VEDI TU collettivo di ricerca sul contemporaneo MAGGIO 2014
BIOGRAFIA Non serve a niente essere vivi se bisogna lavorare “Nadja” di André Breton Il collettivo “Vedi tu” nasce nel 2011, in occasione di un incontro tra un gruppo di artisti e di curatori che volevano fare una piccola ricerca sul mercato dell'arte e sul mercato in generale. Ognuno di noi aveva, ed ha, la sua esperienza personale nel campo del design, dell'arte, della comunicazione. Tutti assieme abbiamo deciso che ciò che ognuno di noi fa singolarmente non entri nel progetto. Quando nacque il collettivo stavamo un po' sparsi, alcuni di noi lavoravano a Londra, altri esponevano in Latinoamerica, altri ancora stavano in Italia. Ci siamo incontrati, e ancora ci incontriamo, per promuovere la nostra ricerca e nel tempo, dal nucleo originario, abbiamo coinvolto molte altre persone, alcune delle quali trovate nella strada della nostra esperienza, ma a digiuno di arte. Il collettivo si compone di chiunque s'interessa ai nostri temi, o ne propone di affini. Mercato come evanescenza, come ciò che vediamo ogni giorno, ma anche più addentro, come modificazione antropologica dell'uomo (e della donna) immerso nel mercato. Abbiamo partecipato ad alcune mostre, sempre passando attraverso bandi o concorsi, proprio per verificare il nostro lavoro senza appoggiarci all'attività di ogni singolo componente. Abbiamo indirizzato provocazioni, verso un riattualizzazione del ovvero l'idea di opera
il nostro percorso, anche attraverso manifeste utilizzo politico dell'arte. Il nostro obiettivo è la concetto di Scultura sociale di beuyissiana memoria, d'arte totale.
Utilizzando, dunque, il concetto di arte partecipata dell'artista tedesco, il nostro molteplice collettivo guarda all'interazione con il pubblico attraverso forme multimediali, come il nostro blog. In tal senso, anche per l'utilizzo dei social network il nostro riferimento è Ai Weiwei.
Molti dei testi di seguito proposti, possono trovare sul nostro blog:
ed
ulteriori
www.veditu.blogspot.it
contatti: veditudine@gmail.com 3491221710 oppure 3420731462
approfondimenti,
si
MOSTRE
2011: MA DICI A ME? – mostra collettiva diffusa – Palazzo Morpurgo(Ud) 2012 : RICOMINCIO DA TE –
mostra collettiva – Teatro nuovo Giovanni
da Udine
2013: LAVORO/WORK/VORE –
Spazi Pubblici arte Contemporanea – Villa Di Toppo Florio – Buttrio (Ud)
IL SOGGIORNO DEGLI ARTISTI E DEI POETI – Arta Terme (Ud) - selezionato ARTE E SALVAGUARDIA DEL TERRI TORIO – Palazzo delle arti di Paternò (Catania). Collettiva dell'associazione “Ideattiva
➢ 2014: LA TERRA DEI FUOCHI – Real Sito delle seterie di San Leucio (Caserta) Jacopo Linussio e Jeans
- Palazzo Frisacco Tolmezzo (Ud)
Attualmente abbiamo partecipato a vari bandi che prevedono, eventualmente, mostre collettive entro la fine dell'anno. Le occasioni in cui singoli membri del collettivo hanno esposto lavori propri sono escluse da questo elenco.
Sempre sul Blog si possono trovare vari testi elaborati collettivamente per mostre o destinati alla stampa.
COMMERCIAL ART L'arte commerciale è la provocazione, poi non rivelatasi per niente provocatoria, immaginata nel 2011 da cui nasce il nostro collettivo. Di seguito riportiamo il testo del Manifesto per un'arte commerciale, la cui diffusione in rete muove il tutto, e End/Start, ovvero il testo conclusivo, in cui traiamo le conseguenze del nostro gesto. La possibilità di una traduzione trilingue (italiano, inglese, sloveno) ci ha permesso di diffonderlo nel mondo a migliaia di artisti, intellettuali, gallerie. La presentazione, avvenuta alla prima dello spettacolo “Art” nel salone del Teatro Giovanni da Udine, ha coinvolto un senza tetto che ha distribuito il Manifesto agli spettatori avvolti nei loro migliori vestiti, mentre di sottofondo si sentiva il nostro lavoro. MANIFESTO PER UN' ARTE COMMERCIALE - MANIFESTO FOR A COMMERCIAL ART MANIFEST TRŽNE UMETNOSTI MANIFESTO PER UN' ARTE COMMERCIALE La bruttezza del presente ha valore retroattivo. Karl Kraus
1. Viviamo nel mondo del Mercato e della sua crisi senza soluzione. Immersi nel monologo autoelogiativo, nel discorso ininterrotto che il Mercato tiene su se stesso. Come i condannati del racconto "Nella colonia penale" di Kafka, siamo infilati in una macchina che incide sul nostro corpo la Legge.
2. Consideriamo che la ricerca artistica sia la falsa coscienza di chi non riesce a profittare del mercato, ma solo a subirlo. Anche chi sputa sull'arte, chi teorizza la sua fine o chi è molto puro e socialmente impegnato, alla fine se la gode se riesce a entrare in una piccola galleria, in una sconosciuta collana, in un teatro periferico.
3. Siamo
contro ogni idea romantica sull'arte. Odiamo il genio e sregolatezza, l'artista profetico, le pose d'artista. Il genio è rigore e fa quello che può. Odiamo l'eternità e siamo per l'effimero. Solo le cose che passano sono quelle che restano. Preferiamo pensare la nostra opera sulla mensola di un bagno piuttosto che in un grande museo.
4.
Pensiamo che l'arte contemporanea non abbia di se una conoscenza ontologica, ma solamente tecnica, strumentale, procedurale e che metta il suo impegno massimo nella relazionalità e nell'efficacia tecnica e operativa. Il maggior merito dell'artista d'oggi è aver rimosso sia l'orgoglio che la vergogna dell'arte, negando a sé e al suo lavoro un'orizzonte di verità. Nessuno può oggi immaginare seriamente che l'arte salverà il mondo, né comprenderà la vita o ad essa si sostituirà. Questa è la nostra conquista di libertà, immersa nel Mercato.
5.
Non ci interessano il gusto, la sensibilità, la cultura perché non ci interessano i ristretti circoli, gli appassionati, le belle riviste. Ci interessa parlare a molti, stare sulla strada, essere accessibili a tutti. Non ci interessa dire qualcosa di elevato, ci interessa vendere. Ma nel Mercato le due cose coincidono. Contro ogni intellettualismo, l'immediato sensibile è il nostro terreno e il mercato il nostro linguaggio.
6.
Per arrivare a tutti accettiamo le forme di comunicazione del Mercato, per trarre profitto dal nostro lavoro ci adeguiamo alle immagini del dominante. Vogliamo descrivere nel modo più semplice possibile, cinicamente, ciò che abbiamo attorno, ciò che dalla nostra nascita respiriamo : il Mercato. Che cosa né farà il nostro Cliente non ci riguarda. Ne usi per proprio piacere, per elogiare il Mercato o di contro per attaccarlo, ne usi per tenere in piedi un tavolino, per coprire una macchia sul muro, come posacenere non ci interessa.
7.
Vogliamo stare nel Mercato come pesci nell'acqua e rivendichiamo di non voler nascondere questa nostra scelta. Siamo pronti a contraddirci, non a illuderci.
VEDI TU
Le versioni inglese e slovena si trovano sul blog: www.veditu.blogspot.it
end/start
La nostra ricerca registra la cronaca di una fallita provocazione. Abbiamo iniziato la nostra esperienza come collettivo immaginando che l’arte non fosse altro che un settore della società, con le sue professionalità e il suo essere immersa nel Mercato. Pensando che, parafrasando Debord, “(l’arte) non è un insieme di immagini, ma un rapporto sociale tra le persone, mediato dalle immagini”. Mai avremmo pensato di avere ragione. “Per quanto riguarda l'arte, è noto che alcuni suoi periodi d'oro mancano di qualunque rapporto con lo sviluppo generale della società e perciò anche con le basi materiali, l'ossatura, della sua organizzazione” diceva Marx nel 1857 e tanto ci sembra oggi, a progetto concluso. Come qualunque libretto d’ istruzioni per l’uso di un elettrodomestico, possiamo dire che “Essere artista non è mai stato così facile e piacevole”. Pensavamo a una qualche reazione arrabbiata per il nostro “Manifesto per un’arte commerciale” e non immaginavamo, invece, che il fastidio per la posa d’artista e per il sublime romantico portasse molti artisti ad accogliere le nostre tesi come una liberazione o comunque come un motivo d’interesse. Né, soprattutto, che alcune gallerie ci accogliessero.
“L’arte, fortunatamente, è un mercato e noi divinizziamo la prima perché abbiamo divinizzato in primo luogo e soprattutto il secondo” diceva Regis Debray. Ora che l’arte, se ha ancora un eccedente rispetto alle regole del Mercato, è lasciata al gusto di persone pagate dal Mercato stesso, non ci vergogniamo più di essere in Lui immersi. Abbiamo scritto il Manifesto come esperienza liberatoria, lo abbiamo diffuso con i mezzi usuali nel Mercato (blog, mail, social network) cercando gli interlocutori in maniera totalmente anarchica tramite gli archivi trovati su siti internet specializzati o scavando nelle nostre librerie. Esiste una misura del risultato del nostro lavoro? Forse no, però abbiamo i dati del nostro blog: in tre mesi 1800 contatti, di cui 100 dagli USA, 66 dalla Germania, 21 dal Regno Unito, 20 dalla Federazione Russa, fino ad arrivare ai contatti di Singapore e Sud Africa. Il nostro Manifesto è come il filosofo di Merleau-Ponty che “si riconosce dall'avere inseparabilmente il gusto dell'evidenza e il senso dell'ambiguità”. Ambigua ed evidente è stata anche la performance che abbiamo tratto da questa esperienza, quasi un lavoro barocco sull’arte e il suo Mercato. Il progetto, presentato a Udine in una collettiva (ricomincio da te), è composto da : un’installazione audio con lettura di alcune delle risposte giunte al manifesto (anonimi i lettori, con voce deformata, anonimi gli autori); la diffusione al pubblico dell’inaugurazione del Manifesto da parte di un clochard ingaggiato per l’occasione, la vendita di un Cd con l’audio in varie versioni a un prezzo simbolico. L’arte commerciale non dev’essere per forza costosa, ma accessibile. Diceva Sartre: “Lo sai, mettersi ad amare qualcuno è un'impresa. Bisogna avere un'energia, una generosità, un accecamento. C'è perfino un momento, al principio, in cui bisogna saltare un precipizio: se si riflette non lo si fa”. Noi vorremmo estendere l’esperienza e produrre un movimento partecipato che sappia fare un salto con amore nel Mercato. E dunque Saltate! E, per le prossime esperienze, visto che in fondo la nostra biografia inizia da qui, come dice Natalia Molebatsi “catch me if you can”. La registrazione che ne abbiamo tratto si può trovare su youtube o vimeo http://www.youtube.com/watch?v=tz9ToMd3sXg http://vimeo.com/38007748
TODAY Today è stato creato ad hoc per una mostra dal titolo Lavoro/work/vore. Abbiamo pensato a tre momenti, un video, una performance e un'installazione per definire il lavoro nella società contemporanea. Il lavoro inteso come diritto fondamentale della persona, non ha caso quella italiana è una Repubblica fondata sul lavoro, o come ambizione per molti giovani, e non solo, non ci ha interessato.
O meglio ci ha interrogato in quanto narrazione obbligatoria in tempo di crisi, che lascia nascosto tutto ciò che svela il lavoro stesso come sfruttamento o autosfruttamento e le manifestazioni di questa verità. Lafargue nel 1887 pubblicava il "Diritto alla pigrizia", in cui la passione per il lavoro alienato, visto che già allora di fronte alla rivoluzione delle macchine ipotizzava fossero necessarie solo 3 ore di lavoro quotidiano per coprire i bisogni dell'umanità, è vista come la causa della degenerazione intellettuale tipica delle società capitalistiche, generatrice di miserie individuali e sociali. L'alienazione del lavoro ha le sue perversioni e su quello indaghiamo.
Il lavoro inutile: Today1 Il video, con un bambino che rompe delle pietre, richiama quello dei campi di lavoro in cui si ritrova un noto intellettuale raccontato da Erri de Luca. Le atroci condizioni di lavoro sono superate nella ricerca di far scaturire una scintilla dalla pietra che, senza motivo se non la sua stessa sofferenza, deve spaccare con una mazza ogni giorno. Nei gulag il lavoro inutile serviva a demotivare, affaticare, rendere inumani i reclusi attraverso la sua ripetitività. Come e più che ne “Gli spaccapietre” di Courbet l'azione appare inutile e volta a disumanizzare e a privare il protagonista della volontà di cambiare la sua condizione.
Il video, in edizione leggera, su può trovare su: http://vimeo.com/61654083 oppure su http://www.youtube.com/watch?v=uWZjZ2NaFL0&feature=youtu.be altri video e foto su : www.veditu.blogspot.it
2) Nell'occasione abbiamo anche prodotto
una performance, Today2, ispirata al manifesto che riportiamo qui a fianco, in continuitĂ con esperienze di altre artiste e artisti. La performace, con una donna sedata che ha dormito durante l'inaugurazione della mostra, intende rifiutare il lavoro come sfruttamento, mettendo in causa il concetto di “divinizzazione del lavoro e conseguentemente il diritto al controllo del proprio tempo e della propria vita. La tecnologia esistente ci permetterebbe gia oggi di riprendere il controllo delle nostre vite e vivere per il piacere e non per il dolore.
Il riferimento sono le battaglie dell'ultrasinistra inglese negli anni della Thatcher. Spezzoni della performance si trovano in rete assieme alle foto tratte dalla stessa (WWW.veditu.blogspot.it) Il video si trova su: http://vimeo.com/73137712 oppure su : http://www.youtube.com/watch?v=RHH-J9A7U2k
3) L'installazione riproduce uno striscione dei supermercati che prolificano ovunque, con la scritta “domenica aperto�. E' uno scarto epocale rispetto all'idea di lavoro e di riposo e segna la fine dell'idea di giorno libero, dedicato dai religiosi alla preghiera e dai laici al recupero delle energie. I costi umani e materiali di tale negazione sono il fulcro di Today3
MATER(ZOOPOLITICA) L'idea nasce quando un nostro amico si taglia, per la prima volta in 40 anni, i capelli a zero. Scopre così di avere delle tracce, dei segni nel cranio, della sua infanzia, dovuti a qualche caduta in piccolissima età. Il mercato e la famiglia sono i due istituti che ci trafiggono dalla nascita, in cui siamo da subito immersi e che ci condizionano non solo da un punto di vista culturale, ma incidono nella nostra “nuda vita”. La moda e l'educazione, ad esempio, sono i segni superficiali del mercato e della famiglia. Come ci vestiamo, come parliamo o ci comportiamo a tavola sono la manifestazione di questa influenza Ma nella zoè (in ciò che Agamben definisce«il semplice fatto di vivere, comune a tutti gli esseri viventi), il non conscio né evidente, abbiamo cicatrici più profonde. La nostra mutazione verso un diverso corpo sintetizzato da decenni di mercato, e famiglie ora più che mai diverse poiché plasmate nel mercato, sta in queste deformazioni antropologiche.
MATER(ZOOPOLITICA)1
Per questo, la pervasività dei condizionamenti, esplosi dagli istituti totali di Foucault e persino dal Panopticon ( carcere progettato nel 1791 dal filosofo e giurista Jeremy Bentham), di cui pure Foucault si occupò, arriva alle nostre viscere, al nostro sesso, al nostro corpo. Tre sono le immagini, come la trinità d'una religione che, sia detto sottovoce, ha sempre meno la possibilità di condizionarci, riprodotte in tre serie diverse, con diversi materiali.
mater(zoopolitica)2
the physical impossibility of peace in the mind of someone sporting Il lavoro richiama evidentemente lo squalo di Hirst. La frequentazioni di luoghi sportivi ci ha convinto dell'impossibilitĂ di un tifoso o di uno che fa sport di non essere agonista. L' opera ricorda l'aggressivitĂ e la frustrazione insita in ogni sport. Come nel "Regno a venire" di Ballard, pensiamo ci sia un intreccio tra politica, comunicazione e sport che porta a una regressione violenta e maschile nella percezione del reale, testimoniata direttamente (incarnata potremmo dire) dall'ex Presidente del Consiglio italiano.
MINIMA MEMORIA
Nella piccola memoria che Christian Boltanski voleva mantenere, rispetto all'anonimato della morte della maggior parte delle persone, rimaneva la necessaria volontà dell'artista di recuperare immagini, pezzi di biografia, racconti. Archivi di vite che sarebbero state dimenticate, archivi di vite nuove. Nella crisi l'archivio lo portiamo addosso. Il Mercato ha prodotto identità nuove, dati sparsi in mille rivoli della rete o immagazzinati nelle memorie delle grandi aziende che lo governano (la nostra biografia continuamente aggiornata su google, così che nemmeno la pubblicità possa essere più una sorpresa), ma anche un ritorno all'arcaico. Lo statuto della scomparsa, della morte, si modifica ondeggiando tra il postumano e l'antico. L'archivio si crea spontaneamente tra il cellulare e il riuso. Capita quindi di trovare un nostro amico con i vestiti di un suo parente morto, o che ad altri vengano fatte provare le camice del padre, da poco scomparso. La memoria minima si crea naturalmente, le piccole storie proseguono da sole, nella necessità, rivivendo, rimandando, rifiutando l'anonimato dichiarandosi, a chiare lettere oppure silenziosamente.
Foto, video, lavori commercial art: traccia audio – performance con video, clochard, copie del manifesto, spazio borghese A.Dorme (Today2) : foto 30x30 cm.
Stampa su materiali vari
Today2: performance per donna sedata. Durata variabile – video 1h Today1 (senza la scritta): foto stampata in varie dimensioni e supporti (originale 10x15cm)-video 7 minuti Today3: striscione, pellicola adesiva su PVC. Traccia nera cm 100x600 Mater (zoopolitica): foto elaborate – 50x75 cm vari supporti Tpiopimoss: intallazione – legno, vetro, pallone da calcio proprio per la nostra idea di utilizzo del web, alcuni lavori sono stati utilizzati solo per il blog.