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Nuova Soverato
38°41.0988′ N
16°32.9946′ E
Vincenzo Parretta
Vincenzo Parretta
Nuova Soverato
Indice
Premessa I Soverato Inquadramento del paesaggio Evoluzione del paesaggio Storia e archeologia Ultimo ventennio Età moderna Luoghi d’interesse Scoperte archeologiche
12 14 16 18 20 24 30
II Focus su alcune identità visive Panoramica L’AEG di Behrens
48 52
III City branding Progettare le città I love New York Strategie europee Southampton Legible City BeBerlin Immagine Istituzionale Urbino I amsterdam Isole Eolie
62 64 68 72 74 78 82 88 90
IV Marchio e manuale di utilizzo Elementi essenziali Il marchio Costruzione del marchio Logotipo Accorgimenti ottici
100 102 104 106 108
Rapporto tra marchio e logotipo Area di rispetto Font istituzionale Positivo e negativo Applicazioni su fondi colorati Dimensione minima Colori istituzionali Usi e declinazioni Usi impropri Accostamento ad altri enti o istituzioni
110 112 114 116 118 120 122 124 128 130
V Corporate Carattere coordinato Biglietto da visita Carta intestata e segue foglio Buste da lettera Buste DL Buste DL con finestra Buste a sacco Porta documenti Block notes A4 e A5 Copertina block notes Badge personale Pass card Invito CD cover e label
134 136 140 144 146 148 150 152 154 158 160 162 164 166
VI Visual Identity Poster Totem Pieghevole Pittogrammi
172 176 178 184
Segnaletica turistica Cartelli informativi Bandiera e manner Stendardo Sito
188 190 194 196 198
VII Merchandising Cartoline T-shirt Shopping bag
Note Bibliografia Ringraziamenti
202 208 210
Negli ultimi anni sempre più luoghi iniziano ad avere un proprio city branding, fondamentale per far comprendere meglio all’utente tipo quali sono le attività e i servizi che la città stessa ha da offrire e con che caratteristiche. Già dal 1976 con “I LOVE NEW YORK” si iniziano ha intravedere identità e campagne basate sulla promozione delle varie città, troviamo altri esempi molto importanti nelle città di Amsterdam, Melbourne, Bologna ecc. Dunque, perché non fornire un identità simile anche a dei piccoli comuni turistici come il posto da cui provengo? Da questa domanda nasce il progetto di city branding per la città di Soverato. L’idea è quella di fornire alla mia città un’identità degna di sè, che possa rispecchiare la sua storia, i suoi simboli, i suoi colori e tutti i suoi stupendi paesaggi. Tra gli obbiettivi, mi sono posto di trovare un’immagine che possa accomunare e rappresentare al meglio tutti i suoi abitanti grazie ad un marchio che, oltre ad accelerare le politiche di marketing, racchiuda l’essenza della città, mettendone in risalto i servizi e le attrattive e fornendole una nuova identità, che faccia sentire a casa qualsiasi turista che si dovrà sentir parte della città… Un po come come qualsiasi turista davanti a quell’enorme Iamsterdam si sentirà parte della cittadina olandese.
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Soverato
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Inquadramento del paesaggio
Soverato è una cittadina posta in uno dei punti più suggestivi della costa ionica calabrese, esattamente tra le antiche città di Skylletion (Squillace) e di Kaulon (Caulonia). Già dal primo sguardo al paesaggio, tra le attività turistiche e le imbarcazioni poste sulla su quella lunga e imponente spiaggia, si capisce subito il forte legame tra Soverato e il mare, mentre in realtà il nome ne suggerisce invece la presenza di ampie distese boscose, il sughereto per es., essenza dominante di un paesaggio antico. Durante il medioevo infatti il paesaggio era probabilmente costituito da ampie distese boscose intervallate da rari spazi aperti, usati come pascoli e allevamento brado dei suini. Le vicissitudini successive, fra cui il terremoto del 1783 (uno dei più terribili cataclismi che l’umanità abbia subito e che portò all’abbandono dell’antico sito della città), hanno modificato irreversibilmente l’aspetto del luogo. La ricostruzione del territorio ripartì dalla grande superficie pianeggiante sulla costa, essa è costituita da una terrazza di origine marina posta alle spalle della prima area in cui vi era la città vecchia.
Soverato 13
Evoluzione dei paesaggi
Iniziando dalla costa, la striscia di terra compresa tra la foce dell’Ancinale e le prime insenature poste a valle del tracciato della ferrovia è di costruzione del tutto recente. Analizzando la cartografia storica si nota come la costa sia stata dritta fino alla fine del XVII secolo. Questo si evince dalle carte redatte fra la fine del XVI secolo e l’edizione del 1796 dell’Atlante di G.A. Rizzi Zannoni ottenuta assemblando carte di epoca precedente, ma soprattutto le carte contenute nel Regno Marittimo di Napoli e l’Atlante Geografico del regno di Napoli di G.A. Rizzi Zannoni, quest’ultima edita nei primi del 1800. Appaiono evidenti utilizzi del suolo sia con edifici sia con una serie di tombe (sicule) poste tra questo punto e la foce del torrente Beltrame. Per prima cosa l’insenatura ben delineata nella cartografia storica fino ai primi decenni del XIX secolo, ma è quasi scomparsa nel XX secolo. Non è quindi da scartare a priori un attracco di età romana e bizantina in corrispondenza di questa insenatura e la segnalazione di un villaggio di eta tardo antica-bizantina a circa 40 m s.l.m., presumibilmente in località “Castellano”. D’altra parte viene riportata da più
Soverato 15 fonti che esisteva già nel XVII secolo una chiesetta, quella di S.M. di Poliporto. Galanti nelle sue Relazioni di Viaggi dice: «Nel feudo del Duca di Petrizzi nel Lugo detto Santa Maria di Paliporto si carica alla spiaggia. Si vuole per l’addietro in questo luogo ci fosse stato un porto. In queste vicinanza sul lido ci è una cava di macine a mulino». Inoltre, la collina (oggi sperone della Panoramica) che si trova all’inizio di Soverato Marina, doveva un tempo essere più protesa sul mare e dunque costituire un riparo più sicuro di quello odierno. Un approdo sarebbe individuabile a nord di Soverato Marina, in località San Nicola o Monaco. Alla fine degli anni venti del secolo scorso infatti, durante la bassa marea seguita a una mareggiata, verranno alla luce ruderi interpretati come magazzini (horrea) utilizzati per depositare cereali e olio destinati all’imbarco; nello stesso sito rivennero monete in bronzo (assi romani e pezzi bizantini del XVIII secolo) che testimonierebbero un punto di commercio usato in varie epoche.
Storia e archeologia
La Calabria è una terra formata da un dorsale di rocce cristalline (Sila, Serre, Aspromonte), ma con un inizio calcareo (Pollino), coltri sedimentari di argille, sabbie, conglomerati modellati prima di tutto dagli agenti atmosferici e dalle acque di corsi non sempre perenni o comunque torrentizi che dai monti scendono rapidamente verso i vicini mari Ionio e Tirreno, disegnando vaste piane (Sibari, Sant’Eufemia, Gioia Tauro) adatte all’agricoltura, insieme all’altopiano del Marchesato, o ristrette fasce lungo le coste dei due mari, ai piedi di sistemi collinari adatti non solo a legumi e cereali, alle vigne ed ai pascoli, ma soprattutto alle coltivazioni che costituiscono l’essenza, il profumo, i sapori e le altre fortune della regione, ovvero uliveti, agrumeti e frutteti. Questa variegata geomorfologia ha determinato un’insieme di ambiti territoriali vicini e contrastanti ricchi di risorse che da millenni ha dato modo di creare lo scenario e impulso alle prime aggregazioni umane sin dalla preistoria, e che poi si sono evolute nelle prime attività agricole, pastorali, artigianali e le prime forme artistico culturali.
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Ultimo ventennio
Le ricerche condotte negli ultimi vent’anni, partendo dagli scavi effettuati nel 1996 in condizione di emergenza in loc. Mortara (a seguito dei lavori di costruzione di una strada comunale) hanno fornito i primi capisaldi nel corso dell’insediamento greco a Soverato, dando forza e una nova collocazione ai ritrovamenti sporadici, o incontrollati e dispersi, avvenuti tra fine ‘800 e gli anni ’80 del XX secolo. Il nuovo rapporto tra le associazioni di volontariato archeologico e la sovrintendenza calabrese culminerà nel 2011 nella redazione di una prima carta archeologica ufficiale di Soverato, redatta con sotto la supervisione scientifica della dott.ssa M.T. Iannelli. Le più recenti indagini, mediante scavi preventivi o verifiche a seguito di segnalazioni e risconti di dati d’archivio, compiute tra il 2004 e il 2016 in altre località collinari confermano che il modello di inseminazione dominante nella zona è costituito da fattorie razionalmente distribuite. Edificate secondo modalità consuete in tutto il mondo greco e italico, erano poste all’interno di lotti di terreno adatti alle coltivazioni che si presentavano anche per produzioni eccedenti il fabbisogno familiare, garantendo un’economia basata sul commercio, a corto e medio raggio, di vino e olio. La possibilità economica si traduceva, stando alle evidenze degli scavi recenti rapportate ai rinvenimenti di fine Ottocento e soprattutto dei primi decenni del Novecento, nella ricerca di apparati decorativi architettonici e nella possibilità, in momenti particolari di crisi, di salvaguardare le ricchezze, nascondendo nel sottosuolo – all’interno di contenitori deperibili o di terracotta – valuta pregiata d’argento, selezionata tra il circolare attestato nell’area.
Soverato 19 Riguardo gli apparati decorativi, negli anni sono stati rinvenuti vari tipi di artefatti appartenenti a un periodo compreso tra il III e V sec. a.C., tra i quali individuiamo una rara antefissa fabbricata in terracotta mediante l’uso di una matrice e ritocchi a stecca, rappresentante una testa di Satiro, derivata da modelli di età classica. Tutte le evidenze, dunque, convergono verso precisi ambiti cronologici e delineano una vitalità e una particolare dinamicità. Tuttavia la fine di questo mondo che assiste a scambi e commissioni tra Greci e Italici e aspre vicende belliche, verrà trasformato pochi decenni dopo con la definitiva conquista romana alla fine della seconda guerra punica. La romanizzazione del territorio si attuerà – qui come in quasi tutto il bacino del Mediterraneo – con modalità e tempi dettati dalle situazioni contingenti.
Ecco un tracciato a grandi linee delle tappe fondamentali a cui la città fu sottoposta prima di arrivare all’aspetto odierno. La zona mare della città era costituita solo dal piccolo borgo chiamato “Santa Maria di Poliporto” disposto intorno alla oggi denominata “chiesa del Rosario” e nelle zone alte più vicine ad essa. Domenico Caminiti dice che: «questo antico villaggio ebbe il toponimo di Poliporto e occupava la collina di Spina Santa e quella vicina di Santicelli, l’attuale promontorio della Torre, con propaggini, in vari tempi sia verso sud, zona in cui corre l’attuale linea ferroviaria, che verso nord, la zona a mare di San Nicola»1.
Età moderna
Nonostante le sue ridotte dimensioni, il borgo di Poliporto era centro di traffici commerciali sempre più intensi finché nel 1862 non si decise di dar vita a un corpo di guardie doganali che in seguito prese il titolo di Corpo della Regia Guardia di Finanza. Da lì il borgo si attrezzò di pontili adibiti all’attracco di imbarcazioni per il carico e lo scarico di merci, i quali negli anni vennero ricostruiti svariate volte dopo le mareggiate, finché non si arrivo nel 1913 a realizzarne uno in cemento. Nel 1869 venne realizzata una fontana pubblica detta “Funtan’a supa” e in seguito “Funtan’a sutta”, successivamente spostata per la realizzazione di via Galluppi, situata dove oggi troviamo i giardinetti del lungomare, ovviamente del tutto modernizzata. La fontana Caramante invece, posta all’ingresso di Soverato Superiore esistere già
Soverato 21 da un lungo periodo ma in seguito venne spostata a causa di un contenzioso con la marchesa Scoppa. Nel 1873 a Santa Maria di Poliporto risiedeva la famiglia Ferrigno, di Origini amalfitane, la quale diede vita alla costruzione del palazzo oggi conosciuto come palazzo Gregoraci. In seguito nel 1975 venne inaugurata la stazione ferroviaria di Soverato. L’ufficio postale fu invece aperto nel 1976 insieme alla realizzazione del cimitero comunale e di un percorso in pietra posto in località “Cafone” (nei pressi di via Trento e Trieste). Questo percorso passava di fianco al cimitero proseguendo per la località Miceli e sul tratto si incontrava una sorgente, una senia2 ed una gebbia, funzionali all’irrigazione dell’agrumeto che tuttora ricopre il fondovalle. Nel 1881 il paese prese il nome di “Marina di Soverato”, con l’immediata istituzione della sede municipale e da quel momento quella che fino ad allora era conosciuta come Soverato prese il nome di “Soverato Superiore”. Le dettagliate motivazioni furono scritte nella deliberazione del 12 settembre. Nello stesso periodo molti abitanti si spostarono dalla collina verso il mare per via della vasta gamma di servizi di cui Soverato Marina disponeva, tra cui uffici di sanità marittima, stazione dei carabinieri, ferrovia e nel 1884 si aggiunse anche una sezione delle scuole elementari. Il tutto diede vita a numerosi casi di edificazione di nuovi palazzi e depositi merci funzionali agli scambi via terra e via mare.
I lavori per costruire la chiesa del Rosario finirono nel 1910, nel frattempo nel 1904 la Marchesa di Cassibile, Maria Caterina Scoppa, accordò la costruzione di una chiesa in onore di Sant’Antonio di Padova, in uno dei suoi terreni lasciati a don Rua. Da li si avvio nel 1804 la costruzione dell’attuale istituto salesiano, dotato di scuole primarie e liceo classico. La chiesetta privata di Santa Maria di Portosalvo situata nell’attuale via San Martino, fu costruita per devozione dalla famiglia Caminiti nel 1906, posta tra una serie di capannoni in legno utilizzati per l’immagazzinamento merci. Nel 1923 le ferrovie Calabro-Lucane inaugurarono la tratta Soverato-Chiaravalle. Insomma, l’economia nella prima metà del ‘900 era in forte crescita, e in quegli anni ci fu una forte attività artigianale e un forte impulso da parte delle piccole medie imprese che rappresentavano una grande fonte di occupazione. Tra il 1940 e 1943 Soverato ebbe un presidio di fanteria e di una batteria antinave-antiaerea, di cui possiamo trovare dei resti all’interno del giardino botanico Santicelli. Nel 1945 si realizzo un nuovo istituto di istruzione con scuole materne, medie e istituto magistrale a cura delle suore di Maria Ausiliatrice, utilizzando alcuni locali ottenuti dal centro elioterapeutico e dall’asilo “Francesco Riso”. Nel 1954 l’ente provinciale al turismo realizza il “Miramare”, una struttura posta in riva al mare, dotata di ristorante e sala da ballo.
Soverato 23 Nel 1957 si diede inizio al progetto di edificazione della zona “Panoramica”, nel cui cuore troviamo il Giardino Botanico, una distesa di quattro ettari che accoglie innumerevoli specie di piante ed alberi, ed affaccia sul mare offrendo ai visitatori una vista mozzafiato. Soverato è stato insomma soggetto a innumerevoli trasformazioni, concentrate per lo più nell’ultimo secolo, le quali hanno eliminato quasi definitivamente quelle enormi distese ricche di uliveti, agrumeti, vigneti, gelseti e altri frutteti di vario genere, che furono fonte di ricchezza in altri tempi, dando così vita a quello che è l’aspetto moderno della città.
L’edificio fortificato Sembra emergere da un annotazione sui beni del feudo di Soverato, appartenuti al Duca Marincola – scritta nel 1732 – la presenza di un casino di sua proprietà situato a Santa Maria di Poliporto. Il fabbricato esiste tutt’oggi e analizzando alcune foto storiche della cittadina se ne riconosce la forma, con due torrette frontali e una terza laterale in seguito inglobate o demolite dai lavori di muratura per l’ampliamento dello stabile.
Luoghi d’interesse
La torre di Soverato Nel sito del giardino botanico è collocato la torre di Soverato, erroneamente detta “Torre di Carlo V”. La torre infatti non fu costruita in funzione del progetto di difesa delle Marine del Regno di Napoli, messo a punto da Carlo V nel 1532; non vi è traccia né sulla carta geografica disegnata nel 1602 da Giovanni Antonio Magni, né in quella del tartaro del 1613. La torre inoltre non è citata neanche all’interno dell’inventario delle torri della Calabria, messo a puto dal colonnello Geremia Dean nel 1740. La struttura risulta invece essere stata costruita tra il 1740 e il 1786, a spese dell’università di Soverato. Messo a puto dal colonnello Geremia Dean nel 1740. La struttura risulta invece essere stata costruita tra il 1740 e il 1786, a spese dell’università di Soverato.
Soverato 25 Chiesa si S. Antonio Posta in località Turrati, troviamo la chiesa di Sant’Antonio di Padova. Le descrizioni della struttura fanno pensare che si trattasse più di una casa, che presumibilmente accoglieva anche la servitù e i contadini impiegati nelle attività agricole. La struttura al giorno d’oggi è inagibile e abbandonata a se stessa.
Soverato Vecchia «Sito de detta terra sta posta e edificata sopra uno monte a fronte lo levante e circaundata tutta de fabrica è torre à torno dentro la qual terra vè la chiesa maggiore intitolata santa Maria della Sanità, da ponente della terra e circundata dal fiume nominato Vetrano dentro la qual terra nel primo eminente loco cioè il sito dove era primo il castello nella quale se vedano molti fabrichi Antique et difatte dette fabriche son della corte de sua (Jurisditione?) […]» Il piccolo borgo nel 1594 fu soggetto all’incursione del popolo turco con a capo Bascià Cicala, che attaccò anche altri villaggi costieri. Soverato venne attaccata il 10 settembre, data in cui il paese venne bruciato e il castello distrutto, ma l’attacco non si limitò a quello infatti gli uomini di Bascià Cicala saccheggiarono tutto il territorio colpendo anche il Monastero della pietà. Altre incursioni turche, insieme ai terremoti e alle pestilenze colpirono Soverato Vecchia, allontanando gli abitanti che preferiscono spostarsi verso l’interno, provocando un periodo di declino per Soverato. Il primo volumetto chiamato “Soverato nei millenni a.C.” fu introdotto da Don Giovanni Gnolfo4, con queste parole: «Anche la piccola storia di un piccolo centro può assumere valori universali e ad essi contribuire: poiché ci mostra il cammino della civiltà passata su cui noi viviamo, nonostante le illogiche contestazioni. Conoscer la “Storia” è, dunque, imperativo categorico, se non vogliamo chiuderci in uno sterile solipsismo e se vogliamo sapere almeno qual’è l’aria che respiriamo, il sangue che ci scorre nelle vene, il timbro delle parole che pronunziamo»5.
Soverato 27 Caminiti faceva riferimento ad alcuni volumetti di Gnolfo, per l’eta greca e romana, i due si incrociarono per un breve periodo ma con percorsi totalmente diversi. Erano accomunati da un grande interesse per la storia locale, capitava infatti che i due si scambiassero citazioni. Nel periodo trascorso a Soverato, Gnolfo raccolse molti dati, frutto di accurate ricerche bibliografiche e archivistiche, miste a ricerche personali spesso svolte direttamente sul territorio, nelle quali era solito coinvolgere nelle sue ricognizioni studenti e amici.
Il Monastero della Pietà Costruito nei primi anni del XVI secolo all’interno di quello che una volta era il territorio di Soverato, oggi comune di Petrizzi. La struttura aveva forma rettangolare con la chiesa a croce latina, che sull’altare mostrava il gruppo marmoreo Pietà. Al centro della struttura era posto il campanile di forma quadrangolare che ancora oggi conserva il suo aspetto originario. Su due lati esterni vi erano tre o quattro torri di guardia anch’esse di forma quadrangolare, e all’interno delle mura perimetrali erano poste le celle e il refettorio. In seguito nel 1783 – conseguenza del evento sismico – il convento subbi grossi danni, seguiti da una grossa spoliazione da parte di vari comuni del comprensorio, i frati Agostini si trasferirono sul territorio di Petrizzi e il gruppo marmoreo Pietà venne trasferito nella Chiesa Matrice di Soverato Superiore.
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Scoperte archeologiche locali
La prima opportunità di conoscere e documentare le tracce storiche antiche risale al 1780, anno in cui si avviarono i lavori per il tracciato ferroviario6. Fu riferito che nella trincea all’Imbocco Reggio della galleria di Soverato, allorché si eseguivano i lavori di scavo per conto dell’impresa Schisano, si raccolsero oggetti che non parevano di antichità remota, ma appartenente ai tempi di mezzo, od al periodo della dominazione Spagnola. Si parlò di monete e di una spada, che i cottimisti fecero scomparire non appena fu rinvenuta. Nella fine poi dello scorso anno, mentre l’impresa Moro eseguiva per conto della società esercente l’allargamento a monte di una trincea, in prossimità della gavetta situata tra la galleria e la stazione, si raccolsero alcuni oggetti antichi, cioè pezzi di un’anfora, due monete di bronzo, frammenti di vaso di vetro, una parte di fibula, ed altri reperti che vennero consegnati all’ufficio governativo. Si trova finalmente una tomba, formata a grossi lastroni di latteria, di proporzioni maggiori di quelli di Fasano. Ma dentro la tomba non rimanevano che ossa umane, le quali unitamente alle lastre che la contenevano, andarono disperse. Nel 1915 con i seguenti lavori vennero rivenuti anche altri reperti ellenistici, con il ritrovamento il località “Sopralupo”, sita tra la zona “San Nicola” e Soverato Superiore, e tra le località “Spina Santa”, “Gullusci” e “Mortara” (cui faceva parte all’epoca tutta la fascia collinare) di un ripostiglio di monete d’argento, riferisce Salvatore Marino Mazzara in un rapporto sulla missione in Soverato Marina: «Due anni fa un certo Giacomo Maida, calzolaio di Soverato Superiore, rinvenne nel suo podere, in contrada Sopralupo, un tesoro di 32 monete d’argento, chiuse in una brocchetta di argilla, priva di anse e di collo».
Soverato 31 La vicenda fu seguita in maniera missiva dal Soprintendente Paolo Orsi. In questa occasione nessun funzionario della Regia Soprintendenza effettuò alcun tipo di sopralluogo e la vicenda non fu approfondita in alcun modo. Inoltre quello risulta essere l’unico ritrovamento dichiarato, mentre gli altri furono trafugati non lasciando così alcuna traccia. I futuri ritrovamenti archeologici probabilmente sono tutti da riconoscere al prof. Vincenzo Sangiuliano, grazie al quale oggi abbiamo a disposizione molti documenti importanti, alcuni dei quali hanno costituito la base di testimonianze già edite. La lettura del carteggio relativo alle scoperte del ‘900, fa si che si possano individuare ritrovamenti a noi pervenuti solo in forma frammentaria. Grazie ad esso e alle testimonianze di studiosi e cittadini soveratesi, oltre a una documentazione fotografica storica, siamo in grado di ricollocare alcuni importanti pezzi della storia soveratese e a ricostruire l’immagine dell’antico paesaggio. L’anno più promettente per le scoperte a Soverato fu di certo il 1926. In data 10 marzo dello stesso anno il ministro dell’istruzione Pellati inviò un telegramma al “Soprintendente Antichità Arte Reggio Calabria”: DIRETTORE SCUOLE MARITTIME CATANZARO MARINA ET SOVERTA TELEGRAFA CHE MAREGGIATA DISSEPPELLIVA MURA PALIPORTO METTENDO SCOPERTO MONETE ET OPERE ARTE CHE URGE RECUPERARE STOP PREGASI RECARSI SUBITO SUL POSTO PER ACCERTAMENTI CON ASSISTENTE O CUSTODE DA LASCIARSI IVI PER VIGILARE EVENTUALI NUOVE SCOPERTE MINISTRO ISTRUZIONE PELLATI -
Edoardo Galli “Reale Soprintendente per le Antichità e l’Arte del Bruzio di Lucania”, non tardò a rispondere all’appello di Sangiuliano, invitando l’ispettore Silvio Ferri e il suo assistente Ricca che diedero una svolta alla conoscenza della storia di Soverato. Il primo rapporto portato a termine dai funzionari fu sorprendente per la rapidità e l’efficenza dimostrata, riuscendo in una sola missione a individuare le più importanti testimonianze storiche di Soverato, tra cui gli avanzi del porto, le grotticelle, la cava, Soverato antica e la statua della Pietà del Gagini.In seguito continuarono ad occuparsi delle scoperte archeologiche il prof. Salvatore Marino Mazzara e l’ispettore onorario Cesare Sinopoli. Per evitare il grosso danno il prof. Sangiuliano fece immediatamente presente il rischio a cui si andava in contro, per cui tutta la Soprintendenza e i suoi funzionari si mobilitano per risolvere lo scempio. Tutto ciò diede vita a un vero e proprio “braccio di ferro” tra la Soprintendenza, il Genio Civile, il Provveditorato per le Opere Pubbliche e i proprietari dei terreni interessati. La vicenda si concluse nel luglio del 1929 e le strade furono aperte solo alcuni anni più tardi. Grazie a tutti gli enti mobilitatisi venne scoperta una necropoli appartenente all’età del Bronzo. Nel ’29 poi si verifico una mareggiata, la quale richiamo nuovamente l’attenzione del prof. Sangiuliano e dei funzionari. Il rapporto stilato e poi inviato al Soprintendente Ricca, riportava importantissime testimonianze sull’entità dei resti e al contempo ci forniva delle prove esatte dei luoghi dei rinvenimenti. L’analisi dei documenti in seguito ha rilevato una lettera del 17 giugno 1929, da parte di Sangiuliano destinata a E. Galli, la quale riporta in appendice: «P.S. Il Sign.
Soverato 33 Assistente Ricca, a cui mando i miei saluti, Le ha parlato delle monete d’argento ch’io vorrei esitare?». Così divenne chiaro come la metà del “tesoretto” passò dal Maida, che lo aveva avuto come quota per il rinvenimento, al prof. Sangiuliano che si era anche dichiarato disponibile a concederlo alla Soprintendenza. Dalla corrispondenza si ha notizia di due antiche anfore pescate nel mare di Soverato nel 1932, riportate in seguito da Golfo, ma i documenti che certificano e raccontano come il prof. Sangiuliano le abbia acquistate credendo di poterle tenere all’interno del suo museo di biologia marina, in realtà le seguenti vennero affidate al museo Archeologico Provinciale di Catanzaro. L’episodio in seguito diede origine a varie polemiche dalle quali si andò a sciogliere il legame che si era instaurato tra l’archeologia soveratese e il prof. Sangiuliano, da quel momento dunque nessuno si occupo più di archeologia in forma “istituzionale”. Nel 1959, in seguito a un lungo periodo di fermo, l’ispettore onorario Vincenzo Chiefari7, tornò a scrivere di Soverato. In una lettera scritta alla Soprintendenza, con a capo Alfonso de Franciscis, V. Chiefari dice: «L’istituzione di un cantiere di lavoro allo scopo di eseguire lavori di sondaggi nel Lugo dove affiorano gli avanzi murari». La proposta fu fortemente sostenuta dal sindaco Antonio Calabretta che chiese al Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno «un finanziamento di L.10.000.000 (diecimilioni) per gli scavi occorrenti». Il comitato però non accetto la richiesta, cosi da fare abbandonare al comunque di Soverato l’idea, e la grande opportunità economica che avrebbe comportato.
Nel 1967 l’ispettore onorario Chiefari inviò un telegramma in cui segnalava il rinvenimento di alcune tombe contenenti armi ed altri oggettivi antichi, richiedendo l’intervento dei carabinieri. Purtroppo al giorno d’oggi non c’è traccia di alcun documento che testimoni dell’esito di quelle indagini. In seguito per diversi anni la situazione rimase invariata, fino al 1988, in cui il subacqueo Paolo Palladino evidenzio la presenza di manufatti presenti nei fondali soveratesi. La sopranendenza al che mandò prontamente i sommozzatori Massimo Renzetti e Ulisse Pagnoncelli dipendenti della cooperativa Acquarius della dott.ssa Alice Freschi per esaminare i resti ritrovati in località paliotto, nei pressi del lido Glauco. Un altro ritrovamento che smosse immediatamente la Sovrintendenza è da attribuire al gruppo archeologico gagliatese “Ludovico Magrini”, che nel 1996 comunica di un’abbondante quantitativo di materiale archeologico messo alla luce in seguito allo sbancamento per una strada in località “Mortara”, di preciso nell’attuale strada provinciale che congiunge Soverato superiore alla panoramica. Le ricognizioni sul luogo vennero affidate all’archeologo Alfredo Ruga, che in seguito ne scrisse un saggio. A tal proposito la dott.ssa Elena Lattanzi scrive che «A seguito di segnalazione scritta del gruppo archeologico Gagliatese […] In tale cantiere , a seguito del sopralluogo del funzionario responsabile di zona, il giorno 4 dicembre 1996 è stata accertata la presenza di materiale antico risalente in buona parte al IV secolo a.C. con preesistenze preistoriche attestate da una selce lavorata (Neolitico)». Dell’area archeologica che interessava tutta la superficie della località “Mortara” oggi è rimasto ben poco.
Soverato 35 Il porto e la cava Nel 1926 in seguito a una mareggiata erano stati messi a nudo dei resti di strutture murarie probabilmente a appartenenti a un porto per le quali, il dott. comm. Vincenzo Sangiuliano invio un telegramma alla soprintendenza, richiedendo accertamenti. La soprintendenza invio l’ispettore Silvio ferri e l’assistente Claudio Ricca, i quali non tardarono a documentare i primi rinvenimenti archeologici presenti sulla spiaggia di Soverato. Cosi venne inviato al soprintendente alle Antichità e all’Arte di Reggio Calabria il primo rapporto.L’assistente Ricca aveva dei dubbi a riguardo dell’esistenza di un porto, ma al contempo era sicuro di due cose: «una che le costruzioni in parola sono delle specie di quelle che si fanno nelle località dove ci è acqua; l’altra che la piccola terrazzetta che s’incurva nelle collinette, o meglio alture, fu abitata in epoca romana tarda o bizzantina, dalla quale epoca sono le date mura […]» E aggiunge: «Confesso che tanto io che il prof. Ferri provammo una grande delusione perché ci aspettavamo trovare qualche cosa di veramente buono e si seguiva il prof. Sangiuliano dalle prime tracce alle seconde (la roccia in formazione) a malincuore e sconfortoati. Ma delle grotticelle a forma di celle funerarie scavate nel fianco di un’altra attirarono la nostra attenzione e le visitammo subito». Dalle ricerche svolte pare che i resti archeologici erano di due tipi, le tracce murarie dei resti portali nei pressi di Soverato e le fosse circolari, (riguardanti sicuramente la cava antica in località “San Nicola”). L’ispettore Ferri intanto, chiese e venne subito autorizzato da Galli, di poter realizzare un piccolo saggio che andasse a definire la natura delle costruzioni:
«1 Due bracci sono divisi tra di loro e non corrono sulla stessa linea, mentre uno di essi s’inoltra verso la terra ferma. 2 La forma acuta della spiaggia come le alture che la contornano. 3 I vecchissimi del luogo ricordano il mare al di dentro delle attuali costruzioni, le quali, per altro, si mostravano per intero. 4 L’assenza della roccia dalla parte interna, roccia che invece si è scoperta soltanto all’esterno e che vista dalle alture circostanti va alla metà del braccio lungo al fiume Beltrame. 5 La imboccatura sarebbe stata rivolta ad est, ossia verso la zona della spiaggia che gira a falce, e dove i marosi fortissimi ed i venti impetuosi di tramontana arrivano attenuati, di modo che la navigazione aveva agio di manovrare. 6 La spiaggia in questo tratto è in continuo e vistoso aumento (un veliero naufraga il 1913 vicino ad essa, oggi è completamente sommersa dalla sabbia. 7 Infine l’aver formato un braccio lungo allo scopo di definire delle dette tempeste il presunto porto. Ciò premesso non sono alieno dal suppose che realmente un quel posto in epoca romana tarda o bizantina, ma più bizantina, fosse esistito un porto rifugio di circa 3000 metri quadrati […].» Al termine di questo rapporto, Galli invio al Ministero un comunicato nel quale esponeva le scoperte fatte, grazie al sollecito dei funzionari della soprintendenza a Soverato. In seguito a questa operazione, il 3 marzo 1929, ci fu una mareggiata che scoprì nuovamente i resti portuali. Claudio ricca giunse solo alcuni giorni dopo, quando ormai la sabbia aveva ricoperto tutto, e in un rapporto disse:
Soverato 37 «La spiaggia di Soverato Mar., che è in continuo aumento come del resto tutta la costa ionica, è fortemente battuta dalle mareggiate di greco-tramontana, in seguito alle quali, spesso, il mare si ritira trascinando con sé tutto ciò che è sulla spiaggia, e da quelle di scirocco le quali riportano ogni cosa al suo posto. Il mese scorso il fenomeno si è ripetuto come nel marzo del1926 e come era stato già notato da altri. In un foglio manoscritto dopo i motivi rivoluzionari del 48, posseduto dal prof. Sangiuliano, si legge, parlando della chiesa di S.M. di Paliporto: […] che quando si fanno delle forti maree si scoprono le mura e si vedono le vestire; a boni conti è un caricatoio (corretto poi) porto» E poi aggiunge: «Il 23 o 24 ottobre dello scorso mese il mare si arretro per circa metri 25 e rimise in luce gli avanzi portuali del braccio NNO-SSE segnalato alla S.V.Ill.Ma con mio rapporto del 18 marzo del 1926, epoca in cui si potettero eseguire dei saggi esplorativi, ed altri dalla parte esterna del detto braccio che in quell’epoca non si scoprirono perché sommersi essendosi allora il mare arretro di una decina di metri soltanto. Nel pomeriggio poi del 4 di questo mese forti mareggiate di scirocco hanno tutto ricoperto. A me non restò quindi che interrogare i marinai del luogo i quali osservato bene gli avanzi, perché, come mi riferì il prof. Sangiuliano, avevano frugato fra essi e trovato delle monete, che ho ritirato = unisco il presente rapporto. I detti marinai sono tutti concordi nel dire che il suo accennato braccio era rimasto tutto libero per circa un paio di centinaia di metri; e che altri frammenti di mura di eguale struttura di quelle già note erano apparse qua e là circa 12 metri di distanza dal ripetuto braccio; che videro in oltre una costruzione a mattoni (m. 1,70 x 2,50 circa)
messi a coltello in diverse file e nello stesso senso che solo in un angolo le file erano disposte in senso opposto. Avevano notato inoltre un paio di braccia rossa che era fortemente unito a una delle testate piccole della costruzione a mattoni, consumate nel mezzo del senso della lunghezza, e che quasi nel mezzo del piano correva un rialzo di circa 2 cm. Avevano inoltre visto un frammento di un grande vaso fittile conficcato saldamente nella sabbia, che non riuscirono ad estrarre. Dalla descrizione fattami e data la disposizione dei mattoni, il loro logorio e il piano con dente, mi sembra evidente trattarsi di un frammento di pavimento con una soglia di porta con battente». I cittadini molo interessati alla scoperta, parteciparono molto attivamente raccogliendo un gran numero di monete e consegnandole. Alcuni giorni dopo il soprintendente invia a Sangiuliano dieci lire a titolo di incoraggiamento da dividere tra i quattro marinai che hanno consegnato le monete. Galli comunicò immediatamente al ministero dell’istruzione l’esito della missione. La soprintendenza tornerà a Soverato solo nel 1932, per in ritrovamento di due anfore antiche che Giuseppe Sangiuliano porto in sala, che come abbiamo già visto sono state riposo all’interno del museo Provinciale di Catanzaro. Ma Sangiuliano non approvò la decisione e ripose ad essa scrivendo: «non poter aderire al suo desiderio di trasportare al Museo Provinciale di Catanzaro le due anfore elleniche, pescate nel Golfo di Squillace, in quanto che sono state acquistate con i miei denari dai pescatori che ebbero la ventura di catturarle nelle retti, per la viva soddisfazione di dotare il Museo di Biologia Marina delle nostre Scuole di Pesca». L’amicizia tra i due venne alterata dal seguente accaduto, infatti anche
Soverato 39 Galli alzo i toni e scrisse a Sangiuliano: «Lo stato in forza dell’art. 18 della vigente legge sulle Antichità e Belle Arti del 20 giugno 1909 n° 364 è proprietario ipso pure della metà parte del trovamento, e può riscattare l’altra metà mediante compenso pecuniario. Ella, dando un piccolo assegno al marinaio che pescò le anfore ha facilitata l’opera della Soprintendenza, la quale è disposta a versare a Lei il rimborso del compenso dato; ma non posso assolutamente rinunziare alla deliberazione già presa di mandare le due anfore al Museo Provinciale di Catanzaro […] Attendo perciò di sapere al più presto che le anfore siano state regolarmente consegnate al Direttore del Museo di Catanzaro, per poter far rimborsare a Lei la soma che Ella ha versato. Circa gli altri problemi accennati nella Sua lettera, mi riserbo di risponderLe ulteriormente». In seguito Galli comunicò le sue volontà al comando dei Carabinieri, che in maniera tempestiva procedettero al ritiro e a consegnare gli artefatti ai nuovi custodi.
Le Sepolture Oltre alle già citate scoperte nel ’26 ci furono altri ritrovamenti, la maggior parte dei quali da attribuire a V. Sangiuliano, il quale era sempre molto attento ai cantieri. Il 16 dicembre segnalò infatti il ritrovamento di alcune tombe risalenti a epoca romana, situate nei pressi della strada che porta alla stazione della Calabro-Lucana. Un paio di giorni dopo Galli, in attesa del funzionario Mazzara, incarico il prof. Cesare Sinopoli, Ispettore Onorario per l’Antichità e l’Arte di andare sul posto a fare dei sopralluoghi, accordandosi con il Sangiuliano e le autorità locali, in modo da poter studiare a pieno i rinvenimenti. In seguito Mazzara dopo il sopralluogo affermo: «Appena arrivato ho fatto subito visita nella località Mortaro, (le dirò poi come è nata l’etimologia di questo nome) per vedere le tombe. Ma si tratta d’una sola tomba, non romana, ma greca per ragioni che dirò tra poco […] Può darsi ci siano altre tombe identiche, nello stesso sito; ma il proprietario è contrario a far scavi. La tomba fu rinvenuta casualmente nel portarne un pò di materiale a quel terrapieno, alto 4 metri, sotto del quale essa era nascosta. Bisognerebbe dichiarare zona archeologica tutto il territorio della località Mortaro (molto vasto) compreso quello detto Spinasanta, perché ci sono stati rinvenuti in epoche diverse sepolcri antichi e materiale funeratizio. Credo che convenga non dare anche la Notifica ai rispettivi proprietari affinché non mutino la fisionomia e topografia dei luoghi, non facciano scavi clandestini, e facciano regolare denuncia delle scoperte compiute, o avvenute casualmente. In più approvo il sicuro e utile consiglio del caro Dott. Sangiuliano. Questi ha lavorato molto nell’interesse nostro, prendendo tutte le misure della tomba,
Soverato 41 facendo eseguire un disegno e varie fotografie, e portando in caserma dei tegolini (gli altri li ha portati ivi il proprietario del terrapieno) […] Hp il piacere di dirle che è stata trovata una lampada funeraria d’argilla rossa che porta al di sotto una piccola greca per me misteriosa. Gli operai la donano al Sig. Vercillo; questi me l’ha prestata io la porterò e poi Ella deciderà». In seguito scrisse: «In aggiunta a quanto le scrissi il 21 c.m. da Soverato Marina, le comunico altre notizie: A) La tomba romana, scoperta di recente, era fuori l’abitato, accanto ad un paesaggio a livello della strada ferrata. Il terrapieno che la copriva è addossato ad un muraglione di granito del detto paesaggio.8 B) Alla distanza di 55 o 6 metri da quella tomba antica fu scoperto quest’anno un sepalocro romano, posto sul margine della strada intercomunale che lì parallelamente alla ferrovia. Si tratta di cunicoli scavati nel tufo arenaceo, e rivestiti interamente di mattoni, avevano la stessa forma di quelli che vidi in novembre 1926 a Castrocucco di Matera. Ma vennero distrutti. Non so per quale motivo ne rimangono solo le vestigia. C) Il nome Mortaro, dato comunemente dai cittadini di Soverato M. Alla località campestre, in cui furono trovate tutte queste tombe, ha un significato pressoché identico a quello di cimitero. Mortaro ossia luogo dei morti. Tale denominazione ha avuto origine dal fatto che in tutto quel territorio sono stati sempre rinvenute ossa umane (e vasi fittili, spesso frammentari) e ciò anche a fior di terra. Questa notizia mi venne confermata dal Sig. Caminiti, Potestà di Soverato, che è comproprietario nella detta località rurale.
D) Altre tombe ma povere, sono state rinvenute in località finitime: detto volgarmente Sanguinaro e la Cutinella. E) I tegoloni (6) che formavano un tetto spiovente sulla tomba romana, oggi scoperta casualmente sotto il terrapieno, li ho misurati nella casa del Dott. Sangiuliano. Sono di argilla rossa, hanno le dimensioni 0,62x0,62, spessore cm 8.» Dopo questa accurata descrizione egli trasse delle conclusioni, che richiamano la presenza di una necropoli Romana militare.
Le Grotticelle La scoperta delle grotticelle avvenne contemporaneamente a quella dei resti portuali e della cava di macine: «delle grotticelle a forma di celle funerarie scavate nel fianco di un’altra attirarono la nostra attenzione e le visitammo subito». Il luogo appena scoperto rischiava di essere distrutto. Il soprintendente Galli, appena scoperto il sito e captandone l’importanza, inviò una lettera al Provveditore per le Opere Pubbliche in cui fece una richiesta: «Poco lontano dal paese di Soverato verso nord-est sono state notate e studiate testè a cura della nostra Soprintendenza alcune cellette funerarie scavate nella roccia arenaria sulla parete di una collinetta, che trovasi nella proprietà del sig. Vincenzo Sangiuliano, prof. Politi ed eredi Ciciarelli». Nella risposta del Genio Civile del 2 luglio 1926 leggiamo che la strada litoranea di prossima costruzione all’uscita delle gallerie di Soverato sarebbe passata dal sito distruggendolo. Al che in seguito
Soverato 43 a vari provvedimenti presi da privati ed enti pubblici per evitare la distruzione delle grotticelle, il compito venne affidato all’assistente Ricca che scrisse: «Siamo stati sul posto, ma dovrò ritornarvi con un cannocchiale almeno per studiare la possibilità della deviazione della strada, la quale si svilupperà quasi sempre sulle alture, passando perfino per sopra la gallerie ferroviaria. Stando cosi la cosa gli ho detto che se lo spostamento più a monte aumenterà la grandezza dei ponti nei due valloncelli e quindi accrescerà pure la spesa relativa, questa sarà compensata dal minor costo dei terreni incolti che in parte verrebbe a passare». Nella progettazione iniziale si presume che il percorso sarebbe dovuto passare tra la ferrovia e le grotticelle essendo evidente che i terreni a valle erano coltivati mentre quelli a monte risultavano incolti. Nel 1927 Galli chiese all’ingegnere del Genio Civile, «di voler mandare con cortese sollecitodine alla nostra Soprintendenza il concordato progettino della sistemazione in parola, nonché il rilievo generale della roccia dove si trovano le grotticelle, che fu promesso dall’ing. dell’Impresa dei lavori stradali». Il 5 dicembre del 1927 si ha traccia dell’ultima lettera del capo del Genio Civile, il quale assicurava che come verbalmente concordato, gli studi della variante del tratto di strada erano a buon punto e che una volta finita tale operazione si sarebbe proceduto alla sistemazione delle grotticelle. Ma in seguito il prof. Sangiuliano, nel 1929, preoccupato per l’assenza da parte degli enti e per lo stato della necropoli scrisse che anche se l’impresa aveva già fatto il soprastante taglio della strada, nes-
suna protezione garantiva la salvaguardia di esso, né tanto meno era stata data alcuna disposizione in merito a quanto stabilito nel 1927. Ed essendosi già verificati danni a una tomba, richiese l’interessamento degli enti competenti. Ma i lavori per la strada nuova non cessavano e Sangiuliano continuava a richiedere attenzioni. Finche Galli nel 1929 non scrisse all’ingegnere capo del Genio Civile: «La pregherei di volermi informare se furono adottati provvedimenti insieme predisposti per la salvaguardia delle grotticelle funerarie di tipo siculo in località Spinasanta a nord dell’abitato di Soverato Marina. Da informazioni giunte alla Soprintendenza risulterebbe che l’impresa costruttrice della strada non starebbe ottemperando alle necessarie misure precauzionali per non danneggiare, nel corso dei lavori le importanti grotticelle predette». In fine, l’ultimo documento di riferimento alle grotticelle risale al 12 luglio del 1929, data in cui l’ingegnere capo del genio civile rispondeva che il taglio stradale sovrastante alle grotticelle era già stato eseguito con estrema cura, rassicurandolo che i lavori che sarebbero seguiti ne avrebbero avuto altrettanta. Il tira e molla seguì fino alla fine dei lavori.
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II
Focus su alcune identitĂ visive
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Panoramica
“produrre un volto, o un abito, una gestualità, una mimica cittadina costruita, nuova, adatta ai tempi, adeguata, una sorta di galateo nei confronti del cittadino/utente”.8 Al giorno d’oggi una delle richieste più frequenti, connessa al design e alla comunicazione visiva, è di certo quella fatta dalle aziende che vogliono definire la propria identità e comunicarla nel migliore dei modi. Il seguente fenomeno è conosciuto come progettazione di corporate image. Nel XX secolo la maggior parte delle richieste di arrivarono tutte da compagnie che si occupavano dell’erogazione di servizi quali: mezzi di trasporto, compagnie aeree e istituzioni organizzatrici di eventi sportivi di vario genere. Di giorno in giorno cresce nel mondo l’esigenza di realizzare una propria corporale image e questa esigenza tocca qualsiasi settore, università, enti pubblici che organizzano eventi, iniziative anche piccole di tipo culturale , sportivo e gastronomico, fino a coinvolgere intere città. Spesso il concetto di corporate image si usa come sinonimo di immagine coordinata, con il quale si vuole intendere il coordinamento degli elementi grafici nella comunicazione utilizzata da un impresa. In realtà la corporale image coinvolge tutti gli elementi che costituiscono un’azienda andando al di la degli aspetti grafici. Bisogna tener presente anche che i concetti di image e identity, per quanto nei vari studi trovino definizioni in parte discordanti sono termini sostanzialmente analoghi.
Focus su alcune identità visive 49 corporate image: <<l’immagine che il pubblico ha di un’impresa, di un’organizzazione o di un municipio>>;corporate identity: <<unità di contenuti, dichiarazioni e comportamenti di un’azienda o di un’organizzazione>>”.9 È da notare come si vuole mettere in risalto l’importanza del far comunicare i due aspetti. Oggi più che mai come già si è analizzato, ogni azienda ha sempre più necessità di rendere chiara la propria identità, dato questo fenomeno gli enti publici si comportano sempre più da aziende, delineando e promuovendo di continuò la loro immagine, con il fine, ad esempio di incentivare il turismo. Al giorno d’oggi con il mercato in continua mutazione, le corporate images non possono essere statiche. “I progetti coordinati vivono, crescono, cambiano: giorno dopo giorno, col passare del tempo”.10 Questo fenomeno fa si che si metta in analisi il rapporto tra l’immagine di partenza e la sua capacità di adattarsi alle trasformazioni in atto, c’è da aggiungere che per comunicare al meglio bisogna definire il publico a cui ci si vuole rivolgere e gli strumenti e i mezzi con cui ci si vuole entrare in contatto, ecco alcuni esempi: Edifici, prodotti, packaging, articoli di cancelleria, automezzi, pubblicazioni, attività promozionali, ecc.
La progettazione della corporate image è insomma un tema molto complesso, insieme di molti fattori tra cui la grafica. Se ne potrebbe parlare fin dalla Rivoluzione Industriale, ma si è deciso di analizzare come primo fenomeno qualcosa di più recente, come l’AEG che fu forse il primo esempio “un pò più articolato” di corporate image, realizzata con una altissima qualità progettuale.
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L’AEG di Behrens
Il ‘900 ci offre un caso che fornisce senza ombra di dubbio, quelle che sono le fondamenta storiche della corporate image. L’attività progettuale che si sta analizzando è stata svolta tra il 1907 e il 1914 per l’azienda tedesca di elettricità AEG (Allgemine Elektrizitäts-Gesellschaft), l’incarico venne affidato a Peter Behrens, da parte del direttore generale dell’azienda. L’azienda è stata fondata da Emil Rathenau nel 1883 (in precedenza prendeva il nome di Deutsche-Edison Gesellschaft), in onore ai brevetti acquistati in Europa dallo scienziato americano Thomas A. Edison, che fondò alla fine degli anni settanta la Edison Eletric Light Company per la produzione delle sue lampadine ad incandescenza; il nome AEG in seguito venne adottato nel 1898. Nel 1899, in seguito a una grande espansione aziendale, entra a far parte dello staff il figlio di Emil, Walther Rathenau, un innovativo Industriale, le cui competenze spaziavano anche tra la politica e la scrittura, di sicuro portatore di un idea di Germania industriale e moderna, che fosse competitiva in ambito internazionale. Negli stessi anni Behrens è membro autorevole del Deutscher Werkbund, un associazione di architetti, artisti, imprenditori, artigiani, studiosi, giornalisti e commercianti, fondata nel 1907 con l’obbiettivo di migliorare a tal punto i prodotti tedeschi, fin a farli penetrare nei mercati internazionali. La chiamata a Behrens da parte dell’AEG azienda molto grossa e già affermata, esplicita un gran sostegno alle idee innovative del Werkbund. Tenendo a mente che negli ultimi decenni del 800 si entrò nella seconda fase della rivoluzione industriale, la quale aveva tra i caratteri distintivi l’utilizzo di nuove fonti energetiche, tra cui appunto, l’elettricità. In tutto ciò i paesi con il maggior picco di sviluppo erano la
Focus su alcune identità visive 53 Germania e gli Stati Uniti. Date le statistiche si ha quindi un forte clima di competizione internazionale, in particolare modo nel settore dell’innovazione tecnologica, l’elettricità era infatti uno dei maggiori punti di scontro tra l’industria americana e quella tedesca; il testa a testa si svolgeva tra General Electric e Westinghouse, le quali avevano conosciuto un grosso cartello internazionale di nome Mazda e di origine persiana. In quel periodo l’AEG aveva già sviluppato da anni una sua produzione di turbine, centrali elettriche, lampade stradali e lampadine, agendo così in maniera diretta sulla rete che spazia dalla produzione d’energia al suo utilizzo in ambito stradale e domestico. In seguito si estese alle vendite di utensili domestici e no, chiaramente tutti azionati tutti dall’energia elettrica; l’arco di prodotti in catalogo era insomma molto ampio ed eterogeneo. Immerso in questa situazione di estrema competitività, Behrens comprende l’importanza di una forte identità aziendale e agisce sull’immagine aziendale riformulandola totalmente.
D’altra parte in quegli anni, il settore elettronico permetteva la diffusione di una serie di prodotti totalmente nuovi, il cui successo dipendeva dal modo in cui la pubblicità riusciva a renderli appetitili e familiari. Nel 1907 gradualmente Behrens procede a ridefinire l’immagine dell’AEG con una serie di interventi, partendo dal redesign delle copertine di due riviste aziendali e da una serie di annunci pubblicitari, avendo competenze che spaziavano tra l’architettura, la grafica e il disegno industriale, Behrens realizza anche padiglioni per le esposizioni, iniziando nel 1908 con il padiglione AEG alla fiera navale di Berlino. Tra le mansioni svolte per l’azienda tedesca egli realizza nello stesso anno la fabbrica di turbine di Berlino, concepita come un enorme “tempio” volto a celebrale il ruolo centrale dell’industria nell’era moderna. Con questa mossa inserisce nel cuore di Berlino un potentissimo elemento dell’identità aziendale, che spiccava ancor di più data la scarsa capacita da parte delle altre aziende di trovare una forma architettonica adeguata a rappresentarle. Grazie alla seguente struttura è la carica stessa a diventare simbolo della conformazione e della comunicazione dell’immagine aziendale. In seguito progetta anche una serie di punti vendita situati in molti paesi, tutti legati dalla stessa atmosfera fredda ed elegante, in cui AEG disponeva i propri articoli esposti in vasta gamma, che si andavano a specchiare tra loro e davano come l’illusione che si moltiplicassero. Allo stesso tempo Behrens disegno vari prodotti per l’azienda, andandone a modificare l’aspetto, smussando le forme classiche, abolendo le soliti silhouette liberty e puntando su uno stile nuovo e rivoluzionario, sintomo di modernità industriale. Gli unici ornamenti previsti dal suo restyling erano elementi geometrici e impersonali, privilegiando
Focus su alcune identità visive 55 dunque superfici lisce e tratti semplici, resi necessari dalle parti che compongono gli oggetti, le lancette utilizzate erano le stesse sia per gli orologi che per i contatori e i bollitori erano composti da una serie di pezzi che assemblati tra loro davano vita a un set di modelli differenti. Fin dal primo approccio al piano di restyling grafico Behrens definisce degli elementi che si ripresentano quasi sistematicamente nell’intera produzione AEG, tra cui un carattere realizzato nel 1908, il Behrens-Antiqua; ispirato alla manualità delle iscrizioni romane, fu concepito come carattere esclusivo dell’azienda e in seguito utilizzato per la produzione di cataloghi, manifesti e pezzi di cancelleria. In seguito sempre nel 1908 disegna il marchio, costruito in un esagono che a sua volta ne contiene altri tre con all’interno di ognuno una lettera del monogramma AEG; la scelta vuole andare a sostituire i tratti sinuosi del precedente marchio con un disegno totalmente nuovo e basato su una geometria rigida che riporti subito alla mente un’idea di produzione moderna ed industriale. Oltre questo Behrens decide di utilizzare proprio questa combinazione di forme Esagonali per creare un legame tra l’azienda e le api e quindi richiamare simbolicamente tutta la loro operosità.
Oltre al marchio realizza un innovativo sistema di impaginazione per i cataloghi, la pagina risultava organizzata sistematicamente, e lo spazio in terno suddiviso in figure geometriche elementari. La struttura risultava rigorosa e versatile, che permetteva varie opzioni di layout con la possibilità di inserire in centro immagini di vari prodotti; tutto ciò per facilitare il lavoro a tutti i grafici dell’AEG che da quel momento avrebbero creato dei cataloghi armonici tra loro e che non avrebbero alterato l’immagine aziendale senza troppe difficoltà. La presentazione dei prodotti era effettuata tramite due modalità costanti, la copertina infatti aveva sempre al centro l’immagine del soggetto o di un elemento che riportasse al prodotto (una maschera da teatro, che richiamasse delle lampade da teatro). All’interno del catalogo i prodotti sono esposti in maniera frontale, con assenza di ombre, fornendo quindi una vista quindi totalmente semplificata; non erano solo fotografie a comparire, a volte venivano utilizzate silhouette o illustrazioni, sempre senza esser poste in alcun contesto, perché Behrens voleva eliminare qualunque cenno di esclusività, basando la forza del messaggio su un concetto di prodotto in serie, concetto che di certo oggi renderebbe meno appetitile un prodotto. Un altro elemento spesso presente all’interno dell’immagine dell’azienda era il colore verde con dettagli dorati. Il tentativo era infatti quello di definire una gamma cromatica basata su queste due tinte, in modo tale da dare un ennesimo elemento al pubblico, che faccia si che l’azienda si focalizzi ancor più affonda nelle loro menti. Le copertine dei giornali è i manifesti giocano su un simbolismo geniale che tende a mitizzare l’elettricità, ponendo l’azienda come quella
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figura posta alla distribuzione di quel “dono” immateriale che in quegli anni era ancora motivo di stupore. Tute queste politiche in fine, basate su forti geometrie, tinte verdi e dorate, materiali lisci e negozi molto freddi ed eleganti, fecero si che: “articoli di massa si trasformassero in articoli di marca”.11 Il ridefinire l’immagine dell’AEG da parte di Behrens, introduce dunque con gran classe il mondo della corporate image di un azienda. C’è chi pensa però, che le strategie adottate per l’AEG non siano strategie di corporate image vere e proprie. Si dice infatti, che il concetto di corporate image, troverà una definizione corretta nella scuola di Ulm12 negli anni sessanta. Ponendo la vicenda AEG sotto un’analisi più approfondita e tecnica, si riesce infatti a identificare l’operato di Behrens in una super efficace strategia di Visual identity, più che di corporate image. In seguito, negli anni che vanno dal 1907 al 1914 l’AEG avvia una serie di azioni promozionali, che combinate alla progettazione behrensiana, decineano una fortissima immagine aziendale. E geniale come assumendo una figura come Behrens, che essendo un artista-architetto appartenente al Werkbund, godeva di grande stima, abbia elevato il nome dell’azienda negli ambienti Borghesi dell’epoca, che vedevano le tecniche industriali come dei volgari torti all’estetica della tradizione tedesca. Dunque tutti i suoi operati hanno senz’altro contribuito ad abbattere quel senso di pregiudizio e a rendere l’AEG l’azienda elettrica di riferimento del popolo tedesco e non solo.
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Il ‘900 ci offre un caso che fornisce senza ombra di dubbio, quelle che sono le fondamenta storiche della corporate image. L’attività progettuale che si sta analizzando è stata
Progettare le città
Arrivare ad avere una propria immagine ben definita, come abbiamo già visto è un procedimento molto complesso per i singoli enti, figuriamoci per un intera città. La difficolta sembra essere ancor più grossa in un paese come l’Italia, che pur vantando un enorme patrimonio storico, ha da sempre dei grossi deficit nell’ambito della comunicazione visiva. Spesso si è cercato di dar vita a una sorta di rinnovamento, andando cosi alla ricerca di un immagine di qualsiasi tipo, purché avesse qualcosa di moderno e affascinante, dando vita così, a reinterpretazioni (spesso in chiave errata) anche di araldi storici. Moltissimi di questi casi sono stati affrontati in maniera in maniera “fiacca”, con carenza di analisi, e ricerca, andando cosi a rendere sempre più complicata quella che in realtà dovrebbe essere la ricerca della semplicità. Al giorno d’oggi “riprogettare” le città può limitarsi anche solo a dare un novo stemma al comune in questione, ma andando avanti nel tempo crescono le necessità e i bisogni, rendendo cosi indispensabili elementi che si vanno ad affiancare al marchio, rendendo così sempre più ricco quello che viene comunemente viene individuato come city branding.
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I love New York
Il primo fenomeno che andremo ad analizzare, è sicuramente una delle identità visive più conosciute al mondo, chiaramente parliamo di I love New York. Nel 1975 l’amministrazione cittadina stava per dar vita a una campagna promozionale che incrementasse l’attività turistica e desse ai cittadini un immagine migliore della propria città. In quelli anni New York appariva agli occhi di tutti come un covo criminale, molto poco accogliente e spesso ostile. A tal proposito Bill Doyle, all’epoca assistente alla commissione per il commercio Newyorkese prese i contatti con Milton Glaser, proponendogli questo lavoro molto interessante. La soluzione a questo problema arrivo da parte di Glaser, con lo slogan I love New York, campagna che doveva servire a rianimare questa visione negativa e porre la città sotto una luce totalmente diversa. Per iniziare era indispensabile un immagine che fosse equivalente alla parola e ne esprimesse tutti i valori, al che Glaser progetto una soluzione tipografica che venne approvata. Solo una settimana dopo Doyle venne ricontattato da Glaser che gli propose un opzione migliore ed insistette cosi tanto da fargliela prendere in considerazione, in effetti la nuova proposta era di gran lunga più efficace della prima, infatti venne subito adottata. Chiaramente lo slogan è entrato subito a far parte del linguaggio comune e il seguente divento chiaramente il lavoro più popolare per Milton Glaser.
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Lourdes e Louis Almeida, Omaggio a Milton Glaser dopo lâ&#x20AC;&#x2122;11 settembre 2001
Strategie europee
Pian piano tutte le città Europee, anche quelle di origine più antica, stanno mutando le loro immagini arrivando sempre più a qualcosa di nuovo. Tutte queste città sono accomunate dalla stessa voglia di emergere e incrementare il loro “potere” spesse volte a discapito delle altre. Un altra similitudine si trova nel sempre più forte tentativo di allontanamento delle produzioni industriali dalle città. I centri abitati infatti tendono a diventare a tutti gli effetti centri di fruizione di beni e servizi (ormai quasi sempre) realizzati altrove. Questo fenomeno era stato già definito da Anceschi come le città che altro non erano che grossi erogatori di servizi.13 Tutti questi luoghi apparivano dunque come delle vetrine poste agli occhi del fruitore. La prima città ad approfittare di quest’onda fu Glasgow14 nel 1990, cercando di ottimizzare il processo di conversione economica del locale e regionale, passando dall’industria pesante, al settore terziario, che vide nei servizi e nel turismo i propri punti di forza.15 Il public design sviluppatosi in Gran Bretagna nei primi del 900 con il caso London Underground, trova con Glasgow un’occasione di confronto. La comunicazione si è sempre fatta più articolata, dando vita a svariati artefatti come, il calendario degli eventi, l’arredo urbano e la nuova segnaletica turistica. In seguito Barcellona ha messo in evidenza come poter utilizzare i giochi olimpici come una splendida occasione per dar vita a un grosso rinnovamento, che pose la città tra le mete più attraenti d’Europa.
City branding 69 Superata quindi una visione tradizionale, molte città hanno iniziato ad inquadrarsi come principale prodotto da offrire, adottando nuove strategie di comunicazione che vanno ben oltre il public design. Per porre un esempi spesse volte i risultati delle campagne pubblicitarie non sono facilmente distinguibili da quelle finora utilizzate dai brand commerciali e dai prodotti di consumo. Basta pensare a come negli ultimi anni molti modelli di publica comunicazione, non sono più volti all’informazione dei cittadini, ma si sono basati su concetti per lo più pubblicitari che anno come fine la seduzione. Oggi giorno le città hanno una gamma sempre più vasta di servizi, e in maniera proporzionale alla crescita dei servizi, aumenta la necessita di informazione. Fortunatamente negli ultimi anni sono sempre più numerosi i mezzi di propaganda che abbiamo a disposizione, ad esempio, ai classici manifesti e alla solita segnaletica si sono aggiunti tutti i nuovi supporti digitali, non propriamente adatti a sostituire i precedenti, ma molto funzionali se affiancati ad essi.
I supporti tecnologici ad esempio ci danno lâ&#x20AC;&#x2122;opportunitĂ di relazionarci con milioni di persone sparse per il mondo; grazie a questo fenomeno si fa luce su un nuovo target composto da tutte le persone che non vivono in una determinata cittĂ , ma ci si recano per motivi di vario genere, a queste si vanno ad accostare tutte quelle che vorrebbero essere presenti per una determinata attrattiva ma sono fisicamente troppo lontane.
City branding 71 Teniamo presente che sempre più spesso quando parliamo di comunicazione della città, intendiamo tutti quei messaggi diffusi da istituzioni pubbliche e dal governo in collaborazione con partner privati. Infatti al giorno d’oggi tutte le trasformazioni urbane e territoriali sono possibile grazie alle convergenze di interessi publici e privati, che spalleggiano al fine di realizzare un obbiettivo comune. In tal contesto la comunicazione gioca il ruolo di “voce narrante”, volta ad evocare la città, di benessere e di uno stile di vita che tal volta però contrasta con le contraddizioni sociali che caratterizzano l’apparato urbano.
Southampton Legible City
Negli ultimi anni, Southampton ha intrapreso un percorso volto a un decisivo rinnovamento urbano, ispirandosi alla città di Glasgow, anche se molti anni dopo, Southampton sta abbandonando il proprio ruolo di industria pesante e di centro navale militare. Il processo di rinnovamento non è volto soltanto alla zona del porto, ma all’intera città, in modo tale da agevolare il turismo e i servizi da offrire. In altre epoche in effetti il porto non venne utilizzato solo per scopi militari ma anche per le grandi traversate delle navi civili e mercantili, si pensi al Titanic che salpò proprio da li. Analizzando la comunicazione in se, il problema principale e quello di individuare e mettere in relazione le diverse risorse e attrattive della città, tra cui il porto, il centro storico e l’università. Il processo lavorativo, è partito da una lunga e approfondita fase di ricerca e visualizzazione e studio di scenari alternativi all’interno della città. A questa fase segue tutta la parte progettuale, da cui prendono vita una serie di artefatti comunicativi, come i sistemi di segnaletica turistica, le mappe, gli opuscoli informativi, ecc. È interessante come sia stato curato anche l’impatto ambientale del progetto, infatti nel momento in cui veniva realizzata la segnaletica per l’istallazione, si stava già pensando alle modalità di ritiro e smaltimento, qualora a distanza di anni per un motivo o per un altro andassero sostituiti. Tutto ciò mette in evidenza come il compito del progettista, spesse volte non si limita a realizzazione di artefatti ma
City branding 73 si estende ad altre problematiche e competenze che vanno ben oltre quelle “classiche”. Chiaramente il design deve sempre tenere a mente i limiti di aggiornamento delle informazioni veicolate da strumenti analogici, a seconda delle possibilità che ogni città offre. Southampton infatti non sarà una metropoli con una complessità funzionale e governativa al pari di molte grandi città europee, ma c’è comunque qualcosa che potrebbe accomunare il progetto svolto per questa città a quello che Berlino da qualche anno sta portando avanti. Anche se con molte differenze, le due città credono fortemente nel proprio progetto visivo, inquadrandolo come un forte strumento di riqualificazione urbana e territoriale. Entrambi i progetti hanno come oggetto lo scopo di far sentire a proprio agio chi vive la città ma non ci abita. Southampton si rivolge ai turisti già presenti in città, invitandoli a prolungare il proprio soggiorno, mostrandogli le principali attrattive e agevolandogli l’accesso. Il progetto sotto questo punto di vista appare molto in linea con la cultura inglese dell’infodesign e del public design.
BeBerlin
Berlino invece si rivolge a un target che non si trova già all’interno della città, ma probabilmente vorrebbe farne parte. Il pay-off che utilizza è BeBerlin. È affascinante come l’interpretazione della città sia fatta da persone che la rendono unica attraverso le loro esperienze che vanno dal lavoro, ai desideri e alle passione. La campagna mette al centro della città la gente di Berlino, la cui voce diventa voce della città stessa. I soggetti sono quasi sempre personaggi non convenzionali, come un turista o un operaio straniero, grazie ai quali Berlino prende l’aspetto di città cosmopolita. Originariamente il progetto di comunicazione per la città di Berlino era già stato indetto negli anni Novanta, in seguito alla caduta del muro. A differenza dall’attuale era rivolto principalmente ai berlinesi e a tutte le forze imprenditoriali e culturali che potessero contribuire a rendere Berlino un luogo di eccellenze. Nonostante le differenze concettuali però, il nuovo logo si rifà al progetto precedente. Il carattere di “Be” infatti era stato realizzato con il carattere disegnato da Alessio Leonardi, il quale aveva già lavorato al progetto16, andando a comporre il motto BeBerlin, siiBerlino. Il seguente oggetto è di sicuro catalogabile come un esempio di campagna pubblicitaria e non come un classico progetto di publica utilità. L’utilità publica tuttavia è ancora presente, ma risulta comunque ben differente dai canoni abituali. La campagna infatti fa leva sulle emozioni, sulla capacita di immedesimazione e sul senso di appartenenza e infine sul coinvolgimento di tutti quelli che non fanno parte della città. La campagna cittadina verra in seguito lanciata tramite un calendario di eventi che si svolgeranno tra le città di Copenaghen, Istanbul, New York e Mosca. Essere cittadini di Berlino infatti, non era più un fatto burocratico, ma una questione totalmente emozionale.
City branding 75
MetaDesign Berlin 1993
City branding 77
Immagine Istituzionale
La maggior parte delle volte in cui un grafico viene incaricato di ridisegnare l’identità visiva della città, si imbatte in un araldica, ossia qualcosa di già definito facente parte di un linguaggio che risale a 800 anni fa, su cui esso dovrà intervenire, il problema è che spesso e volentieri ne lui, ne la committente saranno in grado di decifrare quell’immagine. In una gran parte dei casi le richieste sono di redesign o restyling, alle volte però si da per scontato ciò che non è, dando vita a interpretazioni errate e superficiali di questi antichi stemmi. L’araldica è una disciplina storica indefinita e non ha uno statuto scientifico o accademico ben definito, infatti i significati sono spesso equivocati, per via di una serie di informazioni riportate da siti internet, editoriali e voci di corridoio, spesse volte fuorvianti. In realtà i primi a dover decifrare l’araldica dovrebbero essere proprio i committenti, che in seguito ne esplicheranno i significati e la storia, per evitare tutta una serie di errori concettuali dovuti alla cattiva interpretazione. A questa fase per il grafico si susseguono una serie di quesiti, volti alla realizzazione del progetto. La prima domanda che è solito porsi è: -Qual’è il vero stemma del comune in questione? In realtà un vero stemma alle volte non esiste, infatti in un gran numero di casi ci si trovare di fronte a un pezzo di carta intestata, a una fotocopia, a una foto di un gonfalone o addirittura a un bozzetto. Gli stemmi comunali storici infatti, come ogni altra cosa, hanno subito molte variazioni, per quanto riguarda forme, dettagli e non solo, dovute ai mutamenti politici, alle varie tecniche e supporti utilizzati, e
City branding 79 agli aggiornamenti stilistici e di gusto. Lo stesso stemma può apparire differente se disegnato in chiave medievale, barocca o moderna, non esiste perciò un “vero” stemma storico, ma avranno tutti la stessa valenza. -Come realizzarlo? Risulta chiaro che il nuovo restyling, sarà solo uno dei tanti realizzati in precedenza, ogni soggetto che in precedenza ha ricevuto questo incarico si è infatti trovato di fonte agli stessi quesiti. Lo stemma da cui si partirà, sarà sempre una reinterpretazione ho un riadattamento stilistico di un precedente. Il grafico in questo caso dovrà progettare tenendo conto soprattutto del suo stile, delle sue abilita, dei suoi mezzi espressivi, delle tecniche che dispone e di tutto quello che dovrà cominciare, dando dunque sfogo alla sua creatività, come è stato per i suoi predecessori. -Bisogna sottostare a delle regole?
Chiaramente ogni restyling è partito da un idea principale, da un idea platonica, che talvolta non è facile individuare. Esiste però una formula a cui fare affidamento, ben lontana dagli antichi concetti di “blasonatura”17. In effetti sono presenti negli archivi di stato dei decreti di concessone o di riconoscimento degli stemmi, oggi tutto questo risiede in uno studio araldico in funzione presso la presidenza del consiglio e uno presso la presidenza della repubblica, fatta eccezione di alcune regioni a statuto speciale che anno reso la materia di propria competenza.
Walter Sardoni e Daniele Madio Redesign del Giglio di Firenze SocialDesign 2008
City branding 81 Gli organismi addetti hanno nel tempo elaborato una serie di regole araldiche, poste per disciplinare le caratteristiche delle figure araldiche, dei loro colori, dei posizionamenti allineano dello scudo e dei loro dettagli. Il decreto di riconoscimento prevede dunque una descrizione dello stemma compresa di bozzetto. Il vero stemma della cittĂ in questione sarĂ dunque quello registrato nel decreto.18
Paolo Di Vita Aquila di Palermo 2004
Albe Steiner fu di certo uno dei predecessori della grafica di pubblica utilità in Italia. Portando sempre avanti nei suoi insegnamenti, l’idea, per cui la grafica non fosse mai estetica, ma servizio attivo, rigore etico e passione civile. L’oggetto in questione, possiamo trovare l’esperienza svolta negli insegnamenti di fine anni sessanta, presso l’istituto d’arte di Urbino, e un lungo lavoro che diede vita nel 1970 alla nuova identità visiva della città. In questa occasione Steiner parti dall’analizzare l’araldica della città, riproponendola come simbolo grafico essenziale, reso privo di tutti gli elementi superflui, dal quale il segno principale ossia le bande trasversali, che combinate con il carattere Helvetica19 diventano simbolo della città. In seguito Steiner e i suoi allievi progettarono tutto il sistema relazionale della città: stampati istituzionali, orari degli autobus, segnalata pedonale e veicolare. Il lavoro era stato svolto con un livello di competenza altissimo fino ad essere applicato dall’amministrazione, che col corso del tempo, purtroppo, andò ad abbandonarlo. Questo fu l’esempio l’esempio più chiaro, da parte di Steiner, di come si possa rivisitare l’immagine di una città lasciandone intatto lo spirito.
Urbino
Nello stesso istituto d’arte nel 1970 Steiner stava organizzando una mostra convegno di lavoro, per la quale collaboro con altri docenti e alunni del corso superiore di grafica. “Contributo della grafica per una migliore educazione stradale”. La mostra era un insieme di
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Albe Steiner In collaborazione con gli studenti dellâ&#x20AC;&#x2122;Istituto Statale dâ&#x20AC;&#x2122;Arte di Urbino 1969-70
soluzioni di segnaletica e di grafica, per risolvere i problemi di educazione stradale posti dalla società moderna in un centro storico. Erano presenti informazioni e comunicazioni visive disegnate nel modo più adeguato e con simboli psicologicamente corretti, si all’interno che all’esterno dei veicoli. La comunicazione visiva adottata, in questo caso presentava nuovi simboli in relazione, appunto alla città di Urbino, con segnaletiche volte alla localizzazione facilitata degli edifici di interesse culturale e di tutti i servizi publici. Il lavoro svolto da questo istituto e dunque un grosso contributo alla soluzione e al miglioramento della comunicazione visiva. Questo lavoro è pero solo l’anticipazione di una verifica che ha come fine il collaudo permanente. Infatti il publico di questa mostra era visto non solo come destinatario, ma come giudice a tutti gli effetti. Tutte le immagini utilizzate per la localizzazione degli edifici di interesse culturale sono state ottenute con processi fotografici a tratto e in seguito stampate in serigrafia su materiali plastici traspiranti. I montanti sono di ferro verniciato che ha come base un parallelepipedo di cemento. Per i negozi era stato ideato un sistema di simboli che indicasse la stessa tipologia di negozio
City branding 85 con un simbolo uguale, ma di diverso colore in base al posizionamento dello stabile. Per la segnaletica riguardante le indicazioni di percorso delle linee urbane si utilizzò il colore come mezzo di informazione e le lettere come simbolo di linea. Si progettarono cartelli di pendenza stradale, cartelli indicatori di percorso posti all’interno e all’esterno dei mezzi publici e nelle sede stradale si realizzo una segnaletica orizzontale che indicava il numero di fermata, l’entrata e l’uscita, in modo tale da eliminare qualsiasi caso di fatica da parte del pedone nell’eventuale fase di risalita.Per la segnaletica extraurbana sono stati effettuati degli studi con il fine di tener conto del buon disegno dei caratteri per comporre le parole da accostarlo nel migliore dei modi al colore più adatto ala percezione ottica. Effettuata questa modernizzazione all’interno del paesaggio, risulta necessario tener conto di vari elementi di mutamento che vanno dall’aumento della popolazione, a quello dei mezzi in circolazione, altrimenti l’ambiente urbano verrebbe sottoposto a uno squilibrio, che andrebbe ad incidere in maniera negativa sul fruitore, per il quale aumenterebbe di sicuro la possibilità di accedere ai vari servizi di cui la città dispone.
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I amsterdam
Quello di Amsterdam è un caso interessante in cui gli elementi che ne caratterizzano l’immagine sono molti, tutti volti a individuare caratteristiche specifiche della città e a caratterizzarne gli ambiti istituzionali. La promozione turistica della città, ha un marchio a se che ne identifica le funzioni, senza essere utilizzato per i merchandising o per le azioni promozionali. Oltre questo, esiste un marchio ufficiale della città di Amsterdam, tratto dall’emblema della città, con un impostazione per lo più araldica. Il seguente invece, viene utilizzato ampiamente per fini commerciali, come la realizzazione di souvenir. Nel 2004 agli strumenti promozionali cittadini, si accosta una nuova esperienza di marketing Territoriale. Dunque, in seguito a una ricerca comparativa, svolta tra le città di Barcellona, Berlino, Dublino e Rotterdam; la città ha deciso di far partire un percorso di valorizzazione delle proprie attrattive, con il coinvolgimento di enti publici e privati, con l’obbiettivo di tracciare una forte identità visiva. La campagna in analisi è svolta dall’agenzia Kessel&Kramer, che prosegui in una maniera molto interessante, ossia decidendo di aggrappare la città a un forte piano di branding, traendone dal nome stesso un forte claim multiuso, “I amaterdam”, il quale diventa subito biglietto da visita della città, evidenziandone i vari vantaggi: musei, logistica strategica, convivenza multiculturale, sviluppo, ricerca, moda, design e tolleranza.
City branding 89 Ma soprattutto offrendo a tutti i cittadini e turisti un l’opportunità di riconoscersi come città stessa, tutti possono essere parte di Amsterdam, e la scelta di affermarlo come brand fa crescere a dismisura il senso di appartenenza alla città, e rende ogni singolo soggetto un mezzo con cui comunicare il luogo stesso. Un sistema, insomma, in grado di creare un fortissimo flusso comunicativo che agisce all’interno e all’esterno della città.
Kessel&Kramrer I amsterdam
Isole Eolie
Le città in Italia al giorno d’oggi sono viste quasi soprattutto come luoghi di turismo; rendendo cosi i patrimoni ambientali, opportunità imprenditoriali e risorse economiche. Proprio a tal proposito, l’arcipelago delle isole Eolie, è un paesaggio fantastico che nelle stagioni estive niente travolto da una gran folla di turisti. La presenza di questo sovraffollamento cambia lo svolgimento delle normali attività, l’uso delle infrastrutture, la gestione e l’accesso ai servizi. Ma anche questa volta, un progetto grafico si è posto l’obbiettivo la riorganizzazione dei servizi e l’orientamento turistico. Il grafico a prendersi carico di questo compito è stato Mimmo Castellano, provenienti da Bari, dove a partire dagli anni cinquanta a sperimentato, da autodidatta, nuovi sistemi di comunicazione visiva; sistemi all’avanguardia, quasi di natura universalistica. I suoi primi lavori fotografici, già molto grafici, basati su un bianco e nero drammatico e carico di tensione, mostrano una forte attenzione sulle strutture e sulle forme abitative degli uomini del sud. Lo portano a tramutare questo suo stile in un insieme di segni unici e necessariamente coordinati. Il segno infatti secondo lui non può vivere da solo, ma deve essere sempre contestualizzato all’interno di un insieme, come a formare un universo. Universo che caratterizzerà la corporate. Bisogna pensare ha un sistema di segnali visivi che siano in grado di comunicare in maniera diretta a fruitori occasionali e nel minor tempo possibile, ecco esposto la sfida a cui Castellano è stato sottoposto per la realizzazione del piano di comunicazione delle isole Eolie. I valori comunicativi della segnaletica sono messi a dura prova dagli utenti medi, di cui fanno parte per lo più stranieri o persone di passaggio. I turisti hanno bisogno di abbattere i tempi di ricerca dei luoghi di
City branding 91 interesse e dei modi per raggiungerli. Lo studio dell’immagine della situazione turistica per le isole Eolie, si sviluppa nell’arco di diversi anni a partire dal 1976 ed è frutto della collaborazione tra Castellano e l’azienda locale del turismo. Il seguente si presenta come una grande proposta di Borsa internazionale del Turismo, intesa come la ricerca della possibilità di visualizzare la visione turistica in maniera sistematica. Il progetto era complesso e doveva essere messo in atto in maniera graduale, come primo step bisognava realizzare un marchio e un logotipo che racchiudessero l’identità dell’arcipelago. Come secondo step si pensò alla segnaletica, strutturata in maniera molto complessa, comprendeva piante di servizi stradali, dei centri abitati e delle isole. Tutto ciò era prodotto sia in grandi formati che in formati tascabili. Chiaramente l’arcipelago doveva essere anche Contestualizzato in un
contesto più ampio, che evidenziava i collegamenti aerei e marini. Un altra problematica andava a influire sui progetti che andavano collocati sulle isole e necessitano quindi di strategie e materiali particolari, in grado di resistere alle intemperie. La segnaletica in questo caso era pensata anche come arredo urbano che andasse ad arricchire il paesaggio, ciò comportava uno studio approfondito della chiara comunicazione adattata all’ambiente in questione. La segnaletica in oltre comprendeva in oltre stampati utili alla comunicazione di orari, luoghi e servizi, progettati con l’uso di codici di lettura funzionali, leggeri e divertenti, grazie ai quali Castellano voleva rendere la vacanza piacevole e rilassante fin dai primi approcci. Come terzo step invece erano previste campagne di promozione e comunicazione , interna ed Esterna, miste a progetti di comunicazione istituzionale. Castellano utilizzava una comunicazione semplice ed efficace, volta a mettere subito a proprio aggio i turisti di qualsiasi nazionalità, il suo sistema di segnaletica e pittogrammi, infatti, resta tra i migliori di tutti i tempi. Il suo obbiettivo era quello di trovare un linguaggio comu-
City branding 93 nicativo figurato, con la stessa valenza di un sistema di scrittura. Cosi in seguito alle sue ricerche in ambito internazionale trovo 255 voci, che costituivano un linguaggio comunicativo chiaro e molto valido. A loro volta le voci sono state correlate in 15 famiglie, che indicavano campi come lo spazio naturale, lo spazio culturale, la telecomunicazione, ecc. Purtroppo pero la natura â&#x20AC;&#x153;autoritariaâ&#x20AC;? di questa segnaletica degli anni settanta va in contrasto con il contesto, che rispecchia un insieme paesaggistico naturale e artificiale storico.
Il carattere Helvetica in questo contesto, gioca un ruolo di estrema schematizzazione, in realtà il progetto ambientale ha un ottica più complessa, per la quale bisogna abbattere i parametri e ampliare i saperi. Un oggetto di particolare interesse è la mappa realizzata da Castellano, in sostituzione alla carta geografica tradizionale, egli racchiude in un quadrato una chiara visione del luogo, il lato ha un valore di un chilometro o un miglio marino, in modo da semplificare la proporzione. Un altro segno caratterizzante, è l’eccellente lavoro foto-grafico delle altimetrie, che da un forte identità alle mappe e alla cartografia realizzata.
City branding 95
Al di la di alcune fasi si sperimentazione, purtroppo il progetto non venne mai adottato. La realizzazione di un progetto, e la grande attenzione che si pone su ogni minimo dettaglio che comprende la realizzazione e la produzione di esso, sono sempre un enorme dispendio di energie. Il progetto è invece una sfida che pone il progettista, in una situazione di necessita imminente di processo creativo, dietro la quale si crea una sorte di follia che ammortizza i modi e i tempi di progettazione.
City branding 97
IV
Marchio e manuale di utilizzo
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Elementi essenziali
Gli elementi essenziali presi in analisi, reinterpretati e combinati per la costruzione del marchio sono i segueti tre: 1 Lo scudo, classica forma in cui erano iscritti i vari stemmi araldici. 2 La corona, già presente nel simbolo storico soveratese, è un simbolo che nel passato era assegnato solo ai comuni riconosciuti come città, l’attributo poteva essere assegnato solo dal re o dal capo di stato. 3 Il cavalluccio marino, data la sua presenza nelle coste cittadine, inice di mare pulito, la città viene spesso accostata a questo simbolo.
Marchio e manuale di utilizzo 101
Il marchio
Il marchio vuole appunto essere rappresentazione degli elementi elencati, infatti possiamo notare il cavalluccio marino che compare inscritto all’interno di una classica forma di stemma araldico, oltre questo la cresta del cavalluccio marino è dotata di cinque sporgenze, il numero in questione non è casuale, ma è il numero delle punte che possiamo contare sulla corona posta nello stemma storico della città.
Marchio e manuale di utilizzo 103
Costruzione del marchio
Il marchio è costruito in una griglia composta totalmente da rette perpendicolari e cerchi, fatta eccezione del foro posto nella parte destra superiore, che vuole rappresenta un occhio ed è realizzato dalla parte interna della “O” utilizzata all’interno del logotipo, questa scelta permette che i duoi elementi abbiano piu sintonia tra loro.
Marchio e manuale di utilizzo 105
Logotipo
Il logotipo è stato realizzato con il carattere Helvetica Neue Bold. Il testo è suddiviso su due righe nella versione standard del marchio per favorirne l’equilibrio e facilitarne l’utilizzo, non è da escludere l’utilizzo del logotipo per esteso. Per ottimizzare la leggibilità, l’interlinea è stata dimezzata, facendo si che il testo abbia una leggibbilità migliore ad un altezza pari a quella del marchio.
Marchio e manuale di utilizzo 107
SOVE RATO RATO
Accorgimenti ottici
La gamba destra della R è stata privata delle sue curve, per renderla piu simile alle altre lettere presenti allâ&#x20AC;&#x2122;interno del logotipo.
Marchio e manuale di utilizzo 109
Rapporto tra marchio e logotipo
La distanza tra marchio e logotipo è pari a un modulo di forma quadrata, misurante un quarto della base del simbolo.
Marchio e manuale di utilizzo 111
x 1/4 x
Area di rispetto
Lâ&#x20AC;&#x2122;area di rispetto del marchio utilizzato singolarmente e accostato al logotipo nelle sue composizioni varianti è pari alla dimensione della distanza tra i due, ovvero a un quarto della base del marchio.
Marchio e manuale di utilizzo 113
Font istituzionale
Il carattere che si è scelto di accostare al marchio per la creazione del logotipo è l’Helvetica Neue, corpo Bold, in seguito soggeto a delle variazioni di interlinea e delle correzioni ottiche.
Marchio e manuale di utilizzo 115
Helvetica Neue Bold
ABCDEFGHIJKLMN OPQRSTUVWXYZ abcdefghijklmn opqrstuvwxyz 1234567890 Designed by Max Miedinger in 1957
Positivo e negativo
Il marchio a una sua versione positiva e negativa per garantire una resa ottimizzata per qualsiasi fondo e supporto.
Marchio e manuale di utilizzo 117
Applicazioni su fondi colorati
Si consiglia di utilizzare sempre la variante positiva del marchio su fondi chiari e negativa su fondi scuri, per garantire un buon contrasto e una migliore leggibilitĂ .
Marchio e manuale di utilizzo 119
Dimensione minima
Per garantire una buona leggibilitĂ , il marchio non dovrĂ mai avere una dimensione del lato lungo del simbolo inferiore a 20 mm. La dimensione del logotipo sara dunque, direttamente proporzionale al simbolo, qualsiasi sia la sua applicazione.
Marchio e manuale di utilizzo 121
1,5 cm
Colori istituzionali
Si sconsiglia lâ&#x20AC;&#x2122;utilizzo di tonalitĂ simili o che non rispecchino i valori indicati.
Marchio e manuale di utilizzo 123
#
000000 RGB 0, 0 ,0 CMYK 0, 0, 0, 100
#
E3314B RGB 227, 49 ,75 CMYK 3, 91, 61, 0
Usi e Declinazioni
Il marchio e il logotipo sono stati pensati come due elementi singoli e combinabili tra loro in vari modi, in base alle necessità e ai supporti in cui andranno applicati. Tra gli utilizzi è pr3evisto anche quello del simbolo senza il logotipo.
Marchio e manuale di utilizzo 125
Marchio e manuale di utilizzo 127
Usi impropri
Qeusto è un elenco che riporta alcuni degli utilizzi che non devono essere apportati al marchio, per evitare di comprometterne la riconoscibilità. Oltre queste varianti, è sconsigliato variare le proporzioni del marchio e cambiarne il carattere all’interno del logotipo.
Marchio e manuale di utilizzo 129
Accostamento ad altri enti o istituzioni
Negli accostamenti ad altri enti o marchi, si consiglia di utilizzare una spaziatura pari o superiore doppio allâ&#x20AC;&#x2122;are di rispetto in modo tale da non compromettere la leggibilitĂ dei due. Lo stesso si verifica nellâ&#x20AC;&#x2122;utilizzo del marchio accostato allo stemma storico cittadino.
Marchio e manuale di utilizzo 131
V
Corporate identity
133
Carattere coordinato
Il carattere che si è scelto di utilizzare all’interno dell’identità visiva è l’Helvetica, nei pesi Bold, Regular e Light. I tre pesi possono essere utilizzati singolarmente o insieme, in base alle varie esigenze.
Corporate identity 135
Helvetica
ABCDEFGHIJKLMN OPQRSTUVWXYZ abcdefghijklmn opqrstuvwxyz 1234567890
Designed by Max Miedinger in 1957
Biglietto da visita
Da produrre in carta usomano, grammatura consigliata: 250 / 300 gr, dimensioni 85 x 55 mm.
Corporate identity 137
www. soverato. asmenet.it Palazzo di CittĂ , P.zza M. Ausiliatrice, 88068, Soverato (CZ)
Sindaco Dott. Ernesto Francesco Alecci
T 0967 538241 F 0967 538242
+39 392 3843502 ernestoalecci@gmail.com
139
www. soverato. asmenet.it Palazzo di CittĂ , P.zza M. Ausiliatrice, 88068, Soverato (CZ)
Sindaco Dott. Ernesto Francesco Alecci
T 0967 538241 F 0967 538242
+39 392 3843502 ernestoalecci@gmail.com
Carta intestata e segue foglio
Da produrre in carta usomano, grammatura consigliata: 80 / 120 gr, dimensioni 210 x 297 mm.
Corporate identity 141
Egregio Prof. Mario Rossi via nomevia, 25 88068 Soverato (CZ) Rovitius doluptur? Qui ditae. Nam volorem possum quaes as quunt iur, estia nobit dolendam, sinullam simi, se solum, solupta voloreh enistrum quo iusam idio dempos rerions enducidiscit alit veris nonsequiae vellestiunt volupta tiscilit iderspi tasinis endi alit facillaborum harum doluptatur suntum aute velia consenis quam hilitem. Niendipici aut vel ide ne pro tem ra qui rerita core milissu ntissim porestiam corecum ra cones ne et, cum eos dolent abor aut asit omnihil invelis atasi aut laccatum rem inulpar uptios ea di sed quia quis ium ulliquam et il eici offic tem facias doluptiis et quation pratquos exerciumqui ut il ma nullige ndaeribeaque vellabo rerendae doloren dandelis quiae vel millut exerum repreru ptaque oditem. Musant et utem audi omnimi, sant dis nosti voluptur sus ant quas et hictur adisitem. Ut et eroviduntur res vendia cupta aut et, sit ut eic tem et oditati ustiis consequo eossimet quidusdam hilis que volest, estio. Fernam faceatur, utati aut omnihit ibuscienis sapiciti que sitium, undipicate doluptatque quam, eatusda verit, quis volupta tiandani aut pernam consequiae. Usam debis sequatiatem facest re voluptatur maxim ad maximus cum voloremos consequam fugit volupta tusam, quidita de invenihit, volessinulpa nonsecatur, sed mint.
Sindaco Dott. Ernesto Francesco Alecci
Palazzo di CittĂ , P.zza M. Ausiliatrice, 88068, Soverato (CZ)
+39 392 3843502 ernestoalecci@gmail.com
T 0967 538241 F 0967 538242
Corporate identity 143
Buste da lettera
Dimensioni 120 x 180 mm.
Corporate identity 145
Buste DL
Dimensioni 110x 220 mm.
Corporate identity 147
Palazzo di CittĂ , P.zza M. Ausiliatrice, 88068, Soverato (CZ) T 0967 538241 F 0967 538242
Buste DL con finestra
Dimensioni 110x 220 mm.
Corporate identity 149
Egreggio Prof. Mario Rossi Via Magenta, 25 88068 Soverato
Palazzo di CittĂ , P.zza M. Ausiliatrice, 88068, Soverato (CZ) T 0967 538241 F 0967 538242
Busta a sacco
Dimensioni 229 x 324 mm.
T 0967 538241 F 0967 538242
Palazzo di CittĂ , P.zza M. Ausiliatrice, 88068, Soverato (CZ)
Corporate identity 151
Carpetta portadocumenti
Corporate identity 153
www. soverato. asmenet.it Palazzo di CittĂ , P.zza M. Ausiliatrice, 88068, Soverato (CZ) T 0967 538241 F 0967 538242
Block notes A4 e A5
Da produrre in carta usomano, grammatura consigliata: 100 / 120 gr, dimensioni 210 x 297 mm / 148 x 210 mm.
Corporate identity 155
Corporate identity 157
Copertina Block notes
Corporate identity
Blocknotes
159
Badge Personale
Da produrre in carta usomano, grammatura consigliata: 80 / 120 gr, dimensioni 85 x 55 mm.
Corporate identity 161
Pass Card
Da produrre in carta usomano, grammatura consigliata: 80 / 120 gr, dimensioni 85 x 55 mm.
Corporate identity 163
Invito
Da produrre in carta usomano, grammatura consigliata: 250 / 300 gr, dimensioni 180 x 120 mm.
Corporate identity 165
Teatro Comunale Via C. Amirante, 75, 88068 Soverato CZ 0967 538217
Inaugurazione Stagione Teatrale
25/11/2019
Teatro Comunale Via C. Amirante, 75, 88068 Soverato CZ 0967 538217
Inaugurazione Stagione Teatrale
25/11/2019
CD cover e label
Corporate identity 167
www. soverato. asmenet.it Palazzo di CittĂ , P.zza M. Ausiliatrice, 88068, Soverato (CZ) T 0967 538241 F 0967 538242
Corporate identity 169
VI
Visual identity
171
Poster
Dimensioni 700 x 1000 mm. Possibile riproducibilitĂ in scala.
Visual identity 173
Visual identity 175
Totem
Posto all’interno della sede comunale, è volto alla ricerca dei servizi presenti all’interno dell’edificio.
Visual identity 177
Pieghevole
Da produrre in carta usomano, grammatura consigliata: 170 gr, dimensioni 297 x 210 mm.
Visual identity 179
Visual identity 181
Visual identity 183
Pittogrammi
Sistema di icone personalizzate, utili per rafforzare lâ&#x20AC;&#x2122;identitĂ del luogo facendo spiccare tutti i punti di attenzione cittadini.
Visual identity 185
Visual identity 187
Segnaletica turistica
La segnaletica turistica posta nei pressi dei luoghi di attenzione o di enti addetti a rilascio di beni e servizi, ha il fine di richiamare l’attenzione dei visitatori, affinchè riescano ad individuare tutto ciò che la città mette a disposizione senza troppe difficoltà, non rendendo indispensabile l’utilizzo del telefono. L’utilizzo delle icone in questo caso può essere combinato, come nell’esempio.
Visual identity 189
Cartelli informativi
Sistema cartellonistico, pensato per facilitare lâ&#x20AC;&#x2122;interazione delle persone con le varie zone cittadine. Nellâ&#x20AC;&#x2122;esempio, un set di cartelli posti in una zona attrezzata allâ&#x20AC;&#x2122;aperto.
Visual identity 191
www. soverato. asmenet.it
3x
2x
Ripetizioni
Percorso Vita Potenziamento muscoli: addominali. In sospensione, di seguito raccogliere le gambe al petto e tornare.
Visual identity 193
Bandiera e Banner
Dimensioni 1500 x 1000 mm. Lo stesso layout è pensato per essere utilizzato per la produzione di banner e adesivi.
Visual identity 195
Stendardo
Dimensioni 500 x 2000 mm.
Visual identity 197
Sito
Visual identity 199
VII
Merchandising 201
Cartoline
Da produrre in carta usomano, grammatura consigliata: 300 gr, dimensioni 100 x 150 mm.
Merch 203
Merch 205
Merch 207
T-shirt
Merch 209
Shopping Bag
Merch 211
213
Note
1 Descrizione di Soverato Vecchia riportata da D. Caminiti, mediante il manoscritto del 1570 dell’Archivio Marincola Domenico Caminiti, avvocato e storico locale. 2 Le senie o nore erano dei pozzi di origine araba per l’estrazione dell’acqua dal sottosuolo funzionante a trazione animale, era composta da un complesso meccanismo di ingranaggi a ruote dentate che faceva confluire l’acqua in una grande vasca detta “gebbia”. 3 È da sempre per i Soveratesi il più importante punto di riferimento bibliografico, nonché fonte della gran parte delle storie dei luoghi analizzate in questo capitolo. 4 Originario di assolo (EN), Don Giovanni Gnolfo è stato un salesiano che svolse tra il 1968 e 1988 l’insegnamento della storia dell’arte presso l’Istituto Sant’Antonio di Padova di Soverato. Dotato di un bagaglio culturale molto ampio, misto alla passione per l’architettura e una vivace intelligenza, sì dedico alla scrittura pubblicando vari volumetti tra i quali molti su Soverato. 5 Introduzione del primo volumetto riguardate la storia di Soverato, scritto da Don G. Gnolfo. Storia delle scoperte archeologiche a Soverato, pp. 48-50 6 Scoperte avvenute nella costruzione delle ferrovie calabro-sicule. Contiene la breve relazione dell’Ing. Spinola, Direttore Tecnico Governativo sulla marina di SoveratoAlcune testimonianze del ritrovamento delle prime tracce storiche, coincidente agli scavi per la realizzazione della ferrovia, 1780. 7 Vincenzo Chiefari, era un segretario comunale, ispettore della Soprintendenza e Antichità di Reggio Calabria, fu anche poeta e scrittore. 8 Giovanni Anceschi, L’interfaccia delle città, 1994. 9 Bernhard E. Bürdek, Corporate Image, 1994.
10 O. Leu, Corporate Design/Corporate Identity, Bruckmann, München 1994. 11 G. Heidecker. 12 Scuola di progettazione grafica e di disegno industriale che ha raccolto nel secondo dopoguerra l’eredità delle scuole tedesche (Bauhaus) e sovietiche (Vchutemas), nate negli anni venti, con l’esigenza di dare un carattere scientifico e accademico alla professione di progettista. 13 Giovanni Anceschi, L’interfaccia delle città, Contributo al convegno Federpublicità di Ravenna e Cesena, Ravenna 1994. 14 Glasgow è la capitale economica della Scozia, nonché la terza città britannica più visitata dopo Londra ed Edimburgo. 15 Monica Sassatelli, Identità, Cultura, Europa. Le “Città europee della cultura”, Franco Angeli, Milano 2005. 16 Alessio Leonardi iniziò a lavorare al progetto dell’immagine berlinese già negli anni Novanta per MetaDesign. 17 Descrizione nel gergo tecnico araldico dello stemma. 18 http://presidenza.governo.it/onorificenze_araldica/araldica/servizio_araldica. html 19 Helvetica è un carattere tipografico disegnato in Svizzera nel 1957 da Max Miedinger.
Bibliografia
Michele Repice Lentini, Soverato vecchia. La riconquista di una terra conosciuta. Soveria Mannelli, Calabria Letteraria Editrice, 2006 Albe Steiner, Il mestiere del grafico. Torino, Einaudi, 1978 B. E. Bürdek, Design, Milano, Mondadori, 1992 O. Leu, Corporate Design/Corporate Identity, Bruckmann, München 1994 Sergio Polano e Pierpaolo Vetta, Abecedario. La grafica del novecento. Milano, Mondadori Electa spa, 2002 Andrea Rauch e Gianni Sinni, Disegnare le città. Grafica per le pubbliche istituzioni in Italia. Firenze, Lcdedizioni, 2009 Vanni Pasca e Dario Russo, Corporate image. Un secolo d’immagine coordinata dall’AEG alla Nike. Milano, Lupetti - Editori di Comunicazione, [2005] 2011 A. Maida, M.A. Pisano e R. Riverso, Soverato. Tra mare e terra. Archeologia e paesaggi. Soveria Mannelli, Rubettino Editore, 2017 Dan Saffer, Design dell’interazione. Creare applicazioni intelligenti e dispositivi ingegnosi con l’interaction design. Londra, Pearson, 2007 Bruno Munari, Design e comunicazione visiva. Bari, Editori Laterza 2007
Ringraziamenti
Non pensavo di trovarmi qui, non pensavo di intraprendere questo percorso ne di farlo dove sono. La mia felicità è seconda solo allo stupore, quindi dando un ordine alle cose, ringrazio chi mi ha spinto a prendere questo percorso e a creduto in me, chi mi ha supportato e aiutato a saltare gli ostacoli, chi mi ha visto innamorarmi di questa disciplina, chi mi ha dato la possibilità di essere qui. Chi di giorno in giorno mi sta accanto. Grazie. Questo percorso è con voi, per voi e anche grazie a voi.