possono più essere utilizzati per il loro scopo originale. Nei costi sono stati inclusi i materiali e i trasporti al cantiere, mentre viene esclusa la manodopera.
Dall’applicazione delle seguenti equazioni e dal foglio di calcolo fornito da GBC Italia risulta una percentuale di contenuto di riciclato, pesata sui costi, pari al 17,22%. La prima equazione9 permette di ricavare il valore del contenuto di riciclato: VR = (RPOST x CPOST) + 0,5x(RPREx CPRE) Con la seconda equazione10 si determina la percentuale di contenuto di riciclato, rispetto al costo totale dei materiali: R = VR/CTOT x 100
http://www.tappoachi.it/
8
VR: valore del materiale riciclato [€] RPOST: contenuto di riciclato post-consumo [%] CPOST: costo dei materiali riciclati post-consumo [€] RPRE: contenuto di riciclato pre-consumo [%] CPRE: costo dei materiali riciclato pre-consumo [€] 9
10 R: percentuale di riciclato [%] VR: valore del materiale riciclato [€] CTOT: costo totale dei materiali dell’intervento [€]
103
1 3 4 2
5
6
1. Sughereta 2. Quercia decorticata 3. Plance essiccate 4. Bollitura delle plance 5. Produzione dei tappi 6. Produzione dei pannelli (1 - 6. Sardiniancork)
104
PROGETTO LEED Prodotto
Tipologia
Fornitore
7
Pre
Post
Costo un.
Quantità
Costo
Valore ric.
[%]
[%]
[€/m2 ]
[m o m2]
[€]
[€]
12
Suber (pareti)
Isolante
Ganau
100
0
9,70
3.633,76
35.246,50
17.623,25
Suber (solaio)
Isolante
Ganau
100
0
9,70
4.023,06
39.023,68
19.511,84
Pregy Plac 13 BA
Cartongesso Siniat
24
4
2,85
3.633,66
10.355,93
1.656,95
Profili acciaio zinc.
Supporto
Siniat
0
25
0,52
6.000,48
3.120,25
780,06
Verde estensivo
Copertura
Daku
0
0
45,00
3.884,30 174.793,50
0
Biocalce
Stucco
Kerakoll
0
0
0,35
3.633,76
1.271,82
0
Edilatte
Pittura
Edilatte
0
0
0,32
3.633,66
1.162,77
0
DS 65 PE
Barriera vap. Riwega
0
0
10,00
3.633,66
36.336,60
0
Derbigum NT
Impermeab.
0
25
20,00
7.907,36
158.147,20
39.536,80
459.458,25
79.108,90
100
17,22
Totale % contenuto di riciclato
Derbigum
8 9 10 11 13
7. Dati di progetto e verifica 8. Sughero nell’arredamento (Corque Design) 9. Sughero negli accessori (Vision wood) 10. Sughero nelle calzature (Defa’s) 11. Sughero nell’abbigliamento (Tamponi Persico) 12. Tappo proveniente da sugherete certificate FSC® (Agris Sardegna) 13. Raccolta sughero per il riciclo (Rilegno)
105
PUNTI 1 5.0 Materiali estratti, lavorati e prodotti a distanza limitata (materiali regionali)
Finalità Incrementare la domanda di materiali estratti e lavorati a distanza limitata, sostenendo in tal modo l’uso di risorse locali e riducendo gli impatti sull’ambiente derivanti dal trasporto
Requisiti Utilizzare materiali regionali in percentuale > 10%, basato sul costo, del valore totale dei materiali del progetto
Opzioni 1. Utilizzare materiali locali, entro un raggio di 350 km 2. Utilizzare materiali locali, entro un raggio di 1050 km 3. Combinazione delle precedenti
Il progetto del Campus Tiscali ha tenuto conto, fin dalla fase costruttiva del 2003, dell’impiego di materiali locali, in particolare per quanto riguarda i rivestimenti lapidei che provengono da cave regionali, incluse in un raggio di 350 km. La Trachite rossa è una vulcanite acida, diffusa in tutta la regione e in particolare nella località di Serrenti da cui talvolta prende il nome. Il Marmo di Orosei è il nome commerciale con cui è impropriamente conosciuto il Biancone di Orosei, una roccia carbonatica le cui cave sono collocate lungo l’omonimo Golfo, nel versante orientale dell’isola. Entrambi sono materiali utilizzati in edilizia a scopo ornamentale. Il Basalto è un litotipo magmatico che si estrae sopratutto nella zona di Oristano e che viene utilizzato prevalentemente nelle pavimentazioni.1 Ai fini dei calcoli per il presente credito tali materiali non sono stati considerati, non facendo parte dell’intervento di riqualificazione, ma rappresentano una precisa scelta da parte della committenza a favore delle imprese del territorio e del contenimento dei costi di trasporto. La tabella dei materiali scelti per la parete esterna e la copertura mostra le distanze coinvolte nell’estrazione o raccolta della materia prima, nella sua lavorazione e nella distribuzione. Tuttavia, per l’ottenimento del credito è necessario porre l’accento anche sugli stabilimenti di produzione o assemblaggio, in quanto un materiale estratto localmente ma lavorato a distanza maggiore implica il ricorso a trasporti intermedi e pertanto maggiori costi in termini economici e ambientali. Alcuni prodotti, come la lana di pecora, pur garantendo elevate prestazioni termoigrometriche, sono stati scartati. Si tratta di una realtà locale, risultato della sinergia tra diverse imprese, che ha permesso di recuperare materiali
Sanna U. e Atzeni C. (a cura di), Il manuale tematico della pietra, Dei, 2009.
1
106
in eccedenza dalla filiera tessile e reinserirli nel ciclo produttivo del settore edile. Tuttavia, la lana di pecora viene commercializzata in forma di rotolo e la sua posa mediante tasselli non ha una tenuta ottimale nel tempo, aspetto che ha reindirizzato la progettazione verso i pannelli realizzati con un altro materiale locale: il sughero. Il credito risulta acquisito, come illustra l’equazione2 di seguito riportata, attraverso il ricorso alla prima opzione, ossia grazie a materiali finali prodotti ad una distanza inferiore a 350 km dal cantiere, derivanti da materie prime raccolte entro lo stesso raggio. MR = CMR/CMT Il sughero proviene dalla Sughereta Cusseddu-Miali-Parapinta, che si estende per 67 ettari nella frazione di Tottubella (SS), delimitata dalla Strada Statale 127 Tempio – Olbia, dalla vecchia Strada Comunale Tempio - Nuchis, dalla strada vicinale Caraddu e dal fiume Parapinta. Il trasporto delle plance di sughero ottenute dalla decorticazione verso il Sugherificio Ganau, che si occupa della loro lavorazione, avviene su gomma, per un totale di 88 km. Il gruppo di progettazione prevede che la fornitura di materiale dal sugherificio, distante 6 km da Tempio Pausania, avvenga su rotaia, per un totale di circa 250 km. Il sito di progetto dista 4 km dalla stazione ferroviaria di Cagliari, raggiungibili su strada. Vengono quindi percorsi 98 km su gomma. Ulteriore contributo è dato dalle pitture, che provengono dalle eccedenze del settore caseario del Sulcis, unite al grassello di calce all’interno degli stabilimenti di Guspini (VS). In questo caso, il trasporto avviene unicamente su gomma, per un totale di circa 70 km. Il calcolo dell’incidenza del materiale locale rispetto al costo complessivo delle forniture, svolto mediante l’equazione e il foglio di calcolo messo a disposizione da GBC Italia, prevede una percentuale del 16,42%, con conseguente acquisizione di 1 punto. Tutte le informazioni sono reperibili dalla documentazione fornita dalle aziende e riportata in allegato.
2 MR: materiali regionali [%] CMR: costo dei materiali regionali [€] CMT: costo dei materiali totali [€]
PROGETTO LEED Prodotto*
Tipologia
Fornitore
350 km
1
Estrazione/Raccolta
Lavorazione
Su strada
[%]
Località
[km]
Località
[km]
[km]
Suber
Isolante
Sugherificio Ganau
100
Tottubella (SS)
250
Tempio Pausania (SS)
250
98
Edilatte
Pittura
Edilatte
100
Sulcis
70
Guspini (VS)
70
70
2
3
1. Dati di progetto e verifica
Costo materiali regionali [€]
75.432,95
Costo totale [€]
459.458,25
Contenuto di materiali prodotti a distanza limitata [%]
16,42
2. Percorso per il reperimento del prodotto Suber 3. Percorso per il reperimento del prodotto Edilatte
*I materiali che provengono dalle altre regioni non vengono considerati, data la presenza di un solo collegamento nazionale al porto industriale di Cagliari, da Vado Ligure
A: Sughereta Cusseddu-MialiParapinta, Tempio Pausania B: Sugherificio, Tempio Pausania C: Stazione ferroviaria, Cagliari
B
D: Campus Tiscali, loc. Sa illetta A
E: Stabilimenti Edilatte, Guspini F: Campus Tiscali, loc. Sa Illetta __: trasporto su rotaia __: trasporto su gomma
E
D
C
F
107
PUNTI 1 6.0 Materiali rapidamente rinnovabili
Finalità Ridurre l’uso e lo sfruttamento delle materie prime e dei materiali a lungo ciclo di rinnovamento, sostituendoli con materiali rapidamente rinnovabili
Requisiti Utilizzare materiali rinnovabili in percentuale > 2,5%, basato sul costo, del valore totale dei materiali del progetto
I materiali ricavati da fibre vegetali o animali, come il sughero e la lana di pecora, danno un forte incentivo per l’acquisizione di questo credito, essendo al 100% prodotti rinnovabili. Il sughero, materia prima dei pannelli isolanti, presenta un ciclo di raccolta pari a 10 anni, ossia la soglia da rispettare per il conseguimento del presente credito. Trascorso questo intervallo di tempo, necessario per la maturazione del materiale, è possibile effettuare la decorticazione della pianta, operazione che ne facilita e disciplina la crescita. Si tratta di una procedura non invasiva, in quanto l’albero perderebbe naturalmente la sua corteccia. Il calcolo per verificare il soddisfacimento del requisito si basa sulla seguente equazione1, cui si aggiunge il risultato del foglio di calcolo fornito da GBC Italia: MRINN = CRINN/CTOT x 100 Il risultato ottenuto dimostra un’incidenza del 16,16%, consentendo l’acquisizione di 1 punto. La prestazione esemplare non viene assegnata in quanto è stato raggiunto il punteggio massimo ottenibile, considerato il contributo di altri crediti.2
1 2 3
1 MRINN: percentuale di materiali rinnovabili [%] CRINN: costo dei materiali rinnovabili [€] CTOT: costo totale dei materiali dell’intervento [€]
108
2
Si vedano i Crediti QI 8.1 e 8.2
1. Decorticazione (Sardegna Foreste) 2. Raccolta (Sardiniancork) 3. Sughereta dopo la decorticazione (Sardiniancork)
7.0 PUNTI 1 Legno certificato
Il marchio FSC® identifica i prodotti contenenti legno proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile, secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici. FSC® è stato creato nel 1993 per fissare degli standard internazionali sulla gestione delle foreste, per garantire che siano oggetto di pratiche che ne tutelino la salute e la produzione, mantenendo gli habitat incontaminati. La certificazione viene rilasciata solo da organi accreditati e neutrali. Esistono attualmente due tipologie di certificazione: • Gestione Forestale Sostenibile (Forest Management Certification) assegnata a gestori, previa fase di verifica sulla pratica forestale utilizzata; • Certificazione della Catena di Custodia (Chain-ofCustody COC Certification) assegnata ad aziende che lavorano, producono e vendono prodotti realizzati con legno certificato, dopo averne verificato la filiera. Allo stato di fatto, all’interno del Campus Tiscali, l’uso del legno è maggiormente concentrato nell’edificio centrale destinato ad auditorium, per quanto riguarda i lavori di finitura e i pannelli sospesi per l’acustica. Questa parte dell’edificio è stata però esclusa dalla certificazione in quanto possiede un destinazione funzionale differente da quella degli uffici. In piccola quantità il legno è presente all’interno di alcune fra le sale riunioni, per la realizzazione del parquet. La specie scelta per questa pavimentazione è legno di Iroko, proveniente dalla foreste dell’Africa equatoriale, e che per questo motivo non rappresenta la scelta più idonea in previsione di una certificazione ambientale. Il gruppo di progettazione non prevede la sostituzione delle pavimentazioni attualmente impiegate, ma l’isolante introdotto per l’intervento è costituito da sughero proveniente da boschi certificati. Le sugherete, i boschi di querce da sughero, esistono a livello mondiale soltanto in poche aree, per un totale di circa
2,2 milioni di ettari, da cui provengono 300.000 tonnellate di materiale all’anno: Spagna e Portogallo (56%), i paesi del Maghreb (33%), Italia (in particolare in Sardegna, Sicilia e Toscana, 10%) e Francia (1%). In Sardegna, dove si concentra l’85% della produzione nazionale, crescono spontaneamente nei terreni granitici della Gallura, vero e proprio Distretto Industriale del sughero1, ma si possono trovare anche in altre zone: Alà dei Sardi, Buddusò, il Marghine, il Goceano e il Sulcis Iglesiente. Resistono alla siccità, assorbono l’anidride carbonica rilasciando ossigeno in proporzione alla perdita della corteccia. In Sardegna è inoltre presente la prima sughereta al mondo certificata FSC®, la Sughereta Cusseddu-Miali-Parapinta di Tempio Pausania (OT)2, controllata fino al 2005 dalla Stazione Sperimentale del Sughero, oggi confluita per effetto della L.R. 8 agosto 2006 n.13 nel Dipartimento della Ricerca per il Sughero e la Silvicoltura di AGRIS Sardegna. Dopo aver ottenuto il rinnovo della certificazione (maggio 2010 - maggio 2015), esso ha provveduto ad effettuare l’estrazione del sughero (circa 1.500 quintali), immettendo sul mercato il primo sughero sardo certificato FSC® (puro 100%). La materia prima è stata acquistata da una industria locale, il Sugherificio Ganau, che ne ha curato la lavorazione secondo le procedure tradizionali, per la produzione di tappi, settore principale, e pannelli per l’edilizia. Trattandosi dell’unico componente a base di legno all’interno dell’intervento, ed essendo 100% certificato, il sughero contribuisce all’acquisizione di 1 punto, mentre non viene considerata la prestazione esemplare a causa del limite raggiunto.
Finalità Incoraggiare la gestione responsabile delle foreste dal punto di vista ambientale
Requisiti Per componenti da costruzione in legno, utilizzare materiali e prodotti certificati secondo i principi e i criteri indicati dal FSC®, in percentuale > 50%, basato sul costo, del valore totale dei materiali del progetto
Presenza in una delimitata area di aziende, artigiane e industriali, impegnate in tutta la filiera, dalla raccolta in foresta alla fasi di trasformazione e lavorazione fino alla meccanica per la lavorazione del sughero e alla commercializzazione
1
Certificato n° SA-FM/COC-001436. Per maggiori informazioni si consulti il link: http://www.sardegnaagricoltura.it/index. php?xsl=443&c=3516&s=51744&v=2
2
109
110
2
Prerequisiti
1.0
Prestazioni minime per la qualitĂ dellâ&#x20AC;&#x2122;aria
2.0
Controllo ambientale del fumo di tabacco
8
I
Crediti
1.0
Monitoraggio della portata dellâ&#x20AC;&#x2122;aria di rinnovo
2.0
Incremento della ventilazione
3.1
Piano di gestione IAQ: fase costruttiva
3.2
Piano di gestione IAQ: prima dellâ&#x20AC;&#x2122;occupazione
4.1
Materiali basso emissivi: adesivi, primers, sigillanti, materiali cementizi e finiture per legno
4.2
Materiali basso emissivi: pitture
4.3
Materiali basso emissivi: pavimentazioni
4.4
Materiali basso emissivi: prodotti in legno composito e fibre vegetali
5.0
Controllo delle fonti chimiche ed inquinanti indoor
6.1
Controllo e gestione degli impianti: illuminazione
6.2
Controllo e gestione degli impianti: comfort termico
7.1
Comfort termico: progettazione
7.2
Comfort termico: verifica
8.1
Luce naturale e visione: luce naturale per il 75% degli spazi
8.2
Luce naturale e visione: visuale esterna per il 90% degli spazi
10/15
Q
Punti
111
PUNTI 1 1.0 Monitoraggio della portata dell’aria di rinnovo
Finalità Fare in modo che il sistema di monitoraggio della ventilazione contribuisca a mantenere il comfort ed il benessere degli occupanti
Requisiti Installare sistemi di monitoraggio permanenti e configurare tutte le componenti per generare un segnale quando i livelli dello scostamento dei valori di CO2 variano rispetto ai valori di progetto del 10% o più
Opzioni Caso 1. Spazi ventilati meccanicamente Caso 2. Spazi ventilati naturalmente
Al fine di ottimizzare la gestione dell’edificio è necessario monitorare gli impianti in fase di esercizio. È utile affiancare alla componente impiantistica un sistema in grado di fornire il controllo dei valori delle variabili termoigrometriche, quali temperatura, umidità relativa, umidità specifica, e inoltre predisporre un controllo del livello di CO2 in ambiente, in modo da identificare scostamenti significativi dai limiti consentiti. L’edificio è dotato di un impianto HVAC, con un sottosistema VRF a espansione diretta con portata variabile di refrigerante, che permette di regolare temperatura e velocità dell’aria, visualizzandole attraverso tutti i dispositivi elettronici presenti negli uffici, e un sottosistema per il ricambio di aria mediante recuperatori.1 Questa soluzione non comprende il controllo del livello di CO2 presente negli spazi densamente occupati. Per spazi densamente occupati si intendono quelli nei quali la densità di occupazione è di almeno 0,25 persone/m2, prevista all’interno del progetto nelle sole sale riunione, dove è pari a 0,60 persone/ m2, mentre è inferiore negli uffici singoli (0,06 persone/m2) e negli open space (0,12 persone/m2). Le prescrizioni sul corretto contenimento del tasso di biossido di carbonio all’interno degli edifici sono contenute nella norma UNI EN 15251:2008, cui si farà riferimento per i valori considerati nel seguito. L’aria esterna presenta usualmente una concentrazione di CO2 pari a 300 ppm, con oscillazioni fino ai 500 ppm in relazione alla presenza di fonti inquinanti localizzate.2 È opportuno che la concentrazione di emissioni non superi mai la soglia dei 800 ppm, oltre la quale il benessere degli occupanti è compromesso, con conseguenti effetti sul fi-
1
112
2
Si veda il Credito EA 1.0 Parti per milione
sico, come emicranie e vertigini.3 Trattandosi di un intervento sull’esistente è importante considerare la presenza di più tecnologie attualmente isolate, messe a disposizione da costruttori diversi. Per garantire l’interoperabilità e la comunicazione tra componenti così vari - aspetto fondamentale nell’ambito della regolazione di parametri in cui incidono più circostanze del progetto - è necessario un sistema che consenta di implementare un linguaggio comune. Tra i protocolli di controllo per la building automation troviamo il Konnex (KNX), nato in Germania e utilizzato in gran parte d’Europa in seguito alla confluenza di 3 standard, per fare in modo che componenti diversi possano correttamente scambiarsi informazioni senza il bisogno di interfacce: i dispositivi sono connessi in rete. All’interno del Campus è già presente una regolazione limitata al sottosistema VRF, basata su una connessione LAN Ethernet e predisposta per il solo controllo di temperatura e velocità dell’aria. Il gruppo di progettazione sceglie di installare all’interno delle sale riunione un sistema di controllo Theben AMUN 716 per la concentrazione di CO2. La scelta dello specifico prodotto è data dalla grande flessibilità che esso consente, facendo capo al protocollo KNX, aspetto che si adatta al bisogno di regolare le unità addette al recupero di calore Mitsubishi (KNX). Il sistema di monitoraggio si compone principalmente di sensori, aventi la funzione di registrare la variazione di un parametro in ambiente, e attuatori, che inviano il segnale all’impianto tramite bus, abilitando la sua risposta. Particolare cura va posta nei sensori, che devono essere installati a un’altezza dal pavimento compresa fra 1 e 1,8 m, in modo da garantire la misurazione uniforme e libera da condizionamenti che si discostano dalla media, conformemente a quanto richiesto dal proto-
UNI EN 15251:2008, Tabella B.4, Valori limite di CO2 in funzione della categoria: Categoria III, livello moderato, edifici esistenti 3
collo. La loro posizione corretta è indicata in pianta. Il range di rilevamento del sensore è calibrato su applicazioni che variano da 0 a 9.999 ppm, ma nel caso specifico sarà utilizzato come valore limite della CO2 quello di 500 ppm. Verrà impostato il funzionamento automatico, e non manuale, per l’invio della comunicazione all’attuatore e la conseguente risposta da parte dell’impianto. Sarà comunque possibile verificare lo stato della misurazione grazie ad un segnale visivo il cui colore, dal verde al rosso, cambia in relazione ad una concentrazione di CO2 progressivamente più alta. Un altro LED fornisce indicazioni sull’umidità relativa in ambiente. Sarà compito del manutentore, o della specifica figura individuata dalla committenza, verificare l’impostazione dell’apparecchio e prevederne una calibrazione periodica.
i rimanenti uffici, per favorire la gestione meccanica efficiente della ventilazione, non hanno serramenti apribili, rendendo l’involucro “impermeabile” e gli utenti potenzialmente esposti a problemi di salubrità. In aggiunta, il gruppo di progettazione prevede di fornire delle indicazioni in merito alla gestione flessibile degli spazi, in modo da saturare quelli incompleti ed evitare di climatizzare zone parzialmente occupate. Questa strategia, se da una parte supporta il contenimento dei consumi energetici, implica maggiori densità di occupazione, per quanto entro i limiti precedentemente indicati.
1 2
1. Apparecchio installato 2. Posizione degli apparecchi all’interno delle sale riunione
Per quanto l’inserimento di queste apparecchiature limitatamente ai locali densamente occupati permetta il conseguimento del punto previsto dal credito, si precisa che
Scala 1:200 0
2
10 m
113
PUNTI
2.0 Incremento della ventilazione
complesso in m3/h, pari a 45.377,80 m3/h. I calcoli relativi all’incremento della portata di ventilazione seguono la procedura indicata dalla UNI EN 15251:2008, Appendice B. La portata totale di rinnovo si calcola come segue2: qTOT = Ap x n x qp + A x qB
Finalità Fornire un ricambio d’aria addizionale al fine di migliorare la qualità dell’aria interna e promuovere il comfort, il benessere e la produttività degli occupanti
Requisiti Assicurare portate di rinnovo in linea con la UNI EN 15251, categoria low polluting buildings, e soddisfare i criteri progettuali della UNI EN 13779
Opzioni Caso 1. Spazi ventilati meccanicamente Caso 2. Spazi ventilati naturalmente
Il credito prevede due procedure alternative, in caso di ventilazione meccanica o naturale. Si segue la prima, in quanto la ventilazione è gestita esclusivamente in modo meccanico. All’interno del complesso di edifici il rinnovo dell’aria avviene mediante recuperatori di calore che lavorano a temperature prossime a quelle dell’ambiente. Esiste inoltre una funzione di by-pass per sfruttare l’effetto del free cooling, ossia il passaggio dell’aria all’interno senza consumi energetici, soprattutto nelle mezze stagioni, quando questa si trova all’esterno in condizioni vicine a quelle di progetto. Questo implica una maggiore efficienza che non si avrebbe nel caso in cui un unico sistema dovesse rispondere della climatizzazione e del ricambio d’aria. Nel caso del progetto analizzato aumentare la portata di rinnovo ha benefici sulla salubrità degli ambienti senza gravare eccessivamente sui costi, non richiedendo incrementi di potenze da parte delle pompe di calore, che si occupano solamente della temperatura nell’ambito del VRF. Ai fini delle prestazioni minime, si seguono le prescrizioni descritte dalla UNI 10339, la quale indica, in funzione della destinazione d’uso, la densità di occupazione e le portate per persona. Inserendo nel calcolo la superficie degli ambienti e il numero di occupanti così ricavato, si ottiene la portata complessiva. Si applica l’equazione1: qTOT = qop x ns x A Seguendo le indicazioni della norma, si assume una portata per persona pari a 11 x 10-3 m3/s, una densità di occupazione di 0,06 1/m2 per gli uffici singoli, di 0,12 1/m2 per open space e 0,6 1/m2 per le sale riunione. L’area è data dal progetto. Si ottiene la portata minima richiesta per l’intero
qTOT: portata di ventilazione totale [l/s] qop: portata di aria esterna per persona [l/s] ns: indice di affollamento per m2 di superficie [1/m2] A: area dell’ambiente considerato [m2] 1
114
Per quanto riguarda i valori specifici, si considerano le tipologie di spazio ufficio singolo e ufficio open space, CLASSE I, low polluting buildings. Non è stato considerato il valore per la presenza di fumo in quanto non è ammesso fumare all’interno dell’edificio. Ufficio singolo: Ap= 10 m2 qp = 1 l/s qB = 1 l/sm2 Ufficio open space: Ap = 15 m2 qp = 0,7 l/s qB = 1 l/sm2 Si ottiene la portata richiesta ai fini del miglioramento della qualità dell’aria per l’intero complesso, pari a 77.718,99 m3/h. L’impianto non può supportare questo incremento, essendo dimensionato per una portata massima di 55.000 m3/h, ottenuti con 11 recuperatori da 5.000 m3/h. Il punto per il presente credito non si considera pertanto acquisito. Tuttavia, per il soddisfacimento del Prerequisito QI 1.0, è necessario operare un incremento, in accordo con la CLASSE II, low polluting buildings. In questo caso si considererà: qp = 0,7 l/s e qB = 0,7 l/sm2 per gli uffici singoli; qp = 0,5 l/s e qB = 0,7 l/sm2 per gli open space. Dai calcoli, svolti come da equazione precedente, si ottiene una portata complessiva di 54.646,70 m3/h. Il prerequisito risulta pertanto soddisfatto. Le tabelle della pagina successiva mostrano i valori edificio per edificio.3
qTOT: portata di ventilazione totale [l/s] Ap: area per persona [m2] n: numero di occupanti [-] qp: tasso di ventilazione per persona [l/s] qB: tasso di ventilazione relativo alle emissioni dell’edificio [l/sm2] 2
Si veda la sezione Allegati per le tabelle complete, ambiente per ambiente
3
2B
EDIF.
PORTATA MINIMA Destinazione
Occupanti
ns
[-]
[1/m ]
Uffici singoli
1
Area locale
Portata a persona
qTOT
2
[m ]
[m /h]
[m /h]
3
2
2
3
3
33,70
0,06
561,60
39,60
1.334,36
129,30
0,12
1.077,50
39,60
5.120,28
23,66
0,06
374,40
39,60
936,86
307,09
0,12
2.559,10
39,60
12.160,84
38,40
0,06
640,00
39,60
1.520,64
250,67
0,12
2.088,90
39,60
9,926,45
Sale riunione
47,52
0,60
79,20
39,60
1.710,72
Uffici singoli
26,94
0,06
449,00
39,60
1.066,82
292,95
0,12
2.441,25
39,60
11.600,82
1.152,00
-
10.276,50
-
45.377,80
Uffici open space
3
Uffici singoli Uffici open space
Uffici open space
5
4
Uffici singoli
Uffici open space Totale
1. Portata minima, in accordo con UNI 10339 2. Portata richiesta, in accordo con UNI EN 15251:2008, Appendice B: Classe I, low polluting buildings 3. Dati di progetto e verifica
2B
EDIF.
PORTATA RICHIESTA Destinazione
Occupanti
ns
Area locale
Ap
qp
qB
qTOT
[-]
[1/m2]
[m2]
[m2]
[l/sm2]
[l/sm2]
[m3/h]
Uffici singoli
33,70
0,06
561,60
10
1,00
1,00
3.234,82
129,30
0,12
1.077,50
15
0,70
1,00
8.766,54
23,66
0,06
374,40
10
1,00
1,00
2.199,53
307,09
0,12
2.559,10
15
0,70
1,00
20.820,84
38,40
0,06
640,00
10
1,00
1,00
3.686,40
250,67
0,12
2.088,90
15
0,70
1,00
16.995,29
Sale riunione
47,52
0,60
79,20
10
1,00
1,00
1.995,84
Uffici singoli
26,94
0,06
449,00
10
1,00
1,00
2.586,24
292,95
0,12
2.441,25
15
0,70
1,00
19.429,34
1.152
-
10.276,50
-
-
77.718,99
Uffici open space
3
Uffici singoli Uffici open space
Uffici open space
5
4
Uffici singoli
Uffici open space Totale
-
PROGETTO LEED Portata minima (UNI 10339) [m3/h]
Portata richiesta (UNI EN 15251) [m3/h]
45.377,80
Classe
Tipologia
77.718,99
I
54.646,70
II
low polluting buildings
Dimensione impianto [m3/h] 55.000,00
115
PUNTI 1 3.1 Piano di gestione IAQ: fase costruttiva
Finalità Ridurre i problemi di qualità dell’aria interna derivanti dai processi di costruzione/ristrutturazione, al fine di garantire il comfort ed il benessere degli addetti ai lavori di costruzione e degli occupanti dell’edificio
Requisiti Sviluppare ed implementare un Piano di Gestione della Qualità dell’Aria Interna (Indoor Air Quality, IAQ) per la fase costruttiva e quella precedente l’occupazione
Per una progettazione conforme agli standard anche dal punto di vista del cantiere è stato necessario curare gli aspetti relativi all’elaborazione di un piano di gestione della qualità dell’aria interna. Esso include procedure da rispettare a partire dalla fase di cantierizzazione fino a i test finali di collaudo, prima dell’occupazione dell’edificio. - Organizzazione di progetto Le figure coinvolte nel piano di gestione sono definite come segue: il general contractor organizza le operazioni e supervisiona al loro rispetto in ogni punto, i subappaltatori si occupano delle attività costruttive insieme al gruppo di progettazione, il facility manager, se presente, ha il ruolo di mediatore. Prima dell’inizio dei lavori, viene fornita copia del piano di gestione, con valenza contrattuale, ai subappaltatori e al personale in cantiere, in modo che venga effettivamente realizzato. - Standard di riferimento Lo standard seguito è quello dell’associazione commerciale professionale denominata SMACNA,1 che prevede l’adozione di misure specifiche nelle seguenti aree. - Protezione degli impianti HVAC È stato ipotizzato di intervenire sugli edifici singolarmente e in modo sequenziale, così da non bloccare totalmente la loro attività durante la fase di ristrutturazione. Questo approccio permette inoltre di rispettare agevolmente le direttive circa la protezione degli impianti HVAC. Il loro utilizzo dovrebbe esulare infatti dalle fasi di costruzione e con la procedura scelta si intende sospendere solo il funzionamento delle unità coinvolte nelle fasi si riqualificazione. Le unità ferme saranno inoltre protette dalla polvere e dagli eventuali inquinanti gassosi mediante membrane plastiche, con cui saranno sigillate tutte le aperture
SMACNA - Sheet Metal and Air Conditioning Contractors’ National Association
1
116
e i relativi condotti. La scelta della chiusura ermetica delle aperture è stata preferita all’installazione dei filtri di classe F5, in quanto essa sottrarrebbe troppo tempo sia per la prima posa che per la sua sostituzione con i filtri F7, necessari al collaudo finale, senza che sia essenziale per il tipo di intervento da eseguire. Esso infatti, come specificato nei crediti precedenti, non prevede nessuna grande opera di demolizione, ma opere di completamento delle strutture perimetrali, non invasive nei confronti degli elementi esistenti. - Controllo delle fonti Il piano si preoccupa inoltre di controllare che i prodotti di nuova installazione siano privi di composti organici volatili (VOC), per i quali si rimanda alla verifica contenuta nei crediti di specifica competenza, nella descrizione delle caratteristiche dei prodotti selezionati. Fra i materiali utilizzati, le finiture in cartongesso saranno oggetto di scrupoloso controllo poiché potrebbero essere causa di rilascio in ambiente di tali sostanze. Il controllo di questi fattori è obbligatorio non solo per garantire la salubrità degli spazi ai futuri occupanti, ma anche l’incolumità degli operai attivi nel cantiere. - Pulizia e interruzione delle vie di diffusione A conclusione dell’intervento sono disposte le misure di pulizia degli spazi, prima di procedere ai test di collaudo degli ambienti. La suddivisione del lavoro per edifici separati minimizza la diffusione di agenti potenzialmente inquinanti tra spazi finiti e spazi ancora in fase di realizzazione. - Flush-out degli edifici Nelle due settimane successive alla fase di costruzione sono previsti i flush-out che coinvolgono tutte le unità di trattamento d’aria, prima bloccate, operanti a pieno carico. I nuovi filtri F7, in conformità con le prescrizioni, saranno installati prima dei flush-out. L’elaborazione del piano e le ipotesi sul suo rispetto, testimoniato da documentazione fotografica, permettono il conseguimento del punto previsto.
In conformità con la scelta condotta nella suddivisione delle fasi di cantiere, la quale prevede che i lavori vengano svolti trattando gli edifici in modo individuale e sequenziale, si è scelto di perseguire la prima opzione per rispettare le verifiche finali. Terminata la fase costruttiva e la conseguente pulitura degli spazi, come ipotizzato da piano IAQ descritto nel credito precedente, si può dare inizio al momento del flushout. Mediante l’utilizzo dell’aria esterna, attraverso questo test, gli ambienti vengono depurati dalla presenza di eventuali agenti contaminanti, scaturiti dai lavori effettuati al loro interno durante la fase di costruzione. Esso avviene fornendo una portata d’aria esterna maggiore di 4400 m3/ m2. Durante questa pratica è necessario tenere sotto controllo i parametri temperatura interna ed umidità relativa, che devono rispettivamente attenersi ai valori 16°C e 60%. La possibilità di poter perseguire la prima opzione è garantita dalla capacità dell’impianto HVAC presente nell’edificio di supportare la portata di aria richiesta. Per fornire tale prestazione esso si serve dei recuperatori di calore, che si occupano del controllo dell’umidità relativa, presenti in ogni edificio nel numero di tre unità, ognuna con una portata d’aria pari a 5000 m3/h. Tali portate determinano inoltre la durata del flush-out: è stato calcolato per ogni edifico un ciclo unico, che precede l’occupazione, avente una durata media di 42 giorni. Il controllo della temperatura è assicurato dall’indipendenza dell’impianto VRF rispetto alle componenti deputate al rinnovo dell’aria, mentre l’umidità relativa si mantiene, da progetto, sul valore del 50%, rispettando i requisiti. Le considerazioni in merito alla scelta di completare il flush-out in anticipo, con conseguenti costi energetici in
1
Materiale particolato con diametro < 10 μm
3.2 PUNTI 1 Piano di gestione IAQ: prima dell’occupazione
assenza di occupazione, riguardano la necessità di mantenere condizioni termiche non compatibili con il comfort degli utenti. La particolare concezione complementare dei due sottosistemi impiantistici permette una circolazione opportuna dell’aria per la pulizia degli ambienti.2 Grazie al programma finale per il collaudo dell’edificio prima dell’occupazione il credito può considerarsi acquisito. Si sottolinea come, nel caso della seconda opzione, una verifica preliminare della concentrazione limite degli inquinanti, inattuabile in questa sede, avrebbe evitato, in caso di esito positivo, l’esecuzione dei flush-out e i costi energetici associati.
PORTATA PRECEDENTE EDIF.
La parte conclusiva relativa all’implementazione del piano per la gestione della qualità dell’aria interna termina con dei test specifici da condurre all’interno degli ambienti. Il criterio indica tre modalità differenti con cui questi test posso essere condotti. La prima opzione prevede che i test vengano fatti in totale assenza degli occupanti oppure dà la possibilità di anticipare il rientro degli occupanti all’interno della struttura, purché siano stati forniti almeno 1100 m3/m2, mentre la seconda opzione prevede il rispetto delle concentrazioni di inquinanti quali formaldeide, particolato (PM10),1 composti organici volatili (VOC), monossido di carbonio (CO) secondo i limiti imposti dalla UNI EN ISO 16000-1-2:2006 e UNI EN ISO 16000-5:2007.
Area pavimento
Portata aria flush-out
Volume aria flush-out
Tempo
[m2]
[m3/m2]
[m3]
[gg]
2B
2.185
3
3.424
4
3.484
5
3.566
4.400
9.616.156
40
15.066.304
42
15.331.128
43
15.691.664
44
1. Calcolo del volume e della durata dei flush-out 1
2
Si veda il Credito EA 1.0
Finalità Ridurre i problemi di qualità dell’aria interna derivanti dai processi di costruzione/ristrutturazione, al fine di garantire il comfort ed il benessere degli addetti ai lavori di costruzione e degli occupanti dell’edificio
Requisiti Fornire una quantità > 4400 m3/m2 di aria esterna, con temperatura interna < 16° e umidità relativa < 60%
Opzioni 1. Flush-out 2. Verifica della qualità dell’aria
117
PUNTI 1 4.1 Materiali basso emissivi: adesivi,primer, sigillanti, materiali cementizi e finiture per legno Finalità Ridurre all’interno dell’edificio i contaminanti che risultano odorosi, irritanti e/o nocivi per il comfort ed il benessere degli installatori e degli occupanti
Requisiti Tutte le componenti relative a questo credito devono rispettare la classificazione GEV Emicode EC1 e i limiti di emissione di sostanze cancerogene, tossiche o mutagene (CMR), così come previsto dal protocollo GEV
Il controllo della qualità dell’aria interna è strettamente legato a tutti materiali impiegati all’interno dell’edificio, con particolare attenzione rivolta alle superfici a contatto con l’aria, quali controsoffitti, pavimenti, pareti perimetrali, e le modalità della loro installazione. Alcuni materiali contengono delle sostanze che rilasciate in ambiente possono causare danni alla salute degli occupanti. Per il controllo dei VOC (composti organici volatili) nei materiali adesivi, la normativa indica dei limiti ben precisi sulla loro presenza in relazione al volume del prodotto utilizzato, espressi in μg/m3. Nel 1997 è stata costituita l’associazione dei più importanti produttori di adesivi della Germania, denominata GEV1, nata per il controllo e la tutela del consumatore, del lavoratore e dell’ambiente. Con l’obiettivo di fornire uno strumento per costruttori e progettisti, affinché si potessero orientare sul mercato dei prodotti a bassa emissione di VOC, essa ha introdotto EMICODE®. Si tratta di un sistema di classificazione per i materiali di posa che raccoglie le soglie da non oltrepassare quando si impiegano materiali contenenti quantità di contaminanti interni maleodoranti, irritanti o nocivi. Sulla base di questo sistema è possibile fare un confronto critico tra i prodotti seguendo una base di criteri unitari. Esistono attualmente tre classi facenti parti del marchio registrato EMICODE®: • EC1 Plus • EC1 • EC2 La prima presenta bassissimi valori di emissioni e limiti particolarmente ristrettivi, la seconda con emissioni che
GEV - Gemeinschaft Emissionskontrollierte Verlegewerkstoffe, Klebstoffe und Bauprodukte e. V., Associazione per materiali da posa, colle e prodotti da costruzione a emissioni controllate
1
118
rispettano la soglia di sicurezza per la salute e l’ambiente, e la terza classe che prevede la necessità di misure aggiuntive di controllo e sicurezza sul lavoro. I prodotti adesivi dei quali verificare il contenuto di VOC sono distinti in prodotti liquidi, prodotti in polvere, prodotti in pasta, prodotti pronti all’uso, sigillanti per giunti e vernici per parquet. L’approccio ideale per prevenire eventuali emissioni indoor di sostanze dannose è indirizzare la progettazione secondo una linea low-VOC, che sia da guida nella scelta di ogni materiale impiegato nella costruzione o ristrutturazione dell’edificio. La strategia proposta per il conseguimento di questo credito è stata quella di escludere totalmente dalla riqualificazione dell’involucro a contatto con l’ambiente interno l’utilizzo di adesivi, colle, primer, favorendo la posa dei nuovi materiali completamente a secco. Il montaggio a secco rappresenta una valida alternativa in quanto offre vantaggi nella fase di cantiere, sia per la salute degli operai che in termini di tempo, ma dà anche un importante contributo nella fase di dismissione, consentendo il recupero di materiali eventualmente riutilizzabili o riciclabili. Il fissaggio degli elementi costituenti il cappotto interno è avvenuto mediante il solo utilizzo di tasselli a taglio termico, per l’isolante, e di viti, profili e distaziatori in acciaio zincato, per la rifinitura in cartongesso. Prima della pittura finale, viene eseguita la stuccatura. I materiali impiegati in questa fase rientrano nel presente credito: sui giunti viene applicato un nastro in polietilene reticolato espanso a cellule chiuse, mono o biadesivo, e successivamente vengono stese tre mani di stucco a presa. Lo stucco viene classificato come prodotto pronto all’uso, con limite 500 μg/m3 dopo un giorno. Il prodotto scelto rispetta i limiti descritti: lo stucco BioGesso della Kerakoll è classificato EC1 Plus, categoria che identifica prodotti con VOC < 60 μg/m3 dopo 28 giorni dalla posa.
4.2 PUNTI 1 Materiali basso emissivi: pitture
La scelta responsabile dei materiali impiegati all’interno dell’edificio coinvolge anche in questo credito il rilascio in ambiente di sostanze nocive, al fine di proteggere l’incolumità degli occupanti. In questo caso si verifica il contenuto di VOC nelle pitture e lo si confronta con il limite di 20 g/l fissato dal D. Lgs. 27 marzo 2006, n. 1611. È stata condotta una ricerca accurata sul materiale da apporre come strato finale di finitura delle pareti perimetrali. Il prodotto selezionato fa parte del marchio registrato EDILATTE®, nato in concomitanza con il marchio EDILANA®2. Entrambi rappresentano delle eccellenze locali, in quanto i prodotti indicati utilizzano ingredienti provenienti da eccedenze del settore agricolo e caseario, come latte di pecora, miele e olio di oliva. Le finiture facenti parte di questa linea vengono prodotte senza l’impiego di acqua: il grassello di calce proveniente dalle rocce locali viene aggiunto al latte, contenente la caseina che assume la funzione di fissativo. Il grassello subisce un processo di filtraggio a maglia fine e in seguito viene inviato alla stagionatura in fossa di sedimentazione. Durante la posa, ottimale se effettuata su un sottofondo a base di calce naturale, si può ottenere una pittura forte, aggiungendo 1 litro e mezzo di acqua per una superficie di 35 m2, o una velatura, aggiungendo 5 litri di acqua per una superficie di 80 m2. Il prodotto ha quindi una resa di 2226 m2 per litro di acqua, aspetto che influisce sul minore impatto relativo all’imballaggio, e un prezzo competitivo di 0,32 €/m2. Nel caso in cui si vogliano ottenere delle finiture colorate, si possono aggiungere degli additivi liofilizzati di origine naturale, come estratti di olio d’oliva o altri oli essenziali
1 D. Lgs. 27 marzo 2006, n. 161, Attuazione della direttiva 2004/42/CE, per la limitazione delle emissioni di composti organici volatili conseguenti all’uso di solventi in talune pitture e vernici, nonche’ in prodotti per la carrozzeria 2
Si veda il Credito MR 4.0
della macchia mediterranea, prodotti dalla stessa azienda. Tuttavia, in questo specifico caso, il gruppo di progettazione suggerisce l’impiego di una pittura bianca, in modo da massimizzare il contributo della radiazione solare nell’illuminazione degli ambienti. La pittura presa in considerazione è stata riconosciuta da ICEA3 e ANAB4 come prodotto certificato per la bioedilizia, in base a criteri quali un ridotto impatto ambientale, il rispetto della sicurezza e salute degli utenti finali.5 Essa presenta infatti un valore di 0 g/l di VOC ed è quindi esente da sostanze normalmente impiegate per le pitture in funzione di solventi. L’utilizzo di tale pittura permette quindi il conseguimento del credito.
Finalità Ridurre all’interno dell’edificio i contaminanti che risultano odorosi, irritanti e/o nocivi per il comfort ed il benessere degli installatori e degli occupanti
Requisiti Tutte le componenti relative a questo credito devono attenersi a quanto stabilito dal D. Lgs. 27 marzo 2006, n. 161
ICEA - Istituto per la Certificazione Etica ed Ambientale
3
ANAB - Associazione Nazionale Architettura Bioecologica
4
Certificato n. EDIL 2014-4 del 10 ottobre 2014. Si veda la sezione Allegati
5
119
PUNTI
Finalità Ridurre all’interno dell’edificio i contaminanti che risultano odorosi, irritanti e/o nocivi per il comfort ed il benessere degli installatori e degli occupanti
4.3 Materiali basso emissivi: pavimentazioni
Il trattamento delle superfici calpestabili all’interno dell’edificio è attualmente costituito in maniera prevalente da pavimentazioni resilienti. I pannelli hanno un’anima in truciolare ad alta densità certificata FSC®, avente spessore di 38 mm. Sono rivestiti inferiormente con alluminio e superiormente con i seguenti materiali: •
Requisiti Tutti le componenti relative a questo credito devono rispettare le classificazioni relative all’opzione scelta
Opzioni 1. Dimostrare che il 100% delle pavimentazioni resilienti è certificato FloorScore e costituisce almeno il 25% dell’area calpestabile 2. Tutti i pavimenti devono soddisfare i requisiti di produzione e prova previsti dallo Standard di prova delle emissioni di VOC del California Department of Health Services
120
• •
gomma, un materiale particolarmente resistente all’usura per le sue caratteristiche fisiche; la sua flessibilità e la resistenza all’abrasione permettono un impiego in situazioni di occupazione molto intensa, indicato quindi per un edificio ad uffici; gres porcellanato, resistente all’usura, abrasione e attacco chimico, con buone prestazioni di flessibilità; parquet in legno di Iroko, presente all’interno delle sale riunione e nell’edificio centrale, escluso dalla trattazione.1
La posa della pavimentazione avviene tramite una struttura in traversi leggeri in acciaio galvanizzato a sezione trasversale aperta, che consente la massima stabilità del pavimento anche senza incollaggio dei supporti alla soletta di appoggio. Grazie alla configurazione a incastro, inoltre, i tempi d’installazione sono notevolmente ridotti. I prodotti descritti, forniti dalla ditta NESITE, hanno conseguito la certificazione del Sistema di Gestione Ambientale (SGA) secondo la normativa internazionale UNI EN ISO 14001:2004. Tali soluzioni non sono certificate secondo il marchio FloorScore® indicato dal protocollo LEED, oltre a non rappresentare elementi di nuova introduzione da parte del gruppo di progettazione. Pertanto non sono utilizzati per l’acquisizione di alcun punto.
1
Si veda il Credito MR 7.0
1 2 3 4
1. Anima truciolare del pannello (Nesite) 2. Struttura della pavimentazione (Nesite) 3 - 4. Pavimentazione degli uffici e dell’ingresso principale (Nesite)
1 2 3
1. Pavimentazione uffici (Europaconcorsi) 2. Pavimentazione atrio auditorium 3. Auditorium (Europaconcorsi)
4.4 PUNTI Materiali basso emissivi: prodotti in legno composito e fibre vegetali
Il progetto originale ha previsto un modesto impiego di legno o fibre da esso derivate, di cui non è possibile fornire un’identificazione e quantificazione puntuale. Si segnala la presenza di materiale ligneo nel rivestimento dell’auditorium, escluso dall’applicazione del protocollo perché avente differente destinazione d’uso, e di pannelli compositi nelle pavimentazioni dell’interno complesso, i quali non verranno considerati per l’acquisizione del punto, in quanto non dipendenti dalle scelte dell’attuale gruppo di progettazione. Questi ultimi sono realizzati in truciolare grezzo ad alta densità dello spessore di 38 mm, successivamente rivestito secondo finiture differenti. Il singolo elemento è certificato dal CATAS, l’istituto italiano per la certificazione, ricerca e prove nel settore degli arredi in legno. Ai sensi delle normative EN 717-1:2004 e EN 120:1992 è classificato E1, etichetta che identifica un contenuto di formaldeide < 0,124 mg/m3. Pertanto, poiché il credito ne richiede la totale assenza, il punto ad esso relativo non può essere assegnato. Si noti come la mancata idoneità di un singolo prodotto rende del tutto superflua l’individuazione di altri della stessa categoria che possano rispettare i limiti fissati.
Finalità Ridurre all’interno dell’edificio i contaminanti che risultano odorosi, irritanti e/o nocivi per il comfort ed il benessere degli installatori e degli occupanti
Requisiti Tutte le componenti relative a questo credito non devono contenere aggiunte di resina urea-formaldeide
121
PUNTI
Finalità Minimizzare l’esposizione degli occupanti a particolato ed inquinanti chimici potenzialmente pericolosi
Requisiti Minimizzare l’esposizione al particolato mediante barriere antisporco in corrispondenza degli accessi, filtri per la ventilazione e il controllo, mediante la stessa, delle emissioni di fax e stampanti
5.0 Controllo delle fonti chimiche ed inquinanti indoor
Negli edifici la qualità dell’aria interna è influenzata da diverse variabili e tra queste l’attività quotidiana degli occupanti. Sono dunque state predisposte delle regole per minimizzare l’esposizione degli stessi a particolato ed inquinanti chimici all’interno degli spazi comuni, che si concentrano principalmente sul soddisfacimento di tre requisiti: • la presenza di barriere antisporco nei punti di ingresso e maggior traffico degli edifici; • l’installazione di opportuni filtri per il ricambio dell’aria esterna; • il controllo dell’immissione di sostanze chimiche emesse da stampanti, fotocopiatrici e fax. Le barriere antisporco svolgono un ruolo essenziale nella progettazione di edifici moderni, contenendo al minimo i costi di manutenzione, mantenendo inalterato l’aspetto dell’edificio e proteggendo, inoltre, le pavimentazioni e l’ambiente dagli agenti inquinanti e dallo sporco. Il Campus è attualmente sprovvisto di questa forma di protezione. La norma UNI EN 13779:2004, che disciplina la ventilazione negli edifici non residenziali, identifica 5 categorie per la classificazione della qualità dell’aria esterna (ODA): • ODA 1 – aria pura con eventuale presenza temporanea di inquinanti naturali, ad esempio pollini • ODA 2 – aria con elevate concentrazioni di polveri • ODA 3 – aria con concentrazioni elevate di inquinanti gassosi (CO2, CO, NO2 e SO2 ) • ODA 4 – aria con concentrazioni elevate di polveri e gas • ODA 5 – aria con altissime concentrazioni di polveri e gas.
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Gli edifici per uffici, e quelli con funzioni ad essi assimilabili, ricadono nelle prime tre fasce sopra descritte e, per raggiungere una prestazione elevata, devono prevedere
l’installazione di filtri compresi fra la categoria F7 – F9, aventi un’efficienza media Em, per particelle di 0,4 μm, compresa fra 80% e 95%. Il gruppo di progettazione prevede, in questo caso, l’installazione di filtri F7 con un’efficienza media compresa fra il 60% e 80%. L’ultimo requisito esige che fotocopiatrici, stampanti, fax abbiano una posizione confinata e controllata all’interno degli uffici, in quanto la loro attività, a ritmi elevati, genera l’emissione di sostanze contaminanti volatili dannose per gli occupanti. Pertanto, gli apparecchi devono essere posti all’interno di spazi dedicati, dotati di opportuni sistemi di aspirazione e provvisti di porte con chiusura automatica. Nel caso di progetto sono presenti stampanti comuni all’interno degli spazi destinati ad open space. Anche se si tratta di macchinari con impiego modesto, il protocollo suggerisce l’implementazione di un sistema di aspirazione ad esso dedicato. Nello specifico l’acquisizione del credito è negata dall’eventuale sistemazione delle stampanti all’interno di spazi alternativi, non disponibili, e dall’assenza del sistema di aspirazione, di cui non si prevede una futura realizzazione, in quanto comporterebbe un intervento non commisurato alla necessità richiesta. L’installazione dei soli filtri non è sufficiente al conseguimento del punteggio relativo al presente credito.
La corretta illuminazione degli ambienti è fondamentale sul posto di lavoro. Una scorretta distribuzione dei punti luce, con il passare del tempo, può causare disagi visivi dovuti a un affaticamento della vista. I sistemi di controllo dell’illuminazione sono in grado di dare contributo al comfort degli occupanti. In particolare tale possibilità si rivela importante quando si progettano degli edifici con destinazione ad ufficio, che prevedono l’occupazione dello spazio in modo continuativo. La possibilità di regolare secondo i propri bisogni l’illuminazione rende più agevole il lavoro dei dipendenti, permettendogli di intervenire in base alle proprie necessità. Tuttavia, la strategia globale di regolazione è efficiente quando riesce a dosare l’illuminazione artificiale a seguito dell’ottimizzazione del contributo gratuito proveniente dall’esterno, in modo da contenere i consumi energetici. Nel D.M. 81/2008, “Testo Unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro” si fa esplicito riferimento all’importanza della giusta “illuminazione naturale e artificiale”. Secondo il decreto, ogni luogo di lavoro deve disporre di sufficiente luce naturale e nello stesso tempo le postazioni devono consentire un’autonoma gestione dei dispositivi, per salvaguardare la sicurezza, la salute e il benessere dei lavoratori. Al Testo Unico si affianca inoltre la Norma UNI EN 12464-1, “Illuminazione dei Luoghi di Lavoro Interni”, in cui sono indicati i livelli minimi di illuminamento da mantenere in ambiente. Nel caso specifico, come si vedrà nei crediti successivi, le postazioni di lavoro godono di ottimi contributi dal punto di vista dell’illuminazione naturale. Questo accade prevalentemente negli uffici open space, collocati nello sviluppo longitudinale dell’edificio, caratterizzato da ampie superfici trasparenti e una doppia esposizione. Di contro tali condizioni determinano la necessità di alcuni accorgimenti elementari per evitare fenomeni di abbagliamento. A tal proposito sono state installate delle tende a rullo interne, regolabili per piano, secondo il percorso solare diurno: abbassate la mattina sul fronte nord-est e di pomeriggio sul fronte sud-ovest. Tenere conto di ogni mansione, come il lavoro su PC, è l’obiettivo delle soluzioni illuminotecniche indicate dalla normativa, che analizza i compiti visivi abituali evidenziando le esigenze di comfort e dando indicazioni sui livelli di illuminamento, uniformità e grado massimo di abbagliamento. La norma UNI EN 12464-1, per migliorare le prestazioni
6.1 PUNTI 1 Controllo e gestione degli impianti: illuminazione
dell’impianto di illuminazione, ha di recente introdotto il sistema task area, che individua tutte le zone che presentano un livello di illuminazione specifico da soddisfare. Ogni nucleo di lavoro, seguendo le direttive di legge, dovrà avere un illuminamento pari ad almeno 500 lux, indice relativo ad attività di scrittura, battitura, lettura e trattamento dati. Le aree circostanti possono invece prevedere un livello di illuminazione attenuato pari a 300 lux. In questo modo sarà possibile differenziare la regolazione della task area e dell’ambiente separatamente. Applicando questo requisito si delimita la task area, che può essere concepita secondo due configurazioni:
Finalità Fornire ai singoli ed ai gruppi di utenti la possibilità di effettuare una regolazione dell’impianto di illuminazione compatibile con le loro necessità (es. aule, sale conferenze o singoli posti di lavoro) in modo da favorire la produttività e il comfort degli occupanti dell’edificio
• singola task area, per ogni singola postazione, con specifica estensione dell’esigenza visiva; • zona task area, in cui i posti di lavoro con caratteristiche comuni vengono riuniti. Gli edifici del progetto presentano nello stato di fatto un impianto di illuminazione composto da apparecchi incassati nel controsoffitto metallico, con una sorgente luminosa compatta fluorescente. L’intervento prevede la sostituzione di questa con la nuove sorgenti a led, più efficienti da un punto di vista energetico a parità di potenza, e l’integrazione della regolazione dell’impianto, attualmente esclusivamente calendarizzato, con una tecnologia di gestione avanzata. A tale scopo è stato scelto il sistema iGuzzini Master Pro Evo, che basandosi su protocolli unificati permette un intervento sull’esistente indipendente dalla tipologia di apparecchi, benché il costruttore sia il medesimo. Questa soluzione consente di controllare, mediante sensori e attuatori, la chiusura o apertura delle schermature interne proporzionalmente ai livelli di illuminazione naturale, che sarà in questo modo ottimizzata. Inoltre gestisce gli apparecchi in funzione della presenza o meno di persone all’interno degli uffici. La collocazione ottimale dei sensori è ad un’altezza di 1 metro circa, in modo da garantire maggiore precisione rispetto all’effet-
Requisiti Garantire la possibilità di una regolazione individuale dell’impianto di illuminazione per almeno il 90% degli occupanti
123
tiva necessità di un impiegato seduto alla scrivania. 1
All’interno dell’ambiente saranno individuate delle sottozone, identificate come gruppi di postazioni da sei persone. Per ogni scrivania si ipotizza la dotazione di un apparecchio da tavolo mobile e ad intensità luminosa regolabile solo in modalità on/off, che gli darà la possibilità e l’autonomia di gestire secondo i propri bisogni l’illuminazione della postazione. Il prodotto indicato è il TaskFlex
3 2
1. Gestione dell’illuminazione secondo task area all’interno degli open space, sezione tipo 2. Gestione dell’illuminazione secondo task area all’interno degli open space, pianta tipo 3. Illuminazione addizionale delle postazioni di lavoro, mediante dispositivi individuali
Alternative di individuazione della task area, in base ai compiti svolti
Scala 1:200 0
124
2
10 m
FS400D della Philips, lampada da tavolo composta da braccio regolabile e flusso luminoso a led pari a 450 lm. Uno scenario ipotizzabile, a cui si può dare una concreta risposta tramite queste tecnologie, è la scarsa densità di occupazione di un open space, in cui l’illuminazione ambiente cala e il comfort è garantito individualmente per aree circoscritte.
Protocollo di comunicazione KNX che collega gli apparecchi di illuminazione delle zone
6.2 PUNTI Controllo e gestione degli impianti: comfort termico
Permettere il controllo degli impianti in modo individuale da parte degli utenti può influire sulla produttività e il benessere. Questa evenienza porta con sé delle controindicazioni legate alla possibilità di far lavorare il sistema edificio-impianto nel modo ottimale. È necessario che tutti gli utenti abbiano una conoscenza di base del funzionamento dell’impianto, così da non comprometterne la performance. Dal punto di vista dell’involucro, gli uffici open space sono dotati di serramenti fissi che limitano fortemente qualsiasi tipo di intervento da parte dei fruitori degli spazi. L’impianto presente all’interno dell’edificio consente il controllo di diverse variabili: temperatura, umidità, velocità e qualità dell’aria umida. Tutte queste variabili sono monitorate da sistemi di controllo separati che permettono agli occupanti di prendere visione delle sole condizioni termiche all’interno dell’edificio. Tuttavia essi non possono intervenire e apportare nessun cambiamento ai valori preimpostati in modo permantente, in quanto dopo qualsiasi azione il sistema si reimposta sulla base della calendarizzazione, trascorso un intervallo di un’ora. Il gruppo di progettazione non prevede di estendere questa modalità di controllo agli utenti, poiché una cattiva gestione potrebbe comportare sprechi energetici, a fronte delle ottimizzazioni che il sistema edificio-impianto vuole raggiungere. Inoltre, è difficile ipotizzare una soluzione tecnica di facile implementazione su un sistema che nasce come centralizzato.
trebbe essere supportato da soluzioni che incentivino la consapevolezza degli utenti delle conseguenze delle proprie azioni, dai manuali dell’utente ai display che diano un esempio di correlazione tra costi energetici ed economici associati. Benché esclusi dal controllo individuale del comfort termico, essi avranno larga possibilità di gestione delle loro postazioni di lavoro sul piano dell’illuminazione, dove risulta più semplice ed immediata la possibilità di fornire apparecchi ad uso individuale. Le ragioni esposte giustificano il mancato conseguimento del credito.
Finalità Permettere un elevato livello di controllo sugli impianti, atti a garantire il comfort termico da parte dei singoli utenti o di gruppi di persone che utilizzano gli spazi collettivi, in modo da favorire il comfort, il benessere e la produttività degli occupanti dell’edificio
Requisiti Garantire la possibilità di una regolazione individuale dell’impianto di climatizzazione per almeno il 50% degli occupanti
Nonostante questa posizione possa sembrare restrittiva nei confronti degli occupanti, le loro condizioni di comfort sono garantite dalla presenza di una progettazione pianificata di dettaglio dell’impianto HVAC esistente, coadiuvata dall’introduzione di sensori per il rilevamento di CO2.1 Uno scenario alternativo di maggiore autogestione po-
Si veda il Credito QI 1.0
1
125
PUNTI 1 7.1 Comfort termico: progettazione
Finalità Fornire un ambiente termicamente confortevole che favorisca il benessere e la produttività degli occupanti dell’edificio
Requisiti Progettare gli impianti HVAC e l’involucro dell’edificio in conformità con le norme UNI EN 15251:2008, UNI 10339 e UNI EN ISO 7730:2006
All’interno di questo credito verrà presa in considerazione la sola componente del benessere dell’utenza dell’edificio legata alle condizioni termoigrometriche, senza entrare nel merito del benessere acustico e luminoso. Tale componente è strettamente dipendente da variabili soggettive e variabili oggettive, e, in quanto tali, controllabili mediante il progetto. Le variabili soggettive sono condizionate dall’attività svolta all’interno dell’edificio e dal vestiario indossato. La norma UNI EN ISO 7730:2006 definisce i valori di potenza metabolica per unità di superficie corporea, misurata in W/m2, associata ai diversi livelli di attività metabolica di un individuo, espressi in met. Nel caso di un impiegato che svolge attività in ufficio, si può considerare l’attività metabolica di una persona seduta, che è pari a 1 met ed equivale ad una potenza metabolica di 58,15 W/m2. Le variabili oggettive sono la temperatura dell’aria e la temperatura radiante riferita alla media delle superfici di un ambiente, entrambe espresse in °C, l’umidità relativa dell’aria, data dal rapporto percentuale tra il vapore acqueo contenuto in una massa d’aria e il massimo quantitativo che essa può contenere a parità di condizioni, la velocità dell’aria, misurata in m/s. Questi valori sono disciplinati dalla norma UNI EN 15251:2008. Poiché in questa sede ci si riferisce alla fase di progetto e non a quella di verifica, verrà tralasciata l’identificazione dei valori di due indici prestazionali, che riguardano la percentuale di insoddisfatti (PPD) e il voto medio previsto (PMV).1 Nel seguito saranno descritte le strategie progettuali adottate per mantenere le condizioni di comfort termoigrometrico e minimizzare il numero di insoddisfatti. Tra le componenti del progetto, un ruolo da protagonista è svolto dall’impianto, il cui dimensionamento non può prescindere dal comportamento dell’involucro e dall’utenza, che
126
Si veda il Credito QI 7.2
1
determinano dispersioni e apporti. L’impianto HVAC che è stato progettato per il Campus Tiscali è in grado di controllare, sia in estate che in inverno, più parametri dell’ambiente: - la temperatura dell’aria umida - l’umidità dell’aria umida - la velocità dell’aria umida - la qualità dell’aria umida La tecnologia adottata prevede una separazione tra queste funzioni, in quanto è presente un sistema VRF a pompa di calore a inversione, che grazie alla variazione del flusso del fluido refrigerante R407C può controllare la sola temperatura in maniera efficiente, utilizzando il fenomeno dell’espansione diretta. Il ricambio avviene invece attraverso dei recuperatori di calore totale aria-aria a flussi incrociati. In questo modo vengono mantenute condizioni interne di progetto di 27°C in estate e 21°C in inverno, con un’umidità relativa del 50% in entrambe le stagioni. La situazione che si verifica all’interno dipende da quanto si registra in ambiente esterno: nelle condizioni di progetto, si ha una temperatura di 3°C in inverno di 32°C in estate. L’aria è più secca durante la stagione fredda e umida in quella calda. Ciò significa che l’impianto, globalmente, deve essere in grado di apportare delle trasformazioni affinché le condizioni di immissione siano compatibili con i valori interni precedentemente descritti. - Temperatura e velocità dell’aria Il sistema VRF si basa su un principio di funzionamento nel quale sono coinvolte unità esterne e unità interne che si comportano in maniera similare. La differenza fondamentale è che le seconde hanno una potenza e una distribuzione frazionata all’interno degli ambienti, in modo tale che ciascuna unità esterna possa essere collegata ad un massimo di 16 unità interne. Entrambe, tuttavia, sono dotate di ventilatore e batteria di scambio termico. Il circuito che viene tracciato è caratterizzato dal passaggio di fluido refrigerante che rimane confinato all’interno degli
apparecchi e cede o acquista calore all’aria mediante gli scambiatori. Poiché la tipologia è a due tubi, rispetto algruppo di unità dello stesso circuito il riscaldamento e il raffrescamento possono avvenire alternativamente e non simultaneamente, come accade nei sistemi più evoluti e noti come VRV. Tuttavia la presenza di più gruppi consente una gestione efficiente che verrà illustrata nel paragrafo sulla regolazione. In estate la batteria dell’unità esterna funziona da condensatore e le batterie delle unità interne da evaporatore, sottraendo calore all’aria in ambiente. In inverno accade il contrario, grazie alla presenza di un inverter. La velocità dell’aria dipende invece dai ventilatori montati nelle unità interne, e dal corretto dimensionamento dei diffusori in relazione alla portata. A parità di portata, se la sezione di passaggio dell’aria è stretta, la velocità tenderà ad essere elevata, e viceversa, senza superare il limite di 0,15 m/s in ambiente per il progetto in esame. - Umidità e qualità dell’aria Gli ambienti, a causa della loro occupazione e della conseguente immissione di sostanze contaminanti, hanno necessità di una portata di aria di rinnovo fissata dalla normativa. Ai fini del conseguimento del credito 2 di questa categoria, si sono tenuti in considerazione i valori incrementati rispetto ai minimi richiesti. Portata d’aria di rinnovo minima richiesta, in base alla norma UNI 10339: 45.377,80 m3/h
Portata d’aria prevista e incrementata, in base alla UNI EN 1525, CLASSE II, categoria low polluting buildings: 54.646,70 m3/h Portata d’aria gestibile ai fini del rinnovo, entro i limiti di velocità fissati in relazione ai diffusori: 55.000 m3/h La portata massima per il rinnovo è dettata dal dimensionamento dei recuperatori di calore, i quali sono gli unici ad occuparsi del ricambio d’aria. Ciascun recuperatore tratta una portata di 5000 m3/h, per un totale di 11 unità. Poiché si tratta di recuperatori di calore totale aria-aria, il passaggio della quota latente responsabile del contenuto di vapore può avvenire insieme a quello della quota sensibile, responsabile della temperatura. Ciò significa che tali apparecchi gestiscono le trasformazioni dell’aria in termini di umidità e limitatamente di calore, in supporto del sistema d’impianto ad espansione.
1
2
1. Diagramma psicrometrico con indicazione delle trasformazioni subite dall’aria umida prima dell’immissione in ambiente in inverno 2. Diagramma psicrometrico con indicazione delle trasformazioni subite dall’aria umida prima dell’immissione in ambiente in estate
- Regolazione Gli aspetti da tenere in considerazione per valutare l’efficienza del sistema di regolazione sono diversi. La natura stessa del sistema VRF, prevede che attraverso il compressore di cui è dotata l’unità esterna possa essere variata la capacità termica del fluido refrigerante. Ciò avviene con una precisione dal 16% al 100%, in maniera da adattarsi alle situazioni di carico parziale, che sono Inverno
1
E
TE: 7°C - U.R.E: 60% TI: 21°C - U.R.I: 50% (progetto) Preriscaldamento E-1, umidificazione 1-2, postriscaldamento 2-I
2
2
I
I Estate TE: 35°C - U.R.E: 50% TI: 27°C - U.R.I: 50% (progetto)
E
1
Raffreddamento E-1, deumidificazione 1-2, postriscaldamento 2-I
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molto più frequenti delle condizioni di massimo carico per le quali l’impianto è stato dimensionato. Le valvole di cui sono dotate le unità interne variano la portata volumetrica di refrigerante lavorando in un intervallo compreso tra il 25% e il 100%. La chiusura o apertura delle stesse determina la risposta adattiva del compressore. Sebbene non si tratti di un sistema in grado di garantire simultaneamente riscaldamento e raffrescamento, come accade per un impianto di tipo VRV, più costoso e non necessario, il layout studiato dal gruppo di progettazione consente una gestione sufficientemente zonizzata della regolazione. Le macrozone entro cui è suddiviso ciascun edificio fanno riferimento a diversi circuiti, i quali possono funzionare, se richiesto, differentemente, in regime estivo o invernale, oppure essere spenti. A questo particolare accorgimento, deve affiancarsi una buona pratica di gestione degli spazi, affinché la soluzione progettuale mostri le sue massime potenzialità. Dieci anni dopo la fondazione del Campus, il numero di impiegati è diminuito rispetto alle previsioni. Se si stima un’occupazione parziale e concentrata degli spazi, utilizzando il massimo della loro capienza, è possibile che i terminali riferiti alle macrozone vuote vengano spenti, con conseguente contenimento dei costi energetici. Il sistema di regolazione centralizzato Mitsubishi G-50 permette di gestire in modo rapido e intuitivo tutti gli im-
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pianti di climatizzazione, fino ad un massimo di 50, sia in modo collettivo che individuale. Le sue principali funzioni sono la rappresentazione dei dati, la calendarizzazione su base settimanale e giornaliera, il registro e la notifica su casella di posta elettronica delle anomalie. Nel frattempo, è stata resa disponibile una nuova versione ancora più evoluta di questo sistema, denominata G-50A, che può essere implementata istantaneamente attraverso la rete LAN Ethernet aziendale, sulla quale sono collegati tutti i dispositivi. Per ciascuna componente viene visualizzato lo stato di funzionamento e i parametri che possono essere regolati. Il dispositivo a parete PAR F 27 MEA permette il controllo di ogni singola unità interna, fino ad un massimo di 16, attraverso un display, sul quale si possono impostare temperatura e velocità e visualizzare eventuali anomalie. Le modalità di regolazione descritte sono valide per il solo sistema VRF, e quindi solo la temperatura e la velocità dell’aria possono essere controllate in maniera puntuale, terminale per terminale, seppure con dei limiti rispetto ai più avanzati sistemi VRV. La ventilazione naturale è esclusa, in quanto i serramenti non sono apribili, e questo determina un minor protagonismo da parte dell’utente. A rafforzare questa condizione vi è anche la possibilità dell’impianto di ritornare a valori congrui rispetto ai set-point prefissati dalla calendarizzazione, dopo un’ora dall’impartizione di qualsiasi comando mediante display.
Il sistema si autocompensa sulla base di parametri rigorosi rispetto a quelli valutabili individualmente da parte degli utenti, tra i quali esiste sempre una percentuale minima di insoddisfatti. In questo modo si esclude l’influenza della componente soggettiva e variabile, a favore di condizioni normalizzate. Tuttavia, in assenza di interfaccia che rendano l’utente partecipe delle conseguenze di ogni singolo comportamento in termini di regolazione del comfort, si riduce la sua consapevolezza. Da un punto di vista formativo sarebbe opportuno predisporre strumenti di comunicazione tra il sistema edificio-impianto e il “sistema” degli utenti. - Distribuzione La corretta collocazione delle bocchette di diffusione ha lo scopo di generare condizioni uniformi di comfort ed evitare il formarsi di moti d’aria di disturbo. I terminali ad espansione convettivi immettono aria dall’alto attraverso i diffusori lineari, in corrispondenza della parte centrale della manica dell’edificio, destinata al corridoio intermedio. Questa componente di aria immessa si trova nelle condizioni di temperatura e velocità necessarie perché si verifichino le condizioni di progetto. L’aria esterna di rinnovo viene immessa da pavimento in corrispondenza del perimetro esterno della manica, davanti alle superfici vetrate, smorzando le dispersioni tra interno ed esterno. Questa componente si trova nelle condizioni di umidità e qualità compatibili con il benessere degli occupanti.
L’aria in ambiente viene addotta per induzione ai recuperatori di calore, collocati in alto in corrispondenza del perimetro. In questo modo si creano dei moti convettivi che consentono la miscelazione e conseguentemente l’uniformità dei parametri. Gli accorgimenti adottati in fase di progettazione, relativi ai valori di set-point, alla regolazione del sistema, alla distribuzione dell’aria, vengono rafforzati dalle direttive riferite all’ottimizzazione della gestione degli spazi, consentendo l’acquisizione del credito.
3 4
3. Schema di immissione ed estrazione all’interno di un open space 4. Schema distributivo delle unità interne per un piano tipo
Scala 1:200 0
2
10 m
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PUNTI
Finalità Fornire una valutazione nel tempo del comfort termico dell’edificio
Requisiti Conseguire il Credito QI 7.1 e nel periodo compreso tra i 6 e i 18 mesi di occupazione, realizzare un sondaggio che verifichi che la percentuale di insoddisfatti sia < 20%
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7.2 Comfort termico: verifica
Se progettato, costruito e utilizzato correttamente, un edificio riesce a garantire agli occupanti delle condizioni interne confortevoli. Il comfort sul posto di lavoro rappresenta, infatti, un requisito fondamentale per gli utenti, e potrebbe essere al centro di critiche da parte degli stessi. Il benessere presenta una componente oggettiva e una soggettiva, in virtù della quale non basta attenersi fedelmente agli standard che la legge indica, ma è utile verificare il successo delle pratiche applicate all’interno dell’edificio mediante un coinvolgimento diretto degli utilizzatori finali. Per assicurare la riuscita del progetto e il soddisfacimento delle richieste da parte dell’utenza, il protocollo suggerisce di condurre un sondaggio nei giorni successivi all’occupazione della struttura, in un periodo compreso fra i 6 e i 18 mesi. Questa pratica potrà dimostrare il successo degli interventi attuati per il miglioramento delle prestazioni, oppure mettere in luce delle problematiche rilevate dai fruitori. In particolare se una percentuale maggiore al 20% dei soggetti intervistati risulta insoddisfatta, il gruppo di progettazione dovrebbe intervenire nuovamente per colmare le lacune prestazionali dell’edificio, e ottimizzarne le funzioni in base alle emerse necessità, in accordo con le norme UNI EN 7726:2002, UNI EN 7730:2006 e UNI EN 15251:2008, che si occupano del benessere termico tramite la determinazione di indici e criteri e dell’ergonomia degli ambienti termici, misurandone le grandezze fisiche che li caratterizzano. Il sondaggio deve avere come oggetto principale il grado di soddisfazione degli occupanti riguardo al comfort termico e deve seguire una struttura con domande dirette sulle sensazioni strettamente legate alle variabili in gioco. Ciascun utente può rispondere esprimendo un punteggio che va da -3 a +3. Qualora si verificassero delle situazioni di insoddisfazione è opportuno che coloro che ne risentono forniscano indicazioni relative alla localizzazione del
problema, per facilitarne la soluzione. La percentuale di insoddisfatti si calcola sulla base dei punteggi negativi, qualsiasi sia il loro valore assoluto. Le soluzioni immediatamente attuabili coinvolgeranno in primo luogo la regolazione degli impianti e le regole di gestione degli spazi. In quest’ambito il gruppo di progettazione non può condurre un’indagine all’interno della struttura e non può verificare il beneficio che potrebbe essere avvertito per le modifiche ipotizzate all’interno del proprio intervento. Pertanto il credito non è acquisito.
8.1 PUNTI 1 Luce naturale e visione: luce naturale per il 75% degli spazi
Ai fini della valutazione del credito è stato considerato il parametro del fattore di luce diurna medio.1 Tale valore deve essere superiore al 2% per almeno il 75% degli spazi regolarmente occupati. La formula necessaria per calcolarlo è la seguente:2
FLDM = {(Af x τv x ε)/[ATOT x (1 - ρM)]} x ψ La valutazione è stata compiuta per i quattro edifici separatamente, considerando le tre componenti che compaiono all’interno dell’equazione: le proprietà delle superfici trasparenti, le proprietà delle superfici riflettenti interne agli ambienti e la geometria degli edifici. La superficie trasparente è stata inserita come superficie effettiva, al netto del telaio, con un fattore di trasmissione luminosa pari a 0,82, trattandosi di vetrocamera semplice. La superficie opaca è stata considerata in funzione della finitura del pavimento, delle pareti e del soffitto, che hanno coefficienti di riflessione differenti: il pavimento flottante è grigio vaio (ρ = 0,600), il controsoffitto è alluminio brillante (ρ = 0,647), mentre le pareti sono bianche, intonacate o rifinite con il cartongesso (ρ = 0,800). Per ottenere il coefficiente di riflessione medio è stata calcolata la media pesata sull’estensione delle relative superfici. I rapporti geometrici entrano in gioco per particolari soluzioni formali, quali ad esempio la presenza di aggetti, e per la profondità di installazione dei serramenti rispetto al filo esterno della parete. Le possibili ostruzioni sono date dalla posizione reciproca degli edifici, in quanto non sono presenti altri elementi in prossimità del lotto o al suo interno che possano essere di ostacolo all’ingresso della radiazione luminosa. Il fattore finestra viene calcolato come rapporto tra la differenza dell’altezza dell’ostruzione e del baricentro della finestra dal suolo e la distanza tra finestra e ostruzione. Il calcolo è similare nel caso degli aggetti. In alternativa si può utilizzare la metà del seno dell’angolo che sottende la parte visibile del cielo, al netto di tutte le ostruzioni. Nel caso del progetto sono stati considerati gli aggetti sul-
Valore adimensionale, costante nel tempo, caratterizza le condizioni di illuminamento interno rispetto all’esterno, come rapporto tra l’illuminamento di un punto interno e l’illuminamento su un piano esterno orizzontale dovuto all’intera volta celeste
1
Af: Area superficie vetrata [m2] τv: Trasmissione luminosa del vetro [-] ε: Fattore finestra [-] ATOT: Area totale delle superfici riflettenti interne ρM: Coefficiente medio di riflessione delle superfici interne [-] ψ: Coefficiente di riduzione del fattore finestra 2
le facciate esposte a nord-ovest e sud-est e gli aggetti e le ostruzioni, date dagli altri edifici, sulle facciate nord-est e sud-ovest. Il coefficiente di riduzione del fattore finestra si ottiene graficamente mediante l’intersezione tra il rapporto altezza della finestra e profondità e la curva del rapporto lunghezza della finestra e profondità. I risultati ottenuti mostrano come, in tutti gli edifici ad esclusione del 4, la totalità degli spazi occupati in modo continuativo ha un FLDM superiore al 2%. Le sale riunione al piano terra dell’edificio 4 non godono di illuminazione diretta dall’esterno e, nonostante non si possa dire che il loro utilizzo sia intensivo, si preferisce includerle cautelativamente nel calcolo, non trattandosi di ambienti di servizio. In questo caso si ottiene comunque un risultato positivo, con il 97% di superfici che soddisfa il requisito. Inoltre, poiché la soglia del 95% è stata superata, si acquisisce un punto addizionale per prestazione esemplare. Dal punto di vista progettuale si può notare come gli uffici posti in testata, che godono di una sola esposizione, abbiano condizioni di illuminazione migliori al piano terra, per l’angolo di maggiore ampiezza sotteso dall’aggetto. Viceversa un open space collocato nello sviluppo centrale della stecca ha manica doppia e duplice esposizione, ostruita dalla presenza degli altri edifici. Le sue condizioni migliorano quindi salendo di livello. I valori notevoli di FLDM che si raggiungono all’interno degli ambienti con maggiore illuminazione naturale, in particolare quelli compresi tra 10% e 12%, possono essere contenuti grazie alla presenza di tende a rullo installate sul lato interno delle finestre, appositamente previste per contenere fenomeni di abbagliamento. La tabella delle pagine seguenti mostra i dati di progetto dell’edificio 4 e la verifica del soddisfacimento dei requisiti.3
Si veda la sezione Allegati per le tabelle degli edifici 2B, 3 e 5
3
Finalità Nelle aree occupate in modo continuativo garantire il contatto diretto degli occupanti dell’edificio con l’ambiente esterno attraverso l’illuminazione naturale e una adeguata percezione visiva dell’esterno
Requisiti FLDM > 2% in almeno il 75% delle superfici occupate in modo continuativo
Opzioni 1. Simulazione 2. Prescrittiva 3. Calcolo del fattore di luce diurna 4. Misurazione 5. Combinazione delle precedenti
131
1
α: angolo tra orizzontale passante per il baricentro della finestra e l’aggetto
2
h: distanza verticale tra il baricentro della finestra e l’aggetto
3 4
L: distanza orizzontale tra il baricentro della finestra e l’aggetto
CALCOLO FATTORE FINESTRA n.
α
h
L
h/L
ε
[°]
[m]
[m]
[-]
[-]
1
37
3,27
2
60
7,27
3
69
11,27
4,28
0,76
0,30
1,70
0,43
2,63
0,47
In presenza di aggetto orizzontale 1. Grafico per il calcolo del fattore di riduzione
H: altezza dell’edificio che comporta l’ostruzione
2. Grafico per il calcolo del coefficiente di riduzione
h: altezza del baricentro della finestra dal piano del terreno
n.
3. Sezione longitudinale all’edificio 2B, con indicazione degli aggetti orizzontali
L: distanza orizzontale tra finestra e ostruzione
4
9,45
5
5,52
6 7
4. Sezione trasversale agli edifici, con indicazione delle ostruzioni
CALCOLO FATTORE FINESTRA
8
I grafici per il calcolo del fattore finestra e del coefficiente di riduzione del fattore finestra, sono consultabili nell’Allegato Energetico del Regolamento edilizio del Comune di Torino, rispettivamente a pag. 25 e 27.
Scala 1:500 0
5
25 m
h
L
H-h/L
ε
[m]
[m]
[m]
[-]
[-]
0,27
0,35
0,58
0,25
1,45
0,90
0,18
9,45
0,17
0,40
0,36
0,35
13,10
5,52
12,93
20,40
9
1,45
0,57
0,25
10
9,45
0,14
0,45
11
5,52
0,31
0,35
12
1,45
0,48
0,28
24,15
In presenza di ostruzione frontale dovuta ad un altro edificio
1 2 3
132
H
4
7
10
5
8
11
6
9
12
EDIFICIO 4 P.
Locale ID
Destin.
Vetro
ε
ψ
Pavimento
τl [-] Ag [m2]
[-]
[-]
A [m2]
A [m2]
ρp [-]
ρm[-]
FLDM
37,80
66,29
141,89 0,71 4,48
401 ufficio
5,11 0,47 0,95
18,00
18,00
44,25
80,25 0,72 8,35
5,11 0,47 0,95
37,80
37,80 0,647
66,29
0,82
42,22
413 riunioni PT 414 riunioni
0,28
1
0,25
1
415 riunioni
0 0
470,00
470,00
0,8
181,69
141,89 0,71 4,48 1121,69 0,65 4,70
19,00
0 -
0,6
-
20,60 19,00
0
-
PT: Piano terra
-
P1: Piano primo
-
P2: Piano secondo
417 ufficio
5,62 0,25
1
19,00
19,00
47,86
85,86 0,72 4,82
418 ufficio
5,62 0,25
1
20,40
20,40
49,42
90,22 0,72 4,56
419 ufficio
5,62 0,25
1
39,00
39,00
68,74
146,74 0,71 2,67
423 ufficio
5,11 0,47 0,95
37,80
37,80
66,29
141,89 0,71 4,48
424 ufficio
5,11 0,47 0,95
18,00
18,00
44,25
80,25 0,72 8,35
425 ufficio
5,11 0,47 0,95
37,80
37,80
66,29
141,89 0,71 4,48
426 ufficio
5,11 0,43 0,95
37,80
37,80
66,29
141,89 0,71
4,10
427 ufficio
5,11 0,43 0,95
18,00
18,00
44,25
80,25 0,72
7,74
428 ufficio
5,11 0,43 0,95
37,80
37,80
66,29
141,89 0,71
4,10
629,30
147,58
432 open sp. 434 open sp. 438 ufficio
0,82
158,28 0,35
1
629,30
24,99 0,35
1
164,35
0,6
164,35
5,11 0,43 0,95
37,80
37,80
439 ufficio
5,11 0,43 0,95
18,00
18,00
440 ufficio
5,11 0,43 0,95
37,80
441 ufficio
5,11 0,30 0,95
442 ufficio 443 ufficio
0,647
136,34 66,29
1406,18 0,64 3,23 0,8
465,04 0,67 4,75 141,89 0,71
4,10
44,25
80,25 0,72
7,64
37,80
66,29
141,89 0,71
4,10
37,80
37,80
66,29
141,89 0,71 2,86
5,11 0,30 0,95
18,00
18,00
44,25
80,25 0,72 5,33
5,11 0,30 0,95
37,80
37,80
66,29
141,89 0,71 2,86
447 open sp.
166,61 0,40
1
618,95
618,95
132,30
1370,20 0,64 3,99
450 open sp.
24,99 0,40
1
206,30
206,30
136,22
548,82 0,67 4,49
454 ufficio
5,11 0,30 0,95
37,80
37,80
66,29
141,89 0,71 2,86
455 ufficio
5,11 0,30 0,95
18,00
18,00
44,25
80,25 0,72 5,33
456 ufficio
5,11 0,30 0,95
37,80
37,80
66,29
141,89 0,71 2,86
Superficie totale degli ambienti
2808,10
Superficie ambienti con FLDM > 2%
2728,90
5. Dati di progetto e verifica per l’edificio 4
-
20,60
-
5
[%]
37,80
412 riunioni
m2
ρc [-]
AT [m2]
5,11 0,47 0,95
406 open sp.
P2
ρf [-] A [m2]
Pareti
400 ufficio 402 ufficio
P1
Soffitto
%
100 97
133
PUNTI 1 8.2 Luce naturale e visione: visuale esterna per il 90% degli spazi
Finalità Nelle aree occupate in modo continuativo garantire il contatto diretto degli occupanti dell’edificio con l’ambiente esterno attraverso l’illuminazione naturale e una adeguata percezione visiva dell’esterno
Requisiti Visione diretta verso l’esterno in almeno il 90% delle superfici occupate in modo continuativo
Il giusto approccio da utilizzare nella progettazione degli edifici con destinazione ad ufficio è quello di prediligere le zone perimetrali per la collocazione degli spazi ad occupazione continua. Nel caso specifico gli edifici presentano uno sviluppo longitudinale che favorisce la distribuzione delle postazioni di lavoro lungo il lato di estensione maggiore. Le aree ad indice di occupazione elevato sono caratterizzate dagli uffici open space, che rappresentano il corpo centrale della struttura e godono di una doppia esposizione, dettata dalla scelta progettuale di realizzare gran parte della superfici verticali con involucro trasparente, garantendo in questo modo il contatto visivo fra interno ed esterno. Le aperture sono rappresentate da finestre modulari, con una superficie pari a 5,38 m2, opportunamente schermate dall’interno da tende di tipo screen di colore chiaro, gestiste meccanicamente. Gli uffici individuali sono prevalentemente posti sulle testate nord-ovest e sud-est, godono di una visuale adeguata, assicurata dalla presenza di aperture a tutta altezza, aventi un’area pari a 7,84 m2. Le verifiche sono state condotte su tutti gli edifici del progetto in esame, individuando in pianta le porzioni corrispondenti ai punti in cui non è garantita la vista diretta verso l’esterno. I risultati possono ritenersi positivi, in quanto per ogni edificio è assicurata una vista verso il paesaggio tale che la somma delle superfici di pavimento è pari al 96% della totale, ad eccezione dell’edificio 2B, che raggiunge comunque il 94%: tutti oltrepassano il limite previsto dalla certificazione, fissato al 90%.
134
In sezione la linea di visuale, tracciata ad un’altezza di 1,2 m dal piano di calpestio, mostra come per ogni postazione di lavoro sia possibile avere un contatto visivo diretto con l’ambiente circostante, nella maggior parte dei casi senza ostacoli costituiti da partizioni interne.
In previsione dell’installazione di un sistema di schermatura esterno, questo adotterà soluzioni tecnologiche non in conflitto con le caratteristiche appena descritte, grazie all’opportuna individuazione dei materiali.1 Il tessuto scelto presenta un fattore di apertura del 23%, che consente una buona trasparenza visiva anche con schermatura momentaneamente abbassata. Ai fini della valutazione dell’ammissibilità del progetto alla prestazione esemplare, si considera l’ampiezza della visuale degli utenti e la qualità dello scenario esterno. Nel primo caso tracciando le linee di vista e misurando gli angoli tra esse compresi si nota come questi siano sempre maggiori di 90°. Dalla superficie vetrata gli occupanti godono di una vista privilegiata verso un contesto naturale, caratterizzato dall’ecosistema della laguna di Santa Gilla, frequentato non solo dai dipendenti ma anche da visitatori saltuari. Inoltre, la separazione degli uffici in blocchi paralleli e diversamente allineati crea relazioni di intervisibilità tra gli ambienti. Il credito si considera acquisito con un punto addizionale. La tabella della pagina seguente mostra i dati di progetto dell’edificio 2B e la verifica del soddisfacimento dei requisiti.2
Si veda il Credito EA 1.0
1
Si veda la sezione Allegati per le tabelle degli edifici 3, 4 e 5
2
EDIFICIO 2B P.
PT
Locale ID
Destinazione
Vista orizzontale
[m2]
[m2]
[m2]
[sì/no]
37,80
201
ufficio
18,00
202
ufficio
37,80
209
open space
213
ufficio
37,80
214
ufficio
18,00
215
ufficio
37,80
254,00
441,20
216
ufficio
37,80
217
ufficio
18,00
218
ufficio
37,80
222
open space
226
ufficio
37,80
227
ufficio
18,00
228
ufficio
37,80
229
ufficio
37,80
230
ufficio
18,00
231
ufficio
37,80
235
open space
239
ufficio
37,80
240
ufficio
18,00
241
ufficio
37,80
m
Totale edificio
%
Percentuale
sì
1
1. Dati di progetto e verifica per l’edificio 2B PT: Piano terra
31,83
P1: Piano primo
409,37
P2: Piano secondo
420,00
607,20
Totale 2
Non ostruita
ufficio
Totale
P2
Ostruita
200
Totale
P1
Area
sì
40,44
566,76
403,50
sì
590,70
27,23
563,57
1639,10
99,50
1539,60
100
6
94
-
135
2
3 4 5 6 7
2. Open space, pianta piano tipo e sezione 3 - 7. Viste verso gli spazi esterni
Scala 1:200 0
136
2
10 m
8
1 8. Piano tipo dellâ&#x20AC;&#x2122;intero complesso, sezione longitudinale e trasversale agli edifici
2
3 5
4
Scala 1:1000 0
10
50 m
137
V 5.1 Conclusioni Discussione degli scenari
5.1.1 Confronto tra approcci settoriali Nei quattro casi settoriali ipotizzati si riesce a raggiungere almeno una certificazione di livello Certified, anche grazie alla forte incidenza dello stato di fatto e del contesto, indipendentemente dalle competenze messe in gioco. In merito a questo aspetto si possono fare almeno due considerazioni. • Non è possibile estendere le riflessioni qui esposte ad un insieme generale di casi, in quanto in altri interventi di riqualificazione si potrebbe partire da una situazione differente, con una serie di variabili che influenzano l’esito. • Lo stato di fatto e il contesto non rientrano in un quadro puramente fortunato, ma sono frutto di scelte che sono state fatte dal gruppo di progettazione precedente, indipendentemente dall’applicazione di un protocollo, e che risultano comunque vantaggiose nella sostenibilità dell’edificio.
138
I casi ipotizzati, ed estremizzati, rappresentano la condizione in cui si abbia un progetto potenzialmente forte e competenze professionali limitate nei diversi campi. La possibilità offerta dal LEED® di fare una prevalutazione del progetto è pertanto necessaria: se non si ha una base solida data dall’esistente, è difficile raggiungere un livello elevato attraverso la disponibilità di competenze professionali focalizzate su un solo settore; viceversa, se si parte da un progetto debole ma con un gruppo di progettazione eterogeneo, quest’ultimo potrebbe studiare delle soluzioni capaci di massimizzare il punteggio, che dovranno tuttavia confrontarsi con i limiti dati dalle scelte relative alla collocazione e alle caratteristiche iniziali. Infatti, trattandosi di un intervento di riqualificazione, la possibilità di raggiungere il livello massimo del protocollo è fortemente compromessa, in quanto il progetto non può sottrarsi alle scelte fatte in fase di prima progetta-
zione, soprattutto se di natura non tecnologica, come ad esempio la disponibilità di servizi e infrastrutture, gli orientamenti ottimali e la reciproca posizione degli edifici che influiscono passivamente sull’efficienza energetica, e altri ancora. A titolo di esempio, non esiste attualmente, nell’ambito del medesimo LEED Italia 2009 NC, un ampio ventaglio di esempi di riqualificazione che abbiano raggiunto il livello Platinum, e l’unico attualmente certificato secondo queste modalità, la Scuola Materna “P. Crosara” a San Bonifacio (VR), ha comportato la demolizione e la realizzazione ex novo del complesso, con un consumo di suolo limitato alla nuova manica, ma con un consistente cambiamento delle scelte iniziali.1 Dal punto di vista delle scelte tecnologiche, gli interventi sull’involucro (CASO 2), sulla riqualificazione degli impianti (CASO 3) e sulla loro gestione (CASO 4) hanno un impatto progressivamente maggiore in termini di punteggio, ma non solo. Nel caso di studio scelto i punti relativi all’involucro sono dovuti ad aspetti peculiari della sostenibilità dello stesso, ma non alla complessiva efficienza dell’edificio. Viceversa, il retrofit ha un impatto percepibile a scala più ampia. In termini di ciclo di vita tuttavia, sia le scelte relative alla posa a secco e alle ipotesi di dismissione della stratigrafia che quelle basate sulla corretta gestione degli impianti sono vantaggiose. La facilità con la quale si ottengono dei risultati intervenendo a posteriori sul sistema impiantistico è paradossale se confrontata con l’efficacia che avrebbe una giusta progettazione dell’involucro nel contenimento del consumo di energia richiesta e incorporata, che non verrebbe semplicemente ottimizzata o compensata, ma ridotta alla base. Queste riflessioni suggeriscono l’importanza di pensare sin da subito a scelte strategiche nell’ambito di una progettazione integrata, che riguardi i diversi aspetti del pro-
Una descrizione dettagliata può essere consultata al seguente link: http://www.gbcitalia.org/progetti/55
1
getto in maniera organica e coinvolga professionisti con competenze diverse. Osservando nel dettaglio il CASO 1, si nota come il promotore raggiunga con facilità il livello più basso della certificazione, ereditando i vantaggi esistenti e implementando modifiche che non richiedono una competenza altamente specializzata, ma soprattutto di cui non si accertano i benefici: delimitazione di parcheggi, pulizia delle superfici pavimentate di colore chiaro, elaborazione di un questionario. Queste azioni, in particolare la prima e l’ultima, non sono dettate da un’analisi della mobilità o da un precedente miglioramento delle condizioni di comfort. Se, come ipotizzato, si volesse raggiungere il livello Silver, le soluzioni adottate avrebbero un effetto immediato ma nessuna garanzia sul lungo periodo: l’attuazione di collaudi, i piani di gestione che si limitano alla fase costruttiva e al momento immediatamente precedente l’occupazione degli edifici, la stipula di un contratto per l’energia. L’intervento più consistente prevede la realizzazione di spogliatoi in abbinamento all’installazione di portabiciclette, che tuttavia si risolverebbe in una produzione di servizi, e pertanto di risorse, inutilizzate, data la mancanza di una rete ciclabile strutturata, comportando un probabile spreco. Guardando nell’insieme ai crediti acquisiti su iniziativa della committenza, non vi è una strategia globale e non viene prestata attenzione né all’energia incorporata all’interno dei materiali, né alla riduzione di quella richiesta per la fase di esercizio. Inoltre considerare il benessere degli occupanti - per il cui comfort non è stato previsto un vero e proprio intervento - come legato alla sola percezione non sarebbe del tutto esatto, tenendo conto della sola variabile soggettiva. Tuttavia l’edificio si fregia di un’etichetta che lascia intravedere la sensibilità verso aspetti ambientali. Nel CASO 3, sebbene venga effettivamente ottimizzato l’impianto, aspetto che consente oltre ad un incremento nell’efficienza energetica anche un maggior controllo di alcuni dei parametri influenti sulla qualità dell’ambiente interno, si raggiunge un punteggio pari a quello del CASO 1. Nel CASO 4 si supera la sola logica prestazionale, a favore del più virtuoso mantenimento delle prestazioni nel tempo. Intervenire sulla gestione (11 punti) e agire sulla sola ottimizzazione degli impianti (15 punti, e 12 se si esclude il contratto per l’energia verde) hanno lo stesso peso per i punti acquisiti, ma far seguire la prima pratica alla seconda, rappresenta un concreto avanzamento nella certificazione, come spiegato dal livello Gold. Come esposto in precedenza e in merito allo specifico progetto, l’intervento
sull’involucro, che non è stato realizzato in queste due ipotesi, non ha una conseguenza significativa e apprezzabile sull’esito della valutazione. 5.1.2 Criticità dell’approccio multisettoriale Le criticità dell’approccio portato avanti dettagliatamente nell’ultimo caso derivano dalla fase del ciclo di vita dell’edificio entro cui si inserisce l’intervento, un momento avanzato dove alcune scelte fondamentali sono state prese in precedenza, dando a chi succede ai progettisti la possibilità di negarle del tutto o muoversi entro i limiti da esse tracciati. Alcuni esempi di questa condizione sono facilmente individuabili nella descrizione delle strategie intraprese: • preferire l’isolamento interno delle pareti, che pur non risolve in maniera ottimale il problema dei ponti termici, per non sacrificare il materiale di rivestimento dell’edificio, parte integrante della sua identità; • limitare la percezione e la capacità di gestione del comfort da parte degli occupanti, per la priorità data agli impianti sulla possibilità di aprire i serramenti e avere una ventilazione naturale. Nell’inserimento di nuove tecnologie all’interno del progetto il livello delle soluzioni adottate è subordinato alle modalità di integrazione con l’esistente, in modo da perseguire la funzionalità globale e non solo elevate prestazioni legate al singolo elemento. L’integrazione è legata non solo all’identità del progetto, ma alla compatibilità con le tecnologie già operanti al suo interno e alla necessità di garantire l’interoperabilità tra soluzioni che, pur adottate in momenti diversi, devono poter dialogare per ottimizzare il comportamento dell’edificio. Le procedure, e non solo i prodotti, assumono rilevanza nel pensare all’intero ciclo di vita del progetto, che soggetto a una costante evoluzione tecnologica, nasce con la consapevolezza di una rapida obsolescenza, cui si può far fronte concependo soluzioni flessibili, che lasciano spazio ad interventi successivi e relativi incrementi prestazionali. La perfettibilità della tecnologia paga, sul lungo termine, più della perfezione. La fase entro cui si interviene non solo restringe il campo delle alternative attuabili, ma compromette l’acquisizione di alcuni crediti del protocollo: 139
2 3
I AT
t
PL
14 p
6 pt
15
OL G
SILVE R
I AT
t
PL
14 p
2. Riqualificazione involucro
D
pt SE
UM
BA
32% sostenibilità del sito 26% gestione delle acque 18% energia e atmosfera 08% materiali e risorse 16% qualità ambientale interna
N
28% contesto 30% stato di fatto 12% “non” intervento 30% intervento “minimo”
pt
3. Scenari settoriali - incidenza delle categorie
15
2. Protocollo LEED - incidenza delle categorie
1. Intervento “minimo”
UM
1. Scenari settoriali - incidenza dell’approccio
26% sostenibilità del sito 10% gestione delle acque 35% energia e atmosfera 14% materiali e risorse 15% qualità ambientale interna
N
1
15
pt 6 pt 9p
OL G
SILVE R
UM
I AT
t
PL
14 p
3. Riqualificazione impianti
D
t BA SE
27% sostenibilità del sito 30% gestione delle acque 09% energia e atmosfera 18% materiali e risorse 16% qualità ambientale interna
N
32% contesto 34% stato di fatto 14% “non” intervento 20% involucro
15
pt 6 pt
15
OL G
SILVE R
I AT
t
PL
14 p
4. Gestione avanzata impianti
D
pt SE
UM
BA
22% sostenibilità del sito 26% gestione delle acque 32% energia e atmosfera 08% materiali e risorse 12% qualità ambientale interna
N
28% contesto 30% stato di fatto 12% “non” intervento 30% impianti
15
6 pt D
1 1 pt SILV E R
OL
5 p BA t SE 1
140
pt
23% contesto 25% stato di fatto 09% “non” intervento 25% impianti 18% gestione avanzata
G
18% sostenibilità del sito 21% gestione delle acque 34% energia e atmosfera 07% materiali e risorse 20% qualità ambientale interna
4
SS 6.1 - Acque meteoriche: controllo della quantità SS 6.2 - Acque meteoriche: controllo della qualità EA 3.0 - Commissioning avanzato dei sistemi energetici 3. Scenario multisettoriale incidenza dell’approccio 4. Scenario multisettoriale incidenza delle categorie
t
P
TI A L
N
14 p
pt 6 pt
5. Intervento globale
BA
SE
15
pt
10 p
SILV E R
t
OL
t
D
7p
Trasporti alternativi: portabiciclette e spogliatoi MR 3.0 Riutilizzo dei materiali QI 4.3 Materiali basso emissivi: pavimentazioni QI 4.4 Materiali basso emissivi: prodotti in legno
3
15
Effettuando un salto di scala dall’edificio al contesto entro cui si inserisce, si sottolinea la necessità di acquisire una conoscenza strategica rispetto al territorio, con il quale si innescano interazioni reciproche, di impatto e profitto. In un panorama di crescente consumo delle risorse è importante contemplare la disponibilità, e in alcuni casi l’assenza, di infrastrutture e servizi esistenti nel sito di riferimento, limitando le spese per la realizzazione di soluzioni che non verrebbero utilizzate e traendo un prezioso contributo dalla realtà circostante. Il progetto è inserito all’interno di un network di relazioni che consente di creare maggiori opportunità non inserendo nuove risorse, ma combinando in maniera vantaggiosa quelle presenti. Alcuni esempi che possono essere fatti riguardano concrete azioni intraprese dall’azienda in tempi recenti, come l’aver risposto alla diminuzione degli impiegati destinando alcuni spazi al co-working. Inoltre, possono essere citate in tal senso anche le ipotesi contenute all’interno di questa tesi, come evitare l’installazione di portabicilette e di colonnine elettriche, se non se ne prevede un plausibile successo. Nulla tuttavia avrebbe vietato al gruppo di progettazione di compiere delle scelte che esulano da questi ragionamenti, con il solo scopo di acquisire un punteggio. Esistono infatti anche dei crediti che sono ottenibili solo in funzione della strategia che si applica e sono da escludere qualora questa sia diversa.
Infine esistono dei limiti oggettivi nell’applicazione di tutta la procedura da parte di figure con una formazione, necessariamente, limitata, che compromette la possibilità di produrre la documentazione sufficiente a dimostrazione dell’acquisizione dei crediti.
UM
SS 1.0 Selezione del sito SS 2.0 Densità edilizia e vicinanza ai servizi Recupero e riqualificazione SS 3.0 dei siti contaminati SS 8.0 Riduzione dell’inquinamento luminoso Controllo delle fonti chimiche QI 5.0 ed inquinanti indoor Controllo e gestione degli impianti: QI 6.2 comfort termico
G
21% contesto 22% stato di fatto 09% “non” intervento 48% intervento globale
SS 4.2
24% sostenibilità del sito 20% gestione delle acque 24% energia e atmosfera 16% materiali e risorse 16% qualità ambientale 141 interna
5.2 Il ruolo dell’architetto nel processo corale di progettazione
Il protocollo LEED® articola la valutazione della sostenibilità di un progetto in criteri riferiti a molteplici categorie, come visto nelle sezioni precedenti, traducendo il problema complesso della sostenibilità in finalità distinte ma complementari. Questa dimensione multidisciplinare richiama diversi possibili approcci alla progettazione, che possono essere dettati da precisi orientamenti o dalle competenze a disposizione. Senza entrare nel merito di scelte soggettive, è interessante porre l’accento su quest’ultimo punto, riflettendo sulle specificità del nostro contesto nei riguardi di uno strumento internazionale di ampio respiro, ma senz’altro d’importazione. Nel 2012 il Consiglio degli Architetti Europeo ha pubblicato uno studio di settore1 che fotografa i tratti salienti della professione dell’architetto in 33 paesi del continente. L’Italia ha il più alto numero di architetti, un terzo del totale, con una proporzione di 2,4 ogni 1000 abitanti. Andando oltre i dati puramente quantitativi, occorre capire in quali forme viene svolta la professione nel nostro Paese: si possono contare 44.484 uffici uninominali, 7.722 con due persone, 5.436 studi con un numero variabile da 3 a 5. Si tratta di dati in controtendenza rispetto alla maggioranza degli altri Paesi, ad esclusione di pochi, come la Grecia: gli architetti italiani indipendenti sono quasi nove su dieci, mentre in Finlandia, il caso più eclatante, coloro che collaborano all’interno di società di progettazione complesse arrivano al 60%. La tendenza generale in Europa è a favore di questi ultimi, con una media del 67%. Pur non potendo, e non volendo, accertare con evidenza statistica una corrispondenza diretta tra le caratteristiche della professione in Italia e la capacità di adottare strumenti a vocazione multidisciplinare, lo stato di fatto potrebbe rappresentare un ostacolo nella procedura di certificazione illustrata in precedenza.
Mirza & Nacey Research, The Architectural Profession in Europe 2012. A Sector Study Commissioned by the Architects’ Council of Europe, 2012
La prospettiva davanti a questa criticità non è quella di un bivio, che si risolve nel rinunciare ad uno strumento o nell’incentivare forme di partnership per poterlo maneggiare, ma piuttosto quella di ripensare alla formazione dell’architetto: possiede le competenze necessarie per padroneggiare la complessità del progetto sostenibile? In primo luogo vi è talvolta un senso di estraneità da parte dell’architetto nei confronti della sostenibilità, quando questa viene superficialmente fatta coincidere con l’efficienza energetica. Si tratta di un processo corale che spazia in ambiti differenti, dall’inserimento nel contesto naturale o costruito, alle strutture, gli interni, gli impianti, per citarne alcune, senza arrestarsi ad aspetti di cui sia possibile quantificare il soddisfacimento. In questo senso il termine “complesso” assume una valenza differente dall’aggettivo “complicato”: si vuole sottolineare la dimensione relazionale dell’architettura e delle parti che essa chiama in gioco, non una presunta impossibilità nel raggiungimento di obiettivi ambiziosi. Sarebbe inoltre inverosimile pensare alla competenza in termini di conoscenza specifica, mentre è più utile definirla come consapevolezza generale: l’architetto dovrebbe avere la capacità di anticipare le problematiche dei diversi settori per favorire la loro integrazione. Nell’approccio integrato alla progettazione l’edificio o il complesso di edifici è visto come un organismo di parti interdipendenti e in relazione tra loro, contrapponendosi alla concezione per cui le parti si sovrappongono senza alcun tipo di legame.2 Questo tipo di concezione è finalizzata al contenimento di problemi che possono manifestarsi in fase di esercizio, in termini di incompatibilità tra elementi, non solo tecnologici, che sono stati pensati separatamente e che per funzionare in maniera corretta potrebbero danneggiarsi reciprocamente. Tuttavia, lo scopo della collaborazione con attori di altri settori non si limita al rendere fattibili
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Yudelson, Jerry, Green building through integrated design, San Francisco : McGraw-Hill Education, 2009
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5.3 Il ruolo del LEED® come strumento di valutazione
le singole soluzioni, ma ancor meglio ottimizzarle rendendole strategie d’insieme, inserendo nel progetto elementi che non siano solo compatibili, ma in grado, ad un livello superiore, di interagire. Il processo corale non si estende soltanto ad altri professionisti. Non è un processo lineare, di tipo top-down, che collega i bisogni del committente e il comportamento degli utilizzatori finali, attraverso le professionalità intermedie che si occupano dell’elaborazione su carta e della cantierizzazione. Si tratta invece di un continuo processo di riadattamento del progetto, sulla base di costanti feedback che vanno di pari passo all’evoluzione dell’opera. L’orientamento non è guidato unicamente dal risultato finale, ossia il prodotto, ma è frutto del successo della struttura reticolare, e non sequenziale, che viene data al dialogo tra le diverse discipline. Il momento in cui il progetto comincia ad esistere davvero è quello in cui l’edificio, erroneamente inteso come prodotto, viene consegnato nelle mani dei suoi futuri utilizzatori: nel processo quotidiano della sua gestione, le buone premesse di sostenibilità possono diventare buone pratiche.
Prescindendo dalla capacità dei protocolli di certificazione di cogliere gli aspetti complessi che rientrano nella sostenibilità di un progetto, si vuole precisare una distinzione di approccio importante nel momento in cui vi si ricorre. Gli strumenti di supporto alle decisioni non dovrebbero essere considerati una guida alla progettazione, differenziandosi da queste per la consapevolezza da anteporre al loro impiego e per il valore non prescrittivo delle indicazioni in essi contenuti.Sarebbe incoerente, nei riguardi del concetto stesso di sostenibilità, pensare alle soluzioni progettuali in termini di assoluta efficacia, aspetto che renderebbe superflua la necessità dei professionisti di dimostrarsi flessibili rispetto ai problemi riscontrati di volta in volta, come se ad essi si potesse far fronte con procedure ripetute meccanicamente. Progettare non è una questione di reiterazione, quanto piuttosto di scelte da compiere in base alla posizione assunta rispetto a specifiche situazioni. Quando il protocollo di sostenibilità viene considerato un design tool esclusivo, la sostenibilità è intesa come l’obiettivo della progettazione, ma un obiettivo fine a se stesso. Paradossalmente, si perseguono in questo modo i suoi aspetti più visibili e autoreferenziali1. Può rimanerere una risorsa di supporto alle decisioni efficace se accompagnata da altri strumenti e se padroneggiata con consapevolezza. Viceversa, concependolo come assessment tool, si subordina lo strumento alla valutazione del progetto, che è stato concepito non in sua funzione, ma tenendo in considerazione molteplici variabili, di cui la sostenibilità sarà una conseguenza, naturale ma non scontata. La superficialità nell’applicazione della checklist come
Filippi, Marco, e Valeria Branciforti, «Green Building e Green Washing» in Atti rassegna tecnica - Società degli Ingegneri e Architetti in Torino 1–2–3 (2012): 15–21 1
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strumento di progettazione può comportare una perdita del “senso del limite”. Da una parte questo può essere inteso come l’incapacità di far scelte responsabili senza cadere nella prospettiva di acquisire punteggio, dall’altra implica l’insensibilità verso le specificità entro le quali si opera. In relazione a questo concetto, il caso di studio analizzato ha previsto la riqualificazione di un complesso di edifici esistente: questo aspetto rafforza la condizione con la quale un gruppo di progettazione normalmente si confronta, ossia l’esistenza dei limiti dettati dal contesto. Il progetto non è mai un tabula rasa, sia esso una nuova realizzazione o una riqualificazione. I primi limiti che si incontrano sono quelli dettati dall’ambiente naturale e dallo stabilire relazioni di reciproco vantaggio, massimizzando ove possibile i benefici che si possono ricevere e minimizzando gli impatti che ne conseguono. Un secondo limite è quello del paesaggio antropico, che implica contemporaneamente dei confini oltre i quali non è possibile costruire, senza per questo impedire l’instaurarsi di un rapporto con l’esistente, che si può declinare in varie forme. Infine, un ulteriore limite è rappresentato dal cercare di migliorare un progetto realizzato, confrontandosi con scelte non proprie e con problemi di integrazione, anche di carattere tecnologico, da cui dipende il successo dell’intervento. Tenere in considerazione i limiti, di qualunque natura essi siano, non implica che esistano dei vincoli inderogabili, ma piuttosto che debbano essere compiute delle scelte per sfruttare al meglio le opportunità date dal contesto nel quale si opera. A queste scelte si da il nome di progettazione e per poterle fare con consapevolezza dei risultati ottenuti è necessario un approccio strategico e non monodisciplinare, data la molteplicità degli aspetti con i quali confrontarsi.
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