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A mia madre
Indice
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Introduzione
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Gaudí: l’uomo, la vita, le opere
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Contesto e luogo dell’architettura di Gaudí: Barcellona
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La Sagrada Familia
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Il Tempio Espiatorio
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4.1
Comunità, volontà democratica, opera collettiva
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4.2
Artigianato: nel laboratorio di Gaudí
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4.3
Decorazione e struttura, bellezza ed ornamento
89
4.4
Tecniche di costruzione antiche e moderne
94
4.5
Continuazione dei lavori
105
4.6
Da Gaudí al Cad: il modello parametrico
110
5
Critiche: il manifesto
122
5.1
Polemiche antiche e moderne
128
5.2
I Razionalisti
133
5.3
Pentimenti: Oscar Tusquets Blanca
138
5.4
Dalla critica all’accettazione
140
6
Verso un’architettura per il futuro
150
6.1
Genius Loci
160
6.2
Ambiente
164
6.3
Architettura attuale: la sostenibilità
166
6.4
Consenso
168
6.4
Materiali e tecniche costruttive
170
6.5
Lavoro pluridisciplinare
174
6.6
Simbolismo
176
6.6.1
Simbolismo: funzione e forma
180
7
Conclusioni
185
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Bibliografia e sitografia
193
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Appendice
201
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Ringraziamenti
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L’architettura attuale, in qualche modo depositaria del Movimento Moderno d’inizio dello scorso secolo XX, sembra rifiutare la manifestazione dell’arte e dell’ornamento nella sua teoria e nella sua pratica (manifesto del 1965 firmato, tra gli altri, da Le Corbusier, Argan, Zevi, in cui i maggiori esponenti dell’Architettura e dell’Arte del ‘900 richiedevano la chiusura dell’opera della Sagrada Familia). L’insegnamento e l’opera di Gaudí nelle sue componenti naturali (la terra) e mistiche (il cielo) potrebbero forse indirizzare verso la misura umana nuovi ambiti di interpretazione e di ricerca per l’ideazione, la costruzione, la comunicazione degli spazi di vita del XXI secolo. L’argomento in questione trae ragione e partenza dal grande interesse suscitato dall’opera di Gaudí in Sardegna1 e dal conseguente mio desiderio di indagare e ricercare i motivi concettuali e profondi di questa “nuova attualità” del Maestro Catalano e della sua opera, nell’ambito dell’architettura prossima ventura di cui la mia generazione
Introduzione
1 Ho collaborato alla mostra “Gaudí e la Sagrada Familia. Parabola e Iperbole dell’Architettura”, presso la Passeggiata Coperta del Bastione St. Remy di Cagliari, che ha contato circa 40.000 visitatori in tre mesi.
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potrà e dovrà occuparsi.
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Ho visitato Barcellona diverse volte durante gli anni dell’università, e dalla prima volta che ho scorto la Sagrada Familia ne sono rimasta estasiata, tanto da tornarci ogni qualvolta ne avessi avuto modo, avendo così potuto seguire dal vivo i vari progressi costruttivi. La notizia della mostra a Cagliari, è stata per me un’illuminazione, un’esperienza, una possibilità. Ho deciso di intraprendere questo percorso di tesi per l’interesse, l’ammirazione ma soprattutto la passione che provo per quest’architettura, per Gaudí e per Barcellona. Le ricerche del materiale si sono concentrate nelle biblioteche universitare, del collegio degli Architetti e negli archivi presso la Catedra Gaudí ed il Tempio Espiatorio della Sagrada Familia e sono state mirate soprattutto alle seguenti tematiche: • polemiche sulla continuazione dei lavori; • coralità , collettività, l’opera come frutto del lavoro di tutta la comunità; • importanza dell’artigianato in relazione alla serialità
dell’architettura contemporanea. Differenza tra le stesse parti della Sagrada Familia costruite con metodo tradizionale e con i computer ai giorni nostri; • Gaudí e l’architettura moderna: confronto; • Gaudí e l’architettura contemporanea: riferimenti nell’architettura attuale del genio gaudiniano; • Gaudí e l’architettura futura: nuovi spunti di riflessione su come la sua architettura possa essere un riferimento costante nella progettazione attuale. Per effettuare questo lavoro senza tralasciare nessuna parte fondamentale, la tesi è stata suddivisa in diverse parti: Nel primo capitolo si vuole presentare chi, l’uomo che ha reso possibile quest’importante opera, il genio, Gaudí. Egli era un’artista e allo stesso tempo un saggio con grande intuito e senso pratico, ma prima di tutto era un uomo. Capace di capire a fondo i bisogni di confort abitativo ma allo stesso tempo le necessità spirituali della gente comune. La sua genialità si può comprendere in particolar
modo attraverso lo studio della Sagrada Familia, sintesi finale del lavoro di una vita, ormai facente parte della coscienza generazionale catalana e non. Nel secondo capitolo si vuole presentare dove Gaudí ha operato, ovvero il luogo in cui la grande opera della Sagrada Familia si sviluppa e trova motivo d’essere: Barcellona. Nel terzo capitolo si vuole presentare l’argomento in questione, ovvero di cosa si parlerà, e, nello specifico, com’è strutturata la Sagrada Familia, quali sono i suoi elementi fondamentali e caratteristici. Vale a dire: le impostazioni della pianta e delle navate; la cripta neogotica iniziata dal primo architetto del Tempio, Francisco de Paula del Villar; l’abside e la Facciata della Natività realizzate da Gaudí prima della sua morte; la Facciata della Passione realizzata a metà degli anni ’50 dai suoi successori ai lavori; il progetto per la facciata principale, quella dedicata alla Gloria di Gesù Cristo, ancora non costruita; le torri campanarie; le finestrature; le volte e le colonne. Nel quarto capitolo si ripercorrono le tappe storiche che hanno portato alla costruzione della chiesa, perché nasce l’esigenza di costruire un Tempio Espiatorio a Barcellona e come, in che modo, questa grande opera viene costruita,
dalle origini sino ai giorni nostri. Particolare attenzione viene data a quella che è stata la forza promotrice ed il sostegno dato dalla comunità, così come accadeva nelle grandi cattedrali del medioevo, mettendo alla luce che rapporto Gaudí avesse con i suoi aiutanti e quali fossero i metodi di lavoro, quindi il ruolo fondamentale dell’artigianato, il rapporto di questo con la tecnologia, sino ad arrivare alla modellazione tridimensionale all’avanguardia del CAD. Nel quinto capitolo si vuole parlare della critica da cui parte questo lavoro di tesi, fare luce su tutte le polemiche che negli anni hanno messo in discussione l’opera della Sagrada Familia, la prosecuzione dei lavori, il rifiuto del movimento razionalista per questo genere di architettura. Si passa per “Ornamento e Delitto” di Adolf Loos, per arrivare ai giorni nostri con i pubblici pentimenti di uno dei firmatari del Manifesto del 1956, Oscar Tusquets Blanca, e l’accettazione dell’opera maestra, in occasione delle visite per la consacrazione della Basilica, da parte di altre grandi personalità che, a loro tempo, si opposero anch’essi alla continuazione del tempio, ammettendo ora la sua indiscutibile potenza. Nel sesto e nel settimo capitolo sono contenute le
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riflessioni che si deducono dagli studi sull’opera di Gaudí in comparazione alla produzione attuale di opere architettoniche (con dei riferimenti specifici ad architetti contemporanei, che, in parte, hanno appreso determinati elementi dall’architettura gaudiniana), le prospettive future e le successive conclusioni. Genius Loci, consenso della popolazione, attenzione all’ambiente, sostenibilità, materiali e tecniche di costruzione, lavoro pluridisciplinare e simbolismo sono gli elementi chiave che sono stati studiati in Gaudí e relazionati con i metodi di lavoro attuali, per cercare di delineare quale sia una strada percorribile per una corretta progettazione nel futuro e ricercare quindi i concetti della nuova attualità a cui Gaudí può indirizzarci.
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Gaudí: l’uomo, la vita, le opere
Gaudí è sicuramente una delle figure più emblematiche rappresentative e coinvolgenti della cultura catalana del XX secolo. Per capire a fondo la sua genialità bisogna comprendere la sua opera, in particolar modo la Sagrada Familia, vista come sintesi finale del lavoro della vita dell’architetto, fatta di sperimentazioni, di studi, che l’hanno portato alla creazione della sua opera maestra. Gaudí aveva in sé le caratteristiche dell’artista, e allo stesso tempo del saggio, sempre alla ricerca della perfezione: prima pensava a tutte le possibili alternative, studiava
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le migliori, le concepiva nello spazio e, solo in quel momento, iniziava con il progetto apportando sempre, in corso d’opera, migliorie sperimentate su modellini. Aveva un grande intuito e senso pratico, ha condotto una vita semplice e riservata, ma ha manifestato tutta la sua creatività e comunicazione nella sua innovativa architettura. Gaudí osservava molto la natura: ne studiava le forme e la geometria, e facendo ciò scoprì che erano le linee più semplici le generatrici. Questo lo condurrà a servirsi di forme generate dalla retta, la cosiddetta “geometria reglada”, presenti in natura nei minerali, nelle rocce, nei cristalli, ma anche negli alberi, nelle piante e in
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tutti gli esseri viventi. Scrive Juan Bassegoda Nonell1 “Qualsiasi uomo vibra nei momenti d’emozione. Può essere una forma interiore che non si comunica agli altri, e può essere collettiva. Quando si arriva alla congiunzione di sentimenti e si sperimenta una vibrazione intima, questa è come una comunicazione fra l’essere e la realtà che lo circonda; s’intravede l’emozione di qualcosa che trascende, il Mistero, il Sacro si fa presente. Gaudí viveva, era alla ricerca di quest’emozione, ed era anche capace di trasmettere agli altri, di farla sentire, di convertirla in pietra per mano operaia. Gaudí è attuale perché in ognuno di noi vive questo desiderio di meraviglia, di verità, di mistero, di sacro che Gaudí viveva, e che ha saputo trasmettere attraverso la più materiale delle arti, l’architettura.”
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1 J. Bonet Armengol, J. Bassegoda Nonell, D. Meroni, Gaudí, l'architetto della Sagrada in http://www.assoctc.it/
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Antoni Gaudí i Cornet nasce a Reus, il 25 giugno 1852, da padre Francesc, calderaio, e da Antonia. Nel 1869 si trasferisce a Barcellona, dove studia architettura all’università e poi alla neonata Scuola Provinciale di Architettura. Nel 1870 progetta il restauro del monastero romanico-gotico di Poblet, presso Tarragona. Per mantenersi gli studi lavora fino al 1878 come disegnatore per un architetto e nel frattempo svolge il servizio militare. Nel 1878 consegue il titolo di architetto; vince il concorso municipale per i lampioni di Plaça Reial a Barcellona, che realizza l’anno seguente. È l’anno in cui conosce Eusebi Guell. Nel 1882 progettò proprio per Guell un padiglione di caccia da costruirsi a Garraf presso Barcellona, ma non verrà mai realizzato. Nel 1883 inizia la costruzione di casa Vicens a Barcellona e di villa El Capricho a Comillas, terminate entrambe nel 1885; il 3 novembre subentra a Villar come architetto della Sagrada Familia. Nel 1884 inizia la “finca” Guell, mentre nel 1886 inizia la costruzione di palazzo Guell nel centro di Barcellona, terminato nel 1889. Il Palazzo Episcopale di Astorga vedrà la luce nel 1887, ma rimarrà parzialmente incompiuto in seguito a un’interruzione dei lavori nel 1893. Gaudí costruisce
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il Collegio delle Teresiane a Barcellona tra 1889 e 1894. Terminata poi la cripta della Sagrada Familia, lavora dal 1891 alla facciata della Natività; l’abside della cattedrale è ultimata nel 1893, mentre la facciata prosegue. Nel 1898 Gaudí inizia casa Calvet a Barcellona (otterrà nel 1900 il premio della municipalità come miglior edificio dell’anno), terminata nel 1904 con l’aggiunta di tutte le decorazioni. Iniziano in questo periodo gli studi per la facciata della Passione e per l’interno della Sagrada Familia. Nel 1900 inizia la costruzione della torre Bellesguard, alle porte di Barcellona e cominciano i lavori per il Park Guell, che lo impegnano fino al 1914. Nel 1902, Gaudí presenta il progetto di restauro della cattedrale di Palma di Maiorca, i cui lavori si protrarranno fino al 1914. Nel 1904 inizia la ristrutturazione di casa Batllò, a Barcellona, terminata nel 1906, anno in cui inizia casa Milà; Gaudí si trasferisce nel 1906 in una casa costruita nel Park Guell. Affetto da febbre maltese, trascorre un periodo di riposo in una località dei Pirenei, mentre un’esposizione di sue opere è allestita a Madrid. Dal 1914 in poi, tranne pochi lavori di completamento di opere già iniziate, non accetta altri incarichi e si occupa esclusivamente della Sagrada Familia;
nel 1916 schizza gli studi per la facciata della Gloria. Nel 1925 Gaudí autorizza l’ampliamento di casa Vicens; ormai si allontana sempre meno dal cantiere della Sagrada Familia, dove vive in un alloggio di fortuna allestito nel laboratorio. Nel gennaio 1926 viene completata la prima torre della cattedrale (dedicata a San Bernabé) della facciata della Natività. Il 7 giugno Antoni Gaudí viene investito da un tram all’incrocio tra carter Bailen e la gran via de les Cortes Catalanes: scambiato per un barbone a causa del suo aspetto dimesso, viene trasportato all’Hospital de la Santa Cruz dove muore il 10 giugno. I funerali si svolgono due giorni dopo; viene sepolto nella cripta della Sagrada Familia1.
4 1 Gruppo Arte, Gaudí, il mio maestro è un albero, 27 aprile 2005 in http://www.logaisaber.com/gaud%C3%AC.pdf
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Fotografie Cap.1: 1) Antonio Gaudí nella processione del Corpus Domini (1924) Da Catalogo della mostra “Gaudí e La Sagrada Familia, Parabola e Iperbole dell’architettura”, 2010 2) Gaudí lavorando. Disegno di R. Opisso Da www.gaudiclub.com
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3) Antonio Gaudí all’età di 26 anni , quando consegue la laurea in architettura (1878) Da Catalogo della mostra “Gaudí e La Sagrada Familia, Parabola e Iperbole dell’architettura”, 2010 4) Firma di Antonio Gaudí Da Catalogo della mostra “Gaudí e La Sagrada Familia, Parabola e Iperbole dell’architettura”, 2010 5) Gaudí mentre mostra la Sagrada Famiglia al Cardinale Ragonesi Da www.gaudidesigner.com 6) Funerali di Gaudí (Giugno 1926) Da www.gaudidesigner.com
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Contesto e luogo dell’architettura di GaudĂ: Barcellona
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Verso la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo la Catalogna viveva nel pieno della sua espansione economica, sociale e politica: è la Renaixença, la fiera rinascita della Catalogna con Barcellona come sua capitale, culla del movimento artistico del Modernismo. Gaudí, catalano di nascita, possedeva le caratteristiche di questa terra fatta di luce brillante, di forme aspre, di colori: creatività e amore per il lavoro, ma anche indole ribelle, senso della dignità e orgoglio, ma senza superbia. Nessun artista ha rappresentato in modo così evidente una città come Gaudí ha fatto con Barcellona. Così la Sagrada Familia risponde alla perfezione al carattere della città che la ospita: elegante e cosmopolita, però né opulenta né ingombrante. Per Gaudí costruire la grande basilica era il suo modo di contribuire alla costruzione del suo paese. Grazie al nuovo piano urbanistico di Cerdà la città cresce e si costituisce la città contemporanea intorno al nucleo medievale. Rete elettrica, sanità, infrastrutture, istruzione e cultura come servizio pubblico, sono alcuni dei settori in cui le nuove classi sociali investono per far diventare Barcellona, a livello internazionale, capitale di un progetto culturale.
L’Esposizione Universale del 1888 diventa un’occasione importantissima per confermare questo processo culturale, grazie soprattutto alle trasformazioni urbane che vengono effettuate per l’occasione. Lo sviluppo dell’economia rende possibili grandi operazioni immobiliari e finanziare: le grandi famiglie catalane diventano importanti mecenati che commissionano opere di architettura pubblica e privata di eccezionale ricchezza figurativa.
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Piano Cerdà A metà del XIX secolo Barcellona si trova in una situazione critica, a causa della continua crescita della popolazione. Limitata all’interno della sua cinta muraria, si presenta come la città con più alta densità abitativa d’Europa (864ab/ha). Viene indetto l’abbattimento delle mura per risolvere problemi igienici, sociali e di crescita urbana. Nel 1854 viene bandito un concorso per l’elaborazione di un piano di espansione urbana, vinto dall’architetto Antonio
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Rovira y Trias, ma il Ministero dei Lavori Pubblici assegna l’incarico all’ingegner Ildefonso Cerdà. Secondo il progetto di Cerdà un nuovo tessuto si sovrappone all’edificazione esistente. Principalmente il rinnovamento sta nella concezione delle strade e degli isolati. Le strade sono larghe 20 mt e gli assi principali 60-80 mt. Gli isolati hanno un lato di 113 mt con quattro smussature di 20 mt che costituiscono gli spazi di relazione pubblica e migliorano la circolazione. Nel suo progetto inoltre Cerdà prevedeva l’ubicazione di un ippodromo, dell’estensione di 227.500 m², occupante 14 isolati della nuova urbanizzazione, nei terreni tra Sant
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Martì, Gracia e Barcellona. L’ippodromo non è stato mai realizzato, ed uno dei 14 lotti sarebbe stato poi destinato alla costruzione del Tempio espiatorio della Sagrada Familia e quelle vicine a spazi pubblici. “Nella Sagrada Familia tutto è frutto della Provvidenza; l’edificio è ubicato nel centro della città e della piana di Barcellona, in posizione equidistante tra il mare e le montagne”. (Antoni Gaudì)
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Fotografie Cap.2: 7) Planimetria Barcellona Da te’tsab07_taller d’estiu de l’Escola de Barcelona, 12/26 luglio 2007 8) Vista area dell’Eixample Da www.esacademic.com 9) Barcellona prima del piano Cerdà Da Corso di Fondamenti di Urbanistica di Paolo Fusero, Università di Pescara
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10) Barcellona dopo il piano Cerdà Da Corso di Fondamenti di Urbanistica di Paolo Fusero, Università di Pescara 11) Localizzazione della Segrada Familia nell’Eixample Da Mark Burry, Expiatory Church of the Sagrada Familia, Phaidon, Febbraio 1992 12) Modello tridimensionale della Sagrada Familia Da te’tsab07_taller d’estiu de l’Escola de Barcelona , 12/26 luglio 2007
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La Sagrada Familia
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Il Tempio della Sagrada Familia è una basilica ancora in costruzione con pianta a croce latina situata nell’Eixample di Barcellona tra le strade Mallorca, Provença, Sardenya e Marina. La prima pietra viene posta nel 1882 dal primo architetto delegato: Francisco de Paula del Villar. Villar fu però sollevato dall’incarico, e venne sostituito da Martorell, che a sua volta, affidò nel 1884 il progetto al giovane Gaudí. Oggi la Cattedrale è formata da cinque campate nella navata principale e tre nel transetto. L’abside è formato da sette cappelle e due scale circolari di accesso alla cripta sotterranea. Assieme al transetto e al lato dell’abside si costruiranno le grandi sacrestie che formeranno due corpi indipendenti. Inoltre tutto il perimetro del tempio è circondato da un chiostro con l’intento di isolarlo dal rumore proveniente dall’esterno. E’ prevista la costruzione di sei grandi torri sopra la copertura del transetto e dell’abside. Nel centro del transetto si collocherà la torre più alta, dedicata a Gesù Cristo, attorno alla quale si innalzeranno altre quattro torri più piccole dedicate ai quattro evangelisti. L’ultima torre sarà dedicata alla Vergine.
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Le volte delle navate laterali sono formate da paraboloidi iperbolici simili a quelli delle volte dell’edificio delle Scuole della Sagrada Familia. Le volte della nave centrale, invece, sono caratterizzate da una serie di piramidi unite mediante l’uso di paraboloidi iperbolici. Il tempio avrà in futuro tre facciate principali che corrisponderanno con i tre accessi finali all’edificio. Il portico principale (calle Mallorca), chiamato della Gloria, simboleggerà la resurrezione di Gesù Cristo, con il recente portale della Gloria dove viene riportato il credo del Padre Nostro in tutte le lingue del mondo, tra cui anche il Catalano ed il Sardo. Gli altri due ingressi, già costruiti, sono situati negli estremi del transetto. La facciata che si trova in calle Marina, dedicata alla Nascita di Cristo, è formata da quattro torri di 100 m. di altezza ed un cipresso centrale. Gaudí riprende le forme della natura, in particolare la vegetazione catalana, e le plasma nella pietra, per ottenere così piante, fiori, animali, nuvole e stalattiti di ghiaccio. Quella situata nell’estremo opposto, in calle Sardenya, ugualmente finita, simboleggerà la Passione e la morte. Anche questa ha quattro torri, questa volta di 110 m. di
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altezza, decorate con parole liturgiche quali “Osanna”, “Excelsis” e “Sanctus”, in mezzo alle quali si trova una enorme scultura di Cristo in croce. Quest’opera scultorea, come la maggior parte presenti nella facciata della Passione, è opera dello scultore Josep Maria Subirachs. Il Tempio è sopraelevato di quattro metri rispetto al livello del suolo, questo fa si che l’accesso dei portali già costruiti sia costituito da delle scale. In compenso non si è ancora presa una decisione definitiva per l’entrata principale dato che il progetto originale include un ponte che passa sopra calle Mallorca e una piazza nell’isolato accanto e questi terreni non sono attualmente di proprietà del Tempio. La chiesa, nell’immaginario di Gaudí, sarebbe dovuta essere colorata. “Ogni volta che entro nel recinto della Sagrada Familia provo la stessa sensazione di uscire dal tempo…da quel momento mi vedo entrare nell’ambito in cui appare soltanto un’ala spiegata per metà, che in modo insolito è sorta dal seno della terra, in cui giace quello che manca nella colossale proporzione del tutto.” scrive Joan Maragall, uno dei più importanti poeti catalani dei tempi moderni.
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Pianta e Navate Nella pianta Gaudí aveva definito uno spazio interno dove la visione completa del tempio era possibile da ogni punto delle navate. La navata principale è costituita da due navate laterali per ogni lato e di una navata centrale. Le due navate laterali più esterne sono caratterizzate da una parte soprelevata dove si trova il coro o “cantoria”, a 15 metri d’altezza, che può accogliere fino a 700 persone. Le grandezze di questi spazi si basano sulla proporzionalità,
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riproduzione in scala è stata anche modello strutturale e formale dei dettagli della crociera e dell’abside, che erano stati definiti nei disegni generali. Nel 1936, durante la Guerra civile spagnola, il modellino originale andò distrutto, ma è stato ricostruito dall’equipe della Sagrada Familia, grazie a molti frammenti recuperati e salvati.
impostata sul modulo da 7,5 metri, ottenuti dividendo per 12 la lunghezza della navata principale compresa di abside, che è pari a 90 metri; le navate laterali sono larghe 7,5 metri ciascuna e hanno un’altezza di 30 metri. La navata centrale misura 15 metri di larghezza ed è alta 45 metri, come la larghezza della navata principale. La crociera raggiunge 60 metri di altezza sotto la cupola ed ha un’ampiezza di 30 metri. Gaudí realizzò un modellino in gesso della navata principale in scala 1:10, basilare per la sua costruzione. Questa era stata progettata con forme geometriche e naturali, e si mostrava come una struttura logica ed equilibrata. La sua
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Cripta
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La cripta della Sagrada Familia è uno dei pochi elementi del tempio che non è stato progettato originariamente da Gaudí. Il primo progettista è stato l’architetto diocesano Francisco P. del Villar nel 1882. Lui aveva concepito la costruzione del tempio in stile neogotico e di modeste dimensioni, e ha elevato le prime colonne della cripta. Questa ha la stessa struttura dell’abside costruito successivamente sopra. La cripta era stata progettata
Gaudí impose direttamente la sua visione del progetto modificando l’accesso alla cripta rivoluzionando in questo modo secoli di costruzione clericale. A causa della polivalenza della navata principale, egli giudica scomodo mantenere un accesso centrale interno alla cripta, per ottenere una superficie libera più ampia. Così, egli decise di invertire la lettura dello spazio e di creare due accessi laterali ed esterni per accedere alla cripta. Per garantire l'illuminazione e ventilazione, c'è un fossato intorno ad essa.
come uno spazio centrale, supportato da una serie di dieci pilastri, munito di una copertura a volta e nervature convergenti in una chiave centrale raffigurante una rappresentazione dell'Annunciazione. Si compone di sette cappelle, un deambulatorio e una zona centrale, quasi circolare (40x30 metri), che è il santuario della chiesa. I santuari absidali sono dedicati al Sacro Cuore, l'Immacolata Concezione, San Giuseppe, San Gioacchino e Sant'Anna, Santa Elisabetta e San Zaccaria e Giovanni Battista. Il progetto del Villar era costituito da larghe scalinate, della larghezza della nave centrale, in un modo che il coro
La cripta si trova a nove metri sotto il livello del suolo. Gli scavi per la sua realizzazione si sono eseguiti con due unici mezzi: il piccone ed il badile. Le fondazioni e l’interno dei muri e delle volte sono stati realizzati con muratura (sistema costruttivo più utilizzato alla fine del XIX secolo) consistente in un impasto di pietre più o meno lavorate, malta di calce e sabbia. Nella cripta, recentemente dichiarata "Patrimonio dell'Umanità" dall'Unesco, ci sono inoltre le tombe di Jose Maria Bocabella - sviluppatore del tempio - i loro discendenti e Gaudí.
e l'altare della cripta fossero sovrapposti.
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Abside L'esterno dell'abside, assieme alla cripta, è stato uno dei primi elementi costruiti e mantenuti in carattere neogotico donati da Villar e che Gaudí rispetta. E’ formato da sette cappelle che circondano il presbiterio, ciascuna delle quali è illuminata da tre finestre, quella centrale più alta rispetto alle altre due. I pilastri dei bordi delle cappelle, finiscono in pinnacoli prismatici e a mezza altezza con doccioni raffiguranti
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draghi, serpenti, lucertole, salamandre, rane, ecc. utilizzati per lo smaltimento delle acque piovane. Le lanterne delle cappelle sono piramidi con pilastri inclinati punto del triforo che corona l’abside. Alle due estremità, le scale che portano dalla cripta e continuano a salire a livelli più alti, hanno quattro serie di finestre sovrapposte e un lucernario nella parte superiore, sormontate da punte. Anche qui i doccioni decorati con lumache marine e terrestri sono un elemento decorativo molto naturalistico. Ad ogni estremità si costruirà una sagrestia. La colorazione delle finestrone delle cappelle absidali è
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caratterizzata da gradazioni cromatiche che si basano sull’orientamento della Chiesa, con una predilezione di toni caldi e luminosi nelle vetrate che danno verso ponente, per supplire alla carenza di luce, mentre nelle vetrate posizionate a nordest prevalgono toni freddi azzurri e verdi1.
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1 Catalogo della mostra “Gaudí e La Sagrada Familia, Parabola e Iperbole dell’architerttura”, 2010
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Facciata Natività La facciata della Natività, situata ad est del tempio, è l'unica facciata del tempio costruita quando Gaudí era ancora in vita. Quando Gaudí morì nel 1926, solo la torre di San Barnaba era completamente finita e le altre tre si trovavano in stato molto avanzato. Anche la facciata della Natività è stata recentemente dichiarata "Patrimonio dell'Umanità" dall'Unesco. E’ formata da quattro torri quadrate alla base, che risultano
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essere cilindriche quando raggiungono un quarto della loro altezza. Nella parte culminante è stato adottato un profilo parabolico che costituisce la base dei pinnacoli, che, a loro volta, coronano ognuna delle torri. I tre spazi lasciati tra i bordi, sono occupati da tre porte che, insieme, costituiscono il portico.
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Il Portico: Gaudí ha progettato per questo portico un'iconografia impressionante in cui, più che le figure religiose, troviamo un’enorme quantità di elementi vegetali che fungono come elementi di unione tra i diversi motivi religiosi. Il portico è costituito da tre portali: quello della Fede (a destra), quello della Speranza (a sinistra) e quello della Carità (al centro) che presentato nei suoi motivi scultorei un’amplia e fantasiosa rappresentazione della vita di Gesù.
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Facciata della Passione La facciata della Passione, è di recente costruzione. Si affaccia su calle Sardenya ed è orientata ad ovest. Rappresenta la passione e la morte di Gesù Cristo. Coerentemente con questa funzione, appare straordinariamente spoglia e austera, con forme geometriche ai margini. Le sei colonne formano un portico con tre ingressi, di cui la parte centrale è divisa in due da un montante con i simboli dell’Alfa e dell’Omega, situati tra
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le quattro torri campanarie. Come la facciata della Natività e della Gloria, i tre portali della Passione sono dedicati alle tre virtù teologali. La sobrietà della facciata è visibile anche dalla presenza di colonne a forma di osso e le sobrie sculture realizzate da Josep Maria Subirachs aggiungono drammaticità al già volutamente triste disegno di Gaudí. Il congiunto rispetta il progetto iniziale di Gaudí nelle caratteristiche generali, ma i dettagli sono ovviamente adattati alla estetica moderna. In questo senso, l'iconografia simbolica di Subirachs rappresenta una rottura con il concetto figurativo della facciata opposta (Natività). 27
Il Portico: Si compone di sei colonne inclinate all'interno che sostengono una cornice che si libra al di sopra del portico sopra una galleria coperta. Il tetto di questa galleria ha una pendenza maggiore della base ed è supportato da un totale di diciotto colonne. Il portico ha accesso all'interno del tempio attraverso tre porte che danno ingresso alla crociera costituita da tre portali dedicati, come accade nelle altre facciate, alle tre virtù teologali. La porta centrale è divisa in due da un montante centrale in cui lo scultore Subirachs ha scolpito un’Alfa e un’Omega unite. Tutto il portico è una spettacolare scena scultoria della passione e morte di Gesù. Qui, non è stato seguito il progetto di Gaudí, giacchè non aveva raggiunto un sufficiente livello di dettaglio e lo scultore ha optato per un approccio diverso che rappresenta un adattamento ai tempi moderni. Le rappresentazioni abbozzate da Gaudí erano più sviluppate in orizzontale, invece Subirachs ha sviluppato un nuovo approccio che segue la storia scolpita attraverso una forma di S.
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Facciata della Gloria
Il Portico:
La facciata della Gloria, che si trova in Calle Mallorca, è stata iniziata in questi ultimi anni. Questa parte, di cui Gaudí ha lasciato solo il piano strutturale, grafico e simbolico, è esposta a sud ed è dedicato alla gloria di Gesù Cristo. La calle Mallorca ha il dislivello più importante rispetto al piano dell’edificio. Per dare un ingresso adeguato al tempio, Gaudí ha progettato una scalinata che oltrepassa la strada, in
Sarà coperto da quattro volte iperboliche inferiori dei campanari e da una serie di quindici lanterne differenti, per un totale di 20 volte. Appoggerà su ventuno colonne. Le porte saranno cinque, una per ogni navata laterale e una centrale tripla per la navata principale che, come gli altri portali sarà dedicata alle virtù teologali: fede, speranza e carità. L’elemento più spettacolare di tutti, saranno delle costruzioni a forma di nuvole che sorgeranno dalle quattro torri seguite da punti di illuminazione che avranno scritto con carattere di enorme dimensione “Credo in unum Deum Patrem Omnipotentem, creatorem coeli et terrae”. Queste nuvole circondato un’immagine di Dio. Gaudí voleva che questa facciata fosse visibile dal mare. Il portico presenterà a bassa quota un fregio con le immagini del Purgatorio e a differenti altezze immagini della vita degli uomini e del loro lavoro. Il soprannaturale verrà espresso per mezzo di santi che circondano la figura del Redentore. Nello spazio superiore ci sarà una rappresentazione del Giudizio Universale.
modo che tutto il traffico vada sotto. Le scale dovrebbero raggiungere l’isolato antistante, tra calle Mallorca e Valencia e tra calle Sardenya e Marina, ma questo pone un problema importante dato che questa parte è completamente costruita e, una volta terminato il progetto, per dargli la dignità che merita, bisognerebbe demolire tutti, o in parte, questi edifici. La facciata della Gloria è strutturata come le altre due già costruite, con quattro torri raggruppate a coppie di due.
Uscendo dal portico si vedrà il segno della croce e la gloriosa Santa Famiglia con Gesù in mezzo e, sopra di esso, lo Spirito Santo e Dio Padre. Ogni porta è dedicata ad un Sacramento e quella centrale, già costruita, alla preghiera del Padre Nostro in tutte le lingue.
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Piattaforma della scalinata, Battistero e Cappella del Sacramento:
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La piattaforma della scalinata con la stessa larghezza della facciata, avrà un monumeto caratteristico su ogni lato. A sinistra e di fronte al battistero ci sarà una enorme fontana che lancerà a venti metri d’altezza quattro getti d’acqua, che torneranno a scendere attraverso un sistema di vasche e canali. Dall’altra parte, di fronte alla Cappella del Sacramento, un’enorme fiamma proietterà fiamme al cielo. Il Battistero e la Cappella del Sacramento saranno due edifici fratelli uno su ogni lato della facciata della Gloria, simili alle Sagrestie, ma con una maggiore altezza. Essi avranno anche tre obelischi e le lanterne che copriranno le cappelle angolari del chiostro.Entrambi avranno una porta aperta direttamente al portico, un’altra all’interno del tempio e una terza d’accesso ai chiostri, che comunicheranno anche direttamente con il portico.
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Torri Campanarie Torri delle facciate della Natività e della Passione: Nella facciata della Natività le due torri centrali hanno un'altezza di 107 metri ciascuna, e di 98 metri quelle poste agli estremi. In quella della Passione le due torri centrali hanno un'altezza di 112 metri ciascuna, e di 107 metri quelle poste agli estremi. Sono gli elementi principali e più caratteristici delle facciate. Sono totalmente accessibili
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tramite una scala a chiocciola che lascia un grande spazio vuoto centrale e che raggiunge quasi la sommità. L'intera lunghezza delle campane è aperta per metà da una sorta di persiane in pietra che permettono la diffusione del suono delle campane tubolari progettate da Gaudí. La sagoma della parte superiore delle torri della Natività sembra un bastone episcopale. Altri simboli presenti, sono il nodo, simbolo dell’anello dei vescovi e al culmine una croce d'oro che incorpora le iniziali dell’apostolo a cui la torre è dedicata. Ciascuna delle torri di questa e delle altre due facciate, dodici in totale, quattro per ciascuna facciata, è dedicata ad un apostolo. Quelle della facciata della
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Altezze torri in metri 170 107-112
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Passione Gloria
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Natività
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Maria Evangelisti Gesù Cristo
Natività, sono dedicate a San Barnaba, San Simone, San Giuda Taddeo e San Mattia. Ciascuno di essi è rappresentato in una grande statua seduto, collocato nel punto in cui le torri passano da una struttura quadrata ad una struttura circolare, il che consente, negli spazi triangolari risultanti, la presenza di balconi che sono serviti come base. Le torri della Passione sono invece realizzate a sezione romboidale, ma ad una certa altezza diventano ellittiche, e sono dedicate a San Giacomo il Minore, San Bartolomeo, San Tommaso e San Filippo. Tra le due torri centrali ad una altitudine di 60 metri, c'è un ponte che li unisce. Al centro un'immagine di Gesù che ascende al cielo trionfante in contrasto con tutta la drammaticità della facciata. Nella facciata della Natività la decorazione include invece i nomi di Gesù, Maria e Giuseppe connessi con palme e la parola "Sanctus" che viene ripetuta per nove volte su ciascuna torre, in diversi colori: giallo dedicato a Dio Padre, rosso dedicati a Dio Figlio e Arancione dedicati allo Spirito Santo. Per i pinnacoli, Gaudí immagina soluzioni diverse tra il 1914 e il 1922. Nella soluzione adottata definitivamente, finiscono con stelle che fanno come da corona e sotto, sei segni che dicono "Osanna" e "Excelsis".
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Torri della facciata della Gloria:
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Saranno, come nelle facciate della Natività e della Passione, gli elementi principali e più caratteristici della facciata. Qui, però, l'importanza dei volumi che Gaudí riserva al portico, farà si che questi elementi "intasino" le torri molto più che nelle altre facciate. Saranno, come le altre, totalmente accessibili tramite una scala a chiocciola. Le torri della facciata della Gloria, saranno dedicate a S. Andrea, S. Pietro, San Paolo e San Giacomo il Maggiore. I pinnacoli saranno simili alle altre facciate ma con diversa disposizione verticale. E’ prevista inoltre la costruzione di sei grandi torri sopra la copertura del transetto e dell’abside. Nel centro del transetto si collocherà la torre più alta, di 170 m di altezza, dedicata a Gesù Cristo e sormontata da una croce, l'altezza totale della torre sarà inferiore di un metro a quella della collina che sovrasta il centro della città da sud-ovest, il Montjuïc, poiché Gaudí credeva che il suo lavoro non dovesse sorpassare quello di Dio. La torre di Gesù Cristo è circondata da altre quattro più piccole (130 m) che simboleggeranno i quattro evangelisti sormontate dai loro
rispettivi simboli: un uomo, un toro, un’aquila e un leone. La ultima torre, di 120 m di altezza, si collocherà sopra l’abside, e sarà dedicata alla Vergine. Le torri più basse sono sormontate da grappoli d'uva, che rappresentano il frutto spirituale.
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Volte e Finestroni Le volte delle navi sono formate da cupole iperboliche in leggeri prefabbricati e modulari che semplificano estremamente la costruzione, in modo da permette notevoli combinazioni decorative, sottolineando l'effetto di trovarsi all’interno di un bosco. Effettivamente, la varietà che consentono questi sistemi di iperboloidi concavi e convessi generano un effetto di superficie stellata che permette di inserire diversi lucernai
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che permettono l’ingresso della luce naturale. Grazie a questa struttura arborescente, le facciate sono libere da funzioni di sostegno e quindi possono essere
aperte per generare un gran numero di aperture finestrate. I disegni che Gaudí ha fatto per i finestroni si sono evoluti in diverse fasi, dal disegno iniziale negotico fino ai disegni ellissoidali con diverse varianti. Questo insieme di disegni può essere visto in molte parti dell'edificio. Nel chiostro si possono vedere finestre ogivali e frontoni trilobati, nei muri esterni finestroni neogotici, rosoni, ellissi, finestre longitudinali, rotonde, ecc.; nel transetto enormi rosoni con colori spettacolari, con delicate sfumature di colore e d’intensità; nell'abside, nella facciata della Gloria e anche quelli che saranno di grandi dimensioni alla base della cupola principale.
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Colonne La cripta della Colonia Guell, è servita a Gaudi per sperimentare le tecniche di sostegno più adatte per sostenere grandi sforzi. In questa cripta si intuiscono già le linee maestre che il genio catalano utilizzerà dopo nella Sagrada Famiglia. Concentrandoci sulla navata centrale del tempio, e guardando dall'alto verso il basso vedremo che la sequenza della trasmissione dei pesi è generato da un
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sistema di colonne inclinate interne, che al di sotto sostengono il peso delle volte del tempio e si uniscono a due a due nella parte superiore della navata centrale. Più sotto, una colonna inclinata supporta il peso delle alte finestre e lo sforzo di sostegno alle quattro colonne di supporto della navata centrale che raggiungendo terra si uniscono in un’unica solida colonna. Questo produce nell’osservatore la sensazione di stare all’interno di una foresta di eccezionale bellezza architettonica. Le colonne sono leggermente inclinate verso l'interno della navata centrale. Le colonne che dividono le navate laterali, cioè, quelle che supportano ad un primo livello il coro
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sono anch’esse inclinate ma in senso opposto. Le colonne delle navate sono scanalate e leggermente coniche. I capitelli a partire dal punto in cui le colonne si biforcano, hanno una forma ellissoidale e sono decorati con i simboli. Le colonne che sorreggono la cupola, che sono quelle con il diametro più ampio, hanno dodici lati. Gaudí crea, oltretutto, una nuova colonna in architettura, ispirata alla natura, chiamata colonna a doppio giro. Questa nasce da una base di sezione stellata di un poligono sino a diventare, nell’estremità, una sezione circolare.
Questo avviene grazie alle rotazioni che vengono fatte fare alla colonna, mano a mano che si sale verso l’alto. Per esempio la colonna della navata centrale parte da un ottagono stellato, che, dopo diverse rotazioni a destre ed a sinistra, arriva ad avere sedici vertici all’altezza di otto metri. Ai dodici metri essa avrà trentadue vertici e ai ventisei metri, sessantaquattro. Con un numero infinito di giri si arriva alla sezione circolare. Questa colonna ha un rapporto altezza/diametro pari a 1:10.
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Fotografie Cap.3: 13) Sezione trasversale sulla navata centrale della Sagrada Familia Da Catalogo della mostra “Gaudí e La Sagrada Familia, Parabola e Iperbole dell’architettura”, 2010
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20) Decorazione della chiave di volta della cripta della Sagrada Familia Da www.sagradafamilia.cat 21) Cripta della Sagrada Familia Da www.sagradafamilia.cat
14) Volte della navata laterale e centrale Da www.sagradafamilia.cat
22) Vista esterna dell’abside Foto di Juan Pablo Valenzuela
15) Torri Campanarie della Facciata della Natività Da www.architectism.com
23) Vista interna dell’abside Foto di Carles Salmeròn i Bosch e Veronica Murracino
16) Scultura di Gesù Cristo crocifisso presente nella facciata della passione. Autore: J.M. Subirachs Da www.sagradafamilia.cat
24) Facciata della Natività Da www.gaudidesigner.com
17) Vista frontale della Facciata della Passione Da www.gaudidesigner.com
25) Portico della Facciata della Natività Da Mark Burry, Expiatory Church of the Sagrada Familia, Phaidon, Febbraio 1992
18) Pianta generale della Sagrada Familia Da J. J. Lahuerta, Antoni Gaudí, Electa, 1999
26) Particolare del portico della Facciata della Natività Foto di Veronica Murracino
19) Vista frontale della navata centrale Da Catalogo della mostra “Gaudí e La Sagrada Familia, Parabola e Iperbole dell’architettura”, 2010
27) Facciata della Passione Da www.gaudidesigner.com 28) Previsione del prospetto Ovest della Sagrada Familia
quando sarà completato Da Rivista Grandes Temas, Sagrada Familia 29) Prospetto del portico della Facciata della Passione. Disegno originale di Gaudí Da www.sagradafamilia.cat 30) Prospetto del portico della Facciata della Passione. Disegno di J.M. Subirachs Da museo del Tempio Espiatorio della Sagrada Familia 31) Previsione del prospetto laterale della Facciata della Gloria Da Mark Burry, Expiatory Church of the Sagrada Familia, Phaidon, Febbraio 1992 32) Particolare della Facciata della Gloria, plastico Da museo del Tempio Espiatorio della Sagrada Familia 33) Previsione del prospetto sud della Sagrada Familia quando sarà completato Da Rivista Grandes Temas, Sagrada Familia 34) Portale della Facciata della Gloria Da www.sagradafamilia.cat 35) Torri campanarie della Facciata della Passione
Foto di Luis Andrei Photography 36) Disegno del particolare di un pinnacolo Da supplemento de La Vanguardia , 2 Novembre 2010 37) Particolare della scala a chiocciola delle torri campanarie Da Catalogo della mostra “Gaudí e La Sagrada Familia, Parabola e Iperbole dell’architettura”, 2010 38) Vista dall’interno di una delle torri campanarie Da www.architectism.com 39) Vetrate di una delle cappelle absidali Da Catalogo della mostra “Gaudí e La Sagrada Familia, Parabola e Iperbole dell’architettura”, 2010 40) Vista dal basso dell’iperboloide centrale del transetto Da www.sagradafamilia.cat 41) Vista laterale delle finestre sottostanti il coro Da www.domusweb.it 42) Vetrate colorate Da Catalogo della mostra “Gaudí e La Sagrada Familia, Parabola e Iperbole dell’architettura”, 2010
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43) Volta e vetrate di una cappella absidale Da www.sagradafamilia.cat 44) Tipica forma di una colonna di una navata Da Mark Burry , Expiatory Church of the Sagrada Familia, Phaidon, Febbraio 1992 45) Sezione trasversale della navata Da Mark Burry, Expiatory Church of the Sagrada Familia, Phaidon, Febbraio 1992 46) Colonne degli Evangelisti in primo piano Da www.sagradafamilia.cat
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47) Particolare del capitello di una colonna Da www.domusweb.it 48) Colonne navata laterale Da www.sagradafamilia.cat 49) Particolare dei materiali diversi delle colonne Foto di Carles Salmeròn i Bosch e Veronica Murracino
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Il Tempio Espiatorio
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In Spagna alla fine del 1800 si viveva un momento di crisi religiosa e sociale, in cui la Chiesa affrontava la questione promuovendo un modello solidaristico contro le idee anarchico-rivoluzionarie del movimento operaio catalano, che cominciavano a diffondersi, anche attraverso attentati. A questo scenario di disordini si aggiunse, nel 1870, l’avvento della peste. Tra la popolazione aleggiava una sensazione di ecatombe sociale e religiosa che invadeva gli animi dei fedeli. Per loro tutto era segno di un castigo divino. Molti trovarono rifugio alla peste nelle montagne di Montserrat. Tra questi c’era il libraio Josep Maria Bocabella, fondatore nel 1866 dell’Associazione spirituale dei devoti a San Giuseppe. Dopo diversi viaggi di pellegrinaggio a Roma ed in altri santuari in Italia, Bocabella nel 1875 si reca in Francia e decide, assieme a Padre Josè Maria Rodriguez, di edificare a Barcellona una riproduzione della Basilica di Loreto in onore di San Giuseppe e della Sacra Famiglia.1 Il Tempio aveva una missione molto chiara e conseguente alla catastrofe religiosa e sociale: sarebbe dovuto essere 1 R. Grima Lopez, A. Aguado de Cea, El hormigón en el Templo de la Sagrada Familia, Servei de Comunicació Institucional UPC, 2006
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un Tempio Espiatorio. La sua costruzione, da mandare avanti solo attraverso elemosine, avrebbe così purificato dai peccati la società. In questo clima, si diffuse il culto a San Giuseppe ed il modello della Sacra Famiglia, come esempio di un rapporto tra datore di lavoro e operaio fondato sulla carità. “…questa chiesa espiatoria… contribuisca che il Signore sia misericordioso nei confronti del paese… calmi le angosce della Santa Sede…”2 51
Il 31 dicembre del 1881, dopo una lunga ricerca, Bocabella trova e compra i terreni dove oggi si trova il Tempio.
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J. J. Lahuerta, Antoni Gaudí, Electa, 1999, p.256
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“E’ il tempio della Catalogna attuale, si farà se lo vorrà il popolo” (A.Gaudí)
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Comunità, volontà democratica, opera collettiva
L’esistenza a Barcellona di un’opera come la Sagrada Familia nel cuore del XX secolo rappresenta una sfida singolare per la cultura architettonica contemporanea. Come le antiche cattedrali medievali, anche la Sagrada Familia è stata generata dal prodotto dello sforzo collettivo di tutto il quartiere e della sua popolazione, degli artigiani ed operai che ci hanno lavorato, degli ingegneri, del genio creativo di Gaudí, ma soprattutto di una città intera. A differenza delle costruzioni civili, soprattutto delle costruzioni moderne e contemporanee, le cattedrali rappresentano proprio uno sforzo collettivo, di ricerca e mano d’opera, di ideologia popolare, che trascende i periodi politici e gli avvenimenti temporali e che dipendono molto dall’illusione che la popolazione e le sue istituzioni ripongono in questa. Infatti, come nessun altro architetto del Novecento, Gaudí con la Sagrada Familia ha creato uno spazio sacro che rispecchia l’animo di un’intera comunità.
“Il Tempio della Sagrada Familia è fatto dal popolo, che vi trova riflesso il proprio modo di essere. È un’opera affidata alle mani di Dio. Vivendo con il popolo e rivolgendosi a Dio, l’architetto realizza il proprio lavoro. È la provvidenza che, secondo i suoi alti disegni, porta a termine l’opera. E poi, guarda questo finale!…non sembra che unisca la terra al cielo? Il fulgore del mosaico è la prima cosa che vedranno i naviganti avvicinandosi a Barcellona: sarà un radioso benvenuto!”(A.Gaudí)
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Artigianato: nel laboratorio di Gaudí
Gaudí era un grande conoscitore delle arti e dell’artigianato, grazie alla sua provenienza da una famiglia di fabbri (più precisamente calderai) nella cittadina di Reus (Catalogna). Sappiamo che Gaudí lavorava sempre con gli stessi artigiani, che poi venivano, in tarda età, sostituiti dai propri apprendisti. Per questo aveva un rapporto molto stretto, quasi familiare con loro. Le opere di Gaudí venivano concepite allo stesso modo dei lavori che si realizzavano nel Medioevo: egli istruiva i suoi artigiani, coordinava e dirigeva personalmente il lavoro, ne controllava la qualità, ma allo stesso tempo gli dava anche modo di esprimere la propria personalità artistica. Gaudí costruiva dei modellini degli elementi o degli edifici che voleva realizzare e li consegnava ai propri collaboratori per la realizzazione. Spesso era lui stesso a spiegargli il procedimento costruttivo, per insegnare, appunto, le metodologie costruttive, e dimostrare la semplicità del procedimento. L’artigiano è visto spesso come un artista di arti minori, uomo dotato di un alto grado di abilità tecnica e manuale, appresa grazie agli insegnamenti di un “maestro” che gli
ha trasmesso il mestiere. Alla base dell’artigianato troviamo sicuramente la tradizione, oggi parte di un mondo, purtroppo, in via d’estinzione. L’artigianato si contrappone al “mito” del progresso tecnologico, processo che si attiva indipendentemente dal luogo e dalla sua cultura, indipendentemente dall’uomo, con validità, si pensa, universale. Questo tipo di progresso viene contrastato da uno sviluppo contestualizzato geograficamente e cronologicamente, che adatta la tecnica alla condizione umana e non viceversa. Gaudí era un promotore di questo metodo che incastrava tradizione e innovazione, artigianato e progresso tecnologico, ha, essenzialmente, unito le possibilità che gli offrivano l’artigianato e l’industria e ha tratto il massimo profitto da entrambe. Il suo rapporto con l’industria è conosciuto, utilizzava materiali nuovi (es. cemento portland) accanto a quelli antichi, ma allo stesso tempo inventava soluzioni connesse al luogo ed al progetto, evitando le ripetizioni tipologiche. Egli utilizzava la propria conoscenza costruttiva, sperimentava con curiosità, si preoccupava della
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funzionalità e del benessere ambientale, senza tralasciare l’importanza del rapporto tra architettura e decorazione. Essendo singolare l’architettura di Gaudí, tanto più singolare è il suo modo di costruire. Mantenendo i materiali e le tecniche tradizionali ha conseguito nuove forme negli edifici e anche nuovi metodi di utilizzare i materiali. Riferisce Juan Matamala, scultore, uno dei più stretti collaboratori del maestro, che molti muratori si avvicinavano alla Sagrada Familia per osservare e apprendere le tecniche imposte da Gaudí: archi catenari, colonne smussate, modellini, piastrelle di mosaico a pezzi, tutto richiamava moltissimo l’attenzione di muratori e imprese.1 Le sue opere, tutte uniche e distinte come una vera opera d’artigianato, trovano unità ed armonia tra le parti. Non c’è nulla di superfluo, “tutto funziona come un’orchestra”.2
generalmente di forme curve, con pezzi di ceramica smaltata di colori differenti, derivanti da materiali di recupero. Nella Sagrada Familia, però, il materiale utilizzato è il pregiato vetro di Murano. Gaudí stesso l’ha utilizzato per decorare la prima guglia della facciata della Natività. Da allora è stato utilizzato anche per gli altri pinnacoli delle facciate, nelle navate e negli elementi decorativi delle volte e delle finestre.
Il riutilizzo dei materiali era un tema fondamentale e ricorrente nella sua opera, come l’utilizzo del trencadís. Questa tecnica permette di rivestire una superficie, 1 J. B. Nonell, Aproximación a Gaudí, Doce Calles, 1992, p.267 2 J. M. Nuñez, Gaudí y el artisanado catalan de su tiempo, in Gaudí, habitat, naturaleza y cosmos, Lunwerg, 2001, p.88
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Il laboratorio: Il laboratorio di Gaudí non era il laboratorio di un comune architetto, non venivano qui prodotti progetti freddi, numeri, calcoli, ma era un luogo in cui abbondavano forme e materia, in uno stato di copiosità straordinaria. Gaudí viene paragonato ad un artista demiurgo, che crea con le proprie mani le forme1 ed il suo laboratorio come un organismo vivente che cresce cercando di dar risposta a mutevoli domande funzionali2.
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Un caos definito in cui erano presenti tavoli e librerie piene di disegni, di rotoli, di fogli ma anche figure di filo e tela metallica, modelli e modelle che posavano tra gli specchi, scheletri in croce, pupazzi di tela che si trasformavano in angeli, solidi geometrici, frammenti di architettura, modelli funicolari, plastici del tempio, della navata o dei particolari costruttivi, sculture in gesso, riproduzioni di ossa e parti anatomiche, rocce, piante, animali, etc. 1 J. J. Lahuerta, El taller de Gaudí en la Sagrada Familia / Gaudí Workshop at the Sagrada Familia, in AV Monografías, n.95, 2002, p.6 2 A. R. Graells, Nel laboratorio di Gaudí, in Dossier Gaudí: ricerche, proposte, riletture, SEU, Pisa, 2003, p.107
Gaudí crea scheletri di filo, plasmandoli dandogli la posa desiderata, che ricopre con tele bagnate di gesso per configurarne la pelle o i vestiti. Studiava queste pose attraverso la fotografia in cui i modelli, uomini, donne, bambini, erano circondati da specchi per poter essere contemplati da tutti i punti di vista. Le figure raffiguranti animali e piante si ottenevano, invece, o dall’osservazione della natura o tramite calchi presi da modelli naturali. Lo stampo, le forme ottenute per contatto diretto con il modello e che lo riproducono fedelmente, captano la vita3. Nel laboratorio di Gaudí gli elementi volumetrici fanno quindi da protagonisti mettendo quasi in secondo piano le planimetrie. Questo evidenziava l’importanza nel processo progettuale del carattere plastico dell’opera che si produce. Sembrava quasi più un laboratorio di uno scultore che di un architetto. Lo scultore, con il suo lavoro eroico dell’arte del levare è capace di far sorgere la forma dal fondo caotico della materia, per imitazione, come immagine del proprio 3
J. Folch i Torres, Gaseta de las Arts, luglio 1926
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pensiero, della propria invenzione: questo è quello che giustifica l’eccezionalità dell’artista, la sua capacità creatrice. 4 Allo stesso tempo è però errato definire il lavoro di Gaudí solamente come se fosse quello di uno scultore. Alla base dell’opera si svincolano strettamente il momento del progetto e quello della realizzazione: la progettazione è un processo integrato con la costruzione. Il laboratorio di Gaudí spesso si trasformava in una chiesa, come luogo di incontri di una comunità di credenti.5
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63 4 J. J. Lahuerta, El taller de Gaudí en la Sagrada Familia / Gaudí Workshop at the Sagrada Familia, in AV Monografías, n.95, 2002, p.7 5 A. R. Graells, Nel laboratorio di Gaudí, in Dossier Gaudí: ricerche, proposte, riletture, SEU, Pisa, 2003, p.111
“La bellezza è lo splendore della verità; siccome l’arte è bellezza, senza verità non c’è arte. Per trovare la verità si devono conoscere bene gli esseri del mondo creato”. 1 Il tema dell’ornamento emerge proprio in epoche di svolta culturale, come agli inizi del XX secolo, in occasione del passaggio dalle tecniche di produzione artigianali a quelle meccaniche. L’epoca moderna affina il suo orientamento concettuale sull’ornamento e in esso ha luogo la sua riconcettualizzazione nella mutata sfera d’influenze culturali. Sull’ornamento gli animi si dividono, non tanto per una questione di gusto, bensì per la capacità di cristallizzare su di sé le questioni teoriche centrali di un’epoca. 2 Joan Martinell3 parla di decorazione e struttura come due aspetti dell’architettura di Gaudí, nonostante questa si caratterizzi per il senso di unità dell’insieme e dei suoi elementi. La decorazione in molti casi è conseguenza
Decorazione e Struttura, Bellezza e Ornamento
1 I.Puig Boada, Antoni Gaudí. Idee per l’architettura, Jaca Book, Milano 1995, p. 105 2 J. H. Gleiter, Ornamento, campo di battaglia della teoria In: Zona #4: Ornamento. Ritorno del rimosso (Supplemento di Abitare n.494, 8/2009) 3 C. Martinell, Lo decorativo y lo estructural en la obra de Gaudí, in Cupula, centro de estudios CEAC, n.39, gennaio 1953, pp.751-754
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della struttura. Questo definisce, il più delle volte, i due elementi inseparabili, anche se, in alcuni casi,ci sono elementi decorativi indipendenti dalla struttura. Nel suo Manoscritto, Gaudí affermava che l’ornamento in architettura “non è più di quanto siano il metro e il ritmo in poesia”.4 Egli studia diversi aspetti, citeremo i più interessanti.
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Sull’ornamento: L’ornamentazione per essere interessante, deve presentare oggetti che ci ricordano idee poetiche che costituiscono motivi. I motivi sono storici, leggendari, di azione, emblematici, fiabeschi, con rispetto all’uomo e alla sua vita, azioni e passione. E rispetto per la natura, possono essere rappresentativi del regno animale, vegetale e topografico o minerale.5 Sul carattere: “Il carattere può dirsi che sia il criterio dell’ornamentazione. Attualmente, il carattere dipende dalla nazionalità e dai usi e splendore di chi lo usa. Un oggetto pubblico deve avere un carattere severo che è in 4 Antoni Gaudí, Condizioni per la bellezza [Manoscritto di Reus, 10 agosto 1870], in Gaudi, L. Quattrocchi, collana: Dossier d'art, Giunti editore, Firenze 1993 5 Ibidem
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contrasto con un oggetto usuale di famiglia o individuo. Un oggetto pubblico deve rispondere con il carattere al suo destino, la gravità. Grandezza di forma e semplicità, che per arricchirlo bisognerà contemplarlo per mezzo delle idee più soavi e naturalmente decifrabili, se no con idee geometriche, che conservano la distinzione; le prime sono preferibili per temi particolari.”6 Sulla geometria: “La Geometria ha grandi condizioni per gli edifici pubblici e religiosi; i templi greci e altri edifici hanno la pianta rettangolare, le colonne coniche, le metope quadrate, i frontoni triangolari. Nell’ornamentazione ci sono un innumerevole di meandri che decorano i membri, le palmette, che non sono più che linee perpendicolari alla linea orizzontale che seguono etc. Nelle cattedrali, l’arco di cerchio delle volte quasi paraboliche, i progetti, la combinazione di cerchi, le piramidi per i pinnacoli e altri capitelli, i intrecciati di forme geometriche.”7 Sul colore: “L’ornamentazione è stata, è e sarà colorata, la natura non ci presenta nessun oggetto monotonamente uniforme. Tutto nella vegetazione, nella geologia, nella topografia e nel regno 6 7
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Ibidem Ibidem
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animale, sempre il contrasto di colore è più o meno vivo e da qui che obbligatoriamente dobbiamo colorare in parte o nella sua totalità un oggetto architettonico, colorazione che a volte sparirà, però che la mano del tempo si incarica di darle una propria e preziosa: quella dell’antichità.”8
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In Gaudí la sensibilità si manifesta nella captazione della luce e nella scomposizione in colori che, a sua volta, si manifestano nella sua identificazione con l’ingenuità infantile o nel gaudio del senso dell’udito mediante la musica. Gaudí godeva, rispettava e venerava la natura come opera del Creatore e fonte inesauribile d’invenzione di forme, colori e suoni, e amava anche la luce percepita attraverso la vista, che per Gaudí era il senso della Gloria. Queste sono le capacità del maestro che cercò di arrivare ai segreti della bellezza presente in questo mondo e che lascia fruire splendidamente nei momenti della creazione architettonica formata attraverso una previa e profonda comprensione e amore della luce del sole, degli essere viventi, e, in definitiva, la conoscenza della sua religiosità, della presenza di Dio.9 8 9
Ibidem Antoni Gaudi, 1852-1926, Centre Cultural de la Caixa de
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Secondo Gaudí, «per far si che un’opera architettonica sia bella, è necessario che si aggiustino tutti i suoi elementi relativi a situazione, dimensione, forma e colore», poiché tutte queste qualità dell’opera architettonica sono intimamente relazionate. Se capiamo la bellezza nel senso platonico del termine, è sinonimo di bontà, di autenticità e di validità, e questo è il senso del bello, dell’etico e dell’estetico che utilizzava Gaudí. Le sue forme, a parte l’eccellente struttura, hanno una grande qualità estetica. Nella sua opera, forma e funzione si identificano e si fondono in una cosa sola.10
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“L’architettura non è stabilità. Questa ne è solo una parte, non il tutto. L’architettura è arte. La meccanica è lo scheletro, le ossa, ma gli manca la carne che da l’armonia, cioè la forma che la avvolge, e avendo l’armonia avrà l’arte; la situazione, la misura, la materia e il colore, la forma, la stabilità, costituiscono in questo ordine le qualità dell’opera architettonica.” (A.Gaudí) Pensions, Barcelona, desembre 1984-gener 1985 p.111 10 D. Giralt-Miracle, Catalogo dell’esposizione Gaudí La búsqueda de la forma Espacio, geometría, estructura y construcción, Lungwerg editori, Barcelona, 20 marzo – 29 septiembre 2002
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Nell’arco della storia i materiali si sono adattati alle necessità di ogni parte da realizzare. Alla fine del XIX Gaudí ha iniziato costruendo principalmente a base di muratura tradizionale, però dedicò anni allo studio del resto del Tempio e ai differenti materiali con cui si potesse costruire. I collaboratori di Gaudí hanno continuato l’opera dopo la sua morte e, negli ultimi anni, si sono introdotti nel Tempio gli ultimi avanzamenti nei processi costruttivi e nei materiali. Un esempio sono i cementi ad alta resistenza utilizzati attualmente e le tecniche di disegno assistito dal computer più avanzate nel mercato. Sappiamo che Gaudí lavorava tramite modellini di gesso, creando le colonne, le navate, le facciate, etc. ed è attraverso questo che ha saputo trasmettere i suoi insegnamenti ai suoi collaboratori per dare continuità ai lavori. L’evoluzione dei materiali e delle tecniche costruttive nel tempo è ben riassunta nella pubblicazione apparsa nel 2009 in Informes de la Construcción.1
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Materiali e tecniche: costruzione tradizionale:
Tecniche di Costruzione Antiche e Moderne
I materiali usati nei primi anni furono soprattutto pietra (cava di Montjuic e Vilafranca) con rivestimento di 1 R. Espel et al., La evolucón de la costrucción del Templo de la Sagrada Familia in Informes de la Construcción, n.516, ottobredicembre 2009, pp.5-20
muratura con tecniche costruttive tradizionali. Sino a quel momento le grandi costruzioni si realizzavano in pietra come nell’antichità e le edificazioni più comuni in mattoni. Il legante più utilizzato era principalmente la calce idraulica, alternativa dal 1791 alla calce aerea tradizionale. Con questo materiale molto probabilmente si costruì la fondazione della cripta e la Facciata della Natività della Sagrada Familia. Negli ultimi campioni estratti2 dalle colonne della cripta (1884-1887) si sono ritrovati resti di mattoni nell’interno di pezzi rivestiti in pietra naturale. Più avanti i muri della Facciata della Natività (a partire dal 1894) si costruirono in parte con muratura di pietra di Montjuic unita con malta di calce. Compresa la lastra delle fondazioni di questa facciata, che nel 1895 arrivava ad undici metri di profondità, si realizzò con grandi blocchi di pietra uniti da calce. “Il principale merito di Gaudí è quello di aver creato forme nuove utilizzando i materiali e le tecniche tradizionali…”3 C’è da sottolineare che la Sagrada Familia è stata progettata dal principio per essere costruita incorporando 2 A. González i Moreno-Navarro, Gaudí constructor in Informes de la Construcción, n.407, 1990, pp.9-14 3 J. Bassegoda i Nonell, La construcción tradicional en la arquitectura de Gaudí in Informes de la Construcción, n.407, 1990, pp.6-9
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gli avanzamenti tecnici dei materiali, del XX secolo. Materiali e tecniche: cemento armato:
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La fine del XIX secolo fu un’epoca di grandi innovazioni nella costruzione. In Europa, sotto le esposizioni universali, appaiono nuovi materiali. Si disegnano grandi costruzioni metalliche e inizia a svilupparsi l’industria del cemento. Cosi dopo la scoperta del cemento Portland, si inizia a provare il cemento armato. La nuova tecnologia arrivò con un certo ritardo in Spagna ed in Catalogna, mentre veniva già largamente usata in Francia e Germania. Nel contesto catalano, la prima fabbrica di cemento la fondò Eusebi Güell, grande amico e mecenate di Gaudí, nel 1901. Per questo motivo, l’architetto entra in contatto con il nuovo materiale ed inizia ad utilizzarlo in maniera puntuale in alcune delle sue opere, come per esempio nei muri di contenimento nei padiglioni del Park Güell. Nella Sagrada Familia questo materiale è presente con certezza nella parte finale delle torri della Facciata della Natività (1915 e 1934), come dimostrato dai risultati dei test realizzati nella Torre di San Barnaba nel gennaio del 1997 dal dipartimento di mineralogia dell’Università di Barcellona.4 Questo dimostra che Gaudí si interessò e 4 M. Carbonell de Massy, Informe sobre los ensayos realizados en unas maestra de mortero de la fachada del Nacimiento de la
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utilizzò in vita i nuovi materiali.5 Questi quattro campanari delle torri della Facciata della Natività terminano con dei pinnacoli di 24,6 metri costruiti con un nucleo di cemento armato. In più, i pezzi esterni degli ultimi 17 metri della coronazione, che sono ricoperti di vetro di Murano, sono di cemento armato prefabbricato nei laboratori del Tempio. Questa forma di industrializzazione in situ si è mantenuta nel tempo anche se negli ultimi anni si ha esternato parte della stessa. Si è trovati di fronte alla necessità di utilizzare un materiale, per le parti finali delle torri campanarie e dei pinnacoli, che fosse resistente alle forze di trazione e del vento: il cemento armato era la risposta a quest’esigenza. Fu usato quindi per il pinnacolo della torre di San Barnaba nel 1926 (l’unico che Gaudí vide finito) e così si costruirono i restanti della Facciata della Natività e anche quelli della Passione (finita nel 1977). Con il tempo la maggior parte delle forme sono apparse adeguate per essere realizzate in cemento armato. Dopo la morte di Gaudí, Domenech Sugranyes continuò i lavori sino al 1936. Dopo la Guerra Civile altri tre collaboratori diretti di Gaudí (Isidre Puig Boada, Francesc Quintana e Luis Bonet Garì) hanno diretto i lavori. Nell’incendio del 1936 si salvarono solo i modellini che hanno permesso di Sagrada Familia, emesso dal laboratorio Lend Consulting, Barcellona, 1997. 5 J. Matamala, Antoni Gaudí, Mi itinerario con el arquitecto, ed. Claret, Barcellona, 1999
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continuare l’opera. Tra il 1939 e la fine degli anni ’50 si sono realizzati solo lavori di restauro. La difficile situazione economica, dopo la Guerra Civile Spagno e la II Guerra Mondiale ha limitato molto l’avanzare dei lavori. Dal 1995 si è iniziata la costruzione degli iperboloidi che formano le navate laterali, impiegando cemento proiettato (che consiste nello spruzzo, mediante una lancia ad aria compressa, di una miscela cementizia additivata con prodotti acceleranti di presa). Se si fosse fatto prefabbricato si sarebbe dovuto collocare un solaio di unione che avrebbe aumentato troppo lo spessore dell’elemento. Era necessario cementare in situ, però le pareti degli iperboloidi erano troppo verticali per poter collocare il cemento con metodi tradizionali, quindi si decise di “proiettare” le pareti esteriori degli iperboloidi e riempire l’interno con cemento gettato con benna e con l’armatura seguendo le direttrici degli iperboloidi. Nel 1998 si iniziarono gli iperboloidi della navata centrale, i quali si costruirono seguendo la tecnica tradizionale del mattone a vista conosciuta come “Volta Catalana”. Seguendo l’evoluzione costruttiva, dal 1998 gli sforzi si concentrano nella costruzione delle colonne e delle volte del transetto e dell’abside. Le forme e i materiali seguono una coerenza con le disposizioni legislative delle navate del corpo principale. Quando si considera la costruzione delle colonne del transetto, sulle quali si ubicheranno parte delle torri degli evangelisti, appare il Cemento ad
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Alta Resistenza (HAR) nell’opera. 6 Dopo i capitelli queste colonne si ramificano ed è da questo punto che i rivestimenti di pietra spariscono e le colonne si costruiscono con cemento a vista di tonalità bianca. Assieme al cambio di forma e materiale, le colonne diminuiscono la loro sezione in modo che la forza di compressione a cui sono sottoposte è maggiore che ai livelli inferiori. Per questa ragione si necessitava di strutture capaci di resistere ai carichi di compressione delle volte rispettando la forma ed il diametro che già aveva definito Gaudí.7 Finalmente si utilizzò cemento bianco ad Alta Resistenza in situ al posto del cemento architettonico prefabbricato impiegato nelle colonne della navata principale. La dosificazione di questo primo cemento ad Alta Resistenza avrà una certa influenza nel dosaggio del primo cemento ad Alta Resistenza in Spagna.8 La grande innovazione di questo cambio fu l’introduzione di microsilice (bianca in questo caso) nel dosaggio della Sagrada Familia. A partire dal 1999 con la costruzione delle colonne della parte centrale del transetto, e una volta approvato 6 J. Gomez Serrano, El hormigon de Alta Resistencia en el Templo de la Sagrada Familia de Barcelona, in Cemento-Hormigon, n.826, 2001, pp.717-729 7 I.Puig Boada, El Temple de la Sagrada Familia, Col·lecció Sant Jordi, Ed.Barcino, Barcelona, 1929 8 J. Bassegoda i Nonell, La construcción tradicional en la arquitectura de Gaudí in Informes de la Construcción, n.407, 1990, pp.6-9
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il HAR bianco introdotto nel ’98, si cambiò anche la composizione degli altri cementi utilizzati. In questo modo si pretendeva ottimizzare i materiali impiegati per raggiungere le prestazioni tecniche necessarie. I valori medi della resistenza a compressione del HAR superano la resistenza caratteristica di progetto in entrambi i tipi di cemento (grigio e bianco). Ora tutte le coperture sono terminate ed è importante dire che lo spirito di tutto il lavoro continua ad essere lo stesso. La modernizzazione degli ultimi anni non ha fatto perdere il carattere personale che sempre ha avuto la Sagrada Familia. La Giunta Costruttrice coordina l’opera che dirige il gruppo tecnico con lo stesso spirito di lavoro personalizzato che aveva Gaudí. La sfida più importante per il futuro è la costruzione delle torri sopra il centro del transetto e l’abside. Questi elementi coniugheranno la costruzione più tradizionale e i materiali più avanzati cercando la massima leggerezza e resistenza. La costruzione della Sagrada Familia è stata, inoltre, pioniera nell’utilizzo delle tecniche più avanzate di disegno assistito dal computer. Strumenti nella costruzione tradizionale: Per battere, lavorare e fare diverse finiture in pietra, si utilizzavano una grande varietà di strumenti9, alcuni dei 9 http://www.sagradafamilia.cat/sf-cast/docs_instit/pdf/ construc_01.pdf
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quali sono: • Martello: strumento pesante per rompere la pietra battendo su dei cunei. • Calibro: strumento solitamente di legno usato per stabilire linee parallele o concentriche tra facce rette o curve • Compasso: strumento utilizzato per disegnare cerchi. • Bujada (martello del muratore): strumento con manico di legno con la forma di un martello con punte alle estremità. Si utilizzava per fare i rivestimenti e per raffinare previamente le pareti a vista. • Vaso dello scultore: strumento di percussione con testa in ferro con la quale si colpisce lo scalpello. • Squadra: strumento utilizzato per mettere a 90° le facce di un pezzo, e anche per stabilire la sua ortogonalità. • Gradina: scalpello dentato che viene utilizzato per contrassegnare filetti (contornare il perimetro di una pietra per delimitare la superficie centrale
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dove bisogna effettuare la trama). Questo strumento può avere un numero di denti variabili a seconda delle finiture e delle trame che si vogliono ottenere. Puntatore: strumento per affinare o o ridurre le irregolarità della pietra, utilizzato anche per creare trame. Top: strumento che ha funzionare di corrugare. Scalpello da taglio: strumento usato per marcare raccordi e per piombare rivestimenti. Spessore: elemento che si utilizza assieme ai cunei per rompere la pietra. Cuneo: elemento in ferro che viene posizionato strategicamente in una scanalatura fatta per rompere con la ESCODA la pietra. Riga: elemento di misura utilizzato anche per stabilire e verificare se le facce delle pietre sono rette. Escoda: strumento con un manico di legno, simile al martello, che finisce a punta alle due estremità. Si utilizzava per affinare e per fare scanalature.
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Strumenti nell’elaborazione di elementi di pietra nella costruzione attuale:
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Durante le IV Giornate Gaudiniste celebrate a Barcellona nel 1997 si parla della relazione tra l’arte e la tecnica nell’opera di Gaudí, descrivendo la corrispondenza tra il progetto e le tecniche utilizzate attualmente nella costruzione per l’elaborazione di elementi in pietra10. La geometria gaudiniana permette di disegnare con il computer il progetto e informatizzare o meccanizzare l’esecuzione degli elementi in pietra. L’impresa olandese Van Voorden crea un programma informatico che, mediante il controllo numerico e una serra circolare di 60 cm di diametro, da forma alla colonna. Situata in un blocco di pietra orizzontale sopra un banco, ogni mezzo centimetro la sega di taglio passa due volte per la stessa sezione: ogni taglio corrisponde a uno dei due elicoidi ed il risultato dei dettagli la sua intersezione. Tutte le colonne hanno lo stesso sistema di generazione, 10 J.Faulì, Elaboracio d’elements de pedra en la costrucció acutal del projecte d’Antoni Gaudí per al Temple de la Sagrada Familia, text de la comincació presentada a les IV Jornades Gaudinistes celebrades a Barcelona el mes de nvembre de 1997
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però se la base che la genera è un poligono di lati retti, il risultato è di una colonna formata da superficie rigate, prodotte dall’intersezione dei giri dei lati rettilinei del poligono attorno all’asse della colonna in senso orario e antiorario. Questo permette che si taglino le superfici delle colonne in un modo facile e ingegnoso con la macchina da taglio di filo di carburo di silicio o con disco. Queste macchine realizzano piani verticali ma se si fa girare il carrello dove si supporta il blocco di pietra in una maniera lenta e continua, il filo o il disco riescono a dare la giusta forma alla colonna. Le tecniche di esecuzione in pietra di superfici curve rigate sono meccanizzate ma anche manuali: nel laboratorio Ortiz a Castellfollit de la Roca si tagliano le generatrici dei paraboloidi della cornice di basalto con dischi. Il primo taglio è realizzato dalla macchina ma dopo il tagliapietre taglierà la superficie rigata e l’affinerà. Per quanto riguarda i pinnacoli, si utilizza lo stesso procedimento per dividerlo attraverso le direttrici in parti uguali. Il montaggio dell’elemento nel laboratorio e nell’opera, a mille kilometri di distanza,si effettua con lo stesso sistema: situare nello spazio le direttrici con una corda, in cui si faranno coincidere le pietre.
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Continuazione dei lavori
Dopo la scomparsa di Gaudí l’opera è stata continuata sotto la direzione di Domènec Sugranyes ed il consiglio di Francesc Quintana, due degli aiutanti più vicini a Gaudí negli ultimi anni. Questi architetti seguono fedelmente i disegni e le note che gli aveva lasciato il maestro e finiscono totalmente la Facciata della Natività nel 1935. Nel luglio del 1936, con lo scoppio della guerra civile, dei rivoluzionari bruciarono la cripta, le Scuole e officina di Gaudí. Conseguentemente a questo sono andati distrutti la maggior parte dei disegni e si sono rotte i modellini di gesso del Tempio. Si era deciso di proseguire con le sacrestie come uno studio per il corpo centrale, formando una struttura indipendente molto simile alla cupole del transetto e dell’abside, ma la guerra li costringe ad abbandonare i lavori. Sugranyes muore nel 1938 con grande tristezza per la perdita del lavoro di Gaudí. Infatti , non tornò ad entrare nel tempio dopo l’incendio. Dal 1939 Francesc Quintana inizia la ricostruzione della cripta e Lluis Bonet Gari con Isidre Puig Boada si occupano della ricostruzione dei modelli in gesso distrutti dal fuoco. E ‘necessario sottolineare l’importanza di questi collaboratori, in primo luogo per la continuazione dei lavori e poi per il ripristino di ciò che è stato distrutto
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nella Guerra Civile. Senza gli sforzi compiuti negli ultimi anni per ricostruire i modelli originali e mettere per iscritto le indicazioni di Gaudí sarebbe stato impossibile la continuazione attuale dei lavori. Nel 1944 la Giunta Costruttrice del Tempio è stata riorganizzata e si riprendono i lavori. Quintana, con l’ingegnere Artigas, è responsabile del calcolo e dell’organizzazione dei lavori; Puig Boada e Garì si occupano del disegno dirigendo il team di modellisti. Sebbene il ritmo di lavoro è molto lento, nel 1948 si inizia la costruzione
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della finestra assieme alla Facciata della Natività per la parte riguardante le navate e nel 1954 si decide di iniziare la costruzione della Facciata della Passione, situata alla fine del transetto sud-ovest seguendo i disegni di Gaudí. Nonostante momenti di grande opposizione sociale e difficoltà economiche, le torri sono coronate il 9 novembre 1976. Isidre Puig Boada sostituisce Francesc Quintana che passa a combinare il suo lavoro nello studio dei modellisti con l’organizzazione dei lavori. Poco dopo, nel 1971, il posto di capo architetto passa a Lluís Bonet Garì, anche se Puig Boada non abbandonò i lavori della Sagrada Familia fino quasi alla sua morte.
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Nel 1978, dopo aver terminato la facciata della Passione, si inizia la costruzione di finestre e pareti. Prima, quelle che sono attaccate alla Facciata di Natività e più tardi quelle che chiudono le navate. Anche se nei primi anni ‘80 le donazioni erano scarse, si continua a lavorare nelle facciate laterali del Tempio fino a che, nel 1983, si inizia a pensare alla composizione dell’interno. Nel 1983 i lavori passano in mano, per soli due anni, a Francesc de P. Cardoner i Blanch e successivamente, nel
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1985, Jordi Bonet i Armengol è nominato capo architetto e diventano parte del team tecnico della Sacra Famiglia gli architetti Carles Buxadé, Josep Gomez e Joan Margarit. Questo significava la fine della generazione di architetti contemporanei a Gaudi e un reale cambiamento verso l’ammodernamento dei lavori. Essi introdussero disegno assistito dal computer e realizzarono il progetto pilota delle navate dopo aver studiato i carichi che eserciteranno le cupole e le coperture. Curiosamente questi coincidono abbastanza con quelli che una volta predisse Gaudí. Nel 1990 si iniziarono i lavori sulle colonne interne. Nel 1991 la Giunta Costruttrice firma un accordo con l’Università Politecnica di Catalogna in cui un team di architetti guidato da Josep Serrano Gomez si incaricano di digitalizzare i modelli in gesso. Utilizzano potenti programmi di grafica capaci di dare volume alla geometria matematica che si trova dietro le forme della Sagrada Familia. Questo è estremamente importante perché permette alta precisione nei lavori di taglio e di messa in opera. Da questi anni, l’interesse per la Sagrada Famiglia, e quindi aumenta i suoi finanziamenti. La grande affluenza del pubblico fa aumentare molto gli ingressi e questo
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si traduce in un ritmo vertiginoso di lavoro. Il volume costruito a partire dal 1992 è paragonabile a tutto ciò che è stato fatto in precedenza. Nel 1995 si costruiscono le prime colonne ramificate e si cominciano a chiudere le volte delle navate laterali. Tra l’anno 1998 e il 2000 sono chiuse anche le volte della navata centrale. Il 7 novembre del 2010 è stata consacrata la Basilica da parte del Papa Benedetto XVI, con la terminazione della navata centrale, del pavimento, delle vetrate, dell’altare maggiore e del baldacchino. La chiesa può oggi accogliere ottomila persone, su una superficie interna di 4.500 metri quadri, e più di 1.100 cantanti del coro. I lavori continuano e continueranno instancabilmente sino a realizzazione completa1. Questo stesso anno, nel 2012, si è arrivati alla quinta generazione di architetti con la nomina di Jordi Faulí i Oller come Architetto Coordinatore e Direttore dei lavori, per incarico del Patronato della Giunta Costruttrice della Sagrada Familia., sostituendo così Jordi Bonet. In un’intervista effettuata dopo la nomina gli viene chiesto, 1 R. Grima Lopez, A. Aguado de Cea, El hormigón en el Templo de la Sagrada Familia, Servei de Comunicació Institucional de la UPC, 2006
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appunto, quanto sia importante la continuità, ovvero riuscire a lavorare in continuità con il passato. Egli risponde che è molto importante, e che il suo segno è stato sempre presente nella storia della Sagrada Familia. Dice: “La stessa continuità che si ha nella costruzione di una qualsiasi cattedrale, dove ammiriamo l’edificio terminato, ma del quale non ci ricordiamo quali siano stati gli architetti, perché questo non è necessario. Qui, nella Sagrada Familia, c’è l’architetto ed è Antoni Gaudí. Dopo la sua morte, c’è sempre stata una continuità con lui su diversi piani: anzitutto la continuità nello studio, nelle indagini e nella fedeltà al progetto di Gaudí. In secondo luogo, la continuità nelle generazioni, nelle persone. Nella Sagrada Familia, hanno sempre lavorato architetti del secolo di Gaudí, architetti ormai di quinta generazione, e la conoscenza è stata trasmessa da una generazione a quella successiva”. 2 Ricordiamo, a tal proposito, le parole dello stesso Gaudí: 2 F. Speranza, Radio Vaticana, Radiogiornale del 15 ottobre 2012 in http://it.radiovaticana.va/news/2012/10/15/ jordi_faul%C3%AD_nuovo_architetto_della_sagrada_familia:__ sar%C3%A0_ultimata_ent/it1-629992
“Questa è un’opera di generazioni, non è un’opera mia, è un’opera alla quale quelli che verranno dopo di me provvederanno.”
1882 - 1883 Francesc de Paula Villar (1829-1901) 1883 - 1926 Antoni Gaudí i Cornet (1852-1926) 1926 - 1936 Domènec Sugranyes i Gras (1879-1938) 1939 - 1966 Francesc Quintana Vidal (1892-1966) 1966 - 1974 Isidre Puig Boada (1891-1987) 1971 - 1983 Lluís Bonet Garí (18931993) 1983 - 1985 Francesc de P. Cardoner i Blanch (1929-1997) 1985 - 2012 Jordi Bonet i Armengol (1925 - ) 2012 - Jordi Faulí i Oller (1959 - )
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(Tratto da: “L'informatica On-demand al servizio del compimento de La Sagrada Familia”) 1
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Da Gaudí al Cad: il modello parametrico
L’università della Catalogna e quella di Melbourne collaborano oggi con un’equipe di 24 architetti per tentare di portare a termine il progetto della Sagrada Familia attraverso l’uso di software di modellazione 3D e programmi di realtà virtuale in grado di comunicare con robot che tagliano la pietra. Seppur nate 100 anni fa le idee di Gaudí sono molto complesse da mettere in pratica perfino con le tecnologie a disposizione al giorno d’oggi. Gli attuali responsabili del progetto si avvalgono di poderosi strumenti di disegno computerizzato, l’introduzione infatti di “parametri” nella rappresentazione permette di avere il controllo sulle diverse opzioni del sistema di proporzioni, sul piano strutturale e formale. La nuova tecnologia messa a disposizione dalle soluzioni IBM e Dessault Systemes rappresentano un nodo importante sul fronte dell’ottimizzazione dei processi industriali atti al completamento del Tempio di Gaudí. 1
http://www.infordata.net
Prima dell’avvento di questa tecnologia gli architetti e le maestranze incaricati di portare a termine l’opera dovevano lavorare esclusivamente a mano, ma già nel 1989 Jordi Bonet iniziò a introdurre l’utilizzo dei computer. Oggi il programma all’avanguardia per la prosecuzione dei lavori e della progettazione è un programma di Cad/Cam e modellazione 3D: CATIA V5, sviluppato da IBM Solutions PLM (Product Lifecycle Management), con Dassault Systèmes. I macchinari associati ai software profilano la pietra secondo i disegni originari dell’architetto. Con il software CATIA V5 che si basa su modelli matematici, è possibile ottenere una rappresentazione 3D dei progetti e automaticamente comprendere i progetti geometrici su cui si basano i lavori di Gaudí. Lo stesso architetto lavorava prevalentemente in tre dimensioni attraverso l’utilizzo di modellini e plastici e con la tecnologia oggi a disposizione si ottiene una continuità col suo modus operandi, utilizzando il 2D unicamente per ottenere, ad esempio, particolari stilistici e sezioni. Molteplici sono i materiali, si va dalla pietra al cemento armato, materiale di cui l’Architetto stesso introdusse
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l’utilizzo. "Seguiamo le indicazioni che ci ha lasciato Gaudí - spiega l'architetto capo - ma non è facile. Perché oggi c'è l'obbligo di rispettare norme e leggi sulla sicurezza, che non c'erano in passato. Norme poco adatte alle costruzioni artistiche". "Gaudí ha trovato delle leggi geometriche, tramite le quali i posteri possono applicare la sua arte. Costruire la Sagrada Familia è possibile solo interpretando la sintesi delle forme e della struttura secondo la sua geometria". La digitalizzazione in 3D permette di proseguire in maniera esatta il lavoro di Gaudí, anche se per un unico capitello occorre lavorare su 26 pezzi diversi che vengono successivamente montati secondo leggi geometriche. Ad esempio, le colonne sono curve, ma derivano, come tutte le linee innovative di Gaudí, dalla modulazione di figure geometrica. Ancora, le 18 colonne che sovrastano la facciata d’ingresso sono diverse e di questa parte del Tempio rimane solo un disegno di Gaudí che non è stato facile interpretare fedelmente. "È stato possibile con il lavoro al computer capire la geometria che regolava il colonnato. L'abbiamo realizzato
prima virtualmente, poi in resina per vederlo sovrapposto alla facciata reale, fino a tagliare le colonne nella pietra con un robot, seguendo esattamente il modello 3D". Oggi è possibile realizzare una colonna in 16 giorni grazie al programma Catia, questo aumenta del 30% circa la produttività e la cosa si riflette anche sui costi che risultando ridotti del 10-15% per quanto riguarda l’uso dei materiali e di oltre la metà per quanto concerne il progetto e la documentazione. In merito alla domanda su quando verranno ultimati i lavori sulla Cattedrale Bonet risponde: "Quando rivolgevano a Gaudí questa domanda lui rispondeva: il mio cliente non ha fretta". La Sagrada Familia Foundation ha commissionato a Gedas Iberia S.A. lo sviluppo di nuove possibilità di utilizzo del CAD applicato al processo costruttivo. Grazie al CATIA V5 è possibile far interagire con i computer gli utensili impiegati in cava per lavorare il granito. Il software, tramite una macchina stereolitografica, consente di convertire i disegni in 3D direttamente in modelli in pietra, eliminando le fasi intermedie e aumentando di conseguenza l’efficienza. Successivamente si trasmettono i dati 3D alle macchine a
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controllo numerico che eseguono automaticamente le fasi di taglio e scolpitura degli elementi lapidei tramite seghe circolari diamantate e altri utensili. Questa applicazione specifica del software che viene applicata al progetto Gedas diventa oggi punto di riferimento delle tecniche e degli strumenti che usualmente vengono introdotti in iniziative architettonico-costruttive. "Esistono ancora numerose questioni da risolvere, e non abbiamo ancora trovato una risposta a tutte le indicazioni di Gaudí, come ad esempio la croce che dovrà essere installata in cima alla
esempio del genio di Gaudí". L’innovazione può essere garantita solo qualora si disponga di una organizzazione che segua l’intero ciclo di vita di un prodotto, dall’ideazione al ritiro e al riciclaggio, passando attraverso la progettazione e l’iperingegnerizzazione. Tutte le componenti del progetto sono gestite in maniera organica e distribuite nei formati adeguati e più consoni a ogni membro del gruppo di lavoro, dal progettista al manager, dal fornitore al venditore. Per la comunicazione, la soluzione PLM, si appoggia al protocollo internet aiutando così le aziende a far divenire il proprio
cattedrale -ha ricordato Jordi Bonet i Armengol- serviranno probabilmente altri vent'anni prima di raggiungere questa fase ma, per allora, sono convinto che tecnologie ancora più avanzate fornite da IBM, Dassault Systèmes e Gedas ci aiuteranno a lavorare con maggior rapidità". Denis Senpéré, Vice Presidente di PLM Europe di Dassault Systèmes ha commentato: "L'architettura è una fusione
processo costruttivo un flusso agile, capace di reagire in tempi strettissimi alle richieste del cliente. I pacchetti software CATIA stanno al centro del PLM, che comprende dunque un applicatico Cad/Cam/Cae per modellazione 3D e industriale; un pacchetto di soluzioni usate per la gestione del ciclo di vita del prodotto detto “Enovia”, il quale consente di ottenere un ambiente di lavoro
di scienza ed emozione. L'utilizzo di CATIA V5 all'interno di questo immenso progetto dimostra la flessibilità e l'estensibilità delle capacità di progettazione architettonica delle soluzioni PLM di Dassault Systèmes. Siamo lieti che le nostre soluzioni siano utilizzate per completare questo
in cui tutte le figure professionali possano lavorare insieme su un unico schema del manufatto; Smarteam invece è un insieme di strumenti atti a gestire la condivisione dei dati progettuali, ottimizzando così lo scambio e l’utilizzo dei dati di un prodotto in tutta la catena della fornitura.
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Fotografie Cap.4:
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50) Don Josep Marìa Boccabella quadro di A. Clapes Da J. J. Lahuerta, Antoni Gaudí, Electa, 1999
57) Giovane donna per lo studio di un’immagine della Madre di Dio. Laboratorio di Gaudí Da Universe Gaudí, CCCB i Institut d’Edicions de la Diputaciò de Barcelona, 2002
51) Ippodromo previsto da Cerdà Da A. Moreno Navarro, Resumen historico de la evolucion del entorno urbano de la Sagrada Familia, Barcelona, 1970
58) Modello naturale per la conversione in statua. Studio attraverso gli specchi Da Universe Gaudí, CCCB i Institut d’Edicions de la Diputaciò de Barcelona, 2002
52) La catedral de los pobres, 1898 autore Joaquim Mir
59) Modello in gesso dell’interno delle navate della Sagrada Familia Da Cupula n. 39 , 1952
53) Diversi cartelli che reclamano fondi per la continuazione dell’opera Da CAU n. 40 , Novembre/Dicembre 1976 54) Lorenc Matamala i Pinyol, l’amico di Gaudí, posando per il San Barnaba Da AV Monografias n. 95 , 2002 55) San Barnaba Da AV Monografias n. 95 , 2002 56) Gli utensili dei falegnami, dettaglio della Porta della Speranza (Facciata della Natività) Da www.sagradafamilia.cat
60) Stato dello studio di Gaudí prima della sua morte Da AV Monografias n. 95 , 2002 61) Ricostruzione moderna dello studio di Gaudí Da www.sagradafamilia.cat 62) Laboratorio di Gaudí con vari plastici e modellini Da Catalogo della mostra “Gaudí e La Sagrada Familia, Parabola e Iperbole dell’architettura”, 2010 63) Letto di Gaudí nel laboratorio della Sagrada Familia Da AV Monografias n. 95 , 2002
64) Particolare della Facciata della Natività Da www.sagradafamilia.cat 65) Particolare geometrico di un pinnacolo Da Catalogo della mostra “Gaudí e La Sagrada Familia, Parabola e Iperbole dell’architettura”, 2010 66) Particolare di una vetrata Da www.sagradafamilia.cat 67) Particolare di luci colorate proiettate su una colonna Da www.sagradafamilia.cat
72) Conclusione delle torri campanarie Facciata della Passione , 1975 Da A. Moreno Navarro, Resumen historico de la evolucion del entorno urbano de la Sagrada Familia, Barcelona, 1970 73) Costruzione moderna dei paraboloidi Da www.sagradafamilia.cat 74) Volte della navata centrale in costruzione, 2009 Foto di Veronica Murracino
68) Particolare scultoreo della Facciata della Natività Da www.sagradafamilia.cat
75) Particolare di una colonna costruita in cemento armato, 2009 Foto di Veronica Murracino
69a) – 69b) Dettagli dei carrelli per il trasporto dei materiali Da www.sagradafamilia.cat
76) Vista aerea della Sagrada Familia con la chiusura delle navate, 2010 Da www.sagradafamilia.cat
70a) – 70b) Rotaie per il trasporto dei materiali Da www.sagradafamilia.cat
77) Strumenti tradizionali Da www.sagradafamilia.cat
71) Conclusione delle torri campanarie Facciata della Natività ,1928 Da AV Monografias n. 95 , 2002
78) Granito in corso di produzione destinato alle colonne Da J. Bassegoda, M. Burry, Gaudí, the making of Sagrada Familia, in AJ n. 13 , 1992
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79) Primo piano della sega circolare Da J. Bassegoda, M. Burry, Gaudí, the making of Sagrada Familia, in AJ n. 13 , 1992 80) Primo piano della superficie finita Da J. Bassegoda, M. Burry, Gaudí, the making of Sagrada Familia, in AJ n. 13 , 1992 81) Colonna in corso di costruzione Da J. Bassegoda, M. Burry, Gaudí, the making of Sagrada Familia, in AJ n. 13 , 1992 82) El Nou, 26 Settembre 2011
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83) Distruzione dello studio di Gaudí durante l’incendio durante la guerra civila, 1936 Da A. Moreno Navarro, Resumen historico de la evolucion del entorno urbano de la Sagrada Familia, Barcelona, 1970 84) Terminazione Facciata della Passione con la gru a 100 m di altezza Da www.sagradafamilia.cat 85) Disegni di particolari costruttivi su CAD Da J. Bassegoda, M. Burry, Gaudí, the making of Sagrada Familia, in AJ n. 13 , 1992
86) Lavorazione computerizzata su Katia 5 di un capitello Da L'informatica On-demand al servizio del compimento de La Sagrada Familia 87) Rappresentazione su supporto CAD delle volte Da Catalogo della mostra “Gaudí e La Sagrada Familia, Parabola e Iperbole dell’architettura”, 2010 88) Lavoro di progetto e ricerca del prof. Arch. M. Burry e dell’Arch. Jordi Coll Grifoll Da Catalogo della mostra “Gaudí e La Sagrada Familia, Parabola e Iperbole dell’architettura”, 2010
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Critiche: il manifesto
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Manifesto internazionale contro la prosecuzione della Sacra Famiglia:1 “Signore direttore de La Vanguardia, la preghiamo di concedere spazio nelle pagine del quotidiano da lei degnamente diretto alla seguente lettera, per la qual cosa le esprimiamo anticipatamente la nostra gratitudine. Il tempo della Sacra Famiglia fu iniziato il 19 marzo del 1882, e da allora resta incompiuto, con lavori che procedono a ritmo lentissimo, praticamente mai interrotti. Periodicamente qualcuno ci ricorda il dovere che abbiamo 1 Il manifesto, apparso su La Vanguardia del 9 gennaio 1965, è firmato da 102 artisti e uomini di cultura, oltre che dagli studenti della Scuola Superiore Tecnica di Architettura di Barcellona. Tra i firmatari (secondo l’ordine in calce alla lettera): Antoni de Maragas, decano del Collegio degli architetti; Alfons Serrahima, presidente del F.A.D.; Roberto Terrador, direttore della Scuola Tecnica Superiore di Architettura di Barcellona; Nikolaus Pevsner, Giò Ponti, Bruno Zevi, Ernesto N. Rogers, Vittorio Gregotti, Carlos de Miguel (direttore della rivista Arquitectura), Aris Viladevell (direttore della rivista Cuadernos de arquitectura), Le Corbusier, Ludovico Quaroni, Paolo Portoghesi, Ludovico Belgioioso, David McKay, Joaquim Gili, Ricardo Bofill; Joan Mirò, Antoni Tàpies, Josep Subirachs (attualmente incaricato delle sculture alla facciata della Passione della Sacra Famiglia), Joan Prats; Roberto Pane, Gillo Dorfles, Giulio Carlo Argan, Sibyl Moholy-Nagy, Alexandre Cirici Pellicer, Camilo Cela; quattro vescovi e dieci sacerdoti spagnoli.
di collaborare alla sua conclusione e un settore importante dell’opinione pubblica considera l’edificazione della Sacra Famiglia come una impresa nella quale siamo tutti coinvolti e il cui abbandono sarebbe una vergogna collettiva. E’ stato addirittura dedicato un giorno speciale per ricordarcelo e raccogliere fondi per la continuazione dei lavori ( ci si riferisce alla colletta annuale del 4 aprile organizzata dalla Giunta Costruttrice per raccogliere fondi per la costruzione del Tempio ndr). Questo giorno è vicino e poiché molte persone parteciperanno alla colletta convinti di collaborare aun0opera religiosa, cittadina e artistica, e siccome noi siamo convinti del fatto che non solo questa impresa non è valida, ma anche contro producente, crediamo sia doveroso esprimere il nostro punto di vista. 1) La Cattedrale aveva come uno dei suoi fini specifici quello di riunire tutti gli abitanti della città in occasione delle grandi celebrazioni religiose; nelle città in occasione delle grandi celebrazioni religiose; nelle città di oggi un enorme tempio monumentale non ha significato. Non si tratta più di costruire un grande tempio per tutta la città che
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possa accogliere quasi due milioni di abitanti, ma di costruire un certo numero di chiese parrocchiali. La moderna urbanistica tende in tutti i campi a questo decentramento nei quartieri e la Chiesa che, per ragioni pastorali, cerca di appoggiarsi proprio alle entità urbane reali, tende a valorizzare le parrocchie come nucleo di evangelizzazione. Nemmeno per le grandi concentrazioni religiose, come lo fu il Congresso Eucaristico, avrebbe senso un tempio come quello della Sacra Famiglia; sarebbe necessario uno spazio aperto o una vastissima area coperta di caratteristiche molto distinte da quelle del tempio ideato da Gaudí. Crediamo quindi che la continuazione di un tempio secondo questa linea sia un errore sociale e urbanistico. 2) Si può considerare la “Sacra Famiglia” dal punto di vista della sua funzione di monumento espiatorio. In questo caso il tempio diventerebbe centro e simbolo del sentimento espiatorio di tutto un popolo. Però non crediamo che esista questo sentimento popolare, né che qualcuno si senta
davvero vincolato a questa impresa collettiva di espiazione. La generazione di oggi non comprende perché una necessità di espiazione debba concentrarsi proprio in un tempio che costerebbe miliardi. 3) Anche se non vi fossero giustificazioni sociali, urbanistiche o pastorali per terminare il tempio, potrebbe sussistere un’altra ragione. La S.F. è opera di Gaudí e ha un valore artistico. Dimentichiamo per un momento che il valore artistico di un edificio non può svincolarsi dalla sua funzione sociale. È un opera di Gaudí, è un’opera d’arte e c’è chi vuole vederla terminata. Allora, è davvero possibile terminare un edificio? A nessuno verrebbe in mente di portare a termine un quadro o una scultura incompiute, ma un edificio si può terminare senza l’architetto che lo concepì? Forse sarebbe possibile se esistessero progetti dettagliatissimi, se l’edificio fosse risolto sulla carta in tutti i suoi aspetti. Ma Gaudí aveva dell’architettura un concetto così vivo che creava
la sua opera giorno per giorno secondo impulsi disordinati, con progetti che servivano appena per l’esecuzione delle piante. In Gaudí esiste un aspetto pittorico e scultorico che è essenziale e questo, solo lui poteva realizzarlo. Senza il suo intervento l’opera risulta falsa e impoverita. Inoltre non abbiamo né progetti, né disegni autentici di Gaudí. Questa ragione è decisiva e tutte quelle esposte prima appaiono non determinanti. Non si può continuare la S.F. di Gaudí perché non esistono progetti; tutto ciò che si realizza pura improvvisazione. Nessuno che davvero rispetta l’opera gaudiniana può collaborare a questa mistificazione. Queste sono le nostre ragioni. Urbanisticamente e socialmente il grande tempio è inutile; per l’azione pastorale nella città necessitano parrocchie e non grandi templi; un grande tempio espiatorio di tutto un popolo è un concetto inattuale; oggi il fervore di un popolo si esprime in altre forme, e se così non fosse, il tempio sarebbe già terminato; portare a termine un edificio senza l’architetto che lo ideò è molto difficile; ma se lo si vuole concludere secondo
il suo stesso progetto e di tale progetto non resta nulla, è solo un tentativo campato per aria. Che cosa bisogna fare quindi con ciò che è già stato costruito? Questa domanda si presta ad un lungo dibattito. Le soluzioni sono molte e molto differenti tra di loro. Bisognerà esaminarle e scegliere la migliore. L’unica cosa certa che quello che si sta facendo ora è un errore, ed assolutamente necessario abbandonare quanto prima tale errore. Ci sarà tempo di studiare soluzioni, da quella di convertire l’attuale spiazzo in un tempio all’aria aperta, lasciando la facciata e l’abside come retaggio monumentale, fino a continuare la costruzione adattando i principi gaudinisti alle tecniche e necessità moderne. La salutiamo con attenzione.”2
2 P.Clini, Il dibattito sulla continuazione della Sagrada Familia, in Parametro, rivista internazionale di architettura e urbanistica, n.197 / luglio – agosto 1993
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La Giunta Costruttrice risponde ufficialmente3 al Manifesto in questione con la seguente dichiarazione:
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“Questa Giunta si sente onorata dalla grande responsabilità che pesa sulle sue spalle. Basa la sicurezza dei suoi interventi: 1) Nella reale esistenza di progetti, disegni e modelli originali di Gaudí. 2) Nel fatto che i suoi architetti si sono sempre attenuti strettamente ad essi, conseguenza della compenetrazione spirituale e formativa nata nei molti anni che con Gaudí vissero e lavorarono. Nella adozione di nuove tecniche architettoniche sempre che vengano ritenute compatibili alla fedeltà del progetto. 3) Nella certezza che essi pongono al servizio di questa opera tutta l’umiltà necessaria per proseguire i lavori, fino alla costruzione della grande facciata della Gloria e ai grandi tiburii centrali, che un giorno dovranno essere risolti all’interno del messaggio 3 Junta Constructora de la Sagrada Familia, “La Junta del Templo de la Sagrada Familia fondamenta la seguridad de su actuacion”, El Noticero Universal, 15 febbraio 1965, pag.4.
spirituale di Gaudí. 4) Nel fatto che nessun esclusivismo chiude la porta alle nuove generazioni di architetti che volessero intervenire nell’opera: solo una condizione si considera come indispensabile: il massimo rispetto a quello già realizzato e a ciò ancora da eseguire secondo la concezione gaudiniana. Per realizzare tutto questo la Giunta si sente incoraggiata dalla assistenza morale e economica viva, ampia e generosa che riceve da ogni parte. Ci sostengono nella nostra convinzione le parole della gerarchia ecclesiastica, come quelle dei vescovi di tutta la Catalogna nella Pastorale collettiva del 1920 o quella del nostro signor Arcivescovo nel 1953; e le parole di Papa Pio XII di santa memoria che il 9 maggio 1957 ci disse: “Andate avanti senza interrompere i vostri sforzi perché molto presto nel cielo chiaro di Barcellona diventino elemento caratteristico della città le dodici torri del vostro Tempio”. E Paolo VI nel so affettuoso telegramma ricevuto in occasione della recente illuminazione della facciata della Natività per iniziativa di
Radio Nazionale e per la munificenza della nostra Amministrazione ha scritto: “Formulo voti ferventi perché questo insigne monumento che dà splendore e risalta la pace cristiana in questa nobile città, sia sempre centro di pietà e devozione, motivo di ispirazione religiosa ed elevazione soprannaturale, vigile sulla pacifica convivenza del laborioso e cattolico popolo spagnolo. Sua Santità con questi desideri del cuore invoca la divina ricompensa sopra i generosi benefattori”. L’argomentazione difensiva si incentra però solo sul terzo punto del manifesto, ovvero sulla presunta carenza di disegni e materiale utile per il proseguimento dei lavori. Nel 1936, a causa di un incendio durante la guerra civile spagnola, sono andati persi molti dei modellini e disegni di Gaudí, ma grazie alle fotografie effettuate in precedenza si è riusciti a ricomporre molti di questi documenti, in particolar modo, il modello in gesso in scala 1:10 del tempio. Se da una parte i promotori del manifesto si muovono sul carattere sociale, urbanistico ed architettonico, la risposta della Giunta Costruttrice si basa su ragioni soggettive e di
fede, quasi di “missione divina”. Inoltre affermano che “se Gaudí si fosse spaventato nel considerare dubbi e timori sulla possibile conclusione del Tempio o se avesse voluto fare un conto dei fondi necessari, la nostra Sacra Famiglia, non esisterebbe e al suo posto ci sarebbe un grande vuoto spirituale e materiale, collettivo e personale.”4
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4 P. Clini, Sagrada Familia - disegni, modelli, progetti: i luoghi di una polemica infinita, in Paramentro, rivista internazionale di architettura e urbanistica, n.197 / luglio – agosto 1993.
Le Polemiche sulla continuazione dell’opera della Sagrada Familia, iniziano ancor prima della scomparsa del suo geniale architetto. Paolo Clini, docente dell’Università Politecnica delle Marche, scrive sulla rivista Parametro1 che già nel 1915, Cesar Martinell, aiutante di Gaudí ed in seguito suo biografo, scrisse un articolo dal titolo rilevante “Ma quando si terminerà?”2 Martinell aveva dei dubbi sulla possibile terminazione dell’opera, in termini di tempo umanamente accettabili. Gaudí dedicò in questi ultimi anni tutta la sua vita, il suo tempo, i suoi sforzi alla costruzione del Tempio quindi questi dubbi venivano messi a tacere dal suo intenso lavoro. Dopo la sua morte la polemica sulla continuazione si riapre ed il 18 agosto 1926 appare la prima pubblicazione sull’argomento su LA Veu de Catalunya3, grande dibattito tra i personaggi più significativi ed influenti della società
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Polemiche Antiche e Moderne:
1 P. Clini, Sagrada Familia, disegni, modelli, progetti: i luoghi di una polemica infinita, in Parametro, rivista internazionale di architettura e urbanistica, n.197 / luglio – agosto 1993 2 C. Martinell, “I, quan s’acabarà?”, in La Cronica de Valls, 6 febraio 1915 3 J. F. Matamala, “La continua ciò de les obres de la Sagrada Familia”, in La Veu de Catalunya, Barcelona, 18 agosto 1926, pag.5
catalana dell’epoca. Vengono sollevati dubbi su argomenti di dibattito ancora attuali: 1) il valore della Sagrada Familia; 2) come accelerare la costruzione; 3) l’opinione sulla sua continuazione. Nello stesso anno sono apparsi molti altri articoli simili sulle pagine di quotidiani catalani e spagnoli. Riporta George Collins4: “scomparso Gaudí sorse il problema di come finire la chiesa. Si posero tre possibilità: 1) lasciarla così com’è; 2) terminarla esattamente come voleva terminarla l’architetto; 3) ricostruirla dalle fondamenta” La soluzione scelta è grossomodo la seconda, anche se dopo la morte di Gaudí sarebbe stato impossibile applicare alla lettera questo presupposto. Nel 1957 vengono esposte le ragioni difensive da parte della giunta Costruttrice nel corso di una conferenza tenutasi il 23 marzo nella sedere della Catedra Gaudí di Barcellona.5 Lo stesso Cesar Martinell ne riporta un sintetico resoconto 4 G. R. Collins, Antonio Gaudí, Milano, Il Saggiatore, 1960, pag.41 5 “La Sagrada Familia y su continuacion. Conveniencia de un centro de Estudios Gaudinistas” tenuta presso la Cattedra Gaudí il 23 marzo 1957, publicata nel n.8 di Ensayo, bollettino della Scuola di Arti e Mestieri Artistici di Barcellona
in “Gaudí, su vida, su teoria, su obra”6: “Si valutarono i seguenti criteri di continuazione: 1) assoluta fedeltà ai modelli di Gaudí; 2) adattamento dei principi gaudiniani alle tecniche e alle necessità moderne, con libera iniziativa di architetti attuali e futuri; 3) abbandono totale dei progetti di Gaudí e continuazione di un piccolo tempio parrocchiale o lasciare il costruito così com’è, a esempio di architettura gaudiniana. Il secondo criterio fu quello che raccolse il maggior numero di consensi”. Ed è quello che oggi, ufficialmente, segue la Giunta Costruttrice. Sempre Martinell, due anni dopo7, riprende l’argomento identificando tre ordini di soluzioni per la continuazione del Tempio: 1) seguire i piani come Gaudí li aveva concepiti; 2) prescindere da quelli ed andare avanti con sistemi a garage o hangar; 3) applicare ai principi di Gaudí le possibilità tecniche ed economiche del momento attuale. Affermando che la terza fosse la soluzione migliore: riconferma della posizione assunta dalla Giunta due anni prima. Passando per il 1965, anno in cui viene redatto il discusso 6 C. Martinell, Gaudí, su vida, su teoria, su obra, Colegio de Arquirtectos de Catalunya y Baleares, Comision de Cultura, 1967, Barcelona 7 C. Martinell, cit. in Anonimo “Y Ud. ¿que opina?”, El Noticero Universal, 11 marzo 1960, p.11
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“Manifesto dei 100”8, si arriva al 1971, anno di un’altro importante manifesto presentato contro il modo in cui si proseguivano i lavori.9 A firmarlo 123 giovani architetti catalani “l cui comune denominatore è l’ammirazione per l’opera di Gaudí”. Le ragioni espressi si articolavano nei seguenti punti: • Non si sta facendo architettura, ma archeologia gaudinista. • Non si può distruggere un monumento nazionale storico-artistico. • L’attualità del tempio come opera pastorale è assolutamente superata come, viene ricordato, già sottolineato nel manifesto del 1965. Nei confronti della Giunta furono manifestate una serie di critiche: • Si utilizza tutto il denaro che viene raccolto per costruire parti nuove trascurando di conservare l’autentica opera gaudiniana. • Le Scuole della Sagrada Familia, opera di Gaudí, si
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8 Cfr. cap.5 9 J. M. Soria, Despues de la de 1965, nueva polemica entorno al Templo de la Sagrada Familia, Tele Express, Barcelona, 15 aprile 1971, p.9
trovano in grave stato di abbandono. • Si è distrutto un locale annesso alle scuole per costruire degli uffici. • Non ci si è preoccupati di ricostruire il laboratorio di Gaudí. Anche questa lettera, come tutti gli altri appelli, non incide sulla continuazione dei lavori. Bisogna attendere però il 1990 per nuovi elementi rispetto a quelli già apparsi in questi anni. Il 10 luglio è stata organizzata una manifestazione dalla rivista spagnola Arties “in difesa della Sagrada Familia”10 di fronte alla facciata della Passione, realizzata dallo Josep Maria Subirachs, come atto di protesta contro la continuazione dei lavori al Tempio. La facciata della Passione diventa la materializzazione delle motivazioni per gli oppositori alla continuazione. Subirachs, Jordi Bonet Armengol e Juan Bassegoda Nonell rispondono attraverso diverse interviste a difesa della prosecuzione dei lavori. Si possono così dividere in quattro tappe, corrispondenti a quattro date precise, le polemiche più rilevanti raccolte 10 F.Miralles, “Este desaguisado no hay quien lo pare”, La Vanguardia, Barcelona, 10 luglio 1990, p.16
sino ad oggi. La prima è quella del 1926, anno in cui per la prima volta si posero i termini del problema. Poi quella del 1965 e del 1975, gli anni di due importanti “manifesti” ufficiali contro la prosecuzione dei lavori del Tempio. Infine, il 1990, l’anno dell’ultimo grande attacco di alcuni intellettuali catalani contro la continuazione dei lavori nel Tempio della Sagrada Familia.
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Il problema della collocazione dell’opera di Antoni Gaudí nella storia dell’architettura del XX secolo è fonte di un dibattito che dura da diversi decenni. Rimasto a lungo legato al giudizio negativo sull’architettura Modernista e Liberty, successivamente al secondo conflitto mondiale il suo nome viene gradualmente considerato come uno dei grandi del Novecento. Zevi è uno dei primi che lo inserisce entro la definizione del moderno, ribadendo comunque le sue remore nei confronti del Tempio della Sagrada Familia. Scrive: “solo una coscienza disincagliata dalla poetica razionalista poteva riconoscere l’incantesimo degli attimi in cui il suo magnetismo turgido, sbrigliato e febbrile diviene arcana evocazione.”1 Siegfried Giedion, dovendo designare i parametri per classificare un’opera di architettura valida, scrive a riguardo delle architetture non appartenenti al razionalismo : “A primo sguardo possono avere lo splendore e l’appariscenza di un fuoco d’artificio: ma non godono di una durata
I Razionalisti
1 B. Zevi, Storia dell’Architettura Moderna, Einaudi, Torino 1950, p.88-89.
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maggiore. […] Noi li chiameremo fatti transitori.”2 Gaudí stesso, assieme ad altri, è stato considerato un fenomeno transitorio. Leonardo Benevolo parla sinteticamente dell’eccessivo ruolo che Gaudí da alla forma con una critica a “l’uso piuttosto anacronistico di materiali scabri e poco lavorati.”3 Luigi Figini scive: “Gli architetti dei CIAM incontratisi a Barcellona per il Congresso del 1932, non se ne accorsero. I congressisti ritornarono ai loro paesi, dalla città di Gaudí, senza aver visto quel Gaudí che i loro colleghi catalani si erano “dimenticati” di indicare loro.”4 Con il passare del tempo, critico imparziale e severo, il razionalismo ha però visto la sua crisi così come l’architettura di Gaudí ha avuto la giusta attenzione che meritava. Mentre il razionalismo è stato definito uno stile di pochi, che si consideravano eletti, spesso è sfociato nella creazione di 2 S. Giedion, Space, Time and Architecture, Harvard University, Cambridge, Mass., 194. Trad. It. Hoepli, Milano 1954 pag.7. 3 L. Benevolo, Storia dell’Architettura Moderna, Laterza, Bari, 1960, pag.357. 4 L. Figini, Premessa all’opera religiosa di Antonio Gaudí, in Chiesa e quartiere, marzo V, 1958, pag.46.
forme applicate in modo convenzionale, contesti e città svuotati da un reale aggancio dalle esigenze proprie di quella realtà, risultando vuoti, privi della vitalità che deve essere propria dell'ambiente urbano. Con l’inesauribile novità delle sue invenzioni costruttive e decorative Gaudí riesce infine a dimostrare che il linguaggio architettonico moderno avrebbe possibilità poetiche ben maggiori se non lo frenassero l’ideologia sociale e l’impegno a mantenere la creazione artistica nell’ambito dell’utile. Gaudí amava ricordare che “la linea retta non esiste in natura”.5
5 J. Bassegoda i Nonell, L’estudi de Gaudí, Eleccio d’articles publicats a la revista TEMPLE entre 1971 i 1994, Temple Expiatori de la Sagrada Família, 1996
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Le Corbusier: Alla fine degli anni ’20, Le Corbusier aveva effettuato diversi viaggi in Spagna, durante i quali ha avuto l’occasione di conoscere l’architettura di Gaudí. I resoconti apparsi sui quotidiani barcellonesi riferiscono che l’architetto francese ebbe frasi di approvazione dirette in particolare ad alcune soluzioni costruttive del Tempio ed in particolar modo per le Scuole della Sagrada Familia. Infatti, durante la visita, egli schizzò alcuni appunti e promemoria su di un taccuino che mostra uno studio del
tetto delle scuole accanto al disegno della volta catalana. Altri appunti sull’architettura di Gaudí sono presenti nel taccuino Carnet C10, con disegni del 1932, nel quale egli studia la forma urbana ed il profilo delle costruzioni di Barcellona a partire dai volumi della cattedrale e della Sagrada Familia. In ogni modo, l’opinione che Le Corbusier aveva di Gaudí non si è mai spinta oltre un generico apprezzamento. L’architetto vedeva nel catalano uno dei fondatori del razionalismo, anche se l’opera gaudiniana andava ben oltre il razionalismo stesso, per la distinzione tra “struttura” di elementi portanti e “rivestimento” di componenti decorative.
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Adolf Loos:
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Loos critica la prassi dell’ornamento nell’era delle macchine e della produzione di massa, scrivendo il suo provocatorio saggio Ornament und Verbrechen nel 1908. “L’umanità doveva continuare ancora per lungo tempo ad ansimare nella schiavitù dell’ornamento1.” Per Loos l’ornamento è opera di delinquenti, è appunto un delitto che apporta danni all’umanità, che rappresenta arretratezza culturale, sintomo di mancanza di civiltà. E’ manifestazione del degrado, del degenero, una regressione ad un livello culturale già superato in un’epoca precedente. Infatti, come commenta Loos, l’anima dell’uomo moderno è troppo complessa per sublimarsi ancora nell’ornamento, il cui posto è stato occupato dalle arti. “Io ho scoperto e donato al mondo la seguente nozione: l’evoluzione della civiltà è sinonimo dell’eliminazione dell’ornamento dall’oggetto d’uso2.” Secondo Loos, nel mondo moderno, l’oggetto d’uso 1 A. Loos, Ornamento e Delitto, 1910, in Ins Leere gesprochen Trotzdem, Herold, Wien-Muchen, 1962. 2 Ibidem
comune deve essere privo di ornamento, cosi come per i razionalisti l’architettura. Il totale contrasto con l’opera e la metodologia di Gaudí è evidente. Confrontare Loos con Gaudí ha senso solo se lo vediamo come una sorta di “reagente chimico” per evidenziare il contrasto ed il divario tra il “tempo” creativo di Gaudí ed il “tempo” dell’architettura razionale.
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Bruno Zevi Il giudizio critico più pregnante su Gaudí lo dobbiamo a Zevi: “Gaudí possiede un’esplosiva inventività spaziale, una furente capacità di manipolare volumi e superfici, un senso sublime del colore. Emarginato nei decenni razionalisti, viene riscoperto e celebrato a partire dai tardi anni Quaranta; la sua imponente statura mistica resta avvolta in una metafisica ancorché popolare solitudine”.1 Nel 1950 Zevi si interessa a Gaudí in un articolo apparso sulla rivista “Metron24” e poi raccolto nella sua Storia dell’architettura moderna, nel quale egli individua nel catalano una delle matrici della nuova corrente ”organica”. Bruno Zevi aveva riconosciuto, poi, come l’architettura del genio catalano fosse stata una delle radici dell’Espressionismo, anche Mirò e Dalì hanno contribuito a rivalutare la sua figura all’interno del movimento surrealista, a causa delle sue forme inedite, così strane e
aggressive per l’immaginario contemporaneo. L’opera di Gaudí influenzò tutto l'ambiente artistico internazionale ed ha lasciato una preziosa eredità per gli altri artisti a lui coevi ma soprattutto per quelli che sono venuti dopo. Scrive ancora Bruno Zevi: “Genio incommensurabile, di livello wrightiano; alla sua fonte libidinosa avrebbero potuto dissetarsi gli espressionisti…”
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1 M. Fadda, Antonio Gaudí, Architetto di statura mistica, disprezzato dall’élite intellettuale, amato dal popolo, in http://www. europaoggi.it 95
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Pentimenti: Oscar Tusquets Blanca
Oscar Tusquets Blanco era stato tra i primi firmatari del Manifesto del 1965 e negli anni ha continuato a guardare la Sagrada Familia con la stessa riserva che lo aveva portato a firmare il manifesto. E’ nell’ultimo decennio che la sua opinione ha iniziato ad andare in crisi, quando aveva cominciato a vedere elevarsi la navata centrale. Ha quindi accettato l’invito di un amico architetto impegnato sul cantiere, Alfons Soldevila, a visitare la nuova Sagrada Familia: “Mi assicurò che la Sagrada Familia era la costruzione più importante del Ventesimo secolo e che era disposto a dimostrarmelo di persona1.” Insieme ad Alfons e a Josep Gómez Serrano, uno degli architetti responsabili del progetto, ha visitato tutto il tempio, salendo sino ai 60 metri di altezza, Il testo di Tusquets Blanco è un grande, e quanto mai raro, atto di onestà intellettuale. “Devo ammettere di essere rimasto sbalordito”, scrive. “È Gaudí allo stato puro”. E ancora: “Se l’architettura è soprattutto spazio e luce, l’interno di questo tempio è Architettura con la A maiuscola: Architettura emozionale e grandiosa di fronte alla quale le eccentricità formali e strutturali sembrano giochi da bambini”. 1 O. Tusquets Blanca, Architetture in–finite 1 in Domus n.945, 10 marzo 2011
Tusquets Blanco ha notato particolari decorativi non all’altezza dell’insieme come scale elicoidali, corrimani in inox e vetro, spot luminosi, ma dice: “È vero, però, che non riescono a sminuire l'immensa qualità del monumento e sono relativamente facili da sostituire in un auspicabile futuro.” Un altro punto trattato è quello riguardante i portali. Gaudí realizzò quello fantastico della Natività. Negli anni ’80 Josep Maria Subirachs è stato l’autore di quello della Passione (che Tusquets Blanco critica senza mezze misure). Resta quello principale della Gloria. Il problema, dice Tusquets Blanco “è la difficoltà di trovare artisti contemporanei in grado di portare avanti i progetti figurativi del Maestro.” Ecco il mea culpa di Tusquets Blanca: “Torniamo all'origine. Come possiamo esserci sbagliati tanto? Se cinquant'anni fa ci avessero dato ascolto, questa meraviglia non esisterebbe. Sarebbe rimasta lì come un rudere o l'avrebbe portata a termine un architetto in voga in quegli anni. Quanta gente l'avrebbe visitata? Questo tempio non ha mai ricevuto nessun appoggio economico dalle istituzioni, vive delle donazioni – più di due milioni all'anno, più di
venticinque milioni di euro. Si sta finanziando come una cattedrale medioevale. In questo modo si riuscirà a portare a termine. Non so se è la migliore opera del secolo scorso, ma il miglior edificio religioso degli ultimi tre di sicuro sì.”
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Molti degli architetti che si opposero alla continuazione del tempio ora riconoscono la maestosità della sua nave centrale, anche se la maggior parte degli intervistati lo considera carente dell’anima gaudiniana. La trasmissione televisiva della consacrazione della Sagrada Familia, presieduta da Benedetto XVI, fece molta impressione tra i fedeli cattolici. Ed ha, inoltre, causato un piccolo ma significativo scisma tra l’intellighenzia locale, tradizionalmente critica e sospettosa sulla continuazione dei lavori del tempio progettato da Gaudí. Un terzo dei venti professionisti consultati da La Vanguardia1 hanno mitigato i loro pareri negativi ed ora, in alcuni casi, addirittura hanno ritrattato. La maggior parte degli altri continua ad essere d’accordo con i principi del Manifesto pubblicato il 9 gennaio 1965 su La Vanguardia2.
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Dalla critica all’accettazione
1 http://www.lavanguardia.com/cultura/ noticias/20101112/54067775351/sagrada-familia-de-lacritica-a-la-aceptacion.html 2 Cfr. “Manifesto”cap.5
Contrari:
Avevo già visitato la navata centra prima della trasmissione televisiva. Questo spazio è imponente, senza dubbi. E più lo sarà la Sagrada Familia nel suo complesso quando si innalzerà la torre di Gesù Cristo, di 170 metri. Per le sue dimensioni, sarà addirittura mostruosa. Il progetto mi fa pensare a “Star Wars”. C’è molta potenza, è vero. Però le rifiniture interne, come capita che accada in questi film spettacolari, hanno un certo contenuto kitsch; anche la formalizzazione dello spazio è carica di toni kitsch. Continuare o no l’opera ormai non è una questione architettonica: si è convertita in una questione sociale, religiosa e turistica.
perché quello che non ha un tetto non lo è. Prima era solo un rudere. Ma attenzione, un rudere con sentimento proprio. Un’architettura tanto personale quella di Gaudi è diversa da quella delle cattedrali medievali, che potrebbero continuare qualsiasi architetto o costruttore con una certa qualifica. In Gaudí tutto è espressione personale. Come lo è in un pittore. Avremmo il coraggio di completare il quadro incompiuto di un grande pittore? No, non lo faremmo. Continuare un lavoro di questo tipo è possibile. Ma infondere l’espressione, la passione ed il talento di Gaudí non è possibile. La Sagrada Familia già non è quella di una volta. La sua rovina ci avrebbe potuto parlare di un genio e del suo tempo. Quello che abbiamo ora non ci parla di un genio né del suo tempo. Ci sono già troppi parchi a tema in tutto il mondo. È sempre possibile costruire sul passato, ma ci sono passati il cui valore sempre sarà superiore a quello che si costruisce sopra.
Dani Freixes (Autore del Parque del Clot)
Beth Galí (Autrice della Biblioteca Joan Miró)
Non è valsa la pena continuare i lavori. E ‘vero che ora si è arrivati ad uno spazio architettonico prima inesistente,
Ho visitato la Sagrada Familia poco prima del Papa. E continuo a dire che quello che è stato fatto non ci aiuta a
Quim Español (Ex direttore di Plans i Projectes de Barcelona)
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capire Gaudí. Se gli attuali architetti del tempio avessero capito Gaudí, il lavoro sarebbe più raffinato. Ora sembra robotica, prodotto da un robot. Il tempo ha corso in favore della prosecuzione dei lavori: l’enormità e lo spazio sono elementi sorprendenti. Ma non hanno nulla a che fare con la cultura gaudiniana. Gaudí è impossibile da riprodurre. Un lavoro di Mies può essere riprodotto, millimetricamente. Uno di Gaudí, no. Quello che abbiamo fatto è mettere insieme un grande oggetto kitsch per attrarre il turismo di massa. Abbiamo inventato un mito.
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Emiliano López (Premio FAD Arquitectura 2008) Non si sarebbe dovuto continuare. La cosa migliore sarebbe stata quella di utilizzare la Sagrada Famiglia come stazione ferroviaria AVE di Barcellona. Il treno passa li. In questa fase, l’edificio sembra più un Calatrava che un Gaudí. Non ha senso. La navata centrale è spettacolare e sorprendente, soprattutto quando la vediamo in televisione da una telecamera volante.
Enric Massip (Autore della Torre Telefónica ZeroZero) Era meglio lasciare la Sagrada Familia com’era, ma ora non si può più tornare indietro ed il compito è quello di finirla. In tal caso, credo imprescindibile che sia chiaro che parte del tempio ideò Gaudí e quale hanno sviluppato i suoi prosecutori. Per le immagini che ho visto, la navata centrale manca di consistenza. Si tratta di uno spazio anabolizzato, siliconato, senz’anima. Le soluzioni applicate mi sembrano automatiche. Voglio dire che non sono passate per un filtro di prova ed errore, che era il metodo di lavoro di Gaudí. Sono convinto che Gaudí avrebbe cambiato i piani durante il lavoro. E’ quello che ha sempre fatto. Le soluzioni applicate ora sembrano forzate, anche tecnicamente, con l’obiettivo di finire sembrando quel poco di cui si disponeva: le foto di un modello. Il fatto, inoltre, che alcune soluzioni costruttive necessitano di cemento armato significa già che qualcosa non va. L’idea di Gaudí era di lavorare con la compressione: voleva edificare l’ultima cattedrale di pietra. E’ certo che Gaudí usò il calcestruzzo a suo tempo, ma lo ha fatto in cima alle torri, dove il calcestruzzo era come una pietra leggera. Ora è il contrario: è alla base delle colonne, in cui
rende massiccia la struttura. L’immagine finale risultante è un’immagine congelata, spettrale.
sue scintille creative le avrebbero migliorate, illuminate o addirittura bruciate. Questo, a volte, può provocare sfiducia e paura.
Ignacio Paricio. (Professore di Costruzioni alla ETSAB) Quello che è stato fatto ora è terribile. I rosoni delle chiavi sono di una volgarità incredibile. Il meraviglioso equilibrio tra tecnica e composizione a cui arrivava Gaudí non si profila con le patacche che si sono stati fatte ora. Io sarei stato a favore di lasciare la Sacra Famiglia come la lasciò Gaudí, nella migliore delle ipotesi, si sarebbe potuto realizzare qualche elemento complementario. Per ottenere questo risultato non valeva la pena proseguire. Elías Torres (Autore della riforma del Park Güell) Penso che Jujol era l’erede naturale e in grado di continuare il tempio. Avrebbe potuto aggiungergli quella capacità che aveva di trasformare lo scarso ed il povero in qualcosa di sottile e sublime. Avrebbe contaminato i lavori di soluzioni inaspettate, strane e, quasi certamente, emozionanti. Le
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A favore:
corso dei secoli.
Juli Capella (autore dell’Hotel Omm)
Miquel Espinet (Direttore del FAD)
E’ valsa la pena arrivare sino a qui. Ritratto se prima ho detto il contrario. Per la cronaca, non ho mai sostenuto -e non per giustificarmi- che non dovrebbe continuare, ma che non si dovesse continuare dicendo che era un'opera di Gaudí. Juli CapellaQuesto lo mantengo, perché credo che nella navata centrale rimanga una visione strutturale di Gaudi, ma c'è anche molto l’idea di qualcosa di approssimativo. Tuttavia, il concetto è abbastanza potente per cui quel colonnato arborescente, quella oasi della navata centrale, sia compiuta. Mi rendo conto che la sua architettura mi impressiona: mi sembra più potente, anche per la presenza del Papa. Personalmente, mi sono sbagliato quando ho detto che non bisognava continuare con le opere del tempio. Ora sono a favore sul fatto che si finisca, soprattutto se si precisa che quello che si sta facendo non è opera di Gaudí. E 'deplorevole che si continui a dire che Gaudí, che è stato determinante nella suo inizio, ha molto a che fare con ciò che viene fatto oggi. In qualsiasi chiesa di Roma ti documentano i vari autori che ci sono stati nel
L’idea che io avevo era quella di lasciare il tempio intatto come una rovina romantica. Ma ho visitato l’opera e, dopo ciò che ho visto lo scorso fine settimana, ora direi che in quarant’anni le persone penseranno che è stata una grande idea quella di terminarla. Questo è quello che penso. Sono tra l'idea romantica del monumento incompiuto e quella dell'edificio finito. Ma alla vista di ciò che c’è, sono propenso per finire la Sagrada Família. Anche per le cattedrali gotiche ci hanno messo secoli. Se sono un convertito? Diciamo che sono un convertito pratico. La Sagrada Família sarà, sicuramente, il principale edificio religioso completato nel XXI secolo. Carlos Ferrater (Autore del Giardino Botanico) Ho Sempre pensato che la Sagrada Familia è un tema che và oltre l’architettonico, entra nel simbolico, nel terreno degli emblemi della città. Gaudí non è più patrimonio esclusivo degli architetti; lo è della umanità intera. E ora ancora di più. Mai ho voluto entrare nella discussione sulla
prosecuzione dell’opera, e ancor meno tenendo in conto che non si paga con soldi pubblici, ma con donazioni volontarie. Io preferisco la cripta, però riconosco che l’immagine del bosco centrale risulta molto potente. Magari non molti colleghi la pensano come me. E lo capisco, perchè è un disastro lavorare senza chiari riferimenti progettuali. Però il fatto è che si è fatto ciò che si è fatto, non mi sono chiesto come. Daniel Giralt-Miracle (Commissario dell’Año Gaudí) Credo che ci sono stati molti giudizi precipitosi sulla convenienza di non seguire le opere. Pochi immaginarono che la costruzione poteva cristallizzarsi in qualcosa tanto così travolgente come quello che adesso abbiamo visto. Si parlò molto dell’esterno del tempio e poco dell’interno, salvo chi conoscesse il progetto in modo attendibile. Quelli che hanno spinto a favore dell’opera sono visionari, quasi utopici, però la loro tenacia e convinzione gli ha permesso vedere già quello che ora ci ha sorpreso molto. Mi sembra logico che si continuino i lavori: penso che la Sagrada Familia potrà terminarsi in pochi anni.
Vicente Guallart (Direttore de Institute for Advanced Architecture of Catalonia) Bisogna terminare la Sagrada Família. Lasciarla non terminata è un’idea romantica. Le cattedrali sono sempre passate di generazione in generazione. Dobbiamo presupporre che siamo capaci di lavorare anche meglio di Gaudí. Se mi incaricheranno la continuazione, cambierei alcune cose, di sicuro. Io sono stato contro la continuazione. Però dopo ho capito che era positivo continuare con la ricerca in materia di geometria e costruzione, a partire dalle istruzioni di Gaudí. In termini storici, non seguire mi sembrerebbe un segno di decadenza. Josep Llinàs (Autore della biblioteca Jaume Fuster) Conseguentemente quello visto alla televisione, mi sono proposto di visitare il tempio con calma. Forse ora ho più dubbi sulla radicalità di chi sosteneva di non finire l’opera. Provo un interesse a conoscerla nel dettaglio che prima non sentivo. Ho letto un libricino di Perejaume molto interessante, che invita a vedere la Sagrada Família con
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occhi lontani dall’ortodossia del movimento moderno. È un’altra possibilità. Jordi Ludevid (Presidente de Consejo Superior de Colegios de Arquitectos de España) Lo spazio della navata centra è molto potente, e so di colleghi di natura diversa a cui ha causato molta sorpresa. Mi arrivano messaggi rispettosi con quello che è stato fatto. Non so di molte critiche. Devo visitarlo.
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Fotografie Cap.5: 89) La Vanguardia , 9 Gennaio 1965, pg. 24 90) Presencia 300 Da A. Moreno Navarro, Resumen historico de la evolucion del entorno urbano de la Sagrada Familia, Barcelona, 1970 91) La Vanguardia 92) Disegno originale di Le Corbusier delle Scuole della Sagrada Familia Da Catalogo della mostra “Gaudí e La Sagrada Familia, Parabola e Iperbole dell’architettura”, 2010 93) Le Corbusier 94) Adolf Loos 95) Bruno Zevi 96) Oscar Tusquets Blanca
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Verso un’architettura per il futuro
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In che modo e perché l’architettura di Gaudí può essere ancora ritenuta attuale nel contesto dell’architettura contemporanea ed essere un esempio valido in quella futura?
linguaggio, regala uno spunto su cui riflettere, avendo saputo unire la tradizione artigiana per quanto riguarda la pratica, e le conoscenze interdisciplinari per quanto riguarda gli studi.
Nonostante i numerosi studi e gli approfondimenti sulle tematiche gaudiniane, permane ancora in molti l’idea che Gaudí sia un fenomeno legato esclusivamente a Barcellona, ovvero ad un mondo fantastico, unico, irripetibile e fine a se stesso.
In tanti hanno criticato la sua architettura come “ridondante” e piena di “ornamenti” poco funzionali, ma la riuscita e la completezza della sua opera sta invece nell’armonia e concomitanza dell’importanza data alla forma e allo stesso modo alla funzione. Non è la forma che segue la funzione, né la funzione a
Tuttavia, l’unica ragione per cui ciò risulta vero, risiede solo nella irriproducibilità delle sue opere, delle sue forme complesse, legate intrinsecamente al suo genio e alla sua unicità. Tentare di emularlo non potrà mai portare a nessuna miglioria all’architettura del futuro. Dobbiamo invece imparare a leggere nei suoi profondi concetti di fare architettura, che vanno, ad esempio, dal
seguire la forma. I due elementi si incastrano, coesistono e si auto supportano, formando un unico elemento, un’architettura che si spiega da sé, necessaria in quanto forma e funzione al tempo stesso. L’architettura di oggi, figlia dell’architettura moderna, si porta dietro, a parte rare eccezioni, un’ombra di impersonalità non solo nei materiali costruttivi, ma anche
connubio artigianato-tecnologia al lavoro di squadra, dal processo sperimentale-tridimensionale al rapporto non solo con il luogo, ma soprattutto con la popolazione.
nei metodi di lavoro, nella ricerca dei riconoscimenti e della fama personale, nel disinteresse spesso per il luogo e la comunità.
L’architetto catalano, infatti, con il suo operato ed il suo
Oriol Bohigas collegò Gaudí e Frank Lloyd Wright dicendo
che “furono i due architetti più importanti dell’inizio del XX secolo perché aprirono cammini per la futura evoluzione della stessa architettura moderna.” “Gaudí è stato uno dei miei eroi. È sorto in una epoca eroica che produsse figure come Gustav Eiffel, Louis Sullivan e Frank L. Wright. Agli occhi di alcuni critici, la creatività Gaudí ha sofferto di un eccesso di espressione, però Gaudí produsse un’architettura di straordinaria forza poetica con un gruppo di artigiani dedicati alle sue opere.” Sir Norman Foster. In occasione del 150esimo anniversario della nascita del maestro catalano la Spagna gli ha reso omaggio con una serie di eventi e manifestazioni. Il 20 marzo 2002, nella capitale catalana, la stessa regina Sofia in occasione di una solenne cerimonia ha invitato alcuni dei più prestigiosi architetti di fama internazionale come Frank Owen Gehry, Norman Foster, Jean Nouvel, Arata Isozaki e Oriol Bohigas. Questi sono considerati, in parte e sotto alcuni aspetti, alcuni degli architetti contemporanei che in diversi modi
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vengono paragonati a Gaudí. Talvolta sono loro stessi a dichiarare di aver appreso dal genio catalano, quindi potrebbe essere utile analizzare in che ambiti questo sia avvenuto e dove no. A questi nomi vorrei aggiungere una serie di altri architetti contemporanei, di cui ho potuto studiare il metodo durante i miei viaggi: Toyo Ito, Santiago Calatrava, Enric Miralles & Benedetta Tagliabue. “Gaudí rompe i limiti dell’architettura e ora iniziamo a capire e iniziamo a costruire come lui costruiva.” afferma
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Arata Isozaki.1
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Nella procedura del progetto notiamo l’utilizzo di processi edilizi di tipo tradizionale-evoluto, comprendenti parti realizzate in opera e parti prefabbricate, tripudi di colori e di luci, interventi puntuali capaci di dialogare con la storia di un determinato quartiere e al tempo stesso rinnovare e caratterizzare l’atmosfera in modo eccentrico ed informale. Per quanto riguarda l’utilizzo del modello tridimensionale si generano architetture che partono direttamente da modelli tridimensionali, che necessitano intrinsecamente del supporto CAD. Calatrava, per esempio, come Gaudí, ricorre allo strumento del modello stereostatico funicolare, rappresentando le tensioni in modo surreale, ma soprattutto materico. I riferimenti a Gaudi, nelle sue opere, risultano abbastanza evidenti anche nella soluzione strutturale ad albero, adoperata non tanto per effettuarne una copia di puro formalismo, ma quanto più per la pratica scomposizione delle forze attraverso membrature che si rifanno 1
http://www.lanacion.com.ar
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simbolicamente all’archetipo dell’albero della vita. Anche Frank O. Gehry costruisce pilastri che si biforcano e si piegano, Miralles & Tagliabue utilizzano una “selva” di pilastri in acciaio, ma, in particolare, Toyo Ito riprende la metafora del bosco fitto di alberi, simboli del contatto tra l’umano e il divino e dell’armonia fra l’uomo, l’anima e la natura.2 Altre costruzioni si basano sulla curva catenaria e la loro forma evoca elementi naturali come le stesse montagne di Montserrat (Torre Agbar). Nell’architettura di Calatrava è fondamentale il rapporto con la natura e l’importanza della bellezza. Egli stesso afferma: «Porre in primo piano il tema della Bellezza, che non è figlia del denaro ma dello spirito. Quello che oggi la gente capisce, come lo capiva ai tempi di Michelangelo, di Borromini e della Roma barocca, è che l’architettura è un’arte. Come la pittura, la scultura. Il senso della bellezza non è una questione accidentale. Certo, la funzionalità di un edificio o di uno spazio è molto importante. Ma è la sua 99
2 http://www.fotoartearchitettura.it/architetti-contemporanei/toyo-ito.html
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bellezza che ci dà un’emozione, la fierezza di esistere e di poter godere di questo dono eccezionale».3 La sua architettura comunica con un linguaggio moderno evocando al tempo stesso essenze antiche, forme ancestrali, primarie, ricercando nel suo lavoro una sintesi poetica tra arte e scienza, tra architettura e ingegneria, tra forma e struttura. Molti hanno invece ereditato da Gaudí la configurazione plastica della volumetria complessa ma è nell’uso di materiali tradizionali e innovativi che il peso dell’influenza del genio catalano si fa più sentire. Un esempio è l’utilizzo di pannelli colorati, che richiamano il mosaico di Gaudí, le piastrelle colorate sui suoi edifici, riscoprendo così la tecnica centennale del trencadís. (Norman Foster, Nouvel, Calatrava e Miralles e Tagliabue). Lo stesso Foster afferma: “I metodi di Gaudí, un secolo dopo, continuano ad essere rivoluzionari”.4 Egli lo qualificò, inoltre, come “un architetto atemporale ed ispiratore”. 3 4 htm
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http://www.architettiroma.it/archweb/notizie/9514.aspx http://www.gaudi2002.bcn.es/castellano/sobre_g/index. 103
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Altri, come Isozaki e Ito, dimostrano di guardare da un lato alla tradizione e dall’altro al futuro ed alle innovazioni della tecnica. In particolare, l’utilizzo dei materiali locali evidenzia una singolare e spiccata attenzione nei confronti del luogo e del contesto. L’innovazione tecnologica è spesso caratterizzata dall’utilizzo di led brillanti e figure digitali in movimento. La tendenza più comune oggi, però, è la perdita della capacità di evoluzione, una volta raggiunto il successo e la fama. Questo blocca la ricerca e definisce soluzioni carenti e pressoché identiche in edifici molto differenti tra loro. La critica alle “cosiddette Archistar” si può riassumere dicendo che non fanno architettura, ma pubblicità. Secondo Leonardo Benevolo la loro attività ha molto più a che fare con l’”advertising”. Incentrato sull’agio, la fama e la ricchezza, questo modo di fare architettura influisce sulle mode e sulle tendenze, con l’attitudine alla creazione prettamente artistica, perdendo così il senso del quotidiano, dell’uso e del contesto.5
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5 La deriva dell'architettura, secondo Leonardo Benevolo in www.casaeclima.com
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Virtuosismo puramente scultoreo, gestualità autoreferenziale, formalismo fine a se stesso, dove spesso i mezzi diventano fini, spesso l’architettura contemporanea risulta assolutamente decontestualizzata ed insensibile anche nei confronti dell’intorno, con una superbia priva di qualsiasi sensibilità. “Oggi l’architettura – scrive Nicolai Ouroussoff, critico d’architettura del New York Times – è riverita come fatto estetico, non come forza sociale.”6 Siamo lontani da un impegno morale - intellettualistico che rivaluti il lavoro atto alla soddisfazione del benessere dell’uomo comune. “L’originalità – scrive Kelbaugh - non è sinonimo di creatività. Entrambe richiedono immaginazione e ingegnosità ma la creatività è generare meno apparenza o forme improvvisate e lavorare più con i dati o con un sistema... Essere creativi è generalmente più difficile che essere semplicemente originali.”7 6 Europa Oggi - Architettura contemporanea. Tra divismo, cinismo e ipocrisia in http://www.europaoggi.it/content/ view/2262/98/ 7 M. P. Fadda, Architettura oggi – miserie e nobiltà in http:// old.radicali.it/newsletter/view.php?id=63364&numero=3420&title= NOTIZIE%20RADICALI
Gaudí stesso affermava: «Io ho immaginazione, non fantasia». Immaginazione viene da immagine: vedere la realtà delle cose, come sono, non come la fantasia le elabora. Anche per quanto riguarda la tematica delle chiese, osserviamo un malessere evidente e diffuso in relazione alle nuove costruzioni ecclesiastiche. Gli architetti contemporanei hanno smarrito dei riferimenti essenziali per la produzione di arte sacra Cristiana, precipitando nello stesso linguaggio pubblicitario e di produzione di massa delle altre opere architettoniche, allontanandosi dal significato simbolico dell’opera stessa a favore del singolo individuo che l’ha prodotta. Oggi si progettano chiese minimaliste, come se si trattasse semplicemente di un edificio uguale agli altri ma con funzioni particolari. Molte chiese contemporanee non possono essere ritenute architetture sacre in quanto non contengono in sé significati universali né ne esprimono.8 In questo modo si potranno analizzare gli errori commessi e si potranno fare delle scelte diverse per il futuro. 8 V. Camerini, Architetture Sacre cercasi su http://presstletter. com/2012/07/architetture-sacre-cercasi_-di-valerio-camerini/
Bisogna forse riprendere il cammino da un punto anteriore rispetto a quello presente? Bisogna fare un passo indietro? Probabilmente si: è necessario capire che gli strumenti che oggi abbiamo a nostra disposizione non sono il fine, la soluzione, ma semplicemente i mezzi per esprimere, con linguaggio moderno, ciò che siamo e ciò in cui crediamo. In questo modo si potranno analizzare gli errori commessi e si potranno fare delle scelte diverse per il futuro. “Gaudi intuisce e afferma un uso eterodosso del mattone e della pietra, l’intenzione biologica ed organizza delle forme e degli spazi, l’idea che il volume di un edificio non è strettamente limitato, ma si integra in uno spazio cosmico più ampio.”Oriol Bohrgas.9 L’architettura di Gaudí può quindi fare da tramite verso un nuovo rinnovato pensiero architettonico. Abbiamo visto come qualche elemento degli insegnamenti di Gaudí sia stato recepito dagli architetti della contemporaneità, in casi specifici, ma, evidentemente, non ancora totalmente e in modo profondo. 9 htm
http://www.gaudi2002.bcn.es/castellano/sobre_g/index.
L’architettura contemporanea, nella maggioranza dei casi, non è più capace di farci emozionare e di comunicarci la propria essenza, perché ha perso la capacità di rinnovarsi e di essere innovativa. Sulla base dello studio di Gaudí, si vorrebbe tentare di sorpassare le metodologie dell’architettura moderna e contemporanea, e donare all’architettura futura gli spunti necessari per rinnovare la propria natura, utilità, complicità con il mondo e con le persone. Si vuole capire, attraverso lo studio di differenti elementi comuni a Gaudí e all’architettura contemporanea, quale sia la strada migliore che l’architettura affidata alle future generazioni dovrà percorrere.
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La visione moderna dell’architettura ha pensato di poter esulare l’individuo dall’avere uno stretto rapporto con il luogo, grazie alle nuove potenzialità della scienza e della tecnologia che promuovevano una visione universale di sviluppo basata su tecniche standardizzate. Gaudí invece sfruttava le tecniche, all'avanguardia per la sua epoca, senza lasciar mai che queste diventassero la priorità del suo lavoro. In primo piano c’era sempre il dialogo ed il rapporto con la comunità ed il luogo, la sua Catalogna, la sua Barcellona, ma soprattutto la tradizione, il legame con il passato, con le tecniche artigianali proprie della sua terra. Tutta l’architettura di Gaudí è propriamente mediterranea, e ha un rapporto intrinseco e simbiotico con il luogo in cui viene costruita. Prendiamo per esempio in considerazione l’elemento luce.
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Genius Loci
Egli scriveva: “La virtù sta nel mezzo. Mediterraneo vuol dire in mezzo alla terra. Sulle sue rive la luce mediana è a 45 gradi, che è quella che meglio definisce le cose e ne rivela la forma;
è il luogo dove sono fiorite le grandi culture artistiche, a causa di questo equilibrio di luce, né troppa né troppo poca, poiché entrambe accecano e i ciechi non vedono…”1 Durante la progettazione tener conto dell’esposizione solare è importantissimo, per poter sfruttare calore ed illuminazione naturale. Nella Sagrada Familia l’effetto della luce filtrata attraverso i paraboloidi e la particolarità della serie di colonne arborescenti danno la sensazione di trovarsi all’interno di un bosco, dosando in questo modo l’ingresso della luce naturale. “La luce dei templi deve essere solo quella indispensabile e non di più, poiché in una chiesa si ha bisogno di raccoglimento, e le fonti di luce troppo potenti distraggono e trasmettono agitazione… La luce deve essere giusta, né troppa né poca, si deve avere luce sufficiente per seguire con il messale e partecipare attivamente al sacrificio.”2
1 M. Mattivi, Antoni Gaudí, l’architetto sostenibile in http://www.ambientetrentino.it/articolo-501-antoni-gaud%EC,l%92architetto-sostenibile.html 2 Ibidem
Egli studiava il luogo, ne assorbiva lo spirito e, attraverso esso, creava la propria architettura. Di fondamentale importanza erano la tradizione, la memoria, il ricordo, l’amore profondo per la propria terra. Alla luce di questo, nulla di quello che ha realizzato Gaudí si potrebbe ricreare allo stesso modo, con le stesse forme, con gli stessi materiali, in un’altra parte del mondo. L’architettura moderna è stata invece incapace di identificare i luoghi, di distinguerli, di caratterizzarli, di leggerli e di interpretarli. Tutto questo a causa della mancanza di differenze significative e a causa della perdita e dell’alterazione delle qualità tradizionali. Dalla corrente dell’International Style deriva il principio di questo pensiero basato sul carattere non locale, non regionale, ma internazionale dell’architettura, slegata quindi dal carattere specifico del luogo. La produzione architettonica è pensata come indipendente dalla propria origine territoriale, ma soprattutto tradizionale. Per questo il movimento moderno, anziché riconquistare il luogo, è arrivato a perderlo, e l’architettura attuale, purtroppo, è figlia di questo modo di porsi nei confronti dello spazio che pervade. Ci troviamo in una situazione diametralmente
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opposta a quella creata da Gaudì, dove possiamo ritrovare, riscontrare, percepire in ogni tassello di ceramica, concio di pietra, vetrata colorata, lo spirito della Catalogna. E questo spirito non è solo vivo in quanto materia, o luogo, ma anche in quanto carattere di un’architettura. Ciò è stato smarrito con l’asetticità del fare moderno, con la perdita profonda del luogo e del carattere di quel luogo. Costruire in virtù di qualità culturale ed estetica, strettamente legata ai luoghi, appare oggi una necessità improrogabile, per ripristinare quel legame uomo, città, paesaggio, perso negli anni. Dopo decenni di fallimentari tentativi di “razionalizzazione” dei metodi di costruzione e produzione, responsabili di atopicità e internazionalizzazione omologante del progetto, attualmente il problema della creazione dei luoghi dovrebbe essere uno dei temi centrali in architettura: promozione, preservazione, conservazione dei luoghi sopravvissuti con la creazione di “nuovi” contesti che non perdono però di vista lo spirito del luogo originario, assorbendo, ascoltando, leggendo e facendo proprie del progetto le caratteristiche del luogo.
“Il luogo ha una sua individualità o identità, che è però sempre il prodotto di altre identità in sinergia. Il lotto – vecchio dominatore dell’architettura moderna – è un’isola, ma il luogo è come la cellula di un essere vivente, un’entità relazionale, un nodo in cui confluiscono infinite correnti. Le forbici che hanno tagliato il lotto non possono tagliare il luogo…”3 L’architettura del futuro dovrebbe quindi ricercare le tradizioni interrotte di linguaggi comprensibili e sedimentati nella memoria collettiva, di regole indirizzate verso l’integrazione delle potenzialità offerte dallo sviluppo tecnologico attuale senza però perdere di vista le risorse locali e le caratteristiche proprie del luogo, senza decontestualizzare, spersonalizzare l’opera, senza dimenticare la storia del passato, che non sono altro che le nostre origini.
3 P.Portoghesi, “Progettare l’architettura ascoltando”, Domus n.723, 1991
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La società moderna si interroga sui cambiamenti che ha provocato, e sta provocando, all'ambiente e si domanda quali siano le conseguenze delle sue opere sugli equilibri ecologici, quali valori stia consumando in modo irreversibile, quanto critica sia la situazione per sé e per le future generazioni. In questo panorama ci si domanda con quale atteggiamento affrontare il problema, quali strumenti utilizzare, come impostare le future decisioni in progetto. Sia a livello locale che a livello globale i problemi ecologici, territoriali, igienico-sanitari appaiono sempre più preoccupanti, anche a causa della mancanza di dialogo e collaborazione tra i diversi attori coinvolti.
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Gaudí ha una profonda sensibilità ecologica che non ha nulla a che vedere con l’ambientalismo moderno: per lui l’essere umano non è semplicemente una dei tanti elementi dell’ecosistema, ma è il centro del rapporto con la natura e quindi anche con Dio.
Ambiente
Essendo la natura sua ispiratrice, infatti, egli creava una comunicazione creativa che si inseriva armoniosamente in essa.
Oltre all’importanza della scelta del sito e della sua analisi come processo preliminare di progetto, si dovrebbero considerare tutti quei fattori naturali come sole ed esposizione, nonché i principali elementi climatici del luogo, come vento, pioggia, etc. Particolare attenzione è da dare anche alle finestrature, per dimensionarle in modo opportuno ed evitare sbalzi termici, avere i giusti apporti solari ed una buona illuminazione naturale. Gaudí, per esempio, per fare questo, ha creato delle strutture originali per schermare le finestre e sfruttare al meglio il calore assorbito dalle pareti dell’edificio. Tutti questi elementi caratterizzano una buona progettazione a basso consumo, necessaria per le cosiddette case “passive”. Egli, inoltre, utilizzava per le sue costruzioni materiali presenti in loco (come la pietra proveniente dalla cava di Montjuïc) e recuperava risorse come l’acqua piovana con complessi sistemi di raccolta. Inoltre l’attenzione non era rivolta solo alla luce solare ma anche alla ventilazione naturale ed al colore. Il primo per garantire un ottimale ricambio d’aria con appositi sistemi di ventilazione, il secondo per coerenza con la
natura, poiché in essa tutto è policromo. Dice infatti: “L’ornamentazione è stata, è e sarà colorata; la Natura non ci presenta nessun oggetto in maniera monocromatica, del tutto uniforme per ciò che riguarda il colore, né nella vegetazione, né nella geologia, né nella topografia, né nel regno animale. Sempre, il contrasto del colore è più o meno vivo e da ciò deriva il fatto che, obbligatoriamente, dobbiamo colorare in parte o per intero un elemento architettonico, colorazione che forse scomparirà affinché la mano del tempo si incarichi di dargliene una più propria e opportuna per una cosa ormai vecchia”. 1 Ma l’onnipresente collaborazione presente nella sua opera potrebbe dare spunto per una visione ed uno studio più partecipato delle problematiche ambientali ed ecologiche. La natura ha un ruolo fondamentale nella sua architettura e forse da qui si potrebbe prendere spunto per creare un’architettura che sia in armonia con essa, poiché da essa stessa deriva. Pensiero, questo, che si può ritrovare in tutta quell’architettura che, in generale, possa essere denominata bio. 1 M. Mattivi, Antoni Gaudí, l’architetto sostenibile in http://www.ambientetrentino.it/articolo-501-antoni-gaud%EC,l%92architetto-sostenibile.html
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Abbiamo parlato di ambiente, e abbiamo accennato alla casa passiva. E’ importante, allora, dedicare un paragrafo all’architettura sostenibile, vista come quell’architettura atta a ridurre l’impatto ambientale, generare confort e incrementare la qualità della vita degli abitanti.
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Architettura attuale: la sostenibilità
Nella riqualificazione di case già esistenti si può effettuare un interveto di architettura sostenibile utilizzando elementi come cappotti, facciate ventilate, buoni ferramenti e fotovoltaico sul tetto. Se parliamo di una nuova costruzione, si può adoperare la bioarchitettura, partendo per prima cosa dall’orientamento della struttura1. Orientamento, soleggiamento, fattori di ventilazione naturale, ombreggiamento prodotto dalle preesistenze, adozione di sistemi alimentati da biomasse, sistemi domotici di gestione, sistemi di sfruttamento e gestione dell'energia geotermica profonda: sono tutti elementi che caratterizzano un’architettura sostenibile. 2 1 http://www.tekneco.it/bioedilizia/isabella-goldmann-oggiarchitetto-puo-solo-essere-bio/ 2 http://www.architetturasostenibile.com/
Ma un edificio ecologico, per essere considerato realmente tale, deve essere anche costruito con materiali appropriati e finalizzato al benessere della comunità. Durante il Convegno "Costruire per il Clima" , organizzato dal WWF e svoltosi a Roma, sono stati corredati dieci punti che un fabbricato ecosostenibile dovrebbe garantire per essere considerato tale:
• dà un ruolo attivo nella progettazione agli abitanti, • esprime la capacità sociale del costruire,
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• la sua costruzione deve essere indispensabile, • la sua localizzazione deve essere adeguata, • deve adattarsi alle caratteristiche specifiche della località in cui sorge, • recupera o riqualifica l'esistente, • riduce al minimo le dimensioni, • usa materiali a basso impiego di energia, salubri e a basso impatto, • riduce il bisogno di energia, 3 http://www.ecologicpoint.com/index.php?option=com_co ntent&view=article&id=54&Itemid=27
• è finalizzato al benessere della comunità Vediamo, quindi, che il concetto di sostenibilità non riguarda solo sistemi tecnologici eco-compatibili, e organizzativi a basso consumo energetico, o che utilizzano energie rinnovabili, ma è un concetto più ampio, che riguarda un vero e proprio modo di vivere nel rispetto della società, della natura e di tutte le interazioni che essa ha con i vari campi di sviluppo antropico. Per far questo, è importante guardare al futuro, attraverso la ricerca di nuove tecnologie, ma guardare parallelamente anche al passato, per riscoprire i sistemi organizzativi urbani e i sistemi costruttivi che hanno permesso all’uomo di vivere in armonia con la natura senza l’eccessivo ausilio della tecnologia. L'Architettura sostenibile è architettura unita alla tecnologia, è tradizione e, al tempo stesso, innovazione, è sviluppo e crescita.
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Al giorno d’oggi, durante la costruzione di grandi opere, accade che il consenso delle popolazioni direttamente interessate, ovvero chi realmente subirà gli effetti dell’opera, chi la vivrà quotidianamente, non sia sempre totalmente presente. Questo non dovrebbe accadere, perché il coinvolgimento della popolazione dovrebbe essere totale dall’inizio del processo fino alla sua realizzazione. Non si può fare un’architettura non accettata dalla stessa comunità per cui è stata creata. E’ un controsenso. La Sagrada Familia è un’opera fortemente voluta dalla comunità, tanto che il completamento dell'opera fa affidamento sui soldi ricavati dalle visite e da donazioni volontarie. E’ sempre stato così in tutti questi anni. La comunità sente di aver bisogno di quest’opera, quindi non parliamo solo di consenso in questo caso, ma di vera e propria volontà democratica. La popolazione si rispecchia nell’opera, la sente propria, la sente viva e parte integrante
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Consenso
non solo del quartiere ma della propria vita. Il grande potere di richiamare consenso non si ferma neppure al luogo geografico, agli abitanti della vita nel “barrio” della Sagrada Familia e dell’Eixample, ma va oltre, attraendo gente da tutto il mondo, accomunata da un sentimento
universale di pace, che viene espresso con emozioni di diverso tipo. Personalmente, l’emozione derivante dalla vista, dalla scoperta, e dai successivi studi, è ciò che mi ha portato a voler intraprendere questo percorso di ricerca e di tesi. E se un’opera di architettura può far provare una forte emozione, direi che qualsiasi altra opera dovrebbe, quantomeno, ottenere il consenso popolare. Sicuramente una soluzione per l’architettura futura
potrebbe essere quella di stabilire decisioni sulla base di patteggiamenti tra le diverse parti interessate, divulgando le informazioni utili tra tutte le parti coinvolte e attenuare le visioni individualiste dei singoli utenti anche tramite una negoziazione sulla suddivisione dei costi e dei benefici previsti e desiderati, per arrivare ad una vera progettazione partecipata che permetta il coinvolgimento di tutta la collettività.
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Durante l’epoca di Gaudí il dettaglio costruttivo era conosciuto dal progettista così come dal costruttore. La concezione totale dell’attività architettonica comportava inoltre che non solo i dettagli fossero pensati ad hoc, ma che l’organismo architettonico fosse rivalutato e ripensato nella sua totalità e complessità. Oggi invece, a causa dell’esasperato specializzarsi delle varie figure professionali, il rapporto tra progettisti e costruttori è cambiato: i primi hanno difficoltà a ristabilire un collegamento tra progetto e costruito; i secondi hanno perso la capacità di controllare la costruzione nel suo complesso.
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Inoltre Gaudí ricercava la verità costruttiva, soprattutto con la sperimentazione.
Materiali e tecniche costruttive
Questo ha permesso l’introduzione di figure derivanti dalla natura che permettevano ai materiali tradizionali di creare forme nuove con il minimo sforzo di tensione. Queste sperimentazioni sono alla base di novità strutturali, come quelle utilizzate oggi nella costruzione di tensostrutture e ponti sospesi. Gaudi, attraverso l'utilizzo dei suoi modelli funicolari, sembra che voglia spiegare che la forza di gravità sia
l’unica a poter risolvere come le cose stanno in piedi e quale forma possano avere. Egli studiava queste strutture dall’alto verso il basso, ovvero dal cielo verso la terra, e non viceversa. Quest’importante asse Terra-Cielo viene adottato come guida di pensiero nella progettazione e nella costruzione architettonica.1 Passando invece per il movimento moderno, sulla base del “less is more” e del rifiuto dell’ornamento, si è giunti alla progettazione di quella sorta di scatoloni in vetro e acciaio dell’International Style, svuotando il costruito di quegli elementi caratteristici e caratterizzanti, che stanno alla base anche del rapporto umano spirituale con la propria abitazione. Il vetro rappresenta, infatti, la materializzazione del nulla, come negazioni dei simboli e dei ricordi. Il vetro è il materiale più adatto ad esprimere la più totale disumanizzazione.2 1 D. Mazzoleni, L’Architettura e il Corpo delle Cose in Attualita' di Antoni Gaudí, a cura di Giulio Pane, edizioni “Clean , Gennaio 2009, Napoli 2 P. Campanella, Ultime tendenze dell'architettura contemporanea, in http://www.fotoartearchitettura.it/architettura-contemporanea/ultime-tendenze.html
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Gaudi, invece, ha utilizzato sempre materiali propri del luogo per le sue costruzioni, che fossero quindi espressione specifica di quel sito. Per esempio, non ha mai utilizzato le volte di mattoni “alla catalana” fuori della Catalogna e ha sempre impiegato materiali autoctoni. Oltre ad utilizzare materiali locali e tecniche costruttive tipiche, egli ricerca anche nuove potenzialità espressive delle stesse, realizzando innovazioni spaziali e strutture ardite, nel rispetto della conoscenza secolare dei materiali3. 3 M. Mattivi, Antoni Gaudí, l’architetto sostenibile in http://www.ambientetrentino.it/articolo-501-antoni-gaud%EC,-
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Il segreto della sua architettura deriva soprattutto dalla compresenza di una verità strutturale (vista come il solo metodo capace di mettere insieme i materiali e sfruttare al meglio le loro effettive qualità) e della competenza artigianale (vista come qualità della mano dell’uomo che lavorando i materiali li umanizza e li trasforma in veri beni). La parte relativa all’artigianato è stata persa negli anni, sostituita, totalmente, o per la maggior parte, da tutto il frutto del sostegno tecnologico, che va dai processi ai materiali, alle tecniche.
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Oggi infatti, nell’era della tecnologia, l’utilizzo del Computer Aided Design (CAD) si è diffuso a larga scala, sino ad arrivare nel cuore della nuova progettazione della Sagrada Familia4. Tale processo informatico, supportato dagli strumenti operativi del design assistito, è stato accettato, e anche promulgato dalla Giunta Costruttrice in quanto portatore di novità pratiche, e tecnologie capaci di alleggerire il lavoro della costruzione, stando al passo con i tempi, senza perdere molto della qualità dei metodi di costruzione tradizionali. Questi erano pressoché affidati l%92architetto-sostenibile.html 4 Cfr. cap.4.6 “Da Gaudí al Cad: il modello parametrico”
all’artigianato, ma Gaudí non ha mai rifiutato l’utilizzo delle nuove tecniche costruttive (ricordiamo infatti che è stato uno dei primi in Catalogna ad utilizzare il Cemento Portland) ma ha sempre cercato di armonizzare il lavoro altamente qualitativo proveniente dalle esperte mani dei suoi artigiani con l’aiuto delle macchine e della prefabbricazione. La chiave sta nel cercare di capire, così come faceva Gaudí a suo tempo a coordinare tecnologia e tradizione, come far interagire il sistema computer-uomo-ambiente attraverso l’utilizzo di sensori meccanici, quantitativi ed emozionali. Il controllo matematico dei parametri e delle superfici permette un dominio delle forme sia nella fase dello sviluppo che nella fase di trasformazione. Il fattore innovativo del CAD sta nella possibilità di creare, copiare, modificare, deformare e traslare entità grafiche multiformi in modo facile e immediato. Anche oggi questa novità non comporta una svalutazione della creatività umana: come le macchine agevolano l'uomo alleggerendolo dal lavoro manuale, così il computer libera il progettista
dalla mole di lavoro quantitativo, offrendogli più tempo per dedicarsi al lavoro qualitativo. Sono cambiati, inoltre, anche i concetti alla base di questo processo progettuale: “personalizzazione” e non “standardizzazione”, “unità tra diversi”e non “catena di montaggio”5. Le superfici sono multifunzionali e sono create attraverso geometrie articolate, una sorta di “artigianato informatico”6, con pezzi speciali creati attraverso frese guidate da modelli digitali. Con questi dispositivi digitali è possibile concepire esclusive e nuove realizzazioni nell’architettura, nel design e in campo ambientale, per giungere ad una progettazione integrale che segua il processo a partire dall’idea iniziale sino ad arrivare alla realizzazione e gestione dell’oggetto in questione. Non più le connessioni geografiche, ma il tempo, la velocità, il movimento, i flussi, il rumore, il transito, gli elementi che influenzano questo nuovo orientamento: “C’è la tendenza ad andare oltre ogni senso di località, a sentirsi parte di un luogo senza limiti, a lavorare al di là dei confini” (Perbellini, 5 F. De Luca, M. Nardini, Tecniche d’avanguardia nella progettazione contemporanea, Testo & Immagine, Torino, 2003 6 Ibidem
Pongratz 2000).7 L’evoluzione delle tecniche informatiche di modellazione e di raffigurazione tridimensionale assieme alle nuove tecniche di prototipazione, gli strumenti di telerilevamento e la condivisione delle informazioni in rete attraverso internet hanno mutato definitivamente sia l’ambito operativo sia quello teorico del progetto architettonico, infatti non c’è studio oggi che non utilizzi il CAD per rappresentare il progetto. L’utilizzo del CAD non è di per sé garanzia di buona architettura, ma fornisce sicuramente una maggiore opportunità di dialogo tra progettisti, collaboratori e clienti. “Gli edifici di oggi devono gran parte del loro valore agli impianti, alle attrezzature, alla comunicazione ed alla tecnologia anziché ai materiali con cui sono costruiti. I valori materiali sono progressivamente sostituiti da elementi immateriali come i data base, cioè gli schemi di organizzazione dei dati” (Schmitt 1998).8 7 L. C. Corna, L'influenza dell'informatica sulla concezione dello spazio architettonico: la ricerca degli architetti statunitensi verso un'architettura caratteristica dell'era dell'informazione (Tesi di Laurea), Milano, Aprile 2011 8 Ibidem
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Lavoro pluridisciplinare
Gaudí lavorava a stretto contatto con i suoi artigiani e collaboratori, molto spesso instaurando con loro dei rapporti di amicizia, quasi familiari. Il lavoro è collettivo, così come lo era nelle costruzioni delle antiche cattedrali gotiche. Il rapporto tra architetto, collaboratori, artigiani, aiutanti, era assolutamente diretto e coordinato, quasi simbiotico. L’unione tra diverse persone, che lavorano in nome di uno stesso scopo, crea un corpo collettivo che risulta essere il vero autore dell’opera. Questo lavoro di squadra, questa coralità costruttiva e progettuale, manca spesso nel panorama dell’architettura contemporanea. Abbiamo pochi esempi, ma è proprio attraverso questi che ritroviamo lo spirito di collaborazione che si respirava al tempo di Gaudí e che, ritengo, sia la strada giusta da percorrere per la rinnovazione dell’architettura futura. La progettazione dovrebbe derivare da una manifestazione di uno sforzo collettivo eseguito da un team pluridisciplinare, composto da persone con competenze in diversi campi, che affianchi la figura del progettista durante tutto il percorso creativo. Un esempio pertinente a quanto detto è costituito della Ove Arup and Partners. Questo team di progettazione,
noto a livello mondiale, si è impegnato a bloccare la specializzazione all’interno delle figure professionali, che ha avuto come effetto un allontanamento importante tra i diversi attori che lavorano nel processo edilizio. Nasce dall’esigenza di riavvicinare l’architettura e l’ingegneria, l’organizzazione basa la propria attività sul concetto di interdisciplinarietà e sull’integrazione di più professionalità. La loro progettazione è basata sul lavoro interdisciplinare, sull’integrazione, appunto, a pari livello tra più specialità, con l’intento di ricreare una smarrita unità progettuale e puntando sempre sulla qualità. La società è fondata sul lavoro collettivo ed è organizzata come una comunità di villaggi progettuali, fra loro indipendenti, ma collegati da un medesimo atteggiamento verso l’architettura1. La progettazione viene svolta in simultanea da architetti ed ingegneri ed il lavoro viene coordinato simultaneamente su diversi livelli. “L’interdisciplinarietà non è questione di nozioni condivise quanto piuttosto di metodo condiviso; un metodo specifico, non desumibile direttamente da nessuna 1 Ove Arup,in I maestri di Modulo 1990-2000 dieci anni di architettura conversazioni con dieci protagonisti, BE-MA editrice,2001, Milano
disciplina, che consenta il riconoscimento condiviso di problemi in vista dell’elaborazione di soluzioni possibili” sostiene l’antropologa Amalia Signorelli, coautrice del libro “La ricerca interdisciplinare tra antropologia urbana e urbanistica”. Anche per Giulio Carlo Argan2 “’ideazione progettuale è di per sé una forma di interdisciplinarietà, che esclude qualsiasi forma di incomunicabilità delle discipline.” L’architettura è diretta all’attività costruttiva e questo implica un rapporto diretto con altre discipline quali storia, matematica, arte, giurisprudenza, letteratura, geografia, filosofia, geometria, economia, urbanistica, politica,ecc. L’architettura non può, o meglio, non dovrebbe, derivare da un unico gesto individuale, ma dovrebbe essere il risultato della coordinazione, del dialogo, dell’intreccio e dell’applicazione pratica di tutti i campi del sapere che si muovono in sincronia per apportare del bene alla collettività e che sfociano e trovano il loro senso ed applicazione nell’architettura. 2 A. Butti, La realtà non è disciplinare in http://www.architettivaldarno.it/?p=74
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Spesso gli spazi sono solo spazi. Altre volte no, a volte hanno la possibilità di aprire un intero mondo, dare corpo alle cose che sono sempre state sospese sull'orizzonte della nostra coscienza, al di là della nostra portata.1 E’ risaputo che le opere di architettura simbolica stimolano l’immaginario collettivo e individuale attraverso le emozioni. Ma abbiamo ancora bisogno di queste emozioni nel XXI secolo? Abbiamo ancora bisogno di sentirci coinvolti e in sintonia, in comunicazione con l’architettura? Ovviamente si. E ovviamente gli esempi di architettura simbolica nella contemporaneità sono veramente sporadici. Si costruiscono scatole, contenitori di persone, piuttosto che edifici capaci di dialogare con noi, con la natura e con il cosmo intero. Questo non significa che tutti gli edifici debbano essere dei grandi monumenti e delle grandi “Sagrada Familia”, ma è la forza comunicativa e simbolica che non dovrebbe mancare, per poter essere in armonia non solo con gli
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Simbolismo
1 Arquitectura como juego simbolico in http://www.pa.upc. edu/Varis/altres/arqs/congresos/third-international-seminar-arquitectonics-network-tercer-seminario-internacional-arquitectonicsnetwork/comunicacions/albornoz-diego/at_download/file
aspetti fisici, come abbiamo visto Genius Loci, materiali, etc. ma anche con gli aspetti spirituali, quindi i sentimenti e la comunicazione immateriale tra l’architettura e l’uomo. Quello che, in effetti, l’ha sempre contraddistinta dalla sua nascita. Anche in questo campo abbiamo avuto una forte perdita di sensibilità quindi si cercherà di capire perché e quanto quest’aspetto sia importante, in che modo l’esempio gaudiniano potrebbe essere utile per rinnovare questo aspetto in futuro. Gaudí suggerisce che l’osservazione è la chiave per la comprensione e così le forme che sviluppa architettonicamente sono il risultato dell’osservazione della realtà e della natura applicata alle Sacre Scritture. I suoi modelli sono il regno vegetale, animale e minerale. La sua architettura è basata sulla geometria: elicoide, iperboloide, paraboloide. Quest’ultimo, ad esempio, si costruisce con due linee rette sino all’infinito e una terza linea che le unisce e rappresentano “Padre, Figlio e Spirito Santo”. Egli scopre la meccanica del tre posta dentro la geometria e la mette in connessione con la Trinità. Questo è solo uno dei tantissimi esempi di simbolismo
che possiamo trovare nella sua architettura, ma in realtà, non è solo questo che fa di essa un’architettura simbolica. Qualsiasi miscredente, ateo, o uomo non colto riesce a percepire la forza simbolica pur non riuscendo magari ad interpretare le centinaia di simboli di cui è permeata la Sagrada Familia. Gaudí và oltre il simbolo e và oltre il singolo elemento. Costruisce una grande cattedrale con lo stesso impulso e forza che erano utilizzate nella costruzione di quelle del Medioevo. Questo è evidente sia nella peculiarità di intrecciare attività e dare vita, proprio con le sue diverse strutture, ai diversi spazi e luoghi della vita comune, sia nello sforzo di simboleggiare, attraverso la propensione verticale alla divinità, la volontà di una città di rappresentarsi in quanto collettività. E questo concetto è attuale oggi come allora, nell’architettura ecclesiastica, ma anche nell’architettura vernacolare. Ma come mai oggi quest’attenzione sembra andata persa o messa in secondo piano, tanto che, spesso, neanche le chiese moderne riescono a supplire a questo compito? "A noi non interessano i monumenti", sostenevano gli architetti moderni. Gli architetti del Ciam avevano altri problemi da affrontare quali la casa per tutti, un
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linguaggio secco, industriale e astratto, l'utilizzo dei nuovi materiali e delle nuove scoperte costruttive, l'urbanistica e gli insediamenti che non lasciava spazio alle emozioni del simbolo2, e, come ben sappiamo, la nostra architettura essendo figlia del movimento moderno, ha portato con se, si la modernità, ma anche altri limiti che ancora oggi non si riesce a superare. Nell’opera simbolica devono potersi riconoscere gli abitanti della zona, gli utenti che usufruiranno di quella costruzione, i visitatori che saranno lì di passaggio, l’intera comunità, la città, spesso un’intera nazione. Il monumento, in quanto opera simbolica, deve essere pensato per quella comunità, per una collettività che ci si rispecchia, fuori dal tempo. Deve essere pensato e progettato con la prospettiva di non passare mai di moda, perché non deve seguire le tendenze, ma deve seguire l’animo della gente comune, che passerà di generazione in generazione il tesoro di quell’opera, quasi come se fosse anche un po’ propria. E’ questo ciò che succede con la Sagrada Familia. La gente la sente come propria, la vive come parte integrante della 2 A. Saggio, La via dei simboli, in ARCH'IT coffee break http:// architettura.it/coffeebreak/20001215/index.htm
propria esistenza, e in essa ci si rispecchia, attraverso, appunto, il simbolo. Il nuovo modo di vivere questo monumentalismo dovrebbe quindi giungere ad un livello che sta alla base del fattore civico, collettivo, della gente comune e mai di un solo individuo o di un’unica istituzione. Oggi la possibilità di rinascita di un’architettura simbolica, rappresentativa, monumentale con aspirazione collettiva c’è. Bisogna solo ritrovarne le motivazioni, il senso, l’essenza e l’utilità civica. Bisognerebbe ridare spazio alle emozioni, e ricordare che l’architettura non è solo forma e materiali, ma anche funzione e sentimento. Bisogna quindi allontanarsi dal mero funzionalismo e investigare sulla valenza simbolica che è la vera essenza dell’architettura. Ora mi viene spontanea una domanda. L’architettura simbolica nasce come tale, o lo diventa con il passare del tempo? Vale a dire, la carica simbolica di una data architettura è un processo che avviene a priori o a posteriori? Dipende dalle impressioni e dalle emozioni che la gente le attribuisce una volta accettata e assorbita come parte integrante
della loro vita? Carlo Beer3 afferma “nell’architettura contemporanea quando un edificio riesce ad esprimere e a rendere evidente, anche a persone comuni, la rete che coinvolge tutti, diventa un bell’ edificio, rappresentativo non solo della città in cui si trova ma anche di un preciso stadio dell’evoluzione umana, se poi la sua espressività perdura e rimane al passo con il pensiero dell’uomo affermandovisi con forza, diviene anche un simbolo inalterabile e subito riconoscibile come pietra miliare di cui si dovrà tener conto nelle architetture successive.” E’ questa la strada che bisognerebbe percorrere, ritrovare il simbolismo perduto nell’architettura moderna, reinterpretarlo nel presente, sempre senza dimenticare i riferimenti passati, e cercare di farlo funzionare sino al futuro. Non è di sicuro un compito facile, ma è una delle poche vie di salvezza per rifuggire dal formalismo e da quell’architettura che diventa obsoleta all’indomani della sua costruzione, spesso non accettata neppure dalla comunità per cui, in teoria, è stata costruita.
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3 C. Beer, Il simbolo e la nuova espressione, in http://spazioweb.inwind.it/carlobeer/assaggi.html
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Simbolismo: Funzione e forma
In Gaudí la funzione e la forma coesistono in armonia ed equilibrio, come parti costituenti di un’unica identità. Non viene data un’importanza maggiore o una preferenza all’una o all’altra, ma vengono trattate in modo armonico allo stesso modo e con lo stesso interesse. Imprescindibile equilibrio per la riuscita di una buona architettura. Inoltre il movimento moderno si basava sui due dogmi: “La forma segue la funzione” e “Less is more” (il meno è il più). Oggi cosa accade? La polemica tra chi privilegia la funzione trattando l’architettura come mero strumento per rispondere ai bisogni della gente e chi, invece, privilegiando la forma, carica l’opera architettonica di significati individuali o collettivi, è sempre accesa. Ci sono inoltre chi fa derivare la forma dalla funzione, atteggiamento proprio del razionalismo e dell’architettura funzionale, e chi inizia un progetto partendo dalla forma per poi arrivare successivamente a definire le funzioni a cui sarà destinato l’edificio. Forse né l’una né l’altra soluzione ci aiuteranno a designare l’architettura del futuro, ma possiamo provare a percorre la strada della mediazione dei due elementi, funzione e
simbolo, come Gaudí stesso faceva. Fare una buona architettura infatti non significa solo riorganizzare lo spazio per lo svolgimento di date funzioni sociali, ma neanche raffigurare solo il mero senso e simbolo come se si trattasse di una scultura. Questi due elementi devono, non solo essere compresenti nell’architettura del futuro, ma devono anche avere lo stesso peso in quanto importanza, ovvero avere la stessa priorità, concorrere per trovare il punto di incontro esatto tra forma e funzione. Funzione e simbolo devono essere legati in modo indissolubile l’uno all’altra, coesistere insieme nell’opera architettonica, essere due poli dello stesso sviluppo. Più un'opera di architettura esprime attraverso la forma il proprio significato, identificandosi con la funzione, più essa è valida. Ovviamente questo avviene più facilmente quando il significato è chiaro, istantaneo e soddisfa anche le richieste della collettività. È proprio quando avviene che la forma si identifica col contenuto funzionale, interpretandone il senso, che l'opera diventa un simbolo1. 1 P. Coppola Pignatelli, Funzione e simbolo nella opera di architettura, Roma
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97) 150imo anniversario della nascita di Gaudí. Gaudí 2002
106) Scala a chiocciola nella Sagrada Familia Da www.sagradafamilia.cat
98) Santiago Calatrava , Brookfield Place, Toronto
107) Consacrazione da parte del Papa della Sagrada Familia , 7 Novembre 2010 Da www.sagradafamilia.cat
99) Particolare Brookfield Place a Toronto di Santiago Calatrava 100) Particolare del Mercato di Santa Caterina, Barcellona, di Miralles e Tagliabue Foto di Carles Salmeròn i Bosch e Veronica Murracino
108) Modello statico funicolare dei carichi. Studio della colonia Guell Da www.sagradafamilia.cat 109) Sagrada Familia, tra terra e cielo
101) Negozio TODS di Toyo Ito a Tokyo
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102) Norman Foster progetto per il nuovo stadio di Barcellona 103) Particolare della copertura del Mercato di Santa Caterina, Barcellona, di Miralles e Tagliabue 104) Particolare della Torre Telefonica di Santiago Calatrava Foto di Carles Salmeròn i Bosch e Veronica Murracino 105) Torre Agbar di Jean Nouvel Foto di Carles Salmeròn i Bosch e Veronica Murracino
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Conclusioni
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“Oggi, che tanta architettura contemporanea mostra spesso la sua angustia e la sua ripetitività, il messaggio di Gaudí torna prepotentemente attuale, intriso com’è d’intensa percezione della materia e delle sue possibilità espressive. C’è insomma molto più futuro nel passato di Gaudí, che non in molte delle presenti esperienze architettoniche. Riflettere su tutto ciò, e trarne stimolo per una rinnovata affermazione dell’architettura, intesa come occasione di gioiosa espressione di vita, al di fuori di certi stilemi contemporanei, è un compito didattico e
bisognerebbe soffermarsi a riflettere sull'insieme di questi elementi e cercare di ascoltare il suo messaggio. Qui non parliamo di forme, di gaudinismo, di una scuola con regole teoriche ben definite applicabili in ogni contesto e in ogni progetto. Tutt'altro. Parliamo di interpretazione, di profonda riflessione, di studio accurato. Quindi il luogo, primo elemento con cui ogni progettista si scontra all'inizio di ogni progetto. E' la terra da cui veniamo, le tradizioni che conosciamo, o da cui provengono le persone che abiteranno un determinato sito.
professionale più che mai necessario, se crediamo ancora che il nostro tempo abbia qualcosa da dire.”1
L'importanza dello studio del luogo, in tutti i suoi elementi, storici e collettivi, sociali e tradizionali, naturali e materiali, è fondamentale per la creazione di un'architettura in armonia non solo con il contesto ma con l'essere umano stesso. Ritrovare la “dimensione umana”, assieme al “senso umano” dell'architettura, è sicuramente un compito
Questo lavoro di tesi, ripercorre alcune tappe fondamentali dell'architettura di Gaudí, portando in evidenza i suoi aspetti più intimi e morali, per capire il metodo, la forza, il senso, in relazione specialmente alla materia ed allo spirito, cercando di mettere alla luce lo stretto rapporto con l'essere umano ed i suoi luoghi di vita e di espressione. Per capire quale possa essere il filo che possa condurci verso una nuova, futura, rinnovata concezione dell’architettura, 1 G. Pane, Gaudí tra passato e futuro dell'architettura, in Il Mattino, 18 Aprile 2005
doveroso per rifuggire dalla disumanizzazione degli ultimi tempi. Inserire armoniosamente un edificio nell'ambiente naturale non significa per forza mimetizzarlo in esso, copiare oggi una colonna arborescente (come abbiamo
visto in vari esempi contemporanei) bensì significa fare propri i principi del senso dell’architettura, della natura e dell’ecologia, che portano direttamente ad un’architettura a misura d’uomo, fatta per l’uomo, dall’uomo. La risposta, quindi, non è nel linguaggio formale, ma nel senso per il quale Gaudí decide di utilizzare un linguaggio ben specifico. Con lo stesso spirito, ognuno di noi dovrebbe trovare il proprio linguaggio, contestualizzandolo sempre alla propria epoca e alla comunità con cui si raffronta, e quindi con il luogo stesso.
sia più quella verso l'individualismo e la gloria personale (spesso e volentieri a discapito di bisogni collettivi, con la perdita dell'etica costruttiva) ma, piuttosto, si diriga verso un'architettura ragionata, che abbia la coscienza di esistere in un determinato luogo, per un determinato motivo, per delle determinate persone. Allo stesso tempo, l'edificio architettonico dovrebbe essere un progetto comunicativo, che vada oltre la firma dell'architetto che l'ha ideato. Le opere di architettura dovrebbero poter essere pensate
Abbiamo detto che Gaudí non fa scuola, ma va capito nella sua essenza, e credo sia importante tramandare questa essenza nella progettazione. Lo stesso Frank Lloyd Wright scrisse: “Sembra ormai che oggi gli architetti non abbiano altro che una cosa in comune, qualcosa da vendere: per l’esattezza, se stessi. Ovviamente, ciò che viene venduto, in definitiva, non può
e costruite come vero patrimonio comune, poter essere valide universalmente e atemporalmente. Occorre capire le necessità dell'essere umano, ovvero essere prima di tutti uomini comuni, con esigenze e bisogni comuni, per essere allora poi dei validi architetti. Capire e sopperire a questi bisogni significa anche, quasi automaticamente, ricevere consenso.
essere altro che l’architetto. L’architettura non è in loro”.2 E' evidente quanto ancora questa frase sia valida ai giorni nostri e che la strada che bisognerebbe percorrere non
Questo deriva, oltre dalla risoluzione di problematiche primarie, anche dal coinvolgimento della comunità nell'opera architettonica, sia grazie al simbolismo ed alla forza comunicativa di quest'ultima, sia grazie alla collaborazione tecnica dei diversi attori competenti in
2 M. Fadda, Architettura contemporanea. Tra divismo, cinismo e ipocrisia. La qualità dell’ambiente urbano non è più un impegno etico in Europa Oggi http://www.europaoggi.it/
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tutti quei campi necessari per la corretta definizione di un progetto specifico. La grandezza e l’importanza oggi dell’opera di Gaudí è stata affermata dalla sua universalità e dal fatto che il tempo non abbia intaccato la sua validità.
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“L’originalità consiste nel tornare alle origini; originale è, dunque, ciò che con mezzi nuovi fa ritorno alla semplicità delle prime soluzioni. Non è possibile procedere senza riferirsi al passato e trarre profitto dallo sforzo e dalle conquiste dei generi [architettonici] che ci hanno preceduto. Dobbiamo, infatti, basarci sul passato, ma evitandone gli errori, per arrivare a compiere una qualche opera di valore. L’originalità stessa consiste nel rivivere i principi fondamentali più lontani; la vera originalità sta nel tornare alle origini; non si deve però essere originali di proposito, perché il nostro stile ce lo portiamo dentro e sorge spontaneamente”3. Per costruire il futuro dell’architettura dobbiamo quindi guardare al passato e trarne insegnamento. L’architettura 3 I. Puig Boada, Idee per l’architettura. Scritti e pensieri raccolti dagli allievi, ed. it. a cura di M. A. Crippa, Milano, 1995, p. 124
di oggi dovrebbe essere pensata già per il futuro di domani, dovrebbe essere fatta per quel futuro, predisposta per poter essere attuale nonostante lo trascorrere del tempo. E’ questo che fa Gaudí. Dovrebbe essere tecnologicamente avanzata rispetto all’oggi ma dovrebbe sempre avere un forte legame con il passato. Qui sta l’attualità di un’opera costruita nella fine dell’800 che ha ancora molto da raccontare oggi. Gaudí sapeva benissimo che ci sarebbero volute tre generazioni per completarla. Era un’opera per tutti, pensata per la comunità del tempo ma anche per quella futura. In che modo, quindi, l’architettura di oggi e di domani dovrebbe e potrebbe essere attuale? La gestualità contemporanea è evidente quando troviamo differenza tra lineamenti e contenuti, tra struttura e forma, tra domande e attuazioni. Riportare nella giusta luce l’importanza dello studio su Gaudí, è necessario proprio ora, in questo contesto in cui tanta architettura contemporanea ha perso i propri valori etici. L’indirizzo che ci offre l’architettura di Gaudí fugge dall’ostinatezza funzionale, dal culto dell’immagine e dalla
mera ricerca di profitto, cercando la propria ispirazione direttamente dal popolo, dalla tradizione, dalla natura e dal senso comune. Si dovrebbe cercare un nuovo linguaggio architettonico, fondato su risposte concrete alle moderne e complesse necessità civili e sociali. Lo sforzo collettivo, ritrovabile nell'attualità nella progettazione integrata e nel lavoro pluridisciplinare, può, rifacendosi alle esperienze passate, guardare al futuro con un approccio diverso da quello attuale, cercando di rigenerare e dirigere l'architettura verso una rinnovata dimensione umana. Come ultima analisi il ruolo della tecnologia, dei materiali e delle tecniche costruttive all'avanguardia è anch'esso di fondamentale importanza. Ma solo se non lasciamo che questo finisca per essere l'obiettivo del nostro lavoro, e soprattutto se questo non ci faccia dimenticare della tradizione. Dobbiamo far si che rimanga un ottimo mezzo che ci possa permettere di giungere ai nostri scopi, uno strumento che ci offre tante possibilità e metodi d'espressione, che non dovrebbero, però, sostituire l'essenza primaria del fare architettura. Un mezzo che sia
attuale ma allo stesso tempo non cancelli la memoria, in virtù della nuova tecnologia. Il connubio tra arte, tradizione e tecnologia potrebbe essere la strada giusta da percorrere, mantenendo sempre un equilibrio con la natura attraverso mezzi che possano essere sostenibili. La comunicazione simbolica dell'architettura passa attraverso la materia, giunge a noi attraverso i sensi, ma sta nella sua intima essenza il significato più recondito. E questo significato non è mai generato da un solo elemento; è un significato più profondo e a generarlo è la compartecipazione di tutti gli elementi che sono stati analizzati in questa tesi, e probabilmente di altri, che verranno magari alla luce da successivi studi. Gli elementi materiali e geometrici, gli elementi di organizzazione del lavoro e tecnici, rimandano direttamente alla coralità, al dialogo, alla comunicazione tra le persone, i metodi costruttivi, la materia stessa. Non dimentichiamo che Gaudí era un uomo di grandi conoscenze, conosceva le leggi universali del creato, ed è dalla natura, dal “passato”, che ha potuto studiare, sperimentare, e creare la propria filosofia architettonica. Ma perché parlo di comunicatività dell'architettura che va
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oltre il formalismo? Perché, in prima persona, mi sono sempre trovata in difficoltà a spiegare la mia passione per Gaudí, o la mia emozione ogni volta che mi sono trovata davanti, o dentro, la Sagrada Familia. Ho potuto constatare che, per quanto le mie sensazioni fossero suscitate dalla materia, questa da sola non era sufficiente per giustificare quella sensazione. Mi sono domandata, allora, se la causa potesse essere attribuibile alla forma. Ma anche questo non era sufficiente. E' stato attraverso questi studi, attraverso le continue visite al cantiere, all'intervista con l'attuale Architetto coordinatore e direttore dei lavori Jordi Faulí i Oller4, che ho capito che bisognava arrivare all’essenza della sua architettura, data dalla materia fisica come la pietra, ma anche dalla sensazione suscitata da un sottile riflesso di luce accuratamente studiato, così come anche dallo sforzo invisibile di tutte le persone che hanno contribuito, in ogni modo, alla sua costruzione ed alla sua continuazione. Ma forma, materiale, luce e spazio sono presenti nella maggior parte delle architetture, passate e 4
Cfr. Appendice
contemporanee. Cosa distingue allora questa grande opera da tante altre? Credo che, la particolarità di ogni elemento presente nell'opera, la natura di questa forte emozione, sia riconducibile all’amore. Amore di Gaudí per la sua terra, per la comunità dei fedeli, amore per Dio e, probabilmente per l'umanità intera. Di tutto questo amore è intrisa la Sagrada Familia, ed è lo stesso amore che viene riflesso, come farebbe uno specchio, a chi la contempla: dall'architetto, al contadino, al muratore, alla casalinga, all’uomo di scienza o di religione. E' l'amore della collettività che continua a volere profondamente che quest'opera venga finita. Costruita per volontà del popolo, con l'aiuto del popolo. E' questa l'aria che si respira nella Basilica ancora oggi. Mi sono domandata anche perché proviamo quest’emozione. Ebbene, la sua architettura ci spoglia delle inibizioni, delle corazze, e noi ci immergiamo nella sua contemplazione. Per fare questo egli crea, attraverso la metafora della natura, e attraverso il rapporto mistico tra terra e cielo, un dialogo con l’uomo che è primitivo e
che va ad accarezzare il nostro subconscio. Questo è il più grande esempio di architettura simbolica e comunicativa. In quali altri luoghi è possibile provare un’esperienza del genere? Probabilmente solo in natura. Gaudí riesce a farci assaporare l’equilibrio cosmico che si prova a stretto contatto con la natura, in un’opera di architettura. Riesce ad immergerci totalmente nella sua essenza e farci sentire parte integrante della struttura, e allo stesso modo, farci percepire la struttura come se fosse parte integrante di noi. È un’architettura capace di darci delle emozioni, o meglio, capace di darci la possibilità di provare ognuno la propria emozione. E’ questo che, in aggiunta agli elementi evidenziati prima, dovrebbe fare l’architettura del futuro. Essere capace ancora di emozionare l’uomo. Spero che questo percorso, oltre ad essere stato un'importante riflessione per me, ed un insegnamento attraverso i suoi elementi architettonici, possa anche costituire una riflessione per chi leggerà questa tesi di laurea. Spero possa essere uno spunto per ulteriori studi,
personali o di altri, così come lo sono stati per me tanti scritti di altre persone appassionate. “Gaudí era un grande artista. Vivono e vivranno solo coloro che sanno toccare davvero il cuore sensibile degli uomini”.5
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5
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Intervista a Jordi Fauli i Oller 23 Aprile 2012 V: Ho fatto una ricerca sulla continuazione dei lavori e su tutte le polemiche sulla opera di Gaudí. Il punto che mi interessa ora è quello dell’artigianato, di tutto il lavoro della comunità, che è stato il lavoro fatto da molte persone, degli artigiani, ma anche della gente comune, che con donazioni ha aiutato a costruire la Sagrada Familia. I punti di mio interesse sono due: il primo è la differenza tra il lavoro artigianale che può esserci nella SF rispetto al lavoro spesso seriale che si fa ora nell’architettura contemporanea, e secondo la differenza che c’è tra il lavoro “antico”, degli artigiani, e come si prosegue oggi. Se si è perso qualcosa, se ci sono novità, che possono essere positive o negative, se c’è una continuità. Diciamo, quindi, le relazioni tra la SF ed il lavoro più industrializzato che possiamo trovare oggi.
Appendice
J: La SF è un esempio di diverse tipologie di tecniche di costruzione , dalla serialità all’artigianato: in ogni caso specifico si tratta di trovare la strada migliore a seconda di quello che dobbiamo costruire. La semplice architettura che propone Gaudí nei suoi modellini, è un’architettura costruita con molte poche
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forme geometriche, è importante perché questo permette la riproduzione in serie, però il risultato è una lettura in tre dimensioni. Inoltre Gaudí sapeva che la sua proposta si poteva seriare, a partire da uno stesso elemento, ripete diverse volte, però il risultato era come un bosco […], ossia che il risultato non è freddo, ma ha vita. V: E’ questo il punto. Perchè ci emoziona la SF e non un’altra opera?
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J: Si, e perché emoziona cosi tanta gente? Ossia, tanta gente tanto diversa. L’architettura moderna ha molto proselitismo, crea molti edifici. Però a volte interessa un gruppo determinato di persone, con un fondamento concreto sulle forme moderne. C’è architettura moderna che interessa delle persone e altre no e, a volte, perché si possa capire in ogni aspetto, a volte non sempre, devi leggere scritti sull’architetto, devi entrare nel suo modo di vedere l’architettura, no? O a volte ci sono effetti che sono monumentalità, o composizione geometrica, o luce, però sono un tema o un altro dispersi, no? Quello che riesce a conseguire Gaudí qui è che, qualsiasi persona, architetto e non, si ferma. Ci sono poche persone a cui è indifferente, perché vedono qualcosa di diverso. Però non differente per essere differente, ma
qualcosa che li aiuti a sentirsi bene, che li aiuti a sollevare lo spirito, e questo è dovuto a tutto. E’ dovuto alle forme, è dovuto al fatto che tutto è pensato a partire dalla forza di gravità. C’è una struttura di forma arborescente molto logica, che va a cercare le volte coperte, la struttura di colonne inclinate, a volte si raggruppano delle colonne sino ad arrivare al centinaio di metri e questo , la gente lo capisce immediatamente, e lo riconosce, magari riconosce paesaggi naturali che hanno visto, e stanno bene. (per quello che riesce a fare Gaudí) no? V: Questo non è solo grazie al progetto, alle forme... J: Bene, allora questo passa prima grazie al progetto. Il progetto che parte da delle forme, e prima di tutto che sia pensato a partire da una struttura molto equilibrata, molto logica. Partendo da delle forme che, come tu sai, sono tutte geometriche, […]combina forme molto diverse, il cui risultato conseguente è essere un bosco, una struttura naturalista, prodotta solo dalla geometria, solo con intelletto, dall’uomo. Allora, di base è prima il progetto, ed il fatto che questa struttura di alberi, colonne inclinate, permetta alla luce di entrare. Questo è anche molto importante per le finestre e per le volte che si trovano all’interno delle navate. Di base quindi è il progetto, però di più sono le forme che, avendo le loro regole di tipo geometrico, sono facili da creare in pietra, o riprodurre modelli di gesso, o pezzi prefabbricati,
facili da prefabbricare, o da montare in opera, perché hanno delle regole: le rette da cui sono formate seguono delle linee determinate che conoscono tanto l’architetto che le ha disegnate come il modellista di gesso, come il tagliapietre esterno che lavora i pezzi. Tutti conosciamo queste regole del progetto e quindi sappiamo come farlo. V: E per quanto riguarda la differenza del lavoro dell’artigianato? J: C’è di tutto. Molte finestre, alcune parti di volte, sono state fatte con forme, con modelli, con negativi delle forme, e dopo riempite con cemento, o in laboratorio o in opera. Questo inoltre come si va ripetendo, ci ha permesso di ottenere modelli, superfici di finestre, superfici di volte, che siamo andati a sfruttare, utilizzandole sino a 8-12 volte, spesso anche di più, a seconda dei casi, per costruire volte di cemento o costruire finestre di cemento prefabbricato. Con la serialità, con la standardizzazione. La standardizzazione è un tema tipico del movimento moderno, questa è un ipotesi abbastanza certa, Gaudí sapeva dov’era, e sapeva che quello che stava pianificando era all’interno del movimento moderno . Lui da la sua risposta, ed è una risposta molto differente da quella di Le Corbusier. Si basa comunque sulla geometria, sull’uso della luce, sulla standardizzazione, però in ogni caso è un bosco, in cui sembra tutto differente anche se c’è qualcosa
che si va ripetendo. V: E’ come un mix tra artigianato e le innovazioni tecnologiche del tempo? J: Esatto. Guadì fa qualcosa di impressionante ovvero mettere il vetro di Venezia, Murano, costruire i pinnacoli della facciata della Natività con muratura armata, con cemento Portland. Nessuno prima aveva fatto una simile operazione […] sfruttava i 100 m di altezza. Quindi anche noi dovremo procedere con le possibilità che ci da la tecnica attuale, però seguendo le proposte di Gaudí, i materiali, le forme, il progetto. La pietra. Questo è quello che ti commenterò in relazione alla tua raccolta. La forma abituale di lavorare la pietra per un tagliapietre è avere un plastico al lato, o un modellino, e a partire da questi crea un elemento, le modanature, le finestre, o quello che sia. Qui la maggior parte degli elementi sono gli iperboloidi e i paraboloidi, come prima dicevamo, che permettono che il tagliapietre nella nuova architettura di Gaudí, dall’antica alla nuova, conoscendo le leggi di questa geometria, possa porre una regola, andare tagliando sino ad ottenere un iperboloide, un paraboloide, fatto a mano. Però siccome stiamo progettando con la geometria, è
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possibile per noi creare modelli virtuali con il computer a tre dimensioni del progetto che abbiamo fatto.
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E questi modelli ci permettono di poter elaborare finestre di pietra non manualmente, ma fatte con l’informatica. In quanto con JPL, o con un altro programma, permettono di impostare i parametri per far lavorare un disco o una fresa per tagliare la pietra. Molte volte non si fa subito il taglio definitivo, ma il quasi definitivo. L’ultima mano è del tagliapietre. Non sempre, però molte volte è cosi! Ossia è una combinazione tra informatica e delle rifiniture a mano fatte dai tagliapietre o dagli artigiani. Ci sono elementi fatti a mano, elementi fatti solo con l’informatica e anche elementi che combinano i due metodi. V: E per esempio, le parti tagliate con la tecnologia informatica perdono qualcosa di quello che mi può dare la sensazione di un pezzo fatto a mano? O no?
volte si combinano pezzi fatti solo a mano e pezzi solo fatti con l’informatica, ma la prassi è come detto prima, combinare le due metodologie. V: E per quanto riguarda la gente? La gente normale, non so, del tempo di quando c’era Gaudí. Vi erano interazioni con il lavoro? o solo con le donazioni? come ha reagito? Io penso che la SF è stata voluta molto dalla gente, dal quartiere. Com’è stata l’interazione? Perché ora la maggior parte delle persone che arriva sono più turisti, che già conoscono l’opera magari… Prima c’era qualcosa di voluto... le persone volevano aiutare a costruire l’opera, in qualche modo… J: Ti faccio una domanda: da dove viene il tuo interesse per la SF? V: Adesso? J: Si
J: Si, chi conosce la mano del tagliapietre si riconosce sempre. Però ci sono finiture fatti a macchina che sono molto ben fatte. Io penso che sia conveniente che il pezzo finale sia fatto a mano, come facciamo molto spesso. Prima il lavoro difficile, difficile per numero di ore, fatto informaticamente, e dopo le rifiniture fatte a mano. Alcune
V: E’ qualcosa di interiore... J: Interiore però conseguente alla mostra di Cagliari? V: No
J: O qualcosa di interiore? V: Si, dalla prima volta che l’ho vista, 8 anni fa. J: E cosa ti ha attratto? V: E’ qualcosa che non so spiegare. J: Già... è un sentimento interiore… V: Si. J: Questa attrazione che ti ha provocato, che ti ha prodotto la SF è quella che ha molta gente. Immaginati l’anno 1918, qui attorno c’erano poche case, molti campi, case in costruzione, e immaginati la gente che passa per la calle Marina e vede li 60 metri di ponteggio e dietro delle forme che non avevano mai visto, prese dalla natura. Vedono anche che ci sono dei modelli di sculture di gesso posti nella facciata, possono vedere l’architetto con i suoi lavoratori osservando, commentando, possono vedere come stanno le persone, che si stanno muovendo per le sculture di gesso a partire da forme naturali, e tutto questo nei campi. Vedendo come ogni giorno di attività andava crescendo e tutto questo lo pagava la gente, qualcuno dando molti soldi, qualcuno meno, e questo impressionava. E chi lo dirige? Un architetto che si dedica solo a questo (a partire dal 1914 Gaudí si dedica solo a questo). Questo impressionava,
dava un entusiasmo e un’identità. Per la maggior parte la SF è qualcosa di proprio, la gente considera la SF come qualcosa di suo. Noi costruiamo qualcosa che ha dei valori in cui noi ci identifichiamo, che si identifica con questo modo di costruire, con l’architetto, con il fatto che si sta costruendo un edificio che sarà per il futuro. Perchè Gaudí ha visto solo una facciata finita! Non ha visto il tempio, ma solo una facciata finita! E i suoi successori un’altra facciata finita! E c’è la sensazione che stiamo lavorando non per noi stessi, ma che stiamo lavorando per il futuro, per quelli che verranno dopo. Però è che il fatto di lavorarci riempie, visitandola riempie. Questo già riempie […] ci si sente partecipi di qualcosa che hanno iniziato i propri bisnonni, qualcosa di cui già parlavano e che forse i nipoti vedranno finita. Questo è qualcosa che entra dentro l’immaginario, dentro la conoscenza (o coscienza?) no? È questo quello che Gaudí prevedeva, quando diceva: “verrà gente di tutto il mondo a vedere quello che facciamo” e questo non era vedere quello che facciamo, ma sentire quello che facciamo, ed essere attratti per quello che stiamo facendo. Gente di tutto il mondo collabora, anche con donazioni, alla costruzione. Gaudí pensò ad un tempio proprio del paese, la facciata della natività è un presepe, come vede tutto il mondo ha molti elementi popolari catalani, però ha una spiritualità
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cattolica, che è ben studiata. Che tutte le persone, anche se non sono cattoliche, possono sentire qualcosa, quando entrano, quando devono tornare, e spiegarlo ad altra gente […] Anche tu lo spiegherai, se non l’hai già fatto, magari ad un gruppo della Sardegna o a degli amici , gli spiegherai il tempio.
di altre parti della Spagna. Abbiamo anche materiali da tutto il mondo, porfido dall’Iran. V: Prima i materiali erano solo della zona? J: All’interno no, però quello di fuori, è tutto della montagna di Montjuic!
V: Si... V: Ah...
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J: E’ un miracolo... è un miracolo perchè è unico al mondo! Ed è stato pensato da un architetto che è un miracolo, in quanto unico la mondo! Ed è pensato da un architetto che si è dedicato perchè aveva una fede interiore molto forte e come architetto aveva la necessità di questo, non di crearlo ma di comunicarlo. E questo permette che questa sia un’opera di generazioni e di gente di tutto il mondo. V: però i lavoratori erano la maggior parte catalani, di Barcellona? J: Attualmente la maggior parte sono catalani. V: Anche adesso? E prima? J: Prima sicuramente! Di Barcellona, della Catalogna, però ci sono anche dei lavoratori di pietra fuori dalla Catalogna,
J: La parte interiore sarebbe del sud di Catalogna, però c’è porfido dell’Iran, della Cina, basalto di Bagnoregio a Roma. V: Perchè questo? J: Perchè c’è necessità di costruire e siccome non c’è più pietra qui dobbiamo andare a cercarla. V: E’ una questione di costi? J: No, mettiamo in conto i costi, però normalmente è la qualità l’importante. Per esempio il basalto ne abbiamo molto buono a Castellfollit. Però siccome quella era completamente dedicata alle riforme olimpiche spagnole, negli anni 90-91, abbiamo dovuto cercarlo in un sito
italiano, a Roma. V: E un’ultima domanda: come è cambiata la sicurezza nella opera? J: Non sono molto documentati gli incidenti, grazie a Dio, dopo l’anno 1954, quando hanno ripreso i lavori importanti dopo la guerra civile, non c’è stato nessun incidente mortale nell’opera, grazie a Dio. Nella costruzione antica della facciata della Natività vi sono documentati alcuni incidenti, di ponteggi di legno, percorsi di corde. La sicurezza era molto minore. Adesso è molto migliorata. Controlliamo che sia alta, prima di tutto perché possiamo, nel senso che normalmente quando montiamo un ponteggio ci passa molto tempo, e possiamo studiarlo perché sia ben montato, con sicurezza ecc. Secondo perché un incidente sarebbe grave di per sè, ma anche per l’immagine del tempio. Intervista a Jordi Fauli i Oller 15 Maggio 2012 V: Quale sarà il futuro degli edifici di fronte alla Facciata della Gloria?
J: Nel piano generale di Barcellona fatto dal Comune, il blocco di case di fronte alla SF è interessato come area verde, così un giorno sarà possibile seguire la costruzione della facciata della gloria, ma questo è di competenza del Comune. V: Com’è definita la qualità artigianale di oggi? J: Nella costruzione della SF abbiamo degli artigiani altamente qualificati, i fabbri lavorano il ferro forgiato come si faceva ai tempi di Gaudí, i muratori lavorano la volta catalana con le finiture dell’epoca di Gaudí. V: C’è un riuso dei materiali? J: Non si riutilizzano i materiali come lo faceva Gaudí, però per esempio si riutilizza la pietra di Montjuic da altri edifici di Barcellona per costruire il Tempio. V: Chi e com’era l’artigianato a Barcellona e in Catalogna al tempo di Gaudí? Oggi cosa rimane dell’esperienza degli artigiani in Catalogna e Spagna? J: L’epoca modernista non sarebbe stata la stessa senza l’artigianato a Barcellona e Catalogna, e oggi giorno esiste, però in quantità molto minore.
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Desidero innanzitutto ringraziare il Professor Antonio Tramontin, relatore di questa tesi di laurea, per tutta la fiducia dimostratami, per avermi illuminato ed aiutato durante l’intero periodo di ricerca e di stesura, ma soprattutto per aver sempre creduto in questo lavoro. Inoltre ringrazio sentitamente la Professoressa Maria Antonietta Crippa per gli utili consigli, gli spunti di riflessione e la sua grande disponibilità, l’Ing.Angelo Ziranu per il costante supporto a Cagliari e a Barcellona e l’Ing. Nicola Cotza per gli ottimi suggerimenti. Intendo ringraziare anche la Càtedra Gaudí della Escola Tècnica Superior d’Arquitectura de Barcelona-UPC, e l’Arxiu della Sagrada Familia, in particolar modo la gentilissima Laia Vinaixa, per avermi fornito testi e dati indispensabili per la realizzazione della tesi. A questo proposito vorrei ringraziare specialmente l’Arch. Jordi Faulí per la sua disponibilità e per l’intervista; il Prof. Josep Gómez Serrano per i suoi consigli e la visita al tempio.
Ringraziamenti
Ulteriori ringraziamenti vanno all’Arch. Jesús Ruiz de
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Guinea dell’Associazione Amics de Gaudi, ed al mio amico Carles Salmerón i Bosch per le foto e per l’immenso aiuto durante la mia permanenza a Barcellona. Grazie anche agli enti Ersu ed Ismoka, per le borse di studio che mi hanno permesso di effettuare le ricerche in Spagna.
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Vorrei inoltre esprimere la mia sincera gratitudine ai miei amici e colleghi che mi hanno sostenuto durante tutto il percorso di studi, in particolar modo Alessandro, Dario, Martina, Renato per il supporto finale, e Roberto per essermi stato vicino sia nei momenti felici che nei momenti difficili. Come ultimo ringraziamento, nonché il più importante, ho desiderio di ringraziare con affetto tutta la mia famiglia, per il sostegno morale ed economico che mi ha permesso di raggiungere questo traguardo. Grazie agli zii, in particolare Diego, Mirella e Luca, per esserci stati ogni qualvolta avessi avuto bisogno di loro; ai miei cugini e cugine, che sono la mia gioia; ai nonni ed in particolar modo nonna Dina che
è sempre stata un esempio di amore per tutta la famiglia; a Mauro che mi ha accolto nella sua vita come una figlia; a Daniela e mio padre, che mi hanno trasmesso l’amore per lo studio e per l’arte e che, sono sicura, sarebbero stati fieri di me ora. Dulcis in fundo, grazie a mia madre che, nonostante tutte le difficoltà, con il suo affetto, la sua pazienza e la sua forza mi ha sempre dato la giusta motivazione per raggiungere questo traguardo. Grazie di cuore.
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