Il Presepe dei Ricordi Nei ricordi un lontano Natale avvolto in quel clima invernale d’una magica notte ancestrale … Sembrava una fiaba d’amore vissuta con l’animo e il cuore nell’attesa del Gesù Redentore … Ogni mamma accendeva il camino e il papà era assai più vicino nel giocare come un vero bambino … Dietro i vetri fioccava la neve, sulla strada la luce era lieve, zampognari dal passo breve … Un fringuello era sul davanzale
e nell’aria un profumo estasiale che annunciava a tutti il Natale … Si cercavan statuette in cantina, il muschio fra anfratti in collina e i Re Magi nella carta velina … Pastorelli, lavandaie, l’arrotino, pecorelle, due cani, un bambino e il fuoco era un bel lumicino … Le casette di colla e cartone ed un pozzo vicino al torrione sulle mura della recinzione … Erba secca, segatura e farina, per rovi, brughiera e brecciolina, del nevischio una spolveratina …
Non mancavano il bue e l’asinello nella Grotta del giorno più bello per l’avvento del Re Bambinello … Sorridenti Giuseppe e Maria, per quei versi di celeste poesia ovattati di fede e magia … E nel cielo la stella cometa che ai credenti indicava la meta dell’attesa novella più lieta … Nella stalla di paglia e di fieno già nasceva il Dio buono terreno che ogni cuor rende puro e sereno … Così in casa brillava una luce che la gioia e l’amore produce e ogni screzio ed offesa ricuce … Pettirosso cantò sulla siepe mentre noi, tutti intorno al presepe pregavamo alla veglia di sera catturati da divina atmosfera, che durava anche oltre il mattino e per sempre con Gesù Bambino …. Emilio D’Andrea
dicembre 2013
LA POIANA PARLANTE racconto di Natale di Emilio D’Andrea
< Le alte temperature di quella torrida estate avevano favorito l’espandersi di numerosi incendi boschivi, mettendo a repentaglio la sopravvivenza della ricca vegetazione e delle tante specie animali che popolano la nostra maestosa montagna ... > . Così comincia la favola che il vecchio nonno Pipa racconta con la solita dovizia di particolari al piccolo Andrea, il curioso nipotino di circa sei anni che non smette mai di interromperlo:
< Ma quale montagna, nonno? Quella che adesso è tutta imbiancata di neve? > . Il vecchio, alzandosi con non poche difficoltà dal comodo sofà sistemato vicino al caminetto acceso, gli si avvicina e pulendo con un braccio i vetri appannati del balcone conferma: < Si, proprio quella, che da millenni domina ed accompagna la vita, la storia e le leggende di questi territori > . Il bimbo, che pure l’ha vista tante altre volte, appare
stupefatto: < Ma è grandissima, sembra un gigantesco pandoro e gli alberi, dimmi, sono tutti bruciati? > . < No, solo alcuni sono andati distrutti - replica dolcemente il vecchietto e, adagiandosi nuovamente sul divano di stoffa colorata per riscaldarsi le mani vicino al fuoco, riprende il racconto col suo tono pacato e coinvolgente - proprio mentre le fiamme divampavano inarrestabili e violente, una planante poiana, spaventata più del solito da quelle alte lingue di fuoco, attraversò la densa e soffocante cortina di fumo per raggiungere la vicina stazione dei Vigili del Fuoco e chiedere con forza il loro pronto intervento > . Il nipotino, sedutosi accanto, con disarmante semplicità gli domanda: < Ma che cosa è una poiana, nonno? >.
L’anziano stringendolo amorevolmente a sé gli spiega: < E’ un grosso uccello dal piumaggio marrone e dagli occhi vispi, una specie di falco che nidifica e vive proprio in questi boschi > . Andrea, regalandogli un sorriso di innocente disapprovazione,
commenta: < Ma nonno gli animali non parlano, solo il grillo parlante di Pinocchio riusciva a farlo; come ha potuto quell’uccello avvertire i Vigili del Fuoco? >. Il vecchietto sorride divertito: < Hai ragione piccolo mio, ma devi sapere che tutta la natura comunica e si racconta in un magico concerto di voci, canti e suoni: il sibilo del vento, il rimbombo delle onde del mare, il fruscio delle foglie.
A volte anche con lamenti e richieste di aiuto, proprio come le insistenti strida di quella disperata poiana, che col suo agitato battito d’ali ha fatto comprendere la gravità della situazione > . Il bimbo, rimasto a bocca aperta per quelle rivelazioni che gli sembrano a dir poco straordinarie, aggiunge: < Che bello, allora anch’io potrò parlare con gli animali e farmi raccontare le loro storie segrete? > .
< Certo, piccino mio, sta a noi saper cogliere il significato di un gesto di un nostro simile o di un animale e anche tu, col tuo grande e sensibile cuore, saprai comprendere e
assaporare il fascino della vita e le meraviglie del mondo: basta aprire il proprio animo agli altri ed ogni azione ci renderà tutti più buoni e generosi > .
recipiente nel lago della valle, getta acqua dall’alto per spegnere il fuoco in meno che non si dica > . Il nipotino vuole saperne di più: < Che bella storia nonno, ma la poiana ha ringraziato i Vigili per aver salvato il bosco? > .
Andrea è sempre più conquistato da quelle dolcissime parole: < Si, si, nonnino mio, ti prometto che anch’io sarò sempre buono e generoso, non farò più arrabbiare mamma e papà, vedrai - ed estraendo dalla tasca dei pantaloni una caramella al latte gliela porge con fare solenne - e questa è per te che sei tanto buono e bravo, ma dimmi sono riusciti i pompieri a liberare la montagna dalle fiamme? > .
L’anziano risponde compiaciuto: < Certo, appena il fumo si diradò completamente, scese in picchiata verso i soccorritori e, congiungendo le ali come mani in preghiera, emise dal becco ricurvo un lunghissimo fischio di ringraziamento, per poi allontanarsi fra i rami e raggiungere i suoi due trepidanti falchetti, rimasti ad aspettarla al nido > .
Il vecchio, mentre una lacrima di gioia scende da dietro i suoi piccoli occhiali, lo rincuora così: < Ma certo, l’incendio fu domato grazie al sopraggiungere di alcune autobotti dai lunghi idranti e soprattutto all’impiego di un canadair > . Il piccolo si mostra sempre più interessato: < Meno male, ma dimmi cos’è il canadair? > . Il nonno stenta a reggere il ritmo: < E’ un piccolo aereo che, colmando al volo il suo grosso
Il nipotino è incontentabile: < E dov’era questo nido? E se passava qualcuno e se li prendeva? > . Il nonno prosegue con un po’ di fiatone: < Nessuno poteva riuscirci perché gli uccellini stavano sulla cima di un altissimo castagno, che in assenza della poiana vigilava su di loro > . Andrea sempre più stupito: < Allora l’albero e la poiana erano buoni amici, come me e te, vero, nonnino mio? >. Il
vecchio fra il commosso e il divertito: < Si proprio come noi. Pensa che la madre nel ritrovare i suoi piccoli sani e salvi, lo ringraziò per aver vegliato su di loro, ma fu l’albero ad esprimerle gratitudine per l’audacia dimostrata nello sfidare il fumo e le fiamme ed andare a chiedere soccorso > .
Il nipotino sempre più sbalordito: < Allora a parlare non era solo la poiana, ma anche il castagno > . Per l’attempato nonnino l’impresa diventa sempre più ardua e difficile: < Gli alberi hanno un loro linguaggio, una loro sensibilità e tutte le piante, oltre a purificare quotidianamente l’aria che respiriamo e a preservare il territorio da frane e smottamenti, offrono ospitalità ad uccelli e animali, producono frutti gustosi e genuini e legname da ardere e per fare mobili > .
Andrea continua ad incalzarlo: < Ma cosa si dissero l’albero e la poiana? > . Il vecchio, passandosi le mani fra i bianchi capelli, cerca di accontentarlo: < Il castagno continuò a
raccontare i quasi due secoli di vita passati sotto le sue fronde: cinghiali, lupi, faine, serpenti, ma anche elfi, gnomi e folletti e poi bande di briganti, bracconieri e raccoglitori di castagne, funghi, fragoline, asparagi, origano e finocchietto selvatico.
cure ed attenzioni il bosco e la montagna si sono tramandati fino ai giorni nostri> .
Il bimbo esige maggiori dettagli: < E poi cos’altro si dissero? > . Il nonno stenta a stargli dietro: < Il vecchio albero cominciava a sentirsi addosso il peso dei decenni: i suoi rami spogli non producevano più frutti e il grosso tronco mostrava crepe e marciture varie, tanto da invitarla a trovarsi un’altra pianta su cui nidificare in futuro, ma la poiana lo rincuorò promettendogli di non abbandonarlo mai > .
Donne in cerca di erbe benefiche con cui preparavano tisane, infusi e sciroppi curativi e balsamici, talvolta impiegate anche da streghe e fattucchiere per ottenere intrugli e pozioni contro malocchio, iella e sortilegi vari.
Persone superstiziose dalle umane miserie, ma anche gente dalle storie semplici, in buona fede, onesta e coscienziosa, grazie alle cui
Andrea è inappagabile: < E poi come è andata a finire? Dai raccontami ancora > . L’anziano, ormai senza più fiato e argomenti, vuole concludere: < In un pomeriggio di fine estate, il cielo fu oscurato da densi nuvoloni cui seguì un violento temporale, costellato di lampi e saette. Il castagno, per evitare che qualche fulmine si abbattesse rovinosamente sulla boscaglia, senza alcuna esitazione attirò su di sé una grossa folgore di fuoco che lo distrusse impietosamente in
un baleno. Ma tutti gli altri alberi, grazie all’intrepido immolarsi del loro capostipite, furono risparmiati e anche le poiane e gli altri uccelli continuarono a conservare i loro nidi sui rami rimasti indenni > . Il nipotino fra il deluso e lo stupefatto, accenna una timida protesta: < Ma non è giusto, perché proprio lui ha deciso di morire per tutti > .
Il vecchio lo consola così: < Invece il castagno ha fatto la scelta più saggia e generosa; cosa sarebbe stato di tutte le altre piante che nel tempo aveva generato? E se il fulmine avesse colpito proprio l’alberello cui teneva più di tutti? > . Il bambino si lascia quasi convincere: < Allora i grandi sono sempre pronti a sacrificarsi per i più piccoli? Ma chi li obbliga ad essere così buoni ed altruisti? > .
Nonno Pipa con voce calda e naturale: < Nessuno li costringe, è la straordinaria forza di sentimenti che viene dal profondo del cuore per far vivere e prosperare ciò che si
ha di più caro al mondo. Io ho i miei figli, i miei ricordi e te piccino mio, delicata piantina che dovrà crescere sana, libera e forte, per costruire un mondo migliore e più equilibrato, rispettando i propri simili, ma anche alberi, animali, natura e ambiente > .
Natale della mamma ci aspetta e poi vedi, fuori nevica, ma non ci sono tuoni e temporali, nessun vecchio albero deve sacrificarsi per quello più giovane e noi dobbiamo restare sempre insieme, vero nonnino mio? >. Poi avvicinandosi al presepe di fronte al caminetto e accarezzando piano la statuina del Bambinello aggiunge: < Me lo hai detto tu che oggi è nato Gesù Bambino per vegliare e proteggere figli, mamme, papà e tutti i nonni
Dalla cucina una familiare voce di donna li interrompe: < Andrea, papà, venite è pronto > . Il piccolo, oltre a una gran sete di sapere, mostra di avere anche un buon appetito: < Su alziamoci, il buon pranzo di
del mondo, che a differenza di quel grande castagno non devono morire mai! > . Il vecchio nonno/castagno, dopo quella grande dimostrazione di affetto e di amore, sembra far meno fatica a sollevarsi dal divano e, lasciandosi prendere
per mano dal nipotino/fuscello, non riesce a trattenere un’altra lacrima di immensa gioia e commozione. La malinconia ed i cattivi pensieri cedono come d’incanto alla speranza e all’ottimismo di quel fiore/bimbo, che fa risuonare nell’aria l’allegra filastrocca da sussurrare ogni tanto non solo ai più piccini: < Per fare un albero ci vuole un fiore, per fare il mondo ci vuole un fiore, per fare tutto ci vuole un fiore, ci vuole un fiore, ci vuole un fiore … > . Fine Questa favola nel 2013 è stata premiata e pubblicata nell’Antologia delle meritevoli e finaliste sia al Concorso Letterario “Emozioni in bianco e nero” di Poggio Imperiale (FG) che al Premio “IoRacconto” di Pesaro.
sarebbe andata. Gli uomini sarebbero tornati a casa. Era certo, bastava aspettare. Ci sarebbero state polveri miracolose che avrebbero lavato piatti e pavimenti senza la soda caustica e la "lisciva" che rovinavano alle donne la schiena e le mani. Forse in ogni casa ci sarebbe stata, oltre all' acqua fredda, anche quella calda. Forse ci sarebbe stato il telefono e la televisione. Forse in ogni casa ci sarebbe stato un frigorifero. Il caffè e lo zucchero sarebbero tornati in abbondanza. Le scarpe si sarebbero comprate nuove, qualche volta. Non sarebbero state mandate ogni tre mesi a risuolare. Con questo progresso, con queste "comodità", gli uomini sarebbero diventati pacifici e felici. Perchè, cos' altro se non l' indigenza li rendeva irrequieti e infelici, qualche volta? Fu un Natale con poco da mangiare e pochissimo da sperare, quello del 1941. Un bellissimo Natale.
CHE FESTA CONTADINA IN CAPO AL MONDO di Beniamino Placido POETICO e felice il Natale del 1941 a Rionero in Vulture, Lucania: altitudine metri 650, abitanti dodicimila, comprese le frazioni. Non lo dico perchè allora si era piccoli, o perchè la memoria successiva è intervenuta ad abbellirlo. No, fu proprio così - come dire? oggettivamente. E così in famiglia lo ricordiamo. Era il secondo Natale di guerra. Gli uomini erano "fuori": chi in Eritrea, chi in Tripolitania. A casa erano rimaste le donne e noi bambini. Drammatica non era la guerra. Drammatico era il fatto che non si sapeva se sarebbe arrivato per tempo il sale. E senza il sale non si poteva
ammazzare il maiale. Cioè, no: certo che lo si poteva ammazzare, e lo si sarebbe ammazzato, comunque. Ma senza il sale non lo si poteva conservare. E pensare che proprio quell' anno, quello cresciuto in casa nostra - a base di granturco, in uno sgabuzzino nel cortile, con un puzzo tremendo che non mi fa apprezzare i libri e i romanzi nostalgici degli odori - quello cresciuto con amore e tremore in casa nostra, dicevo, era una meraviglia di maiale. Intanto, non si era mai ammalato. E poi, era venuto su più grasso e florido di quasi tutti gli altri maiali dei vicini (quasi tutti: c' era sempre qualche maiale più grasso e più fortunato, nel vicinato). Quindi fu un Natale di grande trepidazione. Perchè Santa Margherita di Puglia era un posto remoto, inaccessibile, in capo al mondo. Forse a cento, forse addirittura a
duecento chilometri di distanza. Nessuno di nostra conoscenza ci era mai stato. Chissà perchè, le comunicazioni stradali si erano interrotte. I camion col sale non volevano arrivare. Ma il Natale arrivò comunque, e fu comunque degnamente festeggiato. Le donne fecero una quantità sterminata di "pettole", lunghe frittelle tubolari che venivano acciambellate e buttate nella padella. Ogni anno si ingaggiava una gara. Se facevano prima loro a friggerle o noi ragazzi a mangiarle. Vincevamo noi, regolarmente, ogni anno. Vincemmo anche quell' anno, a mani basse. Poi c' erano i polli cresciuti in casa, poi c' era l' olio, poi c' era la pasta fatta in casa. Insomma, sapevamo che saremmo sopravvissuti. E così è stato. E poi c' era - per aiutarci a sopravvivere - la convinzione fermissima che quella guerra così com' era venuta se ne
Repubblica — 24 dicembre 1985 BENIAMINO PLACIDO
Irccs Crob - Il cinema entra in ospedale Dal 26 dicembre, presso l'IRCCS CROB di Rionero in Vulture, le persone degenti avranno la possibilità di assistere con i loro familiari a proiezioni cinematografiche nell'Auditorium. L'iniziativa, che si ispira all'utilizzo dell'entertainment a scopo terapeutico, si inserisce nelle "medical humanities" che, grazie all'apporto del personale, sono una prassi dell'Istituto. Ne sono espressione l'attenzione e le cure erogate alle donne che vivono la malattia oncologica, determinanti per il riconoscimento, biennio 2014-2015, di due Bollini Rosa da parte di O.N.Da, il progetto "Riflessi di specchio" e il corso di "Balloterapia". "Saranno sempre più potenziate", ha affermato il Direttore Generale Pasquale Amendola, "le "medical humanities", quale luogo in cui la medicina non solo rafforza i propri rapporti con le scienze sociali e comportamentali, ma dove entra in dialogo con la filosofia morale e con gli apporti delle arti espressive (letteratura, teatro, arti figurative)". Le "medical humanities" non vogliono né umanizzare la sanità né rendere i professionisti più umani, ma si propongono di ricondurre le pratiche cliniche alle finalità originarie: essere medicina per l'uomo. "Tramite l'approccio multidisciplinare che le caratterizza", ha concluso il Direttore Generale, "vorremmo mettere a disposizione di tutti i soggetti coinvolti nel processo di cura gli strumenti necessari per comprendere tanto le malattie quanto la salute in una visione olistica, al fine di favorire una maggiore relazione empatica verso se, l'altro e il percorso terapeutico".
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