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Anche nel Vending l’unione fa la forza

BATTESIMO A PESCANTINA PER LA NUOVA REALTÀ CHE RIUNISCE 4 SOCIETÀ GIÀ OPERATIVE IN LOMBARDIA, TRENTINO-ALTO ADIGE E VENETO, CON OLTRE 150 DIPENDENTI. NEL CDA ANCHE DUE DONNE, NOVITÀ PER UN SETTORE MASCHILE.

Dalle Dolomiti fino alla laguna di Venezia, passando per il Garda. Nasce in questo ampio territorio una delle realtà più significative del vending.

Si chiama WeYou (noi voi, a sottolineare lo stretto rapporto che fin da subito la srl intende instaurare con la clientela) ed è nata dall’unione di quattro affermate aziende del settore oggi operanti in Lombardia, Trentino-Alto Adige e Veneto

Operativa dal 1° gennaio 2023, la nuova società è stata presentata sabato 21 gennaio, nel corso di un incontro che ha visto riuniti, alle cantine 1925 Monteci di Pescantina (Vr), gli oltre 150 dipendenti coinvolti da questa unione, nata per far fronte ai grandi cambiamenti in atto nel mondo della distribuzione automatica.

WeYou srl prende origine dall’intuito e dalla lungimiranza di un gruppo di imprenditori a capo di quattro storiche realtà già presenti sul mercato del vending: Aesse Service, Automatic Service (operative in Trentino Alto Adige), ZaVa (operativa in Lombardia) e Scattolin distribuzione automatica Srl (radicata in Veneto).

Una scelta strategica che i soci - Pio Lunel, Gianluca Maracci, Mario Mattiazzo, Dino Cancelli, Vittorio Rizzoli, Sabrina e Davide Zanoni, Vanda Cenedella, Giorgia e Massimo Scattolin - spiegano con queste parole:

“In un mercato in rapida evoluzione abbiamo deciso di aggregarci per fare tesoro dell’esperienza e del knowhow delle nostre quattro singole imprese già affermate nel vending. Uniti, diamo vita a una nuova unica grande realtà, con l’obiettivo di offrire il miglior servizio ai clienti. Altro obiettivo è coniugare la flessibilità e la velocità, tipiche delle Pmi, con la forza e la solidità di un’azienda strutturata”.

Principio condiviso sarà la sostenibilità, dalla gestione efficiente dell’energia e dei magazzini all’interno dell’azienda, alla sostenibilità nei trasporti, fino alla scelta dei prodotti alimentari e alla gestione dei rifiuti nell’ottica di un’economia circolare.

La nuova società, che si presenta sul mercato forte di oltre 7 mila distributori automatici istallati nelle province già servite con un parco di oltre 120 automezzi in dotazione, opererà attraverso le sue sedi presenti a Castiglione delle Stiviere (Mn), Trento/Lavis (Tn), Ville di Fiemme (Tn), Laives (Bz) e Noale (Ve).

Essa è associata a Euro Group e Confida Nel board da segnalare la presenza di due donne, novità per un comparto, quello del vending, fino ad oggi in mani prevalentemente maschili. E avranno ruolo operativi importanti: Sabrina Zanoni si occuperà di acquisti e comunicazione, Giorgia Scattolin di risorse umane, miglioramento continuo e sostenibilità

WeYou srl, la cui nascita è stata seguita dallo studio Be Advisor di Noale, diventa così una delle realtà più importanti del vending, settore chiamato ad affrontare nei prossimi anni la sfida sostenibile e digitale, portando in dote i valori che già da tempo sono patrimonio condiviso della 4 società: attenzione all’ambiente (rigenerazione e riduzione dei rifiuti), condizioni di lavoro che pongono al centro il benessere delle persone, utilizzo delle più avanzate tecnologie oggi disponibili, offerta di prodotti biologici ed equosolidali. Ma soprattutto grande attenzione alla qualità del servizio offerto alla clientela, ovvero a quel ‘voi’ che cerca nella pausa caffè un’esperienza che dia un gusto alla vita.

Ppwr

Packaging And Packaging Waste Regulation

PPWR. GLI EFFETTI SUL MONDO DEL CAFFÈ DEL NUOVO

Regolamento Sul Packaging E Sui Rifiuti Da Packaging A Cura Di Erika Simonazzi

Nei prossimi mesi si parlerà molto, e non solo tra gli addetti ai lavori, del PPWR (Packaging and Packaging Waste Regulation), il nuovo regolamento sul packaging e sui rifiuti da packaging in discussione attualmente a Bruxelles. Il corposo documento è stato ufficialmente presentato dalla Commissione europea il 30 novembre scorso e contiene tante nuove disposizioni che cambieranno radicalmente il modo di concepire il packaging, dalla sua produzione, al suo utilizzo, al suo smaltimento. Tale regolamento si inquadra all’interno del più ampio Green Deal, un pacchetto di iniziative dell’UE verso la transizione ecologica, con l’obiettivo finale di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.

Il PPWR arriva a circa un anno di distanza dal recepimento della SUPD a livello degli stati membri, ma ci sono differenze sostanziali tra i due. La SUPD è una direttiva approvata a Bruxelles nel 2019 e dalla sua ufficializzazione gli stati membri hanno avuto più o meno un paio d’anni per recepirla, con un buon spazio di ma novra per adattarla ad ogni singo la realtà e peculiarità nazionale. L’Italia per esempio, ha autorizzato la commercializzazione di prodotti monouso in bioplastica messi al bando dalla SUPD, (vedi le palette e i piatti monouso), proteggendo in questo modo gli ingenti investimenti fatti sul territorio per lo sviluppo della raccolta differen ziata dei packaging compostabili e degli impianti di compostaggio in dustriale.

Se per il recepimento della SUPD, gli Stati membri hanno avuto la possibilità di adattare le regole alle esigenze nazionali, il PPWR invece dovrà essere recepito tal quale, senza eccezioni. Ciò vuol dire che da quando diventerà ufficiale (si stima a primavera del 2024) entrerà in vigore da subito con regole uniche per tutti gli stati membri e senza possibilità di ‘personalizzazioni’.

Perché in questo modo, dice la Commissione, si faciliterà il libero scambio tra stati membri e si eviteranno i problemi di interpretazioni, a volte discutibili e non sempre in linea con l’obiettivo finale. Se, quindi, da un lato un regolamento porta maggior chiarezza e facilità di scambio, dall’altro impatterà su quelle nazioni che, in tema di sostenibilità, hanno investidi altri e sono già sulla strada per il raggiungimento degli obiettivi del Green Deal. Infatti, se tale strada non coinciderà con quella seguita dal PPWR, queste nazioni potrebbero veder vanificati gli sforzi e gli investimenti fatti fino ad ora. L’Italia è probabilmente il paese che da questo PPWR rischia di essere più danneggiata e proprio per questo motivo soprattutto dall’Italia la levata di scudi si è fatta sentire forte e chiara a Bruxelles.

Cosa richiede il PPWR?

Il PPWR pone obiettivi sfidanti in termini di RICICLABILITÀ dei packaging, a prescindere dal materiale di cui sono fatti e di RIUSO. La logica è quella di adottare un’economia sempre più circolare, dove il riciclo di qualità dovrà prevalere e, ove possibile, il riutilizzabile dovrà sostituire il monouso.

Un packaging immesso sul mercato dovrà essere RICICLABILE e per definirsi ‘riciclabile’ dovrà possedere due caratteristiche fondamentali: dovrà essere progettato per il riciclo entro il 2030 (si parla di ‘design for recycling’, per esempio saranno da preferirsi packaging monomateriali piuttosto che fatti con materiali compositi o anche materiali che per loro natura chimico-fisica sono più facilmen- te selezionabili e riciclabili di altri). Inoltre,dovrà essere riciclabile ‘at scale’ entro il 2035, cioè dovrà esistere un sistema di raccolta differenziata che raggiunga almeno il 75% dei consumatori europei

Per determinati settori, diventa poi obbligatorio l’inserimento di soluzioni riutilizzabili proposte come alternative al monouso a scelta del consumatore o addirittura come sostituzione totale. È questo il caso dei packaging nel canale HORECA, dove, per consumi all’interno del negozio, sarà obbligatorio l’uso del riutilizzabile. In pratica, realtà come Mc Donalds, Autogrill, Burger King, avranno l’obbligo di servire tutti i pasti consumati nel negozio in contenitori riutilizzabili. Il delivery è ancora una zona grigia, nel senso che si parla di convivenza di monouso e riutilizzabile, ma ancora non è chiaro come si possa gestire questo modello ibrido nella pratica.

C’è poi l’articolo 8 del PPWR che parla di prodotti compostabili, e qui vorrei entrare più nel dettaglio perché promette di sconvolgere completamente il settore del caffè

Secondo tale articolo, tutte le capsule per caffè monoporzionato e le cialde in commercio dovranno obbligatoriamente essere compostabili (industrialmente) a due anni dall’entrata in vigore del regolamento. Ciò vuol dire che da metà 2026 tutte le capsule per caffè in plastica ed alluminio potrebbero scomparire dal mercato

Il punto 1 dell’articolo 8 del regolamento infatti recita così:

Entro 24 mesi dall'entrata in vigore del presente regolamento, le bustine di tè, le cialde di caffè filtro smaltite insieme ai prodotti a base di caffè usati, le capsule caffè, le etichette adesive attaccate a frutta e verdura e le buste di plastica molto leggere devono essere compostabili in condizioni controllate industrialmente in bio - impianti di trattamento dei rifiuti.

Nonostante il testo sia molto chiaro e non lasci spazio ad interpretazioni, è sconvolgente pensare che miliardi di capsule in plastica e alluminio in commercio scompariranno per lasciar spazio al compostabile come unica opzione possibile. Per questo motivo, tra i torrefattori ci sono ancora molti scettici che ritengono che chi ha scritto il testo non abbia consapevolezza dell’impatto di una simile decisione, che le lobby dell’alluminio si faranno sentire, che la situazione comunque rientrerà

Io non ci metterei però la mano sul fuoco e lo dico dopo aver direttamente partecipato a incontri a Bruxelles, organizzati con chi questo regolamento lo ha pensato e scritto. Il team della commissione ambiente è in realtà più informato di quanto si pensi, e la sua convinzione che le capsule compostabili siano la soluzione più sostenibile a livello ambientale si capisce anche dal percorso che ha portato alla definizione del sopra citato articolo 8.

Nella prima bozza del PPWR le capsule di caffè non erano nemmeno considerate packaging, non rientravano quindi nell’elenco dei packaging obiettivo del regolamento; inizialmente l’articolo 8 citava solo bustine del thè, cialde di caffè, adesivi della frutta e buste di plastica molto leggere.

Nella seconda bozza le capsule sono state inserite sorprendentemente all’interno dell’elenco di prodotti considerati packaging, senza però nessun vincolo sul tipo di materia prima da utilizzare per la loro produzione. Infine, nella terza ed ultima versione, quella ufficiale del 30 novembre, le capsule per caffè sono state inserite nell’articolo 8 a fianco delle cialde caffè e delle bustine da thè, con obbligo di esser compostabili negli impianti di com-

postaggio industriale, secondo la EN13432

La logica che sta dietro a questa decisione è che tutti i packaging concepiti per essere venduti con all’interno il prodotto e dopo l’uso smaltiti insieme al prodotto, non sono generalmente riciclabili nella raccolta differenziata, a meno che non siano realizzati in materiale compostabile e raccolti nell’ organico domestico per diventare compost insieme al contenuto. Tale concetto è in linea con la direttiva europea WFD, che impone dal 2024 l’obbligo per tutti gli stati membri di introdurre la raccolta differenziata dell’organico. Per chiarezza, sottolineo che si parla esclusivamente di compostaggio industriale, l’unico normato da uno standard internazionale (EN13432) e l’unico ripetibile su larga scala.

I giochi non sono ancora definitivi, ora tocca al Parlamento Europeo e al Consiglio degli stati membri esprimersi, la proposta ufficiale della Commissione Europea è chiara e ragionata e i grandi torrefattori lo sanno già. La strada è indicata ed è importante non aspettare l’ultimo minuto per imboccarla perché la SUPD insegna, il mercato reagisce più velocemente dei tempi imposti dalla legge quando si parla di sostenibilità ambientale.

Oggi ancora più buono, provalo!

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