Editoriale
Il nostro primo Vinitaly David Taddei
Beh sì, questo è proprio il primo Vinitaly di “Vino e dintorni”. Siamo al terzo numero della rivista che raccoglie l’eredità lasciata da “Il Chianti e le terre del vino”, bimestrale dedicato ai vini toscani con quasi quindici anni di vita. Ricordo ancora il primo editoriale di quella rivista, quasi un patto con i nostri lettori. Una promessa: avremmo puntato sempre sul legame indissolubile fra vino e territori. Il vino come chiave di lettura per entrare in storie di uomini, di luoghi, di paesaggi, di prodotti tipici. Detto oggi sembrano quasi banalità scontate, allora non era proprio così e la caratterizzazione forte di quel link che rende unico e inimitabile un prodotto era ancora appannaggio di poche e illuminate aziende. Oggi, al contrario, è quasi un credo inflazionato e ci troviamo a galleggiare fra centinaia di denominazioni e
migliaia di etichette che rivendicano, tutte, la propria unicità. Così resta difficile orientarsi in mezzo a questa selva inestricabile, soprattutto per chi apprezza i vini di qualità ma non è proprio un esperto. Troppe differenze formano solo un unico caos, chi si intende di marketing e comunicazione lo sa bene. È forse giunto il momento di cambiare impostazione, soprattutto per le aziende più piccole e meno conosciute che non hanno la forza economica per investimenti seri in promozione e nemmeno quantità prodotte che meritino un impegno finanziario oneroso per imporre il marchio. Se queste aziende riuscissero a mettersi in rete riducendo il numero di etichette e completando, di contro, l’offerta di vini forse troverebbero la quadratura del cerchio. Avrebbero economie di scala, potrebbero condividere gli
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investimenti che servono a lanciare un marchio o ad impiantare una rete commerciale strutturata. Potrebbero condividere linee di imbottigliamento consulenti, agronomi ed enologi. Potrebbero, in poche parole, riuscire a diventare una grande azienda pur rimanendo imprese piccole e legate al territorio. Magari poi, alla fine, questi vini costerebbero anche un po’ meno. Nell’Italia dei campanili è quasi una missione impossibile ma per aggredire i nuovi mercati diventa quasi una scelta obbligata se non si vuole essere fagocitati dai grandi gruppi o dalle marche più famose. Per questo Paese di santi, poeti e viticoltori sarebbe davvero uno spreco che porterebbe, nel tempo, alla scomparsa di questo ricco tessuto di micro imprese che in ogni campo caratterizza la nostra economia. Buon Vinitaly a tutti voi!
Sommario
AGENDA
08 10
NEWS
Tirreno Ct
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Vinitaly 2012
Carrara riferimento per la ristorazione Roberto Cipresso
Filosofia di un winemaker Inchiesta
Vino Bio
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37 39
In attesa di conferme si guarda all’export Al Vinitaly moda, wine e food con Campo alla Sughera Il territorio
Veneto
terra di vino e tradizioni Il territorio
Uno scrigno di tesori
Il territorio Ettore Ceschin
Ascoltare le viti per capire il vino
Il territorio
The Garda Village: sul lago per tutti Castello di Meleto
La vacanza ideale
tra comfort e tradizione Città del Vino
Diventa “verde” la Selezione del Sindaco
40 46
Il territorio
50 52
Il territorio
Rinasce il vino della Laguna Amarone 2008: un’annata più umana
54 57
Anteprime 2012
69 73
Un brindisi ad Aqua...riva
75 77
Tra le donne e il vino alla scoperta della Sicilia
Abbiamo assaggiato
79 81
Vino ed economia
Giulio Gambelli
91 92
Martignani: l’efficienza verde
Omaggio a un semplice genio Fuori dal green
Xxxxx
Roberto Martini
94 10
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Agenda A cura di Luca Casamonti
Mer & Vigne et Gastronomie 30 marzo –2 gennaio
Mer & Vigne et Gastronomie è una fiera gastronomica che si terrà a Parigi dove si riuniscono gli espositori di prodotti provenienti dalle regioni francesi. La Fiera è l’opportunità per degustare prodotti, quali foies gras, prosciutti, salmone e vini. www.mer-et-vigne.fr
“I grandi terroir del Barolo” 21 –22 aprile
“I grandi terroir del Barolo” è un evento ideato da Go Wine nel 2010 che si terrà a Castiglione Falletto e a Serralunga d’Alba in provincia di Cuneo. Il programma prevede banchi d’assaggio, degustazioni, visite in cantina e camminate nei vigneti attraverso i diversi terroir.
The International Organic Wine 17 –18 aprile
La fiera professionale FIVE si terrà a Pamplona. Il terzo Salone Internazionale del vino biologico sarà uno dei maggiori eventi vitivinicoli primaverili e vedrà la partecipazione di cantine spagnole, portoghesi e francesi per promuovere i loro prodotti. www.five-bio.com
I vini della Costa Toscana 5 –6 maggio
L’11esima edizione di Anteprima Vini della Costa Toscana, organizzata dall’associazione Grandi Cru, si terrà a Lucca, nella location del Real Collegio in S. Frediano. L’evento prevede un percorso ispirato all’alta qualità dei vini della Costa Toscana. Tra degustazioni, sapori, storie, dibattiti, street-food, laboratori, banchi d’assaggio ed eventi speciali, il visitatore avrà la possibilità di entrare in contatto con oltre 80 produttori provenienti dalla Toscana. www.anteprimavini.com
ExpoVinis Brasil 24 –26 aprile
Wine & Spirits Asia 17 –20 aprile
Wine & Spirits Asia è una mostra internazionale di vini e liquori che mira a promuovere le marche asiatiche. Si terrà quest’anno a Singapore la 12esima edizione e saranno presenti molti vini e distillati, con espositori da tutto il mondo. www.winespiritsasia.com
ExpoVinis Brasil è il Salone del Vino più importante in America Latina. L’evento di San Paolo è il luogo per conoscere le ultime novità del mercato e riunisce ogni anno i principali operatori del settore, con la presenza di una folta rappresentanza di società nazionali e internazionali. L’Expo offre l’opportunità di incontrare e degustare le etichette che partecipano alla fiera oltre al concorso Top Ten, che premia i 10 migliori vini del Salone. www.exponor.com.br
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Vitignoitalia 20 –22 maggio
Si terrà a Castel dell’Ovo (Napoli) Vitignoitalia, salone dedicato ai vini italiani. Alla sua ottava edizione, l’evento è considerato uno dei più qualificati ed attesi del Centro-Sud Italia, e punta a promuovere il rapporto tra vino e territorio. www.vitignoitalia.it
News A cura di Jacopo Rossi
Lady Gaga entra nel mondo del vino: la reginetta del pop aprirà la sua personalissima azienda nella Napa Valley
Tempi di crisi, c’è da buttare il meno possibile. Nasce così l’idea, tutta americana, di sviluppare ulteriormente il “vino al bicchiere”, fenomeno di successo da anni, tanto che, secondo recenti indagini, pare che il 50% delle vendite del vino nei ristoranti è al calice e non in bottiglia. Adesso il vino “al bicchiere” si compra in rete al sito americano tastingroom.com, che già tempo fa, propose kit da degustazione con sei campioncini da 50 cl. Ora si ripete con bottigline da 10 cl, equivalenti ad un bicchiere, contenenti vini da cento dollari a bordolese.
Nuovo nemico per la vite: si tratta dell’Antispila Oinophylla, golosa di foglie di vite, che sta spopolando nel Nordovest
La nuova moda del gotha internazionale, qualsiasi sia il campo è una: produrre vino. Altro che premi e riconoscimenti, per cantanti, attori e vip d’ogni genere la vera ricchezza è nel bicchiere. E non sembra quindi strano che una delle ultime regine del pop, Lady Gaga, di origini italiane, abbia deciso di passare dai palchi di mezzo mondo al verde delle vigne. La Napa Valley, in California, sembra essere la sua prossima “base”, almeno secondo i gossip e le notizie che circolano già da alcuni giorni. Di sicuro Stefani Germanotta ama il buon vino ed ama berlo spesso, riposandosi dalle sfiancanti tournée.
Adesso online si compra anche il vino al bicchiere: tastingroom.com lancia i fine wine in 10 cl di piacere
Attenzione alla nuova minaccia dell’uva: un piccolo parassita dal nome impronunciabile, l’“Antispila Oinophylla”, che attacca soprattutto foglie di vite di Chardonnay, Cabernet, Sauvignon, e Moscato. A causa delle sue frequenti incursioni nei filari del Nord-Est, il deputato padovano leghista Massimo Bitonci si è rivolto, con un’interrogazione, al Ministro per le Politiche Agricole Mario Catania ed al Ministro dell’Ambien-
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te Corrado Clini. Il suo nome significa “falena della vite con macchie opposte” e proviene dalla parte orientale del Nord America, tra Georgia ed Ontario, patria di una creatura simile, l’“Antispila ampelopsifioliella”. Le larve della sua specie si nutrono di uva selvatica e di foglie di vite e producono le “miniere fogliari”. Si crea così un bozzolo nel quale nasce una microscopica farfalla con l’apertura alare di 5 millimetri.
La Francia ha deciso: dal 1 luglio 2012 ogni guidatore dovrà avere sul suo mezzo, a meno che non arrivi dall’estero, un etilometro portatile. La norma rientra nella volontà di aiutare i cittadini a tenere d’occhio il loro tasso alcolemico al volante, prevenendo magari multe e sanzioni salate. Secondo recenti stime, l’alcool è responsabile, nelle strade francesi, del 31% degli incidenti mortali. L’iniziativa, per dimostrare la sua utilità, avrà bisogno di tempo e comporterà una pena pecuniaria al guidatore sorpreso sprovvisto dell’etilometro. Meglio spendere pochi euro per comprarlo.
Il vino italiano è sempre più in rete: l’80% delle cantine spopola su Facebook, Twitter e colleghi
Etilometro portatile obbligatorio sulle macchine francesi: lo ha deciso il Governo, per combattere l’alcool al volante
I social network sono ormai una realtà, splendida o meno in tema di privacy, comunque consolidata in tutto il mondo, ed il loro potenziale fa gola anche al vino. L’80% delle cantine italiane ormai è presente in almeno una delle piattaforme di maggior successo, Facebook, Twitter, LinkedIn, Youtube e simili. Molti degli ancor pochi “profani” pensano di aggiornarsi nel corso del 2012. Lo testimonia OperaWine, che tramite un’indagine ha svelato l’amore del mondo enologico per il web 2.0. Internet
non solo per la vendita diretta, ma anche per restare in contatto con il pubblico, con riviste e giornali di settore, con associazioni e colleghi, per organizzare degustazioni, convegni, incontri ed eventi. Anche la stessa OperaWine conta molto sulla rete per «far crescere la presenza di operatori internazionali a Verona e far aumentare l’attenzione della stampa internazionale sulle nostre iniziative per la valorizzazione del vino italiano» afferma Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere.
Parte il Gran Tour di Wine Spectator’s: a New York, Las Vegas e Washington le migliori etichette al mondo, alcune delle quali anche italiane
Negli Stati Uniti i vini italiani continuano a mietere successi, a piacere, a farsi bere a tutte le latitudini dell’immenso continente. Wine Spectator’s, la bibbia enologica americana, aprirà ad aprile il suo Gran Tour, che toccherà Washington, New York e Las Vegas, portando nelle città 200 tra i migliori vini del mondo, molti dei quali nostri connazionali. Parteciperanno, tra gli altri, Antinori, Planeta, Rocca delle Macìe, Bisol, Tasca d’Alemrita, Allegrini, Ruffino, Ornellaia, Marchesi di Barolo, Bisol, Castello Banfi, Zenato, Ferrari e Marchesi de’ Frescobaldi.
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News
Credit Suisse e Marchesi de’ Frescobaldi insieme per i nuovi mercati
Credit Suisse, fondazione bancaria di livello mondiale, ha scelto il vino per la sua campagna di advertising internazionale. Il 27 febbraio scorso, a tamburo battente, è partita l’advertising campaign del colosso elvetico in Europa, Asia ed America, il cui fulcro ribadisce la volontà e l’impegno della banca a supportare i clienti di rilievo nella realizzazione dei propri progetti. Accanto alla Credit Suisse c’è Marchesi de’ Frescobaldi, prestigiosa azienda vinicola toscana che da sette secoli immette nel mercato vini di alta qualità. Il pay off della campagna? «I vini della famiglia Frescobaldi hanno prosperato sul terreno toscano per 700 anni. Credit Suisse li sta aiutando a svilupparsi in nuovi mercati», il tutto illustrato da un accattivante scatto
che ritrae i vigneti dell’azienda immersi nel verde di Central Park. «Frescobaldi – dice Giampiero Bertolini, direttore commerciale dell’azienda – è orgogliosa di essere stata scelta da Credit Suisse per una campagna di comunicazione internazionale che s’incentra su un messaggio in piena sintonia con le strategie della nostra azienda: esportare in un numero crescente di mercati la qualità e la passione, che da 700 anni mettiamo nel produrre vino». «Ho pensato subito – ribadisce il marchese Lamberto Frescobaldi, vice presidente e direttore produzione – che l’idea di inserire uno scorcio di Toscana in una delle città più energetiche del mondo avrebbe avuto un grande successo: un messaggio forte
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che rappresenta l’essenza dell’attività imprenditoriale della mia famiglia, impegnata da sempre a combinare la tradizione della toscanità con un approccio innovativo». I vini della Marchesi de’ Frescobaldi si collocano nella fascia dei vini di pregio, rispettando il territorio e valorizzando le specificità delle proprie uve. Le tenute di proprietà sono quattro: Castello di Nipozzano, Tenuta di Castiglioni, Castelgiocondo e Castello di Pomino. Il fatturato, in crescita, nel 2010 ha toccato quota 79,6 milioni di euro. Media e strategic plan sono stati studiati dai londinesi Mpg. “Forbes”, “The Economist”, “Financial Times” sono solo alcune tra le testate che ospiteranno la campagna, insieme ad alcuni aeroporti che rappresentano snodi vitali per il traffico aviario mondiale.
Snooth.com nella vostra cantina ideale raccomanda di inserire i migliori vini italiani, riconoscendone bontà e valore
Il Ministro delle Politiche Agricole Mario Catania ha riconfermato alla presidenza del Comitato Nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni d’origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini il direttore generale di Assoenologi Giuseppe Martelli. Il Comitato a sede a Roma ed è il massimo organo consultivo e deliberativo del dicastero dell’agricoltura per il settore vitivinicolo tanto che, su richiesta del Ministero, esprime pareri su ogni questione relativa al settore vitivinicolo e collabora con gli organi statali e regionali per tutto ciò che riguarda normative e disciplinari.
Export nel mondo: bene Italia, Francia, Spagna, Argentina e Stati Uniti. Male il Sudafrica, malissimo l’Australia
La rete continua ad apprezzare i vini di casa nostra: il sito snooth.com, uno dei più cliccati oltreoceano, insegna ai suoi naviganti ad allestire una cantina di tutto rispetto e di valore (5.000 dollari). Obbligatorio possedere bottiglie italiane di spicco, come Rubesco, Barolo, Barbaresco e Brunello. Un mercato che dunque continua a ben volere la nostra produzione, che si confronta quotidianamente con i parigrado francesi, Bordeaux e Borgogna in testa. Nel campo delle bollicine invece spumante e prosecco stanno guadagnandosi il favore di consumatori giovani e meno giovani.
Il direttore di Assoenologi Giuseppe Martelli riconfermato alla guida del Comitato nazionale vini
Ancora un’altra ricerca di mercato effettuata dall’Institut des Hautes elude de la vigne et du vin promuove Italia, Francia e Spagna a regine dell’esportazione. Gli iberici crescono del 26,5% e superano i 22 milioni di ettolitri, mentre i cugini d’Oltralpe vendono 13 milioni di ettolitri per “appena” 6,96 miliardi di euro. Il nostro export invece cresce sia in quantità che in valore, grazie anche all’apporto fondamentale dello sfuso e degli spumanti. Nel resto del mondo crolla l’Australia, a causa
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del ribasso del suo dollaro, che comporta anche il calo del 10% di volume e valore. Sempre nell’emisfero australe, in Sudamerica, l’Argentina vede salire del 15% entrambe le voci, grazie al solito sfuso ed ai vini varietali, mentre il vicino Cile, nonostante il calo dell’export, vede consolidarsi il proprio marchio ed il valore. Per gli Stati Uniti è stato invece un anno memorabile: l’export è aumentato del 7,3 % in quantità, del triplo in valore. Cambiando continente, il Sudafrica vede scendere del 5% il proprio export.
News
La Rete Europea delle Città del Vino ha eletto la sua prima Capitale: è Palmela, in Portogallo, primo Paese a dover presentare le sue candidature. Nel distretto di Setùbal, la città conta cinquantatremila abitanti ed attrae annualmente i turisti con il suo Castello e la Festa de Vindima, la festa del vino di settembre. In seguito toccherà, nel 2013, all’Italia, poi alla Spagna ed alla Francia. La competizione punta a rafforzare le attività di valorizzazione della cultura e della tradizione del vino nel Vecchio Continente, mettendo in risalto non solo le singole realtà vitivinicole, ma inserendole in un contesto più ampio dal respiro europeo.
Langhe: nasce l’Accademia del Barolo, 14 produttori uniti per promuovere l’immagine di questo vino nel mondo
Palmela, in Portogallo, è la prima Città del Vino Europea: il prossimo anno tocca all’Italia
Quattordici aziende insieme per un obiettivo condiviso, nella splendida cornice delle Langhe, terre da sempre contraddistinte dalla forte vocazione vitivinicola. Il tutto arricchito dal livello delle aziende, tutte prestigiose, differenti tra loro per le proprie caratteristiche, per il loro heritage storico e tipi di vino, unite però dalla ricerca ossessiva della qualità in ogni vendemmia, senza accontentarsi dello step raggiunto, ma migliorandosi nei vigneti ed in cantina. Le aziende in questione sono: Azelia, Michele Chiar-
lo, Conterno-Fantino, Damilano, Poderi Luigi Einaudi, Gianni Gagliardo, Franco Martinetti, Monfalletto – Cordero di Montezemolo, Pio Cesare, Prunotto, Luciano Sandrone, Paolo Scavino, Vietti e Roberto Voerzio. Tutte, negli anni, hanno aiutato a rendere grande il Barolo e la sua tradizione, creandosi anche una fama internazionale. Per aiutare ulteriormente questo marchio anno creato l’Accademia del Barolo, che avrà sede nell’omonimo Castello in provincia di Cuneo.
Il Prosecco Doc gira il mondo: dai premi negli Stati Uniti alle vendite in Germania, sognando la Cina
Il Consorzio per la tutela della Doc Prosecco non si ferma. Non pago del successo derivato dal viaggio negli Stati Uniti, dove ha ritirato il premio di Regione Vinicola dell’anno assegnatogli dalla rivista americana “Wine Enthusiast”, in attesa del Vinitaly, ha preso parte anche al Prowein. L’edizione di quest’anno ha visto intervenire più di 40.000 operatori di settore e 3.700 espositori provenienti da 50 paesi. Il mercato tedesco rappresenta per la Doc il 40% di export. Adesso in casa Prosecco si guarda ai potenziali mercati, come la Cina, dove si aspettano grandi risultati.
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News
Quando il sommelier incontra il barman nasce il wine-cocktail È terminato a Tirreno C.T., svoltosi presso il polo fieristico di Carrara, in Toscana, il secondo Concorso interregionale “Wines Meets Cocktail” che ha visto gareggiare dodici coppie formate ciascuna da un Sommelier AIS (Associazione Italiana Sommelier) e da un Barman AIBES (Associazione Italiana Barman e Sostenitori). I partecipanti provenivano dalla Toscana, dalla Liguria e dall’Emilia Romagna per un gemellaggio tra queste tre regioni che ormai dura da parecchi anni. Si è classificata al primo posto la coppia toscana formata dal barman Alessandro Pitanti di Forte dei Marmi e dalla sommelier Giovanna Dazzi con 197 punti, con il drink “Senti Bono” e con il vino bianco secco. Piazza d’onore per la coppia toscana formata dalla barlady Lucia Montanelli di Viareggio e dal sommelier Giacomo Schembri con 190 punti, con il drink “Mandrake Root” e con il vino Madeira. Terza posizione per la coppia toscana formata dal barman Alessandro Sainati di
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Fornaci di Barga e dalla sommelier Irene Ratti con 184 punti, con il drink “Aperidouro” e con il vino Porto bianco. Si sono cimentate in pedana tre coppie della Liguria, due coppie dell’Emilia Romagna, una coppia della Valle d’Aosta e sei coppie provenienti da tutta la Toscana. Secondo il regolamento, alla coppia formata dal sommelier e dal barman veniva assegnato un tipo di vino: il primo doveva fare la descrizione completa del prodotto a lui assegnato, comprensiva anche di abbinamento cibo-vino, mentre il secondo realizzava un Cocktail che doveva contenere come prodotto predominante quel tipo di vino assegnato, realizzandone 5 dosi. Il tutto da presentare entro dieci minuti ad una giuria di tecnici formata per l’occasione dal delegato della Zona Apuana dell’AIS Lorenzo Chiappini, dal professore dell’Istituto Alberghiero G. Minuto di Marina di Massa Sommelier Alessandro Barontini, e dai Capobarman AIBES Enrico Clores e Paolo Mati.
Il vino, dall’etichetta al francobollo: le Poste Italiane celebrano le grandi Docg italiane con una nuova iniziativa Un’occasione per i giovani enologi di farsi conoscere. Su iniziativa dell’Aset (Associazione Giornalisti Enogastroalimentari e dell’Igp (I Giovani Promettenti, composto da Carlo Macchi, Luciano Pignataro, Roberto Giuliani, Kyle Phillips e Stefano Tesi), il premio nazionale andrà al miglior giovane enologo sotto i 35 anni che più si mostrerà vicino alla filosofia vinicola del compianto Giulio Gambelli: rispetto per la materia prima e prodotti che siano degni rappresentanti dei territori e dei vitigni. I consorzi del Chianti Classico, del Brunello di Montalcino e del Nobile di Montepulciano offriranno, insieme alle aziende, un premio in denaro.
Per Ornellaia una vendemmia in Equilibrio, grazie all’opera di Zhang Huan, affermato artista cinese
Il grande vino italiano, da qualche tempo, viaggia per posta. Le Poste Italiane hanno infatti deciso di dedicare i loro francobolli ai territori delle Docg italiane. Tra gli altri il Barolo, il Vermentino di Gallura, il Brunello di Montalcino, l’Albana di Romagna, l’Aglianico del Vulture Superiore, il Moscato di Scanzo, il Sagrantino di Montefalco, il Greco di Tufo, il Prosecco di Conegliano, il Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane, il Primitivo di Manduria, il Cannellino di Frascati, i Colli Orientali del Friuli Picolit, la Vernaccia di Serrapetrona ed il Cerasuolo di Vittoria. Solo cinque regioni sono rimaste fuori dall’iniziativa filatelica ma non è ancora finita.
Nasce il premio Gambelli per il miglior enologo under 35
È Zhang Huan l’artista designato per la quarta “Vendemmia d’Artista” di Ornellaia, che quest’anno celebra l’Equilibrio. Ispirandosi a Confucio l’artista cinese ha chiamato l’opera “Questioning Confucius”: si tratta di una scultura d’acciaio raffigurante il filosofo, posta nel cortile interno della cantina. Inoltre Huan ha creato cento etichette con il volto di Confucio ed una sua frase per altrettante magnum, dieci per altrettante imperiali da sei litri ed una per una Salmanazar recante anche una piccola scultura ovale d’acciaio. Ventuno bottiglie tra queste saranno protagoniste, in aprile, di un’asta benefica al Mandarin Oriental di Hong Kong.
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Fiere
Tirreno CT
Carrara riferimento per la ristorazione
Con oltre 50.000 presenze, in leggera crescita rispetto all’edizione 2011, Tirreno Ct si conferma un punto di riferimento importante per il settore della ristorazione italiana e in particolare per quello dell’agroalimentare, vino compreso. La 32esima edizione del salone nazionale per alberghi, bar, gelaterie, pasticcerie, pizzerie, panifici, ristoranti e comunità ha visto i visitatori spostarsi tra esibizioni, degustazioni, forum, visitare gli stand delle oltre 300 aziende espositrici provenienti da 14 regioni d’Italia più 3 espo-
sitori dall’estero (Germania e Austria). Più di 600 i marchi commerciali rappresentati, su una estensione che supera i 30.000 metri quadrati di superficie espositiva coperta. Una mostra-convegno dedicata alle attrezzature e forniture per gli operatori della ristorazione e strutture ricettive dalle materie prime, agli ingredienti, dai prodotti alimentari, a macchine e attrezzature specifiche. Durante la manifestazione si sono susseguiti decine di seminari, dimostrazioni, forum e tavole rotonde. E soprattutto molti con-
ogni categoria presente ha sfruttato l’importante vetrina di tirreno ct per presentare le proprie eccellenze 18
corsi professionali di livello nazionale e internazionale. Ogni categoria presente ha sfruttato l’importante vetrina di Tirreno CT per presentare le proprie eccellenze e per dare lustro alle proprie punte di diamante con esibizioni e competizioni. Sono stati 294 gli espositori provenienti da 50 province di 14 regioni italiane e 3 da paesi esteri per un totale di 297 aziende. La geografia di provenienza vede il Nord pesare per il 49 %, il Centro per il 47% , mentre solo il 3% dal Sud e Isole. L’1% proveniva dall’estero. La regione italiana più rappresentata è stata la Toscana (44%), seguita dall’Emilia (14%), dal Veneto, dalla Lombardia e dalla Liguria. Tra le province, Massa Carrara (13%) è stata ovviamente al primo posto, a buona distanza dal secondo posto di Lucca
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(8%); poi Pistoia, Firenze, Pisa. La prima extra Toscana è Venezia (7%), seguita da Reggio Emilia insieme con Milano. Durante i cinque giorni c’è stato anche il concorso per sommellier “Premio AIS Apuana – Tirreno CT”, organizzato dall’Associazione Italiana Sommelier e riservato ai professionisti del settore. Quindici i concorrenti, provenienti da varie province della Toscana, che si sono affrontati in una difficile prova, consistente nel riconoscere tre vini campione di tipologia rosso, indicare il campione, effettuare una degustazione teorica, attribuirgli un punteggio di valore in centesimi e motivare la scelta. Tra i cinque finalisti che avevano superato la prima fase del concorso, è risultata vincitrice la sommelier Liuccia Grassi da Massa Carrara. Il successo non è giunto inaspettato, come ha confermato il delegato dell’Ais Apuana, Lorenzo Chiappini, durante la presentazione dei vincitori: «Avevamo più che un forte sospetto che le donne fossero brave quanto e più degli uomini. Il risultato di oggi ce ne dà la conferma». Tra i quattordici concorrenti in gara, hanno passato il primo turno Liuccia Dazzi, Domenico Aricò, Giuliano Mazzi, Luca Lattanzi e Sergio Garaffo, che hanno affrontato la fase finale del concorso. «Non è stato facile decidere la classifica finale, data la competenza dei concorrenti, ma nelle gare c’è sempre un vincitore, – ha proseguito Lorenzo Chiappini – e in questo caso si tratta di una vittoria veramente meritata». La piazza d’onore è stata occupata da Domenico Aricò; terzo posto, ma a detta della giuria si tratta praticamente di un pari merito, per Giuliano Mazzi. La vincitrice Liuccia Dazzi ha stupito la giuria anche con la motivazione della sua scelta: «Su questo calice c’è il profumo del mare, il soffio del vento delle apuane, c’è il sacrificio della gente orgogliosa della mia terra». A quanto pare, questa ragazza ha veramente una marcia in più rispetto agli uomini, coniugando professionalità e poesia in un mestiere che fino a ieri era appannaggio praticamente esclusivo del cosiddetto sesso forte. Per la cronaca, oltre al campione selezionato Candia dei Colli Apuani, erano presenti anche il Merlot dell’azienda “Castel del Piano” e il Cabernet Franc dell’azienda “La Bellanotte”.
Fiere
Vinitaly 2012
In attesa di conferme si guarda all’export I vini da agricoltura biodinamica sono la vera novità di Vinitaly 2012. Il più grande salone del vino al mondo dedicato al vino si apre a una nicchia di mercato fatta di piccoli numeri, ma che fa tendenza rispetto alla richiesta di qualità globale. Un centinaio le aziende italiane ed estere che hanno scelto di aderire alla nuova iniziativa. L’altra novità della 46esima edizione, è il cambio della cadenza dei giorni, con inizio dalla domenica per finire mercoledì. Vinitaly di quest’anno, inoltre, avrà un occhio di riguardo per il canale horeca. Un sondaggio della stessa manifestazione ha evidenziato l’importanza per questa categoria di operatori di visitare la rassegna e avere eventi dedicati. Insieme a Vinitaly, le rassegne Sol e Agrifood Club completano l’offerta di Veronafiere nel settore wine&food. E nelle stesse date, come di consueto, appuntamento anche con Enolitech, salone delle tecnologie per le filiere vitivinicola e oleria. I numeri del 2011. Lo scorso anno Vinitaly ha visto la presenza di 156mila visitatori, dei quali 48.000 esteri (+3% sul 2010) da più di 110 Paesi, con la Germania in testa, seguita da Stati Uniti e Canada, Regno Unito, Svizzera, Francia, Austria, Paesi dell’Est Europa con una forte presenza della Russia, Cina e Hong Kong. Biologici o biodinamici. Era un regolamento atteso dai viticoltori biologici, ma anche da Vinitaly, quello che permetterà, a partire dai vini della prossima vendemmia, di utilizzare il termine “vino biologico” sulle etichette dei vini prodotti con questa tecnica e certificati da un organismo competente. «Era giusto arrivare a questa de-
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Fiere
cisione – dice Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere – per tutelare i consumatori e per dare riconoscimento a una produzione che sta crescendo sia in termini quantitativi che di interesse di mercato. Noi avevamo colto questa esigenza, tanto da aver deciso di aprire un salone dedicato non solo ai vini biologici, ma anche a quelli biodinamici selezionandoli sulla base di requisiti molto restrittivi». Ai vini bio, quelli non convenzionali, è dedicato Vivit – Vigne, Vignaioli, Terroir e avrà uno spazio allestito al 1° piano del Palaexpo, ingresso A. I produttori saranno 121, molti provenienti anche dalla Francia, ma anche da Austria e Slovenia. Sempre più stranieri i vini nei ristoranti. I vini stranieri sono ormai di casa nelle cantine dei ristoranti italiani. Rimane comunque un’alta percentuale di ristoratori che sceglie di mantenere una carta dei vini rigorosamente nazionale. Il 60% dei clienti ordina la bottiglia e se non la finisce il 6% se la porta a casa. Francia, Germania, Austria per i vini bianchi e ancora Francia, ma seguita da Spagna, Cile, Stati Uniti, Australia, Argentina, Sud Africa per i rossi. C’è sempre più mondo nelle carte dei vini della ristorazione italiana, con ristoranti che arrivano ad offrire bottiglie canadesi, israeliane, libanesi, ungheresi o greche per stuzzicare la curiosità dei propri clienti. Alla crescente offerta di vini stranieri si contrappone una riduzione della proposta di etichette, infatti nel 2010 rispetto al 2009 sono diminuiti i locali con oltre 100 etichette sulla carta dei vini.
Carte dei vini sempre più ‘corte’, contraSembra essere questa la risposta alla conzione dei consumi, ma mentre tutti pentrazione dei consumi nella ristorazione, sano alla crisi economica i clienti dei ristoma se per molti tenere nella propria canranti cambiano gusti e si fanno sempre più tina vini stranieri è una scelta obbligata, attenti ed esigenti. Per gestire e non subire rimane un zoccolo duro di “patrioti” che il cambiamencontinua ad servono offrire esclu- la crisi è solo un alibi to nuove modasivamente etial calo dei consumi lità di offerta, chette italiane. più investiIl 37% dei rimenti in cultura del prodotto e maggiori storanti italiani non propone vini bianchi sinergie tra produttori e ristoratori. Cresce stranieri; la percentuale sale al 40% per i il ruolo del sommelier. E la crisi è stata vini rossi, fino ad arrivare al 72% per i roanche l’occasione per rivedere le strategie. sati e scendere al 20% per le bollicine. Bollicine che passione. Il crescente favore dei consumatori per i vini spumanti italiani traina anche la richiesta di quelli stranieri. Gli operatori della ristorazione adeguano le loro carte dei vini, inserendo un numero sempre maggiore di etichette e c’è anche chi “osa” e propone bollicine australiane, neozelandesi e cilene. Nei ristoranti italiani l’offerta non si ferma alle bollicine nazionali, tanto che l’80% delle carte dei vini propone anche etichette straniere, contro un 20% che continua ad essere nazionalista convinto. E chi offre bollicine straniere, la quasi totalità, sceglie la tradizione francese, ma c’è un 9% che propone bottiglie spagnole o addirittura, con grande intraprendenza, provenienti da Australia, Cile e Nuova Zelanda, oltre che dalle più vicine Germania, Austria, Slovenia e Croazia. Gusti che cambiano. La crisi è solo un alibi al calo dei consumi, c’è invece, da ripensare l’offerta di vino nella ristorazione.
Adesso si fa poco magazzino, i vini sono più legati al consumo quotidiano, magari con una strizzatina d’occhio alle etichette straniere, ma con un migliore rapporto qualità/prezzo. La crisi è diventata un’opportunità per fare piazza pulita dei vini che non piacciono più. Bollicine e vini leggeri? Una ‘moda duratura’, ma solo se l’offerta sarà di qualità. I vini strutturati ‘per forza’ non piacciono più così tanto, mentre il consumatore medio è più informato, curioso, viaggia e assaggia vini di altri Paesi. I professionisti come i sommelier possono fare la differenza tra bere colto e informato e quello generalista. La tendenza. Al ristorante si beve meno per colpa dei limiti imposti dalle normative antialcol, per la crisi e perché cambia l’approccio dei clienti al vino. Occorrono vini semplici, leggeri e di prezzo medio, al calice o in bottiglia di piccolo formato.
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Protagonisti in cantina
Roberto Cipresso
Filosofia di un winemaker Nino D’Antonio
Roberto Cipresso
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Il confine fra le opposte tesi è dei più incerti. Pesa di più la spiccata tipologia di un vitigno, o i caratteri del territorio in cui vive? Per qualcuno è una disputa sterile. Un braccio di ferro senza vincitori. Uno spartiacque aperto a reciproche incursioni. Roberto Cipresso, invece, su questo distinguo ha costruito la sua identità. «È un dato di fatto che il territorio è spesso caratterizzante, al punto da assorbire e forse annullare del tutto l’identità di un’uva. E viceversa, in areali meno decisi è il vitigno a imporsi sull’ambiente. Così a prevalere è sempre la componente più forte». Osservo che la stretta connessione fra i due elementi non consente di stabilire dove finisce l’influenza dell’uno sull’altro. Ma Roberto ha messo insieme un tale ventaglio di argomenti a sostegno della sua tesi, da tirar fuori anche una felice metafora per essere più convincente. «Un testo di Shakespeare a teatro è destinato a prevalere sull’attore, mentre un’opera meno impegnativa lascia più spazio all’interprete… così va inteso il rapporto autoctono-territorio…». Roberto Cipresso è nel pieno di una felice maturità. Taglia sportiva, folta chioma appena brizzolata, pizzetto da alpino d’antan, è un veneto trapiantato in Toscana. È nato nel ’63 a Bassano del Grappa, e questo rende più familiare il nostro incontro. Ho un’antica frequentazione con l’entroterra vicentino e ho conservato forti legami di amicizia e di lavoro nelle terre di Jacopo da Ponte. Il trapianto in Toscana non è stato senza traumi. Il Grappa, le Dolomiti, l’Altopiano di Asiago costituiscono fotogrammi consacrati fin dall’infanzia. E la stessa scoperta del vino è riconducibile alle pareti di casa
in piazza dei Signori e alle prime esperienze di assaggio, con il papà buon intenditore e attento collezionista. Poi la scuola, i giochi, gli amici. Bassano nei primi anni Settanta è ancora tutta nella sua cinta muraria, dal viale dei Martiri al mitico Ponte al Borgo di Angarano, fra mescite, laboratori di ceramica e un corteo di osterie. «Continuo a nutrire da sempre un amore profondo per la montagna. Le Dolomiti del Brenta sono state per me una straordinaria palestra, che ho frequentato per anni. Poi, da un lato il trasferimento in Toscana, con la conseguente scoperta di una nuova realtà e, dall’altro, la tragica perdita di un compagno nel corso di una scalata, mi hanno portato a una dolorosa rinuncia». Gli studi a Padova e poi i corsi di specializzazione a San Michele all’Adige – sotto la guida di Attilio Scienza – aprono le porte alle prime esperienze di lavoro. Personalità irrequieta, con una forte impronta creativa, Cipresso a soli ventritre anni è già all’opera sul Brunello, nelle cantine di Case Basse e di Poggio Antico, con una metodologia che, senza essere rivoluzionaria, accoglie criteri e princìpi del tutto nuovi. Ne è prova il fatto che nel volgere di una sola vendemmia si ritrova alla direzione tecnica dell’azienda Ciacci Piccolomini d’Aragona, per la quale firma non solo il Brunello ’88, ma anche il
Vigna Pianrosso del ’90. Due vini che saranno protagonisti nelle aste di New York, Chicago e Londra. Su questi esordi, Roberto procede spedito, al punto che ogni tanto deve fare qualche passo indietro perché la cronaca risulti chiara. Poi, d’improvviso, il racconto si fa ampio e disteso, con un corredo quantomai ricco di notizie e di particolari. Appena il tempo di sorprendermi, prima che le ragioni di questo cambio di marcia mi risultino comprensibili. La sua storia, quella che lo
ordinario impegno e la rigorosa applicazione di una filosofia, che spesso ha richiesto il sacrificio di ogni utile a vantaggio di una qualità eccellente. Il Brunello ha dietro di sé troppa storia e troppo prestigio perché sia possibile ritagliarsi agevolmente uno spazio. Io ci ho provato…». Incontro Roberto presso la cantina La Sibilla degli amici Di Meo, a pochi chilometri da Napoli, nel cuore dei Campi Flegrei, cioè ardenti. È un topos magico, capace di alimentare profonde emozioni anche in chi
GLI STUDI A PADOVA E POI I CORSI DI SPECIALIZZAZIONE APRONO LE PORTE ALLE PRIME ESPERIENZE DI LAVORO vede assoluto protagonista e non comprimario – anche se di produttori illuminati – prende l’avvio nel ’92 con la nascita della fattoria La Fiorita a Montalcino. Finalmente è sua la terra e la cantina, e questo vuol dire la piena libertà ma anche la piena responsabilità di ogni scelta. Anche se sono in tanti a tenere d’occhio La Fiorita, fin dai risultati della prima vendemmia curata in solitario da Cipresso. La storica enoteca Pinchiorri di Firenze batte tutti sul filo e acquista en primeur l’intera produzione. «Un colpo di fortuna, si dirà. Ma anche uno stra-
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ha poca confidenza con la storia e le sue testimonianze. Qui siamo nella stagione più esaltante dell’impero romano. Quella dell’età di Augusto, e quindi della poesia di Virgilio, del lago d’Averno, della discesa agli Inferi di Enea, del mito della Sibilla. Le calate di Cipresso nel Sud hanno ormai un preciso calendario, da quando nel ’99 ha dato vita a una propria società di consulenza. Ma la Winemaking è qualcosa di più e di diverso rispetto ad altre iniziative similari. Intanto perché mette in cantiere una serie di progetti, a partire da quello con
Protagonisti in cantina
la Diesel Farm di Renzo Rosso alla Bodega Achaval Ferrer di Mendoza, in Argentina. Un’apertura senza precedenti, che traduce appieno il gusto per il rischio che da sempre accompagna la ricerca di Cipresso. Il quale su questo piano non ha certamente rivali. Specie se si pensa al Progetto Winecircus, che esiste ormai da più di quindici anni. «È stato un azzardo, mi creda. Ma ero così convinto della validità di questo esperimento – e il tempo mi ha dato ragione – che non potevo rinunciare. Si tratta di una ricerca, e come tale aperta ad ogni imprevedibile risultato». Ne parliamo a lungo nel corso del pranzo all’insegna di quella animazione tutta partenopea, che raggiunge punti di una partecipazione corale. L’idea nasce in anni nei quali tutti sembrano voler dare un’identità a un vino, piuttosto che ricercare quella di un territorio. Ed è questa invece la bussola che guida da sempre la squadra di Roberto. Oggi il valore della diversità è un dato acquisito, anche perché si è capito che trascende l’uomo per radicarsi esclusivamente nel terroir. E qui fa ancora capolino la filosofia di Cipresso, il suo bisogno di sognare, le sue teorie sul mistero del vino. «Conoscere se stessi è quantomai difficile. E altrettanto vale per il vino. La biologia di un elemento vivo, i suoi processi, la sua evoluzione ci sono noti solo in parte, e questo anche sul piano scientifico. Col vino, come con le montagne e con la vita, arrivi sempre a un punto oltre il quale vai avanti a tentoni, spinto solo dalla speranza». Roberto va avanti a ruota libera, alternando considerazioni tecniche a immagini legate alla sua capacità inventiva. Viene fuori, così, un discorso a doppia faccia, dove le due componenti, a prima vista inconciliabili, arrivano a fondersi in un tutt’uno. Che è poi lo spirito da cui è nato Winecircus. In sostanza, Cipresso individua in un determinato territorio un vitigno ricco di potenzialità e comincia un’operazione di mescolanza con altri vitigni provenienti da altri territori. Questo perché – a suo avviso – una mescita sapiente e ben governata può dare risultati più che eccellenti. È evidente che siamo ad una scelta aperta ad ogni possibile critica, ma anche ad esiti non solo originali, ma più che significativi. «Ciò che mi affascina è l’idea della mescolanza dei terroir. Il sogno di mescolare terre, luci, paesaggi, venti, ma anche sudori, fatiche, intelligenze, esperienze. Mescolare
L’IDEA NASCE IN ANNI NEI QUALI TUTTI SEMBRANO VOLER DARE UN’IDENTITÀ A UN VINO vorrebbe anche dire mescolare i vecchi del vino, i saggi di ogni eccellenza del vino. Lo so bene. Non tutti i terroir sono tra loro mescolabili. Per comprendere se e quale fra loro sia abbinabile ad altri, occorreranno stagioni e anni…, perché nella ricerca vera non ci sono binari prefisssati, ma solo la possibilità di vagare ed errare...». Parliamo di autoctoni e della loro difesa, che non sempre nasce da un profondo
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convincimento. Spesso, dietro ci sono finalità commerciali. È una risposta al mercato, per contrapporsi ai vitigni internazionali. Il riferimento agli autoctoni ci riporta ancora alla questione del dualismo varietà-territorio. Cipresso mi ricorda che Madame Leroy sostiene come il più grande Pinot Nero sia quello che non sa di Pinot Nero. La qualcosa riferita alla Borgogna, dove l’influsso
del territorio è del tutto prevalente, finisce per annullare le caratteristiche di una varietà pur così forte. Anche in questo caso Roberto conferma il gusto per la citazione dotta, che scopre la sua frequentazione con i libri e le buone letture. Ma c’è di più. Lui i libri li scrive anche e, devo dire che hanno un successo non inferiore a quello dei suoi vini. Il creativo non si sfoga solo in cantina, ma mette insieme opere organiche, scritte con mano felice e senza aridi tecnicismi. Nel 2006 ha visto la luce Il Romanzo del Vino, che già nel titolo denuncia il suo approccio narrativo. E due anni dopo, ecco Vinosofia, un neologismo che interpreta bene quale tipo di frequentazione abbia Roberto col vino, e come la componente culturale sia alla base di ogni suo intervento. Il Romanzo del Vino ha vinto il Premio Veronelli, con una larga messe di consensi e recensioni. Ma i libri rappresentano solo il suo più recente approdo. Dietro, c’è una fitta rete di conferenze e convegni in tutto il mondo: New York, Dusserdolf, Valencia, Bruxelles, Berlino e la sua partecipazione a Radio Due con la trasmissione Decanter. Cipresso è un piacevole conversatore e ha un buon eloquio. L’accento ha perso l’originaria cadenza veneta, senza però assumere quella toscana. È nata così una parlata priva di inflessioni, che non è estranea ai suoi continui spostamenti e al contributo che gli viene dalla varietà degli ambienti e dei contatti. In questo contesto, non sorprende che l’uscita nel 2009 del terzo libro, Vineide (ancora un titolo di matrice classica), sia stata preceduta da alcuni lusinghieri riconoscimenti: Migliore Enologo dell’anno nel 2006, Ambasciatore delle Città del Vino, Enologo italiano nel mondo al MeranoWineFestival, Accademico Corrispondente della rinomata Accademia dell’Agricoltura di Bologna. Chiedo quale sia il Sangiovese più idoneo per il Brunello, visto che è il vino col quale ha più confidenza. La risposta elimina ogni residua credenza a favore della tipologia grossa. «Oggi – e meno male, aggiunge Cipresso – le varie selezioni hanno dato origine a cloni che rispondono a esiti più sicuri. Così siamo ai grappoli e agli acini piccoli e spargoli».
Provo a cambiare registro. Il vino sta tenendo banco da troppo. Apprendo, così, che Roberto è sposato e ha due maschietti, Matteo di nove anni e Gianmarco di cinque, ai quali è felice di dedicare tutto il suo tempo, quando è a casa. Il che non è molto frequente. Appassionato di jazz (in passato è stato un assiduo frequentatore dei maggiori concerti), suona la chitarra e ama sciare. Spesso fuori pista, perché questo gli consente un rapporto più solitario e intimo con la montagna. Legge con piacere saggi di filosofia, che in apparenza possono risultare anche aridi, ma favoriscono quell’esercizio del pensiero, fondamentale per un uno come lui. L’inevitabile commento ai vini de La Sibilla ci riporta ancora all’enologia e ai suoi protagonisti. E qui Cipresso non manca di avanzare un preciso distinguo fra l’enologo e il winemaker. Due figure a prima vista confinanti e che invece si pongono con due diversi e ben precisi ruoli. L’enologo (che non sono io, si affretta a chiarire Roberto) è l’esperto della biologia e della chimica del vino, che realizza grazie al meglio della sua preparazione e delle sue esperienze professionali. Il winemaker ha, invece, una missione diversa e più ampia, che investe la formazione dei produttori. Vale a dire portarli a conoscere le potenzialità e i limiti dei loro vigneti. «Perché succede che c’è chi può contare sui requisiti di una Ferrari, e non lo sa, e chi invece si illude di averla, ma dispone solo di una Cinquecento. Insomma, è un lavoro da confessori, arbitri, allenatori, per realizzare un progetto che punti alla qualità dell’intera filiera, dal territorio alla confezione della bottiglia». Scatta a questo punto, immediata e ineludibile, la domanda di rito: come nasce un grande vino. Mi aspetto una di quelle aperture fra concetti e immagini, che sono proprie di Cipresso, e invece incasso una sola parola asciutta e decisa: «Equilibrio». Che riguarda l’uomo, l’ambiente, la vite, la vinificazione e la filosofia con cui il vino viene prodotto. L’amplificazione è mia, perché la scelta del termine equilibrio sembra a Cipresso così chiara ed esaustiva, da rinunciare a qualunque ulteriore spiegazione. 27
Il Taglio dell’Unità d’Italia L’associazione Nazionale Città del Vino, in occasione dei festeggiamenti per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, ha realizzato, in collaborazione con il winemaker Roberto Cipresso, una cuvée di vini da vitigni autoctoni italiani per 150 bottiglie magnum Si chiama “Il Taglio per l’Unità” la serie speciale di 150 magnum realizzate dall’Associazione Nazionale Città del Vino per festeggiare il 150° anniversario dell’Unità d’Italia; la cuveé porta la firma del winemaker Roberto Cipresso. Il vino contenuto nelle bottiglie è il risultato di un raffinato assemblaggio eseguito personalmente da Cipresso che ha unito i vini prodotti esclusivamente con 25 vitigni autoctoni italiani messi a disposizione da 38 aziende selezionate dallo stesso enologo, in rappresentanza di tutte le regioni italiane. Il disegno dell’etichetta è stato realizzato da Annibale Parisi, un artista che vive e lavora a Montalcino, la cui sensibilità artistica è stata capace di sintetizzare, attraverso la sua opera, i concetti Di “taglio” e di “unione” che hanno trovato un’efficace rappresentazione grafica. La parola “taglio”, usata per identificare l’iniziativa, nel nostro caso, non intende certo una divisione, bensì l’unione di uno o più vini, a ribadire il valore del concetto di “unità”. Le Magnum sono in vendita all’asta, prezzo base di partenza 150 €. Per partecipare basta ciccare sul portale http://www.terredelvino.net/ auction_prod. Il ricavato andrà al Comune di Monteforte d’Alpone e al Parco delle 5 Terre colpiti dalle alluvioni del 2010 e 2011.
Protagonisti in cantina
Al Vinitaly moda, wine e food con Campo alla Sughera Campo alla Sughera, l’azienda nel cuore famosa e unica al mondo, proprio come di Bolgheri (Castagneto Carducci - LI) fanno oggi le nostre eccellenze». sarà protagonista alla 46esima edzione Ma le novità che l’azienda propone per del Vinitaly, la più importante fiera enoquesto Vinitaly non finiscono qui. logica che si svolge a Verona dal 25 al Mercoledì 28 marzo lo stand si trasforme28 marzo. E lo fa con grandi novità. In rà in un piccolo ristorante dove i protagouno stand tutto nuovo, inaugurato l’annisti saranno i grandi chef, all’opera per no scorso, più grande e più confortevole preparare prelibatezze abbinate alle perle – stand C15 Pad 8 Toscana – l’aziendi Campo ala Sughera. da di Bolgheri ospita gli eventi targati Il Pastry Chef della rinomata Scuola inModa&Food. ternazionale di cucina Apicius, di FirenLunedì 26 marzo 2012 sarà possibile ze, Simone De Castro, con l’executive degustare i prodotti food di Bolgheri+ chef Andrea Trapani, proporranno per la (dalle marmellate, al miele fino ai forstampa una degustazione con uno spemaggi) abbinate alle tante eccellenze ciale menù ad hoc abbinato ai vini Camdi Campo alla Sughera. Il marchio è po alla Sughera. Guancia di manzo a 67° presente con negozi in Italia (Bolgheri brasata al Bolgheri Superiore Arnione, baby e Torino) e all’estero (prossime apercarrots e spuma di patate di cetica alle spezie ture) e vendono esclusivamente pronostrali, Clafoutis alle uve macerate al Cru di dotti bolgheresi (vino, olio, occhiali, Bolgheri, Campo alla Sughera, con mousse di cappotti e persino biciclette), denomicioccolato e cremeux di more e lamponi con crumnati La Bottega di ble al pepe il gustoso Bolgheri+. menù proposto. un brand può «Campo alla L’azienda di raccontare Sughera crede nella Bolgheri inoltre diffusione del nome vi aspetta ogni una terra, Bolgheri in Italia e giorno al Vinitaly in questo caso nel mondo. – afferper degustare le ma Felice Tirabasso, nuove annate bolgheri responsabile di delle sue eccelCampo alla Sughera – Un brand giovane lenze: Campo alla Sughera, il Cru, seleche spazia dalla moda al food e si chiazione di Petit verdot, Arnione, il Bolgheri ma Bolgheri+ può finalmente giocare a Superiore, Adèo, il Bolgheri Rosso, favore di una zona di eccellenza del vino Achenio, il Bolgheri Bianco, Arioso il ma ancora sconosciuta ai più. Il nostro fresco Igt bianco, la ricercata Grappa di stand si trasformerà per 2 giorni in un Arnione e il delizioso Olio Igp Toscano. piccolo corner di moda, design, food Per informazioni contattare Rita Tonini con immagini dello splendido territorio allo 347/7126160, oppure visionare il di Bolgheri. Un brand può raccontasito internet www.campoallasughera.com re una terra, in questo caso Bolgheri dove è possibile scaricare anche le schede e soprattutto quel vino che l’ha resa tecniche dei vini.
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Un po’ di storia Campo alla Sughera è l’azienda vitivinicola di Knauf nel cuore di Bolgheri, patria di grandi vini italiani. La realizzazione del vigneto si è ispirata fin dall’inizio a due principi fondamentali: la massima qualità delle uve prodotte e la massima meccanizzazione della coltivazione. Campo alla Sughera ha realizzato un impianto di vigneto altamente specializzato per una superficie di circa 20 ettari. Gli appezzamenti si trovano all’interno della zona Bolgheri Doc, delimitata dal Fosso di Bolgheri, il quale confina con l’azienda stessa, in un territorio particolarmente vocato alla realizzazione di vini di particolare pregio, sia rossi che bianchi. Il microclima sfrutta positivamente la ventilazione proveniente dal mare che dista pochi chilometri. Seguendo i più moderni canoni della viticoltura nazionale ed internazionale e sulla base di quello che stabilisce il disciplinare Doc Bolgheri, Campo alla Sughera produce vini in maggior parte rossi, ma anche bianchi di altissima qualità con vitigni quali Merlot, Cabernet Sauvignon, Blanc e Chardonnay. La capacità dell’azienda di far emergere il terroir di Bolgheri è la base dei loro prodotti: Campo alla Sughera, il Cru, selezione di Petit verdot, Arnione, il Bolgheri Superiore, Adèo, il Bolgheri Rosso, Achenio, il Bolgheri Bianco, Arioso il fresco IGT bianco, la ricercata Grappa di Arnione e il delizioso Olio Igp Toscano. 29
Protagonisti in cantina
Con Mottura la Puglia protagonista al Vinitaly La Puglia entra da protagonista alla 46esima edizione del Vinitaly con il progetto “Le Pitre” dell’azienda storica Mottura vini del Salento. Dopo oltre 80 anni di storia, in cui l’amore per la terra e la cura per le vigne sono stati tramandati come un’eredità preziosa da padre
in figlio, attraversando quattro generazioni, Mottura si impone oggi come un’azienda leader nel Salento e in Italia nella produzione di vini di qualità. Ma cos’é esattamente il progetto Le Pitre? Chiediamolo a Barbara Mottura, giovane titolare dell’azienda.
«Il progetto Le Pitre nasce nel 2005 e mira ad esaltare le potenzialità delle uve autoctone, ottimizzare il rapporto tra terroir e vigna e migliorare la genetica con ricerche clonali. Ogni vino nato da questo progetto è un’espressione unica del proprio territorio, ha la propria identità, storia
Barbara e Marta Mottura
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e personalità, ma con uno spirito e uno scopo comune: insieme rappresentano il meglio del Salento, e dei valori di Mottura. Primitivo del Salento, Negroamoro del Salento, Rosato del Salento e Bianco del Salento le eccellenze taragate Le Pitre. Questi vini dalla spiccata personalità e autentici nascono dalla Tenuta “Le Pitre” e le varietà coltivate sono Primitivo, Negroamaro, Chardonnay e Fiano. Vengono prodotti da vigneti di 60 anni allevati ad alberello con una naturale bassa produzione che consente una maggior concentrazione di aromi e profumi nei grappoli. La raccolta si effettua manualmente con una attenta selezione delle uve affinché in fase di vinificazione arrivi un prodotto con una ricchezza organolettica intatta ed una qualità altissima. In cantina avviene poi il processo di affinamento in barriques di rovere francese, dove per 12 mesi il vino ha modo di esprimere tutto se stesso e di restituirci
ogni vino nato da questo progetto è un’espressione unica del proprio territorio: il salento l’emozione del suo viaggio attraverso la storia di una terra che tanto amiamo». E dal 25 al 28 marzo presso lo stand G2 Padiglione 10 – Puglia, Mottura propone una dolce novità (dalle 15 alle 17): il Primitivo e il Negroamaro del Salento saranno abbinati alle creazioni dei maestri dolciari dell’Alda, la famosa casa che rivisita l’arte pasticcera pugliese più tradizionale in chiave moderna. Si va dalle proposte al cioccolato, come i “Ficolì” al vino cotto di Primitivo (cremino di fichi con puro fondente extra) o le “Amorene” (amarene candite in crosta di puro fondente), fino alla “Cotognata” retaggio di una tradizione antica e sempre viva nella cultura dolciaria della Puglia e alle creazioni in pasta di man31
dorla, perfette da abbinare con il Moscato di Trani di Villa Mottura, prodotto esclusivamente con uve raccolte a mano quando sono leggermente surmature. Oltre ai vini Le Pitre Mottura sarà presente con tutte le altre eccellenze enologiche, dai bianchi ai rosati fino, ai vini dolci. Insomma l’azienda salentina rappresenterà, anche quest’anno, l’essenza più autentica del Salento, in occasione della 46esima edizione del Vinitaly, per far riscoprire quei vini dalle rare caratteristiche qualitative che l’enologia italiana ha saputo esprimere. I vini Mottura possono essere visionati sul sito www.motturavini.com e quelli firmati Le Pitre su www.lepitre.it.
Vino bio A cura di Paolo Corbini
Approvate le nuove norme europee che sanciscono definitivamente la nascita della filiera biologica anche per il nettare di Bacco
Il rinascimento del vino bio
È dal 1991 che il mondo del vino europeo attendeva questa notizia: con le nuove norme approvate dallo Standing Committee on Organic Farming (Scof), il Comitato permanente per l’agricoltura biologica, anche il vino potrà definirsi “biologico”. Si potrà così applicare integralmente la normativa comunitaria sulla produzione biologica, dal vigneto alla bottiglia, come si fa per gli altri prodotti agroalimentari (ortaggi, frutta, carni), a maggior garanzia dei consumatori ma anche a tutela dei viticoltori che da anni
applicano i concetti della produzione biologica che fino a ieri era riconosciuta solo a metà. Infatti, era possibile imbottigliare vini prodotti con “uve da agricoltura biologica” ma non era contemplata la possibilità che le pratiche biologiche potessero essere applicate in cantina; o meglio, chi le applicava poteva farlo, ma non poteva apporre sull’etichetta il logo europeo della certificazione “bio”. Ora in Europa la filiera biologica del vino è completa. Per raggiungere que-
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sto obiettivo, la Commissione Europea ha istituito un gruppo di lavoro, cuore del “progetto OrWine”, che ha redatto dopo alcuni anni di lavoro il “Codice di buone pratiche per la viticoltura e l’enologia biologica” da cui poi è scaturito il parere favorevole che ha portato alla definizione di vino biologico; 230 pagine fitte di dati, formule, prescrizioni, richiami a leggi e che sono alla base della complessa normativa. È così facilmente
Vino bio
immaginabile perché l’iter per l’approvastimano 52.273 ettari di vigneti biologici zione del regolamento sulla vinificazione (di cui 21.931 in conversione), su un bio non sia stato veloce né tanto meno totale nazionale di circa 684.000 ettari. agile, ed il testo definito non risponde L’Italia si colloca al secondo posto in appieno – secondo quanto affermano Europa, dopo la Spagna (57.231 ettari) le varie associazioni e sigle di categoria e prima della Francia (50.268 ettari). In – a tutte le aspettative del settore del Europa si parla complessivamente di biologico italiano, ma tutti concordano 192.671 ettari. sull’importanza del risultato raggiunto Il settore è in crescita rispetto alla che mette d’accordo gli Stati europei. Il viticoltura convenzionale, senza dimenregolamento, che ufficialmente entrerà in ticare che stanno crescendo anche i vigore dall’agosto produttori che si 2012, tra l’altro, dedicano al bioil settore prevede la possidinamico e, più in è in crescita bilità di etichettare generale, alla procome bio anche il duzione di “vini rispetto vino delle annate veri” o “vini natualla viticoltura rali” dove regna precedenti, purché se ne possa dimoun approccio convenzionale strare la conformiancor più arcaico, tà alle nuove norme europee. se così si può dire, alla coltura (ma Ma quali sono i numeri del vino bioloanche alla cultura) della vigna e del gico in Italia? Con l’entrata in vigore del vino. Di sicuro sono al bando prodotti nuovo regolamento si potranno avere chimici di sintesi (concimi, diserbanti, dati più certi; fino ad oggi i dati si riferianticrittogamici, insetticidi, pesticidi) e vano alla sola coltivazione biologica delle gli organismi geneticamente modificauve. A partire dal 2009, il Sinab (sistema ti. Del resto, essere impresa biologica d’informazione nazionale sull’agricoltura significa prender sul serio le parole bios biologica), ha prodotto dati più precisi che significa vita, e logos che significa sulla superficie trasformata o in trasforconoscenza; quindi, non solo una semmazione al biologico; in generale, la vitiplice pratica ecologica, ma una vera coltura biologica ha avuto un periodo di e propria filosofia di vita. Un ruolo espansione, tra il 2005 e il 2008, durante centrale, anche se non esclusivo, nelle il quale sono entrate in produzione preferenze produttive dei vignaioli biomolte aziende, tanto che gli ettari dedilogici, lo giocano i vitigni autoctoni, cati sono cresciuti da circa 20.000 fino quelli che testimoniano un più forte ai 29.532 del 2008. Nel 2009 la superrapporto tra vite e territorio, quelli che ficie convertita è scesa leggermente (da sono figli di un jenius loci che affonda le 29.500 a 27.500 ettari), anche se poi si è sue radici nella storia più antica della registrato di nuovo una crescita. Oggi si viticoltura italiana.
Nel carrello della spesa il biologico vale il 2% Fare la spesa in tempo di crisi: si guarda più al prezzo che alla qualità, almeno così fanno le fasce più deboli dei consumatori. I prodotti biologici dentro a questo scenario sembrano avere una vita autonoma, anche se la spesa bio incide appena il 2% sul totale. Sono circa 3 i miliardi di euro generati dal mercato del biologico italiano, con circa 1,8 miliardi di vendite al dettaglio in negozi specializzati, grande distribuzione, vendite dirette delle aziende agricole (ortofrutta, olio e vino), e gruppi d’acquisto. L’Italia è il maggior esportatore mondiale di prodotti biologici con circa 900 milioni di euro. C’è dinamismo intorno al mercato del cibo bio con oltre 1.100 punti di vendita specializzati in alimenti bio (indipendenti o affiliati in franchising, per due terzi localizzati al nord) mentre sono quasi 2.000 le aziende che effettuano vendita diretta, o sono presenti nei mercatini. Con una superficie bio di 1 milione di ettari e per numero di aziende agricole l’Italia è al primo posto in Europa, a livello della Spagna. Il rank mondiale dell’agricoltura bio è guidato dall’Australia con 12 milioni di ettari. L’Italia è al sesto posto. L’Italia è in testa nella produzione di ortaggi, cereali, agrumi, uva e olive bio ed è al secondo posto per il riso bio dopo la Thailandia. Al primo posto nella classifica regionale per superfici è la Sicilia con 220.000 ettari circa nel 2008. La Svizzera ha la spesa pro capite più elevata in Europa (con più di 100 euro), Austria, Danimarca e Svezia. In Italia la spesa pro capite è di circa 51 euro.
Biodinamico, tra natura e filosofia
Il nuovo regolamento sulla vinificazione bio prescrive regole precise sui coadiuvanti di processo e sulle tecniche utilizzabili ed anche dei limiti – molti dibattuti – all’impiego dei solfiti. La riduzione dei solfiti è di 50mg/l per i vini secchi (con meno di 2g/l di zucchero residuo) e di 30mg/l per i vini più dolci (con più di 2g/l di zucchero residuo) rispetto ai limiti delle categorie del vino prodotto in modo convenzionale. Per fare un esempio, i vini rossi secchi bio avranno un limite massimo di 100mg/l mentre i convenzionali potranno andare fino a 150mg/l, per i bianchi secchi bio il limite è di 150mg/l mentre per i convenzionali è di 200mg/l. Sull’uso dei solfiti, infatti, nasce il compromesso, ed ogni Paese ha cercato di ottenere il risultato meno penalizzante in relazione alle esigenze dei rispettivi territori; Austria e Spagna si sono astenute al momento di votare il regolamento, la prima perché ritiene troppo restrittivi i limiti dei solfiti e la seconda a causa del divieto dell’uso dell’acido sorbico, condizione problematica per alcuni produttori dell’Andalusia. Si potranno comunque richiedere delle deroghe al regolamento in caso di eventi climatici negativi di portata eccezionale e solo per le aree colpite. Intanto il vino bio italiano piace anche all’estero. Al recente Biofach di Norimberga (fiera dedicata all’agricoltura biologica che si è svolta a febbraio) presso lo stand del Ministero per le Politiche Agricole è stata presentata l’indagine sull’export del biologico made in Italy nell’Unione Europea, realizzata dalla Firab (Fondazione Italiana per la Ricerca in Agricoltura Biologica e Biodinamica) e dall’Ismea (Istituto di Servizi Il cornosilice
Le pratiche biodinamiche, per chi non le conosce, possono sembrare sospese tra natura, filosofia e un pizzico di magia. In realtà la coltivazione biodinamica implica tutto un modo di vivere, osservare e lavorare la terra, con l’obiettivo di sostenere la natura nei suoi processi stagionali per ottenere una terra sempre più fertile e alimenti di qualità e salutari. La nascita dell’agricoltura biodinamica risale ai primi anni Venti del secolo scorso, quando Rudolf Steiner, fondatore dell’antroposofia, tenne a Koberwitz (Slesia), nel 1924, una serie di conferenze ad un gruppo di agricoltori e proprietari terrieri, che gli chiedevano come intervenire sulla fertilità e vitalità dei terreni. I consigli che Steiner diede agli agricoltori partivano dalla concezione che tutto ciò che esiste sulla Terra non è fatto solamente di materia, ma anche di un elemento spirituale che fluisce dal cosmo. L’agricoltore deve tenere conto di questo principio e si deve adoperare affinché nei suoi campi si crei la vita attraverso l’impulso delle forze cosmiche. Il termine “biodinamico” vuole dire vita (bio) che si origina per l’attività di forze (dinamica). In quella occasione Steiner enunciò due principi fondamentali: il primo affermava che la qualità degli alimenti dipende dalla fertilità e dalla sanità della terra che si coltiva; il secondo che, se si concima la terra con nitrati e altre sostanze di sintesi, la terra perde la sua fertilità e si ammala. Dalle indicazioni di Steiner scaturirono la formulazione e l’uso dei preparati biodinamici che rappresentano uno dei fondamenti del metodo. In tutti i paesi occidentali c’è un piccolo numero di agricoltori (in costante crescita) che sentono il bisogno di avere un approccio naturale con la terra per mantenerla fertile e rendere sane e forti le piante perché resistano alle malattie e si producano alimenti sempre di maggior qualità.
Vini naturali e di territorio: al di là delle certificazioni
per il Mercato Agricolo Alimentare). L’indagine stima che il valore delle vendite all’estero per la produzione bio italiana, nel 2010, abbia rappresentato il 45% del valore del mercato biologico nazionale. Il vino si attesta intorno ad un lusinghiero 12%. I buyer stranieri comprano il vino bio italiano per la qualità (43%), per il fatto di essere made in Italy (34%), per il prezzo (14%) e per la notorietà del marchio (6%). Sono dati che attestano al nostro prodotto molta fiducia. Nonostante tutto, ci sono delle criticità: una scarsa informazione da parte dei consumatori sui vini biologici in generale e una forte competizione con i prodotti convenzionali. Le tendenze sono comunque analoghe, sia che si parli di vino bio o meno; si preferiscono i vini espressione del territorio, freschi, poco complessi, con prevalenza per i vitigni autoctoni; in caduta libera la richiesta di vini troppo legnosi e barricati, mentre vanno bene le vendemmie tardive e i vini passiti. L’interesse per il vino bio è inoltre dimostrato dalla nascita di nuovi appuntamenti dedicati esclusivamente alle produzioni biologiche, come testimonia la prima edizione di ViViT (Vignaioli, Vigne e Terroir) rassegna interna al Vinitaly 2012 dedicata al vino biologico e biodinamico, ma anche altre più piccole, ma non meno significative, iniziative d’incontro e degustazione che di anno in anno si moltiplicano e che intendono trasformarsi in appuntamenti fissi come: Millésime Bio
a Montpellier (Francia) a gennaio; Gusto Nudo a Bologna, Fiera dei vignaioli eretici e Vini Naturali a Roma (febbraio); Haut les Vins a Bordeaux (Francia) a giugno; Mercato dei vini dei Vignaioli Indipendenti a Piacenza (dicembre). Anche i concorsi enologici si stanno adeguando: l’Associazione Nazionale Città del Bio promuove “Biodivino”, il concorso riservato ai vini prodotti con uve da agricoltura biologica, che si accompagna al concorso dell’Associazione Nazionale Città del Vino “La Selezione del Sindaco”, in programma a Lamezia Terme dal 25 al 27 maggio 2012. I consumatori, dopo alcuni anni di iniziale diffidenza, hanno cominciato ad apprezzare il vino biologico soprattutto perché lo considerano più naturale, quindi meno nocivo per la salute (e comunque sia, il consumo deve essere sempre moderato, biologico o no che sia il vino), anche se a volte può risultare meno accattivante o almeno questo è quello che si è percepito fino adesso, ma la caparbietà di certi produttori e la loro attenzione verso l’ambiente e, più in generale, la loro convinta adesione ad una nuova idea etica della viticoltura possono rendere alcune evidenti spigolosità sensoriali quanto di più esclusivo e originale un vino possa esprimere. E in Italia, data la vastissima varietà di vitigni autoctoni e di ambienti e paesaggi straordinari che li generano, non c’è che l’imbarazzo della scelta. 36
Per vini naturali si intendono quei vini, anche biologici e biodinamici, i cui produttori non necessariamente si sottopongono ad una certificazione e rifiutano di usare prodotti chimici di sintesi e di intervenire nel lavoro di cantina con pratiche enologiche invasive. L’intento di questi produttori è quello di creare vini che siano il più possibile “figli” del territorio e della cultura dai quali provengono, rispettosi dei cicli della natura. Il Consorzio ViniVeri (www.viniveri. net) si pone l’obiettivo di «ottenere un vino in assenza di accelerazioni e stabilizzazioni, recuperando il miglior equilibrio tra l’azione dell’uomo ed i cicli della natura». I vignaioli che aderiscono al consorzio coltivano prevalentemente vitigni autoctoni, eseguono una vendemmia rigorosamente manuale, utilizzano solo lieviti indigeni presenti sull’uva ed in cantina; seguono la fermentazione delle uve senza l’assillo del controllo della temperatura; non eseguono sui vini alcuna chiarificante e filtrazione che ne possa alterare l’equilibrio biologico. L’associazione VinNatur (www.vinnatur.it) si propone di produrre vino in maniera naturale agendo nel pieno rispetto del territorio, della vite e dei cicli naturali, limitando attraverso la sperimentazione, l’utilizzo di agenti invasivi e tossici di natura chimica e tecnologica tanto in vigna quanto in cantina. L’associazione punta molto sulla ricerca, sulla sperimentazione e sullo scambio di esperienze tra vignaioli per promuovere pratiche di vigneto e di cantina orientate al massimo rispetto per l’ambiente.
INFO www.aiab.it www.cittadelbio.it www.sinab.it www.ismea.it www.renaissance-italia.it/associazionevini-biodinamici/ www.orwine.org
Vino bio
La sfida di Carlo Parenti
Passione per il bio e per la natura Sono solo 140 ma sono molto agguerun tribunale», afferma) Carlo decise riti. Sono i produttori di vini naturali di lasciar perdere e di inseguire il suo e biodinamici che per la prima volta desiderio più forte: andare a vivere in si sono messi assieme per partecipare campagna e fare del buon vino. Prima al Vinitaly. Per loro è stata creata una però consegue il master in enologia sezione speciale, ViVit, ovvero Vigne, all’università di Milano, sotto la guida Vignaioli e Terroir. Tra di loro c’è del prof. Attilio Scienza. Scopre così Carlo Parenti, dell’azienda “Macchion la Toscana e, in particolare Suvereto. dei Lupi” di Suvereto, che non ha S’innamora subito di questa terra e fatto in tempo ad imbottigliare il suo ne acquista un ettaro; gli altri due che primo vino, nel 2006, che subito è stato verranno li affitta, pagando le rate segnalato tra i migliori giovani produtnon in denaro, ma in bottiglie di vino. tori del momento. Intanto non aveva dove dormire e Le sue bottiglie non superano quota restava accanto alle sue vigne da poco 8.000 unità (per lo più esportate negli realizzate riposando in macchina. Poi Usa), anche se l’obiettivo che si è posto finalmente ha acquistato una capanna, è di arrivare almeno a 20.000. «Sarà il che ha trasformato in casa. «È solo una massimo che vorrò produrre – afferma piccola dimora, ma molto accogliente» Carlo Parenti – perché non credo di afferma con malcelata soddisfazione. andare oltre i 3 ettari e mezzo di vigna All’inizio è stata dura, perché sembrava che coltivo attualmente». Parenti è tra che quella natura che lui tanto amava lo gli ispiratori di Vivit, assieme agli amici volesse respingere. «Delle 10.000 bardi Renaissance des Appellations, assobatelle piantate agli inizi del nuovo milciazione di vignaioli creata da Nicolas lennio, più di un quarto andò perduto», Joly nel 2001 ricorda ancora che raggruppa la storia di carlo con un velo di oltre 160 prosgomento. Non parenti potrebbe duttori da tutto segue i consigli il mondo dedica- essere raccontata di chi gli diceva ti alla viticoltura di lasciar perdein un libro biodinamica. Il re e vanga metro crescente intedopo metro la d’avventura resse dei consusua vigna per far matori e del mondo dei media di settorinascere le piante. Nel 2008 lo punge re, e non solo, intorno al vino biodinauna vipera e meno male che giunge in mico «fa piacere ma un po’ preoccupa» tempo all’ospedale di Grosseto, perché afferma Parenti, perché «questo è un stava per lasciarci le penne! mondo particolare che mette in primo Intanto il vino fermenta in cantina, piano il rapporto con la terra, la natuuna struttura non di proprietà ma che ralità, e gli equilibri da mantenere nella ha in comodato contraccambiando in conduzione dell’azienda sono molto lavoro manuale il suo utilizzo. E ferdelicati». menta bene, visto che il suo primo vino La storia di Carlo Parenti produttouscito nel 2006, un Igt Toscana dal re potrebbe essere raccontata in un nome evocativo, “Esperienze”, riscuolibro d’avventura. Nato a Lodi nel te subito successo da parte della critica 1971, dopo aver conseguito la laurea enologica, così come le annate succesin giurisprudenza e aver lavorato per sive. «Il nome? È presto detto. Questo un po’ a Milano («non mi ci vedevo mio primo vino è nato dopo che le ho dietro una scrivania e dentro l’aula di passate di tutti i colori, tante sono state
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Vino bio
le difficoltà anche difficili da superare, e queste esperienze ora le possono provare anche gli altri, sorseggiando un po’ del mio vino», per l’80% cabernet sauvignon e per il 20% sangiovese. Nel 2009 nasce “Profeta”, IGT Toscana merlot in purezza («questa volta il nome ha un valore meno serioso, perché tutti gli amici mi dicevano che ero un profeta, un visionario») mentre la prossima estate berremo due nuovi vini, questa volta bianchi: un Ansonica secco in purezza e la sua naturale evoluzione nella tipologia passito. Ma tutta questa fatica consente di tirare avanti? «La domanda è giusta, perché scegliere questo tipo di agricoltura significa non avere compromessi con la terra, ma assecondarne gli umori, seguire le stagioni e le leggi della natura. Gli investimenti iniziali sono stati equilibrati e proporzionati al risultato che mi sono dato come obiettivo. Ce la sto facendo. Tutto dipende dalla qualità del vino che produco. È una sfida nella sfida, ma la vinco di sicuro».
Carlo Parenti
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Azienda Agricola Macchion dei Lupi Loc. Campo al Drago 57028 - Suvereto (LI) tel/fax +39 0565 845100 - cell. +39 347 3240899 info@macchiondeilupi.it www.macchiondeilupi.it
Veneto
Il territorio
terra di vino e tradizioni
Veneto terra da vino. Mare, montagne, gastronomia, ma il Veneto è soprattutto vino. Il fenomeno di questi anni si chiama Prosecco che da Valdobbiadene è riuscito a conquistare tutto il mondo. Un successo così grande che c’è chi ha ipotizzato che entro i prossimi 25 anni la richiesta di bollicine da Prosecco arriverà a quota un miliardo di botttiglie. Complessivamente il Veneto rappresenta da solo il 30% del totale di vino esportatodall’Italia e Verona, con il 56%, è la provincia leader, trascinata da prodotti di grande marchio come l’Amarone e il Soave. In questa classifica Vicenza perde una posizione e si piazza al quarto posto dopo Treviso (23%) e Venezia (11%) con appena il 6,4% sul totale. Anche nel 2011 anno con la vendemmia più scarsa degli ultimi 60 anni, il Veneto ha mantenuto la leadership in Italia con 7,9 milioni di ettolitri di vino prodotti, uno straordinario ed eccellente biglietto da visita del territorio regionale, fatto anche da 3,25 milioni di ettolitri a denominazione, 1,6 milioni hl riguardano Doc e Docg Prosecco, 553mila ettolitri i vini della Valpolicella e 450mila ettolitri il Soave nelle varie tipologie. In tutto il Veneto vanta 11 vini a Docg e 27 Doc. Tra questi vale ricordare il Recioto, il Malanotte del Piave, il Bardolino e il Bianco di Custoza.
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Uno scrigno di tesori Alessandra Piubello
… noi veneti abbiamo girato il mondo: ma la nostra Patria, quella per cui se ci fosse da combattere combatteremmo è soltanto il Veneto. Con il ricordo dei suoi odori di polenta che uscivano un tempo dai fumaioli delle case durante l’inverno uggioso, nebbioso e nordico, gli odori di paglia, di letame, di grano, e di fieno durante l’estate. Quando vedo scritto all’imbocco dei ponti sul Piave: «Fiume Sacro alla Patria» mi commuovo ma non perché penso all’Italia bensì perché penso al Veneto. Fuori dal Veneto per me è terra straniera e forse ostile... (Goffredo Parise, da Il grande libro del Veneto)
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Il territorio
Bassano del Grappa
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Il territorio
Incantevole Veneto. Terra di tradizioni, ricca di panorami che variano dalle cime innevate delle Dolomiti all’azzurro del mare Adriatico, fino alla magia dei palazzi e dei canali di Venezia. Una regione completa che, in una superficie di circa 18.000 kmq, comprende montagne e valli; estesi altopiani a volte brulli e rocciosi, a volte ricoperti di boschi e di prati; colline tondeggianti e verdi, coperte di vigneti che producono alcuni dei più rinomati vini italiani (è la prima regione vitivinicola d’Italia); le rive del più grande lago della penisola, il Garda, dotato di un microclima molto particolare e infine una pianura ampia, dove si susseguono campi coltivati, vigneti, frutteti, città ricche d’opere d’arte, splendide ville venete, affascinanti castelli, città murate, preziosi palazzi e chiese ricche di inestimabili tesori d’arte. Un patrimonio storico-architettonico che catalizza da anni l’attenzione del mondo, tanto da essere la prima regione turistica d’Europa. Qui si è sviluppata la storia delle genti venete e del loro legame con la terra, che ha creato non solo città, ma paesaggi agresti invidiabili e produzioni vinicole e agroalimentari che non temono rivali al mondo. Il retroterra è variegato, pennellato di colori, sfumature, gusti, sapori e profumi unici. Tutta la regione è una sorta di paradiso dell’agricoltura: vanno citati, fra gli altri, alcuni prodotti tipici come il radicchio rosso di Treviso e il Variegato di Castelfranco, l’asparago bianco di Bassano (il primo in Europa ad ottenere il marchio Igp), il fagiolo di Lamon, il pregiato riso Vialone Nano di Isola della Scala, il marrone di San Zeno (una tipologia di castagna), le ciliegie di Marostica, i formaggi Asiago Dop e Monte Veronese Dop, il Prosciutto Veneto Berico Euganeo, la Sopressa Vicentina, l’olio extravergine del Lago di Garda. La gastronomia
Vigneti di Col San Martino
il retroterra è variegato, pennellato di colori, sfumature, gusti, sapori e profumi unici
Passo Cereda
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veneta, seppur comprensiva di territori con vocazioni agricole diverse (mare e laguna, pianura, collina e montagna: in questa regione non manca proprio nulla!) si presenta relativamente unitaria da più di mille anni, dai tempi della Serenissima Repubblica di Venezia. I veneziani infatti, quando occupavano un territorio, usavano portarvi le loro abitudini alimentari utilizzando e facendo propri i prodotti locali. Il tocco particolare alla cucina veneta l’hanno dato proprio loro, che viaggiavano per mare visitando paesi lontani e riportando a casa nuovi prodotti (ad esempio il mais) e le spezie d’Oriente che danno un profumo inconfondibile a tanti piatti della tradizione. Le provincie venete, pur nella loro diversità, sono legate quindi da alimenti comuni come il riso, (celebri i risotti, con il pesce, la carne, i funghi, le verdure…), i fagioli, il baccalà, la polenta (perfetta con tutto, dagli intingoli di pesce della cucina veneziana al baccalà alla vicentina, alla selvaggina e agli arrosti in salsa peverada). Poche regioni come il Veneto possono vantare una tradizione di ristorazione così lunga, articolata e prestigiosa. I centri di Venezia, Verona, Vicenza e Padova, città storiche e autentici crocevia
in fatto di cultura e commercio, fanno da traino. L’accoglienza delle genti venete è rinomata, l’ospitalità infatti è parte del loro carattere: vale la pena soggiornare nelle numerose strutture ricettive che sanno rendere confortevole la vacanza o il viaggio di lavoro. Abbiamo scelto per voi (impresa difficile, tanto offre questa ricca terra!) alcuni ristoranti e alcuni alberghi che, se venite in Veneto, non dovreste assolutamente perdervi. A Verona, Al Capitan della Cittadella, un ristorante dall’atmosfera di mare con raffinate proposte di pesce (piazza Cittadella 7a, tel. 045 595157; 65 €). Sempre in città, in una location di fascino tra il Teatro Romano e Ponte Pietra, La Fontanina. Un bistrot dal sapore antico, con una cucina creativa sia di terra che di mare (via Portichetti Fontanelle 3, tel. 045 913305; 60 €). Per gli amanti di una cucina dalla mano garbata, basata su sapori nitidi e ben impostata sul territorio, il Desco (via dietro San Sebastiano
7, tel. 045 595358; 130 €). In provincia, a San Bonifacio (Vr), I Tigli, una delle migliori pizze d’Italia, grazie al genio di Simone Padoan (via Camporosolo 11, tel. 045 6102606; 25 €). Nella bassa veronese, a Isola Rizza, Perbellini, un sicuro indirizzo stellato per i gourmet (via Muselle 130, tel. 045 7135352; 130 €). A San Pietro in Cariano (Vr), Villa del Quar: in piena Valpolicella un’oasi di pace e di lusso, con una cucina internazionale (via Quar 12, Pedemonte, tel. 045 6850149; 130 €). Nella zona vicentina, ad Altissimo, merita una tappa il Casin del Gamba, con le sue famose erbe, funghi e cacciagione che sono la base della cucina stagionale di questa fiabesca casa di montagna (via Roccolo Pizzati 1, tel. 0444 687709; 75 €). Ad Arzignano (Vi) vi segnaliamo Damini Macelleria & Affini, la nuova tendenza gourmet che raggruppa più anime: da macelleria a gastronomia, da enoteca a ristorante, tutto con prodotti di eccellenza (via G. Cadorna 31, tel. 0444 452914; 40 €). A Lonigo (Vi) non perdetevi la cucina del bistellato La Peca dei fratelli
Chioggia
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Il territorio
Portinari, una vera oasi gourmet. Fuori, vista sui Colli Berici (via Giovannelli 2, tel. 0444 830214; 120 €). A Marano Vicentino, El Coq, per farvi trasportare dalla creatività di un giovane talentuoso chef (via Cané 2c, tel. 0445 8636718; 40 €). Nell’area veneziana a Mirano, La Ragnatela, una cooperativa che propone menu basati sulle tradizioni del territorio con attenzione alla tracciabilità delle ottime materie prime (via Caltana 79, Scaltenigo, tel. 041 436050; 40 €). A Venezia, Il Ridotto, a 3 minuti da San Marco, un piccolo locale con piatti di pesce fresco proposti con sapiente originalità (Castello 4509, tel. 041 5208280; 60 €). Se avete tempo fate un salto sull’Isola di Mazzorbo e raggiungete Venissa, regno incontrastato di Paola Budel, che vi farà gustare ricette indimenticabili (Fondamenta Santa Caterina 3, tel. 041 5272281; 90 €).
terprete di una celebre filosofia culinaria che merita il viaggio (via Liguria 1, tel. 049 630303; 180 €). A Pontelongo (PD), Lazzaro 1915, per assaporare piatti soprattutto di pesce con un tocco di riuscita creatività (via Roma, 26 tel. 049 9775072; 50 €). Cambiamo argomento e pensiamo a dove dormire sogni tranquilli in ambienti memorabili. A Punta San Vigilio (Vr), Locanda San Vigilio: atmosfera molto romantica in questa locanda del Quattrocento. Fra le 12 camere, alcune hanno loggia e vista sul lago (Punta San Vigilio, tel. 045 7256688; 120 €). A San Pietro in Cariano (Vr), Villa Giona Stucchi: affreschi, mobilia d’epoca in una raffinata villa del Cinquecento abitata ancora dai proprietari, che hanno ricavato 18 camere (via Cengia 8, tel. 045 7725068; 110 €). A
Baglioni: a meno di 50 metri da Piazza San Marco, 104 camere e suite impreziosite da pezzi d’antiquariato e con vista sull’Isola di San Giorgio (San Marco 1243, tel. 041 5289840; da 319 €). A Cortina (Bl), Cristallo Hotel Golf & Spa: dal 1901, un hotel a conduzione familiare, ma all’insegna del lusso e nel centro di Cortina. Settantaquattro camere e suite, ristorante, Spa a marchio Transvital, e golf a 9 buche (via Menardi 42, tel. 0436 881111; da 340 €). Ad Asolo (Bl), Hotel Villa Cipriani: a 200 metri dalla piazza centrale, una villa del ‘500 in stile palladiano, con 31 camere e ristorante (via Canova 298, tel. 0423 523411; da 360 €). A Codognè (Tv) Villa Toderini: nella barchessa di una villa patrizia del Settecento, che si riflette in una peschiera nel parco, 10 camere e una suite (via Roma 4/a, tel. 0438 796084; da 105 €). A Treviso, Maison Matilda,
Ci spostiamo nel bellunese per raccomandarvi un tris d’assi. A Cortina d’Ampezzo (Bl), Tivoli, per concludere degnamente una giornata sulle piste da sci con una convincente cucina di mare (via Lacedel 34, tel. 0436 866400; 85 €); a Pieve d’Alpago (Bl), Dolada, con la sua tradizione gastronomica di lungo corso e una posizione incantevole con la Conca dell’Alpago sullo sfondo (via Dolada 21, Plois, tel. 0437 479141; 70 €); a Sappada (Bl), Laite, una perla della ristorazione nostrana. Fabrizia Meroi propone una cucina di grande tecnica e cuore per regalarvi un’esperienza emozionante (via Hoffe 10, tel. 0435 469070; 60 €). A Oderzo (Tv), Gellius: qui si mangia in un locale storico, fra reperti archeologici, gustando una cucina ricca d’inventiva su materie prime di alta qualità (Calle Pretoria 6, tel. 0422 713577; 70 €). A Rubano (Pd), Le Calandre. Massimiliano Alajmo, unico chef al mondo che ha avuto tre stelle Michelin prima dei 30 anni, è l’in-
Brenzone (Vr) B&B LH Lifestyle & Houses: è un b&b con 3 camere e suite con vista sul Garda, arredate con grande gusto e colazione a base di prodotti locali (loc. Fasor 8, tel. 339 6671922; da 130 €). A Chievo (Vr), Casa Villa d’Arco: a 4 km dal centro di Verona, una dimora del XVI secolo restaurata secondo la bioarchitettura, un b&b con 3 camere arredate con mobili d’epoca (via dalla Riva 5, Corno Alto, tel. 045 8510154; da 110 €). A Verona, Due Torri: di fronte alla bella chiesa di Sant’Anastasia, in un palazzo del ‘300, un hotel di fascino, con ristorante, 90 camere e suite, alcune con vista sulla piazza (piazza Sant’Anastasia 4, tel. 045 595044; da 193 €). A Venezia, Palazzina Grassi: l’unico design hotel di Philippe Starck in Italia si trova in un palazzo del XVI secolo, con 26 camere (la suite presidenziale affaccia su Canal Grande), ristorante e Krug Lounge (San Marco 3247, tel. 041 5284644; da 360 €). Sempre a Venezia, Luna Hotel
un boutique hotel in un palazzo dell’Ottocento, a pochi metri dal Duomo, con 6 camere dal décor contemporaneo e urban chic (via Riccati 44, tel. 0422 582212; da 190 €). A Follina (Tv), Villa Abbazia: charme e atmosfere raffinate per le 18 camere e suite di questo palazzo patrizio del XVII secolo. Da segnalare anche il ristorante, affidato al talento di Ivano Mestriner (piazza IV Novembre 3, tel. 0438 971277; da 240 €). A Musestre di Roncade (Tv), Relais Ca’ Raffio: tre camere e una suite in un vecchia casa padronale di campagna ristrutturata con un mix fra mobili vintage e moderni. Dal molo nel giardino, si arriva direttamente nella Laguna di Venezia (via Principe 70, tel. 0422 780774; da 135 €). A Selvazzano Dentro (Pd) Villa Emo Capodilista ‘La Montecchia’: un borgo medievale, un castello e una villa nobiliare del XVI secolo annoverata fra i grandi capolavori d’arte d’Italia e la possibilità di alloggiare in camere e appartamenti (via Montecchia 16, tel. 049 637294; 2 notti da 480 €).
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Rinasce il vino della Laguna Andrea Settefonti
L’isola di Mazzorbo con la tenuta Venissa
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Gianluca Bisol
Un vino che parla di Venezia che ne racchiude la storia e la cultura. Dopo 10 anni di ricerca, sono venute alla luce le prime 4.880 bottiglie di “Venissa”, il vino nato dal recupero del vitigno autoctono della tenuta di Venissa sull’isola di Mazzorbo ad opera della famiglia Bisol. «Un vino bianco unico da un terroir altrettanto unico al mondo e con una storia eccezionale, quella di Venezia e del suo mare». È il commento di Gianluca Bisol alla prima annata di “Venissa”. La famiglia Bisol, una tradizione nel Prosecco e sul Cartizze, ha recuperato l’antica tenuta Venissa di Mazzorbo Burano, nel cuore della Laguna. Nella storica vigna murata, di proprietà del comune di Venezia, che circonda il campanile trecentesco della tenuta, Bisol ha piantato la Dorona, vitigno autoctono a bacca bianca tipicamente veneziano, coltivato fin dal XV secolo. «Quanto ottenuto è il coronamento di un difficile lavoro di ricerca sui vitigni autoctoni veneziani, iniziato nel 2002», continua Bisol, principale fautore del progetto. «La Dorona, l’uva d’oro amata dai dogi veneziani un tempo diffusa in Laguna, rischiava di scomparire. “Venissa” omaggia la storia e la cultura della Laguna di Venezia, da sempre legata particolarmente a Valdobbiadene, dove i nobili veneziani amavamo rigenerarsi e trascorrere le loro vacanze». venissa Il vino. “Venissa” è un vino bianco unico, da collezione, grazie alla supervisione di un
bianchista e un rossista d’eccezione, Desiderio Bisol, innovativo ed autorevole enologo, e Roberto Cipresso, esperto di terroir di fama internazionale. “Venissa”, inoltre, omaggia tre tradizioni di Venezia, il vino, l’oro e il vetro. Come spiega Gianluca Bisol «nell’ideazione di Giovanni Moretti l’etichetta è stata sostituita da una preziosa foglia d’oro zecchino battuta dall’attuale discendente dell’antica famiglia Berta Battiloro. L’appliomaggia cazione della stessa è stata eseguita a tre tradizioni mano e la bottiglia di venezia, il vino, messa poi a ricottura nei forni della l’oro e il vetro vetreria Carlo Moretti a Murano».
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La tenuta. La tenuta Venissa è oggi una struttura ricettiva e un centro di formazione e ricerca agroambientale, grazie alla collaborazione fra Bisol e Vento di Venezia, polo nautico guidato da Alberto Sonino, che insieme a Gianluca Bisol ha costituito la società Terre di Venezia. Venissa ospita anche frutteti, orti, dove vengono coltivate le tipiche specialità veneziane, ed una peschiera con tipici pesci lagunari. Inoltre, è possibile pernottare nelle sei accoglienti camere della struttura, con vista sul vigneto, sugli orti e sulla laguna. Il ristorante. Nella tenuta ha aperto il ristorante Venissa, gestito da Paola Budel, che offre dal pesce lagunare all’agnello dell’Alpago, presidio Slow Food, alle gemme di aglio selvatico della tenuta. Paola Budel, chef bellunese che si è formata alla scuola di Gualtiero Marchesi e di Michel Rou, ha una cucina «che interpreta con creatività l’autentica cultura lagunare, lontano dagli stereotipi. Il menu viene rinnovato quasi quotidianamente e vengono proposti molti omaggi al Veneto e a Venezia», spiega la chef. «Venissa è un perfetto connubio fra tradizione e innovazione, considerando che ho scelto la tecnologia avanzata della cucina De Manincor, tutta a induzione». Per Giancluca Bisol «il ristorante Venissa offre un coinvolgimento emozionale totale e rappresenta di certo una novità per la ristorazione e per il turismo. È importante si investa in progetti di questo livello, anche e soprattutto in periodi critici come quello che stiamo attraversando: si deve puntare sulla cultura del territorio e sul turismo sostenibile».
Paola Budel
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Ettore Ceschin
Ascoltare le viti per capire il vino Andrea Settefonti Per produrre un ottimo vino occorre ascoltare quanto hanno da dire le viti. «Voglio far crescere una pianta che dia frutti in grado di produrre grandi vini». Ettore Ceschin è l’uomo che sussurra alle viti, che parla con loro e ne trae messaggi. È il credo di Ettore Ceschin, l’uomo che sussurra alle viti, che parla con loro e ne trae messaggi. E dall’ascolto delle viti trae insegnamenti che traduce in qualità del vino. «Il mio obiettivo è fare vini di grandi qualità e che si possano bere con facilità. Ascoltare le piante, parlare con loro, serve proprio per arrivare a questo obiettivo», commenta Ceschin titolare dell’azienda Bepin de Eto in Veneto, a San Pietro di Feletto (Tv) paese dove andava in vacanza papa Giovanni XXIII. L’azienda conta oggi 90 ettari a Prosecco, Incrocio Manzoni e Rosso di Conegliano in terra veneta e, da dieci anni, anche 50 ettari di vigneti in provincia di Taranto, a Torresgarrata. E anche in Puglia, nella terra del Salento Ceschin ha preso a parlare con le sue viti. «Ho parlato con le viti di Aglianico e ho capito che il modo migliore per trattarlo era fare un rosè spumante». Dunque il linguaggio delle piante, se si sa capire, è universale e dà risultati positivi. «Ogni volta che nasce un nuovo vino e mi soddisfa, ce n’è un altro pronto in progetto per continuare nella ricerca. In azienda valorizziamo le varietà autoctone, le proviamo per capire se vadano bene o meno». Un ragionamento applicato anche alla masseria
di San Martino a Torresgarrata. Qui la sfida, da nordista convinto, è che si possano fare ottimi vini anche al Sud. «C’è ancora molto da insegnare loro, ma è una bella terra. Si deve insegnare a lavorare in cantina, ma soprattutto in vigna. Non basta fare quantità, c’è da battersi per la qualità». Raccogliere l’uva al punto giusto, sana, buttare via i grappoli difettati, sono le basi che Ceschin cerca di insegnare per produrre vini di qualità. E poi c’è il lavoro da fare in cantina. «Da noi si inizia a vendemmiare alle 6 di mattina, poi l’uva la mettiamo in cassette da 18 chilogrammi e dentro container frigo giunge, in 14 ore, in Veneto. Arriva al punto giusto, refrigerata
Quella del soprannome, in questo caso Bepin de Eto, è una caratteristica con la quale viene individuata una persona, ne viene confermata la notorietà. E adesso anche tramandata con il lavoro che portano avanti Ettore e le figlie. Una tradizione che affonda nelle radici della famiglia, ma che ha trovato nella tecnologia enologica la chiave giusta per proporre vini dal sapore antico, un marchio che si porta dietro il lavoro di tre generazioni. L’azienda produce ogni anno 900.000 bottiglie per un fatturato di 4,8 milioni di euro con un 30% di esportazione in tutta Europa più Brasile e Giappone. Il restante 70% viene venduto nel Nord Italia.
E ANCHE IN PUGLIA, NELLA TERRA DEL SALENTO CESCHIN HA PRESO A PARLARE CON LE SUE VITI a 10°C e pronta per essere spremuta e vinificata». Un procedimento che non incide sulla qualità finale, ma che ha un peso in termini di costi. «Stiamo pensando di realizzare una cantina di vinificazione in Puglia, si abbatterebbero i costi di trasferimento». Ettore Ceschin porta avanti da quarant’anni l’azienda nata con il bisnonno, Giuseppe del Nicoletto, da cui Bepin de Eto, ed è adesso aiutato dalle tre figlie, Giuseppina, Cristina e Silvia.
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Ettore Ceschin
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Amarone 2008: un’annata più umana
Carlo Macchi
All’Anteprima dell’Amarone 2008 mancavano solamente le fanfare per celebrare questo vino ed il suo successo in tutto il mondo. Un successo che ha stravolto in dieci anni la produzione di questa bella zona alle porte di Verona. I dati che ci hanno presentato parlano chiaro: se nel 2000 si producevano 50 milioni di bottiglie di Valpolicella e solo 5 milioni di Amarone, nel 2011 i numeri si sono ribaltati con una netta flessione di bottiglie di Valpolicella, (diminuite a poco più di 20 milioni), quasi soppiantate dai 12 milioni di bottiglie di Amarone e dai 20 del Ripasso. Siamo quindi passati in dieci anni da un territorio che produceva la stragrande maggioranza di vini secchi non molto potenti (Valpolicella) ad un territorio specializzato in vini potenti, rotondi, morbidi e, grazie all’appassimento, con una piccola componente zuccherina residua. A questo punto la mia personale proposta è quella di cambiare direttamente nome alla zona, chiamandola Amaronicella e non ne parliamo più. Insomma, come potete capire non sono molto tranquillo per questa netta inversione di tendenza, che potrebbe lasciare la Valpolicella in brache di tela nel momento in cui passa la moda del “vinone-dolcionepotentone”.
Ma l’Anteprima 2008 era per celebrare questo vinone e quindi… veniamo a noi. Prima di tutto la location: siamo tornati alle bellissime, ma fredde, sale del Palazzo della Gran Guardia. Fredde le sale erano soprattutto per il produttori, che suddivisi per la prima volta a seconda delle valli di provenienza, erano in una location molto “esposta” al freddo vento veronese. Noi giornalisti eravamo invece più all’interno e quindi la degustazione degli oltre 50 campioni di amarone 2008 non ha presentato problemi. Ho detto oltre cinquanta, ma di vini veramente imbottigliati ce n’erano poco più della meta. Gli altri erano dei campioni da botte. Questo è un problema che sempre più riscontro, in generale, nelle anteprime. Sempre più campioni da botte e sempre meno aziende di spicco che hanno la voglia di mettersi in discussione. Il rischio alla fine è di ritrovarsi da una parte ad assaggiare dei vini che non esisteranno in futuro (una cosa è assaggiare una barrique, sicuramente non la peggiore in cantina, e un’altra è l’assemblaggio finale) e dall’altra di non potere assaggiare alcune delle migliori interpretazioni perché non presenti.
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Questo, ripeto è un problema che non colpisce solo l’Amarone ma in generale tutte le anteprime e che andrebbe risolto alla svelta, pena la fine di questo tipo di evento. Annata 2008: c’è l’hanno presentata di buon livello (come sempre), con la pioggia ed il sole al momento giusto (vorrei vedere..) e con tutte le altre cosine al loro posto. All’assaggio mi è sembrata una vendemmia non certo eccezionale ma dotata di buona freschezza e con una netta diminuzione degli zuccheri residui. Quindi il 2008 ci darà amaroni più bevibili e godibili quasi da subito, meno monolitici rispetto al 2007; vini più freschi che forse saranno maggiormente abbinabili a tavola. Uno dei limiti di questo vino è infatti trovare il piatto giusto per berlo durante una cena, visto che non è molto facile mettere in tavola l’abbinamento, secondo me, principe: il cinghiale vivo! Sono un burlone, lo so, ma in effetti vini come l’Amarone rischiano di essere confinati nel campo dei formaggi importanti e quindi ben venga un’annata meno impegnativa, più “da pasto”. Sui prezzi non ho molte notizie ma non mi sembra di aver sentito parlare di diminuzioni. Insomma, per meno di 30/35 euro in enoteca un buon amarone 2008 non lo porterete a casa.
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The Garda Village: sul lago, per tutti Jacopo Rossi
A due passi dal centro storico della catulliana Sirmione sorge il The Garda Village, che troneggia sulla riva meridionale dell’omonimo lago. Immerso in sedici verdissimi ettari, il villaggio turistico consta di piĂš di trecento bungalow (piccoli appartamenti in muratura dai 25 ai 60 mq.) completamente attrezzati e divisi secondo varie tipologie di comfort, e centoquaranta “case mobiliâ€? tutte dotate di servizi ed aria condizionata, per un totale di quasi duemila posti letto. Con le sua media di
duecentomila presenze annuali, italiane e soprattutto straniere, la struttura accoglie circa il venti per cento delle presenza sirmionesi. Facilmente raggiungibile dalle principali vie di comunicazione, aperto da marzo ad ottobre, consente ai propri clienti di vivere in completo relax la loro permanenza, coccolati dallo scorcio, placido e silenzioso della spiaggia privata dominante le acque del lago.
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D ivertirsi e … confrontarsi . Il The Garda Village non è solamente un luogo dove dormire e riposarsi, tutt’altro! I suoi campi da tennis, il minigolf, il ping pong, i campi da calcio, basket e calcetto permettono di svagarsi senza uscire dai confini amichevoli della struttura. Ma anche l’area attrezzata per il tiro con l’arco, le piscine, di cui una per bambini riscaldata, ed una nuovissima con idromassaggio per rilassarsi ulteriormente: niente è lasciato al caso. Il mini club inoltre si prende cura dei bambini, con animazioni, iniziative e giochi lungo tutto l’arco della giornata. Il centro congressi, non ampio ma accogliente, consta di due sale, una da ottanta persone, l’altra da duecentoquaranta. Moderne, dotate della tecnologia necessaria per ogni esigenza, possiedono anche un’area coffee-break e una segreteria congressuale. Visitare i dintorni. Per i più sportivi, desiderosi di visitare i dintorni, e magari smaltire gli eccessi della tavola, è possibile noleggiare city e mountain bike per compiere escursioni intorno al lago di Garda e, perché no, nel suo entroterra. Parallelamente, perché non esplorare le vicinanze da un altro punto di vista? Che gli ospiti abbiano o meno una patente nautica, possono affittare presso la spiaggia privata imbarcazioni a motore, acquascooter, canoe e pedalò, e, grazie alla partnership con il Consorzio Motoscafisti, compiere escursioni in motoscafo. A queste si aggiunge la gita in battello, adatta per tutte le età, della durata di un giorno intero. Per chi preferisce l’arte alla natura, perché non visitare le vicine Mantova, Venezia, Verona, vere perle italiane, forse a volte sottovalutate in favore di altre mete? Le Olimpiadi di informatica. Tra i vari eventi che avranno luogo nell’anno in corso, Il The Garda Village sarà la sede ufficiale, nonché uno degli sponsors, delle Olimpiadi Internazionali di Informatica 2012, che si terranno a Sirmione dal 23 al 30 settembre, ospitando tutti gli “atleti” provenienti dalle ottanta Nazioni partecipanti, mentre la competizione finale si terrà presso il centro fiere del Garda di Montichiari. Nate nel 1989 sotto il patrocinio dell’Unesco, le Olimpiadi hanno l’obiettivo di contribuire a diffondere l’informatica nel sistema di istruzione superiore e valorizzare le “eccellenze” presenti nelle scuole. Vedono studenti under20 di tutto il mondo sfidarsi nel risolvere problemi che necessitano algoritmi da creare con programmi informatici. Il nostro Paese vanta un importante medagliere con un oro, undici argenti e diciotto bronzi e partecipa alla manifestazione dal 2000 e, ad ogni edizione, gli studenti italiani sono circa tredicimila, provenienti da cinquecento differenti istituti.
Mangiare in riva al Garda. Il ristorante è in grado di soddisfare contemporaneamente gli appetiti di ottocento persone, in bassa stagione, e di più di mille in estate con l’ausilio dell’ampia terrazza con vista lago. Il menù, vasto come la sala principale del locale, comprende piatti internazionali e regionali mentre il calendario propone divertenti serate a tema con buffet e barbecue a vista. Alla mattina è possibile fare colazione a buffet, sia continentale, per i più esigenti, che “dolce”, mentre, per chi volesse mangiare nella tranquillità della sua stanza, è disponibile un servizio di take away. Ogni alloggio è dotato di angolo cottura e, grazie alla presenza di un fornito market, gli ospiti possono acquistare cibi e prodotti di prima necessità per vivere appieno le loro stanze, trasformarle in una temporanea “seconda casa”. 56
Anteprime toscane A cura di Rocco Lettieri
Anteprima del Consorzio Vino Chianti
La prima volta insieme alle altre Docg toscane
Il 18 Febbraio scorso il Consorzio Vino parto vitivinicolo e per gli stessi operatori Chianti è stato protagonista dell’Antepridel settore. La nostra prima anteprima e ma a Palazzo Borghese di Firenze, prima lo è, letteralmente, anche da un punto di tappa delle settimane delle “anteprime vista di prodotto sul mercato: si calcoli toscane”. Alla conferenza stampa, davche non oltre il 1° di marzo, l’annata 2011 vero gremita, ha preso parte la stampa andrà in distribuzione, un bene pronto di settore, con una presenza giornalista al consumo. Quando si parla di Chianinternazionale di rilievo. La parola è andati, si vuole comunicare un vino fresco, ta al Presidente del Consorzio Chianprofumato, accattivante che ben si abbiti, Giovanni Busi, na a moltissime che ha affermato: quando si parla delle nostre tipici«Personalmente, tà toscane e della di chianti si vuole sono estremamentradizione culinaria te soddisfatto delle della nostra penicomunicare numerose richieste sola. Ricordiamoci un vino fresco di adesione che inoltre che il Chiansono arrivate da ti sta tornando ad parte delle aziende. essere il vino italiaCiò ci rende particolarmente fieri del fatto no per eccellenza (ce lo richiedono i conche iniziative di questo genere risultino sumatori, lo ricerca il mercato). Quando essere di forte impatto per l’intero comsi parla di Chianti, si parla di un vino, cer-
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tamente, ma ciò che emerge è la storia di un territorio e della sua storia e della sua cultura enogastronomica. Il Consorzio si sta impegnando in maniera massiccia nel diffondere la cultura (e la storia) che sta (dentro e fuori) un bicchiere di Chianti. Si potrebbe parlare di Chianti Valley, di un concetto di territorio e di una denominazione (la più ampia docg italiana) che vuole tornare ad essere un prodotto di qualità ed al contempo di emozione forte e vera, duratura». Poi Busi ha concluso: «Stiamo cercando di contribuire, nel modo migliore, alla promozione del territorio del Chianti e dei nostri associati con eventi italiani ed esteri. Alcune di queste iniziative, diciamo più culturali, svolgono una efficace operazione di promozione del prodotto, proprio grazie al loro approccio trasversale, raggiungendo in questo modo un vasto numero di perso-
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una cosa è certa: bisogna alzare il valore di ogni singola bottiglia ne, altre, come Anteprima o gli eventi sui mercati terzi, sono pensate e realizzate al fine di creare delle opportunità di visibilità per le aziende, un ponte di collegamento al fine di approcciare nuovi ed importanti mercati. In tal senso continueremo a lavorare”. Da parte sua Ernesto Gentili (curatore Guida Italia de “l’Espresso”) si è mostrato molto interessato a questa iniziativa: «Oggi nei vini si cercano equilibrio, freschezza e immediatezza. Il Chianti ha tutto questo. Gli operatori di certo sapranno ancor più adeguarsi a questa nuova richiesta di mercato. Un’occasione eccellente di questa nuova classe dirigente che rappresenta circa la metà degli altri vini della zona del Chianti. Una cosa è certa: bisogna cercare di alzare il valore di ogni singola bottiglia». Molte le problematiche sollevate dalla sala e condotte dalla giornalista Monica Giandotti. Tra le più piccanti quelle relative alla disparità di costi tra le bottiglie DOCG che partono da 5 euro per arrivare ai 90 euro, senza che il consumatore sappia individuare dove sta la differenza. Quindi fare comunicazioni mirate è il minimo per evitare confusioni che da anni si generano sui mercati internazionali ed interni. Origine del Consorzio. II Consorzio Vino Chianti si è costituito nel 1927, ad opera, di un gruppo di viticoltori delle province di Firenze, Siena, Arezzo e
Pistoia, allargando successivamente la sua operatività a tutta la zona di produzione riconosciuta dal Disciplinare del 1967, poi recepita nella Denominazione di Origine Controllata e Garantita riconosciuta nel 1984 e aggiornata, per ultimo, con decreto del 19 giugno 2009. Oltre duemilacinquecento produttori, che interessano più di 10.500 ettari di vigneto per oltre 600.000 ettolitri di Chianti delle varie zone e tipologie, sono tutelati dal Consorzio che, per la sua rappresentatività e per la sua tradizione operativa, ha ottenuto l’incarico di vigilanza sul Chianti da parte del Ministero dell’Agricoltura con D.M. 22 maggio 1978, incarico poi riconfermato anche per le altre denominazioni di competenza nel 2003 e 2004, per le quali la rappresentatività dei soci è analoga. La zona di produzione del Chianti è costituita da territori delimitati per legge, che si trovano nelle province di Arezzo, Firenze, Pisa, Pistoia, Prato e Siena. Questo ambiente è caratterizzato da un sistema collinare a grandi terrazze con vallate attraversate da fiumi. La Denominazione “Chianti” può essere integrata con le menzioni aggiuntive Colli Aretini, Colli Fiorentini, Colli Senesi, Colline Pisane, Montalbano, Rufina e Montespertoli, corrispondenti, le prime, alle sottozone geografiche, contemplate dalla prima delimitazione del territorio, stabilita con D.M. 31 luglio 1932, mentre l’ultima,
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Montespertoli, è stata riconosciuta con Decreto 8 settembre 1997. In tali zone specifiche, sono previste per il vino modalità produttive più restrittive e requisiti particolari. Interessante notare il recupero della tipologia “Superiore”, con più alte caratteristiche e che riguarda potenzialmente tutta la zona dei vini Chianti. Per saperne di più: www.consorziovinochianti.it L a D egustazione . 49 aziende del Consorzio del Chianti hanno presentato in degustazione la loro anteprima di Chianti 2011. Tra tutte mi hanno colpito quattro etichette di altrettante cantine, per la loro filosofia aziendale, rapporto qualità/prezzo e profilo organolettico. In due ore libere che restavano dopo la conferenza stampa non si potevano certamente degustare tutti i vini dei produttori presenti, che avevano anche vini di altre annate, oltre a quello dell’annata 2011. Pertanto un quadro generale sull’anteprima è impossibile averlo. Mi limito a segnalare alcune case dove ho potuto intavolare un discorso vis-a-vis. Tra queste Case ho buoni ricordi di assaggi per: Buccia Nera di Arezzo; Corbucci di Gambassi Terme; Fratelli Bini di Empoli; La Cignozza di Chianciano Terme; Badia di Marrona e Pieve de Pitti di Terricciola; Poggiotondo di Cerreto Guidi; Castello di Poppiano di Montespertoli; Fattoria Poggiopiano di Fiesole; Fattoria Lavacchio di Rufina; Fattoria Le Sorgenti di Bagno a Ripoli e Fattoria Pagnana di Rignano sull’Arno.
Anteprima Vernaccia di San Gimignano
Trentasei produttori hanno presentato le nuove annate
Domenica 19 e lunedì 20 Febbraio scorso presso il Museo di Arte Moderna e Contemporanea De Grada, in San Gimignano, trentasei produttori del Consorzio della Denominazione San Gimignano, hanno presentano a giornalisti, operatori e pubblico le “Vernaccia di San Gimignano Docg” che saranno sul mercato nel 2012. L’appuntamento clou era comunque la presentazione e la degustazione nella magnifica Sala Dante, gentilmente, come pure nelle altre sei manifestazioni, messa a disposizione dal Sindaco Giacomo Bassi. Qui, un centinaio tra giornalisti italiani e stranieri, hanno ricevuto il saluto di benvenuto di Letizia Cesani, presidente del Consorzio: «… ci siamo affidati per questa edizione ad Ernesto Gentili, che fu con noi all’inizio e che ora ha accolto gentilmente il nostro invito a seguire questa edizione individuando con grande professionalità e metodo, anche il vino ospite di quest’anno, lo Chenin Blanc. Per la Vernaccia di San Gimignano l’idea è stata quella di selezionare aziende sparse su tutto il territorio per riuscire ad individuare per ogni microzona i diversi caratteri. La ricerca ha prodotto una selezione di vini di grande qualità e un buon numero di aziende, alcune mai presentate in
questa sala, portando a 21 il numero dei produttori sfilati in questo ambiente di grande fascino che è la Sala Dante. La presenza dei nostri produttori qui oggi vuole essere un chiaro segnale di fiducia e la testimonianza diretta di come una produzione agricola di eccellenza, tradizionale, storica e rispettosa dell’ambiente non teme il cambiamento e se ben radicata e consapevolmente esercitata può aiutare un territorio a crescere e a dare stabilità anche economica. Il tempo, per chi lavora in agricoltura è un valore e bisogna saper attendere per raccogliere i frutti di questo nostro impegno: riscoprire il valore del tempo in questo momento di “caos” è il nostro messaggio di quest’anno». In questa occasione all’insegna del “Vino Bianco e i suoi Territori”, la Vernaccia di San Gimignano si è confrontata con un grande vino bianco francese, lo Chenin Blanc della Loira. Vini selezionati da Ernesto Gentili, curatore della guida dei vini de “l’Espresso”, con l’obbiettivo “di mettere in risalto il balzo in avanti di tutta la denominazione”. L’esclusione delle aziende presenti in Sala Dante lo scorso anno e di quelle che hanno
partecipato già molte volte, la ricerca dei prodotti di quelle meno note, la decisione di selezionare produttori sparsi su tutto il territorio, in modo da evidenziare la varietà dei caratteri senza privilegiare nessuno di questi, ha prodotto una selezione di vini di grande qualità, in diversi casi di aziende non abituate alle luci della ribalta. E questo sta a dimostrare che il territorio ha risposto positivamente alle sollecitazioni del Consorzio, che in questi ultimi anni ha spronato e aiutato i produttori ad intraprendere un coraggioso percorso verso la qualità e la tipicità, uniche armi in mano ad una piccola denominazione nei confronti della globalizzazione delle produzioni e del mercato. Il confronto. Le 7 “Vernaccia Docg”: Tropie 2010 – Il Lebbio Riserva Ori 2009 – Il Palagione Angelica 2008 – Fattoria San Donato Riserva 2007 – Fontaleoni I Mocali 2007 – Vagnoni Isabella 2005 – San Quirico Carato 2002 – Montenidoli
la ricerca ha prodotto una selezione di grande qualità 59
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Anteprime toscane
Indubbiamente una scala di valori visibile nei punteggi. Man mano che l’età avanzava la qualità cresceva, segno evidente che la Vernaccia ha un potenziale che si esprime nel tempo. Armonia ed equilibrio, acidità e mineralità si confrontano dal naso alla bocca senza perdita di qualità. La presenza di legno nel tempo si integra, ma se ne potrebbe fare tranquillamente a meno. I 5 Chenin Blanc: Montlouis-sur-Loire Mineral+ 2010 – Domaine Saumon 89 Vouvrey Sec Le Mont 2010 – Domaine Huet 92 Saumur Entre Deux Voyes 2009 – P’tit Domaine 88 Saumur L’Insolite 2009 – Domaine des Roches Neuves 91 Savennièeres Coulée de Serrant 2008 – Nicolas Joly 93 5 vini, 5 colori. 3 biologici e 2 biodinamici. Gli Chenin Blanc hanno poco espressività al naso, senza aromaticità, tanta frutta gialla matura e agrumi ma coperti da solforosa. Meglio si presentano in bocca con bella salinità, acidità contenuta e mineralità davvero affascinante. Bei vini che mettono in risalto il territorio scistoso e calcareo. Lo Chenin Blanc viene considerato un vitigno tra i più eclettici e versatili. Con questa pregiata uva bianca si ottengono, infatti, vini secchi, vini
dolci, spumanti e, addirittura, vini fortificati. La maturazione è piuttosto tardiva e il suo bagaglio aromatico può contare su note di fiori bianchi e agrumi, su mela cotogna e mandorla, oltre a evidenziare complesse nuances di stampo minerale come quelle avvertite. Originario dell’area centrale della Loira (Anjou e Touraine), dove è presente da almeno un millennio, è in realtà molto diffuso in Sudafrica, oltre ad essere presente in California, nel Centro e nel Sud America, in Australia e in Nuova Zelanda. Lungo la Loira la vite ha trovato, da secoli, un ambiente particolarmente favorevole per attecchire e diffondersi rigogliosamente, superando, grazie all’azione temperatrice del fiume e alla straordinaria luminosità che pervade la regione, le difficoltà di coltivazione che le elevate coordinate della latitudine apparentemente suggerirebbero. In modo estremamente sintetico possiamo dire che le aree interessate sono le seguenti: Anjou (la denominazione si estende su quasi 200 comuni per un totale di circa 1.000 ettari vitati). Montlouis (dislocata tra le città di Tours e Amboise, si estende su tre comuni per un totale di quasi 400 ettari di vigna). Saumur (Estesa su 38 comuni per un totale di 2700 ettari, conta su una prevalenza di vini spumanti, quindi di vini rossi, lasciando ai bianchi il resto. Le pittoresche cantine sono scavate nel tufo che unitamente al calcare caratterizza buona parte dei suoli dell’area e conferisce ai vini il tipico sentore di pietra focaia). Savennières (denominazione piccola, su terreni di origine vulcanica, ma di assoluto prestigio e distinzione, imperniata esclusivamente sullo Chenin. Esposta magnificamente al sole, dà origine a vini ricchi, strutturati, talvolta austeri in gioventù ma dallo straordinario potenziale di longevità. Similmente alla Borgogna, molti dei suoi vigneti sono racchiusi da muri (clos) e prevedono nel disciplinare di produzione due cru di particolare vocazione: la Coulée de Serrant e la Roche-aux-Moines). Touraine (oltre 5.000 ettari di vigneti distribuiti su ben 171 comuni compongono questa imponente denominazione caratterizzata da terreni prevalentemente argillosi e silicei). Vouvray (situata a nord della Loira, a fianco della città di Tours, la denominazione conta su oltre duemila ettari vitati. I terreni sono argillosicalcarei e silicei, su base tufacea. I vini sono morbidi, fruttati, appena aggressivi in fase giovanile ma avvincenti sul piano aromatico con sensazioni di fiori di acacia, agrumi e discreta mineralità). 60
La degustazione. 36 case le case aderenti con i produttori presenti. In degustazione: 33 i vini base del 2011, 10 le Selezioni del 2011, 6 le Selezioni del 2009, 1 del 2009, 11 le Riserve dal 2010 al 2006. L’Anteprima, lo continuiamo a scrivere, è un momento fuori luogo per degustare questi vini e per diversi motivi. Primo fra tutti, il fatto che, più della metà sono campioni di botte (anche se presi in acciaio) e molti di questi risentono di torbidità visiva e di “pizzicore” da imbottigliamento, e a volte, la solforosa è ancora fin troppo evidente. Dare giudizi complessivi è sempre azzardato, ma possiamo affermare che i vini presentati sono fruttati, floreali, morbidi e relativamente già pronti, con basi acidule fin troppe basse. Molti i vini vinificati al 100% con Vernaccia, ma molti i vini che hanno esagerato nell’uvaggio che ora è stato fissato ad un minimo di 85% di Vernaccia e 15% di altre uve autorizzate. Così facendo si perde la vera identità della Vernaccia stessa che da sola è in grado di competere con i grandi vini del mondo. A mio parere un’annata tra il buono e l’ottima, da rivedere a settembre. Un’annata che comunque ha dato segnali di positività e anche qualche novità in particolare nel prezzo di acquisto in cantina. Un ottimo segnale per andare incontro al mercato ma direi fin troppo basso per poter fare cassa da investire in azienda. Le mie preferenze tra le “Vernaccia 2011”: Cantine Guidi, Cappella di S. Andrea, Cesani, Hydra de Il Palagione, La Mormoraia, Reset di Mattia Barzaghi, Macinatico, Panizzi, Pietrafitta, Poderi del Paradiso, Rampa di Fugnano, Rubicini, San Quirico, Tenute Le Calcinaie e Tenute Guicciardini Strozzi. Di grande piacevolezza di beva e giusta mineralità alcune Selezioni 2011 (Vigna in Fiore di Cà del Vispo; Vigna a Solatio di Casale Falchini; Tropie de Il Lebbio; Borghetto di Pietrafitta e Poggiarelli di Signano. Tra le “Riserve”, che mostrano un’eccellente tenuta nel tempo e quindi grande predisposizione all’invecchiamento, ho buoni ricordi di: Sanice 2008 di Cesani; L’albereta 2010 de Il Colombaio di Santa Chiara; Riserva 2009 de Il Palagione; Fiore 2008 e Carato 2006 di Montenidoli; Vigna Santa Margherita 2010 e Riserva 2008 di Panizzi; La Costa 2010 e 2009 di Pietrafitta; Etherea 2010 di Rubicini; Riserva 2007 di San Benedetto; Isabella 2006 di San Quirico; Vigna ai Sassi 2008 di Le Calcinaie; I Mocali 2009 e Selezione Fontabuccio 2009 di Vagnoni.
Anteprima Chianti Classico Collection 2012
Il Gallo Nero alla prova del marchio collettivo
Martedì 21 e mercoledì 22 Febbraio scorso, alla Stazione Leopolda di Firenze, si è svolta la ormai classica “Anteprima Chianti Classico Collection”. Circa 350 vini in degustazione, 152 aziende partecipanti, 200 giornalisti accreditati provenienti da tutto il mondo e più di 1000 operatori del settore italiani e stranieri. Questi i numeri snocciolati dagli organizzatori. Giunta alla sua diciannovesima edizione, quest’anno la “Chianti Classico Collection”, ha proposto in degustazione le nuove annate da poco immesse sul mercato – 2010, 2009 – oltre alle anteprime 2011. In quest’ambito la “Collection” de il Chianti Classico, ha ricevuto una importante investitura internazionale da parte dall’associazione svedese Muskankarna, il più grande club di enoappassionati al Mondo con oltre 24.000 associati distribuiti in 155 diverse sedi in Svezia. Infatti, la Muskankarna ha eletto il territorio del Chianti Classico come
pochi territori al mondo sono così famosi e conosciuti come il chianti classico “Territorio dell’anno 2012”. Pochi territori al mondo sono così famosi e conosciuti come il Chianti Classico, tanto da assumere la valenza di un vero e proprio brand, un “marchio territoriale” forte e un luogo di culto enologico oltre la sua denominazione, capace di vantare milioni di estimatori in tutto il mondo, per i quali i vini italiani non sono solo sinonimo di eccellenza, ma anche del lifestyle Made in Italy. Fra le molte attività promosse da “Muskankarna”, c’è il premio “Wine Capital”, ovvero l’elezione di un territorio particolarmente vocato e distinto per la produzione di vino di qualità che per un intero anno sarà meta e oggetto di degustazioni, approfondimenti e visite 61
da parte dei suoi wine lovers. E dopo Wiirzburg in Germania, Châteauneuf-duPap in Francia e Stellenbosch in Sudafrica, è il Chianti Classico a conquistare l’importante riconoscimento, preparandosi ad accogliere i molti eno-appassionati per visitare cantine, fare shopping di bottiglie e prodotti del territorio, soggiornando nelle aziende – le “amiche di Muskankarna” – per tutto il 2012. «Ci stiamo preparando per accogliere gli amici svedesi – ha detto Marco Pallanti, presidente del Consorzio Chianti Classico – e speriamo che possano apprezzare il fascino che scatena il succedersi delle stagioni nel Chianti Classico. Ogni bottiglia nasce proprio da questo suggestivo avvi-
Anteprime toscane
cendarsi di colori e profumi, da un territorio ideale per la produzione vinicola, dalla preparazione e passione dei produttori, da un costante sforzo del Consorzio nella ricerca, per offrire alle aziende gli strumenti migliori per produrre un grande vino. Ogni etichetta però nasce anche dalla storia del nostro territorio, dalle vicende che lo hanno plasmato e da un vitigno, il Sangiovese, che qui riesce a esprimere il meglio di sé. Siamo ansiosi di raccontare questa storia di persona». E, in primavera, ad aprire le porte ai wine lovers sarà il settecentesco Convento di Santa Maria al Prato a Radda in Chianti, patrimonio artistico culturale del territorio, oggi di proprietà del Consorzio Vino Chianti Classico e della Fondazione per la Tutela del Territorio del Chianti Classico Onlus, oggetto di un progetto di restauro e recupero che lo trasformerà in un centro multifunzionale dedicato a turisti, eno-appassionati e studiosi del mondo del vino. Se la stampa può accedere esclusivamente su invito, gli operatori del settore potranno iscriversi alla manifestazione attraverso il modulo di iscrizione on line su www.chianticlassicocollection.it. Andamento stagionale dell’annata 2011 . Un’annata nel complesso equilibrata, con qualche sbalzo termico di troppo nel finale, ma ben affrontato dai terreni argillosi del Chianti che hanno ben conservato le riserve idriche accumulate nei mesi scorsi. A distanza di quattro mesi terizzato i mesi estivi, traendone beneficio, dalla vendemmia il giudizio di produttori al punto di portare i grappoli a maturae addetti ai lavori è unanime: il 2011 del zione con una/due settimane di anticipo Chianti Classico ha retto bene gli eccessi rispetto ai tempi tradizionali. Il buon termici di fine stagione e lascia ben speandamento delle condizioni atmosferiche rare per il futuro. La stagione, infatti, ha riscontrato nel passare delle diverse stagioregalato un frutto ben equilibrato, grazie ni ha sicuramente contribuito a quello che a un territorio fortemente collinare, forpotrebbe essere un grande millesimo per il mato da terreni per lo più argillosi che Gallo Nero: un fine inverno caldo e piohanno potuto accumulare durante l’anno voso ha aperto le porte a una primavera le riserve idriche necessarie ad affrontare mite con piogge, intorno a fine maggio e i picchi termici dell’ultimo mese. Inoltre inizio giugno, che si sono rivelate utili per il Sangiovese – piegarantire una buona il 2011 tra angolare e cuore riserva idrica alle pulsante del Gallo piante, il cui svilupdel chianti Nero – si è negli po è proceduto con anni perfettamen- classico ha retto un leggero anticipo te ambientato al bene gli eccessi sull’andamento traclima del territorio dizionale. La fine termici di fine chiantigiano ed ha del mese di giugno retto bene al grande e l’inizio del mese stagione caldo che ha caratdi luglio particolar62
mente caldi hanno accelerato le ultime fasi di sviluppo dei grappoli. L’agosto molto caldo e con assenza di piogge, aiutato dall’ottima escursione termica di settembre, ha completato la maturazione dei grappoli la cui quantità però nel 2011 è calata di circa il 10% rispetto alle passate stagioni. «Sotto il profilo sanitario l’andamento climatico della stagione è stato ottimo, quasi perfetto direi – ha specificato Marco Pallanti, Presidente del Consorzio Vino Chianti Classico – Le uve arrivate in laboratorio a Settembre hanno da subito presentato condizioni sanitarie eccezionali, in particolare il Sangiovese che presenta un tenore zuccherino molto alto». L’affinamento in cantina ha registrato un andamento regolare. Le piogge arrivate a fine settembre nel Chianti hanno, infatti, abbassato le temperature, soprattutto nei vigneti di quota più alta, così la fermentazione delle uve non è avvenuta in tempi
troppo rapidi, come in altre zone della regione che non hanno potuto godere di temperature più fresche poco prima della vendemmia. A ormai cinque mesi dalla vendemmia le ottime previsioni di settembre iniziano a diventare più solide certezze. Il vino in cantina si presenta con un’ottima acidità e con tannini “croccanti”, che sembrano avere tutte le carte in regola per garantire un millesimo da apprezzare anche nel tempo. La
degustazione ai tavoli con i som-
meliers. Di turno il Chianti Classico annata 2010 e riserva 2009; a seguire altri vini fino al 2006 di ben 152 produttori presenti. Per i vini in degustazione questa la proposta: 47 Chianti Classico DOCG 2010; 96 Chianti Classico DOCG 2009; 23 Chianti Classico DOCG 2008; 5 Chianti Classico DOCG 2007; 1 Chianti Classico DOCG 2001; 33 Chianti Classico DOCG Riserva 2009; 61 Chianti Classico DOCG Riserva 2008; 22 Chianti Classico DOCG Riserva 2007; 4 Chianti Classico DOCG Riserva 2006, per un totale di 292 vini.
D egustazione C hianti C lassico Docg 2010. 47 i campioni presentati di cui ben 21 come “campione da botte”. Dunque non è rimasto che assaggiare la rimanenza di quelli imbottigliati per
capire come si delineava l’annata. Il 2010 di certo non sarà ricordata tra le annate più grasse, buoni però i profili aromatici e fruttati, molto in linea con il vitigno (in particolare nei colori) e con legni discreti sia al naso che in bocca. Ottima la sapidità e la freschezza balsamica anche nel retrogusto, mai appesantiti da gusti cacaosi o di speziature grevi. In molti vini si notava una bella mineralità e lunga piacevolezza nel retrogola. Un’annata che fa ben sperare da subito. Tra gli assaggi da tenere in buona memoria: Bibbiano; Castellare di Castellina; Casuccio Tarletti; Fonterutoli; Castello di San Donato; Castello di Vicchiomaggio; Felsina Berardenga; Gagliole Rubiolo; Tenute di Nozzole. Degustazione Chianti Classico Docg e Chianti Classico Riserva Docg 2009. 96 campioni + 33 Riserve, tutti da bottiglia per un bel bere armonioso e interessante. Una trentina i miei assaggi (ma solo per il tempo che è venuto a mancare e degustati pertanto ai banchi dei produttori). Una lettura dell’annata ci porta a dire che i vini assaggiati (e a volte anche bevuti) hanno una bella nota di freschezza e di eleganza, nessuna nota verde (a volte balsamica o resinosa ma non verde), con finali al naso di spezie gentili e sigari. Poche le note di
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confetture. In bocca si ha una bella armonia acido/tannica con piacevolezza di beva da lasciare quasi senza parole (ancor di più nelle riserve). Erano anni che non si trovavano vini così ben equilibrati e di grande impegno anche nel finale (cioccolato mentolato e liquirizia). Fare un elenco degli assaggi mi sembra esagerato (tanti erano i vini buoni) e pertanto mi limito a segnalare i primi 10 che hanno superato la soglia dei 91 punti: Castello di Volpaia; Cinciano; Isole&Olena; Rancia di Felsina; Vaggiolata di Monterotondo; Ormanni; Querciabella; Riecine; Torraccia di Presura; Riserva Tolaini. La degustazione 2011. Alla postazione con i produttori era possibile degustare l’“Anteprima 2011”, per un totale di altri 55 vini, molti dei quali appena prelevati dalle botti o dall’acciaio. Uno spreco di vino che va a finire tutto nelle sputacchiere o perché troppo giovani e disarmonici o per tannini ancora non ben integrati con l’acidità. Di certo un quadro a dir poco desolante, da testimoniare agli organizzatori, anche se poi, anche chi scrive, ha degustato, per forza o per voler sapere, una decina di questi campioni. Per la verità 3 di questi assaggi erano anche lodevoli: Castello della Paneretta; Fattoria Ispoli e I Massi de Il Colombaio di Cencio.
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Anteprima Nobile di Montepulciano 2012
Presentazione tutta italiana per un vino che vince all’estero
L’Anteprima del Vino Nobile di Montepulciano 2012, per la stampa, ha preso il via il 22 Febbraio scorso, con la cena di gala nella suggestiva ed accogliente location della Fortezza, finalmente ridata al pubblico, anche se manca ancora qualche ritocco. Ma da subito, complimenti all’amministrazione comunale ed a i produttori per come hanno saputo adeguare questa storica dimora ad un grande contenitore di mostre e convegni. Bravi!!
a conoscere la Fortezza e le nuove annate, hanno avuto modo di visitare il territorio, soffermandosi in alcune aziende e andando alla scoperta del patrimonio artistico e paesaggistico di Montepulciano. Massiccia anche la partecipazione dei professionisti (commercianti, ristoratori ed enotecari), convenuti a Montepulciano da tutta Italia e sorpresi, pure, dalla grande quantità di neve trovata nella patria del Poliziano della settimana precedente. Tra le tante novità dell’Anteprima
si è avuto un record di presenze mai visto, infatti si contavano circa 120 tra buyer e opinion leader Nelle due giornate precedenti, dedicate ai buyer, si è avuto un record di presenze mai visto, infatti, si contavano circa 120 tra buyer e opinion leader del settore provenienti da tutto il mondo e selezionati da Toscana Promozione. Taiwan, Vietnam, Hong Kong, India, Cina, Russia, Usa, Brasile, Giappone, Norvegia: sono solo alcuni dei 31 paesi rappresentati da questo gruppo che, oltre
2012, la presenza di un ospite internazionale, resa possibile grazie alla collaborazione della galleria d’arte Opio5 di Montepulciano. Si parla di Peter Gaymann, celebre vignettista, pittore e fotografo tedesco, grande appassionato dell’Italia, dei suoi vini e dei suoi cibi, che più volte ha ritratto nelle sue tavole. Fin dal primo mattina Gaymann realizzava “in diretta”, per gli ospiti, vignette e schizzi
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personalizzati che poi sono stati esposti unitamente ad un’inedita collezione ispirata a Montepulciano e al Vino Nobile. Ma ritorniamo alla cena di gala e alla bellissima accoglienza degli ospiti con la banda “Divinorchestra: quando la musica riesce a suonare il vino”. Divinorchestra è la prima formazione musicale che celebra il mondo del vino suonando con strumenti artigianali costruiti attingendo appunto al mondo del vino. Gli orchestrali sono musicisti professionisti e allievi di scuole musicali, accademie e conservatori: normalmente danno vita all’Orchestra Poliziana, l’organico interno all’Istituto di musica della Fondazione Cantiere Internazionale d’Arte. Un’orchestra vera e propria, dunque, che nelle occasioni speciali lascia però dietro le quinte gli archi e gli ottoni per suonare con bottigliofoni, imbutofoni e damigianofoni, flauti a boccia, barrique e caratelli come percussioni e magnum usate come grandi maracas. L’ensemble esegue in diretta brani inediti, tra cui gli espliciti “Canta cantina” e “Caro caratello”, scritti e pensati proprio per la Divinorchestra dal maestro Luciano Garosi, direttore e inven-
sono i vini in degustazione ai banchi con i sommeliers tra “selezione” e “riserva” (di cui altri 4 “campione da botte”). Come per il Chianti anche qui il Prugnolo Gentile (Sangiovese) ha fatto bene la sua parte donando vini floreali, fruttati, fini ed eleganti con speziature modeste e belle balsamicità. In bocca i tannini sono presenti ma abbastanza levigati, alta l’acidità che si allungava sin nel retrogusto con toni aspri e ruvidi. Le mie preferenze sono andate a: Nottola; Corte alla Flora; Lunadoro; Lodola Nuova; Le Berne; Le Bertille; Poliziano; Dei; La Braccesca; Boscarelli e Casale Daviddi. Tra i vini “campione da botte” Il Macchione; La Ciarlana; Poggio alla Sala; Icario; Godiolo; Bindella e Villa Sant’Anna.
tore dell’inedita formazione, che spiega così questa idea innovativa: «Montepulciano, città del vino e della musica, coniuga le sue caratteristiche in un esperimento mai visto prima. Suoni persistenti, colori decisi, dinamiche vellutate: ci piace pensare che in un momento così delicato, il nostro pubblico possa inebriarsi con la musica e la creatività». E davvero ci siamo divertiti. A dire la verità non male neanche l’offerta gastronomica del Catering Massimiliano Cappelli, di certo la migliore cena delle ultime edizioni. Tra i ricordi: carpaccio di Chianina; zuppa di ceci con straccetti di gota di cinta senese; carrello di carni arrosto; pecorini assortiti ben scelti; panna cotta allo zafferano con salsa al Vin Santo secco. L’Anteprima ha sottolineato un altro degli aspetti emergenti di Montepulciano, quello culturale e artistico. Al termine della cena di benvenuto, i giornalisti, infatti, hanno potuto visitare, con una guida, il Museo Civico – Pinacoteca Crociani, aperto per l’occasione, soffermandosi tra reperti archeologici, davanti alle terrecotte dei Della Robbia o, soprattutto, al cospetto del Ritratto di gentiluomo, recentemente attribuito a Caravaggio. Per l’occasione ben 8 Vin Santo erano a disposizione per chiudere in dolcezza la serata di gala.
Note in chiusura. Se il vino è il prodotto principe a Montepulciano, tuttavia la forte vocazione agricola di queste terre si esprime attraverso tanti altri prodotti unici. Non è un caso che sia nato il progetto “Arte e Cibo” grazie al quale la Strada del Vino Nobile ha creato un concetto di “filiera corta” che lega l’artigianato (altro grande patrimonio) alle delizie di Montepulciano: dalle carni di razza Chianina, il cosiddetto La presentazione e la degustazione. Gigante Bianco invidiato in tutto il mondo, Giovedì 23 febbraio: Una giornata solare a quelle di Cinta Senese (la prima carne in ci ha accolti al mattino in Fortezza. Non Europa a ricevere la Dop). Non possono male pensando che una settimana prima si mancare nella lista dei prodotti d’eccelavevano ben 7 gradi sotto lo zero e neve lenza l’Olio extravergine d’oliva Terre di a volontà. Alle 9,30 già al lavoro degustaSiena Dop e Toscano Igp, inconfondibili tivo con bravi e professionali sommeliers. espressioni degli oliveti collinari e lavoraAlle 11, presentati nel Frantoio di zione dell’anna- la forte vocazione Montepulciano, ta 2011 illustrache raccoglie agricola di queste ta dall’enologo gran parte della Mauro Monicchi, produzione locaterre si esprime saluto del sindale. Anche il forattraverso tanti co Andrea Rossi maggio pecorino e del presidente trova un grande prodotti unici del Consorzio del centro di produVino Nobile di Montepulciano, Federico zione di qualità a Montepulciano (come Carletti. Un intermezzo che si potrebbe non ricordare Cugusi), grazie al clima e al evitare nel bel mezzo della degustazione, a territorio ideale per il pascolo delle pecocui nessuno fa caso. In compenso si ha una re. Senza dimenticare il grano, l’oro della cartella stampa davvero completa da potersi Valdichiana, grazie al quale si producono leggere a casa in tutta comodità. farine ideali per la realizzazione di pasta, Trentaquattro le aziende presenti con i propri come i “pici”. Il recupero di molte ricette banchi di assaggio dislocati nelle sale dell’antico tradizionali a base di questi eccellenti proedificio. Annata in anteprima la 2009 (33 vini di dotti è stato favorito dal concorso estivo cui 16 “campione da botte” e siamo quindi alle A Tavola con il Nobile, organizzato dal solite… Si assaggiano con attenzione i camConsorzio del Vino Nobile in un’atmopioni in bottiglia, lasciando meno attenzione sfera resa ancor più gustosa dalle iniziative agli altri, per non incappare nei soliti problemi gastronomiche realizzate dalle otto contradi cui non stiamo ancora a raccontare). Altri 29 te poliziane. 65
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Anteprima di Benvenuto Brunello 2012
Una manifestazione che ha riservato molte sorprese
Ultima tappa della settimana di degustazioni, dal 24 al 27 Febbraio, Montalcino ha attirato, com’è giusto che sia, giornalisti, critici e operatori provenienti da tutto il mondo. Ecco alcuni numeri dettati dal Consorzio: 250 giornalisti accreditati, di cui un centinaio stranieri, 30 paesi esteri rappresentati e 4.500 gli operatori che hanno affollato il Chiostro del Museo nei giorni di domenica e lunedì. La novità di quest’anno è stata la “digitalizzazione” dell’evento attraverso il blog e i principali social media (Facebook, Twitter, Youtube, Flicker ecc.) che ha riscosso un grande successo. L’edizione di quest’anno di Benvenuto Brunello ha riservato anche un’attenzione particolare alla solidarietà, con un evento di beneficenza a cui in tanti hanno voluto contribuire: 1.200 tra t-shirt e felpe, con stampato il disegno della piastrella celebrativa della vendemmia 2011 realizzato quest’anno dagli stilisti della griffe “Salvatore Ferragamo”, sono state vendute durante la manifestazione per raccogliere fondi da destinare all’acquisto di una nuova ambulanza per la Confraternita della
Misericordia di Montalcino. Giovanna festazione. E infine l’evento di solidarietà, Gentile Ferragamo ha presenziato alla ceria cui noi abbiamo creduto ma che non monia di presentazione della piastrella e sarebbe stata possibile senza il fondamendell’evento di beneficenza. tale contributo e la passione di Giovanna «Abbiamo voluto dare un nuovo volto Gentile Ferragamo e dei suoi collaboratoa questa 20esima edizione di Benvenuto ri». Al Teatro degli Astrusi si sono tenute Brunello – ha commentato il Presidente le previste manifestazioni per celebrare il del Consorzio Ezio Rivella – innanzitutto rating della Vendemmia 2011 (assegnate sfruttando appieno la bellezza del Chiostro 4 Stelle), la presentazione della piastrella del Museo di Montalcino, che ha ospitato (firmata Ferragamo) e l’assegnazione del non solo le degustazioni ma anche il nuovo Premio Leccio d’Oro. spazio dedicato interamente agli inconPer quanto riguarda la formella, che com’è tri tra produttori e giornalisti. E ancora ormai tradizione, viene poi cementata l’esperimento della nuova versione “social” sul muro esterno del Palazzo Pubblico dell’evento, che ricordo essere stata la di Montalcino, l’immagine è stata reaprima in Italia per lizzata dagli stilisti un appuntamento della “Salvatore abbiamo voluto Ferragamo”, grifenologico, e che crediamo ci abbia fe dell’alta moda di dare un volto permesso di avvicifama internazionanuovo a questa narci a tutti quegli le. Lo stesso diseappassionati che (come detto 20esima edizione gno non hanno potuto sopra) è stato riprovenire a Montalcino dotto su t-shirt e ma che riconoscono il prestigio e l’imporfelpe messe in vendita durante la manifetanza del nostro vino e della nostra manistazione. La piastrella rappresenta un’ori66
ginale composizione floreale in cui le foglie di vite, i pampini e i grappoli fanno da sfondo a un bicchiere e una bottiglia di vino, che prendono forma da delicati fiori bianchi e rosa. Il “calendario del Brunello” è possibile ammirarlo nel centro storico di Montalcino ed è una vera e propria galleria d’arte con opere di artisti come Sandro Chia e Oliviero Toscani, stilisti di moda quali Roberto Cavalli e Ottavio Missoni, il vignettista Emilio Giannelli o campioni dello sport come Deborah Compagnoni. Ad aggiudicarsi il premio Leccio D’Oro quest’anno sono stati il Gaia Restaurant di Hong Kong per la categoria ristoranti, il Biondivino Wine Boutique di San Francisco (USA) per la categoria enoteche e l’Antica Trattoria Suban di Trieste per la categoria osterie. Il Gaia Restaurant (www.gaiagroup.com), uno dei migliori ristoranti italiani di Hong Kong, è stato il primo locale aperto dal “Gruppo Gaia”, nato nel 2000 e rapidamente diffusosi in tutta la Cina attraverso l’apertura di numerosi altri ristoranti e bar. Il Gaia Restaurant di Hong Kong è gestito da Pino Piano: napoletano di nascita. Piano ha viaggiato per tutto il mondo, spostandosi da Londra a New York fino ad approdare a Hong Kong. La carta dei vini conta oltre 600 bottiglie, tra italiane e francesi. L’enoteca Biondivino (www. biondivino.com) di Ceri Smith nasce nel 2006 ed è specializzata soprattutto in vini italiani. L’esclusiva “italian wine boutique” di San Francisco comprende nella sua “wine list” qualcosa come 490 vini di venti regioni italiane di cui 150 con un costo, sullo scaffale, inferiore ai venti dollari. L’Antica Trattoria Suban (www. suban.it) di Trieste nasce nel lontano 1865 e da allora quattro generazioni di ristoratori si sono prodigati per portare avanti la tradizione gastronomica triestina nata dalla convivenza di genti, religioni, usi e costumi diversi. La trattoria fu aperta, e tuttora si trova, nel rione di San Giovanni, zona di sosta e di passaggio per i traffici che si svolgevano tra l’altipiano carsico e Trieste. Oggi la trattoria è gestita da Federica Suban. La presentazione dei vini. Montalcino ha proposto in anteprima i vini che stanno per essere lanciati sul mercato: l’annata 2007 per il Brunello, la 2006 per la Riserva e l’annata 2010 per il Rosso.
Molte le novità migliorative e innanzitutto la presenza di uno spazio interamente dedicato all’incontro tra giornalisti e produttori nel cortile di Palazzo Pieri, collegato con il Chiostro di Sant’Agostino dove si sono svolte le degustazioni e “centro nevralgico” di tutta la manifestazione. E’ stato inoltre creato, per la prima volta all’interno di un evento enologico italiano, uno spazio interattivo dove esperti, operatori e appassionati hanno potuto interagire tra loro, scambiare informazioni, opinioni, materiali, foto e video. L’accesso alle informazioni, tradotte sempre in 3 lingue, avveniva attraverso la homepage del sito del Consorzio (www.consorziobrunellodimontalcino.it), che fungeva da “porta di accesso” a tutti i contenuti multimediali disponibili online. Ad essere protagonisti di questa “rivoluzione social” del vino, di cui il Brunello è stato pioniere, sono stati il territorio e i suoi produttori che sono stati fatti oggetto di interviste durante i giorni dell’evento. Tra i temi toccati: il futuro di Montalcino e dei suoi vini, gli assaggi e le valutazioni, i vigneti e le cantine, i personaggi del vino (nuovi nati e grandi vecchi, i giovani, le donne del vino ecc.), e i percorsi turistici del territorio oltre il vino ecc. Gli organizzatori hanno dato molto enfasi ad un evento definito da 15 stelle. Quest’anno, infatti, l’anteprima ha avuto per protagonisti 3 vini di vendemmie che hanno ricevuto le 5 stelle, cioè il massimo del punteggio ottenuto dalla commissione che ogni anno valuta la bontà della vendemmia. Sulle annate “superstar” celebrate in questa di Benvenuto Brunello, si può ribadire quanto già sottolineato da critica e produttori. Per il 2007 tutti furono concordi che la vendemmia avrebbe dato un vino elegante e strutturato, con buona componente polifenolica e dall’acidità contenuta. Ciò grazie ad uve con elevate gradazioni zuccherine e con la maturazione delle componenti fenoliche. Per quella del 2006 (le riserve) e del 2010 (i rossi), la critica è stata concorde: due tra le migliori annate di sempre. Per quel che concerne la seconda e cioè la vendemmia 2010, produttori ed esperti condividono l’opinione che l’annata abbia manifestato caratteristiche straordinarie per il Sangiovese, sia sotto il profilo organolettico sia sotto quello dei 67
Anteprime toscane
parametri compositivi, che – oltre ad una gradazione alcolica di ottimo livello e in alcuni casi anche piuttosto alta – presentavano valori di polifenoli totali, di antociani e di estratto molto elevati e raramente riscontrabili in questo vitigno. La Degustazione. I numeri, innanzitutto: 140 i “Brunello di Montalcino Docg 2007” più altri 7 campioni “Preferenze”, una quindicina le “Selezioni 2007”; 16 le “Riserve 2006”; 88 i “Rosso di Montalcino 2010” e 33 i “Rosso di Montalcino 2009”; 10 i “Moscadello” e 2, infine, i Sant’Antimo “Vin Santo”. Per le considerazioni di degustazione parliamo subito dei colori: finalmente siamo ritornati alle vere tonalità rosso/rubino con riflessi aranciati, pochi i colori scuri per eccessive estrazioni, e fermiamoci qui per non toccare tasti dolenti. Al naso le sfumature floreali erano pochissime, i sen-
sempre fresco, balsamico, a volte cioccolatoso ma non pesante di tostature caffeose. Buoni gli spunti di mineralità. Un’annata che penso abbia reso felici numerosi colleghi, in particolare, quelli esteri, che avevano espressioni di piacevole soddisfazione. Un’annata da posizionare superiore al 2005 con alcuni vini ben predisposti all’invecchiamento. Pochissime le riserve 2006 presentate e quasi tutte di grande livello. Ancora qualche punta di acidità da digerire ma la componente tannica era davvero piacevole. Per i rossi, pochi i vini degustati per mancanza di tempo. Molti i vini rossi del 2009 (che io non ho degustato). Una ventina gli assaggi saltando, come si suol dire, di palo in frasca, tra i banchi di assaggio con i sommelier e i tavoli con i produttori. Interessanti sentori di frutta fresca rossa, poco smalto, finezza e pulizia, qualche punta di speziatura. In bocca vinceva l’acidità ma i tannini erano ben
pochissime le riserve 2006 presentate e quasi tutte di grande livello tori fruttati invece erano sempre presenti in tutti i vini con una scala che andava dal frutto fresco al frutto maturo e comunque quasi mai marmellatosi e/o di prugne cotte, con finali tendenti al balsamico (resina, liquirizia, menta, limoncella) con punte di legno ma molto ben dosati e non eccessivamente “boisé”. Interessante scoprire che ben pochi vini avevano sentori terziari. In bocca molta complessità con acidità contenute che ben si erano integrate con i tannini, mai spigolosi, a volte ancora ruvidi, ma non da non consentire una piacevole degustazione che poi ben si soffermava nella gola con retrogusto
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lineari e non davano problemi di beva. Direi che se queste sono le basi dei rossi, si può ben sperare nel fratello maggiore: il Brunello che sta maturando in cantina. Tra le mie preferenze nei “Rossi di Montalcino 2010”: Agostina Pieri; Fattoi; Gianni Brunelli; Paradiso di Manfredi; Le Ragnaie; Pian delle Querci; Siro Pacenti; Solaria e Uccelliera. Queste le “Riserve 2006” che ho ritenuto più interessanti: Collemattoni; Lisini; Mocali; Pinino; Sesti (Phenomena); Tiezzi. Qui le “Selezioni di Brunello 2007”: Altero di Poggio Antico; Villa Loreto di Mastrojanni; I Poggiarelli de La Mannella; Le Ragnaie V.V e Le Ragnaie Vigna Fornace; Vigna Manapietra de La Lecciaia e Madonna delle Grazie de Il Marroneto. E, infine, le preferenze su 62 “Brunello Docg 2007” degustati: Donna Olga; Baricci; Campogiovanni; Caprili; Castello Romitorio; Collemattoni; Fossacolle; La Fiorita; La Fortuna; La Poderina; La Rasina; Lambardi; Le Chiuse; Lisini; Pian delle Querci; Podere Brizio; Poggio Antico; Renieri; Ridolfi; San Lorenzo; Sesta di Sopra; Solaria; Talenti; Tenuta Le Potazzine e Tenuta di Sesta.
Resort da sogno
Castello di Meleto
La vacanza ideale tra comfort e tradizione Luca Casamonti
Se il viaggiatore di oggi potesse accedere a tutte le scale, i passaggi segreti e le vie di fuga tuttora esistenti nel Castello di Meleto, salendo verso l’alto si ritroverebbe sulla torre centrale, risalente all’anno 1000. Da lì la sua vista dominerebbe la valle del torrente, ora denominato Massellone ma, anticamente, chiamato, probabilmente “Chianti”. Il fiume ha origine fra Firenze ed Arezzo e volta le spalle all’Arno, scorrendo verso Siena. Il nome “Meleto in Chianti” compare per la prima volta nel 1269, nel Libro degli Estimi dei Guelfi Fiorentini, come proprietà della Famiglia di Ranierii de’ Ricasolis. Meleto era quindi un castello guelfo e faceva parte di una schiera di fortificazioni che Firenze contrapponeva a Siena, in qualità di ultimo baluardo di difesa posto in un lembo di terra meraviglioso. Quando arriverete a Meleto, ci sarà un momento, verso l’ora del tramonto, con la luce rosata che precede il calare della notte, quando gli uccelli rapaci lanciano il loro richiamo e gli ultimi passeri si nascondono fra le fronde del parco, in cui
vi sentirete in un altro mondo, immersi nel silenzio della campagna toscana. Alzando lo sguardo verso le torri circolari, costruite nel Quattrocento per difendere il castello dagli assalti degli invasori e dei loro archibugi, potrete senz’altro pensare di essere in un’altra epoca, ai tempi dei cavalli e dei cavalieri, degli armigeri e delle damigelle. All’interno, tante epoche si sono stratificate e oggi si può ammirare il gusto aristocratico del passato, ben rappresentato nelle stanze decorate ed affrescate in stile barocco e nel magnifico piccolo teatro settecentesco, intitolato alla Compagnia degli “Accesi”. Meleto oggi. Oggi il Castello di Meleto è il centro dell’omonima importante azienda vitivinicola, che coniuga la produzione di vini di pregio con l’ospitalità ai turisti e agli appassionati enogastronomi che desiderano conoscere il territorio dove si coltiva l’uva che andrà a spremersi nel vino che possono bere. Tutto è a misura di uomo, con ritmi naturali e paesaggi straordinari. 69
Il viaggiatore ha la possibilità di poter degustare il vino insieme a saporiti salumi, sapendo che qui si allevano – a km zero – i pregiati suini di cinta senese Dop, una razza così antica che è raffigurata (un maiale nero, rustico e selvatico, quasi un cinghiale, ma con una fascia bianca in vita, come una “cintura”) nell’affresco di Ambrogio Lorenzetti Effetti del Bono e del Cattivo Governo al Palazzo Pubblico di Siena. E l’habitat ideale per questi animali così rustici sono proprio i boschi del Castello di Meleto. La Tenuta ed i Prodotti. I terreni della tenuta di Meleto si estendono per circa 1.000 ettari, di cui 160 coltivati a vigneto. L’uva prevalente è il tradizionale Sangiovese, principale base del Chianti Classico: altri vitigni coltivati sono Merlot, Cabernet e Sirah. Il terreno è arido e sassoso, ideale per la coltivazione della vite che produce uve di grande pregio. I vigneti di Poggiarso, Moci, Casi, Spaltenna, sono i “cru” più importanti del Castello di Meleto. Nelle vigne si
Resort da sogno
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Il chianti classico castello di meleto è un vino moderno ma di tradizione chiantigiana può vedere e, in un certo senso, “toccare con mano” come la vite riesca a dare il suo frutto migliore in terreni aridi e sassosi, dove vegeta al limite della sopravvivenza, data la composizione del terreno (marne calcaree, galestro ed alberese). I prodotti che ne derivano sono l’espressione del “terroir” e della tradizione chiantigiana. I vigneti di Meleto producono circa 6.000 kg. di uva per ettaro. L’uva vendemmiata a mano è destinata alla produzione di quattro principali linee di vino: il Chianti Classico Docg, il Chianti Classico Docg Riserva e tre Igt: il “Borgaio”, il “Fiore” ed il “Rainero”, quest’ultimo un omaggio al primo proprietario del Castello. Il Chianti Classico Castello di Meleto è un vino moderno ma di tradizione chiantigiana, che conserva un gusto fine ed elegante. La Riserva, il Fiore ed il Rainero hanno una struttura molto intesa ed un bouquet caldo e profumato. Il Castello produce inoltre un ottimo Vin Santo Doc del Chianti Classico, due grappe, un ottimo olio “bio” extravergine di oliva, alla base della tradizionale cucina toscana, e il miele, dagli alveari immersi nella campagna.
Vacanze. Il Castello di Meleto è al centro di un ideale triangolo formato dalle città di Siena, Firenze ed Arezzo. Direttamente addossate alla fortificazione si trovano le case coloniche Limonaie e Terrazze, rivolte verso la campagna, mentre altre abitazioni dei vecchi mezzadri – Loggia, Vignanova – sono a pochi passi dal Castello. Ristrutturate mantenendo le caratteristiche originali secondo lo stile rustico toscano (pavimenti in cotto, soffitti con travi a vista) ma con tutti i comfort moderni, hanno a disposizione una terrazza o un giardino privato. Alta sulla collina, troviamo Casanova, una magnifica ex casa colonica, restaurata con i migliori accorgimenti per un piacevole soggiorno. Messa in una straordinaria posizione panoramica, domina il Castello e la valle del Massellone e a suo fianco troviamo una scenografica piscina d’acqua salata.
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A Meleto è possibile soggiornare anche nelle camere al primo piano del Castello e nella casa Canonica, di fianco alla Cappella ed alla reception dell’agriturismo. Ben accessibile dai giardini si trova un’altra bella piscina a sfioro che si affaccia sulla campagna incontaminata. Da Meleto si possono fare comode gite nelle città d’arte come Firenze e Siena, San Gimignano, Arezzo, Perugia. Altre mete come Montalcino, Montepulciano, Chianciano, Bagno Vignoni, Pienza, Saturnia, Pitigliano e la Val d’Orcia si trovano tutte a breve distanza e si possono visitare tutte in un’unica giornata. Il Golf Club dell’Ugolino, uno dei più bei green d’Italia, è a soli 45 minuti; per trascorrere un soggiorno indimenticabile, possono essere organizzati voli in mongolfiera e immersioni nelle acque termali. Il Castello è punto di partenza per percorsi trekking in campagna, “eroiche” passeggiate in bicicletta o a cavallo fra pievi e castelli, vigneti e boschi. A Meleto l’enoturista può trovare tutto ciò che cerca per conoscere ed apprezzare più profondamente un territorio: la visita guidata del Piano Nobile del Castello e del teatrino, delle antiche cantine sotterranee, con le segrete e l’antica “via di fuga”, si concluderà nella piacevole Enoteca dove, sotto le antiche volte, è possibile degustare con tranquillità ottimi vini e distillati. Oltre ai prodotti della fattoria – vini, liquori, un intrigante Spumante Rosé prodotto con metodo classico da uve Sangiovese, grappe, brandy, salumi di cinta e miele – si trovano anche numerosi prodotti artigianali, tipici della zona del Chianti. E poi un corso di cucina, per imparare i segreti delle massaie toscane, un simpatico barbecue nel “Salvatico” o un’indimenticabile cena nei
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saloni affrescati, per vivere l’autentica atmosfera della villa di campagna. Infatti, come insegnano le recenti manifestazioni di Perugia e di Milano, la IWTC e la BIT, l’enoturismo in Italia sta assumendo un ruolo sempre più importante per l’intero settore e si contano cinque milioni di turisti in Italia, per un fatturato di altrettanti miliardi di euro. Il Castello è anche cornice ideale per eventi speciali: feste di nozze o serate di Gala “Medioevali”, seminari e conferenze nella Scuderia, a cui far seguire una riunione conviviale nei saloni o nel giardino.
Pieve di Spaltenna. La Pieve romanica di Spaltenna, che risale alla fine del X Secolo, si trova a breve distanza da Gaiole, nel cuore del territorio più antico del Chianti Classico. Con tre navate, la Chiesa, di proprietà del Castello di Meleto, è un tipico esempio di edilizia religiosa romanica. Semplici pilastri di filaretto di alberese sostengono cinque grandi arcate che reggono la copertura a capriate. Gli altari laterali settecenteschi e l’Altare Maggiore non interrompono la sobrietà del perimetro murario. La torre campanaria, posta sul
qui è possibile gustare le specialità della cucina toscana o piatti innovativi La Fornace di Meleto. Nei tempi antichi il Castello di Meleto era indipendente, oltre che per le coltivazioni necessarie alla sopravvivenza degli abitanti fra cui il grano, il vino, l’olio, anche per i materiali da costruzione. Nelle vicinanze del Castello si trovavano i ruderi di due Fornaci: una per la calce ed una per i mattoni. All’inizio della strada che porta a Meleto, è aperto il Ristorante – Wine Bar “La Fornace di Meleto” che, dopo un attento restauro della vecchia fornace per mattoni, è diventato una pregevole osteria. Qui potete gustare le specialità della cucina toscana o piatti innovativi, ma sempre con l’utilizzo dei genuini ingredienti della zona come i salumi di cinta senese, la fettunta all’olio extravergine di oliva, la pappa al pomodoro, i pici e la classica bistecca alla fiorentina.
lato sinistro della facciata è alleggerita da aperture che permettono l’entrata dei raggi del sole. Oggi nella Pieve si
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celebrano anche i matrimoni religiosi degli ospiti del castello di Meleto. Progetto Verde per Meleto. “Oggi un quarto dell’intero consumo, da domani chissà”. È questo l’ambizioso obiettivo che Meleto si è prefisso da quando è stato attivato il nuovissimo impianto fotovoltaico completamente integrato alla Cantina di Ponte di Meleto. L’impianto a regime ha una capacità produttiva di 88 kW, equivalente per l’appunto al picco massimo del fabbisogno della cantina in vendemmia. Per tutto il resto dell’anno, l’azienda cede in rete energia pulita. Oggi il Castello deve confrontarsi con la problematica ambientale ed è dovere di tutti studiare delle soluzioni idonee che permettano di risparmiare energia, ridurre l’impatto e migliorare la salubrità dell’area. Un vino di qualità deve essere prodotto in un ambiente sano e l’impegno di Meleto per il futuro sarà sempre più orientato in questa direzione.
Protagonisti in cucina
Un brindisi ad Aqua...riva! Jacopo Rossi
Il lago di Garda è notoriamente uno degli scorci naturalistici più belli del nostro Paese. Le sue acque, insieme al verde circostante, hanno fatto perdere la testa a vip di spessore, italiani e stranieri, che hanno eletto quelle zone a meta prediletta per evadere da jet-set, flash e riflettori di sorta. Le sensazioni che le sue rive regalano sono forti, personali, cambiano anche nel giro di pochi metri, variano a seconda dei locali e dei ristoranti. Uno di questi, l’Aquariva, situato a Padenghe,
Ivan Favalli
dentro il West Garda Marina, già esaltato da altre riviste di settore, descritto minuziosamente nelle guide e nelle “bibbie” enogastronomiche per tutti i gusti, è in grado di regalare emozioni particolari, ben definite. Emozioni che, a sentire Ivan Favalli, uno dei due fratelli titolari del locale, parlano di mare quasi a volerne emulare nell’essenza. Aquariva festeggia quest’anno il suo decimo compleanno: è dal 2002 infatti che allieta le serate dei suoi clienti con i suoi piatti, elaborati dallo chef Paolo Favalli, fratello di Ivan e co-proprietario del locale, la ricca carta dei vini e la qualità del servizio. Il locale. La vista di cui si gode dalle ampie vetrate e dalla terrazza estiva è molto suggestiva, indimenticabile: rischia quasi di rubare la scena al locale stesso i cui interni sono curati al massimo. Minimalista sì, ma non povero di dettagli, moderno ma anche marinaro chic, e non potrebbe essere altrimenti. Infatti il ristorante è dotato di un proprio approdo, che gli consente d’essere una delle mete più gettonate dagli amanti dei natanti che ogni giorno solcano le acque del Garda. Il ristorante, si diceva: è situato in una villa in stile liberty con marina privata risalente agli anni Sessanta, immersa nel verde curato di un parco, il tutto a picco sulle acque del Lago. Negli interni domina il bianco, arricchito dalla tenue luce delle candele, dagli arabeschi dei tappeti persiani e dal calore del caminetto, capace di regalare, insieme alla vista serale del lago, un’atmosfera non certo comune, per un locale che non si può accontentare solo dell’etichetta di “ristorante”. Aquariva è di più, è un locale per certi versi mondano, comunque versatile, adatto anche alle situazioni informali. Durante tutto l’anno può capitare di trovarsi nel bel mezzo di un party affollato, con note jazz in sottofondo, live, e fiumi di bollicine. Tutto può accadere.
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L’estate. Ma è d’estate che il locale si “apre”, in tutti i sensi: la bella stagione regala visioni paradisiache del lago e la numerosa clientela del locale, comunque selezionatissima, ha l’occasione di assaporare il gusto di una movida che nulla ha da invidiare alle mete più classiche e patinate del bien vivre, come Saint Tropez, Forte dei Marmi, o Milano Marittima. Con il tepore primaverile spesso diventa difficile trovare un tavolo libero. L’ampia terrazza sul lago diventa luogo di appuntamenti irrinuncia-
Paolo Favalli
Protagonisti in cucina
gli ingredienti sono tutti di qualitÀ, sempre freschi. la cantina offre più di 900 etichette bili, gli aperitivi chic e mai banali, sottolineati dalle note jazz-lounge di sottofondo. Ed il calendario, quando anche gli spazi aperti sono a disposizione per la clemenza del meteo, si popola di eventi mondani, serate ed appuntamenti informali e mai impegnativi. Inoltre, accanto al ristorante, è aperto l’Aqualounge Yatching Bar,: buona musica, stuzzicherie sfiziose, distillati ricercati e champagne, cocktails, sigari e cioccolatini raffinati, d’alta pasticceria. La cucina. I piatti elaborati da Paolo, coadiuvato da uno staff di giovani cuochi, appartengono alla tradizione di mare e di terra, proposta però con
accenti ed assaggi di modernità. Gli ingredienti sono tutti di qualità, sempre freschi, di giornata», come sottolinea ancora Ivan. Il pesce è ovviamente protagonista, ma la carne gode del giusto spazio nel ricco menu. Crudité e carpacci di pesce fresco come il tonno siciliano o le ombrine del Mediterraneo, ostriche, caviale, zuppetta, paella, brace, fritto da intingere nell’agrodolce e capesante dorate; risotti, linguine con le mazzancolle e penne con l’astice. Ma, per quanto riguarda la carne, anche tortelli d’anatra, quaglia laccata, jamòn iberico, vitello con purè al tartufo e filetto di manzo al pepe nero del Madagascar.
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Inoltre, per rispettare al volontà di genuinità, sia il pane che tutti i tipi di pasta sono fatti in casa. La cantina. Tutte le pietanze del ricco menu sono annaffiate dai vini della cantina, che Ivan seleziona personalmente. A disposizione dei clienti ci sono più di novecento etichette locali, nazionali, ed estere. Ma le vere protagoniste sono però le bollicine: la cantina propone più di centocinquanta prestigiose etichette di champagne francese, che sono valse al suo curatore il titolo di Cavaliere dello Champagne assegnatogli dal Gran Cosiglio dell’Ordine. Vi si trovano anche numerose bollicine nazionali che rendono, insieme agli altri vini, la cantina dei fratelli Favalli una delle più fornite in tutto il territorio nazionale. E, goliardicamente, animano le serate estive a colpi di “sciabola”.
Manifestazioni
Città del Vino
Diventa “verde” la selezione del Sindaco
Paolo Corbini
Finalmente anche l’Europa ha intrapreso l’importante percorso di valorizzazione del vino biologico e il concorso enologico “La Selezione del Sindaco”, promosso dall’Associazione Nazionale Città del Vino (la rete degli oltre 550 comuni italiani a forte vocazione vitivinicola), quasi anticipando questo importante riconoscimento, ha inserito tra le tipologie di vini che le aziende possono presentare anche il vino prodotto con uve da agricoltura biologica, dicitura che in futuro potrà essere cambiata in “vino biologico” qualora l’azienda allunghi la filiera del biologico dalla vigna alla cantina. Con l’introduzione del logo europeo è stato colmato un vuoto normativo che rischiava di creare fenomeni di distorsione della concorrenza rispetto ad altre realtà produttive che già godono di un regime di tutela normativa; si tratta di un risultato importante per il nostro Paese che, ormai da tempo, ha deciso di puntare con decisione sull’agricoltura di qualità tanto da diventare leader indiscusso nelle produzioni biologiche. “La Selezione del Sindaco” già da alcuni anni ha aperto le porte del concorso anche all’Associazione Nazionale Città del Bio con il concorso “Biodivino” riservato, fino ad oggi, ai vini prodotti con uve da agricoltura biologica. Intanto prosegue presso i comuni Città del Vino e le loro aziende la campagna di adesione al concorso “La Selezione del Sindaco”, le cui sessioni di degustazione si terranno in Calabria, a Lamezia Terme, dal 25 al 27 maggio 2012, presso la Fondazione Mediterranea Terrina (ex Centro Agroalimentare); sarà invece il comune di Acri (Cosenza) ad ospitare il 75
banco di assaggio glie prodotte per il premio vuole e la proclamaziotipologia di vino. ne dei vincitori promuovere pratiche I comuni dovrandelle medaglie no iscriversi al agronomiche d’oro e d’argento. concorso entro il Il concorso è 21 maggio 2012, sostenibili autorizzato dal mentre le aziende e compatibili Ministero per le potranno iscriPolitiche Agricole versi non oltre il con l’ambiente ed è realizzato da 15 maggio 2012. Città del Vino in Per comuni e collaborazione con Recevin (rete delle aziende i moduli da scaricare e riempire città del vino d’Europa), dall’Associaziosono disponibili sul sito www.selezionene Città del Bio e gode del patrocinio delsindaco.it. dell’OIV (Organizzazione Internazionale Tra le novità de “La Selezione del della Vite e del Vino). Sindaco” 2012 c’è la prima edizione Al concorso (sta qui la sua originalità), del premio “Impronte d’eccellenza. possono partecipare in modo congiunto Tecniche agronomiche sostenibili per sia le aziende vitivinicole sia i loro comuuna viticoltura di valore” indetto da Città ni di appartenenza, presentando partite del Vino e Cifo (azienda leader nella di vini Doc, Docg e Igt da un minimo produzione di concimi per l’agricoltudi 1.000 ad un massimo di 50.000 bottira) che premierà l’azienda vitivinicola 76
più “verde” che avrà vinto almeno una Medaglia d’Oro. Obiettivo del premio è quello di promuovere tra le aziende vitivinicole buone pratiche agronomiche sostenibili e compatibili con l’ambiente. Alle migliori tre aziende vitivinicole verranno assegnati altrettanti premi, che prevedono, tra le altre cose, anche forniture di prodotti CIFO e consulenze gratuite di tecnici dell’azienda. Per rimanere fedeli allo spirito del concorso enologico che vede la partecipazione congiunta di comuni e aziende e che assegna i premi tanto al Sindaco quanto al produttore, CIFO garantirà per un anno il mantenimento di un’area verde pubblica del Comune dove opera l’azienda vitivinicola che si sarà classificata al primo posto. Per informazioni sul regolamento di adesione a “La Selezione del Sindaco 2012” Premio Città del Vino-CIFO, si può consultare il sito www.selezionedelsindaco.it.
Sullo scaffale
Tra le donne e il vino alla scoperta della Sicilia
Se cercate il suo profilo su Facebook troverete che si definisce “un viaggiatore epicureo del III millennio”. Lui è Andrea Zanfi, scrittore toscano con più di 70 libri all’attivo e autore di Sicilia. Diari di vendemmie…in compagnia di donne siciliane che racconta il rapporto tra le donne, il vino e la loro terra. Per la stesura del libro, edito dalla Salvietti & Barabuffi Editori, l’autore ha incontrato quarantaquattro donne e il libro prende spunto il viaggio fatto da Zanfi in Sicilia. È un racconto giornaliero che parte dagli incontri dell’autore con le donne del mondo del vino nei filari e nelle cantine delle loro aziende e che finisce per raccontare al lettore chi sono e cosa si può percepire di quelle imprenditrici. Ma il libro non solo è un racconto letterario, ma anche fotografico, grazie alle belle immagini scattate dal fotografo siciliano Giò Martorana Partiamo da lei, ci racconti chi è e come ha iniziato la sua carriera di scrittore. Vengo da una generazione on the road, che ha battuto la strada e lavorato in altri settori. Il passaggio alla narrativa è stata una mia forte volontà, che mi era cresciuta dentro e che volevo sviluppare gradualmente. In più c’era la mia gran voglia di viaggiare,
Andrea Zanfi
esplorare e conoscere. Ho cominciato a guardare la realtà con occhi diversi e col tempo, con l’esperienza che aumenta e con i capelli che diventano grigi cambia il modo
i grandi vini di Sicilia, Vivo è - I mercati del pesce in Sicilia e Marco, mio nipote, dedicato a Marco De Batoli, viticoltore, vignaiolo ed uomo fuori dagli schemi.
ho cercato non solo di osservare tutto quello che mi trovavo davanti, ma di percepirlo e di capire di rapportarsi con i luoghi, le persone e le cose. Ho cercato non solo di osservare tutto quello che mi trovavo davanti, ma di percepirlo e di capire ciò che mi voleva trasmettere. Quando mi trovo al cospetto del mio interlocutore mi pongo con la capacità di ascoltare, percepire e capire chi ho davanti e cosa mi vuole dire. Nei miei viaggi cerco di vedere la realtà con occhi nuovi, cercando di eliminare le mie esperienze pregresse. Non voglio essere io ad andare a cercare un qualcosa, ma voglio che quel qualcosa venga a cercare me. Veniamo al suo libro, come mai ha deciso di raccontare la Sicilia e le donne siciliane? Volevo tornare a raccontare quella terra a distanza di anni e dopo averne già parlato in altri miei libri come Viaggi tra 77
Ho voluto affrontare questo territorio con occhi e spirito diverso, fermandomi ad ascoltare chi avevo di fronte. Ho cercato di andare a studiare una Sicilia diversa, una terra che sta uscendo da una società tradizionalmente patriarcale, ma che sotto aveva sempre un’interferenza matriarcale, che oggi si sta avviando verso un nuovo modo di pensare con le donne che si avviano sempre più ad essere protagoniste. Che Sicilia ha trovato? Basta girare la Sicilia per accorgersi di quanto siano unici i paesaggi rurali che caratterizzano questa terra. Ho trovato un paesaggio aperto, che riesce a valorizzare al meglio il lavoro dell’uomo, riuscendo a creare un’architettura
ambientale unica e dipingendolo come un’opera d’arte. La vite e il vino assumono qui un ruolo indispensabile, sono il frutto del lavoro svolto fra quei filari e più di ogni altro prodotto agroalimentare comunicano l’essenza di un territorio e di chi vi lavora intorno. Ero stato altre volte in Sicilia, ma a differenza del passato questa volta l’ho vissuta con il cuore in tutta la sua interezza, guardando questo territorio attraverso occhi nuovi e più maturi. Come ha scelto le protagoniste del suo libro e cosa ci può dire delle donne che ha incontrato nel suo viaggio? Le “Sicilie”, se così si può dire, che stavo cercando le ho incontrate negli occhi delle donne che ho incontrato nel mio viaggio. Ho trovato sguardi dolci, amorevoli e risoluti, ma soprattutto ho trovato persone che hanno difeso fortemente i loro padri, i loro figli, mariti, ma soprattutto le loro terre e le loro tradizioni. Dalle loro parole e dai loro sguardi ho appreso il duro piglio con cui affrontano il lavoro che hanno deciso di intraprendere e di portare avanti. Ho visto donne fiere di essere siciliane e che hanno preso proprio la loro terra come simbolo per un loro riscatto personale e come motivazione per fare sempre meglio. In ogni angolo della Sicilia ho trovato attivo il ruolo della donna, che con il suo approccio concreto è riuscita a dare un’immagine viva al settore vitivinicolo, regalando a esso uno stile inconfondibile e inimitabile. Ciò che lega queste donne fra di sé è un sottile filo rosso che proprio loro sono riuscite ad intrecciare e tessere con forza, credibilità e autorevolezza per riuscire a rappresentare al meglio la loro terra, quella Sicilia vera, autentica, tradizionalista, rurale, antica e matriarcale che è ormai proiettata, verso una modernizzazione innovativa. Il protagonista assoluto è così divenuto il vino che si è calato, ma in particolar modo identificato, nell’atmosfera siciliana, legandosi alla terra, alla tipicità, alla sensibilità e alla cultura del territorio. Grazie al loro lavoro ed impegno la cultura fortemente patriarcale si sta pian piano trasformando e la cultura maschile e femminile si mischiano ed interagiscono sempre di più. Le donne di Sicilia 78
Vino nostrum
Abbiamo assaggiato Azienda: Tomisa Castel de’ Britti
Azienda: Vigneti Vignabella
San Lazzaro di Savena (Bo); www.tomisa.it
Calmasino di Bardolino (Vr); www.vignetivillabella.com
Denominazione: Pignoletto Emilia Igt Annata: 2010 Tipologia: Bianco Biologico Uvaggio: Pignoletto 100% Gradazione: 14,5% Commento: Anche i pignoli e non amanti del vino
Denominazione: Ca’ del Lago Lugana Doc Annata: 2010 Tipologia: Bianco Uvaggio: Trebbiano di Lugana (Turbiana) 100% Gradazione: 12,5% Commento: Note di passion fruit e macedonia di
bio, in questo Pignoletto si potranno ritrovare. Ha un bel colore paglierino carico, al naso presenta note di frutta bianca matura e mandorla. In bocca è bello grasso ma con una sua elegante freschezza. Unica nota sopra le righe l’alcool che ogni tanto si fa sentire da solo. Per una cena da ricordare in ottima compagnia.
frutta. Certamente non tipiche del trebbiano. E sul Garda tutta questa frutta (banana, ananas, frutto della passione) non viene certamente prodotta. Però è comunque bello sentirla in un vino. E ritrovarla in bocca insieme a potenza e lunghezza. Sembra fatto per il pesce di lago! Un vino molto tecnico, ben fatto.
Voto 8
Voto 7
Azienda: Bisol Viticoltori S. Stefano di Valdobbiadene (Tv); www.bisol.it
Azienda: Azienda Agricola Dal Cero F.lli
Denominazione: Cartize Valdobbiadene Prosecco superiore dry Docg Annata: 2010 Tipologia: Spumante Uvaggio: Glera 100% Gradazione: 11,5% Commento: Il colore è un paglierino lieve. Sul primo vino spuman-
Roncà (Vr); www.eccellenzadalcero.it
Denominazione: Vigneto Runcata Soave superiore Docg
Annata: 2009 Tipologia: Bianco Uvaggio: Garganega 100% Gradazione: 13,5%
te che assaggiamo ve lo dobbiamo dire, il perlage dipende dal
Commento: Bel paglierino carico, naso pulito ma non definito, lieve, frutta bianca e melone. Di buona struttura che non mostra grandi picchi aromatici. Abbastanza lungo in bocca. Volete stupirvi? Provate su una carbonara, potrebbe anche andare bene.
bicchiere. Dipende dal bicchiere l’intensità, non la finezza della bollicina, quindi più è piccina la bollicina meglio è il vino. E qui il perlage è vivace, persistente e sottile. Quel sentore di big bubble alla fragola è dovuto ai lieviti della fermentazione e può anche piacere. Altre note di frutta bianca chiudono il cerchio. In bocca viene fuori la dolcezza accanto alla bollicina che mostra il suo desiderio di rinfrescarvi. Abbinamento? Cartizze fa rima con pizze.
Voto 6,5
Voto 7 Azienda: Bisol Viticoltori Denominazione: Garnéi Prosecco Valdobbiadene supe-
Azienda: Vigneti Vignabella
riore dry S. Stefano di Valdobbiadene (Tv); www.bisol.it
Denominazione: Pozzo dell’Amore Bardolino Chiaretto
Calmasino di Bardolino (Vr); www.vignetivillabella.com Classico Doc
Annata: 2009 Tipologia: Spumante Uvaggio: Glera 100% Gradazione: 12% Commento: Al naso si apprezzano note di carta e
Annata: 2010 Tipologia: Rosato Uvaggio: Corvina 50%, Rondinella 30%, Molinara 20%
Gradazione: 12,5% Commento: Sentori di erba fresca e big bubble (il
lieve sensazione floreale. Chi dice che il Prosecco vada bevuto ancor prima di entrare in bottiglia potrebbe ricredersi assaggiando questo Prosecco superiore. Che magari non avrà un grande naso, ma è molto citrico e in bocca mostra ancora una acidità molto viva, pure troppo.
noto lievito), naso intenso ma non fine. Colore buccia spessa di cipolla. In bocca la nota dolce è la prima che si sente, corto. Non vogliamo offendere nessuno, un vino entry level, da wine bar sul lago.
Voto 6
Voto 6
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Vino nostrum
Azienda: Bisol Viticoltori
Azienda: Zecchini società agricola Grezzana (Vr); www.vinizecchini.it
Denominazione: Eliseo Bisol Cuvèe del Fondatore S. Stefano di Valdobbiadene (Tv); www.bisol.it
Denominazione: Valpollicella Valpantena Doc Annata: 2008 Tipologia: Rosso
Annata: degorgiato il 7 febbraio 2012 Tipologia: Spumante Millesimato Talento metodo classico Uvaggio: Pinot Nero, Pinot Bianco e Chardonnay Gradazione: 12,5%
Uvaggio: 50% Corvina, 30% Corvinone, 20% Rondinella
Commento: Uno legge in etichetta Bisol e pensa al Prosec-
Gradazione: 13%
co. Poi assaggia questo millesimato 2002 e si trova in un altro mondo. Un mondo con note potenti di miele, di camomilla, di fiori e di frutta bianca, di tabacco, di note ossidative mature. E un colore paglierino dorato. La frutta al naso si ritrova anche in bocca e la sensazione è di frutta matura fresca. Vino coerente, maturo al colore maturo ai profumi, maturo in bocca.
Commento: Il nipotino non sarà male, ma il nonno mostra tutte le sue primavere questo che è un 2008. Sia al naso dove non esce né una nota terziaria, né una nota fruttata. E sia in bocca dove il vino sta accompagnando se stesso verso una meritata vecchiaia. Voto 5
Voto 8
Azienda: Società Agricola Nicolis Angelo e Figli S.S
Azienda: Vigneti Vignabella
San Pietro in Cariano (Vr); www.vininicolis.com
Calmasino di Bardolino (Vr); www.vignetivillabella. com
Denominazione: Seccal Valpollicella Ripasso Doc Classico
Denominazione: Villa Cordevigo Rosso veronese
Annata: 2009 Tipologia: Rosso Uvaggio: Corvina 70%, Rondinella 20%, Moli-
Igt
Annata: 2006 Tipologia: Rosso Uvaggio: Corvina, Cabernet Sauvignon, Merlot Gradazione: 14,5% Commento: Corvina, Cabernet Sauvignon, Mer-
nara 5%, Croatina 5%
Gradazione: 13,5% Commento: Rubino molto intenso, naso frutta anche leggermente vegetale, ciliegia e liquirizia. Ormai il Ripasso è il vino più prodotto in Valpollicella e ci possiamo domandare anche il perché. Perché di solito è un vino piacevole profumato, immediato, di buona struttura. Tutte caratteristiche declinate in questo vino che però manca un po’ nel finale.
lot per allontanarsi dallo stile Amarone. Note di frutta nera, lievi note balsamiche e vegetali, un vino dove il legno dice la sua, ma con discrezione e dove le due uve francesi ti fanno pensare a Bordeaux. Tannini (forse anche tannoni) dolci per una chiusura molto dolce e piacevole.
Voto 8
Voto 7,5
Azienda: Rubinelli Vajol San Pietro in Cariano (Vr); www.rubinellivajol.it
Azienda: Società Agricola Nicolis Angelo e Figli S.S San Pietro in Cariano (Vr); www.vininicolis.com
Denominazione: Valpollicella Classico Superiore Doc Annata: 2008 Tipologia: Rosso
Denominazione: Amarone della Valpollicella Doc Annata: 2006 Tipologia: Rosso Uvaggio: 65% Corvina, 20% Rondinella, 5%
Uvaggio: 50%Corvina, 25%Corvinone, 15%Rondinella, 5%Molinara, 5%Oseleta
Molinara, 10% Croatina
Gradazione: 14%
Gradazione: 15%
Commento: A chi piace la ciliegia sotto spirito consigliamo
Commento: Non molto intenso al naso, ma piacevole, sa di frutta passita con note balsamiche. Quella 2006 è stata un’annata fresca come questo vino fresco, sapido, lungo. Abbinatelo con un buon formaggio di vacca appassito e sarete tutti più contenti.
questo vino, la ricorda in maniera stuependa. Un naso che dà nell’occhio con belle note di frutta estremamente matura e di nocciolina tostata. In bocca ti sorprende per freschezza, chiude con un tannino rotondo. Ottimo per la carne in umido.
Voto 7,5
Voto 7,5
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Vino ed economia
Jeannie Cho Lee
Italiani poco presenti e troppo provinciali Andrea Settefonti
Quando si tratta di vendere il vino in Cina e in Asia, gli italiani sono troppo “provinciali”. «Gli italiani non sanno comunicare il loro vino, non sanno essere presenti, sono troppo legati al proprio vigneto. Ad Hong Kong vengono due volte l’anno, gli altri tutti i mesi». A dirlo è stata Jeannie Cho Lee (Master of Wine, Wine Educator & Journalist, Asian Palate) al Milano Fashion Global Summit organizzato da Class Editori che si è tenuto a Firenze. «In Cina i consumi di vino sono cresciuti, una bottiglia di vino è simbolo di lusso, di successo. I francesi sono riusciti a far conoscere i loro vini e farli apprezzare come oggetti di lusso. Gli italiani no. Si conoscono solo pochi grandi nomi, Frescobaldi, Antinori. I cinesi conoscono Bordeaux ma non sanno niente di Sangiovese. Manca la comunicazione, la promozione».
In Cina ci sono 5 regioni, 22 province e 4 municipalità ognuna della quali segue norme precise, diverse, per le importazioni di alcolici. «Le municipalità sono quelle che hanno le maggiori potenzialità tanto che tre di loro rappresentano il 50% del mercato del vino», continua Cho Lee. «Fino a metà degli anni Novanta, quello dell’Asia non veniva considerato un mercato interessante. Da allora molto è stato fatto, da quando il vino veniva considerato semplicemente una bevanda alcolica prodotta da frutta, da quando cioè non si capivano le varietà e le differenze tra i vari vini e i tipi di vitigno. Oggi ci sono distributori locali che vendono bottiglie anche a più di 500 euro e le produzioni nazionali hanno aperto ai vini di importazione. Un produttore cinese per la sua azienda ha ricostruito un castello e vende una bottiglia a 1.000 dollari. Il vino cinese è spesso il risultato di vino locale al quale vengono aggiunti vini stranieri comprati sfusi. Oggi le aziende mi domandano cosa fare per vendere più bottiglie in Cina». Jeannie Cho Lee traccia anche un quadro attuale del vino e di quelle che sono le tendenze nel Paese. «Il vino è parte dello stile di vita di un cinese. La case hanno già una cantina e con il successo sono saliti i prezzi sia dei vini e sia dei distillati. Il vino è uno stile di vita anche perché offrire qualcosa fa parte della tradizione cinese. E il prezzo è importante, fa la differenza in quanto acquistare cibi costosi è segno di rispetto verso il proprio ospite. Il vino viene apprezzato proprio per questo modo di pensare. E chi ha investito in questa immagine, chi ha proposto il vino come alternativa ad altri prodotti di lusso ha avuto successo».
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Vino ed economia
Per accedere alla Cina, oggi il passaggio obbligato sembra essere Hong Kong. «Qui sono state abolite tasse e dazi, non ci sono regolamentazioni per la vendita del vino e Hong Kong può davvero essere la finestra per il mercato cinese e quello asiatico. Ma gli italiani, ai quali certo non manca niente in termini di qualità o life stile, non sanno essere incisivi. L’aspetto più negativo è che non c’è promozione dei marchi italiani. I vignaioli stanno troppo tempo dentro la propria azienda e a Hong Kong non si vedono quasi mai, solo i poche occasioni. Mentre gli altri, i francesi per primi, sono sempre presenti. I francesi sono riusciti a spingere non solo i vini famosi, ma anche tutti gli altri. Gli italiani che si conoscono in Cina sono i Frescobaldi, gli Antinori ma gli altri toscani. Occorrono azioni per educare al Sangiovese e al Chianti». Il vino è un elemento di successo del made in Italy, come lo sono la moda e il lusso. E il parallelismo tra queste realtà è stato evidenziato proprio al Milano Fashion Global Summit, appuntamento internazionale dedicato all’evoluzione del mercato della moda e del lusso organizzato in collaborazione con la Camera Nazionale
il vino è un elemento di successo del made in italy, come lo sono la moda e il lusso della Moda Italiana, The Wall Street Journal Europe e Bank of America – Merrill Lynch. Il tema di questa edizione era «Options of Luxury – The Voice of China: Evoluzione dei consumatori, style, produzione, distribuzione e investimenti». Tra gli interventi quello di Diego Della Valle. Per il presidente e Ceo del gruppo Tod’s «il 2012 sarà sicuramente un anno complesso ma, a fronte delle tante difficoltà che ci saranno da affrontare, i protagonisti del made in Italy vivranno una situazione privilegiata. In una parte del mondo, in Cina in particolare, c’è una grande voglia da parte del consumatore di comprare e conoscere la qualità dei prodotti italiani». Della Valle ha espresso la propria visione in merito al valore e alle potenzialità del made in Italy nel paese asiatico che «che a livello generale, mi sento di affermare con certezza, questo mercato ha enormi possibilità di sviluppo e che gli italiani abbiano molto da portare». Per il patron di Tod’s «il con-
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sumatore cinese ogni giorno sa qualcosa di più, è cittadino del mondo e più passa il tempo più dispone degli strumenti idonei per meglio fare le sue scelte. Per quanto concerne nello specifico il gruppo Tod’s, posso dire di guardare al 2012 con serenità anche grazie agli sviluppi di quest’area del mondo. Dove stiamo crescendo in fretta e portando il nostro Italian touch, lo stile di vita italiano. Perché gli italiani, quando fanno le cose, sono capaci di farle al meglio». Il polso della situazione lo si misura anche dalla fiere di moda. Per Raffaello Napoleone, ceo Pitti Immagine, «le prospettive per il 2012 sono positive. Quando il contesto economico va male, infatti, i luoghi fieristici sono un’importante catena di interazione per intercettare le opportunità anche nei mercati emergenti come la Cina. I compratori cinesi sono aumentati molto negli ultimi anni e molti vengono anche per imparare e studiare la qualità del made in Italy».
L’intervista
Gianni Salvadori: presente e futuro Daniele Magrini Gianni Salvadori è l’assessore regionale all’agricoltura. Con lui abbiamo riflettuto sul trend attuale del vino toscano e sulle prospettive, nell’imminenza di una scadenza importante per il settore, come il Vinitaly. Come si presenta la “squadra” del vino toscano al prossimo Vinitaly? Sarà, come sempre, una presenza di grande rilievo, degna dell’importanza che ha la Toscana nel settore del vino. In totale le aziende toscane presenti al Vinitaly saranno 763. Toscana promozione, che si occupa dell’evento per conto della Regione, ha organizzato ancora una volta un’edizione all’altezza della Toscana. Nel rapporto Irpet sul sistema rurale toscano, fra i dati più positivi c’è l’aumento del 16% delle esportazioni di vino. La Regione come sta supportando questo trend? Nel 2012 Toscana Promozione investirà 1,6 milioni di euro per promuovere il vino toscano nel mondo per un totale di 24 iniziative in programma. Un’attività di promozione economica che si basa su un progetto pluriennale di internazionalizzazione con un duplice obiettivo: favorire il consolidamento delle produzioni toscane sui mercati tradizionali e la penetrazione commerciale nei Paesi emergenti; rafforzare la reputazione del brand Toscana nel settore vitivinicolo. I dati sull’export confermano risultati positivi per il vino toscano negli Stati Uniti, sensibili aumenti per la Russia (+ 45%) e Cina (+133%), ma restano situazioni di difficoltà verso Paesi come Gran Bretagna e Germania. Come aggredire con maggiore incisività il mercato nel Vecchio Continente? Complessivamente i dati relativi ai primi nove mesi del 2011 parlano di un
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Vino ed economia
+13,5% nelle esportazioni di vini toscani di qualità. Una crescita che, salvo rare eccezioni, riguarda tutti i mercati mondiali. Per consolidare i risultati ottenuti negli ultimi due anni e spingere ancor di più l’export regionale in questo settore, Toscana Promozione ha messo a punto, per il 2012, un intenso piano di promozione internazionale che interesserà tanto i mercati storici (Germania; Regno Unito; Stati Uniti e Canada) quanto quelli emergenti (Cina e Hong Kong, Russia, Brasile, Corea del Sud). L’Agenzia regionale inoltre, assieme ai Consorzi di Tutela, durante il 2012, lavorerà alla creazione di una strategia coordinata volta alla costruzione e al rafforzamento di un’identità competitiva unica del territorio della Toscana utile all’affermazione della leadership regionale nel mondo. Per ottenere questi risultati Toscana Promozione sosterrà progetti di “marketing territoriale” to bene alla cucina cinese: uno dei focus di eccellenza con l’obiettivo di dar vita dei corsi organizzati è proprio l’abbinaad un grande evento “diffuso” di valomento dei vini toscani ai loro piatti trarizzazione della Toscana del vino, creerà dizionali. un calendario unico annuale delle manifestazioni di rilievo regionale; darà vita Lei ha recentemente sostenuto che, sul fronte del ad azioni di comunicazione mirate alla vino, «non sarà la quantità a farci vendere sul valorizzazione della Toscana come terra mercato, ma la qualità. Anche nei settori, come del vino; coinvolgerà giornalisti, buyer e quello del vino, dove abbiamo la quantità. Dunsommelier di tutto il mondo. L’Agenzia, que confermiamo la qualità e organizziamo la inoltre, lavorerà alla creazione di un sito quantità». Può approfondedicato e a una camdire queste due direttrici di pagna di comunicasul mercato marcia? zione online. Durante l’anno saranno raccol- interno la crisi Significa che dobbiamo organizzarci, te anche proposte di si è fatta facendo rete fra le pacchetti turistici dedicati al vino. e si fa sentire imprese, in modo da essere in grado di soddifare una domanda con grandi numeri. La conquista di nuovi mercati passa da un conSe vogliamo entrare nel mercato cinese, e fronto molto duro soprattutto con la Francia. In magari anche nella Gdo, la grande distriCina, ad esempio, l’immagine del nostro vino è buzione, dobbiamo pensare ad un mercabuona, ma la Francia, dal punto di vista della to che non può “accontentarsi” , faccio un commercializzazione è più avanti. Esperienze esempio, di 1.500 bottiglie. come l’Enoteca Toscana a Shanghay possono aiutare in questa competizione globale? Come può incidere sul fronte della produzione Il ruolo dell’Enoteca Toscana a Shanghai di vino di qualità, il progressivo invecchiamento (Yishang Wine Business Consulting) è degli addetti all’agricoltura (media 63 anni), e molto utile in quanto è un centro di diquindi la possibile mancanza di ricambi con vulgazione della cultura del vino in un l’ingresso di giovani nelle gestione delle aziende paese che ha scoperto da poco questo vitivinicole? prodotto. La sua presenza in Cina, le deI giovani sono il nostro futuro: questo gustazioni e i corsi che abbiano organizè un dato talmente ovvio da poter semzato lì, in particolare a partire dall’Expo, brare perfino banale. In Toscana abbiahanno certamente aiutato l’export, in mo bisogno, anche più che altrove, di particolare dei bianchi che si legano mol85
investire sui giovani ed è per questo che la Regione ha scelto di accellerare su questa strada rispetto al passato, mettendo più risorse, ma sopratutto investendo in maniera più mirata sui giovani. Il pacchetto “GiovaniSì – fare impresa in agricoltura” prevede 30 milioni di euro per i giovani nel 2012 e questi soldi sono legati agli investimenti, secondo una formula che permette di avere accesso a più misure, oltre al “premio” di primo insediamento, e con somme crescenti con il crescere degli investimenti. Andando più specificamente nel settore del vino, la Regione ha messo sul mercato i diritti di reimpianto della sua riserva. Ai giovani sotto i 40 anni i diritti vengono assegnati gratuitamente. Complessivamente però, rispetto al settore del vino, va fatto presente che si tratta di un settore molto complesso, dove l’innovazione è altissima e dove, rispetto ad altri settori, il ricambio generazionale appare meno sentito. Le aziende toscane indicano nella diminuizione dei consumi sul mercato interna e nella eccessiva burocratizzazione della normativa, alcuni degli ostacoli più pesanti per il settore. Quale è il suo parere? Sul mercato interno la crisi si è fatta e si fa sentire. Le famiglie riducono i consumi e anche il vino rientra in questo trend. Quanto alla burocrazia è un problema generale del sistema Italia. In Toscana stia-
Vino ed economia
mo lavorando per ridurre le incombenze e accellerare i pagamenti. Su questo piano ogni miglioramento, anche piccolo, è importante e noi siamo impegnati, ogni giorno, a cercare di semplificare. In particolare c’è da tenere conto che il settore del vino è uno di quelli più normati, ma noi pensiamo di aver raggiunto qualche risultato importante. Penso ad esempio allo schedario viticolo, ai miglioramenti introdotti grazie all’informatica. Inoltre, più in generale, devo dire che Artea, la nostra agenzia incaricata dei pagamenti, è comunque riuscita a pagare entro la fine dell’anno passato il 105% del dovuto con riferimento al Programma di Sviluppo Rurale. A me pare un buon risultato, anche se – lo ribadisco – siamo impegnati a migliorare ancora.
e di una discreta fiducia nelle prospettive, nelle proprie capacità imprenditoriali e nel bagaglio di conoscenze ed esperienza. Ma il credito cosa può fare di più per il vino toscano? Questa volontà di investire delle aziende toscane è stata ed è la grande forza del nostro sistema, quella che ci ha permesso di affrontare uno dei periodi più difficili in assoluto. In effetti le imprese toscane hanno fatto grandi investimenti (cantine, ristrutturazione dei vigneti ecc.) e chi investe in questo settore non può non avere un’ottica di lungo respiro. Certo che il credito può dare una mano ulteriore. Noi per esempio siamo intervenuti, insieme a Fidi Toscana, per aiutare gli investimnti sugli impianti con un preammortamento lungo. Altri interventi hanno riguardato la liquidità per le imprese.
Sul fronte degli investimenti, i dati resi noti all’ultimo Forum sul vino, attestano che in Toscana hanno maggiore rilevanza, rispetto alla media nazionale, le operazioni con mezzi propri, confermando le indicazioni di una visione prospettica di medio lungo periodo delle aziende vitivinicole
Il rapporto con la grande distribuzione è uno degli elementi più importanti per la commercializzazione dei vini toscani. Il dato complessivo di vendita di vino toscano attraverso la grande distribuzione è comunque calato dell’1% nello scorso anno. Ci sarà modo di recuperare nel 2012?
i produttori toscani sono stati molto in gamba e hanno realizzato la loro flessibilità
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Questo è un tema che non riguarda solo il vino ma più in generale tutta la produzione agroalimentare. Noi cerchiamo di favorire e promuovere l’incontro fra la produzione agroalimentare della Toscana e la grande distribuzione. Quanto al calo di vendita rientra in un ambito di contrazione dei consumi dovuto alla crisi. L’augurio è che la situazione migliori, ma al momento non è possibile andare oltre l’augurio. Dall’analisi di un’indagine dell’Associazione Città del vino tra le aziende toscane, emerge la necessità per le imprese di acquisire maggior flessibilità produttiva e commerciale, ma sopratutto di affinare le strategie di posizionamento (prezzo/ canale di distribuzione) e di comunicazione con l’obiettivo di avvicinarsi in maniera più efficace e diretta al consumatore. Ritiene che siano obiettivi realistici da concretizzare? In un settore come quello del vino, dove la flessibilità non è facile dal punto di vista strutturale, i produttori toscani sono stati molto in gamba e hanno realizzato la loro flessibilità, grazie al fatto che hanno tante denominazioni e quindi hanno differenziato la produzione. I vini toscani sono molto vicini, in quanto a percezione, al consumatore e le iniziative non mancano, basti pensare alle cantine aperte, alle strade del vino ecc. Certo, bisogna continuare. Avvicinarsi sempre di più al consumatore non può che fare bene.
Il rapporto Irpet: il trend di olio e vino
Olio. I dati contenuti nel rapporto agricoltura 2012 dell’Irpet parlano chiaro: olio e vino si muovono su due binari, purtroppo per il primo, divergenti. La filiera olivicola toscana infatti sta attraversando una fase non certo felice. L’olivicoltura appare stretta da condizioni di mercato avverse e da costi di produzione molto elevati. Tale convergenza, qualora si rivelasse duratura, potrebbe minacciare la sopravvivenza stessa della coltura dell’olivo in ampie zone della regione. Sta diventando infatti sempre più diffuso l’abbandono degli oliveti regionali nelle zone più marginali o dove vi è una forte competizione con colture più redditizie. Buone notizie però arrivano dal fronte imprenditoriale, dove resta forte la volontà di investire, creare nuovi impianti, rinnovare oliveti obsoleti, anche se tali migliorie interessano una porzione modesta del patrimonio olivicolo regionale, caratterizzato tuttora da modelli strutturali e produttivi di tipo semitradizionale. L’azione di rilancio del settore dev’essere improntata alla razionalizzazione delle tecniche e del contenimento dei costi senza intaccare la qualità; alla valorizzazione dell’olio e dei prodotti secondari legati al territorio; al miglioramento delle politiche di comunicazione; ad un miglior sfrutta-
Vino. Per ciò che concerne il vino, nonostante l’incertezza che domina il mercato in ogni suo ambito, ci sono segnali incoraggianti di ripresa, trainata soprattutto dalle esportazioni sui mercati internazionali. Il Made in Tuscany rappresenta un’ottima base di partenza per innestare e consolidare strategie di produzione e marketing orientate alla qualità, coniugando tradizione produttiva e territorio con le nuove tendenze di mercato, sia per ciò che riguarda le scelte delle varietà che per le tipologie di vini e di modalità di confezionamento e distribuzione. La nuova normatimento del mercato va che regola le locale, innovando DIVENTA DUNQUE d e n o m i n a z i o n i anche la vendita geografiche però, FONDAMENTALE diretta; al rafforzanonostante offra mento dell’offerta e maggiori garanzie INNOVARE di forme alternative di credibilità sulla ED INNOVARSI di vendita; al sostepromessa di quagno della costante lità sottostante, ambientale e paesaggistica dell’olivo. potrebbe scontare l’esigenza di maggior Diventa dunque fondamentale innovavelocità di adattamento di fronte ad un re ed innovarsi per il settore, in ogni suo panorama di mercato internazionale che aspetto: dalla produzione alla gestione fa della flessibilità l’arma vincente. Sarà dell’oliveto, dalla raccolta al confezionaquindi ancora più necessario puntare sul mento. Vanno superati i vincoli strutturali rafforzamento della comunicazione dei e dev’essere implementata una forma di valori del vino e mettere in atto azioni coordinazione tra le aziende che operano e strategie collettive di produzione e di nella stessa fase della filiera e non solo. marketing.
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Vino ed economia
Una ricerca promossa dall’associazione Nazionale Città del Vino
L’export del vino italiano nel 2020. Chi lo consumerà e dove? Il mercato internazionale del vino sta conoscendo un periodo di grandi cambiamenti, in parte trainati dalla comparsa sull’arena competitiva di nuovi paesi produttori e nuovi consumatori. Il quadro di incertezza che ne deriva richiede la capacità di delineare scenari per il futuro anche a medio termine in grado di indirizzare le strategie dei produttori italiani ed in particolare toscani. L’Associazione Nazionale Città del Vino, nel commissionare questa ricerca, basata sul metodo Delphi, si è posta l’obiettivo di portare un gruppo di esperti nazionali ed internazionali del settore vitivinicolo a formulare un quadro di previsioni strutturato e coerente sulle principali tendenze evolutive che, secondo i componenti del panel, caratterizzeranno nei prossimi 10 anni il settore vitivinicolo toscano nei mercati di esportazione USA, Germania, Russia e Cina. La ricerca è stata realizzata da Manuela Gabbai e Gianluca Stefani, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali del Suolo e dell’Ambiente Agroforestale dell’Università degli Studi di Firenze, ed è stata sostenuta dalla Fondazione Monte dei Paschi di Siena. Vediamo, in sintesi, i risultati della ricerca e le tendenze di mercato per il sistema vino toscano per i prossimi 10 anni. USA: aumentano i consumi e cambia lo stile di vita. Gli esperti hanno formulato uno scenario di previsione caratterizzato da un trend fortemente positivo per il mercato Usa. Le motivazioni di queste previsioni si basano su due fattori strettamente correlati: il mercato Usa sarà caratterizzato da un costante aumento della base dei consumatori di vino; il cambiamento di stile di vita della popolazione favorirà la diffusione e la distribuzione del vino in Stati in cui ad oggi è poco presente. In futuro i vini toscani dovranno competere con un mercato caratterizzato da una produzione locale in ascesa e quindi più competitivo sul prezzo. La composizione dell’incremento dell’export per i vini toscani, sarà caratterizzata da due tendenze: la prima è contraddistinta dall’aumento dell’offerta di vini toscani provenienti anche da aree meno conosciute. Gli esperti hanno delineato tre principali fasce
di prezzo retail 9.90$, 14.90$, 19.90$ in cui si registrano la maggior parte dei volumi. La seconda tendenza delineata dal panel è la centralità che assumerà la caratterizzazione territoriale come elemento distintivo per i vini di nicchia. Infine manterranno il loro posizionamento sul mercato i vini Igt del segmento luxury che sono stati capaci di costruire e consolidare un brand forte e riconoscibile sul mercato. Alcuni esperti dichiarano che negli Usa la logistica assumerà in futuro un ruolo centrale nel determinare le strategie e le performance delle imprese sul mercato. Germania:
consumatori più
attenti al prezzo. La maggior parte dei componenti del panel prevede che il mercato del vino in Germania rimarrà stabile. La Toscana ha per molti anni riscosso successo in questo mercato, ma oggi con l’allargamento della competizione molti vini toscani sono percepiti come troppo cari. Gli esperti si aspettano una leggera flessione dei margini accompagnata da una contrazione dei consumi di vini di elevata qualità. Sono invece più ottimisti sulle prospettive dei vini di fascia media e sulle proposte innovative (Igt). Saranno più ricercati i vini con un buon rapporto qualità/prezzo. Tuttavia dall’analisi delle risposte non è stato possibile trovare un grado di accordo sulla fascia di prezzo che dominerà il mercato. La forbice indicata va dai 5 ai 15 euro. Mentre per i vini di fascia superiore non si devono superare i 25/30 euro a bottiglia.
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Vino ed economia
il consumatore benestante sarà sempre più attratto e incuriosito dalla scoperta del vino Cina: mercato in forte evoluzione. Gli esperti prevedono un andamento della crescita del prodotto interno lordo cinese da qui al 2020 tra il 5% e il 8% annuo. Questo aumento di ricchezza della popolazione porterà ad una maggior ridistribuzione del reddito pro capite, ad un aumento dei consumi ed infine al consolidamento della classe media. Il panel non è riuscito a costruire una previsione sull’espansione del vino in Cina in termini percentuali; per molti la Cina rimane quindi un grande punto interrogativo. Il paese possiede numerosi nuovi consumatori potenziali ma, dati i rapidi cambiamenti che lo hanno interessato negli ultimi anni, risulta difficile delineare delle tendenze evolutive. I consumi pro capite di vino ad oggi sono molto bassi e alcuni esperti ritengono che per i prossimi 10/15 anni non si possa considerare la Cina un mercato di sbocco interessante per l’export. Secondo gli esperti il vino rappresenta, per i cinesi che vivono nelle grandi aree urbane, un simbolo dello stile di vita occidentale e del benessere economico. La scelta del vino si basa sull’immagine del brand e sull’etichetta che conferisce uno status a chi la beve e risulta legata a modelli comportamentali connessi all’attrattiva del brand aziendale e del territorio.
Gli esperti credono che avranno più successo sul mercato quei vini che manterranno caratteristiche molto semplici e non saranno troppo strutturati. Emerge la necessità di favorire e promuovere una promozione incentrata sull’educazione al consumo di vino e non solo sul marketing. Dal punto di vista della segmentazione dell’offerta, si prevede la creazione di una divaricazione che vedrà da un lato i vini industriali, di produzione sia cinese sia internazionale, che si troveranno a prezzi inferiori ai 10 euro a bottiglia, e dall’altro i vini di territorio che rimarranno però una piccola nicchia. La Cina quindi sarà un mercato interessante sopratutto per i grandi brand. Russia: dinamismo e voglia di stupirsi. Gli esperti prevedono un andamento positivo per il mercato del vino in Russia; non formulano previsioni di crescita in termini percentuali ma concordano sul dinamismo del mercato. Alcuni membri del panel descrivono la Russia come il mercato più dinamico tra quelli analizzati da questa ricerca. Il consumatore benestante, che viaggia ed è sensibile ai trend e allo stile di vita delle grandi città metropolitane su scala internazionale, sarà sempre più attratto e incuriosito dalla scoperta del vino. Lo sviluppo della cultura del vino e la
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maggior consapevolezza dei consumatori dovrebbero nel tempo fare in modo che la qualità diventi un attributo sempre più rilevante nelle scelte di consumo. Abbiamo chiesto agli esperti di formulare delle previsioni sulla composizione dell’offerta vitivinicola e sul suo andamento: il mercato appare molto polarizzato per fasce di consumo; si prevede una crescita dei vini legati all’alta ristorazione (prodotti di qualità a prezzi elevati). In questa fascia ci sarà una forte concentrazione di vini toscani e avranno successo dei brand aziendali che sapranno utilizzare il giusto mix nella comunicazione tra marchio aziendale e territorialità dei loro prodotti. Contemporaneamente si delinea una decisa espansione di prodotti venduti nel canale GDO e di qualità medio-bassa. Strategie
delle imprese toscane e
promozione. Dall’analisi dei questionari emerge la necessità per le imprese di acquisire maggior flessibilità produttiva e commerciale, ma sopratutto di affinare le strategie di posizionamento (prezzo/ canale di distribuzione) e di comunicazione con l’obiettivo di avvicinarsi in maniera più efficace e diretta al consumatore. Gli esperti hanno individuato due elementi che in futuro dovrebbero essere di supporto alle strategie del comparto vitivinicolo regionale: interpretare le tendenze evolutive ed i gusti del consumatore che caratterizzano ciascun mercato all’esportazione; controllare gli aspetti legati alla logistica. Obiettivo generale, instaurare un rapporto più diretto e dinamico con i mercati internazionali.
Il ricordo
Giulio Gambelli
Omaggio a un semplice genio Carlo Macchi
Il giorno dopo il funerale di Giulio Gambelli un conoscente mi ferma per strada a Poggibonsi «Hai visto, povero Bicchierino. Ma lo sai non credevo fosse così famoso? Per me era più uno che dava una mano a fare il vino qua attorno…» Forse la figura pubblica di Giulio è tutta in queste parole che, sono convinto, sarebbero sottoscritte dalla stragrande maggioranza dei suoi paesani. Di solito quando uno ha successo lo sventola a destra e sinistra, con particolare attenzione per il luogo dove è nato e dove vive, specialmente se è una piccola cittadina di provincia come Poggibonsi. Giulio era forse il più grande interprete vivente del Sangiovese (e non solo) toscano, uno che aveva firmato vini oramai pietre miliari della nostra enologia, un uomo conosciuto in tutta Italia e nel mondo, riverito dalla stampa di settore, ammirato e preso ad esempio dagli enologi di mezzo mondo. Eppure a Poggibonsi (nonostante il comune gli avesse conferito più di un premio alla carriera) e per i poggibonsesi, Giulio era sempre rimasto “Bicchierino”; quello che aveva avuto per tanti anni la tabaccheria in fondo
alla via principale, quello che se avevi un Editore) , ad un certo punto non riusciva problema con il vino “fatto per casa” gliene ad andare avanti; pensava di non avere altri portavi una bottiglietta e ti diceva, gratis naturicordi. Mi toccò inventare uno strattagemralmente, cosa fare. ma: andavamo nella sua cantina, prendevo Sono convinto che Giulio fosse ben felice di una bottiglia a caso e gli chiedevo «Questo questo bassisismo profilo e lo avesse coltivache vino è? Come l’hai fatto? Com’era l’annato con attenzione. Il suo genio si sviluppava ta?». Solo allora il filo dei ricordi si riannodava oltre i confini della sua città. Tra i suoi amici ed uscivano, come messaggi dalla bottiglia, e conoscenti lui voleva essere considerato storie, aneddoti, pensieri, personaggi. Dalla una persona “normale” perché così erano non risposta alla cartolina precetto dopo più semplici i rapporti, non doveva stare a l’8 settembre 1943 per stare in cantina a spiegare quello che faceva; non voleva essere controllare i vini, alle principesse a cui faceva messo su alcun piedistallo, non voleva “giuil vino e con cui andava a caccia. Dai granstificare” il suo genio. di nomi dell’enologia attuale che andavano Un genio che gli aveva fatto mettere il come “ragazzi di bottega” nel suo piccolo naso e il palato praticamente in tutte le laboratorio a fare analisi (e spesso il suo palagrandi cantine tra il Chianti Classico e to era più preciso), ai grandi industriali che, Montalcino. I nomi di oggi li conosciamo dopo aver speso miliardi per cantine ed enotutti: Montevertine, Case Basse, Poggio di logi, si rivolgevano a lui per il solito gratuito Sotto, Ormanni, Villarosa, Il Colle; ma come consiglio. Una vita piena, quella che voleva, scordarci di Rodano, Bibbiano, Cacchiano, tra vini, caccia e famiglia; una vita a cui non San Donatino, Lilliano. Se poi dovessimo voleva chiedere di più, quasi timoroso di aver metterci ad andare indietro negli anni arriavuto troppo. veremmo a Fonterutoli, a San Felice e ad un Tutto partiva dal grande dono ricevuto da infinità di cantine che, campione alla mano, madre natura, quello di riuscire a capire un bussavano alla porta di Giulio per un consulvino, a conoscerlo e riconoscerlo al primo to. E Giulio rispondeva a tutti: dal paesano assaggio, a saperne con certezza, grazie che faceva tre damigiane di vino al grande al suo palato, passato, presente e futuro. winemaker. Volete i nomi? Non basterebbe Giulio, afflitto praticamente da sempre da lo spazio di questo articolo: diciamo “tutti” e una sordità oramai facente parte del persocosì siamo sicuri di non sbagliare. naggio, non sentiva le frasi degli uomini ma Mi viene in mente una frase di Victor Hugo coglieva alla perfezione ogni sussurro, ogni «È una cosa ben schifosa il successo. La respiro di un vino. sua falsa somiglianza col merito inganna gli Un dono del genere, certe volte riusciva a uomini». Giulio questa frase credo non l’abmetterlo a disagio. Allora lui, persona timida bia mai letta ma l’ha sempre messa in atto, e schiva per eccellenza, per non far sentire rifuggendo sistematicamente dai riflettori del inferiore l’interlocutore, si trincerava dentro mondo del vino. il personaggio di “Bicchierino”, il semplice Nelle settimane in cui lo sottoposi a quella amico di tutti. che lui reputava sicuramente una tortura, Oggi tutti lo piangono, rendendosi conto cioè parlare della che il mondo del sua vita, registranvino ha perso non tutto partiva do nastri su nastri solo un maestro dal grande dono per la sua biograma forse una delle fia (Giulio Gambelli, chiavi per capire ricevuto l’uomo che sa ascoltare veramente il sanda madre natura il vino, Veronelli giovese.
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Innovazione
Martignani: l’efficienza verde Ridurre al minimo le perdite per deriva nell’ambiente, ovvero la dispersione aerea delle particelle di miscela di prodotti fitosanitari usati per i trattamenti in agricoltura che si diffondono nell’ambiente circostante e vanno ad inquinare l’aria, l’acqua e il suolo e a colpire non solo l’uomo ma anche le piante spontanee e gli insetti utili. È questo ad oggi il problema maggiore e risulta utile cercare di capire quale apparecchiatura risulti più idonea per l’applicazione dei fitofarmaci nei vigneti declivi trattando a filari alterni, riuscendo a ridurre il tempo degli interventi mantenendo però la piena efficacia. La risposta migliore è data da Martignani con il Nebulizzatore Pneumatico K.W.H. B-612, col diffusore a due settori mirati, dotati di carica elettrostatica, primo e unico sistema di recupero di prodotto senza alcun riciclo di miscela antiparassitaria come ampiamente testato da più di un istituto. I primi nebulizzatori pneumatici K.W.H. B-612 introdotti da Martignani nei vigneti collinari della Toscana furono quelli venduti alla Tenuta “Castelgiocondo” di Montalcino nel 1976 e dimostrarono fin da subito le proprie qualità, riuscendo a trattare la vegetazione a filari alterni in maniera esemplare. In quella stagione particolarmente piovosa, l’azienda fu l’unica della zona a non subire alcun attacco di peronospora, distribuendo 50 l/ha a inizio vegetazione e 70 l/ha in piena vegetazione. L’innovativa tecnica migliorò ulteriormente la qualità e l’efficacia del trattamento a basso e bassissimo volume, per più di un motivo. Il primo è dato dalla sostanziale riduzione di perdite per deriva dell’aria, addirittura fino all’85%, unito all’assenza di gocciolamento a terra, dovuto alla nebulizzazione a basso volume. La conseguenza di ciò è stata un gran
risparmio del prodotto chimico, attestato attorno al 45-50 %. Un altro effetto interessante è dato dal fatto che le goccioline, a causa della loro carica elettrostatica uguale che le tende a respingersi, mentre vengono attratte dalla vegetazione che si carica di segno opposto, riescono a depositarsi in modo perfettamente omogeneo, senza accumulo irregolare di fitofarmaco. Tutto questo permette di avere un raccolto sano e senza residui chimici, come dimostrato dalle analisi di frutta, uva, vino, ecc. Tornando al tema dei filari alterni, va sottolineato il fatto che la forza d’attrazione tra vegetazione e goccioline aumenta col diminuire dell’energia cinetica del ventilatore. Come si evince dai risultati di due ricerche sperimentali dell’Istituto di Fitoiatria di Bologna e dell’I.S.M.A. di Monterotondo (Roma), si vede che anche i filari non trattati faccia a faccia sono ugualmente coperti e addirittura con un maggior numero di impatti nelle parti più nascoste. Dopo tutti questi risultati possiamo quindi concludere che la macchina che abbiamo analizzato sia la migliore per risolvere questo tipo di problemi, soprattutto se confrontati con tutti i modelli che oggi lavorano nello stesso settore.
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L’azienda Martignani Srl produce macchine d’avanguardia per la protezione delle colture e in ambito civile per la disinfestazione e l’igiene ambientale. I primi nebulizzatori risalgono al 1958: con gli anni ha migliorato le proprie tecniche, guadagnandosi riconoscimenti internazionali e raggiungendo un livello di qualità altissimo. I Nebulizzatori Pneumatici-Elettrostatici sistema KWH oggi sono molto stimati per la loro efficienza e apprezzati in oltre 40 paesi del mondo, adottati anche dalle maggiori multinazionali dell’Agroalimentare di pregio. Per Martignani è importante la salute dell’ambiente ma anche quella dei consumatori dei prodotti. Questa la sua qualità totale.
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Fuori dal green
Storia d’amore e di golf a Venezia
Roberto Martini
portare un golfista a venezia è come portare un bambino a eurodisney
Qualche giorno fa mi chiama l’Editore (avrei voluto dire... mi chiama Leo, ma mantenere questo distacco tra tra l’Autore e l’Editore è molto più professionale..) e mi dice: «Prepara un articolo per il prossimo numero della rivista che uscirà in occasione del Vinitaly. Devi raccontare un itinerario di golf nel Veneto...». «Perfetto – rispondo – farò il resoconto di un weekend eno-gastro-golfistico a Venezia». «Perché a Venezia c’è anche un campo da golf ?».
Avrei voluto rispondergli come Silvano detto “I’ Vaìa”, sorseggiando un Punt e Mes, con tono suadente: «Vaìa, vaìa, vaìa... bischero... Ci sarà il golf a Venezia?». È come chiedere se c’è un casinò a Las Vegas, una chiesa a Roma o un negozio di souvenir a San Marino.. Eppure per i non addetti ai lavori è difficile immaginare un campo da golf proprio al Lido di Venezia. E ricordo che a suo tempo, in regime di fidanzamento agli arresti domiciliari, fu motivo di un’insopportabile polemica con la mia guardia penitenziaria.
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Avevo visto in tv un’intervista a Christian De Sica, che raccontava simpatici aneddoti del padre Vittorio, notoriamente grande giocatore d’azzardo. De Sica raccontava che il padre separato, quando andava a prendere i figli per il periodo di vacanze estive, li abbracciava, li faceva salire in auto e diceva: «Allora bambini, dove andiamo quest’anno al mare? A Venezia o a Sanremo??». Io, invece, sulla falsariga del grande Vittorio, ero solito proporre alle mie fanciulle: «Amore che ne dici di un bel weekend sul
Lago di Garda, oppure a Portofino, o a Roma, o addirittura a Porto Cervo?». Ovviamente, dopo avermi seguito svogliatamente in una “duegiorni” di golf full time, venivo lasciato senza appello durante il viaggio di ritorno, mangiando tristemente un “Camogli” all’Autogrill.. Stavo dicendo che tempo fa vivevo mestamente un fidanzamento agli arresti domiciliari e il golf era ovviamente motivo di interminabili polemiche; finchè non ebbi l’intuizione: «Amore, perché non facciamo un bel weekend a Venezia?». E lei: «Siiiiii, amore, finalmente un posto dove non c’è il golf!». Non ebbi il coraggio di confessare subito. E quando lo scoprì fu quasi peggio... Portare un golfista a Venezia (e per di più esteta/gaudente/giocatore d’azzardo/ mangiatore/bevitore), è come portare un bambino a Eurodisney o un alcolizzato al Vinitaly... Se non bastasse infatti quello che può offrire a una persona “normale” questa fantastica città, qualcuno si è divertito a …“metterci” anche un casinò e un meraviglioso campo da golf. Si narra che fu proprio Henry Ford, fondatore della nota casa automobilistica, che, recatosi nel 1928 a Venezia con la sacca da golf e appreso che non c’era ancora un campo in loco (sicuramente non s’era portato la moglie appresso..), volle prodigarsi in prima persona affinchè ne venisse realizzato uno proprio all’estremità ovest del Lido, in località Alberoni. E l’opera che ne è venuta fuori, all’interno di una splendida pineta adiacente alle dune di sabbia di mare, è davvero suggestiva. L’ideale (forse un pò costoso, ma ne vale la pena...) è raggiungere da Venezia il circolo in motoscafo. Attraverso una serie di canali si arriva dinanzi al Forte Alberoni, la cui porta principale conduce all’interno del circolo. Si attracca al pontile di legno e, sacca in spalla, ci si avvia alla bella club house un pò retrò e english style.. Qui, dopo aver giocato le splendide, difficili e sempre varie 18 buche disegnate nella pineta e nella macchia mediterranea, è doverosa una sosta gastronomica.. Il baccalà mantecato, gli scampi in saor, la pasta con le sarde, la polenta grigliata con le seppie, serviti al fresco sotto la veranda, valgono davvero la pena.. Davvero difficile trovare un circolo di golf ove si possa mangiare meglio. Ecco quindi i consigli utili per il weekend golfistico a Venezia, cercando di salvare matrimonio o fidanzamento.
Come detto, arrivo in motoscafo (costa come un vestito pronto moda..) e pernotto obbligatorio al Grand Hotel Excelsior; un hotel leggendario nel quale, in bassa stagione, si può soggiornare con meno di 200 € a notte. D’estate, la spiaggia privata dell’hotel, con gli ombrelloni e gli asciugamani bianchi e blu, sembrano riportarci in un’atmosfera Belle Époque... Dopo aver giocato a golf (se volete evitare che se ne vada con un pescatore di Chioggia, dopo avervi devastato la macchina col ferro 5), obbligatorio un giro a Venezia (la visita a Palazzo Ducale o alla Collezione Peggy Guggenheim vale un bonus per due garette di circolo...). Per l’aperitivo, uno spritz o un prosecco (accompagnato da un ottimo crudo di pesce) al Bancogiro in Campo S.Polo (nei pressi del Rialto). Per la cena, evitare come la peste bubbonica tutti i ristoranti veneziani, con i camerieri balcanici che ti adescano sulla porta come signorine minigonnate di Amburgo: «Ciau micu miu, tu viene mangiare dobre cucina venesian?». Obbligatoria invece, abbandonato il centro di Venezia, una visita alla Trattoria Ponte di Borgo a Malamocco (ottima frittura globale, moleche comprese) e soprattutto da Nane o da Celeste a Pellestrina (imperdibile il tragitto con l’autobus che attraversa il Lido e si imbarca sul traghetto fino all’isola di Pellestrina). Se la strega non vuole allontanarsi da Venezia, al limite, cena in un bàcaro (tipica osteria/vineria locale). Caratteristica dei bàcari è che si trovano quasi sempre in calli introvabili, spesso nei pressi di un canale morto e rancido. La loro caratteristica principale è di essere locali pubblici con licenza settimanale, nel senso che se, casualmente, scoprite un caratteristico bàcaro, con ottimo vino bianco, polenta e folpetti, sarde in saor ed altre prelibatezze, e decidete di tornarci la sera dopo, non otterrete altro risultato che girare tutta la sera invano, come nella kasbah di Marrakech. Potete anche appuntarvi il nome del locale (Ostaria dal Bepi) o della via (Fondaco de S.Gregorio el bruseghin), tanto è inutile. Spariscono nel nulla non solo i bàcari, ma spesso anche le calli ed interi quartieri.. Impossibile ritornarci. Dopo ore di ricerche vane, scontato il polemico commento della “strega”: «Fosse stato un campo di golf, l’avresti ritrovato di sicuro...». Adoro Venezia. 95
e dintorni il buon vivere italiano
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