EVASION, 5 Ottobre 2011

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BLOG DEL LIBERO PENSIERO

Sommario 5 Ottobre 2011 Segnalazioni………………………………………………………………………………… L’Opinione di Marco Lombardi ……………………………………………………………. Marco Pugacioff Satira Murale……………………………………………………….……………………….. Reportage…………………………………..…………………………..………………..… EVASION

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claudiofusai@hotmail.it EVASION

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oronzoliuzzi@hotmail.com:

LA LUCE SPLENDE NEI TUOI OCCHI “UN VIAGGIO NELL’ARTE CONTEMPORANEA INTERNAZIONALE ” a cura di Oronzo Liuzzi

Museo della Città e del Territorio Via Trilussa 10 – CORATO (Bari) 15 ottobre – 30 novembre 2011 Inaugurazione: 15 ottobre 2011

L’arte intercetta, in continuo movimento, il destino del mondo e riconosce le tematiche in maniera premonitrice e EVASION

conduce nell’immaginario mondo della fantasia per aprirsi a nuovi, inediti e originali orizzonti. “Un pensiero brilla come un lampo” ha scritto Nietzsche “con necessità, senza esitazioni nella forma”. E’ una idea rapida, veloce e luminosa nel viaggio dell’arte contemporanea internazionale che vede la presenza di artisti di ogni parte del nostro pianeta per un collegamento diretto per uno sviluppo e per una crescita della creatività. Un nutrito nucleo di artisti con idee, metodi, tecniche e modi di vedere affrontano il problema, mediante il loro pensiero e la loro percezione, del defluire del corpo della vita, stabilendo un confronto, un rapporto, un contatto e un contrasto nella fenomenologia dell’arte. Le opere presenti fanno parte del mio ricco archivio, incrementatosi negli anni; uno scambio romantico e non di profitto avuto con i miei colleghi. 4


I messaggi sono luminosi, illimitati, sono la messa in scena della nostra vita. Ci propongono aspetti del pensiero, dell’azione, del movimento, della percezione, della frattura e della combinazione mediante una vasta gamma di linguaggi, per una analisi critica della realtà soggettiva ed oggettiva. Si costruisce la storia con l’arte, come l’arte segna la storia, perché il contemporaneo è sempre attuale e presente. “L’acqua che tocchi dei fiumi” ha scritto Leonardo da Vinci “è l’ultima di quella che andò, e la prima di quella che viene: così il tempo presente”. Il passato è ieri. Il presente è domani. Questo evento d’arte è dedicato alla memoria di una donna che ha avuto la pazienza di percorrere, viaggiare, sopportare e condividere con me tutte quelle tensioni ed emozioni che mi hanno dato la possibilità di crescere prima come uomo e poi come artista: mia moglie Franca. Oronzo Liuzzi Artisti: Fernando AGUIAR (Portogallo), Carmelo AIELLO, Martha AITCHISON (Inghilterra), Franco ALTOBELLI, Salvatore ANELLI, John ASLANIDIS (Australia), Calogero BARBA, Vittore BARONI, Umberto BASSO, John M. BENNETT (USA), Carla BERTOLA, Tomaso BINGA, Jozsef BIRO (Ungheria), Guy BLEUS (Belgio), Anna BOSCHI, Hans BRAUMULLER (Cile), Paulo BRUSCKY (Brasile), Dmitry BULATOV (Russia), Sergio CARLACCHIANI, Giovanna CAROTTI, Luciano CARUSO, E. Pedro CAVARZAN SAVITTO (Brasile), Bruno CHIARLONE, Gaetano COLONNA, Francesco CORNELLO, Daniel DALIGAND (Francia), Antonio DE MARCHI GHERINI, Guillermo DEISLER (Germania), Marcello DIOTALLEVI, Simone FAGIOLI, Vittorio FAVA, Fernanda FEDI, Keely FIELDING (Australia), Cesar FIGUEIREDO EVASION

(Portogallo), Alfio FIORENTINO, Franco FLACCAVENTO, Giovanni FONTANA, Nicola FRANGIONE, Gyorgy GALANTAI (Ungheria), Gino GINI, Antonio GOMEZ (Spagna), Michael GRACZYK (Polonia), Hartmut GRAF (Germania), L. Nicolas GUIGOU (Uruguay), Vivian GUILLAUME RAMIREZ (Cuba), I SANTINI DEL PRETE, Michele LAMBO, Mario LANZIONE, Fredy LAPENNA, Pascal LENOIR (Francia), Alfonso LENTINI, Oronzo LIUZZI, Riccardo LO BRUTTO, Arrigo LORA-TOTINO, Ruggero MAGGI, Olga MAGGIORA, Franco MAGRO, Vincenzo MASCOLI, Raùl MANRIQUE (Argentina), Sophia MARTINOU (Grecia), Victor Garcia MENDEZ (Perù), Giorgio MOIO, Carlos MONTES DE OCA (Cile), Emilio MORANDI, Tensaku MURATA (Giappone), Rea NIKONOVA (Russia), Jurgen O. OLBRICH (Germania), Clemente PADIN (Uruguay), Hilda PAZ (Argentina), Antonio PEREZ-CARES (Cile), Claudio Fabian PEREZ (Argentina), Michele PERFETTI, Barry E. PILCHER (Irlanda), Bruno POLLACCI, Tulio RESTREPO (Colombia), Giuseppina RIGGI, Peppe SABATINO, Salvatore SALAMONE, Antonio SASSU, Roberto SCALA, Serge SEGAY (Russia), Gregorio SGARRA, Shozo SHIMAMOTO (Giappone), Fulgor C. SILVI, Pere SOUSA (Spagna), Franco SPENA, Giovanni STRADA, Marcel STRUSSI (Svizzera), Rod SUMMERS (Olanda), Aromir SVOZILIK (Norvegia), Agostino TULUMELLO, Edgardo Antonio VIGO (Argentina), Alberto VITACCHIO, Rita VITALI ROSATI, Aleksandr ZHMAILO (Uzbekistan), Takeshi WATANABE (Giappone). Museo della Città e del Territorio Via Trilussa, 10, Corato (BA) Tutti i giorni ore 10.00/12.00-17.00/20.00, escluso il lunedì tel. 080. 8720732 corato@sistemamuseo.it www.sistemamuseo.it 5


QUATTRO ARTISTI SENZA FUTURO di Marco Pugacioff

Imminente è il reportage su un altro evento fantastica tenutosi lo scorso weekend, sul quale ci mette qualche pulce nelle orecchie, a mo' di antipasto, il magico Marco Pugacioff, esperto e appassionato di Fumetto popolare, autoritrattosi in una delle sue rare foto presenti in rete esattanmente nell'immagine sopra. Le valutazioni che seguono sono opera sua (e quindi me ne lavo pilatescamente le mani, errori eventuali di traduzioni compresi).

ce samedi dans une petite ville dans les Marches, en Italie centrale a été inauguré un musée dédié à Les dessins des affiches de cinéma originales. A cette occasion, il a été pris mystérieusement (par qui, boh?) Une photo de quatre artistes se sont rencontrés sans avenir (nous sommes, ou non, près de 2012?): De gauche Villarreal Ruben Oscar, ex-artiste de bande dessinée de Argentine, Roy Mann, et Puga malade de Elastoc et Blek Le Roc, et Pierpaolo Scalera, l'un des meilleurs films d'illustrateurs. Mi querido Amigos, este sábado en una pequeña ciudad en la Marche, en Italia central, se inauguró un museo dedicado a los diseños de los carteles de la película original. En esta ocasión fue tomado misteriosamente ¿por quién, boh?) Una foto de cuatro artistas se reunieron sin futuro (que son, o no, cerca de 2012?): De izquierda Rubén Oscar Villarreal, el ex - dibujante de historietas de Argentina, Roy Mann, y Puga paciente de Tiramolla i Blek el gigante i Nippur, y Pierpaolo Scalera, uno de los mejores ilustradores de cine.

A Marco la parola! Cari Amici, questo sabato in un piccolo paese delle Marche, in centro Italia, è stato inagurato un piccolo museo dedicato ai disegni originali dei poster cinematografici. In questa occasione è stata scattata misteriosamente, (da chi? Boh!) una foto in cui sono riuniti quattro artisti senza più futuro (siamo, o no, vicini al 2012?): da sinistra Ruben Oscar Villareal, ex disegnatore di fumetti argentini, Roy Mann, Puga malato di Tiramolla e Blek Macigno, e Pierpaolo Scalera, uno dei più bravi illustratori cinematografici. Mes EVASION

chers

Amì, 6


Questi due meravigliosi poster, compreso quella della rassegna, si devono al valente Felix De Paul. Quello sopra è di Franco Picchioni e si riferisce al film Mogambo (1953). Quello sotto, con Claudia Cardinale (da La ragazza con la valigia, 1961).

Come ben puntualizzano gli organizzato di questa bella iniziativa, mentre sono in molti a conoscere titolo, attori, regista del film, solo pochi, purtroppo, sono in grado di identificare l’autore del manifesto. A questa non certo trascurabile dimenticanza si è cercato di rimediare in quel di Montecosaro, rendendo onore ad artisti ingiustamente ignorati che, grazie alle fantastiche immagini evocative fissate nei cartelloni, riescono a farci immedesimare nel racconto cinematografico. Si tratta dunque, di un dovuto tributo alla carriera di certi pittori che hanno il merito di aver lasciato alla storia italiana un grande patrimonio artistico e culturale. Parte del quale è in bella mostra proprio in una piccolissima realtà paesana dove, alla appassionata dedizione di un singolo personaggio, si fonde armoniosamente un radicato collante familiare in un ambiente spontaneamente ospitale. Palazzo Marinozzi, che ne è sede, fa parte del complesso architettonico costruito intorno alla porta San Lorenzo (SEC. XIII), unico ponte antico rimasto accessibile al borgo. Pur con i naturali cambiamenti dovuti ai graduali cicli storici, l’originaria struttura fortilizia a difesa della popolazione è ancora ben visibile nella sua maestosità. Dall’immagine di castello medioevale, con tanto di torre merlata e mura di cinta (la vedrete nel prossimo post a cura di Felix De Paul), è passata nei secoli ad un graduale aspetto di dimora residenziale, culminata nel 1700 con la chiusura a tetto dell’imponente maniero. Nelle sue innumerevoli stanze, di cui alcune con affreschi ottocenteschi, si sono alternati nei tempi dai leggendari Templari ai Padri Gesuiti, dai Nobili Pellicani ai Conti Gatti fino agli eredi Perugini e Marinozzi. Quest’ultimi, collezionisti d’arte moderna, dopo i tanti

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eventi organizzati come “Centro del Collezionismo”, hanno creato all’interno del palazzo uno spazio museale permanente destinato alla cartellonistica cinematografica. Qui si possono liberamente ammirare, unica realtà a livello nazionale, numerosi bozzetti originali dipinti per manifesti di film che hanno fatto la storia cinematografica mondiale. L’ideatore di questo castello incantato è Paolo Marinozzi, che ha allestito uno straordinario e suggestivo monumento della memoria, comune ad una intera generazione. Ha recuperato tracce, testimonianze, documenti delle dive dello dello schermo e degli assi dello sport, esponendole nella sua magica cittadella, affinchè tutti possano goderne, tornando bambini, almeno per un giorno. E’ possibile prenotazione:

visitare

la

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0733/229164 337/634178 Email per informazioni: museo@cinemapennello.it Comune di svolgimento: Montecosaro Luogo: Porta San Lorenzo - Palazzo Marinozzi Patrocinato: Comune di Montecosaro Organizzatore: Centro del Collezionismo

L’OPINIONE Uno Stato NON è un'azienda

Le immagini della guerriglia londinese, il susseguirsi delle altalene nei mercati azionari, il ruolo schiacciante del rating, le costanti iniquità sociali, destinate a crescere ancora. Tutto questo dovrebbe contribuire a solidificare una convinzione troppo spesso messa in dubbio: lo Stato non è un'azienda. Uno Stato ha responsabilità che vanno oltre il pareggio di bilancio, le quotazioni in borsa, la suddivisione dei dividendi. Uno Stato deve governare il presente, recuperare il passato, pianificare il futuro e per farlo non dovrebbe conoscere altre barriere, altri limiti, che non i diritti e le libertà fondamentali dei propri cittadini. Non confondiamo la buona gestione con il management imprenditoriale, la comunicazione sociale con il marketing, i bisogni con il consumo, l'erogazione di servizi con il merchandising, la giustizia con l'arbitrato, l'uguaglianza con la contrattazione. Quando una società per azioni fallisce se ne intaccano i capitali societari e, il più delle volte, proprietari e forza lavoro possono ricostruirsi una vita professionale altrove. Quando uno Stato fallisce finisce tutto e non c'è salvezza per gli esuberi. Marco Lombardi

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L'Euroscettismo intermittente del Governo Berlusconi

REPORTAGE STRALCI DEI VERBALI SEQUESTRATI

Ci sono circa centocinquanta procedure di infrazione europea pendenti sull'Italia, che se non ottemperate comporteranno multe salate a carico del bilancio dello Stato. Adeguandosi ai rilievi comunitari, inoltre, in molti casi le finanze pubbliche ne trarrebbero giovamento, come per le sovvenzioni pubbliche erogate per l'acquisto dei decoder del digitale terrestre, che le aziende beneficiarie drovrebbero restitutire all'Erario, o le gare per l'aggiudicazione degli arenili balnerari, oggi assegnati mediante concessione e dietro pagamento di un canone esiguo e non rivalutato da anni. Il nostro Governo su queste cose invece soprassiede, è come se non ci sentisse. Per questo meraviglia, eccome, che il Ministro Tremonti si esprima ligio al richiamo della Banca Centrale Europea e della Commissione Europea, in tema e di ridimensionamento delle pensioni quando è noto che il sistema previdenziale italiano è appesantito da spese assistenziali che i partner europei contabilizzano in capitoli di spesa per il welfare assai più ingenti dei nostri - e tagli ai già congelati stipendi dei dipendenti pubblici. E' proprio vero, non c'è peggior sordo di chi non vuol comprendere. Marco Lombardi EVASION

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TOTO RIINA Più si fa vecchio e più se la tira. Con tutti i suoi segreti e con la smisurata considerazione che ha di se stesso, pensa che sta diventando un bene sempre più prezioso. A novembre, di anni ne farà ottantuno. Nonostante i malanni dell´età – due infarti, l´ipertrofia prostatica, una cirrosi da epatite C – e il perenne isolamento, a sentirlo parlare sembra quello che era prima. Un capo. Forse il tempo non passa mai per lo «zio Totò». Vive fuori dal mondo e si sente al centro del mondo. È sepolto dal 1993 in un buco (una cella lunga tre metri e larga centottanta centimetri), si mostra duro e puro però sotto sotto nasconde qualche fragilità. Cedimenti mai, non è il tipo. Solo piccole debolezze. È sempre lui ma – da quello che leggerete – si può capire che un po´ gli si è sciolta la lingua. Dopo un´esistenza di ostinato silenzio Salvatore Riina concede e si concede. Allude, ammicca, annuncia, nega, conferma, rettifica, pontifica su tutto e tutti. Difficile supporre che si tratti di strategia difensiva con i tredici ergastoli che ha da scontare, è più probabile che voglia levarsi qualche sassolino dalla scarpa. E 9


mandare messaggi ad amici e nemici. Dalle sue parole – racchiuse in due verbali di interrogatorio top secret dei magistrati di Caltanissetta di cui pubblichiamo ampi stralci – affiora un autoritratto inedito del boss di Corleone. STRAGE VIA D’AMELIO Con Totò Riina che racconta Totò Riina chiacchierando di stragi e di pubblici ministeri, di vecchi compari, di paesani suoi, di generali, spie, di senatori e di pentiti. Colloqui e sproloqui di alta mafiosità. Nel suo stile e in un molto approssimativo italiano, a modo suo Salvatore Riina si confessa per la prima volta. Ce l´ha con quel furbacchione di Massimo Ciancimino «che vi usa per recuperare i soldi perduti di suo padre». È risentito con il procuratore Gian Carlo Caselli «che non mi ha mai chiesto se ho baciato o no Andreotti». Ricorda Paolo Borsellino ed esorta ad indagare sulla scomparsa della sua agenda rossa. Ironizza su un Bernardo Provenzano «troppo scrittore» per quella mania dei pizzini ritrovati nei covi di mezza Sicilia. Chiede conto e ragione della chiaroveggenza dell´allora ministro degli Interni Nicola Mancino sulla sua cattura. E poi parla e straparla. Di trattative e papelli, di traditori veri e presunti, della «tiratura morale» di Luciano Violante, della sua condizione carceraria – «Non mi pozzo fare neanche un bidè pei telecamere 24 ore su 24» – e naturalmente di sé: «Aio 80 anni e si hanno una volta sola. A 80 anni c´è morte. Gli anni sono gli anni». Però come vedete non sono proprio abbattuto… penso che tirerò ancora un altro po´». NICOLA MANCINO Il pensiero di quello che ancora oggi viene indicato come il capo dei capi della Cosa Nostra siciliana è dentro un centinaio di pagine (settantatré nell´interrogatorio del 24 luglio 2009 e trentatré nell´interrogatorio del 1 luglio 2010) che di fatto – se si esclude un breve e brusco incontro del 22 aprile 1996 fra lui e il procuratore di Firenze Pier Luigi Vigna – rappresentano le uniche EVASION

testimonianze ufficiali di Totò Riina dal giorno del suo arresto avvenuto nel gennaio del 1993. L´interrogatorio del luglio 2009 l´ha voluto proprio lui, quando ha chiesto di presentarsi davanti al procuratore capo Sergio Lari «per fare dichiarazioni spontanee». Insomma, dopo tanto tempo abbiamo scoperto che lo «zio Totò» non è muto. TOTÒ PARLA DI SE STESSO «Io sono stato dichiarato dal direttore del carcere un detenuto modello. Se lei mi dice che cosa vuol dire detenuto modello io glielo dico: io sono uno che mi faccio i fatti miei, non so niente di nessuno. Lei mi vede e dice: "Ma com´è che Salvatore Riina è così sereno, così tranquillo?" Perché io sono al di fuori del mondo. Io non vivo sulla terra, io vivo sulla luna». «Io se faccio parte di Cosa Nostra o se sono il capo dei capi o il sotto capo dei sotto capi, non sono tenuto a dirlo né a lei né a nessuno. Tengo a precisare pure di non mi fare questa domanda, perché io sono per i fatti miei e voialtri siete per i fatti vostri. Lei fa il procuratore di Caltanissetta e io sono Salvatore Riina da Corleone». «Se io avrebbi conosciuto a uno delle servizi segreti…deviati o ansirtati (letteralmente centrati, in questo caso regolari, ndr) io non mi chiamerebbe Salvatore Riina perché facissi parte a questa pentita, a questi signori e a questa deviata, a questo Ciancimino, a questo Spatuzza…fusse (sarei) una persona uguale a iddri (loro) se io avissi iunciuto (mi fossi accompagnato) a uno di questi o conosciuto uno di questi, io sarebbi una persona uguale a questi. No, questo non è Salvatore Riina. Dovete sapere chi è Salvatore Riina. Salvatore Riina è escluso da tutti questi servizi perché non ce l´ha nella testa, nella mente e nel fisico…Riina Salvatore è Riina Salvatore da Corleone, paese agricolo di campagna sperduto e lasciato là». L´UCCISIONE DI BORSELLINO «Visto considerato che questo Spatuzza e altri pentiti parlano.. allora ci dissi all´avvocato: si vuole interessare di tutti questi miei casi nuovi e vedere come stanno i fatti e che c´è di vero di questi papelli, di queste mie cose 10


scritte, di queste mie con lo Stato? Ma volete cercare? Ma volete trovare? Volete vedere? Se dice la verità questa signora (Rita Borsellino, ndr) che l´agenda era lì, cioè che l´agenda ce l´hanno preso, che aveva tutte cose scritte, tutti gli appunti di dove andava, quello che faceva, scritti in quell´agenda rossa…rossa, detto dalla signora Borsellino..». «Ma allora per qui (la strage Borsellino ndr) chi è stato? Perché al Castel Utveggio (una costruzione sulla cima di Montepellegrino che guarda via D´Amelio e dove le indagini ipotizzavano che ci fosse una base clandestina di 007 nei giorni dell´uccisione del procuratore, ndr) ci sono i servizi segreti quando scoppia la bomba di Borsellino? E allora qui come siamo combinati? Chi ha commesso questo omicidio di Borsellino? Chi sono queste…queste persone. Procuratore, mi sento preso in giro dalla mattina alla sera perché faccio 17 anni che sono in isolamento, sempre in isolamento, area riservata, telecamere nelle stanze, non lo so più che cosa debbo fare e sono poi sempre io il capomafia, io che conta, io che ho la posta controllata, i telecameri nella stanza, nella saletta, nel bagno, non mi pozzo fare il bidet, non mi pozzo fare la doccia. SPATUZZA E allora questo è il momento per dirci: ma volete vedere questi incartamenti, dove io ho fatto ste trattative ccu stu´ Statu? Chi è questo Stato che io fatto queste trattative? Ecco perché sono venuto alla scoperta e sono stato io al mio avvocato a dire: faccia una richiesta di essere sentiti. Quindi che cosa ho fatto di male, signor procuratore? Sti servizi segreti che cosa facevano? Che cosa hanno fatto? Io non conoscevo Borsellino, non ho mai avuto una contravvenzione fatta da Borsellino». Il PAPELLO E MASSIMO CIANCIMINO «Non, non è cosa mia, non ho scritto questo papello e non ne so parlare. Se c´è questo papello, ci deve essere anche la mia firma. Io non lo conosco Ciancimino, loro sono di Corleone ma non sono mai abitati a Corleone…Ciancimino se ne vuole andare EVASION

sulla luna, vuole recuperare i soldi e vuole recuperare anche voi altri per recuperare i soldi perduti di suo padre. Io gli dò la risposta signor procuratore: lei dice che non la pozzo scrivere questa risposta ma io gliela dò lo stesso. Come vede sacciu pure rispondere e rispondo. Questo…(Ciancimino ndr) e tanto lui e tanto Spatuzza, vi usano per i mezzi propri..». «Io di queste trattative sono caduto dalle nuvole..non deve prendere le mie parole per oro colato, però io di tutti questi fatti sono oscuro..loro facevano trattative con Lo Donno (il capitano del Ros Giuseppe De Donno, ndr) con Mori (il generale Mario Mori, ndr) con altri..io sono stato arrestato da Mori e sono qua. E da quel giorno che sono qua carcerato. Io la voglio aiutare, ma posso dire le cose che….non li conosco a questi, io sono stato oggetto della trattativa, hanno cercato di speculare tutti su di me». GIAN CARLO CASELLI «Io non ho mai parlato con Giovanni Brusca di trattative e del ministro Mancino. Bugiardo, bugiardo fino a sopra i capelli Brusca. Lui ha sempre cercato di farsi i fatti suoi, di non volersi fare galera, c´è riuscito…Ma diciamo vero?…Brusca ha detto che volevo qualcuno dell´opposizione per la trattativa e che poteva essere Luciano Violante. Violante era un giudice che per me, per me, Riina Salvatore, era un giudice tedesco, io non voglio descrivere lei che è pure magistrato ma deve sapere che (Violante ndr) è di una tiratura morale, Violante, da non ci credere. E mi fermo lì, mi fermo lì». LA LATITANZA E LA CATTURA «Per grazie a Dio e per la mia abitudine io potei fare 24 anni il latitante solo per..un latitante può durare un anno, due anni.. non può fare ventiquattro anni il latitante..io fici ventiquattro anni di latitante, mi fici una famiglia, mi sposai così.. perché facevo il solitario per i fatti miei..io ero un solitario, io sono un solitario». «Glielo pozzo giurare davanti a Dio e davanti ai figli, Provenzano non lo sapeva dove abitavo io e non mi poteva fare arrestare perché non lo sapeva dove mi 11


nascondevo… e non lo sapeva manco Ciancimino…ccu ci l´avia addiri (chi glielo doveva dire, ndr) possiamo scrivere tutti i libri che vogliamo ma ccu ci l´avia addiri a Ciancimino…C´è stato qualcuno che ha avuto interesse di vendermi e farmi arrestare.. e quelle parole dette da Mancino (ministro degli Interni nel gennaio del 1993, ndr)…disse: "Fra 5-6 giorni l´arrestiamo Riina e lo mettiamo in carcere.." perciò, quindi, 6 giorni prima sapevano che mi dovevano arrestare e lo sapeva Mancino e qualcun altro che non so chi è. GIOVANNI FALCONE Provenzano? Non lo so Provenzano io lo conosco come corleonese perché è corleonese, però io non ho niente da dire, mai. Io sono sempre stato per i fatti miei, stu´ Provenzano non lo so. Se vogliamo dire una bugia…se io facevo un passo Provenzano non lo sapeva. L´unica colpa che ha Provenzano è quella che è troppo scrittore». «Io sono stato venduto, però non posso dire che è stato Vito Ciancimino, non lo so. Però non è stato quello… Di Maggio. Mi si dice Di Maggio (Balduccio Di Maggio, l´ex autista di Riina indicato dagli ufficiali del Ros come l´uomo che li ha portati alla villa di via Bernini dove il capo dei capi aveva il suo rifugio ndr) ma non è stato Di Maggio». IL BACIO FRA LUI E ANDREOTTI «Io non mi sono mai incontrato con stu´ Andreotti. La prego di capirmi, signor procuratore. Non mi ha chiamato mai manco Caselli, ma a lei ci sembra giusto signor procuratore.. non mi chiama per dirmi: "Ma Riina, ma ti sei incontrato ccù Andreotti? L´hai visto Andreotti? L´hai baciato Andreotti?" Mai interrogato. Mai citato. Signor procuratore, questo se lo vuole scrivere? Che poi sarà sicuramente copiato e registrato. E quindi è storia. Mai interrogato. Io solo dovevo dire sì o no. Però non mi si è mai domandato. Si è fatto un processo, si è fatto un appello, si è fatto tutto…non esiste. Mi dicisse una cosa, nella magistratura, nella legge è giusto di non essere..non essere EVASION

interrogato una volta..una volta…io glielo sto dicendo perché è importante. Una volta per dire: ma ti sei incontrato con questo? Mai. Vidisse, vidisse (veda) che un procuratore non può fare questo abuso di potere, questa è una cosa che non è giusto, lei signor procuratore l´ammiro, l´accetto, questa mattina è stato brillante, però non si fanno queste cose. Ma Andreotti si baciava con me? Ma che era, lo scemo d´Italia?». BERNARDO PROVENZANO «Non ho mai sentito parlare dell´esistenza del signor Franco o del signor Carlo (è il misterioso personaggio che secondo Massimo Ciancimino avrebbe fatto da mediatore fra Cosa Nostra e i servizi segreti al tempo delle stragi, ndr) io gliel´ho detto: mi chiamo Riina…Riina…questo è Riina accetta Riina per quello che è..se poi altri che l´abbiamo fatto..ma io… Se poi spunta mio fratello e potrebbe aprire queste cose io non lo so..io parlo per me». «Io sono al di fuori di queste riconoscenze, io nella mia vita non ho mai trattato con gente che potessero essere al di fuori di pensarla come me..se trattavo con una persona la doveva pensare come me dritta per dritta, perché sono una specie di acqua e sapone fatto: me patri e me madri quando mi ficiru mi ficiru accussì (mio padre e mia padre quando mi hanno fatto mi hanno fatto così). Signor procuratore, la prego una volta per sempre, cercate la verità, fate luce perché voi potete, potete trovare tante strade, tanto lavoro. Smettiamola con Riina a parafulmine, Riina e Totò Riina. Riina non è niente. Riina è 20 anni che è sacrificato ccà, io signor procuratore la prego mi lascino stare in pace, io aio 80 anni, sono malato, io sono un vecchio finito». Via D'Amelio: fu depistaggio di Lirio Abbate Due falsi pentiti sono stati usati per sviare le indagini sulla strage in cui fu ucciso Paolo Borsellino. Obiettivo: coprire il boss Giuseppe Graviano, in contatto con i servizi segreti deviati e con settori della politica 12


(29 settembre 2011) L attentato al giudice Paolo Borsellino in via D Amelio nel 1992 L'attentato al giudice Paolo Borsellino in via D'Amelio nel 1992Due falsi pentiti, manovrati per depistare le indagini sulla strage di via D'Amelio del 19 luglio 1992. Due collaboratori che hanno costruito una verità fittizia sull'autobomba che uccise Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta, cambiando la storia d'Italia. Dopo anni di indagini la procura di Caltanissetta è convinta che in cella ci siano otto ergastolani estranei a quell'attentato. E che altri nomi siano sfuggiti finora alla giustizia: come quello di Giuseppe Graviano, il regista dell'attacco allo Stato con gli ordigni di Roma, Milano, Firenze. Il procuratore generale Roberto Scarpinato fra pochi giorni depositerà alla Corte d'appello di Catania un provvedimento in cui affronterà il problema dei detenuti-innocenti e una memoria per la revisione del processo. Il capo dei pm nisseni, Sergio Lari, con il pool di magistrati impegnati su questa inchiesta ha ricostruito tutte le fasi dell'attentato. Un lavoro meticoloso, eseguito dagli investigatori del centro operativo Dia di Caltanissetta, che ha svelato retroscena inquietanti. Enzo Scaratino e Salvatorte Candura, i due falsi pentiti che con le loro accuse hanno costruito le condanne, non avevano interesse a mentire. All'epoca non rischiavano pesanti condanne e non avevano bisogno di offrire rivelazioni in cambio di sconti di pena. Secondo la nuova istruttoria, qualcuno li ha introdotti e istruiti. Perché c'è stato questo depistaggio? E soprattutto chi lo ha ordinato? Due le ipotesi. Qualcuno tra gli investigatori ha giocato sporco per fare carriera. Oppure volontà superiori hanno deciso di sviare le indagini per proteggere i mandanti occulti. Accusando Pietro Aglieri e il suo clan, sono stati tenuti fuori come esecutori i Graviano: quelli in rapporto con i servizi segreti deviati e la politica. Un depistaggio. Gli inquirenti ipotizzano che "non solo è una storia di famiglia interna alla mafia ma anche alle istituzioni". Ed anche i grandi boss hanno EVASION

deciso per la prima volta di parlare di questa vicenda con i magistrati. Ecco la sintesi dei loro verbali. Carlo Greco "Non sono un animale e nemmeno un santo. Ma non voglio pagare per gli errori che non ho fatto. Su questa strage voglio che si faccia luce, per me, per i miei figli e per la giustizia". Parla ai pm per la prima volta il boss della famiglia di Santa Maria del Gesù, il "macellaio" Carlo Greco, 54 anni, detenuto dal luglio 1996 dopo una lunga latitanza. Ha sulle spalle quattro ergastoli, due dei quali per le stragi di via D'Amelio e Capaci: non è un pentito, e porta ancora sul corpo i segni del passaggio nel carcere durissimo di Pianosa. Considera "un'ingiustizia" la sua condanna e quella dei suoi picciotti per l'attentato a Borsellino. E per questo motivo il fedelissimo del padrino Pietro Aglieri si apre ai magistrati, ammettendo di far parte della cosca di Santa Maria del Gesù, senza però mai confermare il suo ruolo. Greco rivela di aver svolto "indagini difensive" dopo l'arresto di Enzo Scarantino, il ladro di auto che lo chiamò in causa per l'uccisione del giudice. "Eravamo stupiti perché sapevamo che Enzo non aveva lo spessore per commettere questi crimini. Capimmo subito che qualcuno voleva addossarci colpe non nostre". La mafia indagò e i boss vicini ad Aglieri scoprirono, come afferma Greco, che "Scarantino il giorno dell'attentato era in un albergo con una donna, e non in via d'Amelio come aveva detto ai magistrati. Delegammo Giuffré ad acquisire i documenti che avrebbero portato a smentirlo e lui ci riferì che tutto era a posto. Ma i documenti non arrivarono...". Adesso i pm hanno scoperto che Scarantino era un falso collaboratore di giustizia. "Se dopo la strage hanno gioito o brindato non lo so, ma è andata a finire che chi lo ha fatto oggi è fuori, libero, e chi non ha brindato ne stiamo pagando le conseguenze". Nel suo italiano spesso stentato, il boss sottolinea una questione di grande rilevanza: i segreti sulla politica taciuti da Vittorio Mangano, lo stalliere assunto ad Arcore da Marcello Dell'Utri e Silvio Berlusconi, e dal suo padrino Salvatore 13


Cancemi. Sostiene che Cancemi, poi diventato collaboratore di giustizia, è rimasto in silenzio su molte cose. "Sono sicuro che Mangano che era un soldato avrà riferito fatti a Cancemi che era il suo capo. Ed è una regola che al proprio boss si deve dire la verità". Per far comprendere la legge di Cosa nostra aggiunge: "Cancemi conosce molto sulle cose che sa Mangano. Perché se io ho un contatto con un esponente politico o magistrato, al mio capo Aglieri lo devo informare...". Cancemi è morto a gennaio, tre mesi dopo l'interrogatorio di Greco; Mangano invece è deceduto dieci anni fa: qualunque segreto è stato sepolto con loro. E il depistaggio? Greco durante la latitanza ha cercato di capire "come mai il dottor Arnaldo La Barbera (il questore che guidava le indagini, ndr.) avesse utilizzato Scarantino e le sue false accuse per arrivare ad Aglieri e a me; è una domanda che mi faccio da 18 anni e non sono riuscito a darmi una risposta". Ed anche qui alza il tiro:"La Barbera non lo ritenevamo direttamente responsabile del depistaggio che attribuivamo ad altri di maggior rilievo". Per i boss c'era un livello superiore: "Pensavamo che La Barbera, persona importante, non poteva occuparsi personalmente delle indagini su figure di così basso spessore, ma tutto ciò poteva significare che aveva ricevuto disposizioni per comportarsi in questo modo. Lui faceva il suo lavoro, e noi capimmo che qualcuno "più importante" ce l'aveva con noi". Totò Riina Totò Riina è sepolto dal 1993 in una cella di sei metri quadri. A quasi 81 anni si mostra duro e puro nella sua veste di capo di Cosa nostra. Un capo che dopo un'esistenza di ostinato silenzio decide di parlare con i pm, di rispondere alle loro domande "ma non chiedetemi di questa Cosa nostra perché non lo saccio". Salvatore Riina ai pm che indagano sulla strage di via D'Amelio concede e si concede. Vuole allontanare da sé ogni responsabilità della morte di Borsellino e degli agenti di scorta, sostenendo che "a Borsellino non lo conoscevo e non mi aveva EVASION

fatto mai nulla, nemmeno una multa". Rispondendo ai pm allude, ammicca, annuncia, nega, conferma, rettifica, pontifica su tutto e tutti. Difficile supporre che si tratti di strategia difensiva con i 13 ergastoli che ha da scontare, è probabile che voglia levarsi qualche sassolino dalle scarpe. E lanciare messaggi. Per due volte i pm lo hanno interrogato e Riina ha parlato di stragi e di magistrati, di vecchi compari, di paesani suoi "scrittori", di generali, spie, di senatori e di pentiti. Segnali in codice a tutto campo. Colloqui e sproloqui che sono una prova tecnica di alta mafiosità. Nel suo stile e nel suo molto approssimativo italiano, a modo suo Riina si confessa per la prima volta. E' risentito con il procuratore Gian Carlo Caselli "che non mi ha mai chiesto se ho baciato o no Andreotti". Ricorda Borsellino e la scomparsa della sua agenda rossa. Ironizza su un Bernardo Provenzano "troppo scrittore" per i pizzini trovati nel covo. Chiede conto e ragione della chiaroveggenza dell'allora ministro degli Interni Nicola Mancino "sei giorni prima" del suo arresto. Di trattative e papelli, che dice di non aver mai fatto e mai scritto, della "tiratura morale" di Luciano Violante che considera un "giudice tedesco", della sua condizione carceraria, controllato a vista dalle telecamere: "Non mi pozzo fare neanche un bidè pei telecamere 24 ore su 24". E della sua età: "Aio 80 anni e si hanno una volta sola. A 80 anni c'è morte. Gli anni sono gli anni". "Però come vedete non sono proprio abbattuto... penso che tirerò ancora un altro po'...". Rivolgendosi al capo dei pm di Caltanissetta, Sergio Lari dice: "Signor procuratore, la prego una volta per sempre, cercate la verità, fate luce perché voi potete, potete trovare tante strade, tanto lavoro. Smettiamola con Riina a parafulmine, Riina è Totò Riina. Riina non è niente. Riina è 20 anni che è sacrificato ccà, io signor procuratore la prego mi lascino stare in pace, io aio 80 anni, sono malato, io sono un vecchio finito". Tenta di allontanare da sé il sospetto della strage e lancia messaggi a chi può aver aiutato Riina in questo attentato e poi lo avrà abbandonato. Da capo di Cosa nostra non vuole accusare nessuno, ma lancia 14


veleni e ipotesi. "Se io avrebbi conosciuto a uno delle servizi segreti... deviati o ansirtati (regolari, ndr.) io non mi chiamerebbe Salvatore Riina". Pietro Aglieri Parla di Cosa nostra, della frequentazione durante la latitanza con Bernardo Provenzano e del fatto che con la strage Borsellino lui e i suoi uomini non hanno alcuna responsabilità. Pietro Aglieri è il boss di Santa Maria del Gesù, provenzaniano di ferro, si è sempre dimostrato lontano dalle posizioni di Filippo e Giuseppe Graviano boss di Brancaccio. In due interrogatori risponde ai pm di Caltanissetta perché sostiene che è "nel mio interesse dire nomi e cognomi, o quantomeno indicarli, perché sapete benissimo che ci sono persone innocenti che stanno pagando". Ma non fa accuse. Sostiene che non era a conoscenza della "strategia stragista", e nemmeno di una trattativa. "Non ricordo che vi sia mai stata una convergenza di interessi tra appartenenti a Cosa nostra e soggetti esterni: posso solo dire che io personalmente non mi sarei mai avvalso di soggetti esterni". Poi ripercorre la storia della dissociazione, o come la chiama lui della "desistenza" che nel 2000 avviò insieme ad altri boss con l'allora procuratore nazionale antimafia Pier Luigi Vigna. "Quella iniziativa non era finalizzata ad avanzare richieste di benefici per i detenuti", spiega Aglieri "tanto è vero che, all'epoca, la chiamai "desistenza", poiché ciò che si voleva ottenere era dichiarare la "resa" nei confronti dello Stato, almeno in riferimento ai detenuti che avessero aderito all'iniziativa". Aglieri precisa che si trattava di un "discorso rivolto alle nuove generazioni". "Se fosse andata in porto, questa situazione avrebbe consentito, a chi avesse voluto, di uscire da Cosa nostra senza pericolo di incorrere nella morte".

anche per discolparti, sei un pentito o uno sbirro. Per questo motivo avvia la "desistenza". E ricorda ai pm che dopo l'arresto di Riina le redini dell'organizzazione le presero Brusca e Bagarella. "Provenzano pensò di fare un passo indietro adducendo motivi di salute, idea che abbandonò per evitare di esporre a ritorsioni i soggetti che gli erano più vicini". Il capomafia svela un retroscena, confermando alcune dichiarazioni fatte dal pentito Giuffré, e fa riferimento all'ipotesi circolata fra alcuni boss di "sciogliere l'organizzazione", perché si era creato un clima di tensione dentro Cosa nostra "uguale a quello già visto dopo la guerra di mafia degli anni Ottanta". Ma alla fine nulla di tutto ciò si concretizzò secondo Aglieri "per colpa di alcuni, come Giuffré, che non aderirono ai discorsi rispetto ai quali si erano mostrati concordi".

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Parla da capomafia, da uomo d'onore che ha a cuore la sorte dei suoi uomini difendendoli da accuse di strage che secondo lui sono state costruite ad arte. E per questo cerca di provare il depistaggio, senza accusare nessuno. Rispettando la regola che in Cosa nostra è basilare: se punti il dito contro una persona, EVASION

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SATIRA MURALE

Richard Handl, 31enne svedese, è stato denunciato per aver improvvisato una centrale nucleare nella cucina di casa sua. E' stato trovato in possesso di diversi elementi radioattivi tra cui radio, americio, berillio e uranio. Rischia fino a due anni di fissione in carcere. L'hanno scoperto leggendo il suo blog in rete. (Giuro!) (Fonte: PaperBlog)

Il Professor Anil Gupta Un uomo sta dedicando la propria vita ad aiutare gli altri. Professore di economia nel prestigioso Indian Institute of Management di Ahmedabad, nel 1998 Anil Gupta ha fondato l'Honey Bee Network, un'associazione che ha lo scopo di far circolare le idee e le innovazioni tecnologiche. Da allora, due volte all'anno, accompagnato da studenti, ricercatori e contadini, viaggia di villaggio in villaggio alla scoperta di nuove tecnologie per migliorare la propria vita e il proprio lavoro e che possono essere divulgate in tutto il Paese. Tiene lezioni, fa vedere video, spiega con parole semplici principi di fisica e di medicina. Ha già percorso oltre 6mila km in tutta l'India, raccogliendo una biblioteca di 120mila “conoscenze”: si va dal distillato di urina di mucca come medicamento per la febbre e i dolori articolari, alle pillole di papaia contro l'itterizia, fino alle piume di uccello utilizzate per favorire l'espulsione della placenta degli animali che partoriscono, ma anche impianti microeolici e pompe per l'acqua. Ogni “inventore” riceve un attestato di riconoscimento e un compenso in denaro se la sua creazione viene commercializzata. (Fonte: GEO)

Meglio tardi che mai Nord della California: riarrestato William Walter Asher III. Era scappato di prigione 36 anni fa ma non si ricorda più perché.

Storie di ladri Alto, Texas: vestiti di nero e armati hanno tentato una rapina in banca ma si sono dimenticati di consultare gli orari di apertura. Solo quando sono scesi dal furgone si sono accorti che gli sportelli erano chiusi. La Polizia li ha fermati poco dopo grazie alle segnalazioni di alcuni passanti.

Stop al nucleare domestico EVASION

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affrontare un procedimento legale che dura almeno 9 anni?

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Contro la pena di morte Nel corso dell'estate il Benin ha abolito la pena di morte, cancellandola definitivamente dal proprio ordinamento giudiziario. E' il 106.mo paese abolizionista del mondo. (Fonte: Vita.it)

È una produzione editoriale dell’Associazione Vibrazioni Lucane

Buone Notizie? Per 3 mesi all'ASL 1 di Imperia, 74 medici, oltre ai normali turni, regaleranno un'ora di lavoro alla settimana. Riusciranno così a garantire 1.500 visite in più, il tutto per abbattere le liste d'attesa. (Fonte: BuoneNotizie.it)

La burocrazia è nemica del popolo! Il New York Times e Der Spiegel spiegano agli imprenditori che investire in Italia non conviene a causa della burocrazia. Internazionale (santi subito!) ha ripubblicato questi due articoli che sono molto istruttivi. Raccontano cose che ogni italiano sa bene. Ad esempio, che una pratica elementare come quella relativa alla tassa sui rifiuti può diventare un incubo burocratico che dura anni. Il ragionamento di questi giornalisti è semplice: perché investire in un Paese dove comandano le clientele? Un posto dove per incassare un credito devi

EVASION

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