Il corpo politico: Arte al di fuori degli spazi istituzionali

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117.É possibile conservare il vento? J.Rockwell




ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI FIRENZE Biennio in Arti Visive e Nuovi Linguaggi Espressivi indirizzo di Grafica Prof. Paolo Parisi

IL CORPO POLITICO: ARTE AL DIFUORIDEGLI SPAZI ISTITUZIONALI

Relatore: Prof.ssa Valeria Bruni Correlatore: Prof. Giovanni Surace

Tesi di diploma di: Valentina Ciani

Sessione Invernale ANNO ACCADEMICO 2014-2015



INDICE

Introduzione 8.

1.ALLE RADICI DEL CORPO POLITICO 1.1 Il caso Courbet e le nuove modalità di comunicazione nel Futurismo 13. 1.2 I nuovi processi ibridi 17. 1.3 Allan Kaprow e i primi happening 21. 1.4 La scultura sociale di Joseph Beuys 35.

2.VIETATO NON TOCCARE: IL CORPO/AZIONE CONTEMPORANEA 2.1 Analogie tra l’happening e la sfera dell’arte relazionale 47. 2.2 AAA. Cercasi camminatori: Hamish Fulton 51. 2.3 Il prensiero democratico di Bob & Roberta Smith 61. 2.4 Aeolian Ride: un eco progetto di Jessica Findley 67.

3.DUE CASI DI STUDIO A CONFRONTO: GUERRILLA SPAM E IL MAAM DI ROMA 3.1 Spam (non) esiste 79. 3.2 Intervista ai Guerrilla Spam 97. 3.3 Un museo oltre il museo 105.

4.ESPERIENZE DIRETTE: AZIONI OVUNQUE 4.1 Mettiamo bianco su nero 119. 4.2 I am an artist,I am Charlie Hebdo 125. 4.3 Qr code-code? 127. 4.4 Annotazioni 130. Conlcusione 136. Bibliografia Sitografia


INTRODUZIONE

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Il percorso di ricerca pone l’attenzione sull’arte fuori dai luoghi istituzionali mettendo in primo piano il corpo, come nuovo medium del processo artistico. Per corpo politico mi riferisco ad un corpo che esce dal sistema dell’arte tradizionale, attraverso azioni collettive che vedono artista e pubblico sullo stesso piano d’azione. Il corpo come nuovo soggetto e oggetto si manifesta nell’arte partecipativa, negli happening e performance, in tutti quei processi ibridi al di fuori di gallerie e musei, luoghi nei quali l’arte è confinata. La ricerca si sofferma su casi di artisti che creano processi ibridi in luoghi non deputati all’arte come strade, hotel, fattorie e aree naturali, focalizzando l’attenzione sul contesto urbano, nuovo luogo dell’arte. Il primo capitolo tratta della pratica performativa dell’happening e descrive le azioni di Allan Kaprow e Joseph Beuys. Procedendo con la ricerca vengono mostrati esempi di artisti che chiedono il supporto del pubblico attraverso un attivismo sociale e politico. La parte centrale della ricerca riguarda le analogie tra l’happening e la sfera dell’arte collettiva attuale. Il penultimo capitolo dedica la sua attenzione alle azioni urbane di Guerrilla Spam e al centro MAAM di Roma, un contesto artistico al di fuori del comune. Il capitolo finale della ricerca si incentra su esperienze dirette che dimostrano come sia possibile fare arte al di fuori di contesti non ufficiali, cercando soprattutto la relazione con il pubblico, nuovo stimolo e poetica dell’artista contemporaneo.




1 ALLE RADICI DEL CORPO POLITICO Sono dieci anni che porto avanti una guerra basata sull’intelligenza1 Courbet



1.1 Il caso Courbet e le nuove modalità di comunicazione nel Futurismo

La necessità di creare nuovi spazi per l’arte non è cosa recente. Nella Francia degli ultimi decenni dell’800, in opposizione alla chiusura e alla rigidità dell’organizzazione ufficiale dell’Académie des Beaux Arts2, si manifesta l’esigenza di uscire dal contesto istituzionale . La commissione dell’Académie des beaux arts di Parigi ha come suo più alto obbiettivo quello di difendere la teoria estetica, esercitando un controllo sulla moralità delle opere proposte. Questo comporta l’esclusione elevata di opere ritenute non valide. Oltre a ciò vi è anche la questione commerciale: lo statuto dell’Accademia di allora vieta agli artisti ufficiali di fare direttamente commercio nei loro studi. Per un giovane artista la carriera deve passare obbligatoriamente attraverso una serie di tappe, tutte controllate dal sistema accademico e deve preoccuparsi dell’avanzamento istituzionale piuttosto che lavorare a strategie di autopromozione nel mercato libero. I membri accademici sono in grande maggioranza nella giuria dei Salon3 . Il successo ai Salon rappresenta il mezzo più diretto per essere accettato dal gusto dominante del grande pubblico e dall’alta borghesia. Vien da credere che i Salon siano un palcoscenico per mettere in mostra ciò che le istituzioni vogliono; mostrare ciò che è conveniente ed escludere le opere ritenute “non valide” perché sconvenienti. Come testimonianza a questa problematica pongo il caso della polemica scoppiata contro il Salon del 1855, anno dell’Esposizione Universale di Parigi. In questa occasione Gustave Courbet decide di installare proprio davanti all’Esposizione, il suo Padiglione del Realismo, mettendo in mostra la celebre tela Lo studio, rifiutata dalla

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1. Dichiarazione di Courbet in una lettera del 1848 e visitabile al link: http://www.musee-orsay.fr/it/ collezioni/scheda-courbet/courbet-manifesta-il-suopensiero.html 2. L’Académie des beaux arts di Parigi è fondata da Colbert nel 1648 3. Il Salon é un’esposizione periodica di pittura e scultura che si svolge a Parigi, con cadenza biennale fino al 1863 ed annuale in seguito (decreto imperiale del 13 novembre 1863), dal XVII al XIX secolo.


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giuria della mostra ufficiale. È la visione del pittore riguardo la società del tempo e perciò ritenuta non valida perché sconveniente. Alla voce “Collezioni- scheda Courbet” sul sito ufficiale del museo d’Orsay è riportata una testimonianza scritta riguardo al Padiglione del Realismo del 18554. L’obbiettivo che si propone Courbet è quello di produrre “arte vivente”: si oppone all’insegnamento accademico della Scuola delle Belle Arti, prende le distanze dai soggetti mitologici o storici e basa la sua ricerca artistica raffigurando quello che lo circonda. Courbet che esce dal Salon per far accostare l’arte alla vita, crea un senso di rinnovamento e ribellione contro la morale borghese e contro le istituzioni ufficiali. Un senso di rinnovamento che ritroviamo nella maggior parte delle Avanguardie storiche e Neoavanguardie. Il corpo e l’occhio dell’artista sono i protagonisti che riflettono i mutamenti dell’arte contemporanea in un alternarsi di forme volte alla sperimentazione. I movimenti che si affermano in Europa a partire dai primi anni del XX secolo pongono le basi teoriche per quelle che saranno le ideologie artistiche degli anni Sessanta. La volontà di creare un’arte che esca dagli spazi convenzionali si fa viva nel Futurismo e privilegia: -la provocazione -il manifesto, la radio e il giornale come muovi mezzi di propaganda pubblica -l’interesse nell’assemblaggio di più materiali -la sperimentazione -l’interesse teorico per le nozioni di gioco e parodia -la struttura “aperta” delle opere (alcune di queste prive di cornice) -l’utilizzo di oggetti d’uso comune E soprattutto l’interesse di unire l’arte alla vita in un’epoca

4.Per la testimonianza si rimanda al link http://www. musee-orsay.fr/it/collezioni/scheda-courbet/courbetmanifesta-il-suo-pensiero.html


che vede non più le accademie e musei come unici luoghi dell’arte. A partire dalle Avanguardie storiche e in primis il Futurismo assistiamo ad un’arte che viene affiancata dalla strada, dal teatro e dal cinema. La volontà dei futuristi di scardinare le accademie e le tradizioni del passato trova luce nel Manifesto futurista, firmato a Filippo Tommaso Marinetti e pubblicato sul giornale francese Le Figaro, nel 1909. Il Futurismo è fondamentale per le nuove modalità di comunicazione: elabora un nuovo linguaggio prendendo spunto da due fenomeni contemporanei tra i più significativi: la pubblicità e la propaganda. Il manifesto, artefice di queste due modalità, proprio grazie alla sua scrittura semplice, essenziale, provocatoria, sintetica ed esortativa, sa attrarre l’attenzione del pubblico sul dibattito culturale, artistico o politico. Gli artisti perciò realizzano una tiratura molto alta dei manifesti teorici, che trovano spazio in riviste specializzate o in giornali quotidiani, distribuiti alla gente comune, per strada. L’arte, come è già stato affermato, diventa nuovo mezzo di divulgazione e conoscenza di una nuova cultura per il vasto pubblico e non più un’arte d’elité.

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«10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie e combattere contro il moralismo(…)»5 «(…) Che cosa dite? Siamo Pazzi? Evviva! Ecco finalmente la parola che aspettavo! ... Ah! Ah! Bellissima trovata! (…) per conto mio vi annuncio che il mondo è fradicio di saggezza!»6 Tale movimento si fonda sul completo rinnovamento della sensibilità umana. Metaforicamente, i morti sono i parassiti che rinchiudono l’arte nei musei e, rifiutandoli

5. Questo punto è riportato sulla prima pagina del giornale “Le Figaro”,nel 1909 a opera di Filippo Tommaso Marinetti. 6. F.T.Marinetti,Uccidiamo il chiaro di luna, Booklassic, (ebook), 2015,p.2


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ideologicamente, i futuristi si avvalgono di azioni performative per dare prova esplicita delle loro idee, per farsi conoscere e attrarre l’attenzione su di sé. Contro l’arte del passato il tentativo più grande è quello di creare modalità espressive nuove in grado di rivolgersi a un pubblico vasto. È l’occhio che si vuol stupire. Il movimento futurista investe le proprie ideologie nel campo della letteratura7 e nel teatro. Il teatro sperimentale futurista è il nuovo scenario di comunicazione e propaganda del movimento. Qui il corpo ha spazio per le proprie performance che al meglio esprimono l’idea di movimento e velocità. L’ideatore e principale sostenitore (come per il manifesto), è Filippo Tommaso Marinetti, che vede nel teatro il nuovo luogo della dinamicità e sovversione contro la morale comune. Le idee di base pongono l’attenzione sulla distruzione delle forme drammatiche convenzionali tramite l’assenza totale di trama e soprattutto la volontà di sottrarre il teatro al mercato dell’intrattenimento per non renderlo più schiavo del sistema commerciale. Abolendo il teatro come prodotto industriale Marinetti desidera la partecipazione attiva del pubblico, invitando anche a fischiare lo spettacolo e ad esprimere la propria opinione di fronte a un evento artistico: esprime un suo giudizio, si diverte davanti alla comicità dei gesti (una comicità voluta dal Futurismo, in quanto, come abbiamo già detto, uno dei punti salienti di tale avanguardia sta proprio nell’interesse teorico nelle nozioni di gioco e parodia). I futuristi perseguono la rifondazione del concetto stesso di comunicazione teatrale. Essi focalizzano la loro attenzione sulla relazione essenziale che si sviluppa fra testo, attori e pubblico. Una relazione che vede il corpo, con le sue azioni, quale nuovo medium del fare artistico.

7. Per approfondimenti sulla letteratura futurista leggere gli scritti di Filippo Tommaso Marinetti, distruzione della sintassi, immaginazione senza fili, parole in libertà, manifesto del 1913.


1.2 I nuovi processi ibridi

Il Futurismo anticipa alcune pratiche artistiche della seconda metà del Novecento e compie i primi passi verso lo sconfinamento dell’opera oltre la tela. Con il Futurismo, infatti, il pensiero dell’artista si manifesta nelle strade, comunica con il pubblico, sperimenta un teatro che sorpassa la classica recitazione. Aspetti che accomunano le pratiche futuriste sono riscontrabili nei movimenti delle Neoavanaguardie. All’alba degli anni Sessanta il concetto di opera d’arte subisce un’importante trasformazione. L’arte non si identifica più in un oggetto concreto come un quadro, una scultura o un’architettura ma assume molteplici aspetti riassumibili in tre punti: 1 Viene creata attraverso la partecipazione del pubblico diventano così elemento di fruizione collettiva; 2 Non è considerata esclusivamente come prodotto vendibile; 3 Diventa processo performativo. Per citare solo un esempio il Groupe de Recherche d’Art Visuel8 organizza manifestazioni capaci di far uscire lo spettatore dalla sua apatica dipendenza,che gli fa accettare in modo passivo non solo quanto gli si impone come arte ma un intero sistema di vita. Una delle azioni più notevoli del gruppo GRAV si svolge nelle strade di Parigi nel 1966, dove il pubblico è invitato a giocare con degli oggetti e a intraprendere percorsi devianti. Un documento redatto da loro espone il fine delle azioni: arrivare ad una comunicazione e interazione tra il pubblico e la creazione dell’opera. In uno dei loro manifesti, essi dichiarano:

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8. Il GRAV è stato un gruppo di undici artisti attivo a Parigi dal 1960 al 1968. Nel gruppo hanno collaborato François Morelle, Julio Le Parc, Francisco Sobrino, Horacio Garcia Rossi, Yvaral, Joël Stein, Vera Molnár e altri. Su esempio di Victor Vasarely hanno estratto il concetto che l’unicità dell’artista è stata superata e hanno fatto appello alla partecipazione diretta del pubblico con una influenza sul suo comportamento.


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Noi vogliamo coinvolgere lo spettatore liberarlo dalle inibizioni, rilassarlo. Noi vogliamo farlo partecipare. Noi vogliamo porlo al centro d’una situazione che possa far funzionare e trasformare. Noi vogliamo che egli sia consapevole della sua partecipazione. Noi vogliamo che egli si orienti verso un’interazione con altri spettatori. Noi vogliamo sviluppare nello spettatore una forte capacità di percezione e azione. Uno spettatore cosciente del suo potere d’azione (…) potrà compiere da sé la vera «rivoluzione dell’arte». Egli metterà in pratica le seguenti regole: VIETATO NON PARTECIPARE VIETATO NON TOCCARE VIETATO NON ROMPERE9 I nuovi processi performativi entrano a far parte del sistema dell’arte per denunciare l’asservimento del fare artistico alle regole del mercato e del consumo.10 La società degli anni Sessanta e il boom economico successivo aprono all’uomo contemporaneo un nuovo mondo fatto di macchine prodotte in serie, di soluzioni commerciali per la massa. Esplode un concept industriale secondo il quale ognuno è parte dell’ingranaggio e consumatore di un mondo massificato. L’industria risponde alla riproduzione seriale. L’arte Concettuale, le opere “site specific”11 e l’arte performativa rispondono a tale situazione, ridefinendo lo spazio dedicato all’arte, non più confinato all’interno delle istituzioni ma investendo l’ambito pubblico.

9. D. Riout L’arte del ventesimo secolo Protagonisti temi, eventi Einaudi, Torino, 2002, p.347 10. G. Debord, La società dello spettacolo, Dalai ed.,Milano, 2008 11. Il site specific sfida apertamente il mercato dell’arte di quegli anni, rendendo impossibile la commercializzazione e la divulgazione dell’opera.


In alcuni gruppi e movimenti come il gruppo Cobra, il Situazionismo e i movimenti sociali urbani del ’68, vi è il desiderio di abolire la separazione tra artista e spettatore, tra produzione e consumo, tra arte e politica . Ciò viene realizzato opponendosi ai circuiti istituzionali dei musei. A questo proposito è importante citare l’affermazione di Ad Petersen12 che rivela la «grande varietà» dei mezzi ai quali gli artisti ricorrono da quando cominciano a violare i limiti rigorosamente assegnati dallo statuto delle belle arti e dei musei. Nell’introduzione da lui redatta per il catalogo di una mostra dedicata a un bilancio della nuova situazione “’60-’80 Attitudes/Concepts/Images”, egli afferma: Se esiste un tratto peculiare nell’arte di questi ultimi venticinque anni, è il fatto che essa ha infranto i propri limiti tradizionali e non ha mai smesso di allargare i propri confini. Fotografia, video,musica,performance, teatro e danza sono possibilità ormai comprese tra i media utilizzati dall’artista “visivo”13. Tutto sembra possibile a questo punto. Alcuni artisti, prima con gli “environment” poi con gli “happening”, instaurano nuovi rapporti tra l’arte e il pubblico. Il pubblico diventa il nuovo interlocutore della realtà sociale. Il corpo dell’artista al centro dei nuovi processi ibridi è nuova metafora concettuale utile anche da un punto di vista politico e sociale: 1 Con la nascita delle arti performative l’artista mette in discussione la definizione di spazio dedicato all’arte, promuovendo luoghi alternativi a quelli istituzionali;

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12. Ad Petersen é critico d’arte e curatore allo Stedelijk Museum di Amsterdam. 13. D. Riout L’arte del ventesimo secolo Protagonisti, temi, correnti, Einaudi, Torino, 2002, p.254


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2 Considerandosi già opera d’arte, l’artista non si sente più nell’obbligo di creare un oggetto concreto e vendibile. L’America, a partire dalla fine degli anni Cinquanta, è il nuovo centro delle arti performative al di fuori dei contesti ufficiali. La nascita di nuovi spazi sia all’interno di ex fabbriche abbandonate14,sia in strada o a stretto contatto con la natura crea l’opportunità più proficua all’artista di sperimentare nuovi processi artistici tra i quali, come già citato, gli happening. Alla base dell’happening vi è un’innumerevole varietà di procedimenti la cui base è generalmente il coinvolgimento del corpo dell’autore e dello spettatore. Il corpo, come nuovo medium artistico capace di creare nuovi processi esecutivi, è affiancato dal video, dalla musica, dal suono, dalle parole, dallo spazio. Il corpo è nello spazio e crea un nuovo spazio dedicato all’arte.

14. Tale situazione è resa possibile,anche ad un particolare momento della città di New York: dalla metà degli anni Sessanta,il quartiere di Soho si sta lentamente svuotando a causa della crisi finanziaria che colpisce le imprese manifatturiere che vi lavorano, lasciando così enormi spazi industriali vuoti.


1.3 Allan Kaprow e i primi happening

Le azioni di performers americani hanno luogo negli Stati Uniti, principalmente in North Carolina, a partire dal 195915. La strategia delle arti performative sta nell’opposizione alla mercificazione dell’arte stessa, realizzando azioni prive di un oggetto collezionabile e vendibile. Tra i primi precursori delle arti performative che investono l’ambito pubblico vi è Allan Kaprow che sfrutta il corpo come nuovo mezzo di comunicazione attraverso la pratica iniziale degli environment16 e successivamente degli happening17 . Già dai suoi primi environment (uno di questi esposto nel 1958, consistente in un insieme di materiali all’interno dei quali i visitatori hanno l’obbligo di circolare) c’è un chiaro stimolo all’atteggiamento partecipativo Nella presente mostra noi non veniamo per guardare le cose. Entriamo semplicemente , e siamo coinvolti in modo passivo o attivo a seconda della nostra attitudine a impegnarci, così come svolgiamo un ruolo quando usciamo fuori da qualsiasi spazio, urbano o privato. Siamo noi stessi le forme (anche se spesso non ne siamo consapevoli. (…) osservare gli altri in maniera diversa; e così facendo modifichiamo costantemente il senso del lavoro (…) Io credo che questa pratica dia ai visitatori una responsabilità molto maggiore di quella a cui sono abituati. Il successo di un’opera dipende anche da loro oltre che dall’artista18 Un anno dopo agli environment, Kaprow realizza i primi happening. Storici e critici d’arte sostengono che gli happening siano una nuova forma teatro, considerato che alcuni di questi

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15. Tra i primi happening avvenuti nella storia dell’arte contemporanea vi è quello realizzato da John Cage al Black Mountain College, in North Carolina nel 1952 dove si cerca di integrare le Arti liberali e le Belle Arti, realizzando pratiche artistiche basate sulla vita reale e quotidiana. 16. environment : operazione artistica volta a creare un ambiente, o uno spazio, capace di includere lo spettatore, di renderlo attivo partecipe alla realizzazione dell’insieme. Le premesse dell’ environment possono trovarsi, oltre che nella poetica futurista, nelle ricerche di Kurt Schwitters con Merzbau o con gli ambienti di Marcel Duchamp alle esposizioni surrealiste 17. L’happening è dimensione interattiva di persone in azione. Il termine é ricalcato sull’etimologia del verbo to happen ( accadere) non a caso, gli happening sono una forma d’arte contemporanea che si focalizzano non tanto sull’oggetto ma sull’evento che si riesce ad organizzare. Kaprow teorizza e mette in pratica eventi, in cui una parte è decisa dall’autore mentre l’altra è composta dall’azione del pubblico, volutamente lasciato libero di dare forma compiuta all’operazione. 18. D. Riout L’arte del ventesimo secolo Protagonisti temi, eventi, Einaudi, Torino, 2002, p.347


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sono realizzati rispettando un copione; altri sostengono il contrario, affermando che le azioni svolte negli happening sono di natura spontanea, priva di qualsiasi recitazione e necessari a descrivere una situazione sociale. Descrivere la pratica dell’happening, essendo un processo estremamente ibrido, risulta ancora molto difficile; le parole di Kaprow, un’intervista registrata nel 1968, possono chiarire tale concetto Per realizzare i miei primi happening mi rivolsi a tutti gli amici e a tutte le persone disposte a recitare e ad aiutarmi, e al mio appello aderirono per lo più artisti, poeti e musicisti di mia conoscenza. Conoscevo pochissimi attori e non andai mai a cercarli fino a quando Julian Beck me ne raccomandò qualcuno. Questi, però, si rivelarono immediatamente inadatti alle mie esigenze perché volevano recitare, ricoprire ruoli di primi attori, “parlare” il più possibile e io usavo pochissimo materiale verbale nel mio lavoro. (…) Anche se animati dalle migliori intenzioni, erano troppo presi di se stessi e privi di naturalezza. Viceversa gli altri miei amici, non abituati a recitare, servivano perfettamente al mio scopo (…) Ma poco tempo dopo mi resi conto che non potevo contare su questi particolari amici, sia perché erano troppo occupati col proprio lavoro, sia perché disapprovavano addirittura quello che stavo facendo(…) Presi a servirmi deliberatamente del materiale che trovavo a mia disposizione: persone, ambienti ecc. (…) Il mio passo successivo fu quindi la ricerca di un metodo per arrivare alla rappresentazione senza prove, utilizzando esclusivamente persone reperibili in loco. Questo indirizzo avrebbe imposto lo sviluppo di nuove tecniche, di nuove forme e la revisione di tutti i miei propositi. Io volevo soprattutto


che il pubblico, più che assistere partecipasse al mio lavoro e dovetti trovare un modo pratico per realizzare il mio intento. Elaborai quindi un sistema di situazioni e immagini molto semplici, con meccanismi e implicazioni elementari (…) Chi desiderava partecipare all’happening poteva decidere da solo(…)19. You will become a part of the happening, così è scritto nei fogli d’invito, all’ingresso dell’opera/azione di Kaprow 18 Happenings in 6 Parts, presentata alla galleria Reuben di New York nell’autunno del 1959. È un’opera nella quale l’artista ha riversato la sua formazione all’action painting20 e lo studio delle performance di John Cage. L’happening si compone di una partitura attentamente concepita e scritta rigidamente, grazie alla quale il pubblico, per la prima volta nell’arte del ventesimo secolo, viene coinvolto e manipolato interattivamente. Queste le istruzioni fornite agli spettatori partecipanti: «la performance è divisa in sei parti... Ogni parte contiene tre happenings che accadono immediatamente. L’inizio e la conclusione di ciascuna performance saranno segnalati da una campana. Alla fine della performance verranno uditi due colpi di campana... non ci sarà applauso dopo ogni insieme, ma potete applaudire dopo il sesto insieme se lo desiderate »21. Gli happening si sono svolti in tre spazi differenti caratterizzati ognuno da un’atmosfera e da un tipo di illuminazione diverse: bianca e blu nel primo, bianca e rossa nel secondo, blu nel terzo. Sono previste delle sedie in numero variabile da 75 a 100. Gli invitati ricevono cartellini numerati e devono cambiare sedia, come indicato dalle regole stabilite nel programma. Possono dunque assistere agli eventi proposti che si sarebbero svolti una sola volta, per una durata totale di un’ora e mezzo: proiezione di diapositive ascolto di musica improvvisata, una donna nuda che sprofonda in un 23.

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19. M. Kirby, Happening, De Donato, Bari, 1968 pp.7374. 20. Il termine action painting significa letteralmente pittura d’azione. È uno stile americano nato negli anni ’50, nel quale il colore viene fatto gocciolare spontaneamente, lanciato o macchiato sulla tela, invece che applicato con attenzione. L’opera che ne risulta enfatizza l’atto fisico della pittura stessa. 21. Allan Kaprow, Happenings in the New York Scene. Art News 60, n.3,New York, May 1961,pp 36-39.


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divano, un’altra che spreme arance, un gruppo di artisti che dipingono tele appese a tramezzi, altri che fanno girare cartelli e recitano testi o suonano uno strumento. 18 Happenings in 6 Parts è il primo esempio dove l’opera nasce dall’azione combinata tra l’artista e pubblico. Un’azione che non è solamente improvvisata ma è un processo studiato e pensato precedentemente. Dei principi dell’happening affermati dall’artista ricordiamo sette punti teorici22 : 1)La linea tra arte e vita deve rimanere fluida; 2)Pertanto la derivazione dei temi,dei materiali, delle azioni e la loro corrispondenza possono venire fuori da ogni posto; 3)La presentazione di un happening dovrebbe avvenire su parecchi spazi, talvolta mobili e mutevoli; 4)Il tempo dovrebbe essere vario e discontinuo; 5)Gli happening dovrebbero essere rappresentati una volta sola; 6)Il pubblico dovrebbe essere interamente eliminato; 7)La composizione di un happening è eguale a quella di un assemblage, cioè costituita da un certo collage di eventi in certe misure di tempo e in certe misure di spazio. Il lavoro di Kaprow, a partire dal 1957, è un lavoro fluido cioè pieno di possibilità di esecuzione e senza un programma che punta alla teatralità. Egli afferma : Meno noi strutturiamo l’azione teatrale, più essa assomiglierà alla vita di tutti i giorni e a maggior ragione sarà lo stimolo per la facoltà strutturante di ciascuna persona del pubblico23 All’inizio, poiché non ero un attore professionista né i miei amici lo erano, cercavo un’esperienza simile a quella degli attori, proprio per sperimentare questa dimensione che non conoscevo, per questo le

22. Estratto da Undo.net (www.undo.net.it) articolo Allan Kaprow, a cura di Francesco Bonazzi, dic-gen 1997 , n. 85. 23. G. Toscano, Azioni in cornice Costruzione sociale della Performance Art, Franco Angeli, Milano, 2011, p.76


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persone erano coinvolte in modo quasi teatrale. Ma dal momento in cui l’ho provata non ho più continuato in questo senso. Do semplicemente delle annotazioni, molto oggettive, il più fredde e piatte possibile, lasciando a voi tutte le possibilità di azione24 Si limita a mettere assieme una serie di eventi e lascia poi che ognuno agisca come vuole, nell’intento di realizzare azioni non recitate e che rispecchiano la realtà: La linea divisoria tra l’arte e la vita dovrebbe rimanere più fluida e indistinta possibile e il tempo e lo spazio dovrebbero rimanere variabili e discontinue cosicché, continuando ad essere fenomeni aperti in grado di dare il via al cambiamento e all’inatteso, la performance abbia luogo una volta sola (Allan Kaprow 1966)25 Fondamentale aspetto degli happening è che essi possono svolgersi in qualsiasi luogo non convenzionale. Il suo primo happening avviene all’interno di una galleria ma nella sua carriera artistica, Kaprow esce al di fuori del contesto istituzionale, come la strada, la campagna, gli atri interni degli hotel. Yard ad esempio è un happening realizzato nel 1961 a New York nel cortile retrostante la galleria Jackson. Qui Kaprow riempie lo spazio con centinaia di copertoni usati, spiazzando i visitatori che sono invitati a camminare, sedersi, sdraiarsi sulle cataste di copertoni, spostarli a piacimento per poi rimetterli a posto. Yard diviene un lavoro cruciale nell’opera di Kaprow per diversi aspetti: 1 dissacrante dell’oggetto industriale trasformato in oggetto artistico; 2 La messa in discussione dello spazio espositivo;

24. M. Bandini, Allan Kaprow, “Data”, 16-17 giugnoagosto, 1975, p.66. 25. G. Toscano, Azioni in cornice Costruzione sociale della Performance Art, Franco Angeli, Milano, 2011, p.154


3 L’aspetto del gioco e del divertimento da parte del pubblico, invitato non più a contemplare l’opera ma a realizzarla. Yard è un primo esempio di come il corpo sociale entra in un contesto istituzionale, decontestualizzando lo spazio. Come secondo e terzo esempio di spazio non convenzionale all’arte citiamo l’happening the Courtyard, del 1962 e Tree, del 1963. Il primo é realizzato nel cortile interno del Greenwich Hotel a New York mentre il secondo alla fattoria dell’amico George Segal. The Courtyard si svolge nel cortile di un vecchio albergo in cui è costruita una montagna di 4 m di base e 9m di altezza,coperta di carta catramata. Più in alto , dieci piani sopra, una montagna più piccola, alta 4 m è appesa al lucernaio dell’albergo. Un mugolio in crescendo accompagna la caduta di piccoli fogli sul pubblico che viene fornito di scope e sollecitato a collaborare a raccoglierli. Un uomo in bicicletta continua a girare lentamente tra il pubblico. Dalle finestre dell’albergo inizia la sequenza di voci e azioni: vengono calati due materassi, successivamente issati sulla montagna più grande. Una ragazza in camicia da notte rosa, fornita di radiolina che tiene all’orecchio, sale su una delle scale ai lati della montagna e si distende sui materassi. Altre azioni si susseguono. La montagna capovolta appesa al lucernaio comincia a scendere su di lei con l’accompagnamento sonoro di una sirena e trombette. Pezzi di carta crespata nera volteggiano nell’aria. L’happening si concludenel momento in cui le due montagne risultano una sull’altra, con le vette che si toccano.

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Considerazioni su the Courtyard

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Fare una breve considerazione su the Courtyard permette di capire quanto sia importante la scelta dello spazio per la realizzazione di un happening. Nell’autunno del 1962 Kaprow partecipa alla riunione di un comitato che intende trasformare il Greenwich Hotel, in teatro e residenza per studenti e artisti. Il progetto alla fine fallisce ma le caratteristiche spaziali dell’edifico colpiscono l’artista che vede nell’albergo, il potenziale ambiente per un happening. La sua attenzione è attirata soprattutto dagli stretti e angusti corridoi con le porte delle camere in successione continua e dal cortile. L’albergo occupa l’intero isolato tra la Sullivan e la Thompson Street con il suo edificio massiccio e sinistro. I dieci piani che si allineano, i piccoli negozi di tabacchi e il Caffè Flamenco non riescono a dissipare la sottile tristezza della gigantesca costruzione. Prima di aver visto l’ambiente, Kaprow non ha alcuna idea particolare. In seguito, passa ore e ore sul posto scelto per l’happening, studiandone le caratteristiche e le possibilità. Kaprow sceglie per the Courtyard un ambiente angusto perché rispecchia la realtà che egli vuole rappresentare; pensare allo stesso happening all’interno di un contesto museale dalle pareti bianche non sarebbe la stessa cosa.


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Altri luoghi non istituzionali ma comuni e quotidiani sono perfetti per le azioni dell’artista: Tree è un altro happening realizzato alla fattoria dell’amico Segal, dove l’artista invita un gruppo di persone a svolgere azioni in diretto contatto con la natura, mentre Print out, del 1971 si svolge nelle periferie di Milano. In quest’azione il pubblico è invitato a guidare delle macchine in un prato, fino a che queste tracciano una strada. L’azione viene in questo caso filmata e proiettata. L’happening termina quando alcuni uomini coprono con marmellata di fragole un’automobile. L’artista elabora generalmente le sue azioni tenendo presente l’” essere dell’azione”, cioè un’azione priva di qualsiasi altro significato se non quello dell’immediatezza e spontaneità. Allan Kaprow è un maestro perché è uno di quegli artisti che ha aperto a noi giovani di allora delle strade. Ci ha aiutato a capire che l’arte non poteva rimanere chiusa nei recinti dell’estetica, ma doveva entrare nel vissuto reale delle persone. Negli happening di Kaprow c’è già tutta la sintassi di quella che viene ora chiamata la performance collaborativa. (…)quando faceva i suoi happening, aveva un grande slancio verso le persone che trovava per strada e che partecipavano ai suoi interventi(…). Le sue azioni erano dei mordi e fuggi dentro alcuni contesti sociali26.

Gli happening di Allan Kaprow danno vita a quelli che sono i nuovi processi performativi degli anni Sessanta e Settanta, mettendo in primo piano il corpo dell’artista all’interno di un contesto non solo basato sull’ironia del gioco ma unendo anche l’aspetto sociale e politico.

26. P. Gilardi, L’arte? È politica, più che povera, articolo su Artribune, domenica 2 aprile 2012. Link http:// www.artribune.com/2012/04/larte-e-politica-piu-chepovera/




1.4 La scultura sociale di Joseph Beuys

Il corpo diventa protagonista indiscusso non solo negli happening di Kaprow ma anche nella poetica di Joseph Beuys, tra i più significativi rappresentanti del concettualismo europeo. La sua opera attraversa il territorio della scultura, della performance e dell’arte concettuale27 ed è nota e apprezzata per i lavori collettivi. Beuys si vale molto del suo corpo per azioni pubbliche dove il suo gestire, il suo chinarsi, il suo partecipare con comportamenti vari all’azione, aiuta la comprensione dello spettatore. Egli può essere considerato una sorta di predicatore, famoso per i suoi interventi socio-politici sulla democrazia dell’arte e sull’ecologia. Sceglie l’happening e la performance, nuovi metodi diretti con il pubblico, per lottare contro la mercificazione dell’arte e contro un’impostazione eccessivamente capitalistica. Tra il 1962 ed il 1965 frequenta il movimento Fluxus28 in cui militano personaggi di varie discipline: musicisti, scultori, filosofi e giornalisti. I maggiori rappresentanti sono George Brecht, John Cage, George Maciunas, NamJune Paik, Daniel Spoerri, Giuseppe Chiari. Le esperienze e gli avvenimenti del gruppo avvengono attraverso concerti, happenings ed eventi collettivi. Durante il periodo Fluxus, Beuys estrapola l’ideologia del movimento in cui viene dichiarato che l’arte è un veicolo che si può usare dappertutto e che deve essere a disposizione di tutti: Sono giunto alla conclusione che non c’è altra possibilità per l’uomo di fare qualcosa se non attraverso l’arte.

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27. Per arte Concettuale si intende una corrente artistica che è svincolata dall’oggetto e libera dalla sottomissione del “bel materiale”. Dissacra l’oggetto a favore del processo e dell’idea mentale. 28. Fluxus è un movimento e gruppo artistico che nasce nel 1961 e svolge la maggior parte della sua attività in Germania. Fondatore del movimento è l’artista George Maciunas. I suoi componenti si identificavano sia con la musica e la poesia sperimentale, sia con le arti visive. Fluxus rivendica l’intrinseca artisticità dei gesti più comuni ed elementari e promuove lo sconfinamento dell’atto creativo nel flusso della vita quotidiana, in nome di un’arte totale che predilige come ambiti elettivi d’espressione soprattutto la musica, la danza, la poesia, il teatro e la performance.


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E per far questo ho bisogno di un concetto educativo; ho bisogno di credere che l’uomo è un essere creativo e libero e che deve quindi inevitabilmente comportarsi in modo antiautoritario (…). Solo l’uomo creativo può cambiare la storia, può usare la sua creatività in modo rivoluzionario. Ritornando al mio concetto educativo, esso significherebbe: arte=creatività=libertà dell’uomo29 Beuys partecipa alle esperienze e alla politica del gruppo Fluxus fin dai primi anni Sessanta. Nominato professore di scultura all’Accademia di Belle Arti di Düsseldorf nel 1961, sviluppa un’attività pedagogica che tende ad allargare al sociale il concetto tradizionale di arte. L’insegnamento didattico all’Accademia è per lui l’inizio della sua carriera artistica. È molto importante la dichiarazione di Johannes Stüttgen, ex allievo e amico di Beuys a proposito del ruolo dell’artista che vuole uscire dallo spazio accademico: L’offerta a Beuys di diventare professore di scultura all’Accademia di Belle Arti di Düsseldorf si accorda perfettamente con la natura del suo lavoro, per l’ampliamento del concetto di arte (…). Egli voleva a ogni costo uscire dal ghetto dello “spazio libero” assegnato all’arte e sorvegliato dallo Stato, lontano dalla concezione accademica (…)30 Durante la sua carriera, l’artista esprime il concetto di arte sociale e politicamente attiva già dai primi anni di insegnamento all’Accademia. Insieme ad altri 50 studenti, nel 1971, attua un’azione per la protezione dell’ambiente dal titolo: Il partito dittatore finalmente vince. Beuys, insieme al gruppo, si reca alla foresta Grafenberger , nei pressi di Düsseldorf, per una

29. L.De Domizio Durini Il cappello di feltro, Joseph Beuys una vita raccontata, Charta, Milano, 1998, p.38 30. L.De Domizio Durini Il cappello di feltro, Joseph Beuys una vita raccontata, Charta, Milano, 1998, p.40


dimostrazione contro il previsto abbattimento di una parte del bosco a causa dell’allargamento di un club privato. L’azione consiste nello spazzare i sentieri del bosco e segnare con delle croci e dei cerchi bianchi gli alberi che sarebbero stati abbattuti. Ecologia e democrazia dell’arte sono alla base del pensiero dell’artista; valori in cui egli manifesta la sua posizione fin dai primi anni della sua carriera. L’ideologia politica che va di pari passo con l’arte viene espressa in Beuys durante l’installazione di un ufficio stampa per l’Organizzazione per la democrazia diretta. A questa manifestazione nessun lavoro viene presentato: l’opera sono le parole, le discussioni, le idee della gente che entra incuriosita. Una persona, rivolgendosi all’artista, dice che la mostra è un fallimento perché nessuno è interessato a quei discorsi; Beuys risponde che è un fallimento anche da parte dei visitatori, perché non sono capaci di dare qualcosa di se stessi. In realtà , lo spazio dell’Ufficio Informazioni è molto frequentato. In una sola giornata si contano 811 presenze e 35 persone partecipanti alla discussione. Per mezzo di dibattiti pubblici, questo ufficio ha l’intento quindi di rivolgersi all’insieme della società. Successivamente, insieme a Heinrich Böll31 , dà vita a quella che è la sua più importante creazione: la Free International University (F.I.U), il cui manifesto é redatto da loro: «(…) ognuno di noi di noi ha un potenziale creativo che viene adombrato dalla competitività e dall’aggressione del successo. Riconoscere, esplorare sviluppare questo potenziale è lo scopo della scuola. (…) La creatività democratica è sempre più compromessa dal progresso della burocrazia, accoppiata alla proliferazione selvaggia di una

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31. Heinrich Böll (1917 – 1985), scrittore tedesco ha vinto il premio Nobel per la letteratura nel 1972.


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cultura di massa internazionale(…) L’impostazione di una dittatura culturale ed economica conduce a una perdita di capacità di apprendimento e dell’espressione verbale(…) La speranza viene pubblicamente accusata di essere utopia o illusione».32 L’università libera e l’impegno politico rivolto al movimento ecologista, spostano l’attenzione dell’artista nel creare una democrazia dell’arte che non si verifica più all’interno delle gallerie. Esprime pubblicamente negli anni ’80 il suo disinteresse nell’esporre nelle gallerie perché le considera spazi chiusi che differiscono dal suo concetto allargato di arte. L’arte non è mai per Beuys un privilegio per artisti ma dimensione profonda di libertà sociale. Arte come atto quotidiano, azione allargata, dilatata, non localizzata, non limitata al relativo contesto artistico, bensì arte come impegno creativo del vivere. Un modo di essere capace di trasformare il mondo in scultura sociale. È possibile riassumere la sua poetica in cinque punti salienti: 1)Il concetto di creatività è strettamente correlato nella natura di tutti gli uomini; 2)La comunicazione è intesa come il valore fondamentale di qualsiasi rapporto sociale e riguarda tutti i campi di creatività; 3)La creatività si articola in ogni individuo su tre livelli principali: pensiero, sentimento e volontà (azione); 4)Coscienza nella collaborazione e nella collettività sociale; 5)Vi è una forte critica contro il sistema attuale, soprattutto al capitalismo e al consumismo. Egli si sforza di cercare una strada alternativa a queste problematiche sociali.

32. L.De Domizio Durini Il cappello di feltro, Joseph Beuys una vita raccontata, Charta, Milano, 1998, pag. 47


Is it about a bicycle? E 7000 Eichen (7000 querce) sono due opere/azioni di Beuys che affermano quanto fin’ora è stato detto riguardo la sua ideologia artistica e politica. Is it about a bicycle? del 1984é un’opera realizzata con dei pannelli e una bicicletta. Oggi troviamo l’installazione ma in precedenza, l’artista si è servito della bicicletta per realizzare un happening. Riguardo il titolo: in un’intervista egli afferma che il titolo indica il veicolo e l’azione rappresenta la storia della F.I.U. (Free International University). La bicicletta si tramuta nel veicolo dell’arte, dell’ “arte-veicolo”. Nei pannelli vi è tracciata la storia della F.I.U, ed è il risultato di trenta giorni di discussioni durante Documenta33 . In quell’occasione Beuys propone un nuovo tema di discussione e lo illustra nei pannelli. Negli stessi pannelli vi è raffigurata una volta celeste notturna ed è il prodotto dell’ultima azione sui pannelli: l’artista stende i pannelli lungo una strada e poi ci passa sopra con la bicicletta. Precedentemente spalma le gomme di vernice bianca e così la vernice spruzzata sui pannelli forma il cielo stellato. Is it about a bicycle? è il prodotto di un insieme di idee alle quali partecipano molte persone. I fini ai quali l’artista vuole puntare, attraverso questa azione, sono diretti al senso democratico dell’arte, alla realizzazione di un’azione collettiva e al senso ecologista (per Beuys, non a caso, la bicicletta è veicolo portatore di arte ed eco-oggetto che avanza verso il futuro). Come ultimo esempio è bene citare l’azione 7000 Eichen (7000 querce). In occasione di Documenta VII del 1982, l’idea dell’artista è quella di piantare settemila querce. È

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33. Documenta è una delle più importanti manifestazioni internazionali d’arte contemporanea europea, che si tiene con cadenza quinquennale nella città tedesca di Kassel. È stata inaugurata nel 1955.


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un’azione che fa compiere l’adozione di un intero ecoterritorio. Essendo anche scultore, Beuys decide di installare accanto a ogni quercia una stele di basalto alta circa 1,20 m. Tutte le colonne di basalto vengono prelevate da una cava di pietre, fuori Kassel e trasportate nel cuore della città. In seguito vengono installate accanto ad ogni quercia piantata. L’azione dura dal 1982 al 1987, portata a termine dal figlio Wenzel che pianta, simbolicamente, l’ultima quercia della serie,all’inaugurazione di Documenta VIII. Il rimboscamento della città è manifestazione sia del pensiero ecologista dell’artista, sia dell’impegno portato a termine dei cittadini che collaborano al finanziamento adottando gli alberi. Chiunque può partecipare all’azione tramite l’assunzione delle spese di un albero (o più) e della colonna collocata con esso. Ogni persona riceve un attestato di donazione con il timbro della Free International University e un certificato con la firma autografata dell’artista.




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2 VIETATO NON TOCCARE: IL CORPO/ AZIONE CONTEMPORANEA L’arte é sempre stata relazionale a diversi gradi, cioé fattore di partecipazione sociale e fondatrice di dialogo34 Nicolas Bourriaud



2.1 Analogie tra l’happening e la sfera dell’arte collettiva

Allan Kaprow e Joseph Beuys sono soltanto due tra gli innumerevoli artisti che usano il corpo come nuovo mezzo di comunicazione artistica al di fuori del contesto istituzionale. L’idea della smaterializzazione dell’opera avviene con la corrente Fluxus, con il gruppo Cobra, con il movimento Situazionista e con la Body Art degli anni Sessanta e Settanta. La concezione dell’oggetto d’arte permanente viene cancellata dall’evento. L’evento diventa esperienza performativa che ha un chiaro inizio e una chiara fine e perciò di natura non conservabile, se non attraverso fotografie e video. Come si è visto con le azioni di Kaprow e Beuys, l’happening assume la forma di incontro, manifestazione pubblica e scultura sociale svolta per sviluppare una nuova sintesi tra arte e politica. Le azioni che escono al di fuori dei contesti istituzionali sono un momento in cui la democrazia rappresentativa trova occasione di concretizzarsi: il pubblico che è in stretto contatto con l’opera d’arte è chiamato a partecipare al processo decisionale dell’opera stessa. In questo concetto vi è una vera e propria estetica partecipatoria. In un contributo per Art Forum del 1992, il critico Arthur C. Danto35 scrive: «Assistiamo oggi a un’arte che cerca un contatto più immediato con la gente di quello che è possibile in un museo (…)»36 Negli anni ’50 e ’60 ci sono gli happening che chiedono il contatto diretto con le persone. Oggi abbiamo a che fare con un tipo di arte pubblica e partecipativa che richiama

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34. N. Bourriaud, Estetica relazionale, postmediabooks, Milano, 2010, p.15 35. Arthur Coleman Danto (1924-2013) è stato critico d’arte statunitense. È noto per le sue pubblicazioni di filosofia e critica d’arte. 36. A.C.Danto, Dopo la fine dell’arte L’arte contemporanea e il confine della storia, Bruno Mondadori, Milano, 2008


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molto i processi ibridi degli anni precedenti. Le analogie con l’happening e l’arte a scopo partecipativo sono molteplici: - vedono in primo piano il corpo in azione, talvolta per manifestare un attivismo sociale e politico; - viene eliminata la distinzione fra arte e vita quotidiana; - si instaura un dialogo diretto tra l’artista e il pubblico; - l’attenzione si focalizza sul processo di esecuzione dell’opera; -non abbiamo più a che fare con un pubblico specifico di intenditori o appassionati che si recano al museo; il pubblico è di natura più ampia; - entrambi i processi sono di natura ibrida: si servono del corpo come nuovo medium dell’azione, affiancandolo al video, alla fotografia all’installazione; - i luoghi per la realizzazione di questi processi non sono più di natura istituzionale ma si prende in considerazione lo spazio pubblico come nuovo, possibile luogo dell’arte. Quella che oggi consideriamo arte a scopo partecipativo, ha diverse accezioni: arte collettiva, arte pubblica e Arte Relazionale37 . Parliamo di arte relazionale quando l’attenzione principale è posta sul processo produttivo dell’opera, piuttosto che sul prodotto stesso. L’arte relazionale si fa strada contro la società dello spettacolo, praticando processi utili per interagire con esperienze vissute direttamente. Nella corrente relazionale, vi è la produzione di una partecipazione sociale specifica: é uno stato d’incontro tra l’artista e il pubblico utente. Il fatto che non ci sia una divisione netta fra autore e pubblico e che l’opera rimanga aperta a varie possibilità di svolgimento è un carattere distintivo nell’arte relazionale: da interazione duale (fruitore/ opera) si passa ad una interazione plurale (più fruitori).

37. Per Arte relazionale si intende un insieme di pratiche artistiche che prendono come punto di partenza teorico e pratico l’insieme delle relazioni umane e il loro contesto sociale.


Si lavora sul reale, non cercando di ricrearlo attraverso la rappresentazione, ma vivendolo. Se l’esperienza è più importante della contemplazione dell’opera, con l’arte relazionale si può supporre che il tempo e il nuovo spazio di interazione collettiva, abbiano più valore dell’oggetto mostrato. Secondo Cesare Pietroiusti, artista contemporaneo tra i maggiori rappresentati dell’arte relazionale italiana, dobbiamo ripensare alla funzione dell’artista in relazione ad un nuovo contesto culturale, sociale e politico, ponendo l’accento sulla processualità artistica. Parliamo non più di progetto ma di processo, in grado di relazionarsi con gli altri e di far creare anche agli altri. Come dichiara Pietroiusti, lo scambio di idee rafforza la volontà collettiva e l’isolamento indebolisce le proposte individuali. Se il nostro fine è quello di far penetrate più efficacemente l’arte nel tessuto sociale, dobbiamo spingerci al di fuori dei contesti ufficiali e analizzare il rapporto tra pratica artistica e geografia urbana. Creare spazi di libertà significa lasciare la possibilità a chiunque di entrare a contatto con l’opera. La figura dell’artista produce l’idea e il gruppo di persone o l’intero pubblico partecipano all’azione; entrambi compiono il processo artistico ed è proprio questa la dimensione relazionale,sociale e aperta dell’opera. L’opera che continua a produrre idee ha valore; il compito dell’artista è fare in modo che le idee si moltiplichino. Il capitolo che segue pone l’attenzione su azioni collettive svolte da artisti e pubblico. Le azioni scelte per la ricerca investono l’ambito dell’attivismo politico e sociale, svolto in aree urbane e naturali. Vengono prese in considerazione le camminate collettive di Hamish Fulton, l’eco-progetto di Jessica Findley e il pensiero democratico di Bob & Roberta Smith.

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2.2 AAA. Cercasi camminatori: Hamish Fulton

Hamish Fulton, nato a Londra nel 1946 è fotografo e walking artist: pratica (e fa praticare) azioni collettive attraverso camminate in qualsiasi contesto pubblico. Il progetto di camminata individuale e successivamente collettiva è testimoniato fin dal 1960. La sua poetica può essere inserita all’interno dell’arte relazionale, in quanto crea un processo di scambio fra il pubblico. Il pubblico è invitato gratuitamente a partecipare alle sue passeggiate/azioni, diventando così nuovo utente del processo collettivo. Per capire al meglio a cosa si spinge Fulton si prendono come esempio, alcuni dei suoi celebri walk. Il progetto Hamish Fulton Kent walk series è un progetto commissionato dalla Turner Contemporary38 e che si distingue in tre azioni/passeggiate. La prima svolta a Canterbury, il 29 gennaio 2009, la seconda sulla riva di Margate, nel Kent, il 3 marzo del 2010 e l’ultima a Boulogne su Mer in Francia, l’8 novembre dello stesso anno. In tutte e tre le azioni, il pubblico è invitato a camminare assolutamente in silenzio. Margate walking, ad esempio, è un’azione realizzata da circa 200 persone che in completo silenzio, camminano per due ore , lungo la linea di una piscina marittima artificiale, creata dall’artista. Tutte le persone, durante la camminata, compongono una linea umana, un unico corpo. La partecipazione all’azione è totalmente gratuita. Le uniche premesse richieste dall’artista riguardano il comportamento durante l’azione: la camminata deve essere svolta lentamente e l’uso del telefono per chiamare o ricevere chiamate non è consentito.

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38. La Turner Contemporary è una galleria d’arte contemporanea situata sul lungomare di Margate, nel Kent (U.K). L’organizzazione ed ente si beneficienza nasce nel 2001 grazie a Sir David Chipperfield e oggi presenta un programma continuo di mostre temporanee, eventi e opportunità di apprendimento. L’ingresso alla galleria è gratuito.



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Alcune testimonianze da parte dei partecipanti a Margate walking descrivono l’esperienza come un qualcosa di pacifico, meditativo e sereno. Altri, addirittura, dichiarano che si sentono “consumati dall’ambiente”39. Gli slowalk di Fulton sono le vere e proprie azioni al di fuori dei contesti istituzionali. Fotografie, video e pannelli grafici fanno da documentazione alle camminate dell’artista e del pubblico. Il problema riguardo le pratiche performative sta proprio nella documentazione, in quanto lo scopo dell’artista non si basa sulla creazione di un oggetto da contemplare ma sul processo di realizzazione. Della camminata collettiva svolta a Zurigo il 23 giugno del 2012, lungo il fiume Limmat, fa da testimonianza un video di sei minuti40. All’interno del festival di arte pubblica “Art & the City”, Fulton organizza due gruppi di più di 150 persone, i quali si riuniscono in due diversi punti di incontro. Durante la passeggiata della durata di due ore, ogni gruppo cammina in linea,con un metro di distanza da ogni partecipante. Verso la fine del percorso i due gruppi si riuniscono per poi separarsi di nuovo. Il pubblico è fruitore e parte attiva del processo dell’artista, creando un’unica immersione nello spazio e nel tempo. Estremamente significativo è il video realizzato per la documentazione dell’azione pubblica avvenuta a Birmingham, vicino Londra, nell’autunno dello stesso anno: i partecipanti, in questa occasione, non sono disposti in fila ma sparsi su un campo di cemento, nei pressi della stazione della città. Ad ogni partecipante viene chiesto di percorrere una linea immaginaria e camminare lungo essa per due ore. È possibile osservare

39. Riferimenti dal link : https://www.turnercontemporary. org/exhibitions/hamish-fulton-kent-walk-series 40. Video visitabile al link: https://www.youtube.com/ watch?v=boMHQhj2UuA


lo spazio circostante e il ritmo della propria camminata. L’azione inizia al suono del gong e si conclude al secondo suono dello strumento.L’azione svolta in quartiere di periferia crea una nuova percezione familiare. Estremamente particolare è la dichiarazione41 lasciata da Harun Morris, partecipante alla camminata collettiva; di seguito riportiamo alcuni punti salienti: 1° passo: guardando dritto ci sono diverse persone nel mio campo visivo(…) non sono costretto a correre né a fare il primo passo. Sto aspettando qualcosa nella mia mente. 2° passo: come faccio a sapere quando le due ore sono passate senza guardare il mio cellulare? 6° passo: gabbiani vagabondi che volano ad una velocità di 22 miglia all’ora (così dicono gli esperti) 7° passo: il treno parte dalla New St. di Londra alle 2:50 p.m. e arriverà prima che io raggiunga la fine della mia linea 9° passo: una banda di ragazzi con lo skate sta attraversando i giardini e si chiedono cosa stiamo facendo 12° passo: fa troppo freddo 13° passo: un uomo ha mal interpretato le istruzioni e sta facendo rumore grattando la linea con una pietra. Non posso parlare sennò rompo le regole. È incredibilmente fastidioso. 25° passo: spero di non aver perso il conto dei miei passi 31° passo: una donna sta camminando verso me, ora vedo il suo viso, il dettaglio sul colletto. Il suo sorriso. Vedo ora le sue fossette 32° passo: ho raggiunto la fine della linea. (…) sto combattendo per non pensare alla temperatura.

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41. dichiarazione visitabile al link: http://thisistomorrow. info/articles/fierce-festival-group-walk-with-hamish-fulton


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La stessa modalità della camminata la riscontriamo nel progetto Plataforma Atacama 42, svolto nel novembre 2012 in Cile. Per questo progetto, Fulton realizza un processo individuale, scalando la vetta Jorquencal, sette volte in quattordici giorni e arrivando al piccolo villaggio di Machuca. Il progetto Atacama 1234567 coinvolge l’artista e gli abitanti di Machuca, il paese dove Fulton soggiorna. Ciò che rimane del progetto sono i testi grafici sulle pareti e alcune fotografie esposte alla galleria Nara Roesler situata al Roesler Hotel a San Paolo in Brasile. La mostra è organizzata dalla curatrice indipendente Alexia Tala, organizzatrice di Plataforma Atacama. La documentazione fotografica, le note e i testi fanno da testimoni al contesto culturale e sociale di un ambiente poco conosciuto.

42. Plataforma Atacama è uno spazio indipendente che cerca di creare progetti di arte contemporanea con sede nel deserto di Atacama e altre regioni del Cile concentrando l’esperienza creativa effettuata sul posto. Capire la geografia, il contesto sociale e culturale è alla base di questa piattaforma contemporanea. È un programma che invita artisti cileni e internazionali ad abitare diverse aree del territorio per riflettere, generare pensieri e produrre un lavoro in risposta all’esperienza sul luogo.


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2.3 Il pensiero democratico di Bob & Roberta Smith

Durante gli anni Novanta e Duemila vi sono diversi artisti che spaziano nell’ambito pubblico per manifestare la propria ideologia artistica e politica; tra questi vi è Bob & Roberta Smith. Patrick Brill, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Bob & Roberta Smith43 è artista contemporaneo, scrittore, musicista, autore e curatore di progetti di arte pubblica. La sua arte si centralizza nella realizzazione di slogan con caratteri colorati e striscioni. Gli slogan, principalmente di carattere ironico e umoristico, meditano sull’arte, sulla politica e sulla cultura popolare. Diventato famoso per le sue opere d’arte polemiche, egli occupa una posizione da critico nei confronti della situazione attuale dell’arte contemporanea. Il suo impegno sta alla base dell’idea che l’arte è parte vitale della democrazia e che l’arte stessa deve essere democratica: Fondamentalmente penso che la libertà non esista, a meno che non ce ne prendiamo cura e combattiamo per essa. Esiste solo se gli esseri umani la comprendono e la difendono. L’arte gioca un ruolo fondamentale nello spirito della democrazia e della libertà, poiché ci insegna a espandere il nostro pensiero.44 Make your own damn art (Fatti la tua maledetta arte)45 é un documentario sull’attivismo sociale svolto da Smith negli ultimi tre anni. L’artista invita ognuno a porsi interrogativi sull’arte e sul ruolo che l’elitismo estetico deve giocare nella società di oggi. Nella maggior parte delle sequenze del documentario viene mostrato il

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43. Il nome Roberta deriva dalla sorella. Smith, in realtà, non svolge un lavoro artistico di coppia. 44. H. Marsala, intervista a Bob & Roberta Smith in Per un’idea di libertà. Fra scienza, storia e arte contemporanea, Artribune, nov. 2015 45. Visitabile integralmente al link: https://www. youtube.comwatch?v=ZmJaRGEFkqM&feature=iv&src_ vid=ofzi6AopLlU&annotati_id=annotation_3612459775


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procedimento delle sue azioni collettive, partendo dalla realizzazione di cartelloni riciclati e slogan con colori accesi e invitando il pubblico a manifestarsi in strada mostrando i cartelloni. La sua arte è puro attivismo politico volto alla democrazia; le azioni pubbliche svolte con le persone possono essere considerati veri e propri happening. Attraverso l’utilizzo di espressioni ironiche e dissacranti l’artista induce il pubblico/utente a prendere coscienza e ad agire. Non si ferma alla rappresentazione realistica del dato ma, secondo la modalità del gioco, sfrutta il proprio corpo al di fuori del contesto istituzionale per dialogare con la massa. «Il lavoro di Smith più recente ha suggerito un interesse per l’impulso utopico dell’arte come agente di cambiamento sociale»46 L’indipendenza collettiva è alla base del pensiero di Smith. Il suo attivismo sociale è reso noto in una recente azione svolta per le strade del centro di Bologna, nel settembre 2015. L’azione prevede il coinvolgimento di un gruppo di persone di tutte le età che, uscendo dal contesto istituzionale del MAMBO, portano i cartelloni dell’artista in giro per la città. Sui cartelloni sono dipinte frasi estremamente semplici come “ho diritto a ballare e a cantare” o “L’arte è un diritto umano”e attraverso il senso di collettività esprimono il proprio valore in un luogo che non è deputato all’arte: la strada. L’azione svolta a Bologna è un chiara manifestazione di dissenso nei confronti di chi disprezza e di chi non da la possibilità alla figura dell’artista di poter avere futuro all’interno della società: Il linguaggio che utilizzo è incredibilmente semplice. È lo striscione, è il linguaggio della politica, no? Devi fare questo … ma i miei striscioni non dicono Devi

46. M. Falconer,Bob & Roberta Smith, Oxford University Press, London, 2006 p.17


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fare questo. Fanno semplicemente delle dichiarazioni estremamente semplici, ma sulle quali ho lavorato per parecchio tempo(…) Ho lavorato duramente per comunicare con il pubblico attraverso un linguaggio che funzioni di ogni livello e per ogni età(…) Voglio dire ai politici: voi pensate davvero che l’arte sia un diritto umano, perché riguarda la democrazia, ma non ce la lasciate vivere. Voglio offrire affermazioni che le persone possano condividere. Questo è l’elemento chiave.47 I processi di Bob & Roberta Smith sono un chiaro esempio della democrazia dell’arte.

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47. Dichiarazione visitabile al link: https://vimeo. com/142479066



2.4 Aeolian Ride: un eco-progetto di Jessica Findley

Jessica Findley è artista, designer e docente alla City University of New York. Da anni opera in progetti d’arte a scopo partecipativo, con l’intento di sensibilizzare le persone nella ricerca del bene comune. Tra i suoi progetti educativi è importante citare l’ Escuela Tekuanes, un workshop sulla pittura murale e sull’eco design svolto in Venezuela. Il progetto, sostenuto dalla città di La Azulita e con la collaborazione di un gruppo di bambini, si incentra nella riqualificazione del contesto urbano, rendendo più belli edifici diroccati e poveri e dipingendo le barche dei marinai48. Tra i suoi progetti di arte collaborativa, Jessica Findley è celebre per Aeolian Ride, una vera e propria pedalata mondiale. Nato nel 2004, a New York, l’idea attraversa circa 21 città in tutto il mondo. Aeolian, parola che deriva dal greco e che ha come significato portato dal vento, è un processo collettivo di arte pubblica, evento artistico, azione, happening ed eco-design. Consiste nell’indossare un particolare impermeabile, il quale pedalando si gonfia con il vento. Sono impermeabili interamente cuciti a mano dalla designer, con materiali spesso riciclati dai paracadute. Hanno la particolarità di avere diversi colori e svariate forme, tra le quali un coniglio, una goccia e una bolla. Indossandoli si ha la vera sensazione di viaggiare in una bolla d’aria. Aeolian Ride è un progetto per il bene comune che, attraverso la pedalata collettiva, offusca la linea tra artista

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48. Per vedere le foto del progetto Escuela Tekuanes visitare il link http://www.sonicribbon.com/sonicribbon/ escuela-tecuanes-mural/


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e partecipante. Persino il pubblico è invogliato nell’unirsi alla pedalata. Chiunque infatti può partecipare: con un piccolo budget puoi indossare il costume gonfiabile; se non si intende noleggiare il costume, vi è la possibilità di partecipare lo stesso portando la propria bicicletta. Questa azione collettiva ha tre fini fondamentali: 1)Trasformare le strade in nuovi spazi per l’arte pubblica 2)Sensibilizzare le persone sull’utilizzo della bicicletta, come possibile soluzione per il futuro 3)Stupire il pubblico creando un effetto sorpresa, distraendolo dalla routine in cui è adagiato. In una intervista rilasciata al WORLDWINE CYCLING ATLAS (www.worldwidecyclingatlas.com) la Findley dichiara: Le auto sono piuttosto utili ma non si possono confrontare con l’eleganza del design che ha una bicicletta. Il nostro pianeta, il nostro futuro, è in pericolo immediato. Provate a immaginare se le macchine in uso potessero essere ad alta efficienza energetica, come una bicicletta, e ottenere il fattore di salute, gioia e benessere che dà una bicicletta(…) Trovo che in sella a una bicicletta si ha un modo meraviglioso di conoscere il paesaggio e guardare la città da un altro punto di vista. Le persone cono ciò che è il posto e sono una combinazione di diverse culture e personalità, come quando vanno in bicicletta.49 L’idea nasce mentre la Findley, una mattina, percorre il tragitto in bici per andare a lavoro. Fin da subito pensa a come ottenere un costume che, con la forza del vento, si gonfia. Il sogno di realizzare il progetto è una spinta verso la speranza dopo il crollo delle torri gemelle avvenuto nel 2011. Nello stesso anno infatti, la designer realizza i primi 50 prototipi di costume, coinvolgendo gli altri nell’indossarli. Tema iniziale è dare un messaggio di pace e

49. Visitabile al link http://www.worldwidecyclingatlas. com/stories/interview-with-jessica-findley-aeolianrides-founder/


collaborazione tra i paesi. Aiutandosi con la vincita di borse di studio la Findley realizza il progetto che si manifesta, per la prima volta a Manhattan. La prima pedalata avviene senza permessi; i partecipanti, ben più di 50, collaborano all’azione non curandosi della polizia che vigila la maratona. Essa avviene per puro divertimento «per portare la gioia senza senso in un luogo che aveva sperimentato il dolore senza senso». Da Manhattan percorre più di 20 città sparse nel mondo grazie alle organizzazioni che ospitano la corsa e grazie alle persone che raccolgono i fondi, per portare la designer nelle varie città. Los Angeles, Rio De Janeiro, San Francisco, Lisbona, Melbourne e Milano sono soltanto alcune tra le tappe percorse da Aeolian Ride. Tra queste città il progetto fa visita anche a Firenze. Il 25 ottobre 2014 si svolge nel centro storico della città un evento insolito: circa un centinaio di ciclisti, con indosso dei costumi bizzarri ma divertenti, invadono il centro della città suscitando stupore nei passanti. Con Firenze, il progetto compie il suo decimo anno di età. La partenza per la pedalata è a Piazza Poggi, proseguendo per le vie del centro e facendo sosta agli orti dipinti, sede non solo dei giardini del quartiere ma di attività artistiche e culturali. Dopo la sosta la corsa prosegue per più di un’ora. Punto di arrivo della performance è Piazza delle Murate. Ho partecipato alla pedalata Aeolian Ride di Jessica Findley a Firenze. Ho saputo che c’era la possibilità di parteciparvi solamente portando una bici. Pensando che sarebbe potuta essere una di quelle esperienze inusuali da ricordare con piacere nella vita, vi ho partecipato soprattutto perché ero in compagnia di

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amiche che, come me, adorano andare in bicicletta. Pedalare in bici assieme agli altri mi faceva sentire bene. Eravamo un’onda che si muoveva spinta dalla forza delle gambe. Pur non conoscendo tutti gli altri partecipanti sentivo che si era sviluppata una connessione, una bella energia tra tutti noi. Proprio in base al divertimento legato all’esperienza dell’ Aeolian Ride posso dire di non essere stata chissà quanto sorpresa del fatto che, attualmente, sia in corso una raccolta firme volta a candidare per il Premio Nobel per la Pace proprio la bicicletta! Si pensi al fatto che,tanto per dirne una, non necessitando dell’utilizzo di petrolio, la bici scoraggia il finanziamento dei conflitti legati all’appropriazione di tale risorsa50 L’unica cosa che non mi è stata chiara è che, per quanto l’Aeolian Ride sia stata definita “un progetto che elimina il limite tra spettatore e partecipante”, non capivo se considerarla una performance. Certo, a volte le definizioni e le etichette sono un rischio ma nonostante l’esperienza stimolante e inusuale, personalmente non sono riuscita a connettere il tutto ad un concetto artistico o performativo. L’ho vissuta più come un’esperienza da fare assieme ad altre persone in allegria e spensieratezza in quello che è un ambiente cittadino, dove spesso, purtroppo, in veste di ciclista si percepisce quasi un senso di conflitto con i conducenti dei veicoli motorizzati, che tendono a prevalere come volume e potenza a scapito di quelli delle due ruote, vulnerabili ed esposti a più pericoli.

(dichiarazione online di Ornella Padalino, tra le partecipanti alla pedalata)

50. Per approfondire l’argomento dedicato alla bici vedi articolo al link: http://www.wired.it/lifestyle/ mobilita/2015/11/13/perche-bici-vincere-premio-nobel/


Tra lo stupore generale Aeolian Ride dà colore alle città; i partecipanti, trasformati in vere e proprie bolle, contribuiscono all’affermazione di due messaggi fondamentali: -La bicicletta è un bene comune; -L’arte collettiva deve trovare il suo spazio nella strada, a contatto con le persone. Aeolian Ride è l’utopia concretizzata nel fare arte assieme; un’arte collettiva che si manifesta nelle azioni dei Guerrilla Spam e nel centro Maam di Roma.

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3 DUE CASI DI STUDIO A CONFRONTO: GUERRILLA SPAM E IL MAAM DI ROMA A noi le mostre non vanno tanto a genio. Gli spazi privati, le gallerie, i collezionisti, i vernissage con prosecchi e acciughine non trovano risposta al nostro operato 51 Guerrilla Spam



3.1 Spam (non) esiste

Se accediamo al sito di Guerrilla Spam (www guerrillaspam. blogspot.it) salta subito ai nostri occhi il logo di presentazione: nove televisioni che compongono un triangolo continuo. Ogni televisione ripete il nome SPAM. Guerrilla Spam è un collettivo di arte pubblica che nasce a Firenze nel novembre del 2010, all’interno dell’Accademia di Belle Arti. Da un w.c. di un corridoio della medesima Accademia vediamo la prima azione non autorizzata dal titolo Big brother is watching you51. Oggi non è rimasto nulla di quell’ennesimo attacco, ma dalle foto e da fonti ricavate sappiamo che consiste nell’aver invaso le pareti del w.c. con dei disegni che riportano esseri amorfi con, al posto della testa, un televisore. Per il secondo attacco, Spam inizia a uscire dagli spazi confinati dell’Accademia, invadendo le vie della città con Guarda la tv. Fin dai primi due attacchi è chiaro il fine comunicativo delle sue azioni, identificabile in tre punti: 1.Nasce, in contrasto con la comunicazione mediatica di disinformazione, come spontanea azione non autorizzata. 2.Agisce nelle strade in modo diretto, non invasivo, rispettando lo spazio urbano come luogo di tutti. 3.E’ anonimo, libero e autonomo e il suo unico scopo è comunicare con le persone, riappropriandole della loro libertà di pensiero e di espressione52. Dal 2011 la guerriglia prende spazio in diverse città d’Italia e all’estero, interessandosi a tematiche sociali attuali e mantenendo sempre una posizione critica nei confronti di esse.

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51. G.Spam“Tutto ciò che sai é faldo”,Firenze, 2012, pp.6-7, visitabile al link http://www.youblisher.com/ p/491119-TUTTO-CIO-CHE-SAI-E-FALSO/ 52. Visitabile alla voce “Spam” sul sito:www.guerrillaspam. blogspot.it


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Spam attacca il potere massiccio della disinformazione della televisione, critica la situazione attuale delle istituzioni e fiere d’arte, ironizza attraverso immagini dissacratorie il contesto sociale e politico italiano. Utilizza una grafica apparentemente semplice, rigorosamente in bianco e nero e su diverse dimensioni di cartone. I materiali scelti sono carta, colla e cartoncini vari, talvolta sostituiti dai colori acrilici. La sua “arte” non deteriora l’ambiente urbano (semmai lo arricchisce): utilizza infatti carta 80 gr e colla da carta da parati in polvere, sciolta in acqua. Il manifesto attaccato sul muro non rovina, né macchia la parete e può essere rimosso in modo totale. Sulle pareti non rimane la minima traccia del manifesto se la rimozione è eseguita correttamente. Né la carta né la colla inquinano l’ambiente e nemmeno palazzi o edifici storici. I soggetti scelti sono tra i più svariati: da esseri amorfi a televisioni, da ratti53 a cervelli-spermatozoi. Il mondo di Spam è popolato da messaggi critici che invitano alla riflessione. Uno degli aspetti più interessanti della poetica di Spam sta nel fatto che comunicano con il pubblico in un contesto assolutamente non istituzionalizzato, quale la strada. Ci sono moltissimi luoghi in cui è possibile esprimersi, come sempre è una questione di scelte. Noi, inconsapevolmente, scegliamo la strada perché è in assoluto il luogo più “quotidiano” e più accessibile a tutti. Se esponi in una galleria o in museo,devi obbligatoriamente entrare in quel luogo e lo farai solo se sarai interessato e consapevole di ciò che stai per andare a vedere. In strada invece puoi incontrare

53. Che ricordano gli stencil dei writers Banky e Black le Rat, famosi street artist contemporanei.


un fruttivendolo, come un venditore ambulante, un piccione come uno zingaro e in tutto questo fritto misto puoi imbatterti in quello che noi attacchiamo. La strada è dunque una possibilità ogni giorno diversa, un palcoscenico che muta, come mutano i suoi attori. È un luogo libero e di tutti.54 Gli attacchi di Spam sono iniziati in un contesto istituzionale per uscirne immediatamente dopo. L’intento, nel 2010, è quello di affacciarsi al contesto urbano di Firenze ed espandersi oltre. Oggi, non a caso, possiamo trovare i loro attacchi in gran parte delle città italiane come Firenze, Siena, Roma, Macerata, Lecce, Salerno, Torino, Milano, Bologna, Venezia ma anche in città estere come Amsterdam, Parigi, Berna e Berlino. Mantenendo sempre l’anonimato, l’intento si Spam è quello di comunicare con le persone, sicuramente attraverso una diretta provocazione in grado di far riflettere. Esempi di attacchi urbani sono Democracy, Tv monarchy, le 200 copie di Lo studio nuoce gravemente al regime, un vero e proprio attacco anonimo all’interno delle biblioteche fiorentine55, Non calpestare la tua dignità realizzato a Bologna, Mangia i-phone, Habeas corpus, Il cattivo Governo trovato a Siena. Gli attacchi urbani sono veramente tanti (se ne contanto più di un centinaio). Alla politica del collettivo dobbiamo aggiungere altri quattro punti importanti: 4) la loro comunicazione é libera da qualsiasi copyright: sul sito, ogni singolo disegno è scaricabile; 5) la loro comunicazione è fruibile in ogni contesto libero sia per strada, sia on line; 6) la loro arte non pone l’attenzione ad un oggetto/merce, collezionabile

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54. Estratto dal libro autoprodotto da Spam Guerrilla Spam Tutto ciò che sai è falso p.16, visitabile al link http://www.youblisher.com/p/491119-TUTTO-CIO-CHESAI-E-FALSO/ 55. L’azione consiste nell’aver inserito tutte le copie all’interno dei libri della biblioteca delle Oblate, mantenendo sempre l’anonimato.


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7) le loro azioni sono veri e propri processi collettivi. L’arte pubblica di Spam è un’arte collettiva, non solo perché richiama il pubblico alla riflessione, ma perché è realizzata in contesti non istituzionali e quasi sempre richiede l’aiuto delle persone. A differenza degli happening di Bob & Roberta Smith e degli altri artisti di cui abbiamo parlato nei capitoli precedenti, Spam rimane nell’anonimato perché le sue azioni sono per l’80 % al limite della legalità (escluse le lezioni, i workshop e i festival ai quali il collettivo partecipa). Il suo può essere considerato un processo ibrido a scopo partecipativo: a testimonianza di ciò sono i workshop e lezioni-dibattito che effettua in tutto il territorio italiano. Solo per fare un esempio: -nel 2014 è invitato sia ad Arezzo che a Torino per presentare due lezioni sull’arte urbana nelle scuole superiori; -nel 2015 realizza un workshop di arte pubblica a Città di Castello in una scuola elementare e un workshop sull’arte murale a Rimini, creando una suggestiva pittura sulle pareti d’ingresso, insieme agli studenti del Liceo Scientifico Serpieri; -una delle loro più recenti attività è il laboratorio “Collapesce” effettuato a Macerata. Per l’evento, i Guerrilla Spam spiegano le tecniche della propria arte urbana e, insieme alle altre persone, attaccano i disegni realizzati per le vie della città. Il collettivo dunque non si rende operativo solo in azioni di autopromozione ma chiede al pubblico di qualsiasi età di intervenire nella realizzazione del processo. Facendo un passo indietro di alcuni anni, è bene parlare di due esempi di arte partecipativa, che avvengono rispettivamente nell’aprile e giugno del 2011. La prima azione dal titolo Bevimi avviene il 28 aprile


2011 nel sottopasso della stazione di Santa Maria Novella a Firenze. Presa di mira è la fontana che si trova ad una delle uscite della galleria quasi sempre sporca e lasciata alla non curanza dei passanti che vi buttano sigarette e immondizia. Per l’azione è richiesto un numero elevato di partecipanti, che sono invitati a filmare l’azione, a fare foto, a spacciarsi per turisti e a gettare nella fontana un numero cospicuo di volantini a forma di pesce e un cartello con scritto ACQUA POTABILE BEVILA!. Per questo attacco sono stati utilizzati dei fogli di acetato, perfetti per essere lanciati nella fontana e rimanere a galla. Ogni foglio ha la forma di una sardina radioattiva, stampata rigorosamente in bianco e nero. Per l’azione sono state stampate 100 copie. Il gruppo si riunisce ad un’ora stabilita. Ogni persona ha un ruolo stabilito. Il collettivo si distingue dagli altri perché ha sciarpe e cappuccio o cappello in testa, il tutto per camuffarsi contro quattro telecamere. L’attacco che prevede il lancio di tutte le Spamsardine e le riprese è fatto nel minor tempo possibile: dopo pochi minuti il gruppo dei guerrilla si è già dissolto. Grazie ai volontari che partecipano all’azione, oggi abbiamo le fotografie che testimoniano l’accaduto. Passanti e turisti sbalorditi e divertiti allo stesso tempo, iniziano a fotografare le cento sardine radioattive che riempiono la fontana. Poco dopo alcuni del gruppo intervistano le persone nella galleria e dalle risposte rilasciate emerge ciò che Spam vuole ottenere: le persone sono divertite e riflettono sul messaggio comunicato dall’azione. Una seconda azione collettiva firmata da Spam è l’attacco alle fontanelle per il referendum sull’acqua del 12 e 13 giugno dello stesso anno. L’azione viene

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effettuata contro la privatizzazione dell’acqua pubblica. Anche per questa occasione il collettivo chiede la collaborazione di tante persone. Le modalità sono le seguenti: 1)Il collettivo realizza i volantini 2)I volantini sono spediti tramite posta a chiunque voglia partecipare all’azione. 3)All’interno del pacco postale le persone trovano i volantini da appendere assieme allo spago; 4)L’attacco deve avvenire sulle fontanelle pubbliche il giorno stesso del referendum. 5)A nessuno dei partecipanti viene chiesto il rimborso della spedizione dei volantini: la partecipazione alle azioni dei Guerrilla Spam è assolutamente gratuita.

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Le città maggiormente attaccate sono: Firenze, Siena, Arezzo, Bologna, Milano, Torino, Forte dei marmi, Lucca, Prato, Benevento, Salerno e Caserta. Centinaia di volantini fanno il giro d’Italia e vengono appesi seguendo le istruzioni. C’è da considerare un ulteriore aspetto: dalle dichiarazioni emerse da Spam, le persone che partecipano all’azione non conoscono di persona il collettivo; molto probabilmente , nemmeno provengono dal mondo artistico. Dopo aver lanciato la notizia dell’attacco sul web, tantissime persone rispondono sul blog di Spam, lasciando il proprio indirizzo di casa per farsi spedire il pacchetto con i volantini. Nel giro di due giorni un intero paese di mobilita realizzando una grande azione collaborativa. Ciò che distingue le azioni di Spam dagli happening degli anni Sessanta è il fatto che artisti come Allan Kaprow e Joseph Beuys mostrano la faccia in tutto ciò che fanno. I Guerrilla Spam mantengono l’anonimato


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principalmente perché le azioni che svolgono sono del tutto illegali. I processi del collettivo si possono caratterizzare secondo questi punti: 1.C’è un attivismo sociale e politico; 2.Si richiede la presenza del gruppo, invitandolo alla partecipazione; 3.Il contesto per la realizzazione del processo artistico è del tutto non convenzionale e soprattutto non istituzionale. 4.L’oggetto creato è un non oggetto ma processo. Questa ideologia nel non creare un oggetto vendibile, sostituito dall’azione, và contro le leggi del mercato e del sistema artistico.

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Il 22 ottobre del 2011 alla libreria Brac di Firenze si tiene la prima NON conferenza stampa di Spam, in occasione della sua prima NON mostra. All’occasione Spam non si presenta, lasciando simbolicamente la sedia vuota e facendo parlare una curatrice e un famoso street artist: Clet Abraham. Riportiamo qui l’articolo scritto da Multimediart: «Si è svolta stamani presso la libreria Brac di Firenze la “prima non conferenza stampa” della “prima non mostra Spam”. A non presentarla c’erano la curatrice Samanta Monco e l’artista Clet Abraham. Spam nasce per essere della gente e tra la gente, ecco il perché di una non mostra non autorizzata del quale non sappiamo assolutamente nulla(…) Sappiamo solo che molto probabilmente si svolgerà a Firenze, lunedì 24 ottobre alle ore 0.00, luogo ancora sconosciuto. La non mostra sarà un attacco urbano dove verrano esposti disegni sui muri(…) L’idea rimane quella di fare una mostra contro le


mostre, un’esposizione libera e disinteressata da ogni forma di guadagno economico (e per questo nulla sarà in vendita) uscendo dalle gallerie, dalle sedi ufficiali, tornando nella strada per comunicare con la gente(…)» Alla NON conferenza stampa, Spam non partecipa non solo perché vuole mantenere l’anonimato ma principalmente perché vuole che sia il pubblico a dar voce del proprio pensiero. Durante la conferenza, infatti, viene proiettato un video con tutte le risposte e i pareri dei passanti riguardo il collettivo artistico. Tale pensiero di dar voce al pubblico, rispondendo con il proprio parere e partecipando alle azioni fa eco a ciò che Kaprow annuncia con i suoi primi happening.56 All’ingresso della libreria è consegnato al pubblico il manifesto spam, con la spiegazione della nascita del collettivo; riportiamo qui ciò che è scritto all’interno del manifesto: L’idea di SPAM nasce dall’esigenza di trovare un modo per esprimere liberamente senza vincoli o costrizioni un pensiero comune. Prende corpo da sola (nei primi attacchi non esisteva nemmeno il nome SPAM) definendosi e migliorando su se stessa, grazie all’approvazione della gente e al riscontro del pubblico, del cittadino. Gli attacchi che inizialmente erano realizzati solo su Firenze, hanno ampliato con il tempo il loro raggio d’azione, toccando altre città italiane, da Siena ad Arezzo, da Milano a Torino, da Benevento a Salerno. L’obbiettivo di SPAM è quello di portare alla portata di tutti la possibilità di fare SPAM, eliminando l’idea di un artista singolo che realizza gli attacchi in

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56. «Nella presente mostra noi non veniamo per guardare le cose. Entriamo semplicemente , e siamo coinvolti in modo passivo o attivo a seconda della nostra attitudine a impegnarci, così come svolgiamo un ruolo quando usciamo fuori da qualsiasi spazio, urbano o privato» D. Riout L’arte del ventesimo secolo Protagonisti temi, eventi Einaudi, Torino, 2002, p.347


funzione di un’idea collettiva, una sorta di mezzo di espressione a disposizione di chiunque lo desideri. A meno di un anno dalla nascita di SPAM, numerosi giornali, riviste, siti e blog si sono interessati al progetto, dedicando pagine e gallerie fotografiche a queste azioni provocatorie. L’interesse del pubblico poi è sempre costante e vivo, sia fisicamente nelle città toccate da SPAM, sia virtualmente attraverso la rete, ed è questo che garantisce un senso a tutto il processo.

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Il collettivo è più che altro un modo di fare. Un processo associabile all’etichetta della street art ma con l’intento di comunicare qualcosa al passante, di provocarlo, di farlo sorridere e alcune volte irritarlo. Le loro azioni si insinuano silenziosamente nella vita quotidiana delle persone. In un certo senso entra nella quotidianità e rompe la routine della quotidianità: (…) qui la gente non è indifferente o abituata a tali “performance”. Ogni piccolo cambiamento è percepito dalle persone del posto come una nuova intrusione, che viola il loro ambiente privato. Qui i muri sulle strade non sono di anonimi uffici o negozi, come nelle grandi città ; sono di persone comuni. Sono della signora anziana che abita qui da decenni, sono della coppietta che si è appena presa un appartamento nel paesino. Sono dunque custoditi gelosamente e con molta cura (…)57 Ed è proprio negli spazi gelosamente custoditi della città di Firenze che viene realizzata la Prima non mostra non autorizzata di Spam, il 23 ottobre

57. Articolo su ARTSblogSpam. Invasioni urbane temporanee a Firenze e dintorni sull’attacco Telestupriamoci apparso a Colle Val d’Elsa e Siena nel 2011.


del 2011. All’allestimento della mostra partecipano diverse persone, attaccando 193 disegni a chiasso Borgherini. Alla non mostra sono invitati in tempo tutti i cittadini, ad esclusione dei galleristi, ai quali Spam, invia un invito in ritardo: « Organizzammo una NON mostra, ovvero una mostra contro le mostre: un evento realizzato in uno spazio pubblico con opere non in vendita, senza critici né galleristi. Solo il pubblico e noi. Stop.» Tra i lavori visibili un grande albero televisivo in 2d è pensato per essere interattivo con il pubblico: all’estremità dei rami infatti, vi sono disegnati schermi bianchi televisivi volutamente vuoti. Il pubblico è invitato a riempire gli schermi lasciando un proprio messaggio. La non mostra è smantellata dal Comune di Firenze quattro giorni dopo l’inaugurazione. L’obbiettivo di essere assolutamente provocatori è raggiunto. In risposta alla censura del comune di Firenze, Spam si difende attaccando La tua indifferenza uccide la nostra libertà, un disegno che riporta un tabernacolo rinascimentale con una donna incappucciata e trafitta. Il gesto è il segno del proprio dissenso alla censura. Tre anni più tardi l’azione collettiva nell’organizzare l’ennesima non mostra si manifesta a Torino. Per tutte e tre le edizioni è preso di mira il tunnel del parco del Valentino con la non mostra Shit Art Fair. Nella seconda e terza edizione, l’azione si espande, chiedendo il contributo di altri street artists e pubblico. Mentre nelle edizioni di Shit Art Fair l’attacco è previsto da street artist, per l’azione non autorizzata Up patriots to arms, l’attacco è esteso anche a chi non espone in strada. Tale progetto è ideato l’1 maggio 2015 da Guerrilla

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Spam e Hogre58 , anch’egli famoso per l’arte urbana. Up patriots to arms (una vera e propria chiamata alle armi, realizzata a Milano, al parco della Martesana) è un’azione collettiva che riprende il titolo di una canzone di Franco Battiato. L’invito da parte di Hogre e Spam consiste nell’inviare tramite posta un’opera, formato poster, in cui vi sia disegnato l’attributo maschile. Nessuna restrizione nella rappresentazione; qualsiasi tecnica è accettata, l’importante è che il disegno finale sia riportato su carta 80 gr, così da poter essere attaccato. La non mostra è un appello che il collettivo fa per richiamare l’attenzione delle persone contro l’expo di Milano. L’invito che loro pubblicato sui social network riporta, non a caso, una forchetta e un coltello incrociati, simbolo dell’esposizione di prodotti alimentari che è alla base dell’expo. L’azione collettiva è a titolo gratuito e assolutamente illegale. Sia Hogre che Spam non ricavano nessun contributo monetario dall’esposizione. Unica spesa che viene chiesta è nella spedizione della propria opera. Riportiamo qui una testimonianza dei Guerrilla Spam,in un’intervista per Riot Van59, nella quale spiegano il fine dell’esposizione “Alle armi patrioti!” cantava venti anni fa Battiato. Insieme al nostro amico Hogre abbiamo accolto il suo invito e lo abbiamo esteso a tutti con questo evento non autorizzato che trasforma il “fallo” nella nostra arma più diretta. “Dovendo strutturare un evento parallelo a Expo 2015, abbiamo deliberato che il membro maschile è l’unico soggetto accostabile alle logiche mafiose che hanno caratterizzato l’organizzazione e la costituzione di

58. Hogre è il nome dello street artist italiano che da più di 10 anni lavora nel contesto urbano. Per maggiori informazioni riguardo l’artista, visitare i seguenti link: https://www.facebook.com/hogre.it/ e http://www. hogre.it/ 59. Riot Van è una redazione indipendente che nasce a Firenze nel 2008. Composta da studenti universitari delle facoltà di giornalismo e disegno industriale, si occupa prevalentemente di attualità e cultura urbana.


un evento davvero scandaloso” abbiamo scritto con Hogre nell’invito aperto a tutti. Mentre il corpo della donna è stato mercificato e abusato dai media e dalla società, il membro maschile è ancora tabù, oggetto scandaloso e scomodo. Noi non avevamo gli 1,3 miliari di Expo, ma di sicuro avevamo molta fantasia, e quindi disegnare “cazzi” è stata un ottima idea per affrontare in modo divertente e leggero una protesta più seria contro la gestione e realizzazione di Expo. Prima di questo evento, è vero, abbiamo spesso utilizzato immagini di corpi nudi, genitali e attributi simili nei nostri disegni, forse perché sono immagini delle quali si crede sempre di esserne abituati e anestetizzati, ma che invece, un certo stupore lo generano sempre. L’idea era di fare una “chiamata alle armi” aperta a tutti, di far disegnare peni a gente che non lo avrebbe mai fatto, di fare una critica dura in modo leggero, di mettere su un evento gratuito, fruibile da tutti, demenziale ma concreto, vario e divertente, di poter dare l’opportunità a tutti di interpretare a modo loro la questione. Non abbiamo imposto limitazioni, solo l’invito a produrre qualcosa, a interpretare un evento (o un contro-evento?) in tanti modi possibili. Abbiamo iniziato il progetto invitando una trentina di nostri amici artisti, poi abbiamo pensato che l’open call fosse essenziale, in modo da rendere la partecipazione libera a tutti. Hanno risposto in tantissimi, più di 130 partecipanti, con un totale di più di 350 opere di varie dimensioni, e ovviamente non abbiamo applicato selezioni, attaccando tutto quello che è arrivato. All’interno di UP PATRIOTS TO ARMS puoi trovare,

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uno di fianco all’altro, disegni di artisti affermati come di ragazzetti che hanno risposto alla nostra “chiamata alle armi”; questa è la forza dell’evento.60

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Il concetto essenziale alla base di “chiamata alle armi” non è solo la protesta, ma il fatto che a questa corrisponda un’azione totalmente gratuita e collettiva. Nessuna chiara manifestazione che sfocia nella sommossa ma una protesta che fa della creatività il punto focale dell’azione. Le azioni di Spam sono provocatorie fin dalla scelta del proprio nome; una provocazione che smuove la routine alla quale la società si adagia e una provocazione alla quale viene chiesto l’azione diretta del pubblico. Le procedure dei Guerrilla Spam non sono identiche agli happening degli anni ’60 ma i confini dei due processi sono molto sfumati: 1)Il fine di far divertire il pubblico facendolo riflettere e chiedendo la sua fruizione, trasformandolo in utente è alla base di entrambi; 2)Vi è inoltre una chiara manifestazione di denuncia nei confronti del mercato e del sistema dell’arte. 3)In entrambi si cerca una ridefinizione del ruolo dell’artista e del fare arte a scopo partecipativo. 4)Il luogo deputato per entrambi i processi è lo spazio pubblico. Dati questi elementi in comune possiamo affermare che sia la pratica degli happening, sia l’arte pubblica di Spam sono esperienze collettive alla base della sfera sociologica oltre che artistica. A testimonianza di ciò riportiamo un’intervista online fatta direttamente a Spam.

60. Riot Van Up patriots to arms: la nuova “mostra” di Guerrilla Spam e Hogre, visitabile al link: http://riotvan.net/articoli/718-up_patriots_to_arms:_ la_nuova_mostra_di_guerrilla_spam


3.2 Intervista ai Guerrilla Spam

V.C: Sappiamo che la maggior parte dei vostri attacchi avvengono nel contesto urbano. Il vostro intento può essere paragonato ad un processo di arte collettiva, in cui pubblico e artista si trovano sullo stesso piano d’azione? G.S. Questo è certo. L’arte di strada riporta l’atto creativo all’interno di un contesto pubblico, nella quotidianità della città, ovvero negli spazi che la collettività vive. Il pubblico ha un ruolo paritario a quello dell’artista dato che può dare, o meno, valore all’opera e può decretarne il successo o il fallimento. Questo non accade all’interno di musei, gallerie o spazi ufficiali, in cui tutto un vocabolario di segni e allestimenti sanciscono una divisione tra l’opera e la non opera. I piedistalli, i faretti, le etichette con didascalie, definiscono come “arte” degli oggetti, assegnando un valore e imponendo una venerazione. Questo in strada non accade, dove nel bene o nel male, il cittadino “premia” l’arte che vuole. Tuttavia anche nello spazio pubblico l’arte urbana si presenta come un’imposizione dell’artista, che passa e lascia il suo messaggio permanente o temporaneo, in uno spazio che però non è suo ma di tutti. Per un sano rapporto tra pubblico e artista è bene dunque che anche il fruitore si imponga sull’artista come esso ha fatto con lui prima, osservando, fotografando, ma anche strappando, cancellando le opere a seconda del valore che ognuno decide autonomamente di dare alle opere in strada. V.C: Credete che l’arte a scopo partecipativo sia una nuova possibile soluzione per la cultura e la creatività? G.S : Di sicuro per un’arte popolare che coinvolga le masse di cittadini. L’arte urbana utilizza spesso un sistema

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figurativo di rappresentazione o comunque delle figurazioni ben comprensibili al pubblico; questo crea comprensione, dialogo, scambio e produce cultura. L’arte più da galleria, quella concettuale, astratta o imperscrutabile s’impone invece come un’arte forzatamente elitaria, un’arte che ad un occhio comune non dice niente, che non comunica e che non crea uno scambio. Per questo l’arte concettuale elitaria fallisce nell’intento di creare cultura in larga scala, perché può essere compresa solo da quella fascia di pubblico che ha studiato, letto e sa interpretare i significati che essa contiene. non è un’arte immediata, “retinica” si diretta, o comunque istantaneamente percettiva. per questo l’arte contemporanea elitaria fallisce perchè diventa solo una masturbazione d’artista e non un tentativo di comunicazione.

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V.C: Da ricerche recenti ci è risultato che altri Paesi europei (Olanda, Danimarca, Germania, Francia e Regno Unito) investono molto sull’arte contemporanea. Trovate che sia la stessa situazione anche in Italia? G.S : Il caso di Firenze è emblematico, e forse uno dei più drammatici d’Italia. nella città toscana si è sempre stati scettici verso forme di arte successive all’Ottocento. Ottone Rosai e Marino Marini sono tra i pochi che i fiorentini accettano. Gli spazi per l’arte contemporanea non ci sono mai stati e non sono mai stati visibili ai cittadini; la Strozzina sta in uno scantinato, l’Ex 3, grande centro di arte contemporanea ormai morto, era a 50 minuti dal centro; in pratica il contemporaneo non è mai arrivato a Firenze. Per questo vanno bene tanti obbrobri come la statua di Koons con i ciclamini in piazza della Signoria, o come la paccottiglia di Hirst nello studiolo dei Medici. Vanno bene perché prima di apprezzare del “nuovo” bello è necessario liberarsi dal sonno di quel bello precedente che ha cullato tutti per secoli. È necessario inorridirsi per poter apprezzare


di nuovo il bello e l’utile. Ben venga dunque la pacchianeria di Koons se questo può far destare fiorentini. Sul discorso investimenti nvece sarebbe da interrogarsi se investire in arte contemporanea vuol dire far piovere come comete nelle città opere come quella di Koons, o Hirst, o se questo voglia dire un qualcosa di più approfondito... V.C : Nostro oggetto di studio, oltre alla vostra guerriglia, é il Centro MAAM di Roma. Potete descrivere l’esperienza avvenuta con la città meticcia? G.S : Metropoliz è un posto decisamente unico dove l’arte convive con gli abitanti, di almeno sei o sette etnie diverse, in quella che potremmo definire una cittadellamuseo. Non si può andare a Metropoliz, dipingere un muro e poi andarsene via; è un posto che richiede tempo per sviluppare un lavoro e per capire cosa si sta facendo e per chi lo stiamo facendo. Il corridoio dove abbiamo dipinto appartiene alla zona dei Rom, in cui si affacciano tutte le loro abitazioni. Si trova al piano superiore della cittadella e non all’interno del museo al piano terra, cosa che ci piaceva molto. È stato un lavoro impegnativo a partire dalla progettazione dei 140 metri quadrati che andavamo a disegnare, durata circa due mesi, nei quali ci siamo posti il problema di utilizzare un linguaggio differente dal solito, evitando scene provocatorie, macabre e violente, in virtù di un immaginario più piacevole e che avesse una funzione per gli abitanti, soprattutto i bambini, che ogni giorni passavano di lì. Anche le fasi di lavorazione, nell’inverno, sono state provanti, senza riscaldamento o confort, con una scaletta di ferro pericolante e un faretto con prolunga per l’illuminazione, perché nel corridoio la luce elettrica non c’era. E poi i bambini che in ogni momento arrivavano correndo, ci aiutavano a disegnare, si aggrappavano alla scala giocando o ci rubavano scherzosamente i pennelli

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e i colori… Lavoravamo sempre così per circa dieci ore al giorno, con poche pause. Insomma è stata veramente un’esperienza particolare in cui abbiamo cercato di assecondarci allo spazio e alle esigenze dei Rom che lì vivevano, invece di badare ad una coerenza artistica o stilistica nostra, della quale poco ci importa. Il corridoio finito è una grande rappresentazione di animali e creature fantastiche che abbracciano il mare, la terra, il cielo e lo spazio. L’idea era quella di un disegno che mostrasse ai bambini un vocabolario naturale da poter osservare e conoscere; gli affreschi del Trecento ci dimostrano che le persone possono imparare molto anche dai muri, oltre che dai libri.

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V.C : Consigli da dare ad un artista emergente? G.S : Comprendere le ragioni del suo atto creativo. Di conseguenza scegliere uno spazio privato se la sua creazione è destinata a sé stesso o uno spazio pubblico se la sua creazione è destinata alla collettività.

(Intervista online realizzata il 29 dicembre 2015)



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3.3 Un museo oltre il museo

Il MAAM, Museo dell’Altro e dell’Altrove di Roma è un contesto museale al di fuori dell’ordinario. Nasce nel 2012 grazie a Giorgio De Finis, antropologo, filmaker e curatore indipendente. L’idea di costruire questo contesto sta nella tutela e nella difesa degli spazi occupati dell’ex fabbrica Fiorucci. Nel 2009 infatti si crea Metropoliz, quando 200 persone, fra precari e migranti occupano la fabbrica per farne la propria casa e per sottrarla alla speculazione edilizia. L’occupazione è firmata dai blocchi precari metropolitani, movimento romano di attivismo sociopolitico. Metropolitz è la città meticcia composta da famiglie, precari italiani e migranti provenienti da varie parti del mondo che non solo abitano la cittadella ma, dal 2012, aiutano gli artisti nella realizzazione degli interventi artistici. Metropolitz fa emergere il problema sulla questione speculativa e sul caro vita ma mostra anche la soluzione attuata da De Finis, il MAAM appunto, che trova la risposta in una convivenza e in un riscatto sociale. Tra gli obbiettivi del MAAM possiamo indicare: 1)Quello di creare una barricata d’arte a difesa dell’occupazione e dei suoi abitanti; 2)Evitare l’effetto di chiusura, sebbene Metropolitz debba proteggersi dietro al cancello d’ingresso. Per far fronte a questo problema vengono organizzati periodicamente eventi e inaugurazioni collettive, connettendo così la città meticcia con la capitale. 3)Proporre e sperimentare un altro modello di museo, dove la conservazione e la contemplazione vengono sostituite dall’azione e dalla collettività

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4)Realizzare un’opera corale.61 Il centro si prefigura come uno spazio politico: ciascun artista, attraverso il proprio intervento, si schiera dalla parte dei precari contribuendo alla realizzazione di un processo di arte collettiva. Uno dei primi interventi vede la creazione, sulla torre dell’ex fabbrica, di un grande telescopio di Gian Maria Tosatti62 ; Alla realizzazione partecipano attivamente gli abitanti di Metropolitz63 . L’intervento serve a finanziare la città meticcia. Nessuna retribuzione è prevista all’artista o al gruppo di artisti: è dono e azione politica che l’artista fa nei confronti delle persone che vivono a Metropolitz. La priorità è creare una barricata per salvare le case delle duecento persone che ci vivono, di cui sessanta sono bambini. La caratteristica principale del MAAM è quella di essere un museo abitato. E’ uno spazio indipendente che segue le sue regole e può diventare un elemento di confronto con altri modi di fare cultura. Abbiamo iniziato dichiarando che avremmo fatto concorrenza ai grandi musei della Capitale, ovviamente era un gioco. Ma in una situazione come quella romana il MAAM compete davvero, e non solo a detta dei media, con i musei istituzionali. Si è sviluppato in tre anni, a costo zero, senza chiedere finanziamenti pubblici né privati, solo grazie alla partecipazione di ciascun artista che ha contribuito al progetto realizzando un’opera (o più d’una) a proprie spese. Al MAAM ci sono artisti riconosciuti dal sistema dell’arte ma anche giovanissimi emergenti, tutti sono i benvenuti purché si dichiarino artisti, cioè abbiano fatto questo passaggio di auto legittimazione, avendo il coraggio di dire: “sono un artista”.64 Oggi il centro conta circa 400 interventi fra installazioni, stencil, pitture su parete, creati da artisti nazionali

61. G. De Finis, Forza Tutt* La barricata dell’arte, Bordeaux, Roma, 2015, pp8-9. 62. Gian Maria Tosatti è un artista visivo contemporaneo. Dopo gli studi in ambito performativo al Centro per la sperimentazione e la ricerca teatrale (PI), si trasferisce a Roma dove inizia a creare installazioni site-specific. Dal 2011 espone a livello nazionale e internazionale. 63. L’intervento collettivo della realizzazione del telescopio è visitabile al link https://www.youtube.com/ watch?v=2gsVNBpS1ds (puntata 4 del documentario Space Metropolitz) 64. Intervista a Giorgio De Finis, visitabile al link: http:// www.1fmediaproject.net/2015/07/03/intervista-agiorgio-de-finis-maam-roma/


e internazionali. Gli artisti hanno l’opportunità di soggiornare all’interno di Metropolitz e dare vita, nello stesso periodo, alla realizzazione dell’opera. Proseguiamo per un grande corridoio della fabbrica e in fondo c’è una scritta Ristorante, con una freccia. Entriamo in una sala con tavoli, profumi di cucina meticcia e tutto intorno quadri, installazioni e graffiti che diversi artisti hanno regalato al Maam per finanziare i lavori del tetto della futura ludoteca. Qui ci sono artisti, cittadini, collezionisti di arte contemporanea, abitanti di Metropolitz, attivisti politici, abitanti del quartiere intorno. Quello che colpisce è quante differenze e diversità sono compresenti e intrecciate in questo posto, in questo momento. È come se i diversi flussi cittadini, che di solito conducono vite quotidiane separate, siano stati magnetizzati tutti insieme qui a fare l’esperienza di uno stesso spazio(…)65 Il MAAM è il simbolo della decadenza dello spazio abbandonato e di una possibile e reale soluzione: dalla precarietà alla collettività. All’interno vi è la sala ristoro, la sala dei giochi, la ludoteca e la sala riunioni, tutto frutto della collaborazione fra gli artisti e gli abitanti di Metropolitz. Gli interventi pittorici e installativi cambiano gli spazi vissuti quotidianamente dalle 200 persone della città meticcia. Veronica Montanino trasforma la sala frequentata dai bambini nella Stanza dei giochi, l’aula scolastica diventa l’ Asilo politico di Santino Drago. Lo street artist brasiliano Eduardo Kobra dipinge sulla facciata esterna il volto di Malala Yousafzai, giovane attivista pakistana premio Nobel per la pace nel 2014. Qui l’arte è norma condivisa che si muove al di fuori dallo spazio istituzionale e dalla logica del mercato.

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65. M. Ravazzini, B.Saraceno, Souq 2012. Le sfide della felicità urbana, il Saggiatore, Milano, 2012 p. 156


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Il MAAM è antimuseo in quanto si basa sull’economia del dono, lontano dal sistema dell’arte. Ogni installazione supera l’opera-oggetto per divenire flusso condiviso e aperto a tutti, in una maniera non più elitaria ma democratica e popolare. Secondo il parere di Cesare Pietroiusti il MAAM è un museo reale, in quanto esso entra in contatto in maniera diretta con la quotidianità. È contemporaneo, non a caso instaura processi di condivisione che un museo classico non fa. Egli classifica questo spazio attraverso alcuni aspetti; riporto qui i più importanti: 1)OSPITALITÁ. Il museo reale è ospitante. Coloro che lo visitano non sono semplici visitatori ma ospiti. 2)RESIDENZIALITÁ. Il museo reale non propone un modello di separazione ma di integrazione fra le persone. 3)UTILIZZABILITÁ. Il museo reale è un luogo che mette a disposizione gli spazi per gli interventi degli artisti. 4)PRODUTTIVITÁ. Le opere al suo interno si trasformano in azioni che non hanno solo il fine di essere collezionati, conservati e contemplati. 5)POLISENSORIALITÁ. Un luogo decadente crea un’interazione diversa con i nostri sensi, rispetto agli spazi bianchi di un museo. 6)POLIDISCIPLINARIETÁ. Il museo reale può accogliere discipline, linguaggi, metodi e approcci diversi e trovare nella diversità e non nella specializzazione, la sua essenza di museo.66 Ad un seminario svolto all’Accademia di Belle Arti di Firenze67, sia Cesare Pietroiusti sia Fabio Cavallucci, direttore del Centro d’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, sostituiscono il termine museo, con il termine centro. Entrambi sono del parere che un centro d’arte contemporanea deve essere un luogo che vada oltre

66. G.DeFinis,Forza Tutt* La barricata dell’arte, Bordeaux, Roma, 2015, pp12-13. 67. Seminario Il museo oltre il museo, 27 ottobre 2015, Accademia di Belle Arti di Firenze.


alla connotazione classica di museo. Il centro d’arte contemporanea deve essere uno spazio di fruizione aperto al pubblico nei dibattiti, incontri, workshop e laboratori. Secondo Pietroiusti e Cavallucci talvolta tale istituzione funziona meglio se resta chiusa alle mostre. Un gran paradosso se pensiamo alla sua concezione classica. La chiusura del Centro Pecci per il rinnovo e l’ampliamento dei locali è un chiaro esempio di questo paradosso, in quanto esso resta attivo ad iniziative e incontri gratuiti che vedono come protagonista il pubblico. Una realtà che non sarebbe possibile se il Centro fosse aperto solo alle mostre. In questo contesto il MAAM, come il Pecci, è il paradosso del museo d’arte contemporanea. Esso non si configura come spazio per la conservazione e contemplazione dell’opera d’arte: il centro è già di per sé opera d’arte; una grande opera d’arte collettiva che si espande grazie alla collaborazione tra gli artisti e gli abitanti . Il senso di collettività, di arte pubblica e di riqualificazione degli spazi è espresso in maniera diretta nel film-documentario SpaceMetropoliz, progetto curato da Giorgio De Finis e Fabrizio Boni. Il progetto è diviso in undici puntate da sei minuti circa ciascuna. Nelle puntate vediamo la nascita del MAAM, dalla prima idea di De Finis al primo intervento di Gian Maria Tosatti fino alla comparsa di tutte le altre opere. In particolar modo, nel quarto episodio, è importante la dichiarazione dell’artista: SpaceMetropolitz è un progetto che parla al contemporaneo con il linguaggio del contemporaneo. Credo che l’idea di immigrazione e spostamento non significa solo quella dei rifugiati e immigrati (…) ogni

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genitore ha almeno un figlio che vuole andare via. Andare via significa scappare, fuggire, non è bello da dirsi però è la verità. Nessuno vuole stare nella barca che affonda. Stiamo sentendo tutti i campanelli d’allarme di questo naufragio. SpaceMetropolitz prova a fare una grande iperbole di questo. Prende e dice : ok, viaggio sulla luna. Scappiamo sulla luna, cerchiamo un altrove che sia realmente diverso(…) Credo che…. anzi ne sono certo, che l’arte non si faccia nei musei (…) ad un certo punto si sviluppa, esplode, coinvolge e poi alla fine di tutto arriva nei musei. C’è la voglia di prendere dei luoghi (…) punti ciechi e trasformarli in punti di luce(…) Quello che voglio dire è che la bellezza ci aiuta a capire le cose con maggiore semplicità (…)68 Ed è con la stessa semplicità dei mezzi che gli artisti elaborano la maggior parte degli interventi all’interno di Metropoliz. Tosatti ricicla dei bidoni per farne un telescopio, Hogre, alla stessa maniera di Spam, utilizza colori acrilici per dipingere le pareti e la torre del MAAM. Si punta alla semplicità e al riciclo degli oggetti già esistenti nella fabbrica per raggiungere metaforicamente la luna. Il nome del MAAM, museo dell’Altro e dell’Altrove sta proprio in un luogo altrove, la luna; un luogo senza regole e libero, dove l’altro è ognuno di noi. Le opere all’interno del MAAM sono numerosissime, tutte realizzate con l’intento di protezione e riqualificazione dello spazio occupato di via Presentina. I criteri di accettazione delle opere proposte avvengono dopo una riunione tra De Finis e alcuni abitanti di

68. Visitabile alla puntata numero 4 sul sito: spacemetropoliz.com

www.


Metropolitz, di solito il martedì. Sono escluse a priori le opere che potrebbero essere ritenute offensive da chi vive a Metropoliz. Opere “problematiche” sono quelle a carattere religioso, perché Metropoliz fa la scelta politica di considerare la religione un fatto privato. In ogni modo questo non impedisce a Gianfranco D’Alonzo di realizzare la sua Stanza della preghiera. Il centro, in continua costruzione e cambiamento, è una piattaforma collettiva, aperta al dialogo, alla sperimentazione, ai nuovi eventi e appuntamenti. Tra questi dobbiamo citare l’arrivo della Venere degli stracci di Michelangelo Pistoletto. Il 21 marzo 2015 l’opera è presentata al MAAM ed esposta gratuitamente al pubblico il quale è invitato nella realizzazione di un’azione collettiva. La venere è priva di stracci: il pubblico che visita il centro è invitato a portare con se tutti i vestiti di cui desidera disfarsene. La montagna di vestiti che per un mese è ospite all’interno del MAAM non è altro che il segno lasciato da ogni visitatore. Il MAAM si prefigura come possibile e nuova realtà per artisti emergenti e non, in grado di mostrarsi senza dover pagare né permessi, né gallerie né altre persone. È uno spazio dove vige la norma di toccare l’opera e di essere contaminati dallo spazio. È luogo ibrido aperto alla collettività. A nostro avviso, le azioni che promuovono la partecipazione attiva della società in luoghi non deputati all’arte sono una possibile soluzione per far promuovere e mantenere l’arte contemporanea nel contesto italiano e mondiale. Il Museo dell’Altro e dell’Altrove ci sta riuscendo. Confidiamo che venga adottata una soluzione simile anche nelle altre città italiane.

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4 ESPERIENZE DIRETTE: AZIONI OVUNQUE 134. Trovo nell’happening la forma più diretta di comunicazione69 Vi



4.1 Mettiamo bianco su nero

Il capitolo che segue tratta esperienze affrontate in prima persona che richiedono il contatto e il pensiero diretto del pubblico. Da due anni la mia arte si spinge oltre la cornice, superando il contesto istituzionale. Varcando la soglia dei luoghi pubblici le mie azioni sono veri e propri processi che hanno l’intento di cancellare la linea di demarcazione fra arte e vita. Il contesto quotidiano è ciò che più mi interessa; è il mio campo di studio. Scopo della mia ricerca artistica è far attivare il pubblico, farlo interagire e trasformarlo in soggetto pensante, in grado cioè di formulare un pensiero critico, un punto di vista, una presa di posizione. I quattro esempi riportati, svolti a Firenze, sono processi direttamente affrontati in contesti non ufficiali all’arte: -Il primo tratta un questionario svolto all’interno di una casa dello studente; -Il secondo si svolge durante una manifestazione; -Il terzo si verifica nel cortile interno di un edificio abbandonato da decenni; -Il quarto si manifesta in una piazza pubblica.

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Il primo dei tre esempi si intitola Mettiamo bianco su nero. Mettiamo bianco su nero è un happening che si svolge il 13 dicembre 2014 all’interno dell’Accademia di Belle Arti di Firenze. Per la mostra “L’immaginario visuale del ’68 oggi” realizzo un questionario rivolto a persone di ogni età. Nella ricerca sono affrontati alcuni punti riguardo i cambiamenti sociali del ’68. Tra questi punti mi sono soffermata sulla Casa Calamandrei, una struttura universitaria situata a Firenze

69. Frase appartenente all’azione Annotazioni, progetto spiegato a pagina 130


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che ospita oggi 500 studenti. La struttura, seppur vecchia e fatiscente, rispecchia quel senso di comunità della periferia fiorentina che mano mano si manifesta durante il ’68. La residenza universitaria conta tre sale studio che si estendono su tutto il primo piano e una sala cinema molto grande. Le stesse grandi aule sono gli spazi che nel ’68 hanno il fine di essere utilizzati per le riunioni e occupazioni dei cittadini del quartiere e di tutta la periferia di Rifredi. Pongo la ricerca sotto forma di questionario a persone di diversa età, origine e professione. Per la mostra finale, riporto tutte le risposte ottenute da contesti esterni in un luogo deputato all’arte, quale l’Accademia. Mettiamo bianco su nero è il risultato delle risposte scritte dalle persone: un’installazione composta da due lavagne e al centro 25 fogli disposti su 5 file. Nei fogli vi è scritto il pensiero di ogni singola persona riguardo le domande affrontate nel questionario, formando una sorta di manifesto collettivo. Al pubblico che si presenta alla mostra chiedo di leggere il questionario e di rispondere sulle lavagne alla domanda “ne siamo veramente consapevoli?”. Trasformo così un manifesto di sola lettura in un manifesto collettivo, dove il fruitore è invitato a pensare, scrivere e interagire.




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4.2 I am an artist, I am Charlie Hebdo

Il 9 gennaio 2015, in Piazza Ognissanti a Firenze, si svolge una manifestazione per commemorare le vittime dell’attentato terroristico alla redazione di Charlie Hebdo, avvenuto a Parigi due giorni prima. In centinaia si sono presentati a tale evento, portando con sé una candela e fogli con le scritte “Siamo tutti Charlie Hebdo” o “Je suis Charlie”. L’appuntamento è previsto per le ore 18.00 in Piazza Ognissanti, davanti al consolato francese. Inserendomi in mezzo alla folla inizio a distribuire cento volantini. I volantini sono una manifestazione del mio pensiero rispetto a quanto è successo a Parigi. Le reazioni delle persone sono tra le più svariate: molti credono che stia distribuendo la fotocopia della frase “Je suis Charlie”, altri non condividono la distribuzione di quei volantini, altri ancora ne rimangono indifferenti e altri invece collaborano alla distribuzione. I volantini riportano le iniziali del mio nome d’arte. Nessun link di rimando al nome,in quanto non sono distribuiti per farmi pubblicità. Il mio intento è quello di distribuire alla folla un mio pensiero, che sia accettato o meno. Con una piccola nota di criticismo, il gesto della distribuzione pubblica volge la sua attenzione nel dimostrare cosa significa la vera libertà di espressione. Non ho documenti che testimoniano l’accaduto, solo il testo scritto nei volantini: Sono scettica e cinica in ciò che viene reso pubblico: le facce di terroristi appositamente messe in primo piano,

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i tanti dialoghi tra virgolette, i particolari sulle armi da fuoco e del tragitto compiuto da criminali, la targa e il modello delle auto, i video in anteprima assoluta. Tutto un grande palcoscenico , costruito per mettere in luce la più grande delle protagoniste: la SPETTACOLARIZZAZIONE. Vorrei una non televisione che trasmettesse COMUNICAZIONE. Vorrei un canale che evitasse i puntini di sospensione, di rimando alla prossima puntata. Vorrei cancellare i tanti punti esclamativi e interrogativi. Vorrei un solo e semplice punto. Sono Charlie Hebdo non per la provenienza geografica ma per il diritto e la libertà libertà di pensiero e di espressione. Sono Charlie Hebdo perché non era un semplice numero settimanale: era un numero di persone. Sono musulmana, cristiana, ortodossa, buddista, taoista, scintoista, induista… sono tutto e non sono niente. Rispetto qualsiasi provenienza e qualsiasi “Credo”. Non sono la religione dello spettacolo televisivo né del fanatismo in nome di Dio. Sono Charlie Hebdo non in ciò che viene trasmesso ma in ciò che realmente accade: 13 persone sono morte, punto È l’unica realtà che so.

Vi


4.3 Qr code-code?

Qr code-code? è una delle azioni svolte all’interno di Effimero picnic, terza tappa della mostra annuale “Start Point”70 . Tema dell’edizione del 2015 è rivalutare i luoghi pubblici di Firenze, alcuni dei quali lasciati in disuso da anni. Le azioni svolte per Effimero picnic vogliono salvaguardare dal degrado Piazza Puccini, un luogo alla periferia di Firenze. Agli studenti dell’Accademia è chiesto di pensare ad installazioni, opere video e performance in grado di coinvolgere la popolazione. È chiesto loro di riportare a “nuova vita” uno spazio di pubblica utilità. Il 2 ottobre la mostra viene inaugurata all’ex Convento di Sant’Orsola, lasciato da anni in mezzo ai calcinacci e a un cantiere non finito. Per Start Point 2015, grazie alla volontà di alcuni docenti interni all’Accademia, l’ex monastero in disuso è trasformato in luogo per l’arte, con installazioni, quadri e video su grandi schermi. L’inaugurazione, ad ingresso gratuito, invita il pubblico a scoprire un luogo da sempre chiuso. Il 3 ottobre la manifestazione continua con le installazioni e performance nel contesto pubblico di piazza Puccini e dell’ex manifattura tabacchi, limitrofe alla piazza. È nell’atrio interno all’ex manifattura che si svolge l’azione Qr code-code? Tale contesto pubblico è perfetto per interagire con la bicicletta. I materiali serviti per Qr code-code? sono difatti, la mia bici, un barattolo di acrilico nero e una carta

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70. Start point è la mostra finale degli allievi dell’Accademia di Belle Arti di Firenze.


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scenografica della lunghezza di 20 metri. L’happening consiste nel dipingere le ruote della bicicletta e lasciare il segno del proprio passaggio. L’invito è esteso a chiunque voglia montare sulla bici. I messaggi che comunica l’azione sono molteplici: -è scelta la bicicletta come mezzo eco-sostenibile per il futuro; -viene richiesto l’intervento del pubblico nel lasciare il segno della propria pedalata; -viene creato un qr-code volutamene non funzionante, in grado di lasciare il segno pittorico e non utilizzabile dai dispositivi mobili come tablet o cellulari. La rigidità del quadrato di un qr-code viene sostituita dalla fluidità delle linee curve della bicicletta; -attraverso questa azione collettiva si cerca di sensibilizzare le persone all’utilizzo di questo mezzo a due ruote.



4.4 Annotazioni

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Annotazioni è sia l’appendice del testo,sia l’inizio dell’azione. È un’idea nata da un totale distacco: trovandomi a non avere più una collaborazione artistica di coppia, inizio l’elaborazione dell’idea annotando frasi dette o lette dalle altre persone. Non mi interessa il loro ceto sociale di provenienza: le frasi sono di amici, conoscenti, familiari, docenti, sconosciuti, critici, filosofi. È da più di un anno che trascrivo frasi di tutti. Attualmente ne ho annotate circa 460. Per l’azione scelgo 123 frasi numerate. L’idea della distribuzione delle frasi inizia quasi per caso a Köln, in Germania, durante l’estate 2015 e sta proseguendo a Firenze, dove attualmente vivo. L’azione prevede la distribuzione delle frasi-volantini per le strade e piazze della città: inizia la mattina, continua nel momento della discussione della tesi e si conclude il giorno stesso. Scelgo alcuni volantinisti per la distribuzione e chiedo loro di relazionarsi con il pubblico. Non desidero documentare l’azione in quanto sta accadendo al momento e al di fuori dal contesto istituzionale in cui mi trovo. Desidero che l’azione avvenga in un contesto pubblico affinché non ci sia una linea divisoria tra arte e vita. Come testimonianza all’azione che sta accadendo è riportato di seguito il testo con le regole che ogni volantinista deve seguire. Alcune frasi-cartolina sono inserite all’interno dell’intera tesi: sono le frasi scelte dai volantinisti.


-Annotazioni inizia alle ore (...) del giorno (...) e terminerà alla distribuzione del tuo ultimo volantino; -L’azione deve avvenire solo per le strade e piazze della città. Non é ammesso nessun luogo chiuso; -Durante l’azione non é consentito il dialogo tra i vari volantinisti; solo il dialogo con i passanti; -Ti chiedo di non cestinare i volantini; -I volantini possono essere sia distribuiti alle persone sia lasciati nello spazio pubblico; -Puoi invitare le persone a ripetere l’azione.

Per il tuo interesse e voglia di distribuire idee, per il tuo tempo concesso e impegno:

GRAZIE!

Vi


Annotazioni

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Annotazioni

133.


Annotazioni

134.


Annotazioni

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CONCLUSIONE

136.

Arte relazionale,arte pubblica, arte collettiva e partecipatoria. Qualunque sia l’accezione con cui descriviamo oggi i nuovi processi artistici, essi sono rivolti ad uno spazio non più chiuso né privato. Scegliere lo spazio pubblico, al di fuori del contesto istituzionale, permette di creare spazi di libertà. Una libertà che si manifesta a pieno in quella che è la democrazia dell’arte. Penso che esporsi al pubblico, rendendolo partecipe del processo collettivo, sia una prospettiva possibile affinché sia l’artista italiano, sia l’arte contemporanea, possano emergere sul piano nazionale e internazionale. Grazie alle interazioni che avvengono in luoghi non deputati all’arte, possiamo ripensare alla funzione dell’artista d’oggi: un soggetto capace di generare non solo creatività volta all’autopromozione ma col fine di far emergere il pubblico, renderlo partecipe e attivo al pensiero critico. Dialogare con soggetti pensanti: questo è uno dei fini più importanti che deve porsi l’arte d’oggi. Mi affido, per un solo momento, alle parole enunciate in un libro che mi sta a cuore: Cara Istituzione, (…) progetta interventi senza date di scadenza legate all’età, per incentivare rapporti fra le generazioni. Caro Artista, (…)studia le lingue; non pagare per esporre(…) fai esperienze di lavoro con altri artisti; confrontati con loro e cerca di sviluppare rapporti di collaborazione(…) La cultura non funziona a compartimenti stagni e non può essere separata dalla società in cui si sviluppa71

71. G.Bondi, S.Sitton, Non di sola arte: viaggio in Italia tra voci e numeri della giovane arte contemporanea, Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, 2007 pp. 153154-155.


Rendersi perciò partecipi ad azioni di collaborazione può essere un grande risultato, affinché l’arte contemporanea italiana trovi il proprio spazio (pubblico) su cui crescere.

137.

Valentina Ciani



BIBLIOGRAFIA

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SITOGRAFIA

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61.Non sono un tipo di poche parole Vi



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