Principali Endoparassiti nell’allEvamEnto caPrino
Note scientifiche pratiche
Principali endoparassiti nell’allevamento caprino Note scientifiche pratiche A cura di: Maria Teresa Manfredi Dipartimento di Patologia, Igiene e Sanità Pubblica Veterinaria, Università degli Studi di Milano Coordinamento editoriale: Paolo Clarà Foto di copertina: Silvia Bevilacqua Foto: Mario Enrico Alberti, Silvia Bevilacqua, Maria Teresa Manfredi Progetto grafico: Francesco Gamberoni Stampa: Selgraph srl, Cocquio T. (VA)
inDicE Premessa
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Endoparassiti della capra I Nematodi gastro-intestinali
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I Nematodi broncopolomari
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I Trematodi epatici
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I Cestodi intestinali
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Endoparassiti del capretto Cryptosporidium
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Giardia
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Eimeria (coccidi intestinali)
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La gestione degli endoparassiti nell’allevamento caprino
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Questa pubblicazione vuole essere un utile strumento di lavoro per gli allevatori: quelli che da anni collaborano con Comunità Montana nei progetti per la valorizzazione della Nera di Verzasca e quelli che vorranno avvicinarsi all’attività. I finanziamenti europei hanno avuto l’indiscutibile valore di riportare l’attenzione sulla capra nera e l’importanza della specie per la tutela della biodiversità: la razza originaria di queste valli di confine tra Italia e Ticino era, fino a pochi anni fa, a rischio di estinzione. Sull’altro fronte il progetto è riuscito ad ampliare le conoscenze sulle caratteristiche genetiche e morfologiche dell’animale e creare delle figure tecniche specializzate in grado di offrire un concreto supporto agli allevatori che, quasi pioneristicamente, hanno riscoperto l’allevamento della specie rustica e poco adattabile alla vita in stalla. Questo “Principali endoparassiti nell’allevamento caprino. Note scientifiche pratiche” ne è la testimonianza. Al di là del progetto specifico, è obiettivo di questo ente investire sulla qualità dei prodotti della gastronomia locale e sulla professionalità di chi li coltiva e confeziona. In questa prospettiva si colloca l’impegno di Comunità Montana nell’aderire alle diverse iniziative di cooperazione transfrontaliera (Interreg 2000-2006 e 2007-2013). Gli investimenti economici, l’interesse delle istituzioni pubbliche e il coinvolgimento di professionisti del settore hanno permesso di ridare valore all’allevamento caprino, in particolar modo della Nera di Verzasca. La tutela dei prodotti della tradizione locale ha dato un concreto aiuto alla loro commercializzazione; tra questi va ricordata la Formaggella del Luinese, unico caprino italiano ad aver ricevuto il riconoscimento Dop - Denominazione di Origine Protetta. Il lavoro svolto per la valorizzazione della Nera di Verzasca è un esempio dell’impegno di Comunità Montana Valli del Verbano. L’Ente si pone all’avanguardia nell’utilizzare le moderne tecnologie per costruire uno sviluppo del territorio sostenibile a tutela dell’ambiente e della fauna, in equilibrio con i ritmi della natura e rispettoso dei valori della tradizione. Marco Magrini Presidente Comunità Montana Valli del Verbano Capofila italiano del progetto Interreg
Egregi signori, Cari amici allevatori, Con soddisfazione vogliamo presentare questo strumento utile alla gestione dell’allevamento della capra Nera di Verzasca che nasce all’interno del nostro progetto Interreg con la collaborazione del Dipartimento di Patologia Animale Igiene e Sanità Pubblica Veterinaria dell’Università degli Studi di Milano. Un manuale di veloce consultazione per ottimizzare gli interventi necessari per il controllo delle parassitosi sul nostro sistema di gestione di un allevamento che utilizza la pratica del pascolo e dell’alpeggio, caratteristica che vuole preservare una tradizione avvalendosi anche delle novità di ricerca scientifica che nascono nei laboratori e nelle aule delle Università. Teoria e pratica, formazione e aggiornamento, sperimentazione, contraddistinguono il nostro progetto che, con la stretta collaborazione tra allevatori, tecnici, consulenti scientifici, Enti e Istituzioni, fornisce quegli indispensabili strumenti e dati per le migliori scelte aziendali di conduzione. Questo può essere il miglior supporto per il futuro della Capra Nera di Verzasca e, più in generale, dell’economia agricola di montagna. Un grazie forte. Mario Enrico Alberti Presidente Comitato Interreg Nera di Verzasca Athos Tami Federazione ticinese dei consorzi di allevamento caprino e ovino
PrEmEssa Nonostante l’ampia affermazione dell’allevamento caprino negli ultimi anni, le parassitosi in generale, e più in particolare quelle gastrointestinali, sono ampiamente diffuse e rappresentano tuttora una problematica peculiare per questo comparto zootecnico. Infatti, l’organizzazione del ciclo produttivo, le specifiche tecniche di conduzione, la tipologia alimentare, le caratteristiche strutturali ed economiche del comparto rendono ineluttabile, seppur con incidenze diverse a seconda dei contesti presi in esame, la presenza dei parassiti all’interno delle greggi di capre. Il controllo del parassitismo è basato in genere sull’impiego di farmaci antielmintici. La maggior parte dei principi attivi utilizzati appartiene a poche famiglie di farmaci, della stessa classe chimica e dal meccanismo d’azione simile. Una possibile conseguenza è la comparsa del fenomeno della resistenza antielmintica e la difficoltà oggettiva della sua gestione anche nell’allevamento caprino. Infatti, questo fenomeno risulta sempre più diffuso e alcuni casi sono stati segnalati anche in Italia. La capra appare particolarmente toccata da tale problematica per la carenza di molecole registrate specificatamente per questa specie e perché per lungo tempo sono stati utilizzati i dosaggi indicati per l’ovino che risultano inadeguati nel caprino. Attualmente le conoscenze sulla epidemiologia dei nematodi e sullo sviluppo /trasmissione dell’antielmintico resistenza, in particolare dei nematodi gastrointestinali, indicano la necessità di messa a punto di strategie di controllo basate sull’uso razionale del farmaco. Per questi motivi negli ultimi anni c’è stata una forte spinta alla ricerca e all’adozione di metodi alternativi per il controllo dei parassiti che non hanno la stessa efficacia del farmaco o hanno un’azione indiretta sul parassitismo perché agiscono sull’immunità dell’ospite. Tuttavia, la possibilità di utilizzarli come metodi complementari li rende molto interessanti nelle strategie integrate. In accordo con le linee guida adottate in tutta Europa, la conoscenza dell’epieziologia delle parassitosi di natura elmintica o protozoaria è dunque un elemento indispensabile per il controllo sostenibile dei parassiti, in quanto essi interagiscono con l’ospite in uno specifico clima, ambiente di produzione e management. In tale contesto, assumono rilevante importanza le analisi di laboratorio di routine per tenere sotto controllo l’effettiva carica parassitaria e gli eventuali gruppi produttivi maggiormente interessati, la corretta alternanza e dosaggio dei principi attivi, la cadenza stagionale dei trattamenti in base sia ai momenti del ciclo produttivo sia al ciclo biologico dei parassiti, l’impiego di farmaci che non diano residui nel latte in modo da poter effettuare la somministrazione anche durante il periodo di lattazione che coincide con una fase di grande sviluppo parassitario. Il ruolo della diagnostica di laboratorio è fondamentale nell’ambito delle malattie parassitarie. Infatti, molto spesso, sia a causa dell’aspecificità dei sintomi, che per la scarsa evidenza degli stessi, il sospetto clinico ed i dati epidemiologici non sono sufficienti per porre una diagnosi di certezza nelle forme cliniche, né tanto meno per fornire una valutazione del danno zootecnico in caso di infestazioni non conclamate. Il materiale informativo contenuto in questo volume è stato prodotto allo scopo di sottolineare il ruolo importante delle malattie parassitarie nell’ambito delle problematiche sanitarie che interessano l’allevamento caprino. Per altro, è ormai dimostrato che le parassitosi sono tra le più importanti cause di cali delle performances produttive e quindi costituiscono un limite non trascurabile per la redditività di un’azienda caprina. Nello specifico l’opuscolo contiene informazioni a carattere divulgativo relative alle endoparassitosi di natura elmintica e protozoaria che colpiscono la capra adulta e il capretto con particolare riferimento alla diffusione e alle conseguenze sull’ospite e sulle produzioni, al controllo e alla diagnosi. Maria Teresa Manfredi Docente di Parassitologia e Malattie Parassitarie DIPAV - Facoltà di Medicina Veterinaria Università degli Studi di Milano 5
di animali macellati indicano la presenza di specie di NGI di norma rinvenuti in altre specie ospiti quali il cervo o il capriolo e in alcune aree anche il camoscio. Sebbene la capra non sia il loro ospite abituale e possano essere considerati dei parassiti accidentali essi contribuiscono ad aggravare le cariche parassitarie dei caprini e costituiscono un valido indicatore dei rischi sanitari che i caprini corrono quando condividono i pascoli con specie di ruminanti selvatici. È ormai appurato per esempio che alcune aree pascolive della provincia di Varese rappresentano un rischio per le capre relativamente alla trasmissione del nematode meningeo Elaphostrongylus cervi, un parassita che trova il suo ospite ideale soprattutto nel cervo. La capra risulta particolarmente esposta alle infestazioni parassitarie non solo per le modalità di allevamento ma anche per alcune peculiarità proprie della specie: in primo luogo la capra ha una capacità inferiore rispetto alla pecora ed
l
e parassitosi causate da elminti (nematodi gastrointestinali e broncopolmonari, cestodi intestinali e trematodi epatici) sono molto diffuse nei caprini allevati in Lombardia; la stragrande maggioranza delle capre esaminate è risultata positiva all’esame copromicroscopico (P= 96%) per diversi taxa e in particolare i nematodi gastrointestinali (NGI) sono tra i parassiti più diffusi sia nelle capre al pascolo che in quelle allevate in semiestensivo o in intensivo. Tuttavia, essi sono particolarmente numerosi tra gli animali al pascolo in cui si ritrovano le specie più patogene a localizzazione abomasale quali Teladorsagia circumcincta o Haemonchus contortus che costituiscono una fonte di notevoli perdite economiche nell’allevamento della capra da latte. Negli animali in allevamento semiestensivo che praticano un pascolo limitato ad aree ristrette, Teladorsagia circumcincta mostra delle cariche molto elevate, addirittura maggiori che nelle capre al pascolo. Per altro, i dati relativi allo studio dei parassiti adulti raccolti da abomasi e intestini
Endoparassiti della caPra alla bovina di sviluppare nel corso degli anni una adeguata risposta immunitaria alle infestazioni parassitarie. Inoltre, nella capra da latte, le infestazioni da NGI hanno livelli simili tra animali adulti e giovani rispetto alla pecora in cui gli adulti sono significativamente meno infestati rispetto ai giovani. L’individuazione di questo fenomeno riveste una fondamentale importanza, dal momento che troppo spesso la capra è stata assimilata alla pecora nella gestione sanitaria delle parassitosi sia per quanto riguarda la pianificazione dei trattamenti che per la scelta dei dosaggi terapeutici, con il risultato di un sempre maggior tasso di insuccessi nel controllo e di diffusione delle farmacoresistenze nelle popolazioni elmintiche.
I NEMATODI GASTRO-INTESTINALI
Sono parassiti appartenenti a diverse famiglie che colonizzano l’apparato gastrointestinale (abomaso, intestino tenue, cieco e colon) e più specie infestano contemporaneamente l’ospite (poliparassitismo). Sono molto sottili, lunghi 0,6-3 cm con caratteristiche biologiche simili. I parassiti adulti vivono liberi nel lume e si nutrono di materiale alimentare; si distinguono tra gli abomasali, in particolare Haemonchus contortus e Trichostrongylus axei che sono ematofagi. Ciclo di sviluppo Il ciclo vitale è caratterizzato da una fase che si svolge nell’ambiente esterno (FASE ESOGENA) e un’altra nell’ospite (FASE ENDOGENA). I parassiti adulti vivono nel lume dell’abomaso o dell’intestino e producono uova che giungono all’esterno insieme alle feci. Dall’uovo si forma una larva che evolve fino al terzo stadio che infesterà l’ospite. Le larve sono in grado di risalire sulla vegetazione fino a 15-20 cm di altezza e si disperdono nell’ambiente. L’ospite s’infesta ingerendo il foraggio contenente tali larve
che penetrano prima nella mucosa dell’organo e vi rimangono fino a che non hanno completato il loro sviluppo. Si riportano, quindi nel lume dell’abomaso o dell’intestino dove diventano adulti, si riproducono e inizia l’eliminazione di uova. Alcuni nematodi gastrointestinali infestano la capra per via percutanea (Strongyloides) e le L3 in seguito ad una migrazione attraverso il sistema venoso, i polmoni e la trachea, raggiungono l’intestino tenue dove maturano a femmine adulte. I capretti si infestano con Strongyloides subito dopo la nascita con il colostro in seguito alla mobilizzazione delle larve localizzate nei tessuti della madre. Il ciclo endogeno ha durata variabile (min. 17 gg max 56 gg) a seconda della specie parassita. Lesioni Le larve dei nematodi abomasali penetrano nelle ghiandole della mucosa che aumentano di volume e sono evidenti sulla mucosa come piccoli noduli rilevati. La mucosa è infiammata. Le ghiandole parassitate perdono gradualmente la loro attività e vengono rimpiazzate da cellule indifferenziate determinando modificazioni biochimiche. Ne consegue la riduzione dell’attività del succo gastrico nei confronti degli alimenti ingeriti e della popolazione batterica presente nel tubo gastroenterico;
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contemporaneamente si osserva la perdita di proteine nel lume intestinale. I nematodi intestinali hanno una fase intramucosale simile a quella degli abomasali; le lesioni più frequenti consistono in erosioni della superficie della mucosa accompagnate da deformazioni o atrofia dei villi intestinali con conseguente alterazione della capacità digestiva e assorbente. I parassiti adulti vivono nel lume dell’organo e si nutrono del contenuto. Alcune specie sono in grado di sottrarre sangue all’ospite attraverso lesioni provocate dall’apparato boccale armato di strutture (denti o lamine) per incidere la mucosa. Dalle lesioni, anche dopo che il parassita si è staccato, si osserva un gemizio di sangue che può durare alcuni minuti e aggrava le perdite ematiche causate dall’infestazione parassitaria.
centuale di animali infestati è elevata nelle provincie che utilizzano maggiormente il pascolo (come le aziende varesine). In queste aziende gli animali sono anche più infestati e quindi eliminano un numero elevato di uova di parassiti nelle feci. Percentuale di capre infestate da nematodi gastrointestinali provenienti da allevamenti lombardi e dalla provincia di varese parassita
Provincia di varese (n° capi =432) %
capre lombarde (n° capi =2555) %
STrONGyLOIDES
9,0
17,5
stroNgylida
69
35,6
NEMATODIrUS
8,3
10,8
SkrjAbINEMA
19,2
24,7
TrICHUrIS
13,9
10,4
CAPILLArIA
1,2
0,5
0
0,1
MArSHALLAGIA
Escrezione di uova di nematodi gastrointestinali in capre lombarde a seconda del sistema di allevamento (upg= numero di uova per grammo di feci) parassita
Distribuzione e importanza Le parassitosi in generale e più in particolare quelle gastrointestinali costituiscono una problematica sanitaria pressoché costante nel settore dell’allevamento dei piccoli ruminanti e più in specifico della capra, indipendentemente dall’indirizzo produttivo. Gli elementi determinanti nel fenomeno del parassitismo gastrointestinale della capra sono la diffusa pratica del pascolamento dei greggi e le peculiari caratteristiche di resistenza/ resilienza della specie caprina all’infestazione parassitaria. Indagini parassitologiche condotte recentemente in Lombardia hanno dimostrato che queste parassitosi interessano la quasi totalità delle aziende e la per-
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capre che non effettuano pascolo
capre che effettuano pascolo
stroNgylida upg media upg max
9,73 990
191,80 3602
STrONGyLOIDES spp. upg media upg max
5,75 233
6,16 267
NEMATODIrUS spp. upg media upg max
0,46 100
2,28 100
CAPILLArIA spp. upg media upg max
0,06 33
0 0
TrICHUrIS spp. upg media upg max
4,67 367
10,31 233
Le infestazioni da nematodi gastrointestinali influiscono negativamente sulle performances produttive e sul livello sanitario generale delle capre da latte. Per quanto concerne la produzione di latte, le perdite variano tra il 2,5% ed il 18,5% a seconda del contesto di allevamento. Il calo produttivo interessa sia la quantità di latte prodotto nel corso della singola lattazione sia quella complessiva dell’intera carriera produttiva. Si ha anche un peggioramento sostanziale nelle caratteristiche compositive dello stesso latte prodotto, rilevando un calo del 29,9% del tenore di grasso, del 23,3% di quello di proteina e del 19,6% di quello di lattosio. Sintomi e diagnosi Il segno clinico più frequente è la perdita di peso e di appetito, la diarrea è intermittente e poco frequente. Nelle infestazioni miste in cui c’è una forte presenza di Haemonchus contortus si ha una grave anemia dovuta all’ematofagia del parassita. Ogni parassita causa la perdita di circa 0,05ml di sangue al giorno e pertanto un animale infestato da 5.000 H. contortus può perdere circa 250ml di sangue al giorno. Nelle forme gravi si ha la morte degli animali e se sono soggetti in lattazione, vi è l’interruzione della produzione di latte (agalassia) con conseguente mortalità tra i capretti. Nelle forma acute si riscontrano edemi, ascite, letargia, feci scure. In generale la diarrea non è caratteristica della parassitosi. La forma cronica è
associata ad una progressiva perdita di peso e abbattimento. La diagnosi è basata sui segni clinici, sulla stagionalità (in genere i casi clinici compaiono da agosto a ottobre) sull’identificazione e conteggio delle uova (upg) e, quando possibile, sull’evidenziazione delle caratteristiche lesioni abomasali. Controllo Il trattamento può essere effettuato con diverse molecole ( benzimidazoli, levamisolo o avermectine/milbemicine) che permetteno di eliminare i parassiti adulti e le larve. Dopo il trattamento, al fine di evitare reinfestazioni immediate, gli animali dovrebbero essere spostati su un pascolo non precedentemente utilizzato. Il controllo delle gastroenteriti parassitarie dei caprini non è di facile attuazione e i risultati non sono sempre ottimali per i seguenti motivi: 1. L’aumento dell’emissione delle uova nel periodo del periparto è particolarmente rilevante nelle capre ed è la causa più importante di contaminazione del pascolo in primavera. 2. Le gastroenteriti parassitarie sono generalmente sostenute da un gran numero di generi e specie di nematodi con differenti caratteristiche epidemiologiche. 3. La contaminazione dei pascoli è quasi continua, è fortemente condizionata dalle condizioni climatiche e le reinfestazioni sono la norma tra gli animali allevati al pascolo. 4. La resistenza agli antielmintici è diffusa e sono quindi necessarie strategie per gestire la resistenza e/o limitare l’ulteriore sviluppo di ceppi resistenti.
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I NEMATODI BRONCOPOLMONARI
Le infestazioni a livello respiratorio nei piccoli ruminanti sono spesso sostenute dalla presenza contemporanea di diversi generi e specie elmintiche appartenenti ai Protostrongylidae e Dyctiocaulidae che hanno caratteristiche biologiche simili.
Protostrongylidae
Sono parassiti molto sottili, lunghi 0,5-6cm, di difficile osservazione. Il loro effetto patogeno è variabile, infatti, sembra che le capre siano più recettive delle pecore nei confronti dell’infestazione da Protostrongilidi. Comprendono specie che si localizzano in differenti parti dell’apparato respiratorio: Muellerius capillaris - alveoli Protostrongylus rufescens - bronchioli Cystocaulus ocreatus - parenchima, in noduli sottopleurici Neostrongylus linearis - parenchima, in noduli sottopleurici Ciclo di sviluppo Hanno ciclo biologico indiretto, gli ospiti definitivi sono capre e pecore e gli ospiti intermedi sono molluschi gasteropodi terricoli. I parassiti adulti si localizzano in sede polmonare e le femmine sono ovovivipare. Depongono uova che si schiudono in breve tempo e le larve L1 da qui si portano nell’apparato digerente, tramite il muco deglutito dall’ospite. Le L1 nelle feci sopravvivono anche 8–10 mesi, in attesa dei molluschi ospiti intermedi, che sono coprofili e in cui si formeranno le larve infestanti (L3). Gli ospiti definitivi si infestano ingerendo con il foraggio i molluschi parassitati contenen10
ti le L3 che liberate dai processi digestivi dell’ospite, migrano dal tratto digerente per via linfoematogena fino a raggiungere il polmone dove diventano adulti. Il periodo che intercorre tra l’infestazione e la formazione dell’adulto è di 6-10 settimane per Muellerius e di 5-6 per Protostrongylus. Lesioni L’infestazione da Muellerius è associata alla comparsa di piccole lesioni nodulari in prossimità o sulla superficie del polmone di consistenza dura alla palpazione. Nelle infestazioni da Protostrongylus vi è spesso l’interessamento di ampi distretti polmonari dovuto all’occlusione da parte dei parassiti di un bronco che coinvolge nel processo anche le diramazioni a valle, ripiene di uova, larve e frammenti cellulari.
Dictyocaulidae
Nella capra è presente un’unica specie Dyctiocaulus filaria che pare non avere grande diffusione in quest’ospite. È un nematode distribuito soprattutto nelle aree temperate. Possiede un elevato potere patogeno, ed è comunemente associato ad una sindrome cronica con tosse e dispnea. Gli adulti di questa specie sono sottili, lunghi fino a 8 cm, e si trovano nella trachea e nei bronchi. Ciclo di sviluppo Ha un ciclo biologico diretto. Le femmine adulte depongono uova embrionate che avvolte dal muco bronchiale sono trasportate verso le vie aree superiori. Qui, vengono deglutite e, attraversando l’apparato digerente della capra, nascono le larve di primo stadio (L1), che sono espulse con le feci. Raggiunto l’ambiente esterno, mutano fino a divenire infestanti ( L3); esse sono resistenti alle basse temperature invernali e dotate di scarsa
mobilità. L’ospite si infesta alimentandosi sul pascolo contaminato dalle larve. Dopo essere state ingerite, le L3 penetrano nella mucosa intestinale e giungono come L4, negli alveoli polmonari. Qui mutano a L5 e i giovani adulti vanno ai bronchi, dove maturano sessualmente in circa un mese. Il periodo di prepatenza è di 5 settimane. Distribuzione e importanza Le capre eliminano un numero maggiore di larve di nematodi broncopolmonari rispetto alle pecore, a causa della minore resistenza
immunitaria. Le infestazioni da protostrongilidi sono le più importanti nella capra. In particolare, quelle causate da Muellerius hanno una maggiore frequenza grazie all’ampia diffusione dei molluschi che possono fungere da ospiti intermedi. Nel caso di Protostrongylus le prevalenze possono essere più ridotte per la maggior specificità di questo parassita verso alcune specie di gasteropodi terricoli. La minore diffusione dell’infestazione da Dyctiocaulus è imputabile alla scarsa mobilità delle larve nell’ambiente esterno, alla loro sopravvivenza fortemente condizionata dalla temperatura e dall’umidità che è molto limitata nelle stagioni secche. La diffusione di Dictyocaulus sui pascoli si affida ad un meccanismo di trasporto delle larve da parte di fattori disgreganti delle feci, come per esempio la pioggia sottile e prolungata, attività di coleotteri coprofagi, vermi di terra, uccelli, crescita rigogliosa del manto erboso che favorisce la dispersione.
Sintomi e diagnosi I sintomi di polmonite non sono sempre evidenti. In ogni caso, il decorso della broncopolmonite verminosa è cronico, complicato spesso da infezioni secondarie (Pasteurella, Salmonella). I sintomi respiratori sono più intensi in autunno-inverno, per poi diminuire in primavera: tosse secca e stizzosa, tachipnea, respiro superficiale, catarro. Nelle infestazioni massive gli animali appaiono abbattuti e dimagriti. La presenza contemporanea di più generi comporta sindromi da minore rendimento, soprattutto nei soggetti da latte. La diagnosi può essere fatta mediante l’esame copromicroscopico per flottazione utilizzando delle soluzioni flottanti a peso specifico elevato (es. zinco solfato). Inoltre, è possibile isolare e identificare le larve di primo stadio mediante la tecnica di Baerman che sfrutta la capacità delle larve dei nematodi di migrare dal materiale fecale nell’acqua.
Controllo A causa dell’ubiquitarietà dei molluschi ospiti intermedi, e del fatto che le L3 dei protostrongilidi possono sopravvivere per tutta la vita dei molluschi, il controllo è difficile, ma fortunatamente raramente necessario. In alcune allevamenti si può ottenere una riduzione del numero di lumache con l’utilizzo di lumachicidi. Il trattamento delle capre si effettua con diverse molecole quali i benzimidazoli e soprattutto, levamisolo e lattoni macrociclici che hanno dimostrato una certa efficacia ricorrendo però a trattamenti ripetuti o a dosi maggiorate rispetto a quelle utilizzate per trattare i nematodi gastrointestinali. 11
I TREMATODI EPATICI La specie che più frequentemente infesta la capra è Dicrocoelium dendriticum. Il parassita adulto si localizza nei dotti biliari e nella cistifellea. La forma lanceolata e le piccole dimensioni, inferiori al centimetro, lo rendono inconfondibile rispetto agli altri distomi epatici (es Fasciola epatica). Ciclo di sviluppo Il ciclo vitale è di tipo indiretto con due ospiti intermedi. Gli ospiti definitivi sono rappresentati da ruminanti domestici (capre, pecore e bovini), ruminanti selvatici (cervi), lagomorfi (lepri e conigli) e dall’uomo: essi liberano le uova nell’ambiente con le feci. Le uova (contenenti una larva) ingerite dal primo ospite intermedio, un gasteropode terrestre, si schiudono nello stomaco del gasteropode e danno origine a diverse generazioni di altre larve che verranno espulse in ammassi mucillaginosi, ciascuno dei quali può contenere fino a 5000 individui (cercarie). Essi vengono assunti dal secondo ospite intermedio, una formica, in cui maturano a metacercarie in circa 1-2 mesi. Alcune delle cercarie ingerite migrano nel sistema nervoso della formica che rimane bloccata in cima agli steli d’erba per un crampo mandibolare, dove viene più facilmente ingerita dagli ospiti definitivi. Grazie agli enzimi intestinali nell’ospite definitivo si liberano le metacercarie, che raggiungono la cistifellea e i dotti biliari risalendo il coledoco senza migrazioni nel parenchima epatico. Il periodo prepatente è di circa 1-2 mesi. Le uova rilasciate dai parassiti adulti raggiun12
gono il lume intestinale insieme alla bile e vengono liberate nell’ambiente con le feci. Lesioni Alterazioni di grossa entità a carico dei dotti biliari e del fegato si rilevano poco di frequente e per lo più in concomitanza d’infestazioni massive. Distribuzione e importanza La dicrocoeliosi è un’infestazione che colpisce sostanzialmente solo gli animali al pascolo, in quanto richiede l’ingestione accidentale del secondo ospite intermedio. Sintomi e diagnosi Molto spesso la parassitosi è asintomatica. In caso di infestazioni massive sono state descritte: anemia, edema, cachessia e diminuzione delle produzioni. I fegati infestati hanno in generale un aspetto normale perché manca una fase migratoria nel parenchima epatico anche se in caso di infestazioni sostenute da un elevato numero di parassiti è possibile rilevare cirrosi diffusa e fibrosi dei piccoli dotti biliari. La diagnosi è basata sull’esame copromicroscopico utilizzando la tecnica della flottazione con soluzioni pesanti e sull’evidenziazione dei parassiti all’esame necroscopico. Controllo Il controllo di D. dendriticum è difficile: interventi sui due ospiti intermedi sono praticamente irrealizzabili in quanto essi sono diffusi in maniera uniforme sul territorio. Per altro le uova di D. dendriticum possono resistere sui prati asciutti per diversi mesi, rappresentando così una ulteriore riserva oltre agli ospiti intermedi. Il controllo della dicrocoeliosi può quindi di fatto essere realizzato solo per via farmacologica.
I CESTODI INTESTINALI
I cestodi o “vermi piatti” sono parassiti sottili, nastriformi, caratterizzati da un corpo segmentato, costituito da numerosi elementi o proglottidi. Lo stadio adulto vive nell’intestino tenue dell’ ospite vertebrato, nutrendosi del contenuto intestinale assunto attraverso il rivestimento del corpo, in quanto sono sprovvisti di canale alimentare. Le principali specie che si rinvengono nella capra appartengono al genere Moniezia; esse possono raggiungere la lunghezza di 3-5 m. Queste specie sono anche le uniche che pongono problemi di patogenicità e possono infestare gli ovini e in qualche caso il bovino. Ciclo di sviluppo Dal parassita adulto che vive nell’intestino tenue si staccano le proglottidi e si liberano le uova dopo rottura della proglottide. Le uova, contenenti un embrione piriforme sono ingerite dagli ospiti intermedi, degli acari Oribatidi coprofagi, detti “acari del muschio” o “acari del foraggio”. Nell’acaro gli embrioni si trasformano nella larva cisticercoide, stadio infestante per l’ospite definitivo. I caprini al pascolo ingeriscono insieme al foraggio anche gli acari parassitati, che vivono nell’erba umida; dopo la loro digestione si libera la larva che raggiunge l’intestino tenue
della capra dove diventa adulto in 6 - 8 settimane. Lesioni I cestodi assorbono sostanze nutritive in parte già elaborate dall’organismo della capra (aminoacidi, vitamine, ecc.), hanno un’azione irritativa sulle cellule della mucosa intestinale, con conseguente scarso assorbimento delle sostanze nutritive e possiedono anche un’azione tossica dovuta alle sostanze eliminate dei parassiti. Distribuzione e importanza È una parassitosi legata al pascolo a diffusione cosmopolita. Le aree pascolive sono infestate in modo perenne grazie alla longevità dei cisticercoidi all’interno degli acari (fino a 12-18 mesi) e a condizioni ambientali favorevoli. I terreni umidi e ricchi di humus hanno vegetazione più fitta e favoriscono la presenza degli acari, che invece muoiono nel foraggio secco (e i cisticercoidi con loro). Sintomi e diagnosi Bassi livelli di infestazione sono asintomatici. Infestazioni massive si riscontrano di frequente nei capretti e provocano disturbi digestivi associati spesso a diarrea, addome dilatato, convulsioni e ostruzioni intestinali. I soggetti colpiti manifestano un notevole ritardo nell’accrescimento e se non trattati possono giungere ad uno stato cachettico. L’esame coprologico rileva la presenza uova nelle feci o di proglottidi che appaiono come segmenti bianchi. Controllo Per il trattamento di Moniezia sono utilizzati più di frequente alcuni benzimidazoli ad ampio spettro in quanto hanno il vantaggio di essere attivi anche nei confronti dei nematodi gastrointestinali. 13
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ra gli endoparassiti che colpiscono gli animali giovani, la coccidiosi intestinale da Eimeria spp. costituisce un rilevante problema sanitario ed economico, anche negli allevamenti caprini, soprattutto per la quota di rimonta quando questa viene allevata intensivamente. L’evoluzione di questa infezione protozoaria è spesso influenzata da fattori ambientali; i coccidi intestinali trovano un microhabitat favorevole alla loro proliferazione nella gran parte delle aziende, a prescindere spesso dalle caratteristiche climatiche proprie del luogo e sono tra le maggiori cause di mortalità nei pri-
Endoparassiti del caPrEtto mi mesi di vita ( nei capretti la mortalità può raggiungere il 23%). Studi recenti, hanno dimostrato la presenza pressoché ubiquitaria di altre specie di protozoi fino ad ora scarsamente considerati nell’ambito dell’allevamento caprino. Nello specifico Cryptosporidium e Giardia sono protozoi che causano infezioni enteriche (spesso resistenti ai comuni trattamenti antiparassitari) nei giovani capretti e sono in grado di infettare anche l’uomo. Hanno prevalenze più moderate (Cryptosporidium 16%- 30% e Giardia 20% nei capretti) rispetto ai coccidi del genere Eimeria., ma è stato dimostrato che anche tali parassiti nell’ambito dell’allevamento dei piccoli ruminanti sono in grado di arrecare danni all’economia di un’azienda in termini di mancato guadagno per i ritardi di crescita e le perdite economiche dovute alla mortalità.
CRyPTOSPORIDIuM Cryptosporidium parvum è un piccolo protozoo che colpisce il bovino, l’ovino, il caprino, il cavallo, i cervidi ed anche l’uomo. Recenti studi molecolari hanno mostrato che esistono genotipi di Cryptosporidium ospitespecifici. Ciclo vitale Le oocisti (stadio del protozoo presente nelle feci degli animali infetti) vengono emesse all’esterno e contaminano i pascoli e le ac-
que. Esse contengono 4 elementi infettanti (gli sporozoiti) e, assunte insieme all’alimento o all’acqua da bere, sono digerite. Gli sporozoiti liberi arrivano nell’intestino tenue. Qui non penetrano nella cellula come gli altri coccidi ma si adagiano sulla sua superficie e vengono racchiusi in una sorta di capsula formata da strutture presenti sul bordo delle cellule intestinali (microvilli). All’interno di essa il protozoo si moltiplica diverse volte e gli elementi prodotti escondo dalla capsula e vanno ad infettare altre cellule iniziando nuovi cicli produttivi. Al termine si formano le oocisti che si riscontrano già dopo 72 ore dall’infezione e sono subito infettanti perciò possono determinare anche delle autoinfezioni.
crovilli infetti, con conseguente disfunzioni intestinali e di alcuni processi enzimatici. Distribuzione e importanza La criptosporidiosi dei ruminanti è una parassitosi dell’animale molto giovane. Quando la malattia è chiaramente manifesta, nei capretti ci si può aspettare una morbidità del 100 % (sono colpiti tutti gli animali di 2 settimane di età) e una mortalità dell’80 % e spesso l’infezione è associata ad altri patogeni. Questi soggetti possono eliminare diversi milioni di oocisti per grammo di feci. Il parassita è probabilmente presente in tutte le aziende di ruminanti sebbene gli episodi di criptosporidiosi acuta colpiscono solo alcuni gruppi/greggi e si manifestano solo in certe annate. Le specie di Cryptosporidium presenti nella capra e negli altri ruminanti domestici possono infettare l’uomo. Quest’ultimo contrae l’infezione quando viene a contatto con le feci degli animali infetti o con acqua contaminata. Il sintomo principale è la diarrea profusa. Sono esposti soprattutto i soggetti anziani o con immunodepressione i quali manifestano le forme più gravi. Sintomi e diagnosi La criptosporidiosi si presenta con diarrea a volte intermittente che causa forte disidratazione, dimagrimento, febbre, inappetenza e ridotto incremento ponderale. I segni clinici compaiono da 3 a 6 giorni più tardi in un importante numero di animali e sono
Lesioni I protozoi provocano una riduzione delle dimensioni, rigonfiamento e fusione dei mi15
dominati da debolezza, diarrea giallastra e eventualmente mortalità. Tra i giovani ruminanti appena nati, i capretti sono i soggetti più sensibili, seguiti dai vitelli e poi dagli agnelli. Sul piano clinico la tipologia di diarrea e l’età in cui compare sono indicative dell’infezione da Cryptosporidium. La diagnosi di laboratorio si basa sul riscontro delle oocisti che però sono molto piccole e quindi è necessario allestire degli strisci di materiale fecale che devono essere colorati (colorazione di Ziehl-Neelsen modificata o altre colorazioni). L’identificazione di specie è difficile, se non impossibile, microscopicamente e si consegue solo con metodiche molecolari. Metodi diagnostici attendibili sono l’immunofluorescenza o un test immunoenzimatico (ELISA). Controllo Nessuna delle molecole attualmente disponibili ha efficacia sufficiente a ostacolare in maniera significativa l’evoluzione della malattia. La sola alternativa sugli animali ammalati è applicare un trattamento sintomatico rivolto a limitare le conseguenze della diarrea (antidiarroici e reidratazione). La profilassi si basa sia su procedure d’igiene generale sia sull’impiego di molecole specifiche. La profilassi farmacologica sugli animali infetti può essere effettuata utilizzando l’alofuginone lattato (Halocur®) o la paromomicina solfato (Gabbrovet®). Si effettua una somministrazione quotidiana o due volte al giorno da 3 fino a 12 gg di età direttamente per via orale o nel latte alla dose giornaliera di 100 µg/kg (Halocur®) o 100 mg/kg (Gabbrovet ®). Il trattamento degli animali adulti al fine di limitare l’infezione dei giovani e dell’ambiente non è considerabile sia per ragioni di costo sia per l’impatto probabilmente limitato delle madri sulla comparsa della criptosporidiosi nei nuovi nati.
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GIARDIA
Giardia duodenalis è un protozoo che risiede nell’intestino tenue di molti mammiferi (uomo compreso). Presenta solo 2 stadi di sviluppo, il trofozoita che possiede in corrispondenza della superficie ventrale un grosso disco adesivo e dei flagelli e la cisti. Ciclo vitale
Il ciclo biologico è diretto. L’ospite ingerisce le cisti in genere con l’acqua da bere; nello stomaco le cisti vengono lisate e si liberano i trofozoiti che si portano nell’intestino nuotando nei succhi digestivi grazie ai flagelli. Giunti nell’intestino aderiscono alla parete tramite il disco adesivo che funziona come una ventosa. I trofozoiti si moltiplicano (ogni individuo dà origine ad altri due protozoi) e in modo intermittente formano delle cisti che sono espulse con le feci dell’ospite già dopo 5 giorni dall’infezione e sono molto resistenti nell’ambiente esterno. L’escrezione di cisti può durare parecchi mesi e assicura la trasmissione tra gli animali per mezzo dei vegetali o acqua contaminata. Lesioni Nelle infezioni massive i protozoi possono essere così numerosi da tappezzare vaste aree della superficie intestinale ostacolando la funzionalità della mucosa e provocando la diarrea. Il danno principale è di natura
dei microvilli. La diarrea è osservabile negli animali di un mese di età ed è accompagnata da una elevata escrezione di cisti. Le cisti di Giardia possono essere evidenziate nelle feci mediante esame diretto di strisci fecali, esame coprologico per sedimentazione e flottazione immunofluorescenza diretta o tecnica immunoenzimatica (test ELISA). Controllo Poiché l’infezione viene trasmessa per via oro-fecale, il mantenimento di un buon livello igienico e l’adozione di corrette pratiche gestionali consentono di evitare la contaminazione degli alimenti e dell’acqua di abbeverata. Non esiste una terapia di elezione per il trattamento degli animali, ma molti antielmintici benzimidazoli (albendazolo, fenbendazolo) si sono dimostrati efficaci. Le dosi sono superiori a quelle normalmente utilizzate per trattare gli elminti. meccanica ed è causato dal distacco del protozoo che provoca lesioni a carico dei microvilli. Le zone di mucosa colonizzate dai parassiti appaiono lisce. Distribuzione e importanza L’escrezione di G. duodenalis è frequente nei piccoli ruminanti adulti con delle prevalenze nell’intero gregge dell’ordine del 100% e dei livelli di escrezione variabili da qualche cisti a qualche migliaio/g di feci con un aumento nel periodo del parto. L’escrezione sembra più frequente e più intensa negli animali molto giovani di qualche mese di età (massimo 400.000 cisti/g di feci). Sintomi e diagnosi I sintomi (diarrea persistente acuta e cronica, dolori addominali, e perdita di peso) sono molto variabili. Le feci non contengono sangue e raramente muco, perché il parassita determina un danno meccanico alla mucosa intestinale con appiattimento 17
EIMERIA
protozoi, viene eliminata con le feci nell’ambiente esterno, dove in condizioni adeguate si formano 8 elementi infettanti (gli sporozoiti) che rimangono all’interno della stessa oocisti. I caprini si possono infettare nei locali di stabulazione o al pascolo, ingerendo le oocisti infettanti contenenti perciò gli sporozoiti. A livello intestinale, questi elementi
Sono protozoi appartenenti alla famiglia Eimeridae, dotati di specie-specificità strettissima, con ciclo biologico diretto che si svolge in due fasi fondamentali: una endogena nell’ospite recettivo, ed una esogena nell’ambiente esterno. Le specie di coccidi che parassitano i caprini e gli ovini per lungo tempo sono state considerate come identiche. In realtà le specie responsabili delle parassitosi dei caprini sono diverse da quelle degli ovini, benché abbiano caratteristiche morfologiche e patogenetiche molto simili. Ad oggi sono state riscontrate nelle capre nove specie di Eimeria; in condizioni naturali le infezioni miste rappresentano la regola. Nei caprini quelle più pericolose ed associate all’insorgenza di sintomi importanti sono E. ninakohliakimovae e E. hirci.
penetrano nelle cellule epiteliali della mucosa in cui si moltiplicano. Dopo ogni ciclo di moltiplicazione gli stadi prodotti vengono liberati nel lume intestinale dopo rottura
Ciclo vitale L’oocisti, forma di propagazione di questi Specie di Eimeria che possono infettare i caprini specie
localizzazione
Eimeria alijevi
tenue, colon e cieco
7-12
sconosciuto
14-17
non patogeno.
Eimeria arloingi
duodeno, digiuno e ileo e linfonodi mesenterici
14-17
non patogeno. lesioni semipapillose o polipi, solitamente come conseguenza di formazione di gametofiti. scarso significato patologico.
Eimeria caprina
sconosciuto
17-20
Patogena. Non conosciuta in dettaglio.
Eimeria caprovina
sconosciuto
14-20
non patogeno.
digiuno, vasi linfatici sottomucosa e linfonodi mesenterici
14-23
Patogena. desquamazione mucosa e necrosi epiteliale.
Eimeria hirci
sconosciuto
13-16
Patogena. meccanismo non confermato.
Eimeria jolchijevi
sconosciuto
14-17
sconosciuto.
ileo, colon e cieco
10-13
molto patogena. lesioni a cieco e colon. Emorragie petecchiali nel tenue. infiltrazioni cellulari e disepitelizzazione, con conseguenti infezioni secondarie e emorragie, edema, atrofia dei villi.
Eimeria aspheronica
Eimeria christenseni
Eimeria ninakohlyakimovae
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prepatenza (giorni)
patogenicità non patogeno. debolezza, inappetenza, perdita peso.
della cellula e vanno ad infettare altre cellule moltiplicandosi nuovamente. Infine, l’ultima fase del ciclo porta alla produzione delle oocisti che verranno eliminate con le feci e nell’ambiente esterno in cui diventeranno infettanti. In definitiva, è stato calcolato che l’ingestione di una sola oocisti sporulata può portare alla produzione di 30 milioni di oocisti nell’arco del periodo d’infezione. Lesioni L’azione patogena dei coccidi si esplica soprattutto attraverso un processo traumatico, in quanto le varie generazioni del parassita determinano la distruzione completa delle cellule intestinali coinvolte e la flogosi dei tessuti circostanti. Le lesioni epiteliali determinano d’altra parte un aumento delle contrazioni intestinali con comparsa di fenomeni diarroici. L’ingestione di una singola oocisti sporulata può teoricamente arrivare a distruggere fino a 2 mm2 di mucosa intestinale. Distribuzione e importanza I protozoi del genere Eimeria sono un reperto comune sia nelle capre adulte sia nei capretti con prevalenze molto elevate (80100%) e manifestazioni cliniche nel 50% dei soggetti esaminati. Spesso l’infezione è sostenuta da più specie caratterizzate da differente patogenicità. Negli allevamenti caprini lombardi l’infezione interessa il 100% delle aziende controllate e il 91,8% delle capre adulte. I soggetti responsabili della maggiore eliminazione di oocisti sono i giovani e le madri nel periodo peripartum. La maggiore recettività si verifica intorno alle 4-7 settimane di vita, quando i giovani vengono separati dalle madri e portati in pascoli o in locali contaminati da oocisti sporulate (periodo dello svezzamento). Sintomi e diagnosi Si distinguono due forme: subclinica e clinica. La forma subclinica si presenta con
una diminuzione dell’appetito, perdita di peso, anemia e peggioramento dell’indice di conversione alimentare, mentre la forma clinica è caratterizzata da diarrea di intensità variabile (con o senza muco o sangue), disidratazione, febbre, dolori addominali, anemia, premiti con prolasso dell’ano, sintomi nervosi e morte. La diagnosi si basa sull’identificazione e quantificazione delle specie patogene (esame copromicroscopico quantitativo) e deve prendere in considerazione l’età dell’animale e le condizioni di allevamento per decidere l’eventuale trattamento. Controllo I principi attivi maggiormente utilizzati sono stati i sulfamidici, da soli o in associazione con altre molecole. I sulfamidici devono essere somministrati per almeno 3-4 giorni e generalmente affiancati ad una terapia reidratante. Ultimamente per gli ovini è stato registrato in Italia un prodotto a base di diclazuril, che è somministrato in un’unica dose di 1 mg/kg di p.v.. Viene utilizzato anche nel capretto ma a diverso dosaggio (2-3 mg/kg p.v.). Il trattamento provoca la riduzione dell’emissioni di oocisti per una settimana circa, dopodiché tende a risalire. In pratica, il significato del trattamento è quello di ridurre le manifestazioni cliniche post-svezzamento, nel momento in cui gli animali sono più a rischio. Per ridurre la contaminazione ambientale appaiono utili le tecniche di profilassi diretta, quali la pratica del tutto pieno/tutto vuoto e l’uso dell’idropulitrice. L’introduzione di nuovi animali in azienda è da considerarsi un rischio potenziale che va tenuto sotto controllo, mediante locali di isolamento, esami parassitologici ed eventuale trattamento farmacologico. II monitoraggio copromicroscopico e gli esami anatomopatologici effettuati sui soggetti macellati o eventualmente deceduti, consente di poter prevenire in maniera significativa situazioni a rischio. 19
la GEstionE DEGli EnDoParassiti nEll’allEvamEnto caPrino Poiché i caratteri strutturali del comparto determinano inevitabilmente il persistere delle parassitosi all’interno del sistema produttivo caprino, l’obiettivo che ci si deve prefiggere attraverso l’adozione di un’opportuna combinazione di interventi è quello non tanto dell’eradicazione (di per sè impossibile finchè permane la possibilità continua di reinfestazione) quanto quello del controllo della parassitofauna, in modo da mantenere le cariche infestanti a livelli compatibili con le produzioni attese e con lo stato generale di salute del bestiame. La via per raggiungere tali scopi si basa essenzialmente sul trattamento farmacologico, ragionato caso per caso in base alle effettive esigenze del singolo allevamento, sull’aumento della resistenza e resilienza del bestiame alla pressione parassitaria presente sui pascoli e sull’utilizzo di altre strategie manageriali (es. rotazione dei pascoli, pascolo misto con specie animali diverse, allevamento di razze resistenti ecc). Trattamenti antielmintici L’importanza delle metodiche e tempistiche di trattamento delle parassitosi all’interno dell’allevamento caprino da latte è stata negli anni passati banalizzata, riducendo la pratica della somministrazione di antielmintici ad una semplice operazione di routine zootecnica spesso affidata direttamente all’esperienza ed alle impressioni degli allevatori e senza il necessario supporto medico e scientifico. Gli errori più comuni che vengono commessi durante la somministrazione di antielmintici riguardano vari aspetti, a cominciare dalla scelta errata del principio attivo in rapporto alla parassitofauna da trattare, all’utilizzo ripetuto dei medesimi principi attivi per lunghi periodi, all’errore nel calcolo della dose sia perchè questa viene stimata sul peso medio e non sul peso individuale o su quello massimo, sia perchè i dosaggi riportati dalle case farmaceutiche e sperimentati sugli ovini si rivelano insufficienti nella capra a causa del diverso metabolismo specifico. Aumentare la resistenza e la resilienza dell’ospite alla pressione parassitaria La resistenza di un ospite è la capacità che questi ha di opporsi all’attacco del parassita stesso e di contrastarne l’azione patogena tramite le proprie difese immunitarie. Per resilienza si intende invece la capacità dell’animale di mantenere inalterato il proprio stato di salute generale e la propria produzione nonostante la presenza di un’infestazione parassitaria. La resistenza ha in genere una base genetica; è noto, infatti, che razze diverse manifestano una differente sensibilità alle infestazioni parassitarie. La resilienza è invece fortemente condizionata dall’ambiente di allevamento. È stato da più parti notato che l’entità del danno subito dai caprini a seguito dell’infestazione elmintica è tanto maggiore quanto più improvviso è il contatto di questi con cariche parassitarie elevate. Tale fenomeno si manifesta in modo eminente in quegli allevamenti che gestiscono le caprette da rimonta separatamente rispetto alle altre classi di età fino al momento del primo parto. Questi animali in genere non accedono al pascolo per tutto il primo anno di vita e quindi non hanno modo di sviluppare un’adeguata risposta immunitaria, con conseguenti maggiori livelli di parassitismo e di eliminazione fecale di uova di elminti al primo contatto con questi. Ulteriori fattori manageriali che influiscono sul livello di parassitismo sono di natura più prettamente alimentare ; un aumento del tasso proteico nella dieta delle capre da latte al di sopra dei normali fabbisogni produttivi è in grado di contrastare gli effetti dell’infestazione parassitaria. Metodi complementari che si possono adottare per il controllo dei parassiti Ulteriori metodiche sono al vaglio degli studiosi per risolvere le problematiche relative al conteni20
mento delle cariche parassitarie al di sotto della soglia di pericolo per le produzioni. In particolare, sono stati considerati i benefici derivanti dall’alternanza sui medesimi pascoli di diverse specie di erbivori caratterizzati dal non essere ospiti naturali dei parassiti caprini. L’ingestione da parte di questi animali delle forme larvali infestanti degli elminti di cui sopra viene a costituire un fondo cieco nel ciclo biologico, abbassando così la carica parassitaria sul pascolo. Sempre allo scopo di diminuire la carica infestante cui vanno esposte le capre nell’ambiente di allevamento, sono stati sperimentati dei particolari miceti “nematodicidi” (genere Duddingtonia). L’attività di questi funghi si esplica attraverso la loro capacità di catturare le larve di nematodi sul terreno per nutrirsene. Somministrando nell’alimentazione delle capre le spore del fungo, queste vengono poi diffuse nell’ambiente insieme alle feci parassitate, contribuendo in modo significativo ad abbassare con il tempo la presenza di larve sul pascolo. Anche il tasso di tannini nella dieta sembrerebbe aver un effetto sulla popolazione elmintica larvale, nel senso che capre alimentate con alimenti a maggior contenuto in tannini non assorbibili presenterebbero una minor carica infestante rispetto ad un gruppo di controllo, a parità di esposizione iniziale, fenomeno che si riscontra anche nei greggi allevati in zone dove parte consistente dell’alimento è fornita da piante ed arbusti. In questo caso sia per la benefica influenza dei tannini contenuti nella vegetazione arbustiva, sia per la minor contaminazione larvale di questi “foraggi aerei”, è possibile rinvenire negli animali interessati un livello di infestazione minore rispetto ai caprini pascolanti solo piante erbacee. La strategia migliore per controllare i parassiti è quella realizzata attraverso la combinazione di trattamenti farmacologici e misure di gestione ambientale ed alimentare e tale protocollo non può essere elaborato se non sulla base di aggiornate e puntuali conoscenze, essendo la generalizzazione quanto di più deleterio ed inficiante il successo delle misure adottate. In particolare per gli elminti parassiti e soprattutto per i nematodi gastrointestinali (NGI) presenti nell’allevamento caprino, diviene evidente la necessità di una buona conoscenza delle popolazioni elmintiche e delle loro dinamiche su scala locale, al fine di meglio calibrare le strategie di lotta. Il loro ciclo di sviluppo ha forti legami con l’ambiente esogeno e ne consegue che il periodo di rischio d’infestazione e quello in cui le cariche degli animali sono più elevate possono variare da una realtà aziendale all’altra anche nell’ambito della stessa area geografica. Ad esempio, gli interventi per il controllo dei NGI con molecole di sintesi (trattamenti antielmintici) vengono effettuati nei periodi più a rischio d’infestazione (es. inizio o tarda primavera) a scopo preventivo, cioè per evitare che si formino delle cariche molto elevate, oppure nei periodi in cui gli animali hanno cariche massive e si registrano cali di produzione o compaiono manifestazioni cliniche. Tali trattamenti hanno scopo terapeutico e dovrebbero essere effettuati in genere nel periodo estivo-autunnale. La scelta del momento in cui intervenire è fatta sulla base della conoscenza delle cariche infestanti degli animali da trattare al fine di ottenere il risultato migliore. Il punto cruciale per il controllo delle infestazioni da nematodi gastrointestinali è dunque il monitoraggio costante dell’allevamento attraverso esami parassitologici delle feci (esame copromicroscopico) il cui esito è fondamentale per decidere qualsiasi tipo di intervento relativamente al trattamento (trattare o meno, effettuare uno o due trattamenti, trattare tutti i soggetti o solo una parte, ecc.). L’esame parassitologico delle feci deve essere 21
sempre effettuato prima di somministrare qualsiasi tipo di intervento. L’esame copromicroscopico consente di stabilire: • l’entità delle cariche • le categorie di soggetti più infestate • i generi parassitari coinvolti (le capre sono parassitate da numerosi nematodi gastrointestinali, alcuni dei quali sono molto patogeni) Esso può essere di gruppo o individuale a seconda che si voglia conoscere lo stato parassitario del gregge o la diversità di parassiti presenti. Nel caso di un campionamento di gruppo si prelevano le feci da almeno 5 soggetti per categoria o stadio di lattazione e con le feci raccolte si costituisce un pool che verrà poi analizzato. L’esame copromicroscopico deve essere effettuato con una tecnica quantitatitiva che consenta di determinare il numero di uova dei parassiti presenti nelle feci degli animali infestati (upg= uova per grammo di feci). Il tecnico o l’allevatore devono pretendere nel referto la presenza di questo indice calcolato con metodiche attendibili (McMaster, FLOTAC) e altamente sensibili per poter prendere decisioni corrette in merito alla gestione delle infestazioni. Relativamente agli NGI, in base al valore di upg ottenuto effettuando un campionamento di gruppo, si distinguono 3 livelli d’infestazione che richiedono interventi diversi: livello inferiore o uguale a 300 upg Le cariche parassitarie sono molto basse, il trattamento non è strettamente necessario tranne quando gli animali rientrano alla fine della stagione di pascolo. livello superiore a 1000 upg Il trattamento è decisamente necessario. livello compreso tra 300 e 1000 upg La scelta di effettuare il trattamento viene presa in base alle produzioni degli animali e al loro stato sanitario. Questi livelli di infestazione sono comunque da rapportare al momento in cui viene fatta l’analisi, all’età degli animali e al loro stato fisiologico. Se l’analisi è effettuata all’inizio della stagione di pascolo le cariche sono necessariamente basse e sono destinate ad aumentare a mano a mano che gli animali utilizzeranno il pascolo. Gli animali giovani, le caprette, sono meno parassitate; le capre nel periodo del periparto (da 2 settimane prima a 8 settimane dopo il parto) eliminano un maggior numero di uova. L’entità della carica dipende anche dall’alimentazione che ricevono gli animali; le capre con un apporto nutritivo corretto senza carenze eliminano meno parassiti. Ne consegue che ogni allevamento costituisce un caso specifico, non si possono traslare informazioni da un’azienda all’altra anche se molto vicine e anche nell’ambito della stessa azienda l’andamento delle infestazioni varia negli anni.
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Il Dipartimento di Patologia animale, Igiene e Sanità Pubblica veterinaria e in particolare la sezione di Parassitologia svolge un’attività di ricerca rivolta allo studio dell’eziologia, ecologia e epidemiologia delle malattie parassitarie degli animali (comprese quelle di specie ittiche, di mammiferi acquatici e della fauna selvatica), studi di tassonomia molecolare e di nuovi target finalizzati al controllo dei parassiti nell’ospite; studi di efficacia di molecole attive nei confronti dei parassiti. Inoltre, una parte dell’attività di ricerca riguarda le zoonosi parassitarie. L’attività di ricerca della sezione si sviluppa nell’ambito di progetti nazionali (MIUr, MiPAF), programmi europei (contratti UE, Azione COST), nonchè attraverso convenzioni con enti ed istituzioni pubbliche ed aziende private. L’attività di ricerca è affiancata anche da un accurato servizio di diagnostica e di consulenza che permette di trasferire nella realtà produttiva zootecnico-industriale le conoscenze scientifiche acquisite, e che costituisce attento osservatorio del territorio consentendo nel tempo di avere corrette informazioni nell’ambito del controllo delle malattie parassitarie degli animali da reddito e di quelle che possono essere trasmesse all’uomo. Università degli Studi di Milano Facoltà di Medicina Veterinaria Dipartimento di Patologia Animale, Igiene e Sanità Pubblica Veterinaria, sezione di Patologia Generale e Parassitologia Via Celoria 10, 20133 Milano Tel. + 39 02 50318098 Fax. +39 02 50318095 e-mail: mariateresa.manfredi@unimi.it
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