SUSTAINABLE URBANISM - Dynamics, Mobility, Sociality and Energies in Urbanism

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SUSTAINABLE URBANISM Dynamics, Mobility, Sociality and Energies in Urbanism Vincenzo SICHERA1

1. RESUMO Il presente lavoro di ricerca si pone l’obiettvio di studiare le necessità reali della pianificazione urbana in termini di conoscenze, aggiornamenti e stimoli, attraverso l’individuazione di punti di analisi derivanti dallo studio delle politiche urbane internazionali e da come queste stanno interpretando le tematiche derivanti dalla sostenibilità nelle aree urbane di nuova progettazione. This work aims to study urban planning real needing, in terms of knowledge, upgrades and stimulus, focusing on analysis-points coming from the international urban politics study, and how are them interpreting the theme of sustainability into new urban areas. Parole-chiave:  Sustainability (sostenibilità): “maximizing the net benefits of economic development, subject to mantaining the services and quality of natural resources over time”. (Pearce and Turner, 1990);  Sustainable development (sviluppo sostenibile): “...development that meets the needs of current generations without compromising the ability of future generations to meet their needs and aspirations” (WCED, 1987);  Greenwash: “disinformation disseminated by an organization so as to present an environmentally responsable public image” (Concise Oxford English Dictionary, 2008);  Ecologlical Urbanism (urbanistica ecologica): to mix ecology and urbanism to solve vital problems about the weakness of the planet and the lack of resources, that is a fertile ground to innovate and project. (Mostafavi, 2010) 2. INTRODUZIONE La sostenibilità è forse l'ultima grande utopia dei nostri tempi (Berizzi, 2013). Dalle Nazioni Unite all'Unione Europea, il dibattito sulla sostenibilità si espande per tutto il globo, fino ai nuovi progetti ecosostenibili di Marrakesh in Marocco e Shibam in Yemen.

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Written in collaboration with Filippo Condorelli

Vincenzo Sichera - Universidade de Aveiro 17-01-2014

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Lo scopo delle innumerevoli iniziative è quello di rendere lo sviluppo sostenibile, ossia garantire la crescita economica mantenedo un equilibrio con l'ambiente. Di fatti questa è anche la finalità, al di là degli aspetti sociali, dell'Ecological Urbanism teorizzato da Mostafavi. Già, l'ecologia e la sostenibilità vengono sempre con più forza legati all'urbanistica. Ma perché? I fattori sono innumerevoli: le città, all'inizio del ventesimo secolo, contenevano il 10% della popolazione mondiale; 100 anni dopo, il 50% dei 6 miliardi di persone al mondo abitavano nelle città, ed è previsto che nel 2050 quasi il 70% dei 10 miliardi di persone vivranno dentro agglomerati urbani (Hodson and Marvin, 2010).

Figura 1: Crescita della Popolazione Mondiale nei secoli

L'emissione di CO2 è anch'essa legata, al 53%, a trasporti, elettricità pubblica e riscaldamenti, ed edifici e agricoltura contribuiscono per un altro 15% (OECD/IEA, 1997). Da un altro lato, le aree urbane, nel 2006, utilizzavano il 67% delle energie primarie coprendo solo il 2% della superficie emersa del pianeta (in Europa, il consumo di energia, è addirittura legato per il 71,7% alle città già oggi (Kyoterm, 2011-2013)). La International Energy Agency ha previsto che la domanda primaria di energia crescerà del 45% tra il 2006 e il 2030, mentre la crescita dell'utilizzo di energia nelle città crescerà del 73%. Fornire questa quantità di energia in modo sostenibile rappresenta la più grande sfida tecnologica e ambientale dei nostri tempi (Shultz and others, 2010).

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Figura 2: Emissione di CO2 nel mondo secondo OECD/IEA 2007, e utilizzo di energia in Europa secondo Kyotherm 2011-2013

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La città, quindi, è e si ritroverà ad essere il principale scenario di lavoro per questi cambiamenti economici ed energetici. Questa realtà è ben nota ed affrontata da molte municipalità. Con forza ritroviamo, sempre più costantemente, messaggi per cui è eguagliata la responsabilità ecologica con un letterale rinverdimento delle città (Koolhaas, 2010). Ma il problema della sostenibilità urbanistica va ben oltre un superficiale greenwash: le sfere energetiche, politiche, locali, urbanistiche, tecnologiche e sociali riemergono con forza nella pianificazione locale delle nostre città. Determinare quale mezzo urbanistico, quale densità, quale portata dell'intervento sia più soddisfacente è cruciale e deve essere richiesto ad ogni livello di progetto. Ciò perché la località è un valore cruciale per la sostenibilità: “poiché, comunque, le criticità che le città devono affrontare variano notevolmente da luogo a luogo, ogni realtà urbana dovrà adoperarsi per adottare soluzioni innovative a livello locale, atte a ridurre i rischi per la salute, garantire le infrastrutture essenziali, la disponibilità di energia, trasporti e risorse idriche” (Caruso, 2012). Lo studio delle abitudini comuni ai residenti, strettamente legato alla località, è anche esso cruciale nello sviluppo di politiche sociali sostenibili (sia dal punto di vista delle facilities che da quello del social-housing e del common-housing) che siano mirate a migliorare la vivibilità.

Figura 3: Definizione di Segregazione Sociale, secondo tre importanti fattori che possono generarla

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La lotta alla segregazione sociale, che sia legata a fattori economici, religiosi o etnici, è qualcosa su cui il progettista può influire mediante la diversificazione, la compattazione e processi integrativi anche dal punto di vista urbanistico. Il presente studio si prefigge l'obiettivo di analizzare i fattori che stanno contribuendo e potrebbero contribuire ad uno sviluppo più sostenibile delle città. Da una analisi storiconormativa e da una successiva analisi di fattori identificati come necessari alla sostenibilità di un progetto urbanistico (popolazione e carattere urbanistico, mobilità, sociale, bioclimatico e energetico, ambientale), si procederà poi ad uno studio di casi rilevanti individuati, schedati ed in fine analizzati mediante una matrice d’indagine. Dalla matrice e dall’analisi verranno infine tratte delle conclusioni sull’efficienza delle tecniche adottate e di quelle preferibili a seconda delle località analizzate, in modo da evidenziarne le analogie e le potenzialità. 2.1

Sviluppo Sostenibile, Note Storiche, Documenti e Conferenze

Prima della Rivoluzione Industriale, le uniche forme di energia utilizzate nel mondo erano o energie umane e animali, o energie rinnovabili (energia eolica e idrica per i mulini...). La scoperta di metodi per l’estrazione del carbone in quantità intensive (seguti da quelli per il petrolio ed il gas naturale) hanno dato inizio ad una fase evolutiva umana in cui lo sfruttamento di energia a basso costo è divenuto il motore dello sviluppo, fino a fare teorizzare che “l’aumento della popolazione umana sia strettamente legato alla disponibilità di petrolio a basso costo” (Dunster, 2010). Ma lo sfruttamento dei combustibili fossili, negli anni, ha iniziato a generare un surriscaldamento planetario a causa della liberazione nell’atmosfera di gas-serra (greenhouse gas in inglese, o GHG), quali metano (CH4), diossido di carbonio (CO2) e ozono (O3), ed anche un processo di crescita sostanziale del costo al barile derivante dalla finitezza della risorsa. Ciò ha portato, a partire dagli anni ’70, all’organizzazione di conferenze e meetings internazionali atti alla discussione e alla risoluzione del problema secondo i criteri del nascente movimento dello sviluppo sostenibile (Kibert, 2005). La prima conferenza dell’ONU venne indetta nel 1972, la cosiddetta “Conferenza di Stoccolma” (United Nations Conference on the Human Environment, or UNCEH), di poco preceduta dalla nascita di Greenpeace nel 1971. Questa fu seguita dalla Dichiarazione di Cocoyoc (United Nations Environment Program, or UNEP) e dal già citato “Rapporto Brundtland” del 1987 (World Commission on Environment and Development, or WCED), che sancì importanti principi quali la conciliazione delle necessità basiche con i limiti dell’ambiente, la limitazione dei consumi e dell’impatto ambientale, l’attribuzione di responsabilità nel rispetto della natura e la solidarietà con le generazioni future. La “Conferenza di Rio” o “Earth Summit” del 1992 (United Nation Conference on Environment and Development, or UNCED) portò inoltre alla redazione della cosiddetta Agenda 21, ossia una carta che collezzionava le maggiori driving forces e i maggiori obiettivi mondiali dal punto di vista della sostenibilità.

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Figura 4: Barra cronologica sintetica delle conferenze e dei principali documenti mondiali sullo sviluppo sostenibile, dati tratti da Ribas 2010

Le pagine più recenti delle storia mondiale della sostenibilità sono segnate dai ben noti Protocollo di Kyoto, Conferenza di Johannesbourg (World Summit for Sustainable Development, or WSSD) e Conferenza di Copenaghen (United Nations Climate Change Conference, or UNCCC) rispettivamente del 1997, 2002 e 2009. Il Protocollo di Kyoto e la Conferenza di Copenaghen, tuttavia, si sono risolte in un sostanziale fallimento (Mostafavi, 2010): per quanto riguarda il primo, gli Stati Uniti non hanno ancora ratificato l’accordo (che prevede una riduzione di almeno il 5% dei GHG entro il quadriennio 2008-2012 rispetto al livello del 1990), mentre per quanto riguarda il secondo i 193 stati partecipanti non sono riusciti ad arrivare ad un sostanziale significativo accordo (l’Unione Europea proponeva una diminuzione dei GHG di almeno il 20% entro il 2020 rispetto al 1990 così come, all’incirca, Giappone e Russia, mentre gli USA solo il 4% approssimativamente entro il 2020 rimandando il 33% al 2030 (Wikipedia, 2013). Alla fine del meeting si è arrivati alla decisione di provare a mantenere la temperatura mondiale a massimo 2°C sopra il livello dell’era pre-industriale, ma senza vincoli prestabiliti o organismi di controllo (Euronews, 2009)). In questo scenario di difficoltà a livello internazionale nel trovare una linea politica comune si inseriscono alcune normative nazionali o comunitarie (come ad esempio il LEED negli USA) o anche subnazionali: in Italia, ad esempio, hanno avuto particolare rilevanza le Agende 21 Locali. Inoltre, spinti o no dalle municipalità, molti interventi virtuosi si sviluppano in ogni

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nazione: sei sono stati presi in esame in questo lavoro, ed analizzati secondo quattro indicatori di sostenibilità.

3. INDICATORI DI SOSTENIBILITÀ Stabilire il “livello di sostenibilità” di un agglomerato urbano riflette la complessità del tema trattato, e ha bisogno dell’individuazione di parametri atti a descrivere aspetti ritenuti importanti per la valutazione dell’impatto ambientale e sociale di un quartiere come di una città. Questi verranno chiamati, in accordo con Bell e Morse, Sustainability Indicators o brevemente “SI”. Vero è che la definizione di detti parametri è basata su una visione personale della sostenibilità e può cambiare a seconda dello schema mentale nel quale sono inserite le misurazioni (Bell and Morse, 2008). Pertanto, la presente analisi si propone di individuare alcuni SI ritenuti cruciali nella valutazione dei tessuti urbani, che non richiedono l’universale accettazione ma provano comunque a essere il più esaustivi possibile. Gli indicatori scelti sono stati: dinamiche di intervento e indici urbanistici; mobilità; sociale; energia e bioclima. 3.1

Dinamiche di intervento e indici urbanistici

Gli interventi urbanistici sono caratterizzati indissolubilmente dalla località in cui vengono effettuati. Alla base della sostenibilità di ognuno di essi sta infatti la ricerca delle più vantaggiose tecniche sostenibili passive e non. Ne derivano anche la scelta sulla compattezza e sulla densità più o meno elevate degli abitati, che solitamente aumentano con la temperatura media locale. “Ogni domanda ha risposte differenti a seconda di diverse densità delle città, dentro differenti zone climatiche” (Dunster, 2010). A seconda di ciò possono essere utilizzate diverse tipologie abitative (a schiera, a torre, a patio...) e differenti forme urbane, il tutto a seconda dello strumento urbanistico utilizzato (masterplan, piano di sviluppo...). Legato a ciò sono anche l’utilizzo di suolo e degli indici urbanistici, tra i quali i più rilevanti individuati sono la popolazione insediabile, il numero di abitazioni, i posti di lavoro, la dimensione dell’abitato e quindi la densità, la percentuale di spazi verdi e via dicendo.

3.2

Mobilità

La percentuale di CO2 prodotta mondialmente dai trasporti è il 20% del totale (OECD/IEA, 1997). La quantità di energia utilizzata in Europa da parte dello stesso settore è del 31,3% (Kyoterm, 2011-2013). I punti di maggiore concentrazione di tale traffico veicolare è senza ombra di dubbio la città. Ciò presuppone una discussione attenta e coscenziosa sulla sostenibilità dei nostri mezzi di trasporto, odiernamente legati a filo doppio alla produzine di benzina a prezzi accessibili. L’uso di questa materia prima, non rinnovabile ed inquinante, è alla base del problema. Come fare a ridurre l’incidenza dell’inquinamento dei veicoli?

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Figura 5: Dinamiche di intervento e indici urbanistici – Mobilità : schemi sintetizzativi

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Le soluzioni principali sono tre: utilizzare e predisporre efficienti mezzi di trasporto pubblico; favorire il transito ciclo-pedonale mediante la vicinanza dei trasporti pubblici, la diversificazione e dislocazione dei servizi, la compattazione del tessuto urbano; e la ricerca tecnologica, ad oggi maggiormente direzionata su mezzi di trasporto elettrici prealimentati solarmente che su mezzi ad idrogeno o di altro genere. Nel decennio 20012010 numerosi passi sono stati compiuti, ad esempio, dall’Unione Europea. Finalità comune è stata quella di promuovere, soprattutto nelle aree urbane, un aumento della mobilità collettiva e ad impatto zero in particolare, indispensabile per lo sviluppo competitivo delle città e per garantire ai cittadini elevate opportunità di accesso alle dotazioni urbane – e una contemporanea drastica riduzione dei significativi costi ambientali che ad essa risultano, a tutt’oggi, associati (OCS, 2011).

3.3

Sociale

La sostenibilità è, comunque e in primo luogo, sostenibilità umana. In nome di emissioni, inquinamento ed efficienza energetica, non possono essere dimenticate le politiche sociali e comunitarie, indirizzate ad una etica della sostenibilità che preveda integrazione, cultura e comunicazione. Ritroviamo questo concetto anche in Campbell, che ha definito un “triangolo del progettista”: sviluppo, equità, rispetto dell’ambiente. “La giustizia ambientale considera l’impatto dei cambiamenti ambiantali sui gruppi socialmente svantaggiati e analizza l’impatto distributio delle politiche ambientali” (Fainstein, 2010). Per raggiungere alti livelli di equità sociale, un carattere fondamentale è la diversità: “se lo sviluppo non è diversificato, l’omogeneità dell’edificato spesso produce inattrattivi e monotoni urban landscapes, mancanza di case per tutti i nuovi gruppi, segregazione classista e razziale, e case-dormitorio che fanno aumentare il traffico, la congestione e l’inquinamento dell’aria” (Wheeler, 2002). Altri importanti fattori per favorire l’equità sociale sono il social housing, il co-housing ed un mix sociale associato ad edilizia pubblica e servizi di quartiere, indispensabili per raggiungere la diversità di insediamento. 3.4

Energia e Bioclima

I problemi energetici e bioclimatici, come già sottolineato dall’introduzione, sono caratteri “motore” dello sviluppo sostenibile. La mancanza di fonti energetiche alternative ai combustibili fossili e l’inquinamento da essi prodotto sta condizionando la ricerca sia dal punto di vista di forme energetiche alternative, sia di attenzione a sistemi climatici passivi. Le forme energetiche sostenibili principali analizzate da questo lavoro, per quanto riguarda i casi studio, sono il fotovoltaico, l’eolico e il geotermico. L’impatto di questi sistemi energetici può essere implementato sia dal punto di vista intensivo che particolare. Molti dei progetti analizzati, ad esempio BedZed, utilizzano sistemi di microproduzione di energia ed influenzano i costumi e le abitudini degli abitanti per incrementare l’efficienza e diminure utilizzo di energia, consumi e produzione di gas serra. In particolare, i sistemi più comuni di microproduzione di energia sono i pannelli

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solari termici e fotovoltaici utilizzati per singola abitazione, il geotermico puntuale e le mini turbine eoliche applicati sulle coperture degli edifici. Altri progetti, ad esempio Logroño, utilizzano anche sistemi energetici sostenibili intensivi, in quanto garantiscono l’approvigionamento mediante grandi centrali di produzione esterne alla città. Altri fattori importanti ricercati sono la raccolta ed il riutilizzo di acque piovane o di acque grigie e i sistemi passivi. In alcuni casi si è riscontrata l’attenzione rispetto ai materiali ricilati e al rispettivo utilizzo.

Figura 6: Sociale : schema sintetizzativo, Triangolo del Progettista ideato da Scott Campbell, 1996

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Figura 7: Energia e bioclima: schema sintetizzativo, grafico tratto da Hodson & Marvin, 2010

4. SCHEDE DI STUDIO Le ricerca su casi provenienti da diverse parti d’Europa, più il caso extraeuropeo di Masdar, sono state portate avanti mediante la realizzazione di schede di studio che, attraverso una serie di dati quantitativo/qualitativi ed una descrizione delle differenti soluzioni, vogliono essere la base empirica per la redazione della matrice di valutazione finale e della conclusione.     

Scheda di studio [1]: Quartiere Vauban, Friburgo Scheda di studio [2]: BEDZED, Londra Scheda di studio [3]: Kronsberg, Hannover Scheda di studio [4]: Masdar City, Abu Dabi Scheda di stuido [5]: Montecorvo Eco-City, Logroño

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Spagna

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5. MATRICI DI STUDIO E CONFRONTO DEI DATI Matrice 1: Dinamiche di intervento e indici urbanistici Nome Friburgo Londra Hannover Masdar Logroño

Sup (ha) 38 3,5 160 640 56

Ab. insediabili (lavoro) 5000 (+600) 240 (+100) 15.000 (+3000) 45.000-50.000

Strumento Urbanistico Prog di svil. Master plan Master plan Master plan Master plan

Partecip

Unità abitative 2.000 83 3.042

Tiplogie Piani edilizie fuori-terra X S/C 3-4 C 3 X S/C 2-5 C 3-5 3.000 C 4-6 Nota: S = case a schiera, C = condomini

Matrice 2: Mobilità Nome Friburgo Londra Hannover Masdar Logroño

Distanza dal centro città 3 km 12 km 6 km 6 km

Tipo di viabilità Z30, pedonale Z30 Z30, pedonale Pedonale Z30

Parcheggi P free living - P solo privati Trincea-interni a isolati - no filo strada 8 P fuori città P interrati

Servizi trasporto pubblico X X X X X

Matrice 3: Sociale Nome Friburgo Londra Hannover Masdar Logroño

Tipo di iniziativa

Edilizia Pubblica

Pubblica Privata Pubblica/Privata Pubblica/Privata Pubblica/Privata

Co-housing

Socialhousing

X

Mix sociale X

X X

X X X

Servizi di quartiere X

X

X

X

Matrice 4: Energia e Bioclima Nome Friburgo Londra Hannover Masdar Logroño

Fotovoltaico

Eolico

Geotermico

X X X X X

X X X X

X X

Sistemi passivi X X X X X

Racc/ riuso Altre dotazioni sostenibili acque X Cogen a pallet e gas naturale Cogenerazione a cippato X X H2,smart systems,wind tower X Eco-park

Organizzazione matrici e parte dei dati tratti da OCS (2011)

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6. CONCLUSIONI Dai dati collezionati dalle matrici si possono ricavare alcuni importanti fattori: la struttura della mobilità (escluso il caso straordinario di Masdar City) e quella dell’energia condividono i fattori principali, a testimoniare che le linee guida siano in gran parte universalmente riconosciute. Altro fattore importante è quello della densità abitativa: tutti gli esempi, ad eccezione di BEDZED, prediligono una edilizia abitativa densa e di circa quattro piani fuori terra. Il dato più controverso risulta essere quello del sociale: risultati contraddittori sono stati riscontrati nei casi studio analizzati, che non riescono a concordare su una logica sociale univoca, pur concordando nell’obiettivo da raggiungere. Una risoluzione plausibile del problema può essere indviduata in due autori, e per ambedue la parola d’ordine è compattezza: per Jabareen la città compatta risulta la più sostenibile in assoluto, in quanto propone l’utilizzo diversificato del suolo, favorisce la diversità e l’integrazione (nel suo studio del 2006 asserisce che la città compatta è addirittura più sostenibile delle eco-city a media densità, benché le seconde sfruttino meglio i sistemi solari passivi). Per motivi assolutamente non sociali ma prevalentemente climatici, Masdar city risulta un buon esempio di città compatta, ma le città lineari e a bassa densità di Logroño e di BEDZED sembrano essere la perfetta antitesi di questa conclusione. Ancora: “l’urbanistica ecologica deve essere basata sulla costruzione di città compatte. Questo significa densificazione [...]. Ma serve creare invitanti e fruibili spazi pubblici all’interno del tessuto densificato. [...] Gli spazi aperti delle piazze moderniste hanno bisogno di essere riempite con spazi verdi che invitino ad un diverso mix di utilizzatori” (Fainstein, 2010). La creazione di uno schema verde, di un green-network che funga da collettore cittadino è la soluzione portata avanti da Angrillini, in quanto può esprimere tre obiettivi: 1) può assumere il ruolo di “struttura” all’interno del contesto urbano; 2) può creare una “fabbrica” per il rinnovamento ecologico e per il miglioramento di condizioni igieniche e sanitarie; 3) può essere il “distributore” dei servizi pubblici, integrandoli con spazi per le attività ricreative. Essere, insomma, un “network of networks”. Questo pone un’ulteriore riflessione: può essere il quartiere o la città il punto finale della discussione ecologica e sostenibile? L’acqua utilizzata dalle città è solo il 10% del totale, l’energia derivata da combustibili fossili utilizzata direttamente dagli edifici meno del 13% del totale, dal petrolio addirittura meno del 3% (nb: sono esclusi dal calclo i combustibili fossili utilizzati nella generazione di elettricità; rielaborazione dei dati di Addington, 2010). Addington stesso dice che la riflessione sull’ecologia non può che allargarsi a sub-strutture, infra-strutture e sovrastrutture della città stessa. Infrastrutture in quanto, da un lato, lo spreco dell’energia prodotta è circa del 55% del totale, quindi serve più efficienza, ma anche per distribuire capillarmente le nuove tecnologie (l’esempio delle Soft Cities del MIT, con il fotovoltaico tessile, potrebbe risultare interessante); infra-strutture per l’organizzazione dell’utilizzo energetico, dei servizi e della socialità (un esempio potrebbe essere il green-network di Angrillini...); sovra-strutture per riuscire a controllare i macro-processi economici, energetici e sociali che contribuiscono alla sostenibilità.

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Figura 8: Conclusioni, schema sintetizzativo

Tutto ciò dimostra la dimensione puramente politica (nel senso buono del termine in questo caso) della sostenibilità, che però, a onor del vero, fin dalla sua nascita non è mai riuscita a districarsi da un’altra dimensione, negativamente politica, propagandistica e opportunistica, sia a livello locale che internazionale.

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