29 03 2014 la stampa

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Narrativa yiddish

IV

ISRAEL Y. SINGER

Yoshe Kalb, il santo idiota che sconvolse la Galizia SEGUE DA PAG.I

Q

uando mandò il manoscritto di Yoshe Kalb a Abraham Cahan, non era affatto sicuro che sarebbe stato pubblicato. Il Forward era un giornale mondano, rispetto agli standard ortodossi, e la vita hassidica in Galizia, per Cahan e per molti dei suoi lettori, poteva già apparire abbastanza remota. Chi conosceva Cahan sapeva che o si sarebbe entusiasmato al manoscritto, o l’avrebbe respinto

con indignazione e con ira. Io sentivo che lo avrebbe accettato. Ciò che accadde superò ogni aspettativa. Non soltanto Cahan si entusiasmò, ma arrivò addirittura a un parossismo di ammirazione. Mio fratello cominciò a ricevere lunghi cablogrammi e lettere infervorate. Mai nella storia del Forward un romanzo era stato oggetto di più alte lodi. Non passava giorno senza un articolo o una lunga nota di Cahan sull’opera, sia prima sia durante la pubblicazione a puntate. Cahan era un grandissimo propagandista. Il suo amore per la letteratura che apprezzava aveva sfumature quasi erotiche. S’innamorava delle opere dei suoi scrittori preferiti, e sapeva come infiammare i suoi lettori. Durante la pubblicazione, sul « Forward » apparvero decine e decine di lettere piene di elogi. I più entusiasti erano i galiziani. Fino allora il Forward era stato dominato dai cosiddetti «lituani », e i galiziani erano soprannominati «i castigati». Lo

CHRISTIAN FRASCELLA

BENJAMIN BLACK (JOHN BANVILLE)

C’è una donna bionda che piacerebbe a Chandler

J

ohn Banville, per sua ammissione, scrive molto lentamente; Benjamin Black invece è un fulmi­ ne, in pochi mesi può confezionare un roman­ zo poliziesco. E dato che i due sono la stessa persona, viene da chiedersi questa volta chi ha sfidato chi, po­ sto che Black ha deciso di resuscitare Marlowe, con­ fezionando l’ottavo romanzo della serie lasciata no­ toriamente a sette (più qualche racconto, in un arco di venticinque anni) da Raymond Chandler: che a scrivere era notoriamente lentissimo. Risultato, Labiondadagliocchiazzurri è un’immer­ sione totale nello stile dello scrittore americano (in casi come questo la traduzione, di Irene Abigail Picci­ nini, è ovviamente decisiva), compiuta col virtuosi­ smo di trattenere qualche volta il fiato lasciando emergere una filigrana tutta irlandese: tanto che la Guanda, per la prima volta, allinea in copertina il no­ me dell’autore e lo pseudonimo, come non faceva in precedenza, unico tra gli editori internazionali di Banville. E la prima sensazione è che, rispetto al suo alter­ego, sia molto presente l’autore di grandi sen­ suali romanzi labirinto come L’intoccabileoLanottedi Keplero, lo scrittore che si sente molto a suo agio tra Beckett e Simenon (ma non quello dei Maigret). Il viaggio attraverso Chandler è viaggio nella scrittura marcato come tale da minime spie linguisti­ che, come quando Marlowe all’intimazione «chiudi il becco» dell’amico poliziotto risponde «Io cerco di tenerlo chiuso, ma sai come sono i becchi»; o come quando in una Los Angeles più nebbiosa del prevedi­ bile riflette sul fatto che la foschia «aderiva alla mia faccia come una sciarpa umida»: per non parlare di una soffiata di naso che gli evoca britannico «corno nella nebbia». C’è ­ consapevolmente ­ molta Irlanda e un po’ di Inghilterra nella Los Angeles anni Quaran­ ta­primi Cinquanta dove Mar­ lowe affronta la sua avventura, più o meno al punto in cui si era interrotta in Ancora una notte (The playlist,1959) l’ultimo ro­ manzo scritto da Chandler. C’è anche un’Alfa Romeo sportiva e rossa, che forse è un delizioso anacronismo; ci sono pub finto irlandesi, ma non troppo inautentici, e una vedo­ Benjamin Black va coraggiosa che dopo aver la­ «La bionda sciato l’isola in piena guerra ci­ dagli occhi neri. vile ha fatto fortuna coi profumi Un’indagine di e messo su una famiglia scombi­ Philip Marlowe» nata. Banville ha spiegato che Guanda quando decise di affrontare pp. 299, € 17,50 l’impresa aveva in mente i dipin­ ti di Hopper, e la «bionda dagli occhi neri» che piomba nell’uffi­ cio di Marlowe chiedendogli di rintracciare un amante scomparso, un poco di buono che lei tiene comunque a recuperare è assolutamente hopperia­ na e chandlerina, dagli abiti alle movenze, alla sen­ sualità misteriosa. Marlowe non resiste e s’imbarca nella perigliosa avventura, tra il rombo della sua Old­ smobile, cadaveri e botte; per verificare che nessuno è veramente quel che dice di essere, e soprattutto i vecchi amici non sono così fidati. Porta con sé il suo bagaglio culturale doc. Gli vie­ ne chiesto ad esempio di fare la scommessa di Pa­ scal e lui, che pure è un buon lettore e anzi è spesso un florilegio di citazioni nascoste, da Hemingway a Wilde, sostiene di non sapere di chi si tratti. Rispetto al suo sosia (questo libro è necessariamente tutto un fiorire di duplicità) è meno declamatorio; non in­ dulge ai comizi, si concede al più qualche definizio­ ne di sé come «un uomo qualunque che cerca di guadagnarsi un dollaro e rimanere onesto». Il per­ sonaggio non è affatto un’imitazione, è autentico e nello stesso tempo straniato. Piacerà ai cultori di Chandler, che non si sentiranno traditi. E’ un Mar­ lowe vintage, il cui restauratore si è concesso la ci­ vetteria ­ o l’estrema sincerità ­ di lasciare qui e là mi­ nimi segni del lavoro compiuto. Con un moto di per­ plessa nostalgia.

MARIO BAUDINO

C’

è un ragazzo di diciotto anni, Leonard Peacock, che nello zainetto, insieme a qualche libro di testo, ha messo una pistola, una vecchia P-38 trafugata da suo nonno durante la Seconda guerra mondiale. La vuole portare con sé a scuola per uccidere un suo coetaneo, Asher Beal. Asher è il classico bullo di scuola – purtroppo ne abbiamo incontrati tutti, noi che non eravamo fighi quando dovevamo essere fighi -, prende in giro Leonard e l’unico amico di Leonard, il ragazzo iraniano mago del violino Baback. Li prende in giro, e certe volte alza loro le mani, perché è un pessimo individuo, e se è così da giovane lo sarà anche da adulto. Leonard, invece, sa che non sarà mai adulto: perché prima ucciderà Asher e poi rivolgerà la pistola contro di sé. Nel giorno del suo compleanno, invece di festeggiare, di soffiare sulla candeline della torta. Perché? Ma perché la sua vita «non significa niente» per nessuno: suo padre, l’ex componente di un complesso rock che ha indovinato un solo singolo, non è lì per insegnargli cosa sia il bene e cosa il male; e chissà dov’è e con chi; sua madre, che ha divorziato dal marito, insegue a New York il suo sogno di diventare – ma si può perdonarglielo? – una fashion designer; per raggiungere tale fine, sparisce di casa lasciando il figlio alla sua solitudine fatta di colazioni, pranzi e cene parlando col muro, e va a letto col suo capo. Non un bell’esempio da chi ti ha messo al mondo. Leonard è imbevuto di provincia, quella provincia americana che sembra sempre andare stretta a tuttiechediventaquasiuntrampolino di lancio verso la realizzazione; eppure non ha sogni grandi: forse perché ha visto i suoi buttarsi via per così poco, prendendo a calci il loro matrimonio come fosse una lattina dimenticata per strada. Non vuole fallire e non sa come evitare il fallimento. Per questo ha deciso di farla finita, portandosi con sé all’altro mondo quell’imbecille di Asher. Se si pensa, poi, che l’unico individuo che presti attenzione a questo ragazzo è l’ottuagenario vicino di casa, Walt, che si muove da una stanza all’altra col deambulatore e ha scelto come

Narrativa italiana

Poliziesco

UN MODERNO HOLDEN CON LA PISTOLA

Matthew Quick «Perdonami Leonard Peacock » Salani pp. 269, € 14,90

La ribellione di un adolescente della provincia americana contro gli altri e se stesso perché “non conta niente” ragione di vita i film di Humprey Bogart; se si pensa che Leonard si scrive delle lettere immaginarie da un futuro distopico, nelle quali è innamorato ricambiato di una improbabile donna chiamata A, e

Un personaggio che costringe gli adulti a guardarsi indietro, a osservare le proprie colpe da vicino

VIOLETTA BELLOCCHIO

Gli anni bruciati dell’ex alcolista

N

Caro bullo, ti sparo con la P38 del nonno

ato come una specie di saggio sul­ l’autodistruzione ­ come ha raccon­ tato la stessa autrice in tv da Daria Bi­ gnardi ­ questo libro è una di quelle strane cre­ ature mutanti che popolano oggi la città della fiction, un po’ autobiografia, un po’ roman­ zo.Èlastoriadiunagiovanedonnachesichia­ ma esattamente come l’autrice del libro, che nel 2012, sei anni dopo essere uscita da tre an­ ni di alcolismo, tra i suoi 25 e i 28 anni, va alla ricerca delle memorie perdute di quel periodo

che insieme hanno una figlia il cui nome è S; se si pensa che Leonard conosce l’Amleto a memoria ma è un pessimo studente per la forse troppo esigente ed emotiva pro-

fessoressa di Inglese, Mrs Giavotella; se si pensa che Herr Silverman, il suo insegnante di Storia dell’Olocausto, tenta di spingere i ragazzi a ragionare evitando gli schemi mentali in cui sembrano uniformarsi e perdersi, ma l’unico su cui faccia breccia è il nostro e per il resto non ramazza altro che insulti da parte dei suddetti e dei loro altrettanto assoggettati genitori; se si pensano queste cose e si tirano le somme, la vita di questo diciottenne è solo un guazzabuglio di esempi umani scadenti, di aspirazioni infantili, riferimenti poco meno che intelligenti

oscuro.Leregolesonopocheechiare:«unapa­ rola al giorno; niente bugie; niente invenzione; niente ospiti». Ogni giorno, insomma, si tratta di sviluppa­ re un ricordo partendo da una parola assegna­ ta dalla terapeuta: la psicanalisi offre espe­ dienti narrativi spesso straordinari (o forse ­ chissà ­ è la scrittura che da sempre è un mera­ viglioso espediente analitico) e le due Violetta Bellocchio, l’autore e il personaggio, non si ti­ rano indietro. Gli americani un libro come que­ sto lo definirebbero «memoir» e dunque non accetterebbero neppure un dettaglio inventa­ to, un ricordo falsificato. Noi siamo decisa­ mente molto meno severi, anche perché in fondo una categoria precisa in cui collocare un racconto come questo non ce l’abbiamo, e poi perché chiunque legga questa storia (giunta

Violetta Bellocchio «Il corpo non dimentica» Mondadori pp. 276, € 17

e propositi sanguinosi. A occhio e croce, Perdonami, Leonard Peacock sarebbe da evitare nelle scuole. Eppure non è così. Per tanti motivi, ma soprattutto perché il personaggio narratore fa tenerezza, obbliga a spingere lo sguardo avanti ai suoi coetanei imparando qualcosa - e costringe noi adulti a guardarci indietro, a osservare le nostre colpe da vicino. Questo moderno Holden con la pistola nello zainetto, insegna cosa sia la pietà, mostra il solco troppo profondo tra le generazioni e scopre, per sé e per noi, il significato della parola perdono.

peraltro in pochi giorni alla seconda edizione) nonavràmaidubbisullasinceritàassolutadel­ l’ispirazione. Violetta Bellocchio non ha alcun riguardo per il personaggio Violetta Bellocchio, ne rac­ conta la discesa agli inferi senza tacere neppu­ re un particolare, per quanto sordido, e senza concederle neppure una scusa, una giustifica­ zione, una coincidenza sfortunata. Violetta Bellocchio si redime ­ perché questa è in fondo una storia di redenzione, di cambiamento («Quando io sono arrivata alla fine, non avrei mai riconosciuto la mia faccia») ­ attraverso la scrittura, limpida, moderna, lucida; Violetta Bellocchio il personaggio grazie all’assoluta mancanza di autocommiserazione.

PIERO NEGRI


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