ValVIBRATA life SETTEMBRE 2013
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ALEX DE PALO Cambia pelle ma non identità. ValVibratalife si ripresenta in un taglio grafico nuovo, più frizzante e caleidoscopico. Una scelta condivisa con l’editore che non punta al colpo di scena né a stupire con effetti speciali. Quelli li lasciamo a chi fa cinematografia. Il nostro ruolo è un altro. Al magazine che la Val Vibrata attendeva da anni è stata fatta vestire una seconda pelle per una serie di motivi che guardano, anzitutto, al rispetto verso il lettore, sempre più attento ed esigente tanto alla forma quanto ai contenuti. Il prodotto editoriale che ogni mese ci pregiamo di offrirvi deve essere, ad avviso di tutti, il segno distintivo dell’amore verso la nostra terra: un forziere ricco di storia, usi, tradizioni, personaggi a volte in ombra ma che vogliamo far emergere. C’è un mondo invisibile lontano dagli occhi dei più di cui la cronaca ordinaria non si occupa, ma che vive e respira contribuendo a fare grande questo lembo d’Abruzzo a volte vituperato. Ringrazio l’editore che mi ha voluto al timone di ValVibratalife, ringrazio chi mi ha preceduto per avergli impresso la prima spinta. Mia intenzione è fare della redazione un grande laboratorio formato anzitutto da uomini e donne, ragazzi e ragazze, poi dagli strumenti di lavoro. Questi, senza il contributo umano, cessano di esistere. C’è uno staff che nel backstage del magazine è già al lavoro mentre sfogliate il numero in distribuzione: editore, grafico, segreteria, collaboratori e direttore nella loro “cucina” preparano l’edizione che andrà in macchina a breve e che cercano di raccogliere i migliori frutti del nostro territorio. Giorno dopo giorno. ValVibratalife è lo specchio su cui riflettere l’immagine di una realtà multiforme fatta di eccellenze ma anche di semplicità, quella stessa semplicità che passa in cavalleria perché scontata, ma che per noi non lo è. E lungo questo sentiero continueremo a muoverci nella convinzione di avere nei lettori i nostri migliori compagni di viaggio.
EDITORIALE
TOTAL LOOK PER VAL VIBRATALIFE
DIRETTORE Alex De Palo SEGRETERIA DI REDAZIONE Virginia Ciminà HANNO COLLABORATO Federica Bernardini, Valeria Conocchioli, Anna Di Donato, Martina Di Donato, Alessandra Di Giuseppe, Gabriella Foschi, Francesco Galiffa, Giordana Galli, Virginia Maloni, Nando Perilli, Federica Pompei, Luca Tomassoni EDITORE Diamond Media Group s.r.l. Via Carlo Levi, 1- Garrufo di Sant’Omero (TE) Tel. 0861 887405 - redazione@diamondgroup.it VAL VIBRATA LIFE In attesa di registrazione presso il Tribunale di Teramo Documentazione presentata il giorno 20/09/2013 GRAFICA Diamond Media Group s.r.l. STAMPA Arti Grafiche Picene s.r.l. PUBBLICITA’ info@diamondgroup.it RESPONSABILE TRATTAMENTO DATI Dlgs 196/03 Alex De Palo Riservato ogni uso e utilizzo. Vietata la riproduzione anche parziale
“STRADIVARI” D’ABRUZZO VIVE E LAVORA A CIVITELLA UNO DEGLI ULTIMI LIUTAI
I MULINI AD ACQUA SANT’OMERO CONSERVA UNA TESTIMONIANZA DEL PASSATO
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intorno ad un chicco di grano
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C’è un michelangelo fra le mura borboniche
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LA TORRE DELL’OROLOGIO A TORTORETO FRA STORIA E TRADiZIONE
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la nostra storia I CAMPI D’INTERNAMENTO IN VAL VIBRATA
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GIONNI DI CLEMENTE STORIA DI UN CHITARRISTA DOC
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scatti di fine estate IL MARE VA IN LETARGO
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VAL VIBRATA, L’ORIGINE DEI NOMI DELLE CITTA’ A CIVITELLA LA VIA PIU’ STRETTA SUI PEDALI per il sentiero dei laghi di colonnella crodesign sbarca sU amazon start up, iniziare è una...impresa un dos tres un pasito bailanTe mariarita semine di settembre creatività e sviluppo armonico del bambino 40 anni di yellow boot, timberland lascia l’impronta ANNA E I SUOI CAPPELLI la cellulite nemica delle donne comportamento animale
SOMMARIO
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TERRITORIO
QUESTI (S)CONOSCIUTI
I NOMI DELLE CITTA’ DELLA VAL VIBRATA FRA STORIA E CURIOSITA’
Valeria Conocchioli Non solo in Italia, ma in tutto il mondo, la toponomastica è da sempre sinonimo di curiosità. Quanti aneddoti bizzarri si nascondono spesso dietro i nomi delle nostre città! Per ogni società, il nome del luogo dove si vive è molto importante, segno di identità e appartenenza territoriale. Partendo dalle ricostruzioni fatte sull’origine dei nostri comuni, possiamo dire che Alba Adriatica, prima appartenente al comune di Tortoreto con il nome di Tortoreto Stazione, deriverebbe il nome attuale o dall’aggettivo latino albus (bianco) o dalla voce prelatina *alba (altura, monte). Il toponimo Ancarano può essere ricondotto probabilmente al nome della dea pagana Ancaria venerata nel tempio della cittadina. Civitella del Tronto è un diminutivo di civitas (città) con specificazione riferita al fiume Tronto. Colonnella sembrerebbe invece dipendere dal nome di persona Colonnello oppure farebbe pensare a un diminutivo di colonna. Il toponimo Controguerra per alcuni deriverebbe dal latino contrada e dal nome di persona Guerra; per altri dal latino contra (di fronte a) e da una località chiamata Guerra (forse identificabile con Monsampolo). Secondo altri, invece, il nome testimonierebbe l’indole pacifica del luogo, contro gli eccidi del 500 d. C. Corropoli potrebbe collegarsi a vari termini derivati dal latino rupes (roccia) o a Collis Ruppuli (Colle di Ripoli), nome dell’antico insediamento neolitico. La città di Martinsicuro prenderebbe il nome da quello del nobile spagnolo Martin de Segura che fece costruire nel 1547 la Torre per avvistare le incursioni dei corsari turchi e africani e per contrastare il contrabbando sul fiume Tronto. Nereto, secondo varie ipotesi, si collegherebbe al greco neros/ neron (luogo basso, fresco e umido) o “al fiume dalmata Naretwa o Narenta, da cui la dizione dialettale di Narèta”. Sant’Egidio alla Vibrata e Sant’Omero hanno invece origine agionimica, prendono cioè il nome dal patrono dei rispettivi paesi: sant’Egidio e sant’Himerio, poi Omero. Torano Nuovo si collegherebbe alla dea della fertilità Turan mentre l’aggettivo Nuovo è stato aggiunto nel 1864 a seguito di una ricostruzione. Tortoreto deriva il suo nome da Turturitus, a causa della forte presenza di tortore, attratte dal luogo verde e boscoso.
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TERRITORIO
IL CAMPANILE CHE “BRUCIA” IL TEMPO
La Torre dell’Orologio a Tortoreto incendiata , una volta all’anno durante il Palio del Barone, in nome della storia Valeria Conocchioli Cittadina di origine romana, Tortoreto sarebbe molto probabilmente nata a seguito delle migrazioni degli abitanti della costa vesto i territori più interni per ripararsi meglio dalle aggressioni. Il centro storico, di epoca medievale, conserva ancora la sua antica struttura con la fortezza circondata dalle alte mura di cinta. A vegliare su tutta la cittadina è da sempre l’antica Torre dell’orologio. Situata nel più centrale quartiere di Terravecchia, in base alla stratificazione dei materiali da costruzione, sembrerebbe ricondursi a tre epoche storiche diverse: il basamento in pietra e mattoni al lontano 600, periodo della costruzione della cittadina; la parte centrale, di epoca medievale, conserva ancora tracce della presenza di un ponte levatoio da cui si accedeva all’edificio; la parte superiore, risalente invece agli ultimi decenni del 1800, si caratterizza per la presenza di quattro arcate e dell’orologio rivolto verso la piazza sottostante. Sono poi state aggiunte al monumento due lapidi commemorative in ricordo dei caduti durante la prima guerra mondiale e una statua in terracotta della Madonna con bambino. Tra le manifestazioni che vedono protagonista questa antica torre, la più importante è sicuramente il Palio del Barone: una rievocazione storica che si conclude proprio con “l’incendio” della Torre: uno spettacolo pirotecnico che, visto dal basso, crea l’illusione di colate di lava che scendono lungo tutta la costruzione. Cittadina di origine romana, Tortoreto sarebbe molto probabilmente nata a seguito delle migrazioni degli abitanti della costa vesto i ter-
ritori più interni per ripararsi meglio dalle aggressioni. Il centro storico, di epoca medievale, conserva ancora la sua antica struttura con la fortezza circondata dalle alte mura di cinta. A vegliare su tutta la cittadina è da sempre l’antica Torre dell’orologio. Situata nel più centrale quartiere di Terravecchia, in base alla stratificazione dei materiali da costruzione, sembrerebbe ricondursi a tre epoche storiche diverse: il basamento in pietra e mattoni al lontano 600, periodo della costruzione della cittadina; la parte centrale, di epoca medievale, conserva ancora tracce della presenza di un ponte levatoio da cui si accedeva all’edificio; la parte superiore, risalente invece agli ultimi decenni del 1800, si caratterizza per la presenza di quattro arcate e dell’orologio rivolto verso la piazza sottostante. Sono poi state aggiunte al monumento due lapidi commemorative in ricordo dei caduti durante la prima guerra mondiale e una statua in terracotta della Madonna con bambino. Tra le manifestazioni che vedono protagonista questa antica torre, la più importante è sicuramente il Palio del Barone: una rievocazione storica che si conclude proprio con “l’incendio” della Torre: uno spettacolo pirotecnico che, visto dal basso, crea l’illusione di colate di lava che scendono lungo tutta la costruzione.
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TERRITORIO
LE PALE AD ACQUA A SANT’OMERO TRACCE DEL PASSATO E DELLA TRADIZIONE
I più giovani sicuramente non possono sapere o magari non tutti ricordano che nella nostra zona, grazie alla presenza dei corsi d’acqua, c’erano molti mulini usati nella lavorazione dei cereali o delle olive. Dal punto di vista tecnico, il mulino è una macchina che
produce lavoro utilizzando la forza dell’acqua, del vento o degli animali. È proprio dal contributo di questi ultimi, e precisamente dal mulo, che esso prende il nome di “mulino”. Mentre i primi mulini erano trainati da animali, durante il Medioevo si sono diffusi quelli ad acqua e a vento. Nel mulino ad acqua parte dell’acqua di un torrente fa forza sulle pale della ruota che, con il suo movimento, mette in moto un’altra ruota di pietra che funge da macina. Poi l’acqua, una volta svolto il suo compito, viene immessa di nuovo nel torrente o utilizzata per irrigare i campi circostanti. In alcuni casi, a monte, venivano anche costruiti dei piccoli laghi per permettere il funzionamento del mulino anche durante i periodi di magra. Uno dei motivi per cui la nostra zona è così fertile dal punto di vista agricolo potrebbe essere rintracciato proprio nella presenza, in passato, di questi antichi mulini ad acqua. Esemplari di queste costruzioni, troppo spesso lasciate nel dimenticatoio dalla società moderna, si rintracciano lungo tutto il corso del Salinello. In particolare, nella nostra zona, possiamo segnalare gli antichi mulini ad acqua di Villa Ricci, frazione di Sant’Omero. Sicuramente non è stato facile localizzarli e, tantomeno, fare qualche foto, dal momento che si tratta, almeno in questo caso, di costruzioni lasciate all’abbandono e oramai quasi circondate da arbusti, sterpi e spine. Grazie all’aiuto di due cittadini del luogo, sono riuscita non solo a rintracciarli ma anche a farmi spiegare che in passato a Villa Ricci c’erano ben tre mulini, tutti alimentati da un unico corso d’acqua che era stato deviato dal torrente principale. È curioso che all’inizio del XX secolo l’abitato, proprio per la presenza dei mulini ad acqua, fosse il centro propulsore dell’economia di tutto il comune.
(VAL. CON.)
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TERRITORIO
LA NOSTRA STORIA
DALL’ENCOMIO DI MUSSOLINI ALL’ABRUZZO AI CAMPI DI INTERNAMENTO IN VAL VIBRATA 10
TERRITORIO dANNA DI DONATO Il primo discorso di Mussolini in Abruzzo venne pronunciato il 21 Agosto 1923 dalla terrazza del Kursaal di Castellammare Adriatico. Fulcro dell’arringa fu l’elogio alla regione di cui riportiamo di seguito la parte di rilievo: “Fra tutte le regioni d’Italia l’Abruzzo è all’avanguardia, perché in dieci mesi di Governo, è la regioåne che mi ha chiesto di meno e che ha lavorato di più; una volta io l’ho chiamato cuore vivo e pulsante della patria: fervida la passione, altissima la fede, infrangibile la vostra unità!”. La promulgazione delle leggi razziali del ’38 iniziò, però, a far capitolare i plausi. L’apice del dissenso venne raggiunta nel ‘40, quando, anche in Val Vibrata, distribuiti tra Nereto, Corropoli ,Civitella del Tronto, Tortoreto Alto e Stazione, nacquero i primi campi di concentramento per internati. La scelta dell’Italia centro-meridionale per la collocazione di internati derivava dall’impervietà dei luoghi, la scarsa concentrazione abitativa e la poca politicizzazione degli abitanti. I più documentati sono i primi tre. Il primo nucleo di Nereto venne istituito nella Casa Santoni in via Vittorio Veneto e le durissime disposizioni prevedevano limitazioni di circolazione e divieto assoluto di avere relazioni con i cittadini. Il detenuto ebreo, Arturo Avigdor, ricorda con profondo disprezzo ed amarezza quei giorni ma sottolinea la cordialità dei neretesi, “gente curiosa e rispettosa”, la definisce, forse anche per il fatto di non aver mai visto, tutti insieme, tanti dottori, ingegneri, avvocati, scrittori, commercianti, pittori e non solo. Sappiamo, invece, che il Governo britannico inviava 400 lire mensili per i connazionali internati lì e viveri di ogni sorta giungevano settimanalmente dalla Croce Rossa Internazionale. L’internato di cittadinanza inglese Iacob Habib, ricorda che il trattamento all’Ospizio di Civitella non era male e che, insieme agli internati del Santuario di Santa Maria dei Lumi, potevano uscire per il paese dalle 10 alle 20. Quello di Civitella del Tronto rappresentò il terzo campo, in Italia, per ordine di capacità contenitiva, dopo Ferramonti Tarsia e Civitella della Chiana, con le due sedi sopracitate e l’ultima al n° 109 di corso Mazzini di proprietà della famiglia Migliorati. Tra le circa 300 unità che compaiono nell’elenco conservato all’archivio comunale, 230 erano uomini e 62 le donne. I sussidi provenivano anche dalla Svizzera e dalla Delasem, organizzazione di soccorso ebraica autorizzata dal governo fascista in quanto forniva sussidi di completamento a quelli statali. Nel novembre del ’43 giunse l’ordine di arresto indiscriminato per tutti gli ebrei e lo status di internati si trasformò in quello di arrestati per la deportazione soprattutto ad Auschwitz e Bergen-Belsen. Fu questo il momento in cui le popolazioni ospitanti dimostrarono generosità e fratellanza nei confronti delle vittime, fornendo, fin dove possibile, nascondigli e strategie di fuga. A differenza di Nereto e Civitella, in cui i confinati ebrei erano soprattutto tedeschi, libici britannici, apolidi e polacchi, il campo della Badìa di Corropoli, ospitava, oltre gli italiani antifascisti, soprattutto le minoranze etniche, tra cui: indiani, greci, jugoslavi comunisti ed irredentisti della Venezia Giulia. Maggiormente drastiche le liåmitazioni, soprattutto per la presenza degli irredentisti slavi, allora ritenuti più pericolosi degli israeliti. Come rilevato dai dati esaminati dallo studioso Dario Zunica, autore di una tesi a riguardo, pochi furono gli internati che persero la vita nei campi della Val Vibrata; anzi, la scelta di collocarli in luoghi poco politicizzati ed impervi rappresentò la salvezza di centinaia di esseri umani, coadiuvati dalle popolazioni autoctone.
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TERRITORIO
I BORGHI TERAMANI
CIVITELLA questo suggestiva, è la famosa Ruetta che permette il passaggio di una singola persona alla volta. All’ingresso della via è presente una targa che recita “La Ruetta, d’Italia la via più stretta”. Attualmente Civitella si contende questo curioso primato con la non molto lontana cittadina di Ripatransone che sembra per ora detenere il record anche se sono state sollevate riserve nei confronti del rilevamento.
(VAL. CON.)
Chi almeno una volta ha avuto la fortuna di poter visitare il centro storico dell’antica cittadina di Civitella del Tronto, si sarà certamente reso conto della presenza di vie molto strette che permettono di salire verso la Fortezza. Si tratta di viuzze utilizzate in passato dai soldati posti a difesa del Forte per seminare i nemici o per cercare di limitare i loro assalti incanalandoli in questi stretti passaggi così da poterli poi sorprendere alle spalle. Tra le molte vie, sicuramente la più stretta, e per
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TERRITORIO
Su e giù per il Sentiero
laghi Colonnella
dei di
Valeria Conocchioli
Una domenica pomeriggio di settembre, nulla di interessante da fare, un giro in macchina zigzagando per le strade meno trafficate della vallata; quasi per caso, scopri l’esistenza della strada panoramica “Sentiero dei laghi” a Colonnella. Il percorso collinare che si attraversa è molto suggestivo e porta dritto nel cuore di queste terre tanto fertili e preziose per il nostro territorio. Il panorama che si presenta mano a mano che si sale è degno delle migliori cartoline: campagne, distese di vigneti e uliveti, l’immancabile vista sul mare e infine, non certo per importanza, i diversi laghi che danno il nome al percorso panoramico. Questi specchi d’acqua sono collocati più in basso rispetto al livello della strada principale e non hanno dimensioni molto estese. Forse sconosciuti ai più, sono invece
sicuramente molto noti agli amanti della pesca o dei pic-nic rilassanti. Proseguendo tra le immense distese di uliveti e vigneti si giunge a Colonnella e, da lì, si prosegue prima attraverso il crinale che domina su tutta la Vallata del Tronto, poi, spingendosi ancora di più verso l’entroterra, si attraversa la forse più conosciuta Strada del Vino a Controguerra. Un percorso tutto da scoprire e ammirare, meglio ancora se in sella a una bici.
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TERRITORIO
INTORNO A UN CHICCO DI GRANO
La cura e l’attesa Francesco Galiffa
«Se la maggior ricchezza de’ nostri agricoltori, ed i loro maggiori comodi dipendono da una più abbondante raccolta di grano; essi debbono rivolgere la maggior parte delle loro cure a questa pianta benefica, la quale se sarà trascurata non produrrà mai una felice fruttificazione.» [Quartapelle B., I principii della vegetazione, 1801, p. 220]
oreto del 18 colline di Tort
lle Grandinata su 005) ,2 la vo di Colonnel
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Fino ai primi decenni del Secondo Dopoguerra i nostri contadini hanno pienamente condiviso questo concetto, riservando una grandissima attenzione al grano sin dai primi giorni di vita. Sempre Berardo Quartapelle riferisce di avere notizia di una donna, la quale «Appena le pianticelle di grano incominciarono a comparire, vi pose un fanciullo di guardia per sette in otto giorni, che tenesse lungi gli uccelli, acciocché non arrecassero danno». Se durante l’inverno le piccole piante riposavano sotto una bianca coltre di neve, che una volta cadeva
l vo
(Da giugno 1956
nsi-
tituto Compre
dei nonni, Is lume Il tesoro
TERRITORIO abbondante e in maniera ricorrente nei mesi invernali, ai primi tepori di febbraio, quando cominciavano a crescere velocemente, avevano già bisogno delle prime cure. Si eseguiva un’operazione che in dialetto era chiamata “arrannà”; non era particolarmente gravosa e veniva svolta prevalentemente dalle donne, le quali con una zappetta muovevano la terra nei piccoli solchi che dividevano le file di grano e contemporaneamente svellevano le radici della erbe spontanee, come la “curriola”, che cominciavano a dar fastidio alla giovani piante. Nello stesso tempo ricoprivano il concime che era stato sparso sulle distese di frumento in “sofferenza”, che stentavano cioè a sviluppare. L’operazione poteva essere accelerata con l’impiego di un rastrello di legno al posto della zappetta. Oggi le erbe “intruse” sono eliminate con dosi spesso abbondanti di diserbanti altamente inquinanti. Una seconda pulizia, più accurata, era praticata tra la fine di aprile e l’inizio di maggio, comunque sempre prima che si formassero le spighe. Quartapelle dettava anche le condizioni migliori per eseguire l’operazione: «Bisogna dunque scegliere un tempo opportuno quando il terreno non sarà molto umido né
La sarchiatu
molto asciutto. Conviene moltiplicare i lavoratori e le lavoratrici quando l’occasione è favorevole. La scelta del tempo è troppo preziosa ne’ lavori di campagna, e la sollecitudine in servirsene è sempre un gran vantaggio». Nell’occasione si provvedeva ad estirpare tutte le erbe estranee perché assorbivano parte del nutrimento e perché, come diceva un vecchio contadini con una bella espressione, «toglievano luce» alle piantine. Come consigliava già Berardo Quartapelle, questo compito era svolto da squadre composte anche da quindici persone: vi facevano parte i vicini, coi quasi c’era l’abitudine di scambiarsi le giornate lavorative, i proprietari di piccoli appezzamenti e anche gli artigiani del paese o le loro mogli; la presenza dei “paesani” era consistente nel periodo della Grande Guerra e del Dopoguerra, quando l’unica ricchezza era offerta dalla terra. Il lavoro era retribuito col denaro o, più spesso, con un po’ di grano o di granturco, con una fascina di legna o con altri prodotti della campagna. Secondo un interessante documento risalente ai primi anni dell’Ottocento, una donna riceveva 12,5 grani per una giornata di lavoro (il grano era la centesima parte del ducato); si trattava di una ricompensa superiore a
ra, “lu rrann
à” (Biblioteca Provinciale “D eM
eis” di Chieti –
Fondo Ianni)
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TERRITORIO quella riservata ad uno zappatore, che abitualmente era retribuito con 10 grani, ma nettamente inferiore ai 40 grani riservati ad un mietitore. I lavoratori, muniti di un cappello di paglia a falda larga per ripararsi dal sole, si recavano nei campi “solo” verso le otto, quando l’umidità della notte, “la uazza”, era stata asciugata dal sole. Si disponevano uno vicino all’altro, alla distanza di circa un metro. Se l’appezzamento era in collina, il lavoro procedeva dal basso verso l’alto. Le erbe infestanti da estirpare erano: la sulla, l’avena, i papaveri, i cardi, la veccia, la cicerchia bastarda “li rapacciule”, “li cipolle” e “lu juje o jejette”, il loglio. I semi di quest’ultimo cereale, quando erano macinati insieme al grano, avevano una “proprietà” particolare: potevano provocare sonnolenza nelle persone che consumavano prodotti realizzati col la loro farina. A proposito circolava un detto: “Che jè magnate lu juje?”, rivolto a una persona che appariva un po’ imbambolata. Tra le “erbe cattive”, l’avena era la più temuta per la sua invadenza e per l’abbondante seme che lasciava cadere quando giungeva a maturazione; essa, comunque, era facilmente individuabile perché spiga-
I costi di un
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va prime del grano e ed era più alta di quest’ultimo. Se durante la mondatura sfuggivano dei fili, il contadino provvedeva ad “acciarrarne” le spighe prima della mietitura. In mezzo al grano, però, non crescevano solo erbe nocive; vi si potevano trovare anche quelle commestibili, che andavano ad arricchire l’insalata “campagnarola”: “li lattacciule”, “li pocce de le monache” e gli stessi papaveri prima della fioritura. I contadini procedevano nel lavoro di mondatura in maniera molto sistematica. Estirpavano l’erba con la mano destra e l’appoggiavano sul braccio sinistro; quando quest’ultimo era pieno, la trasferivano, con un veloce passamano, da un compagno all’altro finché arrivava a quello che si trovava all’estremità della riga, vicino al filare delle viti; costui, con una falce, recideva le radici piene di terriccio e depositava il fascio per terra. Se le piantine estirpate erano piccole, le buttava sotto gli alberi, per i quali si trasformava in ottimo concime. Quest’operazione consentiva, soprattutto ai meno giovani, di raddrizzare per un attimo la schiena, costretta a rimanere curva per diverse ore. Ultimata la
anoscritto del
no (Da un m campo di gra
1805)
TERRITORIO pulitura di un appezzamento, i fasci d’erba erano trasferiti fuori dal campo e sistemati vicino ad una strada. A sera, tutta l’erba era riportata a casa col carro oppure con la “traja”; chi non disponeva di bestie da tiro, la sistemava in grossi cesti, caricati poi sulla testa delle donne. Era utilizzata come alimento per mucche e pecore; se la quantità era eccessiva, una parte era fatta seccare e conservata sotto una tettoia. Le accortezze non si limitavano solo alla sarchiatura e mondatura. Berardo Quartapelle, per esempio, riferisce di una curiosa operazione messa in atto dal suo amico Cavaliere Tabassi: «Nel principio di Giugno trovandosi egli in campagna si avvide che per mezzo della nebbia era caduta dell’acqua sopra delle spighe: quindi per ovviare il male, che se sarebbe derivato elevandosi il Sole, istituì la seguente operazione. Tenne egli un capo di fune, e l’altro lo consegnò al suo colono, ed entrambi camminando parallelamente pei lati opposto del picciol campo, scossero leggermente le spighe, acciò deponessero il fluido lasciatovi dalla nebbia.» Le attenzioni prestate dai contadini ai campi di grano durante il periodo della crescita non erano sufficienti
La mondatura
del grano, “l
u mennà” (D
al volume Sul
a garantire il buon esito del raccolto; dietro l’angolo si nascondevano dei “nemici” terribili, il vento e la grandine, che potevano mandate a monte un intero anno di lavoro. Conscio dell’azione devastante dei due agenti atmosferici, i contadini si premuravano di porre il raccolto nelle mani di Dio. Anche da noi, come in tante altre regioni italiane, era diffusa la consuetudine di piantare delle croci in mezzo alle messi il 3 di maggio, data in cui ricorreva la festa della Santa Croce. Il capofamiglia realizzava, utilizzando delle canne, diverse croci, che erano piantate in vari punti della sua campagna, in particolare in mezzo ai campi di grano; disponeva poi dei ramoscelli d’ulivo benedetti la Domenica delle Palme nei tre lati di ognuna. Vi appendeva pure una “cenneletta de la Cennellora” e, per ogni croce fissata recitava un Padrenostro.La croce accompagnava il grano fino alla trebbiatura. Ma non sempre le sue preghiere erano esaudite e qualche anno poteva succedere che il raccolto fosse dimezzato da devastanti grandinate.
filo della mem
oria di Carino
Di Addezio)
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VIRGINIA CIMINA’
La sfida abruzzese del Made in Italy ai colossi stranieri del design passa per il web È vero, negli ultimi anni abbiamo subito in più occasioni un cambio di mano, a favore di grossi colossi stranieri, di molte eccellenze tricolore ma non mancano anche realtà italiane che partendo dalla piccola provincia inseguono il sogno della conquista del mercato globale. L’ultima è stata Crodesign, azienda abruzzese che produce home design di alta qualità tutta made in Italy, che proprio in questi giorni, sbarca sul famoso portale di e-commerce Amazon. it La voglia di fare, la creatività e la sapiente maestria del team aziendale non si ferma neanche davanti alla crisi. Sempre convinti che il made in Italy è un grande valore aggiunto ed una ric-
chezza da portare avanti, Crodesign progetta e realizza al suo interno i propri prodotti, osservando in maniera costante e ravvicinata le esigenze dei consumatori. Una scommessa in cui l’azienda “ci mette la faccia” consapevole che la comunicazione e la vendita on line devono essere totalmente onesti e che il potere è in mano ai clienti che pretendono garanzie per fidarsi. Non occorre quindi costruire nessuna barriera a protezione del made in Italy ma basta sfruttare tutte le opportunità che si presentano per dare nuova linfa alle attività produttive.
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IMPRENDITORIA
Start up, iniziare è una…impresa
ALESSANDRA DI GIUSEPPE
Se nella vita i soldi non fanno la felicità, in economia aziendale i soldi non fanno l’imprenditore Le start up, l’insieme delle operazioni che danno avvio ad un’impresa, rappresentano i processi iniziali che faranno di una piccola azienda una grande azienda, una sorta di scheletro che farà da sostegno alla futura struttura imprenditoriale. Oltre alle idee, alla creatività ed ai buoni propositi, l’imprenditore necessita di numerose informazioni nonché sostegno esterno: spesso la mancanza di conoscenza e di piani mirati per i finanziamenti rischia di bloccare una impresa agli esordi. Ma qual è la procedura con la quale i fondi pubblici sono erogati in favore delle start up imprenditoriali? Lo abbiamo chiesto direttamente ad uno dei maggiori esperti di start up di impresa in Abruzzo, il consulente Maurizio Corini, il quale ha operato nell’ambito di tutte le principali leggi
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di agevolazione finanziaria a livello nazionale e della regione Abruzzo. “Qualunque sia l’ente erogatore, la procedura inizia con la pubblicazione di un bando di gara che fissa gli obiettivi e la data di scadenza per la presentazione delle domande. La pubblicazione avviene sul Bollettino Ufficiale e sui siti internet istituzionali degli enti interessati. La circolazione delle informazioni continua però ad essere un punto debole del sistema, nonostante la notevole diffusione di internet. L’Ente Pubblico con procedura interna nomina un Comitato di Valutazione che deve valutare formalmente e nel merito i progetti e decidere quali finanziare e quali no. E’ questa una fase molto delicata, che condiziona l’efficacia dello strumento di agevolazione e la qualità dell’intervento. Terminata la fase istruttoria, l’Ente erogatore pubblica la graduatoria delle domande di finanziamento. La materia è
IMPRENDITORIA
molto complessa; i dati sulla mortalità delle start up, soprattutto giovanili, dimostrano che finora non sono stati centrati affatto i veri problemi nè i fattori critici del sistema, con il rischio di sperperare fondi pubblici in un momento in cui le risorse a disposizione scarseggiano. La profonda revisione del sistema degli incentivi, che sta interessando sia il livello nazionale sia quello regionale con l’introduzione di misure specialistiche (come le Reti, i Poli di Innovazione ecc.), rappresenta una vera opportunità da cogliere assolutamente per riformare e qualificare il sistema rendendolo più efficace e meglio accessibile alle start up, che possono così diventare una risorsa importante nel quadro delle politiche attive del lavoro.” I soldi pubblici finalizzati alle imprese con quali criteri vengono gestiti e soprattutto tutti gli imprenditori hanno eguale possibilità di accedervi? E’ evidente che il processo di accesso ai finanziamenti presenta diverse criticità, sia nella progettualità dei bandi di gara, che nell’elaborazione del piano aziendale da parte degli imprenditori. Le problematiche principali non risiedono soltanto nello start up ma soprattutto nella mancanza di azioni propositive da parte delle istituzioni quali, ad esempio, l’azzeramento delle barriere agli entry/exit di capitale, il passaggio ad una burocrazia basata sul web, la creazione di un legame tra università e mondo dell’imprenditoria; infine, sarebbe auspicabile una maggiore visibilità alle opportunità di investimento che gli enti locali offrono. I casi virtuosi e le buone pratiche di autoimprenditorialità realizzata con fondi pubblici non sono tanti, se pensiamo da un lato all’entità della spesa pubblica dedicata negli anni a questo scopo e dall’altro all’esiguità dei risultati ottenuti in termini di occupazione stabile, innovazione, sviluppo economico dei territori, ricerca, competitività, internazionalizzazione. Sono tanti i vincoli, le rigidità, le incoerenze
e incongruenze, i ritardi, la burocrazia e altri “fattori critici di insuccesso” che caratterizzano le normative di sostegno all’imprenditorialità, con la conseguenza di scoraggiare coloro che hanno idee e competenze vere e attrarre invece quelli che considerano l’aiuto finanziario come lo “scopo” di un processo di start up d’impresa. Un tale scenario, con poca luce e molte ombre, sembra inverosimile se paragonato ai tanti anni di intervento pubblico nel settore della creazione d’impresa. Il sistema per essere efficace dovrebbe essere profondamente riformato, modificando sia i contenuti che la forma (procedimenti). Per esempio: inserimento della formazione specialistica per chi aspira a diventare imprenditore (in tal senso l’Abruzzo ha già avviato questa apprezzabile esperienza con il bando “Fare Impresa”), analisi a priori delle reali opportunità di mercato e di posizionamento di nuove per orientare meglio le poche risorse a disposizione, attuazione di convenzioni (su iniziativa degli enti pubblici) con le banche per il finanziamento delle start up, inserimento nei processi di start up agevolate del servizio di affiancamento da parte di un tutor, cioè un consulente esperto in materia, per aiutare i neo imprenditori ad avviare al meglio le imprese e per inserirle efficacemente nel sistema di mercato, coinvolgere nei progetti di start up “imprese madrine”, cioè imprese già in funzionamento, che per l’attività svolta possano essere utili a trasferire alle start up informazioni a valore aggiunto e metodologie di successo prevedendo degli sgravi fiscali allo scopo di favorire il loro impegno attivare collegamenti funzionali con fondi di venture capital e “business angels”, nazionali e internazionali, che potrebbero essere interessati a investire o promuovere investimenti in start up già valutate positivamente dagli enti pubblici locali. Con queste semplici ma significative accortezze i fondi pubblici avrebbero certamente maggiore efficacia e produttività nei processi di accompagnamento sul mercato delle start up.
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PEOPLE
IL MAGO DEL PLETTRO
Il talento di Gionni Di Clemente raccontato da Gionni di Clemente MARTINA DI DONATO Personaggio di rilievo, musicista virtuoso e versatile. Ama suonare strumenti lontani dalla nostra cultura, riuscendo a farli arrivare al nostro animo. Questo è Gionni Di Clemente, chitarrista, compositore, ma non solo. E’ interessante capire come sia iniziata la sua passione. “Credo che la mia sia una passione innata. Ricordo che da piccolo amavo ritagliare le immagini di strumenti musicali. Poi a sedici anni, mio zio, chitarrista anche lui, mi ha fatto avvicinare alla chitarra, spronandomi ad andare avanti. Ho continuato da autodidatta. Il passo successivo è stato quello di cercare il mio stile personale, rispondendo all’esigenza di esplorazione e ampliazione; successivamente ho studiato orchestra-
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zione jazz con il maestro A. Impullitti”. Quali sono state le tue influenze musicali? “Uno stimolo molto forte l’ho avuto da cantautori inglesi, americani, francesi, italiani. Poi mi sono avvicinato al chitarrista italo-portoghese Egberto Gismonti, che è stata una figura molto importante per la scoperta della mia espressione e della mia strada.” Strada che ti ha portato anche all’utilizzo di strumenti musicali particolari… “Si. Oltre alla chitarra nelle sue svariate forme, amo fondere l’acustica di stili musicali diversi: musica araba, musica greca, quella portoghese-brasiliana. Mi piace
PEOPLE
impronte me diterranee
mescolare i linguaggi e le scale tipiche di strumenti come il citar, l’oud, portandoli nella cultura europea e quindi fuori dal loro contesto. Apro sempre i miei concerti con un’improvvisazione di oud, che con il suo suono ancestrale riesce a far immergere il pubblico e me nella stessa dimensione: quella della musica. Ricordo che la prima volta che sentii suonare questo strumento fui come incantato da questo suono e cosi decisi di iniziare a suonarlo da autodidatta, cosi come per il citar”.
Nel 2006 è uscito il tuo primo disco “Danza degli spiriti”, ben accolto dalla critica. Quali sono ora i tuo progetti? “Dal 2009 sono organizzatore della kermesse musicale “Paesaggi d’autore”, che ogni anno porta nei sobborghi di Marche e Abruzzo artisti da tutto il mondo. Lo scorso anno ho musicato “Canto un mondo libero”, a cura di Marco Fazzini, libro di poesie e saggi di vari personaggi, da Bob Dylan a Boby Sands, reinterpretati da attori come Stefania Mulè, Mario Pirovano e tanti altri. A breve uscirà anche il secondo disco “ Impronte Mediterranee”, composto in trio con Mike Rossi, al sax e Francesco Savoretti alle percussioni. Inoltre ci sarà una collaborazione con il poeta canadese George Elliot Clark”. E poi c’è il tour... “E poi c’è il tour che mi porterà in Sud Africa e in Germania, nel luglio prossimo. Nonostante questi impegni, però, cerco di dedicare più tempo possibile all’insegnamento della chitarra. Per me è molto importante trasmettere la conoscenza e la passione ai miei allievi”. Musicista poliedrico ed innovativo, apprezzato in tutto dal pubblico di tutto il mondo e dalla critica, persona sensibile e disponibile che sorride ripensando al passato. Fa piacere ricordare che sia un talento di casa nostra.
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PEOPLE BABY
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ValVIBRATA y life ab b
FILASTROCCA DI COLORE GIALLO ILLUSTRAZIONI DI GIORDANA GALLI
Filastrocca di colore giallo come le piume del mio pappagallo come il sole che sta nel cielo come le mele che stanno sul melo!
Giallo dei campi pieni di grano delle banane appese al banano giallo dei fiori del mio giardino e delle rose del mio vicino. Intorno a me c’è tanto giallo questo colore è proprio uno sballo! (Jolanda Restano)
LAVORETTO: FARFALLE COLORATE Materiale: cartoncini colorati, forbici, colla, occhietti, pennarello nero, rotolo di carta igienica, nastrini.
Istruzioni:
1) Ritagliate un rettangolo da un cartoncino colorato e ricoprite il rotolo di carta igienica, quindi incollateci gli occhietti e le antenne fatte con dei nastrini.
2) Ritagliate dal cartoncino colorato un paio di ali e decoratele come pi첫 preferite ad esempio con dei fiorellini, dei cuoricini, dei pallini colorati, ecc. 3) Infine incollate le ali al retro del rotolo ed avrete ottenuto una simpatica e coloratissimA farfalla!
PEOPLE
UN DOS TRES UN PASITO BAILANTE
MARIARITA
A 17 anni è la più giovane istruttrice Midas di danze caraibiche e Zumba
VIRGINIA CIMINA’ C’è chi nasce per ballare, chi balla per nascondere la timidezze e chi si diverte ballando e c’è anche qualche ragazza a cui capita di provare ad una festa di compleanno la sua prima bachata. Pochi semplici passi di danza che possono far risvegliare una passione già presente da tempo che necessitava solo di una scintilla per esplodere. Questa è la storia di Mariarita Michetti che a 17 anni compiuti da poco, è già una navigata ballerina di danze caraibiche. Mariarita ha frequentato l’Accademia Sport e Danza “Dancenergy” a Sambuceto, dove ha mosso i primi passi ed ancora oggi svolge la preparazione agonistica con il Tecnico Federale Gianni Forte
e il suo staff formato da Barbara Pineto, Luana Forte e Giovanni Prezioso. Un affiatato gruppo di lavoro che ha consentito alla giovane ballerina di raggiungere una semifinale ed una finale in due distinte tappe di Coppa Italia e diventando campionessa regionale del Molise nel 2013 in Classe A. Nel 2012, a soli 16 anni, Mariarita ha anche ottenuto il Diploma di Istruttrice MIDAS (maestri italiani danza sportiva) di danze caraibiche e Istruttrice Zin (zumba instructor network). In attesa di realizzare il sogno di partecipare al Campionato Mondiale, si gode il “titolo” di istruttrice più giovane della zona.
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ECCELLENZE
C’E’ UN “MICHELANGELO” FRA LE MURE BORBONICHE ANNA DI DONATO
Antonio Faragalli forgia legno e pietra Con un passato di musicista
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Vive a Civitella del Tronto il nostrano artigiano, conosciuto alle genti come Barracà, pseudonimo ereditato dal padre, indossatore convinto del famoso barracano arabo. Antonio, classe 1929 vanta una vita da “mastro bottegaio” sospesa tra lavoro, passione artistica e musica. Entrando nella sua officina si resta ammaliati dalla quantità di macchinari ed arnesi appartenenti ad un ancestrale passato che rivive magicamente tra le mani del suo artefice. Quando gli viene chiesta l’origine e le radici di questo suo hobby, lui risponde quasi patriotticamente così: “Era il 1978 ed insieme a due miei amici partii per gli Stati Uniti per un tour di organetto, ero suonatore e compositore; in quel mese vissuto tra musica e Bronx vidi sculture in legno così affascinanti che pensai: “ Se sono capaci gli americani sarò capace anch’io o no?” . La sfida ai dominatori era stata lanciata e, tornato in
ECCELLENZE Italia, integrò la sua attività di falegname con quella dedicata a piccole e grandi sculture. Tra le opere in legno vanno menzionate quella realizzata con radice di ulivo rappresentante il GRUPPO DI SUONATORI IN VIGNA rispettivamente con clarinetto, organetto e chitarra; il CENACOLO, scolpito su acero ed in via di perfezionamento, LE MANI CONGIUNTE, in segno di fratellanza e non di preghiera, spiega, entrambi sinistre od entrambi destre, una nera ed una bianca, segno di una diversità che esprime però sangue e materia comuni. Ci sono poi infinità di tavolini creati e dipinti da lui stesso, tra cui IL TAVOLO A SCACCHIERA, con fanti, re e regine realizzati con minuziosa perfezione ed infine l’impressionante CANE DAL VOLTO UMANO, testimone dell’indelebile rapporto che lega l’uomo a questo particolare animale. Non soddisfatto, e perennemente impegnato a soddisfare la sua fame plasmatrice, il Maestro iniziò a scolpire anche la pietra; la scommessa con gli americani l’aveva vinta, ora però doveva dimostrare anche la sua superiorità. I lavori in pietra sono realizzati scrupolosamente con pietra civitellese, dai busti fino a giungere alla realizzazione dell’altarino di SANTA MARIA PARVULA sovrapposto ad un’antica fontana in Civitella del
Tronto; la Madonnina scolpita è chiamata, da chi ne riconosce il culto, “la picciriella”, in quanto ritrae la Vergine fanciullina e non adolescente ormai donna come è trasmessa dalla tradizione artistica cristiana. Sbalorditivo il BUSTO DI J. KENNEDY ed altri incisi sparsi per le mura civitellesi. Sedere a tavola di un Maestro è sempre un’emozione gratificante ed in questo particolare caso, la magia del momento è arricchita dalle sagge parole dello stesso quando gli si chiede Perché non ne ha fatto un business? Perché non ne avevo bisogno, preferivo regalare più che vendere, il fuoco che mi spingeva a scolpire non agiva per denaro ma per bisogno di creare ed io creavo. Pensa che i giovani d’oggi possano imparare quest’arte? Credo di si, sebbene siano interessati ad altro, ma certe cose non si insegnano, vengono a te e le impari da solo, come feci io. La partecipazione alle mostre d’artigianato ed il plauso conquistato negli anni, ne fanno, a tutti gli effetti, uno scultore affermato, e, nella speranza che la sua maestria non scompaia con lui, lasciamo il nostro artista a terminare le sue opere.
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ECCELLENZE
“Stradivari” d’Abruzzo
Gianni Tribotti , maestro teramano dell’antica arte della liuteria Valeria Conocchioli cologico, il Maestro si è diplomato alla Scuola Internazionale di Liuteria “Antonio Stradivari” a Cremona, città che vanta il primato mondiale in questo campo. Ha lavorato in bottega presso maestri costruttori e restauratori fino al giugno 2012 quando, spinto dal forte
Con Gianni Tribotti, liutaio di Civitella del Tronto, abbiamo fatto un viaggio affascinante nell’antico mondo della liuteria italiana. Dopo aver frequentato il Liceo artistico a Teramo ed essersi laureato a Parma in Conservazione dei beni culturali a indirizzo musi-
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ECCELLENZE cordiera e mentoniera. A questo punto lo strumento è pronto per essere utilizzato. Una piacevole sorpresa è stata inoltre trovare nel suo laboratorio il violinista teramano Luca Matani che, oltre ad averci omaggiato con la sua musica, ci ha spiegato quanto sia importante per il nostro territorio avere un professionista come Gianni, attualmente l’unico liutaio nella provincia di
attaccamento per il suo paese, ha deciso di tornare a Civitella e aprire qui la sua attività. Con grande passione e professionalità ci ha spiegato che la nobile arte della costruzione e del restauro degli strumenti musicali a corde affonda le sue radici nel lontano 1600. Entrare nel suo laboratorio ed ascoltare dalla sua voce come viene costruito un violino è veramente un piacere e un’emozione unica: con l’acero fiammato vengono realizzati il fondo, il manico e le fasce laterali; l’abete rosso, legno che meglio di altri riesce a trasmettere le vibrazioni, viene usato per la tavola armonica; l’ebano per la tastiera. Dopo aver tagliato radialmente e aver unito due pezzi di acero, su di essi si disegna il modello dello strumento che viene poi tagliato e lavorato a mano per ottenere la caratteristica bombatura e uno spessore di due e mezzo, tre mm. Sulle fasce laterali, piegate e modellate grazie a forme predisposte, vengono poi incollati la tavola e il fondo. Viene in seguito scolpita la testa con la voluta del riccio, vero e proprio
Teramo. La loro collaborazione è molto importante
segno di riconoscimento della mano del liutaio, e
poiché il liutaio, come specialista, si occupa di costru-
viene unita al resto dello strumento tramite un innesto
zione, manutenzione e riparazione degli strumenti, il
incollato. Si passa poi alla fase della verniciatura e a
musicista invece li prova e offre utili consigli per esal-
quella della montatura durante la quale viene adatta-
tarne le qualità timbriche e sonore.
to il ponticello e vengono inseriti: anima, corde, piroli,
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AMBIENTE
SEMINE
DI SETTEMBRE E’ IL TEMPO DELLA VALERIANELLA LOCUSTA E DEL NARCISSUS ANNA DI DONATO
Dopo il caldo estivo, le piogge di fine stagione danno nuova vita a giardino ed orto. Anche il tappeto erboso vive un nuovo periodo vegetativo a patto che lo si continui a curare costantemente. Per quanto riguarda l’orto, è questo il momento ideale per prepararlo all’inverno; l’avanzare della stagione fredda, infatti, potrebbe rendere il terreno molto pesante, dunque, prima della vangatura si consiglia di distribuire del letame maturo interrandolo con una vangatura profonda. Questo mese proponiamo la Valerianella, ortaggio precoce in grado di resistere alle temperature più basse e con una crescita relativamente veloce, facile da pulire e non a caso sostituta, spesso, della lattuga e del radicchio. Nota come songino, dolcetta o gallinella, i suoi semi vanno predisposti ad una profondità di almeno 1,5 cm, a file, distanziate di 15 cm l’una dall’altra; l’umidità del terreno è fondamentale fino alle due settimane successive alla semina, poi si agisce solo in caso si asciughi notevolmente, abbastanza improbabile durante la stagione invernale. In caso di gelate, è preferibile ripararla sebbene sia molto robusta ed è preferibile tenerla lontana da eventuali erbe infestanti.
Il periodo di semina è elastico tra settembre e prime due decadi di ottobre, la raccolta avviene tra marzo e giugno e l’altezza raggiunge anche i 40 cm, ovviamente con una buona esposizione alla luce. L’ortaggio in questione, consumato crudo, contiene ferro, fosforo, calcio, potassio e magnesio, vitamine A, B, C, dunque oltre ad essere utile ad ossa, memoria ed intestino, ha proprietà depurative ma anche rinfrescanti ed emollienti per la pelle se la si fa bollire. Tra i lavori in giardino, di grande spettacolarità possono essere i Narcisi. Tutte le tipologie di questo fiore sono rustiche e facili da coltivare. Conviene collocare a dimora i bulbi dei narcisi, molto presto, possibilmente a settembre in modo da permettere, già in autunno, lo sviluppo di un apparato radicale, condizione fondamentale per ottenere una buona fioritura già nella prima annata. Per le varietà a piccoli fiori, la distanza tra i bulbi è 10-15 cm con 6-8cm di profondità, mentre per le varietà a grandi fiori la distanza è di 25-40 cm per 1215cm di profondità. La bellezza di questo fiore, oltre che nei colori sta nel suo ciclo colturale che è perenne.
IL SEGRETO PER RENDERE LA VITA MIGLIORE.
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SCATTI DI FINE ESTA
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FOTOSERVIZIO LUCA TOMASSONI
CULTURA E SPETTACOLO
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MARTINA DI DONATO
GIulianova
“Venerdi in biblioteca”, è questo il nome della rassegna che si svolgerà il 27 settembre alle ore 18.30, presso il Palazzo Bindi a Giulianova Alta. L’iniziativa è stata organizzata dalla biblioteca civica “Vincenzo Bindi” e dalla cooperativa sociale “Il volo”, con lo scopo di dare la possibilità ad autori, curatori e lettori di confrontarsi e di promuovere la produzione letteraria locale, sempre più fiorente. Sarà ospite l’autore teramano Fabio Petrella, che presenterà il suo secondo libro “Dove non arrivano i sentieri”, in cui sono ricostruiti alcuni fatti accaduti nel borgo Poggio Umbricchio.
Sant’ Egidio
Il 27 e il 28 settembre si terrà la seconda edizione della festa nazionale dei bikers, organizzata dal Moto Club Stella Alpina. L’evento si svolgerà presso il centro fieristico di Sant’Egidio alla Vibrata. Inoltre ricordiamo che : il 29 settembre terminerà la mostra/evento “Fuori dalla galleria/fuori dalla galera”, organizzata presso il centro Design Outlet Italiano di Colonnella e in collaborazione con l’associazione culturale “Made in Jail” di Silvio Palermo. Sono esposte le opere d’arte realizzate dai detenuti del carcere di Rebibbia. Apertura della mostra: dal lunedì alla domenica, dalle ore 10 alle ore 20.00.
Civitella del Tronto
Terminerà, invece, il 30 settembre la mostra “Visioni”, che si fonda su due temi: visione animale, curata da Giacinto Pietrantonio e visione dedicata a Mario Dondero, leggenda del fotogiornalismo italiano, a cura di Umberto Palestini. L’evento è stato promosso dall’Associazione Neca Arte. Sito della mostra è la suggestiva Fortezza di Civitella del Tronto. Nel mese di settembre gli orari sono i seguenti: dalle ore 9.00 alle ora 19.00.
Tortoreto
Il 4 ottobre alle ore 22 presso il pub “Frida”, il concerto live di Linda Valori (voice) feat. Luca Giordano (guitar), Fabrizio Ginoble (keys), Walter Monini (bass) e Alessandro Svampa (drums).
Giulianova
Il 4 ottobre alle ore 19.00 verrà inaugurata la mostra di arte contemporanea “Punti di vista”, del talentuoso artista teatino Alessandro D’Aquila, che con l’utilizzo di forme, colori e di un linguaggio particolare come il braille, cerca di far guardare con altri occhi ciò che si vede. La mostra si terràà in piazza Dante, a Giulianova alta, dal 4 ottobre fino al 3 novembre e dalle ore 19.00 alle ore 2.00. L’ ingresso è gratuito.
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DIALOGO
Lo stretto legame tra creatività e sviluppo armonico nella crescita del bambino Valeria Conocchioli
non bisogna dimenticare l’importanza del gioco. In esso il bambino esprime tutta la sua creatività e fantasia. Di particolare interesse sono i giochi simbolici che iniziano a comparire nell’età della fanciullezza. Essi consistono nel “fare finta”, mettendo in scena, attraverso bambole o macchinine, varie esperienze e comportamenti, magari “prestando” agli oggetti anche voci e pensieri. Attraverso questa forma di drammatizzazione, il bambino può coQuanto e in che modo la creatività incide positi- struire una realtà alternativa, ragionarvi, sperimenvamente sullo sviluppo? Quali sono le attività che tare ruoli e proiettare sui giocattoli le sue emozioni meglio riescono a formare un individuo in modo e i suoi disagi o conflitti. In primis, è compito della completo? È noto oramai come la musica, il disegno, lo sport favoriscano la socializzazione, permettano di sviluppare le funzioni sensitive, sensoriali e percettive, di esternare i propri sentimenti e stati d’animo e fungano da sublimatori di impulsi e istinti. In particolare, ad essere potenziate sono: la percezione, attraverso attività visive e plastiche come il disegno nel quale il bambino proietta il suo mondo interiore; l’intuizione, la concentrazione e la coordinazione, tramite la musica e lo sport; il sentimento e la riflessione, attraverso attività più famiglia e degli educatori permettere al bambino propriamente verbali come la poesia, il teatro e il di sviluppare tutte le sue potenzialità e seguire le racconto creativo, che consentono di esternare a attitudini che più corrispondono alla sua indole. parole quello che il bambino sente all’interno di Egli non deve solamente immagazzinare informasé. Si tratta in tutti i casi di forme di apprendimen- zioni nozionistiche e logiche, ma deve poter dare to che partono dall’esperienza e permettono uno anche libero sfogo alla propria fantasia e creatività. sviluppo armonico e completo di mente e corpo. Pertanto dovere degli educatori sarà anche quello Il bambino le svolge infatti con impegno, ma in di coinvolgere il bambino in attività più propriamodo ludico, e ciò consente di dare forma ai suoi mente estetiche che permettano uno sviluppo pensieri, riflettere sulla sua esperienza e organiz- integrato della personalità, in perfetta armonia ed zare i suoi schemi motori. Accanto a queste attività equilibrio con il mondo esterno.
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MODA
40 ANNI DI
YELLOW BOOT, TIMBERLAND LASCIA L’IMPRONTA Federica Bernardini
modello più famoso: lo Yellow Boot. Nato nel 1973 nel New England per andare incontro alla richiesta di scarponcini più confortevoli per i muratori di un’azienda, diventò un accessorio fondamentale nella cultura dei paninari degli anni 80 insieme al Moncler, ai jeans Armani, alle camicie a quadri e alle felpe Best Company. Passata l’epoca dei paninari si è trasformato in uno scarponcino da città unisex diventando un must ( alcuni fanatici creavano volutamente un aspetto vissuto e anticato mettendoli nel forno). Dopo 25 anni sono ancora in auge affermandosi come feticcio della cultura hip pop, esibito da rapper e pop star. Li avete notati ai piedi di Rihanna nella sua ultima tournée ?
Con l’evento “The Lab” durante la fiera berlinese Bread & Butter, Timberland ha festeggiato i primi 40 anni del suo
MODA
ANNA
E I SUOI CAPPELLI FedericA Bernardini
Milano celebra le eccentricità in testa della compianta giornalista di moda
Scrittrice, traduttrice di romanzi di fantascienza, giornalista di moda con la rubrica Doppie Pagine su Vogue Italia, Anna Piaggi è rimasta immortale per aver fatto di se stessa un’opera d’arte, un manifesto di idee culturali utilizzando abiti e accessori come i pittori usano i colori. A un anno dalla sua morte una mostra, intitolata Hat
Hology, a Milano dal 22 settembre, presenterà gran parte del suo lascito in vestiti (1300 abiti) e cappelli ( circa 600), tutti eccentrici di varia forma e misura. A curarne l’esposizione è Stephen Jones, amico e autore di gran parte dei suoi copricapi di cui, a partire dagli anni ’70, ne aveva rivoluzionato il significato passando da cappello borghese a puro vezzo estetico, e Anna era l’unica in grado di indossarli con quella naturalezza e autoironia tipica delle grandi personalità. Il suo preferito? Una piccola tuba ricoperta dalla stessa seta azzurra delle scarpe della regina Elisabetta II, assolutamente da vedere!
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PUBBLIREDAZIONALE
C 31 hi e 1 ottobr f buono fet euro tu de a il ip 4 e ro 0 ac r tes do va q ic t d tti lid uis ev el o to erà DN su d i A tu el v n o en tta a m tr l o la ore aggio il ga d m i m a
FUORISOGLIA INTEGRATORI, la scienza a supporto dello sport
Dopo anni passati nel mondo dello sport a livello agonistico (nel lontano 1998), Fuorisoglia Integratori, iniziò l’avventura come O.B. Trading, a supporto degli sportivi per la ricerca di traguardi e soddisfazioni personali. Spinti da una profonda passione per lo sport, l’azienda ha continuamente investito le proprie risorse alla ricerca dei benefici che gli integratori possono portare agli atleti agonisti. Oggi Fuorisoglia Integratori si propone sul mercato con un prodotto molto innovativo e alla portata di tutti. Si tratta di “Genofit”, un sistema personalizzato di alimentazione e allenamento per tutti coloro che vo-
FUORISOGLIA INTEGRATORI VIA DEI CASTANI, SNC 64014 MARTINSICURO (TE) Tel. 0861-762460 www.dapalestra.com
gliono migliorare le proprie performance sportive ma anche per chi desidera semplicemente mantenersi in forma o dimagrire. Genofit si basa sul test del DNA per analizzare i geni coinvolti nel metabolismo e creare un programma personalizzato che varia da persona a persona. I riscontri dei clienti sono stati sin da subito molto positivi, tra centri fitness, personal trainer e privati.. Genofit indica la strada migliore e più agevole verso il traguardo della migliore forma fisica ! Il DNA non mente ed il margine di errore è pari a zero. Prenota il test chiamando allo 0861/762460
BELLEZZA
LA CELLULITE NEMICA DELLE DONNE Dalla vite rossa la soluzione al problema ANNA DI DONATO Quelle che di voi le han tentate tutte per combattere il grande mostro delle cellule adipose alterate, forse non conoscono l’ultima particolare arma, assolutamente
naturale, scelta per la lotta al fenomeno che colpisce ancora l’85 % del sesso femminile. Le alterazioni del microcircolo sull’ipoderma aumenta il volume delle cellule adipose che trattengono liquidi determinando un processo infiammatorio della microcircolazione che sfocia, infine, nella stasi idrica e nella tanto temuta “pelle a buccia d’arancia”. Su due gruppi di studio di 71 soggetti - uno di controllo con assunzione di solo placebo e l’altro, sotto somministrazione, di 360mg di estratto di foglie di vite rossa - i ricercatori hanno dimostrato la reale efficacia della cura. La tisana, dopo sole 6 settimane di assunzione, unite a
sport leggero e buona alimentazione, ha rilevato diminuzione di stasi e ritenzione idrica, di porosità venosa e di formazione di edemi cutanei. I flavonoidi, contenuti nelle foglie di vite rossa, agiscono sul microcircolo che ristabilisce la sua corretta funzionalità in modo da rendere i capillari più forti e stabilizzando le fibre di collagene ed elastina. La domanda a questo punto è spontanea: e per quel che concerne l’assunzione di vino rosso, suo diretto correlato? La sostanza antiossidante, contenuta negli acini dell’uva, con la vinificazione si trasferisce nel vino, dunque, oltre una corretta alimentazione, massaggi con creme anticellulite ed un po’ di sport, le nostre donne saranno
aiutate dalla somministrazione quotidiana della tisana e di un buon bicchiere di vino rosso.
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CINEMA
AD OTTOBRE Fonte: Cooming Soon
Il cacciatore di donne
USCITA CINEMA: 03/10/2013 GENERE: Drammatico, Thriller REGIA: Scott Walker SCENEGGIATURA: Scott Walker ATTORI: Nicolas Cage, John Cusack, Vanessa Hudgens, Radha Mitchell, Katherine LaNasa, 50 Cent La vera storia del serial killer che ha terrorizzato l’America. 13 anni di follia omicida, 24 donne scomparse, 17 vittime accertate: Alaska, 13 giugno 1983. Una giovane prostituta, Cindy Paulson (Vanessa Hudgens), si precipita urlando dentro un motel di Anchorage e, a stento, riesce a spiegare al direttore che qualcuno ha cercato di ucciderla. Nel frattempo il sergente Jack Halcombe (Nicolas Cage) sta indagando sulla scena del crimine, lungo il Knik River, dove è stata uccisa una donna non ancora identificata. Robert C. Hansen (John Cusack), religioso ed amabile padre di famiglia risulta essere il principale sospettato, ma sembra avere un alibi di ferro...
Escape Plan- Fuga dall’inferno
USCITA CINEMA: 17/10/2013 GENERE: Azione, Fantascienza, Thriller REGIA: Mikael Håfström SCENEGGIATURA: Miles Chapman, Jason Keller ATTORI: Arnold Schwarzenegger, Sylvester Stallone, James Caviezel, Vincent D’Onofrio, Sam Neill, Vinnie Jones,50 Cent, Amy Ryan, Faran Tahir, Matt Gerald, Christian Stokes La storia parla di un esperto di sicurezza strutturale (Sylvester Stallone), costretto a fare appello a tutte le sue capacità per scappare dalla prigione che lui stesso ha progettato. Arnold Schwarzenegger interpreta invece un carcerato che cerca di mantenere la calma dei compagni nel momento di massima difficoltà.
Cattivissimo me 2
USCITA CINEMA: 10/10/2013 GENERE: Animazione, Commedia, Family REGIA: Pierre Coffin, Chris Renaud SCENEGGIATURA: Ken Daurio, Cinco Paul ATTORI: Al Pacino, Jason Segel, Steve Carell, Kristen Wiig, Max Giusti, Arisa, Neri Marcorè Ora che Gru “l’imprenditore” ha lasciato alle spalle una vita fatta di crimini, per crescere Margo, Edith e Agnes, ha molto tempo libero a disposizione insieme al dottor Nefario ed ai Minions. Ma proprio mentre comincia ad adattarsi al suo nuovo ruolo di buon padre di famiglia di periferia, una fantomatica organizzazione, la Lega Anti-Cattivi impegnata su scala mondiale, bussa alla sua porta. Ora, tocca a Gru e alla sua nuova partner, Lucy Wilde scoprire il responsabile di un crimine spettacolare per consegnarlo alla giustizia. Dopo tutto, solo il più grande ex-cattivo del mondo può fermare l’unico malvagio in grado di prendere il suo posto.
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PET
Comportamento
animale
Molte specie animali si sono evolute per praticare la coprofagia, pratica dalla quale assumono sostanze preziose per la propria sopravvivenza; altre specie non consumano normalmente feci ma potrebbero farlo in condizioni inusuali Federica Pompei Per quanto riguarda questo atteggiamento nel nostro devole: disturbi d’ansia, disturbi ossessivo- compulsivi, cane bisogna senz’altro ricercarne la causa. Se da un lato problemi nell’ambiente in cui vive, problemi relazionali è vero che filogeneticamente il cane, quando era sto- con il proprietario. Quindi se vi doveste un giorno troricamente meno addomesticato e più selvatico, traeva vare di fronte a questo tipo di problematica non esitate sostentamento e maggiori possibilità di sopravviven- a rivolgervi al vostro Veterinario che potrà effettuare un za con questo rituale, quando per giorni e giorni non controllo clinico del vostro animale per capire quale sia riusciva a procacciarsi il cibo, resta anche poco plau- il problema specifico che spinge il vostro animale a tale sibile attribuire a questo comportamento ancestrale spiacevole rituale. Spesso è addirittura necessario avl’unica causa in cani che al giorno d’oggi sono sempre valersi di una terapia farmacologica che vada a ridurre più spesso alimentati con diete commerciali che con- l’ansia nel cane e potrebbe anche essere addirittura intengono si può dire di tutto. Quindi volendo lasciare dispensabile un colloquio dal comportamentalista veun attimo da parte le cause legate a disturbi digestivi terinario per correggere quei problemi legati ad una ero a carenze nutrizionali, che un tempo si credevano le rata comunicazione/ relazione cane-uomo. Perché non uniche cause possibili, bisogna porre l’attenzione su è sempre così scontato e facile parlare e relazionarsi in ciò che oggi maggiormente potrebbe spingere il no- due lingue differenti. stro cane a questo comportamento sicuramente sgra(Medico Veterinario)
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RICETTE
Marmellata di fichi
E così rieccoci dopo la pausa estiva, le meritate vacanze, il giusto riposo; è settembre il tempo di marmellate e conserve! Da bambina non c’era cosa più divina che tuffare le dita nel barattolo della marmellata, in realtà é un vizio che conservo tutt’ora!
Gabriella Foschi
INGREDIENTI 2kg di fichi Mezzo bicchiere di zucchero
Procedimento Mettiamo lo zucchero sul fondo della pentola a
vasetti e coperchi, non rimane altro da fare che
fiamma al minimo, i fichi interi ma senza la buc-
invasare la marmellata bollente (fate attenzione
cia, avendo cura di non rimestare, (magari solo
per carità), tappare e mettere i barattoli alla ro-
verso fine cottura, oppure muovendo legger-
vescia, in modo da fare il sottovuoto raffreddan-
mente il tegame); questo é il segreto per ottene-
dosi.
re una marmellata a pezzettoni. Il tempo di cot-
Se poi siete personcine attente e organizzate, at-
tura è indicativo circa 1 ora molto dipende dalla taccate delle etichette a ogni barattolo con scritmaturazione dei frutti, dalla pentola scelta e dal
to data e tipo di marmellata, per una dispensa
grado di densità desiderato.
ben organizzata!
Da ricordare che la marmellata si addensa raffreddandosi, quindi fate sempre la prova del piatto (un cucchiaino di marmellata sul piatto freddo da frigo, alzate il piatto in diagonale e verificate se la densità é quella che vi piace) Tenendo presente che avrete già sterilizzato
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Marmellata di UVA
RICETTE
Altra tappa importante delle marmellate di settembre è quella di uva, la tipica teramana viene fatta con uve della qualità Montepulciano D’Abruzzo, ma noi donne di oggi non abbiamo il tempo (e la voglia) di andare alla ricerca del “grappolo giusto”, quindi usate l’uva che avete a disposizione.
Gabriella Foschi
INGREDIENTI 1kg Uva 50gr Zucchero 50gr di cioccolato fondente (essendo ghiotta ne metto il doppio) 1/2 bicchiere d’acqua se occorre
Procedimento Ci sono due varianti per la preparazione; c’è chi mette in cottura i chicchi interi con un pochino d’acqua fino a che non si sfaldano e poi nel passaverdura tentando di separare la polpa dai semini, il problema é che spesso i semi vengono schiacciati rendendo amaro il composto. Io consiglio l’altra versione, eliminare i semi prima di mettere in cottura gli acini, quando si saranno sfaldati allora si potrà usare il passaverdura per eliminare le bucce, rimettere quanto ottenuto sul fuoco avendo cura di fare sul fondo uno strato di zucchero e soprattutto evitando di rimestare spesso. Il tempo di cottura é indicativo, deve ridurre della metà del suo volume,(importante è la prova piattino). Per una consistenza migliore, consiglio di mettere nel passaverdura solo la metà dell’uva.
Quando avrà raggiunto la densità desiderata, aggiungere il cioccolato fondente, farlo sciogliere e poi invasare. Procedimento e cottura richiedono tempo e pazienza, ma il risultato é eccezionale! NB La quantità indicata è davvero minima, la marmellata non è una preparazione da fare tutti giorni, e già che ci sporchiamo le mani, tanto vale farne una grande quantità come scorta per l’inverno oppure in vasetti di vetro carini, possono essere una idea regalo per il Natale... Il tempo corre!! Buona preparazione!
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La SATIRA DI PERILLI