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Mensile di attualità
FREE PRESS
N 10 | NOVEMBRE 2020
ALLARME ROSSO Politiche Esg
Gender gap, che costo!
Allo sviluppo manca il contributo rosa DEBORA PAGLIERI
Covid-19
Imprenditrice
Il virus della disparitàdi genere
PAGINA 18
L’impatto sulle donne
“Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - LO/VA Anno 37 - n. 10 - Free Press
Aumentate le disuguaglianze
femmina Il 2021? Speriamo che sia
Il new normal
sarà paritetico?
INDICE N. 10 NOVEMBRE 2020 ANNO XXXVII
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EDITORIALE La nuova (a)normalità
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VARESE, DIAMO I NUMERI Enpowerment politico: va meglio, ma non bene
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MANAGEMENT E AZIENDA Gender gap, che costo!
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FOCUS - SULLE SCALE Fragili
ISTRUZIONE, EDUCAZIONE 1 2 FORMAZIONE, Se l’ing. è pink
5 Il virus del divario di genere
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FORMAZIONE, ISTRUZIONE, EDUCAZIONE TERRITORIO Brevetti in Lombardia, l’opportunità da sfruttare
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FOCUS - IDEE TERRITORIO Mascherina? È un gioco!
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FOCUS - OPPORTUNITÀ Nel blu dipinto... di rosa
20 CULTURA Allarme rosso
In Italia l’emergenza sanitaria sta aumentando la già profonda disparità tra maschi e femmine. E’ quanto emerso dalla puntata di novembre di Varese diamo i numeri
22 CULTURA L’occasione di riflettere 24 TURISMO A terra
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26 TURISMO Altro che orizzonti rosa...
Profumo di donna
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- FAMIGLIA 29 FOCUS Le sfide del futuro
Debora Paglieri, presidente e amministratore delegato dell’omonima società per azioni leader nel campo della cura della persona e della casa, spiega perché all’Italia converrebbe sostenere adeguatamente l’universo femminile, anche nel mondo del lavoro
MONDO BIMBI I giochi di domani
33 ANIMALI One welfare 34 SALUTE Perchè c’è bisogno di psicologia www.varesemese.it
MENSILE D’INFORMAZIONE DELLA PROVINCIA DI VARESE E DELL’ALTOMILANESE F O N DAT 0 N E L 1 9 8 3 DA G I O R G I O P I C CA I A E M E L A N I A R O C CA
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EDITORIALE
La nuova (a)normalità Quello che le donne oggi non dicono Il 25 novembre ricorre la Giornata internazionale contro la violenza di genere. Dopo esserci occupati di quella fisica e psicologica, stavolta parliamo di quella economica. Che il Covid-19 ha peggiorato. Tra la quasi totale indifferenza collettiva... > Chiara L. Milani - Direttore responsabile
Sarà il senso del dovere verso la famiglia. Sarà una dignità mai abbastanza celebrata. Sarà la rassegnazione al fatto che, se le cose vanno male per tutti, per noi debbano andare peggio. Sarà davvero quel che sarà, ma la condizione femminile, già prima non facile, a causa del Covid-19 è peggiorata. Ovunque nel mondo. E l’Italia non fa eccezione. Anzi.
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Le vittime dimenticate Eppure - dopo un primo grido d’allarme lanciato durante il lockdown primaverile, quando di colpo le mamme si sono trovate a lavorare a casa con i figli - la problematica sembra essere caduta nel dimenticatoio. Complice lo stesso genere femminile, che come spesso fa si è rimboccato le maniche, leccandosi le ferite in solitudine. Troppo impegnate a sopravvivere ogni giorno, le donne, per poter far notare che invece vorrebbe vivere. Questione di Pil Chissà, magari questo mese qualcuno lo farà notare. Ma da qui ad essere ascoltata, da qui al fatto che qualcosa cambi, ce ne passa. Eppure servirebbe non soltanto alla metà della popolazione della nostra nazione, ma al Paese intero. Lo dicono gli esperti e le esperte, che anche in questo numero abbiamo interpellato. Oltre a guardare le statistiche dell’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa della tematiche di genere. E non solo. Lei al governo? Meglio di lui! Eppure, basterebbe pensare che, secondo importanti studi universitari, nonostante le donne al vertice di uno stato rappresentino soltanto il 10% del totale, almeno durante la prima ondata del contagio hanno ottenuto risultati migliori delle loro controparti maschili, per capire che una chance la meriterebbero non soltanto le singole rappresentanti dell’universo femminile, ma il mondo intero. C’è qualcuno? Invece, in questa nuova normalità in cui tutto cambia, l’atavica disparità di genere sembra non cambiare. Anzi, peggiora. Noi che non amiamo concentrarci soltanto sui problemi, bensì sulle soluzioni, come sempre abbiamo provato a lanciare alcune idee tramite la voce di signore davvero in gamba. Se vi andasse di leggerle, e poi soprattutto di fare qualcosa per cambiare lo status quo, fatecelo sapere. Contattateci! Finché potremo, vi daremo voce. Grazie a chi, anche in questo momento drammatico, sostiene con piccoli, grandi fatti una linea editoriale che non parla allo stomaco, ma alla testa. Perché investire in una testata informativa così, oggi più che mai, significa credere che, alla fine, non debba sempre per forza avere la meglio il peggio di noi. Noi ci crediamo. A volte, basta poco per fare tanto. Se ci credete anche voi, se volte darci una mano, contattateci.
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VARESE, DIAMO I NUMERI
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VARESE, DIAMO I NUMERI
IL VIRUS DEL DIVARIO DI GENERE L’impatto del Covid-19 sulle donne GUARDA LA TRASMISSIONE
In Italia l’emergenza sanitaria sta aumentando la già profonda disparità tra maschi e femmine. E’ quanto emerso dalla puntata di novembre di Varese diamo i numeri, il nostro spazio di approfondimento mensile tv, in cui - ogni primo venerdì del mese alle 20.15 su Rete55 - facciamo parlare le statistiche con l’aiuto dell’economista Massimiliano Serati e del cartoonist Tiziano Riverso
> Chiara Milani > chiara.milani@varesemese.it
E’ una forma di violenza più strisciante rispetto a quella fisica o psicologica. Eppure, come questi altri due tipi di soprusi, non soltanto esiste. Ma a causa del Covid-19 è addirittura peggiorata. Il gender pay gap, questo “sconosciuto” Ma andiamo con ordine. Partendo dal fenomeno - spesso taciuto o dato per scontato - del gender pay gap che, come ben sintetizza l’economista Massimiliano Serati, “è quella asimmetria retributiva legata all’appartenenza al genere, quindi maschile e femminile, sia a parità di condizione professionale, e in questo caso si configura come vera e propria discriminazione, sia legata a segregazione professionale, quindi al fatto che alle donne vengano riservate occupazioni usualmente meno retribuite di quelle riservate agli uomini”. La vergogna tricolore Rispetto al resto del mondo, l’Italia non è messa affatto bene, per usare
continua
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VARESE, DIAMO I NUMERI
> Le realtà europee messe a confronto: una nel Nord, una al Centro e una al Sud del nostro continente. Ossia Svezia, Germania e Italia
Politica
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> Secondo il Wef, è la posizione dell’Italia nel mondo per il gender pay gap, contro la decima della Germania e la quarta della Svezia
> Oggi in Italia un parlamentare su 3 è donna, contro una media europea del 32.1 per cento e nazioni come la Svezia che registrano il 47,3%
un eufemismo. Per rendersene conto basta vedere il confronto dell’analisi empirica tra tre differenti nazioni europee - una del Nord, una del Centro del Sud Europa - ossia Svezia, Germania e la nostra Italia. “Le differenze principali che emergono sono riassumibili in numeri abbastanza semplici”, analizza il professore di Economia politica dell’Università Liuc Carlo Cattaneo di Castellanza: “Se andiamo a misurare l’ampiezza del gender pay gap, secondo i dati del World Economic Forum, l’Italia è al 76esimo posto tra i paesi del mondo, la Germania è al decimo e la Svezia,che notoriamente è più avanti come tante altre nazioni del Nord Europa rispetto alla media
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76°
> Secondo l’Istat, la percentuale delle donne che lavorano al Nord Italia, mentre al Sud sono 1 su 3, il che fa dell’Italia la penultima nazione in Europa
> Il numero dei ministri donna del governo Conte. Nel 2018 è stato anche nominato il primo Presidente del Senato femmina
mondiale, si piazza al quarto posto”. Di qui, la riflessione tranchant: “La differenza tra il nostro 76esimo e il quarto della Svezia penso non meriti altri commenti”. Occupazione e part-time non all’altezza dell’Europa Peraltro, tornando ad analizzare la disparità lavorativa, Eurostat va oltre e analizza anche i dati che riguardano occupazione e part-time. Facendo emergere chiaramente che, anche da queste prospettive, nel nostro Paese non siamo messi affatto bene. Anzi, per nulla. “Per quanto ci siano stati negli ultimi dieci anni lievi
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59,7%
> Il part-time femminile nel 2019, contro il 34,9% de Preponderante tra le lav più giovani, è cresciuto in m invol
> Il mandato di Angela Markel in Germania, anche se nel Bundestag si registra la quota minima femminile da 20 anni a questa parte
miglioramenti, rimaniamo al penultimo posto in Europa per tasso di occupazione femminile, con particolare debolezza tra le giovani donne, quindi quelle al di sotto dei trent’anni”, illustra infatti il nostro interlocutore: “E per quanto riguarda il parttime non siamo proprio ultimi nella graduatoria europea, ma siamo nettamente al di sotto della media”. Overeducation Tutto ciò nonostante anche il Italia le donne studino di più, si laureino in corso e con voti più elevati, ma privilegiando studi che hanno minori prospettive occupazionali e retributive. Seppure,
“La crisi ha accentuato la disuguaglianza”
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VARESE, DIAMO I NUMERI
Empowerment politico: va meglio, ma non bene > A cura della redazione > redazione@varesemese.it
e in Italia el 2007. voratrici maniera lontaria
60%
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> La concentrazione delle donne negli impieghi della gestione della casa, seguita dall’ambito educativo, quello sociosanitario e le attività di servizio
> La percentuale di gender gap della Svezia per quanto riguarda l’empowerment politico secondo il report 2020 del Wef, contro il 26,7% dell’Italia
a parità di studi, anche nelle materie Stem (Scientifiche, tecnologiche, economiche e matematiche), gli stipendi per lei siano mediamente più bassi di circa un terzo. L’impatto squilibrato del Covid-19 Infine, ma non ultimo, l’impatto del Covid-19 ha ulteriormente peggiorato la situazione. Ma in che modo ha reso più profonde le disuguaglianze di genere? “Direi a tutti i livelli”, ci risponde Serati: “In generale, queste crisi accentuano le diseguaglianze e questo è un esempio evidentissimo: il numero di donne che ha perso il lavoro è nettamente superiore in percentuale a quello degli uomini, il numero di donne che ha visto decurtata la propria retribuzione è superiore a quello degli uomini e si è accentuato il fenomeno di segregazione
88%
Lavoro
52,5% professionale, che limita le donne solamente ad alcuni settori usualmente a bassa retribuzione, quindi quello della cura o assistenza alla persona, del settore educativo e dintorni. Per cui, diciamo, tra le altre disuguaglianze che la crisi ha accentuato, purtroppo c’è anche questa situazione”. Le vittime dimenticate Eppure, dopo un po’ di battage informativo all’inizio del lockdown la scorsa primavera quando le mamme si sono di colpo trovate a dover lavorare da remoto con i figli a casa da scuola - quasi più nessuno parla dell’emergenza lavorativa femminile. E così, nell’indifferenza dei più, nel nostro Paese fa sempre più vittime anche il virus del divario di genere.
Non è soltanto lavorativo, il divario di genere che l’Italia deve colmare. Pure dal punto di vista dell’empowerment politico, infatti, nonostante qualche passo avanti fatto negli ultimi tempi, la disparità tra maschi e femmine rispetto ad altre nazioni europee resta evidente. Basti pensare che anche se oggi qui 1 parlamentare su 3 sia donna, il governo Conte abbia 7 ministri di questo genere e nel 2018 sia entrato in carica il primo presidente del Senato femmina, sempre stando al Gender gap report 2020 del World economic forum, il nostro Paese si posiziona assai peggio di Germania (dove Angela Merkel è al quarto mandato) e Svezia (che ha un parlamento composto dal 47,3% di donne contro una media europea del 32,1%, anche senza aver mai avuto un Capo di Stato donna, a differenza di altri Paesi nordici). La scarsa rappresentatività non aiuta Una situazione che certo non aiuta il Belpaese a prendere decisioni all’insegna dell’uguaglianza di genere in tutti i campi. Compreso quello del lavoro. Con tutte le conseguenze negativo che ciò comporta anche a livello economico. Per tutti.
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MANAGEMENT E AZIENDA
Gender gap, che costo!
Allo sviluppo manca il contributo rosa La valorizzazione della diversità di genere ha dimostrato risultati importanti in termini di risultati economico reddituali. A spiegarlo è Anna Gervasoni, docente di Economia e gestione delle imprese all’Università Cattaneo di Castellanza e direttore di Aifi (Associazione italiana del private equity, venture capital e private debt) Abbiamo visto durante il lockdown che le donne sono state capaci di gestire l’emergenza Covid-19 riuscendo a far studiare i figli, a lavorare e a occuparsi della casa, come se fosse tutto nella normalità delle cose. Eppure, c’è ancora un gender gap che è difficile da colmare nonostante le campagne continue per allineare retribuzioni, percorsi professionali e per permettere anche alle donne di ricoprire ruoli istituzionali e manageriali. Al di là di ogni rivendicazione di genere, è acclarato che la valorizzazione di competenze e profili professionali femminili può portare un grande contributo allo sviluppo delle imprese e delle professioni.
> Anna Gervasoni > redazione@varesemese.it
Il private equity fa bene all’occupazione femminile Vediamo un esempio. Lo scorso settembre, durante il convegno annuale di AIFI e Kpmg, è stata presentata una ricerca dedicata alle risorse umane e alle politiche Esg (Environmental, social, governance, ossia Ambiente, sociale e buon governo) nelle società in portafoglio al private equity. Lo studio, che ha fornito anche informazioni utili sulla compagine femminile nelle imprese, è stato pensato perché le aziende sono fatte soprattutto di persone e queste sono la più grande risorsa per la società. Nella survey è stato analizzato un campione significativo di aziende in portafoglio ai fondi fino al 2019 o disinvestite nei tre anni precedenti per un totale di 130 operazioni effettuate da operatori domestici e internazionali. I risultati danno una fotografia di come le imprese oggi si compongono e mostrano come l’ingresso di un fondo porta a una crescita del numero medio di dipendenti e in questa crescita c’è una grande attenzione all’elemento femminile. Nelle
mediamente pari al 43%, al centro al 32% e al sud si scende fino al 28%. Questo rappresenta un’enorme perdita di potenziale di competenze e professionalità. Una su sette ce la fa, ma com’è dura la salita... Se guardiamo ai dati elaborati dalla survey che parlano dei dirigenti, vediamo come su 7, solo una è donna, circa il 16% del totale. Nei consigli di amministrazione su 6 componenti abbiamo una sola presenza femminile, ovvero il 9%. Livelli molto bassi, ma che stanno velocemente cambiando, segno che l’attenzione verso il riequilibrio di genere e la ricerca di complementarità sta crescendo. Sensibilità di gran lunga più alta la troviamo nelle imprese che sono oggetto di operazioni di private equity poste in essere da fondi internazionali. Ciò deriva da un preciso indirizzo che in questi mesi è fatto proprio anche dai nostri operatori italiani di aumentare l’attenzione verso le best practices Esg. Investire nelle donne conviene. Anche al portafoglio Le politiche Esg dedicano un ampio focus sul capitale umano e stanno ricoprendo un ruolo sempre più importante anche nel determinare le scelte degli investitori. I fattori ambientali, sociali e di buon governo sono sempre più ricercati e implementati da operatori che vogliono investire nelle società per farle crescere e internazionalizzare, lavorando così alla creazione di valore. E in questo percorso la valorizzazione della diversità di genere ha dimostrato risultati importanti in termini di risultati economico reddituali. Questo punto è diventato talmente importante che a livello internazionale sono state redatte delle linee guida con best practice
“Politiche Esg sempre più importanti” società target del private equity infatti la crescita dell’organico è pari a quasi il 90% nel periodo di permanenza del fondo, mediamente pari a 5 anni; la composizione femminile è del 41%, più elevata nelle imprese con più di 200 addetti in cui raggiunge il 63%. Quel Mezzogiorno così poco femminile Questo a livello generale, però se guardiamo alla geografia del nostro Paese, le percentuali cambiano e scendono man mano che ci si sposta verso il Mezzogiorno. Al Nord, infatti, siamo a una presenza femminile nelle aziende,
da adottare nei processi di investimento. Da un nuovo equilibrio sociale può nascere quello economico Anche in Italia l’anno scorso l’associazione di categoria ha dato delle linee guida e in questo nuovo paradigma le donne vengono sostenute nella crescita professionale, così da consentire un migliore equilibrio tra lavoro e famiglia. È proprio partendo da un nuovo equilibrio sociale che si può affermare un nuovo equilibrio economico in cui inserire i nostri migliori talenti professionali.
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FOCUS - SULLE SCALE
GUARDA LE INTERVISTE
FRAGILI Lei è in crisi nel mondo
> Chiara Milani
> chiara.milani@varesemese.it
Dai Paesi sede di conflitto o post bellici a quelli del Maghreb: le scale di VareseMese, da cui ogni giorno alle 20.05 conduciamo le nostre interviste tv, ci portano a vedere le ripercussioni del Coronavirus sull’universo femminile anche in altre nazioni
> Firas Deeb
> Asma Bensilame
> Fares Ben Souilah
“Siamo abituati a doverci adattare. Ovviamente all’inizio è stato uno shock, perché il lockdown c’è stato ovunque, anche nelle nazioni che seguiamo noi”. In scalo a Dubai, diretto prima nella sua Siria e poi in Iraq, dove è impegnato attualmente, Firas Deeb ci spiega così in che modo l’organizzazione non governativa per cui lavora si sia abituata velocemente alla nuova normalità nelle nazioni fragili in cui è attiva. Contesti difficili, in cui opera in comunità dove c’è poco o nessun sostegno per i giovani studenti e imprenditori da parte del governo locale o del settore privato. Un’azione portata avanti con 20 uffici nel mondo e rivolgendo i propri sforzi soprattutto a favore delle donne, che rappresentano circa il 60% del target dell’Ong Spark. Siriano che attualmente risiede nel Lussemburgo, venendo assegnato da 8 anni a differenti nazioni sede di conflitto o che ne stanno uscendo, il nostro interlocutore prosegue: “Nei primi momenti della pandemia abbiamo perso contatti con le persone, ma poi abbiamo trovato il modo di ricalibrare i nostri piani, soprattutto abbiamo spinto sulla digitalizzazione, aiutando anche le università a fare lezioni ed esami online e a fare addirittura tirocini digitali”. La rete...… di salvataggio Peraltro, la digitalizzazione si sta rivelando vitale pure per salvare le donne in altri contesti. Anche dal punto di vista della violenza di genere. A spiegarcelo da Casablanca è Asmaa Bensilame, presidente fondatrice del Centro diplomatico pubblico marocchino, che ricopre incarichi di vertice in associazioni femminili internazionali: “Prima del Coronavirus, il Marocco ha adottato una legge contro la violenza sulle donne, durante il lockdown il ministero ha aperto oltre 60 centri per le vittime di questi soprusi e ha supportato i centri di ascolto delle Ong che in certi casi lavorano 7 giorni su 7, 24 ore al giorno. Inoltre, è stata fatta una piattaforma digitale per raccogliere le richieste di aiuto e una vasta campagna destinata alle donne e alle ragazze che si trovano in situazione di difficoltà”. Strette nella morsa tra difficoltà sul lavoro e in famiglia Oltre alla violenza fisica, c’è poi quella economica. Come ci conferma sempre dal Maghreb, in questo caso dalla Tunisia, Fares Ben Souilah, business coach, consulente per le Risorse umane, formatore internazionale di soft skills, oltre che giornalista radiofonico e TEDx speaker, a cui chiediamo del report di 12 pagine stilato dall’Un Women proprio sull’impatto di genere che sta avendo la crisi da Covid-19 nel suo Paese: “Anch’io ho letto il report. Sicuramente a causa del lockdown prima e del coprifuoco ora le persone sono più nervose, perché sono costrette a stare a casa, quindi purtroppo c’è stato un aumento anche dei divorzi. Inoltre le donne hanno tutte le sfide connesse sia al mondo del lavoro sia alla famiglia, con i bambini a casa da scuola. Quanto all’occupazione, sia i maschi sia le femmine purtroppo lo stanno perdendo a causa di questa crisi, ma forse in alcune aziende le donne sono più sacrificate perché certi imprenditori pensano che in questo contesto gli uomini possano essere più efficienti”.
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FORMAZIONE, ISTRUZIONE, EDUCAZIONE
SE L’ ING. E’ PINK
Donne in aumento a ingegneria > Chiara Milani
> chiara.milani@varesemese.it
Raffaella Manzini, direttore della Scuola di Ingegneria industriale dell’Università Carlo Cattaneo di Castellanza, è fresca d’elezione nel Board of Directors della Sefi (European Society for Engineering Education), la più grande organizzazione per l’educazione ingegneristica in Europa Con la Società europea per l’educazione ingegneristica vi occupate anche di due complessi temi d’attualità, ossia etica e sostenibilità. Ma nella mentalità cosiddetta “quadrata” degli ingegneri, come si possono affrontare questi argomenti? Devo difendere la categoria il concetto dell’ingegnere chiuso (sorriso, ndr). In realtà qualsiasi ingegnere deve porsi queste questioni per il ruolo sociale che ricopre, perché con le sue decisioni genera comunque un grandissimo impatto sia sulle persone sia sull’ambiente, il territorio, le comunità. Non è facile occuparsi di questi temi e per questo la Sefi si pone specificamente questi temi con altrettanti gruppi di interesse per capire come formare gli ingegneri anche su questi due aspetti. Già devono studiare tanto, come è noto. Il percorso formativo è intenso e molto approfondito. Introdurre questi nuovi elementi non è facile ed è per questo che, con molto piacere, sono coinvolta in questa associazione, perché credo che solo dal confronto tra tante esperienze, nel Nord Europa per esempio le università sono molto avanti da questo punto di vista, si possano arricchire la formazione degli ingegneri anche sotto questi aspetti. Un altro argomento che affrontate con i suoi colleghi europei è quello della diversity, ossia della diversità, intesa anche, seppur non soltanto, come quella di genere. In Italia le materie cosiddette Stem, cioè Scientifiche Tecnologiche Economiche e Matematiche rimangono abbastanza un tabù per le donne... è così anche nel resto d’Europa?
Credo ci sia un fortissimo condizionamento dei modelli culturali che sono dominanti nei vari Paesi e che sono differenti: i Paesi nordici di certo sono molto più avanti nel coinvolgere anche le donne nelle materie cosiddette Stem e in particolare in ingegneria. Il presidente di Sefi è una belga e molte donne sono coinvolte nel board come me. C’è anche un gruppo d’interesse che si occupa dei temi della diversity, anche di genere, che ancora va colmata come gap. Le donne stanno aumentando in ingegneria, nella nostra in Liuc in particolare perché l’indirizzo gestionale attira di più certamente le donne: siamo intorno al 30-40% a livello nazionale, un buon livello per ingegneria, certamente al Nord certi numeri sono più abituali. Nonostante ciò, resta ancora un divario da colmare. Io ho la convinzione che l’arricchimento del percorso
> Raffaella Manzini
“Etica e sostenibilità nei percorsi di studio possono attrarre più iscritte”
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FORMAZIONE, ISTRUZIONE, EDUCAZIONE
dell’ingegnere anche con i temi che abbiamo menzionato prima possa farlo diventare anche più attraente anche per le donne. E’ una mia percezione. Spero sarà così nel futuro. Ma in chiave postpandemica, perché sarebbe più che mai importante che le donne - le cui condizioni reddittuali sembrano essere peggiorate un po’ ovunque a causa del Covid-19 - siamo presenti in certi contesti scientifici? La cosa più importante è perché la diversità è una ricchezza. Gruppi di lavoro con un buon livello di diversità sono certamente più produttivi, più creativi, piu efficaci ed efficienti. Il tema delle donne nella difficoltà di questa pandemia riguarda proprio il fatto che i modelli dominanti di ruolo hanno visto spesso la donna recedere dalle posizioni dominanti per prendersi cura della famiglia. Proprio a seguito di questa emergenza bisogna fare un’azione molto forte. La prospettiva c’è, perché se vogliamo una crescita della credibilità del lavoro da remoto, può aiutare le donne che tradizionalmente sentono più il compito di occuparsi della famiglia, il che è irrinunciabile in alcune fasi della propria vita. Il lavoro da distanza può sviluppare l’attitudine delle donne anche a occupare ruoli importanti di comando, perché li rende più compatibili con la vita familiare. Poi, quanto più le ragazze entreranno nei percorsi di studio anche ingegneristici, tanto più potranno arricchire pure le componenti di vertice. Ed è indispensabile che ci siano donne in quelle posizioni: tanto tempo fa non consideravo le quote rosa una cosa positiva, mi sembrava una sorta di ghettizzazione di genere. In realtà, però, a volte mi rendo conto, e lo vedo nella mia vita quotidiana di lavoro, che chi ha un’esperienza femminile la può portare ai tavoli decisionali, qualsiasi essa sia, di famiglia o altro. Ciò, oltre ad arricchire tali tavoli, include tematiche che forse un gruppo maschile, non per cattiveria, ma soltanto per mancanza di visione femminile, non porta al tavolo. Quindi, da questo punto di vista, credo davvero che ci sia bisogno della componente femminile.
Brevetti in Lombardia, l’opportunità da sfruttare Soltanto 1 brevetto su 10 in Lombardia riguarda la sostenibilità. E il trend non è in grandissima crescita. Eppure il potenziale c’è. Ecco perché secondo Raffaella Manzini, direttore del Centro sull’Innovazione tecnologica e digitale della Liuc, ci sono opportunità non ancora sfruttate, anche in termini di prospettiva di mercato. Il dato è emerso in occasione della presentazione dei risultati dell’Innovation patent index, ovvero l’indicatore che un anni fa avevamo presentato sulla nostra rivista e che, partendo dai brevetti, misura il grado di innovazione di imprese, filiere, cluster e territori. “La capacità in Lombardia c’è, ma manca ancora uno sforzo consistente verso innovazioni orientate verso la sostenibilità”. In quali settori s’innova In generale, nella nostra regione i settori che registrano più brevetti sono quelli tradizionali per il territorio. Ossia, medicale, chimico e ingegneristico. Ciò in controtendenza rispetto all’andamento mondiale che punta sì sulle tecnologie mediche, ma soprattutto su comunicazione digitale e Ict. La classifica delle province lombarde Ad ogni modo, in cima alla classifica delle province lombarde più innovative svetta Milano, mentre Varese si trova a metà classifica, in quinta posizione, nonostante pure piccole province abbiano un ottimo piazzamento, perché la capacità innovativa non dipende soltanto dalle dimensioni. Tutti spunti interessanti su cui riflettere, soprattutto per guarire la nostra economia affetta da Covid-19, puntando anche su percorsi di formazioni al passo coi tempi.
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FOCUS - IDEE
MASCHERINA? È UN GIOCO! Francesca Tenchini - designer per la persona, insegnante di arte e mamma - è tra le finaliste del Premio Donna 2020 per aver ideato due iniziative che mirano ad “alleggerire” il peso dei dispositivi di protezione per i più piccoli. A ottobre ha parlato al decennale del Caffè letterario di Busto Arsizio
> Chiara Milani
> chiara.milani@varesemese.it
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FOCUS - IDEE
“L’idea è nata perché io sono un’insegnante di arte e sono mamma di una bimba di 3 anni”. Francesca Tenchini, che si definisce designer per la persona, racconta così com’è venuta alla luce Scherziamo seriamente, una linea di coloratissime mascherine lavabile a misura di bambino, sia under sia over 6: “Lo scorso marzo in Lombardia, avvicinandoci la fase 2, s’iniziava a sostenere che anche i bambini avrebbero dovuto mettere le mascherine. Non nascondo che io ero molto preoccupata per mia figlia, ma anche per i ragazzi a scuola. Per cui una notte ho pensato ai giochi che di solito facevamo e al fatto che magari le avrei fatte disegnare queste mascherine. Poi ho pensato al fatto che il nostro avviso sarebbe stato trasformato e che forse il gioco del truccabimbi potesse in qualche modo aiutarci a ironizzare un pochino su qualcosa che era diventato necessario”. Mascherine formato mignon Per concretizzare la sua idea, Tenchini ha coinvolto un suo ex compagno di scuola, con cui peraltro frequentava uno degli istituti che è stato più colpito dalla prima ondata del contagio, e che è proprietario di un calzificio per far fronte all’emergenza si era messo a produrre e donare mascherine. Anche se, fino a quel momento, soltanto per gli adulti. Poi, grazie alla nuova sinergia, sono arrivati la tigre, il micio, il coniglio, la coccinella e tanti altri personaggi formato mignon.
“Ho pensato che il truccabimbi potesse aiutarci a ironizzare” Gimbo, le orecchie dello squalo Ma non è finita qui. Perché sempre per aiutare i più piccoli a sdrammatizzare la situazione, al contempo proteggendosi, è nato l’activity book Gimbo, le orecchie dello squalo. “Tra i soggetti delle mascherine avevo disegnato vari animali, perché i bimbi spesso vogliono trasformarsi in queste creature. Ma mi sono resa conto che lo squalo non avrebbe proprio tanto potuto indossare la mascherina, perché non ha i padiglioni auricolari come noi”. Nel frattempo, con la fase della riapertura, anche i ragazzini avevano cominciato a potersi incontrare di nuovo, ma con regole un pochino diverse da prima. “Mi sono resa conto che le istituzioni giustamente erano molto occupate a pensare alla logistica, alle normative e che mi sarei ritrovata a scuola a settembre senza avere un piano su come gestire le emozioni di questi bambini. Così, sia da genitore sia da insegnante, ho pensato a un libro-gioco, grazie a cui i bambini possono parlare un pochino di questa esperienza”. Senza, però, terrorizzarli. L’autrice infatti precisa: “Ci tengo a dire che nel libro non si citano virus e mascherine. I personaggi portano una maschera, ma per fare un gioco. Vorrei infatti che ai bambini si restituisce un po’ questa dimensione”. Tanto che, avendo intuito in anticipo che in questo lungo autunno-inverno i più piccoli avrebbero avuto bisogno di un tale strumento, Tenchini ha rinunciato alla pubblicazione da parte di un’importante casa editrice, che non avrebbe potuto pubblicare il libro fino a marzo, e lo ha autoprodotto. Premio Donna 2020 Tutte iniziative destinate ad alleggerire il peso della mascherina per i bambini che, a ottobre, l’hanno portata sul palco del decennale del Caffè letterario di Busto Arsizio. E, a novembre, la vedono tra le finaliste del Premio Donna 2020 dell’associazione Innovation Future School.
> Francesca Tenchini (Ph: Valentina Colombo)
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FOCUS - OPPORTUNITÀ
NEL BLU DIPINTO... DI ROSA
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“Per volare bisogna essere precisi e le femmine lo sono più dei maschi” Anche quest’anno a Volandia ha preso quota la serata di gala per raccogliere fondi a favore della borsa di studio per aiutare le ragazze che sognano di pilotare un aereo, ora intitolata a Carlo Castiglioni. Abbiamo intervistato il suo successore alla guida di Air Vergiate, Claudio Tovaglieri > Chiara Milani
> chiara.milani@varesemese.it
Claudio Tovaglieri al Volo in Rosa 2020
“E’ vero che il volo, così come tante altre attività, è declinato più al maschile. Però per poter volare non occorrono dote fisiche particolari che mancano alle ragazze”: Claudio Tovaglieri, presidente di Air Vergiate, spiega così perché lui veda orizzonti rosa nel classico cielo italiano dipinto di blu: “Anzi, nella mia esperienza le donne sono più portate a essere precise e il volo è precisione, disciplina, quindi sia nel settore civile, sia militare, riescono a dare risultati migliori dei nostro ragazzi”. Come far decollare un sogno Insomma, correggere la rotta che lascia a terra le donne è possibile. Proprio per contribuire a questo cambio di traiettoria, anche in questo burrascoso 2020 a Volandia ha preso quota la serata di gala Volo in rosa, che da 3 anni mette le ali al sogno di ragazze che vorrebbero pilotare un aereo, perché il brevetto è costoso e volare quindi non è alla portata di tutti. Un’iniziativa fortemente voluta dal presidente del museo che sorge all’ombra dell’aeroporto di Malpensa, Marco Reguzzoni, e da Carlo Castiglioni, il presidente di Air Vergiate scomparso repentinamente un anno fa e a cui ora è stata intitolata la borsa di studio destinata alle giovani. O, meglio, il prestito d’onore per finanziare senza garanzie un’importante somma, che rappresenta più di due terzi dell’importo brevetto professionale. Vietato restare a terra Un investimento cospicuo, ma che secondo Tovaglieri frutterà anche ora, nonostante secondo le attuali previsioni prima di raggiungere livelli traffico aereo del 2019 bisognerà aspettare almeno il 2024. “La licenza di pilotaggio è europea e il suo valore si estende oltre i confini del nostro continente, perché quello dell’aviazione è un mondo uniforme con regole uniformi”, sottolinea infatti il presidente della scuola di volo, fondata nel 1945: “Avere una licenza di pilotaggio per aeroplano o elicottero consente dunque di lavorare non soltanto in Italia. Sei mesi fa la Boing stimava che nel mondo fossero richiesti più di 500mila piloti per i prossimi vent’anni. Ora, per le ragioni che tutti conosciamo, questa prospettiva ha subito una battuta d’arresto. Ma il mondo sta andando in quella direzione”. E le ragazze non possono restare a terra.
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COVER STORY
> Chiara Milani > chiara.milani@varesemese.it
PROFUMO DI DONNA Capitana d’azienda
Debora Paglieri, presidente e amministratore delegato dell’omonima società per azioni leader nel campo della cura della persona e della casa, spiega perché all’Italia converrebbe sostenere adeguatamente l’universo femminile, anche nel mondo del lavoro
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COVER STORY
Come capitano d’azienda, nell’ambito delle grandi marche italiane rappresenta una “mosca bianca”. Semplicemente in quanto donna. Con Debora Paglieri, presidente e amministratore delegato dell’omonima società per azioni, parliamo di una questione che in epoca di Coronavirus sembra secondaria. E che invece, se risolta, aiuterebbe il Paese ad affrontare meglio la pandemia e a risollevarsi al termine dell’emergenza. Come mai è ancora così raro in certe posizioni di vertice trovare figure femminili? Purtroppo questo è un tema annoso, che sta perseguitando la nostra società: si sa che la donna paga lo scotto di dovere e provvedere a un’assistenza familiare, ai figli e ai genitori anziani. Quindi, questo la rende decisamente più debole e sotto tutti i punti di vista, soprattutto affacciandosi al mondo del lavoro. A questo proposito l’UN Women ha fatto notare che, a causa del Covid-19, il reddito delle donne è diminuito in economie di qualsiasi dimensione, proprio a causa dell’esplosione il lavoro non pagato per la cura di figli, malati, anziani... in particolare nel 2020 le lavoratrici autonome sono già diminuite del 25%. Secondo lei, che anche Cavaliere del Lavoro, che cosa si può fare per frenare questo fenomeno? Indubbiamente lo ritengo un fenomeno che sento molto a livello anche morale ed etico, soprattutto in virtù del mio genere. Ritengo che sia necessario avere dei supporti per la donna: bisogna finalmente intraprendere una politica seria, costruttiva e soprattutto costante nel cercare di dare alla donna il supporto di cui ha bisogno, per il fatto che se ne gioverebbe l’intero Paese. Cioè, il Pil dell’intero Paese ne avrebbe un giovamento e di conseguenza credo che sia doveroso. So che a livello europeo probabilmente si stanno intraprendendo azioni in questo senso, però credo che sia doveroso da parte del nostro Stato, del nostro Governo, finalmente dedicarsi a una politica seria di sostegno per la donna a livello di strutture per i bambini e supporto di tipo assistenziale per i genitori anziani. Ecco, ancora oggi le donne spesso si sentono dire che è un problema la loro assunzione per via di una
possibile maternità oppure, se anche lavorano, che in fondo non hanno bisogno di essere adeguatamente retribuite, perché tanto hanno un marito che le può mantenere... Quasi come se in questa Italia, peraltro a crescita zero, avere una famiglia fosse una colpa. In che modo si potrebbero conciliare le varie esigenze secondo lei, che vede la questione da un lato come donna e dall’altro come datrice di lavoro? Si tende molto a parlare della tutela delle minoranze, meno di quello della necessità di tutelare la figura della donna, soprattutto nel mondo del lavoro. In Islanda, per esempio, c’è una normativa che impone alle aziende, anche quelle piccole private, di assicurare un’assoluta uguaglianza salariale agli uomini e alle donne, pena sanzioni molto pesanti. Basterebbe anche esercitare un controllo di questo genere, incitare le aziende, anche obbligarle a redigere rapporti sulle differenze salariali all’interno dell’ambiente lavorativo e fare i controlli del caso. Peraltro, per quello che la riguarda, i risultati le danno ragione, perché anche in questo travagliato 2020, complice sicuramente il settore di cui vi occupate, cioè quello della cura della persona e della casa, il vostro bilancio è positivo, giusto? Oh sì, devo dire di questo sono veramente molto, molto contenta. Io in azienda ho tantissime donne che lavorano, anche ovviamente in posizioni dirigenziali: non potrebbe che essere così visto che comunque io parteggio per loro e credo molto nella necessità di rendere la donna assolutamente paritetica rispetto all’uomo. Di fatto, quest’anno abbiamo registrato uno degli anni migliori della nostra storia e quindi sono più che mai soddisfatta e convinta che a questo risultato abbiano contribuito pure molto le mie colleghe donne.
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CULTURA
ALLARME ROSSO Marco Introini, floral designer di Gallarate, riflette sul significato dato ad alcuni fiori nelle campagne contro i soprusi di genere, auspicando che dai semi piantati per ricordare le vittime di violenza germogli la speranza di un futuro in cui questi simboli di bellezza possano richiamare soltanto a sentimenti positivi
> Marco D. Introini
> redazione@varesemese.it
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CULTURA NATURA
Le parole “violenza” e “fiori” nella stessa frase, già stridono, perché nemmeno il cervello riesce a mettere insieme le due cose: la violenza di genere è un crimine particolarmente spregevole, mentre il fiore nella natura delle cose invece è simbolo di bellezza ed amore incondizionato. Forse per questo alcune campagne nate per sostenere le donne vittime della violenza di genere usano il fiore come vessillo. Sappiamo che l’8 marzo, con la mimosa come simbolo, nasce per ricordare un crimine commesso in America in uno stabilimento dove vennero uccise le lavoratrici. Ma anche la campagna ”nemmeno con un fiore” nasce per sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti della violenza di genere. Da Oriente a Occidente: dillo con un fiore Non riesco bene a spiegarmi come mai nella nostra cultura il fiore, che in Oriente viene considerato la connessione fra ciò che è terreno ed il divino, venga adottato come simbolo a memoria di eventi negativi...… Diciamo però che anche nella cultura occidentale, in passato al fiore venivano attribuiti significati ben precisi, rispetto alle emozioni che si volevano comunicare, come ben li catalogava Charlotte de Latour nel suo libro scritto all’inizio dell’Ottocento: quasi come fosse un linguaggio per una “corrispondenza d’amorosi sensi”, un po’ come è giusto che sia, ovvero messaggeri di gioia ed amore. Come non pensare a Violetta, il personaggio della Traviata di Verdi, a cui l’amato Alfredo dona una rosa per “riportarla quando sarà appassita”, a cui lei entusiasta risponde “oh ciel! Domani!”?
“Una rosa dovrebbe farci pensare all’amore e non al martirio di una donna” Fiori e panchine: il bisogno di simboli E’ nella nostra natura pensare alle declinazioni positive del messaggio floreale, che quindi rimane lontanissimo anni luce dal concetto di violenza. Personalmente trovo una forzatura abbinare il fiore alla violenza: forse la nostra società ora ha più bisogno di simboli che in passato, per via del continuo bombardamento mediatico a cui siamo sottoposti, e la pigrizia nel non voler avvicinare a contenuti per certi aspetti impegnativi o magari scomodi. Certo è che la violenza di genere non dovrebbe proprio esistere, o meglio, non dovrebbe proprio esistere la violenza. Fiori rossi e panchine rosse quindi, il 25 novembre, giornata che dal 1999 l’Onu con una propria risoluzione, ha dedicato a memoria del brutale assassinio nel 1960 delle tre sorelle Mirabal, attiviste politiche nella Repubblica Dominicana: un colore per non dimenticare. Le sfumature opposte del colore della passione I fiori utilizzati nella comunicazione di solito sono la rosa, il papavero, il tulipano sempre appunto rigorosamente rossi, questo significa che la valenza positiva del colore rosso che normalmente comunica amore e passione, viene sostituita dalla valenza negativa data dal colore del sangue, dalla passione intesa come sacrificio, il rosso come l’orrore del Macbeth di Shakespeare. Seminiamo la speranza! Eliminiamo dalla faccia della terra la violenza di genere, e torniamo a dare ai fiori la loro valenza positiva; andremo incontro ad un futuro migliore. Speriamo allora che dai semi piantati per ricordare le vittime di violenza germogli la speranza di un futuro in cui una rosa scarlatta possa - come sarebbe giusto - farci pensare all’amore e non al martirio di una donna.
> Marco D. Introini
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CULTURA
> Chiara Milani
> chiara.milani@varesemese.it
L’OCCASIONE DI RIFLETTERE Luoghi e natura
L’importanza del blue deal, ma anche la riscoperta del paesaggio, dei luoghi storici, degli elementi naturali che magari, fino a prima del Covid-19, nella quotidiana frenesia urbana tendevamo a dimenticare o a dare per scontati. Ne parliamo con Costanza Pratesi del Fondo per l’ambiente italiano
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CULTURA
Costanza Pratesi, responsabile della Ricerca, dell’ufficio Paesaggio e del patrimonio del Fai, ci risponde da Villa Necchi a Milano. Un contesto splendido, così come quello del film sul cambiamento climatico realizzato per TEDx Varese Countdown e girato a Villa Panza proprio grazie alla partnership col Fondo per l’ambiente italiano. Un video trasmesso ad ottobre sul sito dell’evento e di cui è stata una degli speaker.
> Costanza Pratesi del Fondo per l’Ambiente Italiano è stata speaker di TEDx Varese Countdown nello splendido contesto di Villa Panza
Lei ha parlato dell’importanza del Blue deal, ossia un patto per la gestione integrata ed efficiente del patrimonio idrico del Paese, che è strategico all’interno del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza, legato al Recovery Fund. In questo momento in cui tutti sono così impegnati a salvare vite umane, perché è importante ricordarsi anche di salvare un patrimonio come quello idrico? Perché l’acqua è essenziale alla vita, è fondamentale per ogni essere umano, come per ogni forma di vita sulla terra, ma anche perché noi siamo fatti di acqua, a seconda dell’età. Siamo abituati in Italia ad avere un’abbondanza di acqua da bere, salvo alcune zone sempre più siccitose, che soffrono già della minore disponibilità d’acqua. Noi qui in Lombardia e ci siamo abituati a uno spreco di uso dell’acqua. Questa risorsa sta diventando scarsa, soprattutto se pensiamo su scala globale, ma anche locale. I cambiamenti climatici, l’aumento della popolazione del globo e tanti altri fattori portano a una riduzione della disponibilità di acqua e possibili conflitti pure sul suo utilizzo. Quotidianamente, a momenti di grave siccità si alternano altri momenti meteorologici estremi, con grandissime piogge che cadono in una densità tale che la terra non è in grado di riassorbire: le alluvioni causano grandissimi problemi,
di silvicultura, delle pratiche rurali, ed è un fenomeno che in tutto il Paese si va diffondendo: diciamo che tutta l’area di pianura viene lentamente abbandonata sia dall’agricoltura sia dalla cura del bosco che una volta, magari in piccoli appezzamenti, apparteneva a famiglie che, avendo attività, ne assicuravano di queste parti la cura, rendendoli in grado di rispondere a eventi climatici estremi. C’è infatti bisogno che un territorio sia curato, come in passato, perché sono tutti territori antropizzati. Noi del Fai iniziamo a intervenire anche con gli enti territoriali contro il dissesto idrogeologico, attraverso forme di pianificazione e di ripristino della sicurezza dei territori. A questo proposito possiamo dire che quello che stiamo vivendo ci sta forse portando a riscoprire l’importanza del paesaggio, dei luoghi storici, degli elementi naturali che magari, fino a prima del Covid-19, nella quotidiana frenesia urbana tendevamo a dimenticare, a dare per scontati... Possiamo paradossalmente dire che, almeno da questo punto di vista, la pandemia ci sta un po’ guarendo? Io credo sia nostro quasi dovere sfruttare l’occasione di una crisi così drammatica anche per pensare, per riflettere, per capire cosa ci stavamo magari perdendo e che cosa possiamo migliorare, in quale direzione possiamo andare per essere domani più resilienti e quindi anche più preparati ad affrontare il futuro.... Sicuramente, io parlo da cittadina urbana anche di una metropoli. Questo allontanamento dagli elementi naturali di vita, anche molto frenetico, che penso sia abbastanza diffuso in Lombardia, ci ha allontanato molto spesso da quella cura di noi che passa necessariamente attraverso la cura dei luoghi e degli elementi naturali che ci circondano. Siamo in un
“La pandemia deve portarci a una nuova consapevolezza” GUARDA L’INTERVISTA
con perdite di vite umane. E gli eventi meteorologici estremi purtroppo sono destinati ad aumentare. Ecco, di recente purtroppo il fenomeno delle alluvioni ha colpito anche il nostro territorio, che peraltro è un po’ la “culla” del Fai, in quanto il Monastero di Torba è stato il primo bene del Fondo per l’ambiente italiano, giusto? Giusto, è stato donato dalla nostra presidente onoraria (Giulia Maria Crespi, ndr), mancata di recente, e tutti noi lo portiamo nel cuore. E’ anche emblematico, visto che il territorio ha visto molto banalmente l’abbandono delle pratiche
momento in cui temiamo giustamente per la nostra salute e per quella dei nostri cari. Allora questa riflessione deve portarci anche a un momento di risveglio, alla consapevolezza sul valore che per la qualità della nostra vita hanno certi aspetti. Quindi, alla grande responsabilità nei confronti della salute del pianeta e alla necessità di tramandare alle future generazioni un pianeta vivibile, si aggiunge anche questa consapevolezza che dobbiamo tramandare anche la cura dei luoghi di cultura che formano la nostra identità. Abbiamo visto che allontanati dai luoghi, così come dalla natura, soffriamo.
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TURISMO
A TERRA “Apriamo pure qui corridoi turistici”
> Chiara Milani
> chiara.milani@varesemese.it
Enrica Montanucci, nominata personaggio dell’anno del settore, dà voce a problemi e proposte del Movimento autonomo delle agenzie di viaggio italiane
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TURISMO
> Enrica Montanucci
“Abbiamo superato Guerre del Golfo e di tutto di più: lo abbiamo sempre fatto in maniera autonoma, senza chiedere alcunché. Stavolta la proporzione e la dimensione del danno è tale che per la prima volta ci siamo uniti per fare una manifestazione a marzo e poi di dar vita alla nostra associazione”. Così Enrica Montanucci, presidente del Maavi (Movimento autonomo delle agenzie di viaggio italiane), ricorda come è nata la realtà che oggi conta olte 1.800 iscritti e che le è valsa il premio come personaggio dell’anno del turismo. L’abbiamo raggiunta a Roma, per parlare del grave momento che la sua categoria sta passando, ma anche e soprattutto per chiederle che cosa si possa fare. Durante questa seconda ondata, le misure antiCovid hanno scatenato diverse proteste. Voi è da mesi che soffrite a causa di questa situazione e non avete avuto neanche una boccata d’ossigeno in estate, o sbaglio? Il nostro settore in verità è in assoluto il più massacrato. Sono otto mesi che, salvo una breve finestra di venti giorni in cui abbiamo, diciamo così, fatto forse il 20% di quello che è la normalità, siamo completamente paralizzati. Voi avete anche ricevuto numerosi video di solidarietà da diversi personaggi, anche esponenti politici di differenti schieramenti. Però, oltre alle parole, poi servono i fatti... Infatti. Diciamo così noi, proprio per caratteristica della nostra anima di Maavi, abbiamo scelto di essere apolitici e devo dire con onestà intellettuale che ci si sono accostati esponenti politici di tutti gli schieramenti e noi accettiamo di buon gusto chiunque voglia sostenerci. Però, ora basta. Il momento è drammatico e c’è bisogno di un sostegno reale. Senza voler fare una guerra tra poveri, pensi alla ristorazione: loro hanno potuto lavorare tutta l’estate, hanno potuto pagare gli affitti... noi no. Noi abbiamo bisogno di un aiuto ora, perché poi noi siamo una categoria che si rialza e poi siamo positivi: del resto, vediamo sogni e crediamo vivamente che un giorno tutto questo passerà. Pensi che io stamattina mi sono svegliata dicendo nel nostro posto quotidiano di lavoro: è un giorno in meno alla ripartenza. A proposito di positività, ovviamente la protesta è più che comprensibile, però a noi piace soprattutto concentrarci sulla proposta. Allora, visto che voi appunto siete esperti del settore, considerando che oggettivamente siamo di fronte ad una pandemia, e’ logico che viaggiare non sia esattamente semplice in questo momento. Quindi, voi, che cosa concretamente proporreste al Governo?
Intanto, al di là dell’erogazione immediata degli aiuti economici, che sono fondamentali, iniziamo a ragionare sui corridoi turistici, considerando che ci sono Paesi a Covid 0, come le Maldive. E’ giusto che ci siano delle procedure e protocolli: istituiamoli e facciamoli rispettare tassativamente. Ora non voglio dire che ci sarà la folla di gente disponibile a partire, ma comunque c’è chi ha voglia di farlo. E non vedo la ragione per cui ci possiamo permettere di prendere un autobus con cinquanta persone dentro e non ci possiamo permettere di prendere un aereo che va diretto dove non ci sono casi di contagio. La Francia, la Germania, l’Inghilterra hanno i corridoi aperti. Allora, perché noi no? Fai un tampone prima e, se non sei positivo, parti. Idem al ritorno. Così come si fa per i voli nazionali. Nel frattempo, già da un po’ il vostro settore affrontava una “nuova normalità”, che è quella della concorrenza dei siti online... Sì, ma io le dico che noi venivamo nel 2019 da una grande ripresa. In questo senso, l’America è sempre un po’ lo specchio del nostro Paese. E già in America c’era stato un ritorno importante di quasi il 40/50%. Lo scorso anno in agenzia avevamo visto entrare i Millennials e, da un’indagine è stata fatta proprio qualche giorno fa, ora più che mai la gente vuole essere tutelata, soprattutto dopo questa batosta... Vorrei ricordare che a marzo noi abbiamo passato la vita a riportare a casa le persone, anche quelli che i siti online aveva lasciato in giro per il mondo... Quindi, come in tutte le tragedie, bisogna saperle trasformare in nuove opportunità. E penso che dopo quello che stiamo vivendo ci sarà più bisogno di esperti come noi per viaggiare sereni, a parità di costo.
“È la prima volta che la nostra categoria scende unita in piazza”
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TURISMO
ALTRO CHE ORIZZONTI ROSA... Il new normal sarà paritetico? Il settore turistico - in profonda crisi - è composto da un elevato numero di lavoratori di genere femminile, categoria sulla quale la pandemia sta avendo conseguenze sociali ed economiche devastanti: l’analisi di Federica Sottrici, ricercatrice della Liuc Business School > Federica Sottrici > redazione@varesemese.it
Uno degli effetti economici più devastanti della crisi associata al Covid-19 è stato il blocco dei flussi turistici a livello globale. Secondo Unwto (l’Organizzazione mondiale del turismo), su scala internazionale, il settore subirà un calo del 20-30%, corrispondente a perdite tra i 300 e i 450 miliardi di dollari. Significherebbe che la crescita degli ultimi cinque-sette anni andrebbe persa. Sette anni cancellati in sette mesi Il fenomeno non ha risparmiato il nostro Paese che, partito a gennaio 2020, con un aumento delle presenze turistiche rispetto all’equivalente mese dell’anno precedente (+ 3,8% gli stranieri in Italia; + 4,8% gli italiani), ha registrato una prima importante flessione già a febbraio. Assoturismo prevede per l’Italia un calo del 60% delle presenze (circa 260 milioni) nel 2020, con una diminuzione degli introiti pari a 29 miliardi di euro, una riduzione di fatturato nel trasporto turistico stimata a 6,7 miliardi di euro e 56 milioni di pernottamenti perduti per i tre mesi dell’estate rispetto al 2019. Traducendo le cifre matematiche in una metafora esemplificativa, è come se ogni italiano viaggiasse in Italia solo 1,5 giorni all’anno anziché 3,5 e su un viaggio di 10 notti, ne venissero cancellate 7.
La reazione a catena La pandemia ha travolto con conseguenze drammatiche il mercato del lavoro e secondo Wttc (World travel and tourism council) nel mondo sono a rischio immediato 75,2 milioni di posti di lavoro, di cui 10,1 in Europa. La reazione a catena sta coinvolgendo anche l’occupazione del settore turistico. Molti alberghi hanno confermato che rimarranno chiusi fino a quando la situazione non si sarà stabilizzata. Tra gli 82.000 e i 118.000 gli addetti (fissi e stagionali) del sistema ricettivo sono rimasti senza posto di lavoro (- 81,9%) e una stima per la fine dell’anno 2020 prevede una perdita complessiva di 500mila posti di lavoro. Una ricerca condotta da Assoturismo ha dimostrato che il 95% degli alberghi ha chiuso durante il lockdown, il 10,9% ha scelto di non riaprire, mentre lo 0,7% ha dichiarato l’intenzione di cessare l’attività. Strette in una tenaglia Il settore turistico è composto da un elevato numero di lavoratori di genere femminile, categoria sulla quale la pandemia sta avendo conseguenze sociali ed economiche devastanti. In molti Paesi, infatti, il primo round di licenziamenti è stato particolarmente acuto nel settore dei servizi, tra cui vendita al dettaglio,
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TURISMO
Foto di Rudy and Peter Skitterians da Pixabay
ospitalità e turismo, dove le donne sono 55,8% a livello globale. Anche in Italia, alcuni stereotipi duri a morire, rendono il mondo femminile più fragile e persino più esposto alla recessione da Covid. Negli ultimi mesi le donne si sono trovate strette in una tenaglia: nei settori essenziali (nella sanità e nei servizi sociali due terzi del personale è composto da donne), nella vendita al dettaglio come i supermercati, nei call center, nelle attività di pulizia, hanno subito più degli uomini le conseguenze del contagio; nei settori congelati dalla quarantena come turismo, ristorazione e in generale nei servizi, sono state più esposte al rischio di penalizzazioni retributive e di licenziamento. Hanno pagato poi un alto prezzo nella sfera delle relazioni personali. La convivenza forzata ha infatti incrementato i casi di violenza domestica, mentre la chiusura delle scuole e la quarantena dei nonni hanno accresciuto gli oneri di cura e istruzione dei figli. L’occasione di cambiamento Nei momenti di passaggio, come quello attuale, si presenta l’occasione di imprimere un cambiamento, fondamentale nel nostro Paese per evitare un arretramento dell’indipendenza economica delle donne italiane e un’accentuazione del divario domestico tra partner. Affinché il new normal, oltre che nuovo sia anche paritetico.
> Federica Sottrici
Nuove emozioni prendono spazio
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FOCUS - FAMIGLIA
Le sfide del futuro
Riaffermare il valore dell’impegno materno Le giuste attenzioni alla salute, alla scuola e al lavoro non debbono avvenire a scapito della famiglia. Ne è convinto monsignor Claudio Livetti, già prevosto di Busto Arsizio, che ricorda l’importante ruolo della donna nella coppia e nella crescita dei figli
La cura della famiglia Le giuste attenzioni alla salute, alla scuola e al lavoro non debbono avvenire a scapito della famiglia. Quando si parla di terza guerra mondiale a pezzi, io non penso soltanto ai conflitti armati tra le nazioni, diffusi geograficamente a macchia di leopardo, ma anche ad altri conflitti sociali e culturali. Mi ha un po’ allarmato lo scritto di un sociologo che paventava il rischio di una società postfamiliare e diceva che la cultura del benessere ha corso troppo, a tal punto che in alcuni luoghi la famiglia é come una macchina che ha esaurito la benzina e sta perdendo le ruote, ma l’equipaggio quasi non se ne accorge e continua vanamente a discutere di viaggio, di strada e di meta. Non sono così catastrofico, ma constato la fragilità dei legami, specialmente nel mondo giovanile e i frequenti divorzi, i cui contratti sono firmati con le lacrime dei figli. Le donne hanno un compito importante nel rinsaldare la coppia e la famiglia. Si dice che il marito é il capo, ma la moglie é il collo e il capo va dove lo porta il collo. Sarebbe una catastrofe se si perdesse l’idea di famiglia stabile naturale (papà e mamma) da sempre fondamento della società civile. La coltivazione del dialogo Ciò che identifica l’essere umano è la parola. Gli animali comunicano, ma non parlano. Solo l’uomo parla. Venire al mondo non è solo venire alla luce, ma accedere alla parola. Don Primo Mazzolari osserva: ”Le grandi parole riescono forse ad esaltarci, ma sono le parole che hanno il sapore delle labbra materne quelle che ci tengono veramente su il cuore”. Da ragazzo ho avuto la fortuna di sentire racconti dai nonni: gente semplice che narrava le vicende di una vita lunga, irta di difficoltà, ma nonostante tutto serena, degna ed onesta. Da adulto ho visto che il camino dei racconti veniva sostituito dalla televisione. Essa ha tolto la parola e non solo. Pier Paolo Pasolini negli anni Settanta denunciava l’influsso prepotente della televisione: ”E’ attraverso la televisione che si manifesta lo spirito del nuovo potere. Non c’é dubbio che la televisione sia autoritaria e repressiva come mai nessun mezzo di informazione al mondo”. Da vecchio assisto
al triste spettacolo dei ragazzi attaccati ore ed ore al telefonino. È una voce più accattivante di quella dei genitori e degli insegnanti. Ma questi devono dialogare molto più di prima, perché questi mezzi social sono come gli idoli di cui il Salmo 115 dice: ”Hanno bocca ma non parlano”. Comunicano messaggi vacui, se non pericolosi e fuorvianti. La trasmissione dei valori Quest’estate di fronte all’escalation di atti vandalici e violenti commessi da adolescenti aggregati in branchi nelle ore serali e fino a tarda notte, spesso si é sentito dire: ”Ma dove sono i genitori?” Non si deve mai generalizzare, ma si rende sempre più urgente che nelle famiglie i padri scrivano le regole e le madri organizzino le riparazioni. Soprattutto che diano testimonianza. In un contesto in cui non c’é più rispetto per nessuno, un ragazzo impara il rispetto degli altri da una madre che é attenta e rispettosa del marito, dei figli piccoli e dei grandi, dei nonni e dei vicini. In un mondo di egoisti che badano solo a se stessi i ragazzi imparano l’altruismo e la gratuità da una madre che provvede a tutti e si mette all’ultimo posto, che continua per anni a cucinare non curandosi di chi mugugna prima di mangiare ma poi vuota il piatto e di chi, finito il pranzo, ha sempre qualche critica da fare: non c’é pericolo che si lodi la fatica vissuta ai fornelli. Tante volte mia madre mi ha insegnato che si deve fare il proprio dovere non in previsione dei vantaggi o per la paura dei castighi: si fa quello che é giusto fare e si è gratificati dall’averlo fatto con amore. Non era un insegnamento facile da attuare, ma dietro le parole vedevo un impegno materno che collaudava le parole. Se le cose te le spiegano forse le capisci. Se le vedi le impari e sei invogliato a farle. Più che nell’insegnamento scolastico questo principio vale nell’educazione in famiglia.
> Monsignor Claudio Livetti > redazione@varesemese.it
“Allarmante il rischio di una società post-familiare”
Quando le emozioni prendono vita
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MONDO BIMBI
I giochi di domani
Cuore (e testa) di mamma Luca Borsa, game designer di Busto Arsizio, intervista un’esperta di attività ludico-educative per capire quale sarà in quest’ambito la “nuova normalità” > Luca Borsa
> redazione@varesemese.it
Morena Colli, mamma di due splendide bambine di 5 e 7 anni, lavora come Group Product Manager per la divisione giocattoli in Chicco da 16 anni.
che possono aiutare i bambini a crescere e sviluppare le proprie capacità nel modo migliore, supportando anche mamme e papà...
Nella tua esperienza di donna che lavora e di mamma come è stato l’impatto con il lockdown? E’ stato un cambio radicale e improvviso degli equilibri: dovevamo impostare nuove abitudini e nuovi ritmi, l’inizio di una nuova avventura! I primi giorni è stato piuttosto complesso: la mia azienda ha subito adottato lo smart working, ma le mie bimbe non capivano perché, nonostante la mamma fosse a casa, non potesse giocare sempre con loro! Amando molto i giochi di società si presentavano puntualmente con un gioco da fare, mentre io cercavo di rimanere concentrata sul lavoro o ero impegnata in una riunione. Con mio marito abbiamo, quindi, cercato di calibrare la giornata con momenti di pausa dedicati alle bambine e, dopo qualche settimana, si è creata magicamente una nuova routine. Le mie figlie sono state sorprendenti: i bambini hanno una grande capacità di adattamento e, piano piano, siamo riusciti a incastrare magicamente lavoro, gioco e vita familiare... fondamentali sono stati i momenti di qualità che ci siamo ritagliati e che hanno permesso alle bambine di gestire il distacco quando eravamo impegnati nel lavoro.
Con il tuo lavoro tu aiuti le famiglie ad avere strumenti ludico educativi nella crescita dei loro figli: come sarà il futuro del gioco, del giocare? Il gioco negli ultimi anni ha subito delle grandi trasformazioni a partire già dalla prima infanzia. Le modalità di apprendimento, infatti, si evolvono rapidamente e i giochi devono essere studiati e sviluppati di conseguenza, pensando sia a quelli da fare in famiglia sia quelli da giocare in autonomia. E’ fondamentale progettare giochi in grado di stimolare i bambini nel modo corretto, rispettando e seguendo le diverse fasi di crescita, ognuna con specifiche esigenze. Per il futuro del gioco della prima infanzia prevedo che la strada sia questa, studiando le esigenze delle nuove generazioni, ma ricercando anche materiali sempre più sostenibili.
E come va ora, con la situazione attuale di profonda incertezza? Le mie figlie hanno iniziato a frequentare la scuola dell’infanzia e la scuola primaria con grande gioia e serenità ed io sono in maggioranza in smart working... Sappiamo che esiste un concreto rischio di trovarci in isolamento o in quarantena ma siamo sicuri di poter gestire la situazione al meglio, anche sulla scorta della passata esperienza. In questo momento di grande incertezza, cerchiamo in famiglia di rimanere sereni e positivi, affrontando le cose man mano che si presentano: penso che la soluzione migliore sia quella di cercare di non trasmettere loro ansia. Lo stesso accade nel mio lavoro, dove voglio rimanere positiva: perché quando pensi ai giocattoli del futuro non puoi essere triste! Cerco di essere tranquilla, focalizzata e pensare positivo anche se alcuni giorni può risultare più difficile... Creare e inventare giocattoli è il lavoro più bello che potessi fare ed è una cosa molto seria! I bambini imparano attraverso il gioco, sia in autonomia sia quando condiviso con i genitori: sento, quindi, una grande responsabilità quando sviluppo nuovi giochi, perché ho la consapevolezza
“Materiali più sostenibili e proposte stimolanti per la crescita”
> Morena Colli
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ANIMALI
ONE WELFARE Cane e gatto, sentinelle di violenza domestica
> Sabrina Giussani
> redazione@varesemese.it
Sabrina Giussani (nel tondino), medico veterinario di Busto Arsizio, presidente senior della Società italiana delle scienze del comportamento animale, parte dalla storia dei quattrozampe di casa per arrivare a parlare del concetto innovativo di benessere globale che abbraccia il benessere umano, degli animali e anche dell’ambiente
Foto di Thorsten Schulze da Pixabay
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Foto di Milada Vigerova da Pixabay
ANIMALI
Il cane, frutto dell’incontro tra l’uomo e il lupo, è la prima specie animale addomesticata dagli esseri umani. La domesticazione del cane costituisce presumibilmente il basamento su cui poggia il successivo sviluppo di tutte le forme di civiltà umana: la presenza di quest’animale ha favorito l’evoluzione dell’uomo. Il gatto domestico sembra derivare dal “vecchio gatto selvatico” Felis silvestris. Il piccolo felino potrebbe essere stato fin dalla notte dei tempi, un partner relazionale per l’essere umano e non allevato solo allo scopo di proteggere le derrate alimentari dai nocivi. Il ritrovamento di una statuetta raffigurante una donna che tiene tra le braccia un animale simile a un gatto, rappresenta la prima traccia della relazione tra l’uomo e il piccolo felino. Come mamma e papà Numerosi studi hanno dimostrato che esiste un legame affettivo molto particolare tra il cane e la famiglia umana con cui vive. Tale legame è caratterizzato da comportamenti di attaccamento simili a quelli manifestati dai bambini nei confronti della propria madre. Per quanto riguarda il gatto, invece, i ricercatori non hanno ancora elaborato un parere univoco, anche se è opinione comune l’esistenza di un legame di attaccamento anche per quanto riguarda il piccolo felino. Nei confronti del cane e del gatto noi ci comportiamo da “genitori” e siamo a tutti gli effetti la loro figura di riferimento/accudimento. Quella spia da non sottovalutare Recenti studi hanno verificato la presenza di un collegamento tra “l’abuso” a carico di cani o gatti e la violenza interpersonale proprio in virtù della speciale relazione che abbiamo con questi animali. I termini “crudeltà verso gli animali”, “abuso” e “negligenza” comprendono una serie di comportamenti dannosi per cani e gatti che vanno dall’incuria alla crudeltà intenzionale. Nella maggior parte dei casi si tratta di negligenza non intenzionale secondaria alla non corretta conoscenza delle necessità e fabbisogni di cani e gatti. Il ruolo svolto dal medico veterinario è centrale poiché può riconoscere episodi di abuso, crudeltà o negligenza prendendo in considerazione numerosi fattori tra cui il comportamento dell’animale. Per esempio, improvvise modificazioni del comportamento del cane o del gatto che non sono legate a malattie in atto, potrebbero essere il risultato di lesioni traumatiche (psicologiche o fisiche) intenzionali. In Inghilterra la dottoressa Freda Scott Park ha fondato un’organizzazione (LinksGroup) che si occupa della violenza a carico delle persone e della relazione (link) tra abusi a carico di cani o gatti e i membri più deboli delle famiglie come donne e bambini. Si parla di One Welfare, un concetto innovativo di benessere globale che abbraccia il benessere umano, degli animali e anche dell’ambiente.
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SALUTE
Perché c’è bisogno di psicologia Un diritto messo a repentaglio Gabriella Scaduto è il segretario dell’Ordine degli psicologi della Lombardia. In occasione della Giornata nazionale dedicata a questa scienza, celebrata a ottobre, l’abbiamo intervistata per avere il suo punto di vista sull’emergenza che tutti stiamo vivendo
> Chiara Milani > chiara.milani@varesemese.it In Lombardia sono quasi ventimila divisi in tutte in tutte le province. Gli psicologi, oggi più che mai, possono essere preziosi alleati per superare il difficile momento che stiamo vivendo. Quest’anno, come forse mai così tanto nella storia recente, quello che voi ribadite essere un diritto alla salute psicologica è stato messo a repentaglio da ciò che è accaduto e sta ancora accadendo... È così. Allora diciamo che quest’anno abbiamo voluto spostare appunto il focus sul diritto alla salute psicologica come componente primaria ed essenziale della salute globale, dell’individuo. Il periodo emergenziale che abbiamo vissuto e che stiamo ancora vivendo fa sì che ci si stia pian piano adattando. Ma gli eventi che stanno succedendo hanno avuto un impatto notevole sulla nostra vita quotidiana, soprattutto sul piano psicologico, generando traumi e ferite non soltanto sui singoli, ma anche sulla comunità. Ferite e traumi che sono capaci di impattare sul mutamento sociale, sull’economia, sulla cultura, ma anche sulla salute delle persone. Proprio per questo gli psicologi sono gli elementi fondamentali che oggigiorno possono fare la differenza, essendo determinanti nella comprensione del cambiamento nella promozione e nella riduzione delle conseguenze negative generate appunto da eventi di tale portata. Proprio per questo motivo abbiamo bisogno di psicologia. La nostra è stata anche la regione più colpita dalla prima ondata. Nessuno può dimenticare le immagini che sono arrivate, per esempio, da Bergamo. Ma tuttora è sotto pressione. Come Ordine degli psicologi della Lombardia, voi che cosa avete fatto e avete in programma di fare? Nella prima fase squisitamente emergenziale, abbiamo fatto da collettore
a quelle realtà lombarde di psicologia dell’emergenza accreditate con protezione civile, che hanno fornito un supporto psicologico attraverso un numero verde. Attenzione: non è stata una prestazione professionale, nel senso che queste realtà si sono occupate di ascoltare, accogliere la domanda dei cittadini che chiamavano per poi inviarli nei vari sistemi del servizio pubblico all’interno del territorio lombardo. Adesso però c’è bisogno di psicologia. C’è bisogno di un’azione molto ampia. Noi abbiamo una rete online, dove il cittadino può cliccare per trovare lo psicologo più vicino a lui da un punto di vista territoriale e rivolgersi appunto al professionista.
> Gabriella Scaduto
“Ferite e traumi possono impattare sulla salute delle persone” GUARDA L’INTERVISTA
MESSAGGIO PROMOZIONALE
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