CIACK SI SCRIVE / LE BIOGRAFIE a cura di Francesco Festuccia
Francesca Picozza
INGMAR BERGMAN Il maestro raccontato
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«Creazione di valore è parte integrante di ciò che significa essere uomini. Gli esseri umani non hanno la capacità di creare materia; però possono creare valore ed è nella creazione del valore che risiede l’unico senso della vita umana» T. Makiguchi
A Sensei Daisaku Ikeda mia maestro, a Paolo, Anna, Maria e Carmine presenze fondamentali della mia vita e compagni insostituibili per la creazione di valore. Grazie
INDICE
Nota personale Introduzione
PARTE PRIMA IL MONDO DI INGMAR BERGMAN 1. Ingmar Bergman: profilo biografico 2. Bergman e la Svezia 3. La carriera teatrale di Bergman 4. Ingmar Bergman: teatro di attori o di teatro di regia? 5. Bergman e la musica 6. Strindberg e Bergman: affinità e contrasti nel loro itinerario artistico PARTE SECONDA CONVERSAZIONI PRIVATE Interviste a:
Börje Ahlstedt Margaretha Byström Lena Endre Mathias Henrikson Erland Josephson Gunnel Lindblom Irene Lindh Jonas Malmsjö Per Myrberg GöranWassberg
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...TRE ANNI DOPO... Gunnel Lindblom Harriet Andersson Stig Björkman Jan Malmsjö PARTE TERZA IMMAGINI
Galleria Fotografica:
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Tre coltelli da Wei di Henry Martinson, Dramaten, 04/06/1964 Hedda Gabler di Henrik Ibsen, Dramaten, 17/10/1964 Woyzeck di George Büchner, Dramaten, 14/03/1969 Il Sogno di August Strindberg, Dramaten, 14/03/1070 L’anatra selvatica di Henrik Ibsen, Dramaten, 17/03/1972 Verso Damasco di August Strindberg, Dramaten, 02/01/1974 La signorina Julie di August Strindberg, Dramaten, 07/12/1985 (le due versioni) Amleto di William Shakespeare, Dramaten, 20/12/1986 Lungo viaggio al termine della notte di Eugene O’Neill, Dramaten, 16/04/1988 Casa di bambola di Henrik Ibsen, Dramaten, 17/11/1989 Peer Gynt di Henrik Ibsen, Dramaten, 27/04/1991 Racconto d’Inverno di William Shakespeare, Dramaten, 29/04/1994 Il costruttore d’immagini di Per Olov Enqvist, Dramaten, 12/02/1998 La sonata degli spettri di August Strindberg, Dramaten, 11/02/2000 Spettri di Henrik Ibsen, Dramaten, 09/02/2002
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BIBLIOGRAFIA
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Allestimenti bergmaniani 1938-2002
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FONTI
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PARTE PRIMA
IL MONDO DI INGMAR BERGMAN
Nota personale
Ingmar Bergman: un maestro di vita nell’Arte. Durante la mia adolescenza Bergman è stato fondamentale. Leggere i suoi libri di memorie, vedere i suoi film e poi scoprire la sua meravigliosa vita teatrale mi hanno dato il coraggio di addentrarmi nei mondi più intricati del mio subconscio, senza per questo temerli o averne paura. Mi sono sentita capita, “a casa” in un certo senso. Grazie a lui ho potuto apprezzare l’unicità dell’essere umano nelle sue molteplici sfaccettature e contraddizioni. Ho voluto scrivere questo libro perché credo che le testimonianze degli attori che hanno collaborato con lui rendano in maniera autentica, diretta, forte e viva, il suo modo di concepire e vivere il teatro. Rispetto, fiducia, gioco, collaborazione sono le parole che emergono maggiormente da quasi tutte le interviste. Anche tramite i suoi film, Ingmar ci ha presentato più volte la sua visione dell’arte con una impronta fortemente teatrale e con una valorizzazione assoluta della figura dell’ “artista” nelle sue molteplici forme espressive. Ciò che si evince da tutto il libro non è qualcosa di nuovo, di sensazionale... tutt’altro. Questa è solo un’opportunità per riscoprire l’etica e l’anima teatrale che ognuno di noi, anche se non è “un artista”, possiede.
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Introduzione
Il Maestro raccontato vuole essere una testimonianza, un documento sul grande apporto artistico che Bergman ha donato non solo al Teatro svedese ma al Teatro in generale. I suoi attori sono stati parte fondante, organica e costitutiva di tutto questo. Le interviste di seguito riportate offrono la possibilità di calarsi nella dimensione più viva e autentica del teatro bergmaniano, dando a tutti la possibilità di coglierne profondamente lo spirito. Poco importa quindi se non si è propriamente “addetti ai lavori”. Il libro è suddiviso in tre parti. La prima parte è un’introduzione alla vita personale, artistica, sociale e culturale di Ingmar Bergman. Ho ritenuto necessario offrire un quadro generale dell’ambiente in cui il Maestro ha operato per fare in modo che le interviste ai suoi attori, riportate nella seconda parte del libro, fossero maggiormente calate e comprese nel loro contesto specifico. Riguardo alle interviste, è necessario fare subito una precisazione: il primo gruppo, più copioso, è datato 2005/2006 e gli attori intervistati, facendo riferimento al Maestro, usano il tempo presente essendo Bergman ancora vivo. Quelle successive sono state invece realizzate nel maggio e nel settembre del 2008, a circa un anno dalla sua morte. Ogni incontro con ciascun attore rivela un mondo: quello intimo dell’uomo, dell’artista, del protagonista unico e indiscusso delle messinscene bergmaniane. La terza ed ultima parte del libro offre una galleria fotografica di Bergman con i suoi attori durante le prove e le mes13
sinscene di alcuni spettacoli. Dall’insieme emerge come il vero protagonista del libro non sia solo Bergman, ma anche il suo Ensemble. Il teatro di Bergman, come avremo modo di scoprire, è stato un teatro di attori, quindi è proprio tramite le esperienze e il vissuto di questi ultimi che ci viene data la possibilità di addentrarci nella sua poetica teatrale: improvvisamente si aprono le porte di un mondo multicolore, magico, infantile, pieno di fantasia e umanità. Non molti sanno che Bergman fu prima di tutto un regista di teatro. Mosse infatti i suoi primi passi da bambino con un teatrino di carta, con l’organizzazione di piccole recite familiari e con il teatro amatoriale. La sua esperienza teatrale diede in parte l’impronta anche al suo stile cinematografico con il quale Bergman si distinse in seguito dando voce a tutti i suoi sentimenti, pensieri e “demoni” più intimi, rivoluzionando così anche il modo di fare cinema nel mondo. All’interno della sua poliedricità artistica, lungo il corso della sua carriera, si rileva con sempre maggior forza e presenza la multimedialità e interrelazione dei differenti mezzi artistici: musica, cinema, teatro e scrittura si contemperano e si influenzano reciprocamente. Ci sono poi degli elementi che ricorrono e divengono presenze fisse sia nelle sue ambientazioni cinematografiche che in quelle teatrali; in questo modo esse si caricano di significato, divenendo la scena, la base, “il fondamento” per esprimere la poetica bergmaniana1. Pur essendosi definito egli stesso un autodidatta, Bergman si è fatto anche portavoce della grande tradizione teatrale svedese. Lungo la sua carriera teatrale, infatti, ebbe modo di incontrare grandi registi quali Hammarén, Molander, Sjöberg e Levì-Laestaedius che all’epoca avevano segnato la storia del teatro svedese. Da loro Bergman imparò molto e fece propri i loro insegnamenti per rielaborarli in seguito con un gusto, un’ottica ed estetica teatrali tutti suoi. Ad Hammarén, ad esempio, fu debitore di tutto l’insegnamento della tecnologia teatrale, dall’impianto delle luci alla disposizione sceno1 Cfr. L. De Giusti, L’Opera Multiforme di Bergman oltre il commiato: 1982-2003, Milano, Il Castoro, 2005.
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grafica e all’impostazione delle scene corali. Da Sjöberg e Molander prese invece il concetto dell’osservatore muto2 e un modo di allestire la scena tramite la compenetrazione tra realtà e finzione, affiancandovi un suo personale concetto di straniamento assai diverso da quello brechtiano3. La multimedialità bergmaniana ha sempre avuto come collante gli attori e la musica. I primi, come abbiamo già avuto modo di evidenziare, sono stati la sua grande famiglia che è rimasta sempre la stessa, sia in cinema che in teatro e televisione. La musica è stata invece la sua compagna fedele che ha supportato le sue interpretazioni e relative messinscene dell’animo umano. Ingmar Bergman aveva due doti speciali: una grande sensibilità e la capacità di dare fiducia ai suoi collaboratori, attori, tecnici, aiuti regia. I suoi attori hanno tirato fuori il meglio da se stessi dando vita a grandi interpretazioni proprio perché si sentivano accettati e sostenuti da lui, e non vincolati, oppressi e intimoriti. Bergman è stato la presenza determinante seppur silenziosa, che, sul set o durante le prove, ha dato l’opportunità all’attore di trasformare l’impossibile in possibile, creando personaggi indimenticabili. In sintesi, Ingmar Bergman è stato l’osservatore muto4 del suo mondo teatrale. Si potrebbe considerare il teatro bergmaniano come progenitore del suo cinema, essendo stato il principale luogo di scambio sinergetico, emotivo ed umano. In Italia, l’attività teatrale di Bergman è poco conosciuta. Alcuni suoi spettacoli sono stati ospitati molte volte al Piccolo Teatro di Milano, a Firenze e in qualche altra città italiana durante le tournée europee, ma sempre e solo per brevi periodi. Questo non ha dato forse a tutti la possibilità di comprendere appieno la poetica del Maestro. Il teatro di Bergman è essenziale. Come Peter Brook, Il paradosso dell’attore: dietro ogni personaggio si nasconde un interprete e perciò ogni volta che compare un personaggio sul palcoscenico, lo spettatore non vede una sola persona, ma in realtà ne vede due. 3 Cfr. A. Motta, Il volto del poeta dietro la maschera dell’architetto, gli allestimenti ibseniani di I. Bergman, Stoccolma, Stockholm Universitet, 2007. 4 Ibid. 2
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pur se con una poetica diversa, presenta scene vuote, non sovraccariche di scenografie ingombranti5, con un utilizzo sapiente e suggestivo delle luci, delle proiezioni per far risaltare i suoi attori imprevedibili e umanissimi nei loro costumi sgargianti e festosi6. Bergman è stato un grande dispensatore di fiducia e un regista in un’accezione tutta particolare: non impositivo ma propositivo; un artista visionario che ha realizzato, sulla tela/palcoscenico multiforme e dalle infinite possibilità, tantissimi disegni a china, completati e fatti vivere fino in fondo grazie solo alle diverse pennellate dei suoi pittori/attori, ciascuno con un proprio stile e senso del colore. “Penso che tutti gli attori, tutti i veri attori, siano sensuali. Ovviamente non c’è nulla di osceno, erotico o volgare in questo aggettivo. Intendo dire che gli attori veri, quando sono sul palco e tu te ne stai lì ad osservarli, rendono tutto meraviglioso: parlano, parlano, si dannano l’anima ma, mentre lo fanno, l’attore è lontano da dove si trova, molto lontano e anche se tu cerchi di vederlo non puoi. È una sorta di mistero. Alcuni attori hanno questo dono, altri invece sembrano di plastica, magari sono anche dei buoni professionisti, ma non sono veri attori”7.
Cfr. Intervista a G. Wasserberg presente in questo libro. Cfr. sezione fotografica nel libro stesso. 7 L’opera multiforme di Bergman, oltre il commiato 1982-2003, Milano, Novembre 2005, Il Castoro, p. 286. 5 6
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Ingmar Bergman: profilo biografico
Bergman è stato una figura di primo piano del teatro moderno svedese, sebbene la sua fama in Italia sia maggiormente legata alla produzione cinematografica. La sua carriera comprende più di un centinaio di allestimenti teatrali, una quarantina di radiodrammi e quindici produzioni televisive. Come sceneggiatore ha realizzato diciassette opere, oltre alle sceneggiature relative alla sua produzione cinematografica e televisiva. Ingmar Bergman è nato ad Uppsala il 14 luglio del 1918, di domenica. Questo è un dato temporale da non trascurare per comprendere la sua personalità, in quanto si dice che chi sia nato di domenica abbia una spiccata sensibilità e capacità percettiva di presenze ultraterrene. Bergman era figlio di Erik, pastore luterano, e di Karin Åkerblom. L’ambiente in cui visse era un misto di rigorosità luterana, legato ai concetti di «peccato, confessione, punizione, perdono e grazia»8, alternato ad alcuni momenti di gioiosa condivisione familiare, soprattutto durante le feste come il Natale. L’infanzia è stata fondamentale per Bergman, non l’ha mai rimossa, anzi le è rimasto sempre profondamente legato: oltre che nel film conclusivo della sua stagione cinematografica, Fanny e Alexander, dove alla fantasia viene aggiunta una buona dose di realtà vissuta dal suo auOltretutto non era infrequente che, a scopo punitivo, da bambino venisse rinchiuso nell’armadio, luogo in cui, rannicchiato, maturava il suo odio per il padre e la sua rabbia contro il Dio-padrone falsamente introiettato in quel clima culturale. Cfr. Igmar Bergman, Lanterna Magica, Milano, Garzanti, 1990 e il film Fanny e Alexander (1982), Edizione speciale Multimedia San Paolo, 2003. 8
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tore, Bergman ha fatto sovente riferimento alla sua infanzia in alcuni scritti autobiografici quali Lanterna Magica (1990 Garzanti), Immagini (1992 Garzanti) e Con le Migliori Intenzioni (1994 Garzanti). Quest’ultimo è un romanzo che rivisita la storia d’amore tra i suoi genitori, rivelandone aspetti caratteriali quali la durezza, il rigore e la continua sofferenza del padre, la dolcezza, la spontaneità e l’amorevolezza della madre. Questo libro ci aiuta a comprendere meglio in quale circostanze affettive sia nato e cresciuto il piccolo Ingmar. Dopo gli studi superiori e il servizio militare, a diciannove anni si iscrisse all’Università di Stoccolma dove si stabilì per frequentare un corso di Storia della Letteratura. S’interessò anche di teatro e musica. La sua tesi di laurea ebbe come oggetto August Strindberg, un autore molto amato e sentito dal Maestro fin dalla tenera età. Egli condusse uno stile di vita sregolato, scapestrato e instabile a causa della sua tendenza al disagio esistenziale, dovuto in parte alla mancanza di mezzi economici: ciò lo portò a condurre la vita bohémien. Coltivò con grande entusiasmo e passione il teatro e la musica che aveva scelto come materie di studi universitari. In questo periodo incominciò ad occuparsi del teatro studentesco, il Norra Latin Teater, e a scrivere i suoi primi drammi. Nel contempo iniziò a lavorare al Teatro dell’Opera come aiuto volontario, ottenendo in seguito l’incarico di suggeritore. Fu allora che Bergman iniziò ad essere stimato per le sue capacità non comuni. Il suo nome incominciò a circolare, dandogli in seguito la possibilità di accedere a palcoscenici prestigiosi: iniziò a collaborare infatti con i teatri più importanti della città, quali il Mäster Olofsgården. Nel 1942 Bergman scrisse una commedia satirico/oscena, basata sulla relazione indecente tra un prete e una spogliarellista. Questo testo provocò uno scandalo enorme, accrescendo però la sua fama. Avendo ottenuto dal direttore del teatro studentesco la possibilità di mettere in scena un suo testo dal titolo La Morte di Casper, di chiara derivazione strindberghiana, fu notato da alcuni membri della Svenska Filmindustri presenti alla rappresentazione, che rimasero colpiti dall’opera e decisero di assumerlo. Era il 1942. Bergman cominciò allora un duro lavoro 18
a tavolino per la ripulitura delle sceneggiature e per la scrittura di dialoghi9. Nel 1943 sposò Else Fischer, ballerina e coreografa. Nacque la sua prima figlia, Lena, futura scrittrice. Nel 1944 un’altra sua opera dal titolo Hets (allegoria contro il Nazismo che in quel periodo dilagava nel Continente e nella vicina Norvegia), venne acquistata dalla Svenska Filmindustri e trasformata in un film, per la regia di A. Sjöberg. A Bergman venne assegnato il ruolo di assistente alla regia. Questa fu la sua prima esperienza su un set cinematografico. Qualche mese più tardi il direttore della Svensk Filmindustri chiese a Bergman di fare una trasposizione cinematografica della commedia danese La Bestia Madre di L. Fischer, con la promessa di affidargli la regia. Bergman eseguì la richiesta in soli quattordici giorni. Famosa fu l’espressione che il Maestro utilizzò nel ricordare quell’esperienza «Se me lo avessero chiesto, avrei tratto un film anche dall’elenco del telefono»10. Il film s’intitolava Crisi (1945) e fu un grande flop. Allora in un momento particolarmente difficile gli venne incontro il produttore indipendente Lorens Marmsted finanziandogli il film Piove sul nostro Amore. Era il 1946. In quello stesso anno Bergman si trasferì a Göteborg dove venne nominato primo regista del teatro. Debuttò con Caligola di Camus e in seguito mise in scena diversi drammi di quest’autore. Grazie alla fiducia e al sostegno del produttore Marmsted, Bergman riuscì a realizzare altri due film: La Terra del Desiderio e Musica nel buio, entrambi del 1947. Il successo di quest’ultimo spinse la Sveska Filmindustri a ricontattarlo per commissionargli una sceneggiatura, La Furia del Peccato di Eva, film diretto in seguito da Molander, e la regia del film Città Portuale, tratto da un romanzo di Olle Lansberg, film che fu un insuccesso. 9 Cfr. Ingmar Bergman, Lanterna Magica, Milano, Garzanti, 1990 e Immagini, Milano, Garzanti, 1992. 10 Ingmar Bergman, Lanterna Magica, Milano, Garzanti, 1990, p. 156.
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Grazie ad un altro tempestivo aiuto di Marmsted, Bergman realizzò Prigione (1949), tratto da un suo soggetto, primo film importante della sua carriera. Il parziale successo lo riavvicinò alla Svenska Filmindustri, per la quale realizzò quattro film in soli due anni: Sete, tratto da un racconto di B. Tengroth, Verso la Gioia, Ciò non accadrebbe qui e Un’Estate d’Amore (1950). In questo periodo Bergman incontrò il famoso regista Victor Sjöström che divenne il suo “mecenate”, oltre che amico, e che accettò di recitare in alcuni suoi film. Nello stesso anno il cinema svedese attraversò un momento di crisi. Bergman venne licenziato. Marmstedt gli affidò la direzione artistica del suo teatro ma, dopo alcuni fiaschi, dovette rinunciare. In quel periodo Bergman strinse una relazione con la giornalista Gun Hagberg che sposò in seguito e dalla quale nacque una figlia. La giovane coppia incominciò a convivere e Bergman si ritrovò nella pesante situazione di dover provvedere al mantenimento di due mogli e cinque figli. Era di questo periodo Donne in Attesa (1952), prodotto dalla Filmindustri, ispirato dalla sua relazione con Gun. L’anno successivo (1953) venne assunto allo Stadsteater di Malmö, dove restò per otto anni (1960). Incominciò qui la sua collaborazione con un gruppo di attori, Max von Sydow, Ingrid Thulin, Gunnel Lindblom, Harriet e Bibi Andersson ed altri che divennero presenze fisse in quasi tutte le sue produzioni cinematografiche e teatrali. Oltre ad interessanti messinscene di successo, in questo periodo videro la luce alcuni dei suoi film più importanti, la maggioranza dei quali girati durante il periodo estivo: Una Vampata d’Amore (1953), Una Lezione d’Amore (1954), Sogni di Donna (1955). Il suo primo vero successo europeo arrivò con Sorrisi di Una Notte d’Estate (1955), premiato a Cannes. Questo spinse la Filmindustri a finanziare il successivo progetto di Bergman, concedendogli però solo trenta giorni per la realizzazione di uno dei suoi più importanti film: Il Settimo Sigillo (1956), tratto da Pittura su Legno, testo teatrale scritto da Bergman come saggio per i giovani allievi di Malmö. Con questo film il Maestro vinse il Premio Speciale a Cannes, l’Orso d’Oro al Festival di Berlino e il premio della critica al Festival di Venezia. 20
È di questo periodo la sua riflessione sulla questione religiosa. Nel 1957 realizzò un altro capolavoro: Il Posto delle Fragole, protagonista il suo amato V. Sjöström. Fu premiato con un altro Orso d’Oro a Berlino e il Premio della Critica a Venezia. Nello stesso anno usciva Alle Soglie della Vita, sceneggiatura di U. Isaksson, premiato a Cannes per la migliore regia. Nel 1959 Il Volto, film incentrato sul teatro, la maschera, la finzione e l’illusione, vinse il Premio Speciale per la Regia a Venezia. Nello stesso anno, Bergman si sposò per la quarta volta con la pianista Käbi Laretei. Nel 1960 Bergman ottenne l’Oscar con La Fontana della Vergine, Miglior Film Straniero. La commedia L’Occhio del Diavolo è dello stesso anno. Ormai famoso, venne assunto come regista al Dramatiska Teater di Stoccolma, il Dramaten, per poi diventarne direttore nel 1961. Nello stesso anno realizzò Come in Uno Specchio, girato sull’isola di Fårö, dove Bergman si stabilì di lì a poco definitivamente, prima opera di una discussa trilogia religiosa. Anche questo film vinse l’Oscar come Miglior Film Straniero e venne premiato a Berlino. Seguirono Luci d’Inverno (1962), premiato a Berlino e a Vienna, e Il Silenzio (1963). La commedia A proposito di tutte queste signore (1964) spezzò il filone drammatico.
In questo periodo Bergman venne colpito da una grave depressione e ricoverato in ospedale. Durante la convalescenza scrisse il dramma Persona (1962) e iniziò una relazione con Liv Ullman, dalla quale nacque Lynn, apprezzata scrittrice e giornalista norvegese. Girando un film all’anno, in questo periodo furono realizzate le seguenti pellicole: L’Ora del Lupo (1966), La Vergogna (1967), Il Rito (1968, film per la televisione), Passione (1969, primo lungometraggio a colori) e L’Adultera (1971). Finita la sua relazione con Liv Ullman, Bergman si sposò per la quinta volta con Ingrid Von Rosen, che rimase sua moglie fino al 1995, anno della sua morte11: i due ebbero una figlia, Maria. 11
I. Bergman e M. Von Rosen, Tre diari, Milano, Iperborea, 2008.
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Dopo un nuovo periodo di difficoltà finanziarie, Bergman riuscì a risollevarsi con l’inaspettato successo mondiale di Sussurri e Grida (1972), vincitore di numerosi premi. Nel 1973 girò il celeberrimo Scene da un Matrimonio, inizialmente concepito come film ad episodi per la televisione svedese ed in seguito trasformato in un film vero e proprio della durata di tre ore. Nel 1974 girò Il Flauto Magico. Seguì poi il dramma psicologico L’Immagine allo Specchio del 1976 e L’Uovo del Serpente, commissionato e prodotto da Dino De Laurentis sempre nello stesso anno. Il 1976 fu un anno doloroso e traumatico per Bergman, poiché si vide implicato, ingiustamente, in un processo di accusa di evasione fiscale: per questo motivo fu ricoverato in un ospedale psichiatrico. In seguito, dopo una breve parentesi americana, decise di “autoesiliarsi” in Germania, a Monaco, dove portò avanti la sua attività al Residenzteater con l’Ensemble del luogo. Di tanto in tanto faceva ritorno in Svezia, ma solo per trascorrere le sue vacanze nell’amata isola di Fårö, dove scrisse la sceneggiatura di Sinfonia d’Autunno, cui seguì il film nel 1978, con il duetto, Ingrid Bergman/Liv Ullman. Per la televisione tedesca realizzò Un Mondo di Marionette nel 1980. L’anno successivo venne trasmesso alla televisione Fanny e Alexander, film autobiografico di quasi cinque ore, ridotto poi a tre per la versione cinematografica. L’opera gli valse quattro premi Oscar e segnò la conclusione della sua carriera come regista cinematografico. Per la Televisione Svedese realizzò altre opere, quali: Dopo la Prova (1983) che viene considerato il suo “testamento teatrale”, Il Segno (1985) e Il Volto di Karin (1986). Da quel momento Bergman decise di dedicarsi quasi esclusivamente al teatro e realizzò al Dramaten una serie di allestimenti interessanti, soprattutto quelli shakespeariani, strindberghiani e di drammaturgia contemporanea. Continuava però nel frattempo a scrivere sceneggiature per film realizzati poi da altri: Con Le Migliori Intenzioni (regia di Billie August, 1991) e Conversazioni Private (regia di Liv Ullman, 1998). Nel 1997 tornò a dirigere un film per la televisione svedese dal titolo Vanità e Affanni, un altro atto d’amore nei confronti del teatro. Nel 22
1999 propose a Liv Ullman di realizzare il film L’Infedele tratto dalla sua sceneggiatura. Nel frattempo continuava ad essere attivo come regista al Dramaten fino al 2002. Spettri di Ibsen è stato il suo ultimo spettacolo teatrale, mentre Sarabanda (2003) è stato il suo ultimo film per la televisione svedese. In una delle sue ultime interviste alla radio12, Bergman aveva affermato di essere soddisfatto del suo operato e di non sentire la mancanza del mezzo cinematografico. L’unico suo cruccio era quello di non avere sufficiente forza fisica per continuare a fare teatro e a passare le giornate con i “suoi amati attori”. Il 20 gennaio 2005 Bergman ricevette il Premio Federico Fellini per l’eccellenza cinematografica. A maggio dello stesso anno venne organizzato a Stoccolma un Symposium di tre giorni in suo onore al quale però mancava la presenza del Maestro. È oggi disponibile un archivio di consultazione dei suoi scritti ed opere affidato alla fondazione Bergman che, tra i suoi membri, vede la partecipazione e presenza attenta di Maaret Koskinen13, professoressa di cinema all’Università di Stoccolma. Qualche anno fa, la Professoressa Maaret ha ricevuto direttamente dal Maestro tutto il suo materiale con l’impegno di custodirlo e farlo conoscere nel miglior modo possibile. Ogni esatate nell’isola di Fårö viene organizzata la Bergmans Veckan, una settimana bergmaniana in omaggio al Maestro dove vengono invitate e premiate diverse personalità di spicco del cinema mondiale. Ingmar Bergman è morto a Fårö il 30 luglio 2007.
Aprile 2005, Intervista ad I. Bergman per SR (Sveriges Radio). Maaret Koskinen è Professore di Studi Cinematografici presso la Stockholms Universitet. Studiosa riconosciuta di Bergman, ha pubblicato svariate opere sull’estetica cinematografica e teatrale del regista. Durante una conversazione telefonica con il Maestro, relativa alle sue prime opere in prosa, Bergman le disse: “Ascolti, ho una stanza qui a Fårö, di cinque metri per cinque, dove ho collezionato tutto il mio materiale. Ha voglia di prendersene cura?” Cfr. sito www.IngmarBergman Foundation.se. 12 13
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