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Il Giornale dei
musei
il giornale dell’arte Numero 339, febbraio 2014
A cura di Alessandro Martini
Anche a Napoli ci sono Gallerie d’Italia
Il Met s’inchina
Napoli. Con il riallestimento a Palazzo Zevallos Stigliano di quel nucleo della raccolta storica del Banco di Napoli sistemato al Museo Diego Aragona Villa Pignatelli Cortes nel 1998, Intesa Sanpaolo completa la valorizzazione dei patrimoni della banca, dando seguito anche per Napoli (dopo Milano e Vicenza) al progetto Gallerie d’Italia, sotto la cui dicitura riunisce i poli museali di sua proprietà presenti sul territorio nazionale. Con l’inaugurazione di febbraio, insieme alla «Sant’Orsola» di Caravaggio e alla «Giuditta decapita Oloferne» di Louis Finson, il percorso museale si arricchisce di numerosi esempi di arte a Napoli tra Sei e Ottocento. Dopo aver attraversato le sale con opere di Luca Giordano (il monumentale «Ratto di Elena»), Solimena, Traversi, Francesco De Mura e un nucleo di dipinti di natura morta tra Sei e Settecento, una sezione del museo è dedicata alle vedute e ai paesaggi tra Sette e Ottocento, che tracciano il passaggio da Gaspar van Wittel e Antonio Joli alla Scuola di Posillipo (da Pitloo a Gigante a Fergola). E inoltre, il naturalismo di Nicola Palizzi, la «macchia» della Scuola di Resina fino alle novità pittoriche di Domenico Morelli e Vincenzo Migliaro o le visioni della vita moderna di Netti, Carlo Brancaccio, Francesco Mancini e Francesco Paolo Diodati. Infine, una sala è dedicata alle opere di Vincenzo Gemito. q O.S.V.
Il Metropolitan Museum of Art di New York dedica il suo Costume Institute ad Anna Wintour, direttore artistico di Condé Nast ed editor di «Vogue». L’intitolazione avverrà a maggio, quando le sale riapriranno dopo la rifunzionalizzazione, costata 40 milioni di dollari. I nuovi spazi comprendono laboratori di restauro, sale espositive, biblioteca e uffici. La Wintour ha raccolto circa 125 milioni per l’istituto da quando è stata nominata trustee del museo nel 1999.
Palermo
Londra
Il valzer del Riso, un museo tutto da rifare
Go East! Il V&A verso il Parco olimpico Accolto l’invito del sindaco Boris Johnson per portare la cultura nell’area Est della città
Nuova direzione e nuovo programma al Museo regionale d’arte contemporanea
L’aiuto di Santa Cecilia
Sopra, la neodirettrice Valeria Li Vigni; a sinistra, il cantiere della nuova ala all’interno dello storico palazzo sede del Riso
nardi e Concetta Modica; mentre la Cappella dell’Incoronazione ospiterà a partire dal mese di febbraio il progetto Mirage di Salvo Cuccia e Fabrice de Nola, con videoinstallazioni e pittura ipermediale. Tra le novità la riconferma dell’incarico curatoriale a Giovanni Iovane e la nomina di un nuovo comitato tecnico-scientifico per lo sportello Sacs, composto da Accademia di Belle Arti di Palermo e Catania e Università di Palermo, Fondazione Orestiadi di Gibellina, Fam-Fabbriche Chiaramontane e Fondazione Fiumara d’Arte. Tre le convenzioni attivate, quelle con la Fondazione Fiumara d’Arte e con il Comune di Ustica per dare vita a nuove residenze d’artista sul territorio regionale, e con il Teatro Biondo. In primavera si concluderanno i lavori di ampliamento di Palazzo Riso con la consegna della nuova ala espositiva. Si tratta della fine di quel cantiere di restauro filologico voluto dalla Sovrintendenza ai Beni culturali, che due anni fa era stato
Renzi con i soldi di Bondi Firenze. Se ne parla da molti anni ma aprirà finalmente i battenti il 30 aprile il Museo del Novecento nell’ex convento delle Leopoldine in piazza Santa Maria Novella, in cui ha già sede il Museo Alinari (nella foto). Lo ha annunciato (con orgoglio) il sindaco Matteo Renzi sottolineando come Firenze investa sempre più sui beni culturali, grazie anche a quel 20% degli introiti dei musei statali che il sindaco, nel 2011, ottenne dal ministro Sandro Bondi che fossero destinati alla città. Si tratta di 4 milioni di euro per il 2013, che saranno distribuiti tra il cantiere dei Nuovi Uffizi, il Forte Belvedere, il Museo del Novecento e l’apertura del foyer del teatro romano nei sotterranei di Palazzo Vecchio: quest’ultima è prevista per la prima settimana di maggio, e fa parte di un complessivo riallestimento del Museo di Palazzo Vecchio e del Salone dei Dugento, dove torneranno gli arazzi del Bronzino rimossi nel 1983 e restaurati grazie al finanziamento dell’Ente Cassa di Risparmio. D’altronde è proprio l’Ente Cassa a essersi fatto carico del finanziamento di 6 milioni di euro per il Museo del Novecento, che accoglierà nei suoi 2.600 metri quadrati (distribuiti su 5 piani e un chiostro interno, con 800 metri quadrati di superficie espositiva in 20 sale) oltre 2.300 opere contemporanee che la Città possiede e che da decenni erano nei depositi: nomi quali Sironi, de Chirico, Morandi, Carrà, Marini, Sassu, Guttuso, Ranaldi, Magnelli, Barni, Salvadori e molti altri ancora. «Con il Museo del Novecento, finalmente, abbiamo ricostruito il tessuto di una storia aperta e ancora da scrivere», sottolinea l’assessore alla Cultura, il filosofo Sergio Givone. Infatti nel museo saranno riunite collezioni come quella di Alberto della Ragione, che l’ingegnere campano donò a Firenze nel 1970 (iniziata negli anni Trenta). Vi è poi il nucleo costituito da Carlo Ludovico Ragghianti, all’indomani dell’alluvione del 1966, per realizzare gli «Uffizi del moderno»: Ragghianti aveva infatti chiesto a maestri del suo tempo di donare un’opera alla città ferita e la sua richiesta aveva consentito di allestire nel 1967 una mostra di 231 dipinti (di Berti, Cagli, Conti, Vedova ecc.). Ricordiamo anche la donazione degli eredi Rosai nel 1963 e la donazione Palazzeschi con dodici dipinti di Filippo de Pisis regalati dallo scrittore all’università di Firenze. Givone e Renzi insistono sul concetto di museo aperto e dinamico, di respiro internazionale e in sinergia con Palazzo Strozzi e il Museo Marini. q Laura Lombardi
indicato come una delle cause della sospensione delle attività museali. Il progetto di restauro redatto dall’architetto della Soprintendenza Matteo Scognamiglio (701.619,23 euro) prevede di fatto la ricostruzione ex novo di una parte del corpo di fabbrica (quello che gira intorno al colonnato del doppio cortile interno), distrutto dai bombardamenti del 1943, con l’elevazione di due piani. Soluzione che aveva suscitato non poche perplessità e le critiche di chi aveva indicato questa come un’occasione mancata di consegnare alla città un progetto di architettura contemporanea (ricorrendo a un concorso internazionale d’idee) che dialogasse con la struttura settecentesca preesistente, opera dell’architetto barocco Venanzio Marvuglia. q Giusi Diana
Londra. Il Victoria and Albert Museum (V&A) sta pensando a una propria nuova sede a East London, all’interno del Parco olimpico creato per i Giochi del 2012. A sostenere, anzi a proporre l’iniziativa, è stato il sindaco della città, Boris Johnson, il quale ha tentato di coinvolgere nel progetto anche la Tate, ma Nicholas Serota ha declinato la proposta, dati i diversi fronti di espansione e promozione sui quali il suo museo è già impegnato. Per il V&A East, invece, la prospettiva è allettante. Martin Roth, direttore del museo, è infatti convinto che le nuove sale sotterranee che apriranno nel 2017 nell’attuale sede di South Kensington non siano sufficienti, soprattutto per opere di grandi dimensioni. Uno spazio a Stratford Waterside (dedicato alla storia del design?) permetterebbe quindi di esporre più pezzi della collezione permanente, di accogliere più visitatori per le mostre temporanee e di avere nuovi laboratori per i conservatori. L’area, affidata alla London Legacy Development Corporation, ospiterebbe anche nuovi edifici dello University College London. Nodo principale del proget-
to, che il sindaco definisce definitivamente avviato, mentre al V&A usano più cautela, restano i fondi (più di 100 milioni di sterline, oltre 120 milioni di euro). Dovrebbero arrivare in larga parte dalle casse pubbliche, per non penalizzare la sede principale del V&A, e le prospettive ci sono, essendo il museo inserito dal ministro delle Finanze britannico nel National Infrastructure Plan. Altri soldi arriverebbero dalla vendita di edifici nell’area e dalla National Lottery. Si prevede che il progetto possa dare lavoro a circa 10mila persone e concludersi per il 2020. I prossimi passi saranno lo studio di fattibilità e la stesura di un masterplan, ma l’iniziativa, per Roth, va oltre le contingenze di accoglienza del suo museo: «Abbiamo bisogno di un secondo polo oltre a South Kensington, potremmo beneficiare non poco della presenza di aziende di design, società di comunicazione e web e studi di architettura nell’East London». Qualche preoccupazione arriva invece dalla Museums Association, che sottolinea il sempre maggiore squilibrio tra le iniziative e le risorse legate alla capitale e il resto del Paese. q Martin Bailey
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Boris Johnson vuole il V&A nel Parco olimpico, mentre la Tate ha declinato
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Palermo. Le vetrine su via Vittorio Emanuele sono rimaste per due anni significativamente vuote. Bookshop e caffetteria (visibili dalla strada) del Riso Museo d’arte contemporanea della Sicilia sono rimasti per tutto questo tempo un pallido ricordo, a causa della sospensione delle attività espositive legate alle mostre temporanee. Due direttori Francesco Andolina, prima, e Sergio Aguglia, dopo, entrambi architetti e dipendenti della Regione, si sono avvicendati intanto su una poltrona che da quando Sergio Alessandro aveva lasciato tra mille polemiche, presentando le sue dimissioni da direttore del museo (cfr. n. 317, feb. ’12, p. 4), era ritenuta alquanto scomoda. Il discutibile riallestimento della collezione permanente, con Andolina, e la ripresa delle attività connesse all’archivio Sacs (sportello dell’arte contemporanea della Sicilia), sotto la direzione di Aguglia, hanno tentato di rilanciare l’immagine appannata di un museo tutto da rifare. La novità in questo nuovo anno è la ripresa dell’attività espositiva temporanea, con la conseguente riattivazione del servizio di caffetteria, come sottolinea la neodirettrice Valeria Li Vigni, museografa già direttrice del Museo regionale di Storia naturale di Palazzo d’Aumale, che nel corso di una conferenza stampa, insieme all’assessore regionale ai Beni culturali Mariarita Sgarlata, ha annunciato la programmazione del museo per il 2014. Innanzitutto verranno presentati i risultati delle quattro residenze d’artista avviate lungo il 2013 grazie al supporto di Banca Nuova, sotto la precedente direzione, con il contributo di un vasto comitato curatoriale Sacs formato da Laura Barreca, Daniela Bigi, Lorenzo Bruni, Valentina Bruschi, Giovanni Iovane, Helga Marsala e Cristiana Perrella. La prima delle mostre in programma è «Togli il fermo/ Let it go,» a cura di Nari Ward (fino al 22 aprile), già ospitata dall’American Academy di Roma, risultato di una settimana di residenza nella Tenuta Vallefredda di Labico (Lazio) degli artisti/barbaragurrieri/group, Giuseppe Buzzotta, Gabriella Ciancimino, Silvia Giambrone, Giuseppe lana, Filippo Leo-
Bologna. Fino al 23 marzo alla Pinacoteca Nazionale, la mostra «Disegni in collezione», a cura di Elena Rossoni, presenta i disegni donati fra 2011 e 2013 al Gabinetto Disegni e Stampe dalla Società di Santa Cecilia, Amici della Pinacoteca Nazionale di Bologna, partner strategico delle attività espositive del museo bolognese. Tre le opere acquisite sul mercato internazionale: una tempera su carta di Felice Giani con l’«Allegoria della guerra» (nella foto sopra), memoria dell’affresco realizzato nella volta della «Sala della Pace e della Guerra» a Palazzo Milzetti a Faenza; un disegno a matita rossa di Giuseppe Maria Mitelli preparatorio per l’acquaforte, datata 1710, intitolata «Li cinque sentimenti alla moda» (oggi di proprietà delle Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione della Cassa di Risparmio in Bologna, anch’essa in mostra); e un disegno a matita rossa di Angela Teresa Muratori, preparatorio per la pala dell’Annunciazione (1700 ca) per la chiesa della Santissima Trinità di Bologna, secondo disegno esistente di questa rara pittrice oltre a quello, peraltro controverso, conservato nella collezione Fachsenfeld di Stoccarda. La struttura espositiva, realizzata per questa occasione dalla Società di Santa Cecilia, permetterà di realizzare in futuro esposizioni a rotazione del materiale del Gabinetto Disegni e Stampe, consultabile per motivi conservativi solo su richiesta. q Giovanni Pellinghelli del Monticello
Guggenheim finnico
Van Gogh era brabantino e torna in campagna ’s-Hertogenbosch (Paesi Bassi). Da un’indagine condotta nei Paesi Bassi risulta che solo il 34% degli olandesi sa che Van Gogh è nato nella provincia del Brabante. Forse è anche per colmare questa lacuna che il Noordbrabants Museum ha deciso di aggiungere un’ulteriore sala dedicata al grande artista brabantino (nella foto in basso). Il Museo di Bosco Ducale (’s-Hertogenbosch), che ha riaperto le porte al pubblico il 18 gennaio dopo la ristrutturazione (nella foto in alto, l’ampliamento), ha arricchito la sua collezione di undici tele di Van Gogh col fine di illustrare l’opera dell’artista negli anni di formazione trascorsi appunto in Brabante. Esposte in una nuova apposita galleria di oltre 850 metri quadri, le opere in prestito prolungato, provenienti da collezioni private e pubbliche (in particolare il Rijksmuseum e il Van Gogh Museum di Amsterdam, mentre due dal Museo Soumaya di Città del Messico saranno visibili soltanto per i primi 6 mesi della presentazione), andranno ad affiancare «Contadina che zappa» del 1885, l’unico dipinto che già apparteneva al museo. I quadri dipinti dall’artista in questo periodo raffigurano casolari e scene di vita rurale, ma anche ritratti di contadini e soggetti come una natura morta, il presbiterio del paesino di Nuenen, dove Van Gogh dipinse «I mangiatori di patate», e l’abitazione dove l’artista si trasferì con i suoi genitori nel dicembre del 1883, con l’annesso edificio utilizzato come atelier fino al maggio dell’anno successivo. L’unica eccezione a questa produzione brabantina è rappresentata dall’ultima delle tele presenti, «Autoritratto con pipa», in prestito dal Van Gogh Museum, che venne dipinto nel 1886, quando l’artista si era già trasferito a Parigi col fratello Theo. Per seguire la crescita artistica degli anni della formazione in Brabante e poter osservare similitudini e differenze tra le opere che distinguono questo periodo da quello francese, il Noordsbrabants Museum ha creato anche una suggestiva presentazione audiovisiva (www.hetnoordbrabantsmuseum.nl). Nel 2015 saranno esattamente 125 anni dalla scomparsa di Van Gogh e questa mostra permanente si inserisce in un più ampio panorama di esposizioni ed eventi dedicati all’artista nella sua regione di origine e in tutta Europa (www.vangoghbrabant.com e www. vangogheurope.eu). Oltre al museo di Bosco Ducale molte altre iniziative sono in preparazione nei luoghi che hanno visto la nascita e l’infanzia del pittore: da Zundert dove l’artista è nato, a Etten-Leur, Helvoirt e Tilburg, dove ha vissuto e studiato, e in particolare a Nuenen, dove ha dipinto un quarto di tutte le sue opere. q Paola de Groot-Testoni
Helsinki. Dopo New York, Venezia, Bilbao, Las Vegas e Abu Dhabi, una nuova stella si aggiungerà alla galassia Guggenheim: è tornato alla ribalta il progetto di costruire a Helsinki un avamposto della fondazione statunitense, già bocciato dai funzionari della capitale finlandese nel maggio 2012 (cfr. n. 321, giu. ’12, p. 20) e riproposto dall’istituzione in una nuova versione lo scorso settembre (cfr. 337, dic. ’13, p. 22). Nella seduta del Consiglio comunale del 13 gennaio è stato stabilito di destinare una porzione di terreno nel versante Sud del porto (nella foto), già popolato da gallerie d’arte, al nuovo museo. Il concorso internazionale per scegliere l’architetto che firmerà l’edificio, cambiando per sempre il profilo di Helsinki vista dal Mar Baltico, dovrebbe essere bandito in primavera per durare un anno. Nel 2011 le autorità locali commissionarono alla Solomon R. Guggenheim Foundation uno studio di fattibilità per la costruzione del museo. Il progetto prevede una struttura di medie dimensioni, circa 129mila metri quadrati, 42mila dei quali destinati allo spazio espositivo, e un’affluenza stimata pari a mezzo milione di visitatori l’anno. Il prossimo passo prevede il voto del Consiglio comunale della capitale finnica sul proseguimento dell’iniziativa. Secondo il Guggenheim la competizione «offrirà un’opportunità per approfondire la discussione pubblica attorno alla proposta museale, permettendo a Helsinki di raggiungere un livello di attenzione internazionale, che la città merita, come vibrante centro di cultura». q Margherita Criscuolo