Info Rionero, giungno 2013

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Corpus Domini

Giugno 2013 PREMIATI I VINCITORI “SCATTO DI PRIMAVERA” Concorso fotografico promosso dall’Assessorato alla Cultura di Rionero

Raccontare i giovani lucani nel giorno di primavera, 21 marzo 2013, questo è stato il tema del concorso fotografico “Scatto di Primavera” promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Rionero in Vulture . Le foto pervenute, raccolte in un catalogo, sono immagini di giovani che esprimono emozioni, allegria, complicità di gruppo ma anche quella particolare tensione quando non si riesce”.. ancora a superare le ombre della vita per approdare a un chiaro progetto esistenziale che non sia solo di fuga, o

dell’andare lontano ..” come scrive il vicesindaco Vito Giuseppe D’Angelo nell’introduzione al catalogo prodotto dall’Ufficio Cultura e presentato nell’ambito della manifestazione. La giuria del Premio, che ha esaminato le foto, ha ulteriormente colto in esse ”…il bisogno della condivisione dei momenti della giornata. Il bisogno dello stare insieme….”, ma anche”.. tutto il disagio misto a paure che la società moderna sta attraversando e che si riversa inevitabilmente sui più giovani: il desiderio di volare alto, di superare gli ostacoli, la paura di dover partire lasciando la propria terra. Il colore verde, sempre presente, lascia spazio alla speranza di una primavera, un

rinascere a vita nuova”.

La giuria, composta dal fotogiornalista Giovanni Marino ( presidente), da Pino Di Lucchio e Andrea Gerardi, con la segreteria Maria A. Chieppa dell’Ufficio Cultura ed ideatrice del Concorso, ha assegnato il primo premio ad Alba Petrarulo per la foto Attraversa(ti) con questa motivazione: “Per aver


messo in luce la condizione giovanile attuale, sospesa fra solitudine, paure, ostacoli, ma anche speranze e sogni. L’elemento predominante della stazione ferroviaria ripresa di sera sta ad indicare le paure e le inquietudini dei giovani di questa terra che per ottenere spazio nella società a volte sono costretti ad emigrare. Gli ostacoli sembrano enormi e spesso le loro idee, le loro opinioni non sono ascoltate e si sentono come invisibili e quindi attraversati. In fondo a questa inquietudine sono forti le luci della speranza, la voglia di una primavera, di emergere e volare alto”.

Il secondo premio alla classe V dell’Istituto d’arte “C. Levi” di Rionero “ per la foto “Il giardino dei Destini Incrociati” con la motivazione: “Per aver descritto in maniera semplice ed efficace

le passioni, gli interessi e le ambizioni dei giovani. Nel grande prato verde, il bisogno di cultura, la ricerca della felicità e dello stare insieme creano la giusta armonia di una società ideale fatta di speranza e in cui le ambizioni e le capacità di ognuno siano riconosciute e portino a risultati concreti”.

“Per aver saputo interpretare il desiderio, la curiosità e la speranza dei ragazzi di guardare oltre il muro, oltre le difficoltà. Nella loro fanciullezza, la loro primavera, riescono finalmente a volgere lo sguardo verso l’orizzonte per affacciarsi pian piano, quasi in punta di piedi nella società e nella vita”.

alla classe V Istituto "Carlo Levi" per la foto “ Primavera Digitale” (Premio “Comunicazione);

alla 2 °edizione del concorso, per riportare lo sguardo fotografico sul mondo giovanile nel giorno di Primavera del 21 marzo 2014 .Ancora una volta per cogliere le loro emozioni. Maria Antonietta Chieppa www.youtube.com/rioneroinvulturetv

www.siderurgikatv.com Il terzo premio ex aequo a Donatella Civiello per “Salto di Stagione” e a Giuseppe Cerviere per “Uno sguardo sul paese” con le rispettive motivazioni: “Per aver evidenziato in maniera ironica ed allegra la voglia di superare quelli che potrebbero essere gli ostacoli e le difficoltà della vita. Come il prato che supera l’ostacolo dell’inverno, così, con la forza e la passione, il salto energico del ragazzo supera gli ostacoli disseminati nel prato della vita” e

Inoltre menzioni speciali a Vincenzo Nardozza per la foto "Raggiungere la meta" a primavera (Premio Primavera);

a Gerardo Petruzzi (fuori tema) per la foto La Gioventù Eterna” (Premio “Tradizione). La manifestazione di premiazione, presieduta dal vicesindaco Vito D’Angelo e dalla Giuria, animata musicalmente da giovani musicisti di Lavello e coordinata da Cristian Strazza, si è conclusa il 30 maggio presso la Biblioteca “Giustino Fortunato” , con l’intento di dare continuità


FESTA DI SAN MICHELE A MONTICCHIO Continua la tradizione dei pellegrinaggi ai piedi del Santo

“Principe nobilissimo delle angeliche Gerarchie, valoroso guerriero dell’Altissimo, amatore zelante della gloria del Signore, terrore degli angeli ribelli, amore e delizia di tutti gli Angeli giusti, Arcangelo San Michele, desiderando io di essere nel numero dei tuoi devoti, a te oggi mi offro e mi dono”.E’ il principio della preghiera di consacrazione all’Arcangelo Michele divenuta, negli anni, per i numerosi pellegrini, sigillo di fede, baluardo di devozione e simbolo di affidamento al celeste condottiero “armato di potenza divina”. Questa preghiera si è elevata più che mai al cielo l’8 Maggio, festa dell’apparizione di San Michele Arcangelo, nella bellissima Badia a Monticchio Laghi, nel Santuario sul Gargano ed in tante chiese dedicate al “soldato di Dio”. La festa liturgica è il 29 Settembre e la Chiesa la dedica ai tre Santi Arcangeli, Michele, Gabriele e Raffaele.Secondo fonti ufficiali, la prima apparizione risale al 490 d.C. La storia racconta che un certo Elvio Emanuele, un signore del Gargano, smarrì il toro del proprio gregge e, dopo una lunga ricerca, lo trovò all’interno di una grotta inaccessibile ed abbandonata. Il buon uomo, non riuscendo ad avvicinarsi all’entrata, scagliò contro di essa

un dardo che, straordinariamente, cambiò direzione, colpendo l’uomo stesso. Comprensibilmente sorpreso l’uomo raccontò tutto al suo Vescovo, Lorenzo, il quale lo invitò a pregare per tre giorni e, proprio il terzo giorno, l’Arcangelo apparve e disse:” Il sono l’Arcangelo Michele, e sono sempre al cospetto di Dio. La grotta è a me sacra ed io l’ho scelta. Non ci sarà più spargimento di sangue di animali. Dove si apre la roccia il peccato dell’uomo potrebbe essere perdonato. Ciò che è stato richiesto in preghiera sarà concesso. Perciò risalite la montagna e consacrate la grotta al culto cristiano”.Il vescovo e la popolazione eseguirono gli ordini dell’Arcangelo. Negli immediati anni successivi seguirono altre due apparizioni ed una quarta si ebbe nel 1656 d.C. allorquando una terribile peste mieteva vittime tra le popolazioni del Gargano.Il vescovo di allora, Alfonso Puccinelli, ordinò giornate di preghiere e di digiuno e l’Arcangelo, il 25 Settembre, disse sul monte :” Chiunque utilizzi la pietra di questa grotta sarà guarito dalla peste. Benedici le pietre e scolpiscivi il segno della Croce ed il mio nome”. La Badia di San Michele Arcangelo a Monticchio Laghi, fin dalle prime ore del giorno, comincia ad accogliere i devoti pellegrini che da tanti anni vi si recano nel mese di Maggio per rendere onore al Principe dell’esercito celeste che, per volontà divina, mai fa mancare la sua forte protezione sulla terra da ogni insidia. E’ antica tradizione che numerosi devoti partono all’alba dalla vicina Monteverde ( Av) per raggiungere la grotta e partecipare alla Santa Messa mattutina. Un andare lento, composto racconta di un

profondo raccoglimento interiore che eleva lo spirito “alle cose del cielo” e le loro mani esprimono tutta una devozione che anche il corpo sa raccontare senza bisogno di ricorrere a parole o spiegazioni. Le mani giunte in atteggiamento di preghiera, mani che, con calma, sgranano il santo rosario, mani che segnano la croce, mani che benedicono i propri figli, mani che toccano l’umida e santa roccia, mani che mandano baci all’Arcangelo, mani che depongono ai piedi di San Michele ceri votivi e fiori, mani che si elevano per invocare la Sua protezione, mani che asciugano le lacrime che solcano le guance perché ognuno non và alla grotta alleggerito ma carico del proprio fardello fatto di guai, di croci, di richieste, di intercessioni, di miracoli. E’ questo il pellegrino dei tempi moderni?. L’aspetto più esteriore ha ceduto il posto ad una preghiera più intima, più raccolta, personale, discreta, contenuta. E non è un male perché secondo i sacerdoti “il cristiano deve essere sempre più in intimità con Dio”. Ma non dobbiamo confondere l’intimità con la tiepidezza perché va anche detto che spesso si incontrano nelle chiese persone, dichiaratamente cristiane, che dopo essersi segnate col segno della croce con svogliatezza, si guardano attorno o bisbigliano tra loro senza tener conto alcuno che si trovano nel tempio santo di Dio. Purtroppo il modernismo tende a trasformare antichi rituali ed a sbiadire quei colori vivi e forti di un tempo, allorquando, non si badava troppo alle

apparenze ma alla sostanza. La fede o la si aveva o no!I nostri preziosi anziani raccontano che i pellegrinaggi di un tempo rappresentavano “l’anima” dei credenti i cui gemiti, soffocati dai brutti tempi e dalla vita durissima, esplodevano incontrollabili tra le pietre dei tortuosi tratturi che conducevano ai diversi santuari dove vi si recavano, a piedi, per “chiedere la grazia” e tra quelle benedette mura, impregnate di sacro, di grazia, di pace, di Dio, quel “solenne” silenzio veniva turbato dai pianti, dalle urla, dagli affanni, dai sospiri, dalle richieste di grazia fatte ad alta voce e si vedevano ginocchia insanguinate perché erano tanti coloro che arrivavano nei luoghi sacri in ginocchio e con capo chino. Ma per quanto siamo in tempi moderni una cosa non è cambiata e né cambierà mai e cioè che l’uomo ha bisogno di Dio ed un’anima priva di Esso è visibilmente arida, vuota, misera ed impotente.“Bisogna avere fiducia di Dio solo” ha detto nell’omelia Padre Edoardo Scognamiglio, Ministro Provinciale dei Frati Minori Conventuali, che ha presieduto la Santa Messa vespertina nella Badia di Monticchio. “La devozione in questi anni è certamente cambiata” ci ha spiegato il rettore della Badia, Padre Giuseppe Cappello “ sono cambiati i modi e l’atteggiamento ma si riconosce la fede vera. I pellegrini che vengono qui sono davvero spinti da una forte devozione a San Michele e negli ultimi anni abbiamo cercato di “purificare” la festa in suo onore per trasformarla in un giorno di grazia. La viviamo come un momento forte di fede e di affidamento e nulla deve inquinare la sacralità e l’intimità con Dio”.Padre Giuseppe di questo è convinto al punto che ogni volta che deve incamminarsi

la processione invita tutti, durante il percorso, a pregare e chi non è ha intenzione lo invita educatamente ad allontanarsi.Ma cosa bisogna fare per tornare a quella devozione forte di un tempo?“Rispettare prima di tutto il luogo Santo. La Chiesa è tempio di Dio. E’ il monte benedetto scelto da Dio e nel quale l’Arcangelo San Michele ha trovato dimora sconfiggendo il male. Occorre rispetto per Dio!

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Quando si varca la soglia della chiesa bisogna essere consapevoli che non si è nelle cose del mondo anche se Dio dobbiamo portarlo ovunque ma il luogo sacro è sacro! Solo così si ha la vera pace nel cuore!”Parole sante che ci fanno venire in mente l’episodio di San Francesco di Assisi allorquando si recò a Monte Sant’Angelo, sul Gargano, e giunto sulla soglia della chiesa arrestò il suo passo dicendo all’amico che “non era degno di calpestare quel santo luogo di Dio in terra”. E oggi ci riconosciamo in questo? Angela Traficante

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INDUSTRIA GRAFICA FOTOGRAFICA – Rionero in V.


Lo ha comunicato il Direttore dello Stabilimento Penale al sindaco di Rionero

ALLA SUA MORTE CROCCO LASCIO’ SOLO POCHI OGGETTI PERSONALI Per riaverli i famigliari del capobrigante pagarono 60 centesimi per spese postali Oggi parlare, e discettare, di brigantaggio pare sia di gran

moda. Di Crocco e delle sue gesta, dei briganti, delle brigantesse e dei cruenti scontri con le truppe militari sono oggetto di continue e, spesso, controverse analisi. Si sprecano i libri, romanzati o rigorosi studi storici, gli articoli sulla stampa quotidiana e non, sul tanto discusso fenomeno del brigantaggio post-unitario e su suoi personaggi più rappresentativi. Forse dove se ne parla di meno e proprio nel paese natale del

famoso Crocco, Rionero in Vulture, se si esclude l’ottima iniziativa della locale scuola elementare che, qualche anno fa, ha prodotto, con la regia del noto cineasta Fulvio Wetzel e con interpreti gli alunni e i loro genitori delle V classi C e D, un interessante cortometraggio, “Darsi alla macchia”, anche se con finalità didattiche e pedagogiche, su alcuni aspetti della vita del capobrigante rionerese.

Il fantasmagorico Cinespettacolo “La Storia Bandita”, in quel della Grancia di Brindisi di Montagna, poi, attira sempre più spettatori, non si sa se spinti da curiosità, da divertimento o dal desiderio di cogliere gli antefatti storici che sono alla base del brigantaggio meridionale. “ So’ Crocco!”, è la bella canzone scritta e composta qualche anno fa dal cantautore melfitano, Ferdy Sapio. Pare che il testo e la musica abbiano incontrato il pieno favore del pubblico e ha avuto un lusinghiero successo. Ma quanti conoscono veramente la vita del famoso brigante di Rionero in Vulture? Chi conosce, per esempio, cosa ha lasciato alla sua morte, dopo oltre trent’anni di carcere? E’ proprio su questo aspetto, riteniamo veramente poco noto, che vogliamo intrattenere i nostri affezionati lettori. Carmine Crocco, detto Donatelli, morì il 18 giugno 1905 nello Stabilimento Penale di Portoferraio, dopo aver trascorso nelle patrie galere oltre trent’anni. Una comunicazione della morte di Crocco fu fatta al sindaco di Rionero in Vulture, avv. Eugenio Brienza, dal Direttore del carcere. Oggetto: “Morte avvenuta il 18 Giugno 1905 alle ore 8,20 per

atonia senile di Crocco Donatello Carmine, figlio di fu Francesco e di fu Maria Gerardi, nato a Rionero in Vulture provincia di Potenza il 1830, di condizione possidente qualche cosa, di religione cattolica, di professione pastore, di stato civile celibe.” In data 19 Giugno altra comunicazione del Direttore del carcere al sindaco di Rionero. “Portoferraio, addì 19 Giugno 1905. Per conveniente notizia debbo partecipare alla S.V. ill.ma la morte del condannato al margine citato, con preghiera di rendere informati i congiunti, comunicando agli eredi, che il Crocco non ha lasciato peculio, ma i seguenti oggetti laceri: Calze di cotone paia 6; maglie di cotone 1; maglie di lana 1; Berretto di notte 2; per avere i quali devono inviare 60 centesimi pel pacco postale”. A tale comunicazione, soprattutto nell’apprendere che Crocco non avesse lasciato moneta, il sindaco di Rionero rimase molto perplesso, per non dire della forte delusione dei parenti del capobrigante, che, forse, si aspettavano qualche cosa di più.Tanto che il sindaco, avv. Eugenio Brienza, il 24 giugno 1905 così rispose alla missiva del Direttore del carcere. ” E’ stata vera sorpresa per i parenti del deceduto Carmine Donatello Crocco, cui venne comunicata la controindicata Nota, che costui dopo circa 45 anni di prigionia e di lavoro, non si abbia raggranellata una somma, giacché la S.V. mi riferisce che nessun peculio abbia lasciato. La prego quindi volermene dare spiegazione a riguardo per dare maggiore soddisfazione ai suddetti parenti. In ogni modo, accludo, a richiesta degli stessi, l’unita cartolina vaglia di £ 0,60 con preghiera di spedirmi gli oggetti

sebbene laceri, lasciati dal Crocco. Grazie. Il Sindaco E. Brienza” Non sappiamo se, e come, il direttore del carcere abbia risposto e quali spiegazioni abbia dato alle legittime richieste del Sindaco di Rionero e a soddisfazione dei parenti rioneresi del Crocco. Forse il celebre brigante di Rionero è stato spogliato da vivo, (com’è noto al momento del suo arresto, avvenuto a Veroli, in provincia di Frosinone, il 24 agosto 1864, Crocco aveva con sé la ragguardevole somma di 19.800 lire, che gli fu sequestrata. Venne poi dalle autorità pontificie rinchiuso nelle Carceri Nuove di Roma). E probabilmente anche da morto. Michele Traficante

Potenza. Manifesti per Celebrare l’anniverasrio della Morte di Carmine Crocco

Manifesti con l'immagine di Carmine Crocco - nato a Rionero, nel 1830 e morto a Portoferraio, in provincia di Livorno, il 18 giugno 1905 - sono stati affissi sui muri di Potenza, per celebrarne l'anniversario della morte. Accanto all'immagine di Crocco sono riportate le frasi «L'anima che arde è il faro degli uomini che combattono» e, in caratteri grandi, «Carmine Crocco presente».


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