Cerveteri tarquinia ita

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CERVETERI TARQUINIA COP_28-07_Layout 1 30/07/14 09:06 Pagina 1

I TESORI D’ITALIA E L’UNESCO

Centro Storico di Urbino Zona Archeologica e Basilica Patriarcale di Aquileia Villa Adriana (Tivoli) Isole Eolie Assisi, la Basilica di San Francesco e altri siti Francescani Città di Verona Villa d’Este (Tivoli) Le città tardo barocche del Val di Noto Sacri Monti del Piemonte e della Lombardia Le necropoli etrusche di Cerveteri e Tarquinia Val d’Orcia Siracusa e le necropoli rupestri di Pantalica Genova, le Strade Nuove e il Sistema dei Palazzi dei Rolli Mantova e Sabbioneta La ferrovia Retica nel paesaggio dell’Albula e del Bernina Le Dolomiti I Longobardi in Italia e i luoghi del potere (568-774 d.C.) Siti palafitticoli preistorici nell’arco alpino Ville e Giardini medicei in Toscana Monte Etna Paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato

COMUNE DI CERVETERI

euro 4,90 (i.i.)

COMUNE DI TARQUINIA

CERVETERI E TARQUINIA

Arte rupestre della Valle Camonica La Chiesa e il Convento Domenicano di Santa Maria delle Grazie con il “Cenacolo” di Leonardo da Vinci Centro Storico di Firenze Venezia e la sua Laguna Piazza del Duomo a Pisa Centro Storico di San Gimignano I Sassi e il Parco delle Chiese Rupestri di Matera La città di Vicenza e le ville del Palladio nel Veneto Centro Storico di Siena Centro Storico di Napoli Crespi d’Adda Ferrara, città del Rinascimento, e il Delta del Po Castel del Monte Trulli di Alberobello Monumenti paleocristiani di Ravenna Centro Storico di Pienza La Reggia di Caserta del XVIII secolo con il Parco, l’Acquedotto Vanvitelli e il Complesso di San Leucio Residenze Sabaude L’Orto Botanico di Padova Portovenere, Cinque Terre e Isole (Palmaria, Tino e Tinetto) Modena: Cattedrale, Torre Civica e Piazza Grande Aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata Costiera Amalfitana Area Archeologica di Agrigento La Villa Romana del Casale di Piazza Armerina Su Nuraxi di Barumini Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, con i siti archeologici di Paestum e Velia, e la Certosa di Padula

LE NECROPOLI ETRUSCHE DI CERVETERI E TARQUINIA

Una delle missioni principali dell’UNESCO è l’identificazione, la protezione, la tutela e la trasmissione alle generazioni future dei patrimoni culturali e naturali di tutto il mondo. Sulla base di un trattato internazionale conosciuto come Convenzione sulla Protezione del Patrimonio Mondiale, culturale e naturale, adottato nel 1972, l’UNESCO ha finora riconosciuto un totale di 1001 siti (777 beni culturali, 194 naturali e 30 misti) presenti in 161 Nazioni del mondo. L'Italia è la nazione che detiene il maggior numero di siti inclusi nella World Heritage List e la collana “I tesori d’Italia e l’Unesco” accompagna i lettori ad ammirare ineguagliabili tesori naturali, d’arte e d’architettura.

LE NECROPOLI ETRUSCHE DI

I TESORI D’ITALIA E L’UNESCO


I TESORI D’ITALIA E L’UNESCO

LE NECROPOLI ETRUSCHE DI CERVETERI E TARQUINIA


La pubblicazione esce con il patrocinio della “Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO”

Testi: Cristina Ridi, Università di Milano (Tarquinia) Rita Lucarini (Cerveteri) Coordinamento editoriale: Alessandro Avanzino Account: Paola Ciocca Bianchi Redazione: Titti Motta Grafica e impaginazione: Gabriella Zanobini Ravazzolo Fotografie: Comune di Tarquinia (Valorizzazione Aree Archeologiche), Università di Milano (Cattedra di Etruscologia), Archivio T.Arc.H.N.A. Culture 2000 N. 2004-1488, Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Etruria Meridionale, Fabrizio Fazzari Stampato da: Grafiche G7 Sas per Sagep Editori Srl, agosto 2014

© 2014 Sagep Editori www.sagep.it ISBN 978-88-6373-141-5


UNESCO, nata a Parigi il 4 novembre 1945, è l’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di cultura, istruzione, scienze, arti. Oggi l’UNESCO conta 193 Stati membri, ha sede a Parigi. L’UNESCO ha sostanzialmente due scopi: quello di favorire il dialogo e lo sviluppo delle culture degli Stati membri e quello di preservare il patrimonio culturale e naturale dell’umanità. Il primo degli obiettivi citati ha grande rilevanza nell’azione dell’organizzazione, in quanto è posta a fondamento dell’organizzazione stessa la convinzione che solo un costante dialogo interculturale e lo sviluppo della cultura, delle arti, delle scienze e dei sistemi educativi possano favorire la cooperazione tra le Nazioni, la comprensione fra i popoli e il progresso economico, la giustizia sociale e la pace nel mondo. Il secondo obiettivo è perseguito dall’UNESCO mediante l’identificazione, la protezione, la tutela e la trasmissione alle generazioni future dei beni culturali e naturali del mondo. In base a un trattato internazionale (la Convenzione sulla Protezione del Patrimonio Mondiale Culturale e Naturale, del 1972), l’UNESCO ha fino ad oggi riconosciuto 1001 beni patrimonio dell’umanità (777 beni culturali, 193 beni naturali e 30 misti) in 160 Stati. Secondo la Convenzione, per patrimonio culturale si intende un monumento, un gruppo di edifici o un sito di valore storico, estetico, archeologico, scientifico, etnologico o antropologico. Il patrimonio naturale, invece, indica rilevanti caratteristiche fisiche, biologiche e geologiche, nonché l’habitat di specie animali e vegetali in pericolo e aree di particolare valore scientifico ed estetico. Il Patrimonio rappresenta l’eredità del passato di cui noi oggi beneficiamo e che trasmettiamo alle generazioni future. I nostri patrimoni, culturali e naturali, sono fonte insostituibile di vita e di ispirazione. Luoghi così unici e diversi quali le selvagge distese del Parco Nazionale di Serengeti in Africa Orientale, le Piramidi d’Egitto, la Grande barriera australiana e le cattedrali barocche dell’America latina costituiscono il nostro Patrimonio Mondiale. Ciò che rende eccezionale il concetto di Patrimonio Mondiale è la sua applicazione universale. I siti del Patrimonio Mondiale appartengono a tutte le popolazioni del mondo, al di là dei territori nei quali esse sono collocati.

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www.unesco.org


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2004 Le necropoli etrusche di Cerveteri e Tarquinia

li Etruschi rappresentano ancora oggi una delle pagine più affascinanti, misteriose e complesse del percorso evolutivo del bacino del Mediterraneo. Popolo fiero e combattente giunse ad altissimi livelli nelle arti e nella struttura sociale. Ebbero un’egemonia secolare soprattutto nella bassa Toscana e nel Lazio prima dell'avvento di Roma. Il grande senso di devozione e rispetto per i defunti è testimoniato negli straordinari siti funerari come le Necropoli di Cerveteri e Tarquinia che, con la loro struttura urbanistica e gli affreschi delle camere sepolcrali, rappresentano una testimonianza unica ed eccezionale dell’antica civiltà etrusca.

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Iscrizione: 2004 Criteri:(I) (III) (IV) (I) Le necropoli di Tarquinia e Cerveteri sono dei capolavori del genio creativo dell'uomo: l'estensione delle pitture decorative di Tarquinia sono eccezionali sia per le forme che per i contenuti poiché rivelano gli aspetti della vita, della morte e delle credenze religiose degli antichi etruschi. Cerveteri presenta, nel contesto funerario, le stesse concezioni urbanistiche e architettoniche di una città antica. (III) Le due necropoli costituiscono una testimonianza unica ed eccezionale dell'antica civiltà etrusca, unica tipologia di civilizzazione urbana dell'Italia pre-romana.

La descrizione della vita quotidiana, rappresentata sugli affreschi delle tombe, molti dei quali presenti nelle abitazioni etrusche, costituisce una testimonianza unica della scomparsa di questa cultura. (IV) Molte delle tombe di Tarquinia e Cerveteri rappresentano le tipologie di costruzione che non esistono in nessuna altra forma. I cimiteri, progettati come le città etrusche, sono fra i più antichi della regione.

Museo Nazionale Tarquinese, Salone delle trifore, vaso in ceramica attica.


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CERVETERI Il Territorio l territorio è costituito da estesi pianori tufacei, formatisi nel pleistocene, divisi dalle valli fluviali del Manganello a nord e del Fosso della Mola a sud. Il pianoro centrale dei Vignali di circa 160 ettari era interamente occupato dall’abitato e intorno si stendevano le necropoli: Banditaccia – la meglio conosciuta ed esplorata – Monte Abatone, Sorbo, Cava della Pozzolana, Greppe Sant’Angelo. Le boscose e pittoresche vallate sono attraversate da torrenti, fiumi e cascate che trovano la loro naturale fine lungo la costa del mar Tirreno. Le nere sabbie ferrose di queste spiagge testimoniano la

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Tombe a Fossa e Tumulo della Quercia. Nella pagina a fronte: Maschera.

presenza di un elemento che fece la ricchezza dell’etrusca Caere: il ferro, un minerale che rappresentava la materia prima più importante e richiesta dell’epoca. Dalla grande ricchezza dell’acqua deriva l’abbondanza della vegetazione con le specie arboree tipiche della macchia mediterranea, come il rododendro, il larice, la ginestra, il mirto e la mimosa. La Necropoli della Banditaccia La Necropoli della Banditaccia, sito dell’UNESCO dal 2004, era la più importante delle necropoli della città. Preservata nella sua interezza, è di gran lunga la più vasta del mondo antico, giunta fino a noi. Rappresenta una


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Storia Cerveteri – Caisra in etrusco, Agylla per i Greci, Caere per i Romani – era una delle metropoli più importanti dell’antica Etruria, grandissima e splendida per le sue ricchezze, con la sua cultura multietnica e profondamente grecizzata. Fondata, secondo la tradizione dai Pelasgi (Strabone), mitica popolazione di origine greca, il centro etrusco, sorse a seguito dell’evoluzione dei piccoli insediamenti protostorici villanoviani. La vita della città è documentata fin dal IX secolo a.C. e prosegue per tutto il millennio. I suoi commerci, grazie ai tre importanti porti di Pyrgi (oggi Santa Severa), Punicum (Santa Marinella) e Alsium (Palo), si svolgevano in tutto il bacino del Mar Mediterraneo, con i Fenici e gli Egizi prima, poi con i Greci colonizzatori dell’Italia meridionale, quindi direttamente con Corinto e le città della Ionia, dalle quali molti artisti emigrarono, infine con Atene e le città dell’Attica. Lo scrittore romano Livio raccontava storie di prodigi nelle acque del Fons Herculis, presso le Aquae Caerites, vicino al

Sasso, che si colorarono di rosso nel periodo della seconda guerra punica. La storia medievale di Cerveteri è certamente meno nota e meno ricca di quella antica: la città conobbe una fase piuttosto travagliata in questo periodo; tra il IX e il X secolo, fu soggetta a un regime turbolento e oppressivo, subendo anche eventi che coinvolsero Roma, quali l’invasione saracena. Il diffondersi della malaria costrinse la popolazione a trasferirsi in quella che oggi è conosciuta come Ceri. La vecchia Caere prese allora il nome di Caere Vetus, italianizzato poi in Cerveteri. Alla fine del XV secolo le nobili famiglie degli Orsini, Farnese e Della Rovere stabilirono qui la loro residenza e nel XVI secolo essa divenne un principato di proprietà della famiglia Ruspoli. Della Cerveteri moderna si ricordano piazza Santa Maria, con la sua chiesa romanica e il palazzo Ruspoli del XVI secolo, la cui facciata posteriore è incorporata nella rocca costituita da una torre e dalle mura che inglobano lunghi tratti dell’antica fortificazione etrusca, il quartiere medievale della Boccetta con la chiesa di Sant’Antonio

Abate con affreschi di Lorenzo da Viterbo. Un altro importante elemento di rilievo nella zona di Cerveteri è il piccolo, caratteristico, borgo medievale di Ceri, posto su un acrocoro nella valle e dominato dalla monumentale rocca degli Anguillara. L’abitato conserva un impianto di grande suggestione, dominato dalla chiesa di origine romanica, dedicata al papa martire San Felice, oggi santuario Nostra Signora di Ceri Madre di Misericordia. Gli affreschi della chiesa di Ceri, sono databili tra il 1100 e il 1130. Altro gioiello medievale del territorio è il castello del Sasso, un palazzo fortificato, circondato da molte casette, che venivano usate come abitazioni dagli addetti ai servizi, assegnato dal papa Clemente VII all’arcispedale di Santo Spirito nel 1534, che lo vendette poi nel 1552 a Giovanni Patrizi. La chiesetta di Santa Croce fu costruita nel XVI secolo con interno ad unica navata.


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Tumuli all’interno della Necropoli.

riproduzione perfetta della città abitata dai vivi con tombe che riproducono fedelmente la tipica struttura delle case etrusche, fornendo un esempio unico di architettura civile dall’età arcaica al periodo tardoellenistico, per un periodo di circa sei secoli. È immersa in un parco suggestivo di alta valenza paesaggistica, con le antiche strade ed i viottoli che si inerpicano tra le sepolture. I visitatori hanno l’impressione di trovarsi all’interno di una città reale, organizzata secondo canoni che ne

prevedono la divisione in isolati, tagliati da strade principali e da vie secondarie lungo le quali si articolano le tombe. È la principale area di sepolture dell’antica Caere, in


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cui si concentra la maggior parte delle tombe monumentali. Si tratta di un complesso immenso (è stimata la presenza di circa 20.000 tombe a camera in questa sola

necropoli) con caratteri di assoluta unicità, che sono valsi l’inserimento nella lista UNESCO dei siti Patrimonio dell’Umanità. Giunti alla cittadina di Cerveteri, si seguono i cartelli segnaletici per la Necropoli della Banditaccia e si percorre una strada fiancheggiata da cipressi, la cosiddetta Autostrada, che porta ad un ampio parcheggio prospiciente la biglietteria. Posta su un pianoro tufaceo parallelo all’area urbana, la necropoli della Banditaccia venne utilizzata già dal VII secolo a.C. Al suo interno si distinguono più settori, che riflettono i diversi nuclei in cui doveva essere articolata la necropoli nel suo lungo periodo di vita, fino al I secolo a.C.

Veduta della Via Sepolcrale.


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Nuovo percorso di visita multimediale Dal 2012 è possibile arricchire la visita alla “zona del recinto” della Necropoli etrusca della Banditaccia con un nuovo itinerario multimediale, esempio virtuoso di come la tecnologia possa facilitare la comprensione dei beni culturali per fini divulgativi. Il percorso inizia con la proiezione di un video in 3D presso il centro d'accoglienza e continua con la visita di otto tra le più famose tombe di questa area. Alcune sono animate da suoni e luci, un commento audio spiega la tomba illuminando gli elementi più significativi da un punto di vista architettonico e rituale (Tomba della Capanna, Tomba dei Doli e degli Alari, Tomba dei Letti Funebri, Tomba dei Capitelli). All'interno delle tombe dei Vasi Greci, della Cornice, del Pilastro e della Casetta sono stati invece installati dei proiettori di ultima generazione che, grazie a uno spettacolare effetto tridimensionale, riescono a ricreare l'ambiente della tomba così come doveva apparire in antico, ricolmo di tutti gli oggetti e le suppellettili che costituivano il corredo funebre dei defunti. Questo itinerario è fruibile in sei lingue, la voce del commento in lingua italiana è stata prestata da Piero Angela.proiezione di un video in 3D presso il centro

Itinerario 1 - Area del Recinto L’area aperta al pubblico si estende per quasi 10 ettari, coprendo meno di un decimo dell’estensione complessiva della necropoli. Colpiscono qui soprattutto gli imponenti tumuli circolari con calotta emisferica di terra, le tombe “a dado” e i grandi ipogei gentilizi, che si dispongono lungo la Via Sepolcrale Principale e le vie minori. Si consiglia, prima di intraprendere la visita, di soffermarsi a osservare la planimetria generale dell’area per apprezzare la disposizione delle tombe e quindi di seguire l’itinerario indicato dalla segnaletica. L’itinerario comprende la visita delle tombe del Vecchio e del Nuovo Recinto, l’area

scavata, restaurata e resa fruibile al pubblico grazie all’opera di Raniero Mengarelli prima (tra il 1909 e il 1933) e di Mario Moretti poi (tra il 1959 e il 1970). Entrati nel Recinto, oltrepassata la biglietteria, al visitatore si presenta subito un paesaggio suggestivo, in cui è ben visibile la Via Sepolcrale principale, sui cui lati si dispongono diverse schiere di tombe. In alcuni tratti della via sono ancora visibili le tracce delle ruote dei carri, a testimonianza che la strada non era usata solo per scopi funerari. Dalle sepolture di epoca villanoviana, ai grandi tumuli orientalizzanti che riflettono una società aristocratica, alle tombe a dado allineate regolarmente, frutto di un intervento pianificatore, e agli ipogei gentilizi, l’area offre una testimonianza


15 unica dell’architettura funeraria etrusca e, indirettamente, anche di quella civile. 1. Tombe villanoviane Se nella visita si vuole seguire un ordine cronologico, si consiglia di lasciare momentaneamente la Via Sepolcrale principale e imboccare il sentiero che si dirige verso sinistra, per raggiungere la zona in cui sono visibili le sepolture più antiche della necropoli. Si tratta di alcuni pozzetti scavati nel tufo di epoca villanoviana, in cui venivano collocati gli ossuari d’impasto contenenti le ceneri dei defunti, e di alcune tombe a fossa attribuibili al villanoviano evoluto. La visita può quindi proseguire verso l’imponente Tumulo II. VIII secolo a.C.

2. Tumulo II, Tomba della Capanna È il più antico dei quattro sepolcri che si trovano all’interno del Tumulo II, uno dei più imponenti della necropoli (altezza ca.

Tomba della Capanna, ingresso e, in basso interno. Nella pagina a fronte: Contenitori per urne cinerarie.


16 Cerveteri distribuite in un arco temporale di circa due secoli e appartengono con ogni probabilitĂ allo stesso gruppo familiare. La Tomba della Capanna, che presenta un lungo dromos d’accesso ed è formata da due camere laterali e da due camere disposte lungo l’asse longitudinale, imita nel suo interno una struttura capannicola con tetto a doppio spiovente che si conclude nel trave centrale rilevato. Inizio VII secolo a.C.

Tomba dei Dolii. Tomba dei Vasi Greci, esterno. Nella pagina a fronte: Tomba Vasi Greci, ingresso.

15 m; diametro 40 m). Le tombe (Tomba della Capanna, Tomba dei Dolii, Tomba dei Vasi Greci e Tomba dei Letti Funebri) sono cronologicamente

3. Tomba dei Capitelli Un breve dromos di accesso con due cellette laterali immette in un vestibolo rettangolare, con otto letti a forma di kline allineati lungo le pareti, arricchito da due pilastri con base cilindrica e capitelli


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“eoliciâ€?, che sostengono un soffitto piano cassettonato, decorato con grandi travi e travicelli minori. Nella parete di fondo si aprono tre porte che immettono in altrettante camere, in cui sono disposti a destra un letto a cassone, con estremitĂ a timpano triangolare (tipo riservato a defunti di sesso femminile), a sinistra un letto a kline e sulla parete di fondo una banchina per il corredo. La tomba riproduce la pianta di una casa di tipo aristocratico, in cui la parte di


18 Cerveteri Il tipo, che diviene standard dal IV secolo a.C., presenta qui un aspetto grandioso (m 6,50 x m 7,80): sulle pareti sono scavate 13 nicchie biposto e una banchina divisa da cordoli è adibita alla deposizione di altre 31 salme. Le pareti sono ricoperte d’intonaco decorato da rilievi di stucco policromo, che

Tomba dei Capitelli, ingresso.

rappresentanza è separata da quella privata. Prima metà del IV secolo a.C. 4. Tomba dei Rilievi L’ipogeo, a cui si accede tramite una lunga scalinata profondamente scavata nel tufo, presenta una pianta del tipo a camera unica con banchina, loculi alle pareti e soffitto a doppio spiovente.


19 rappresentano oggetti appesi con chiodi in uso nella vita pubblica e privata: oggetti utilizzati nel rito funebre, figure evocanti il viaggio verso l’aldilà , strumenti legati alla sfera militare e a quella domestica. La tomba, scoperta nel 1851, apparteneva alla famiglia Matuna. Seconda metà del IV secolo a.C.

5. Tomba della Cornice LĂ dove la Via Sepolcrale presenta un crocicchio in cui confluiscono tre strade, si prenda quella destra per giungere alla Tomba della Cornice. Simile per pianta alla Tomba dei Capitelli, essa evoca in modo assai realistico un interno domestico. Il tetto piano presenta travi paralleli a

Tomba dei Capitelli, interno.


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Tomba dei Rilievi, ingresso.


21 rilievo; il vestibolo, caratterizzato da una cornice aggettante che dĂ nome alla tomba, presenta quattro letti a kline sulle pareti laterali e, ai lati della porta di accesso, due seggi scolpiti nel tufo. Sulla parete di fondo tre porte di tipo “doricoâ€? immettono in altrettante celle, ognuna con due letti laterali. Due coppie di finestre si aprono ai

lati della porta centrale: la loro originaria funzione, in ambito domestico, doveva esser quella di dar luce alle camere prendendola dal vestibolo. Inizio VI secolo a.C. 6. Via dei Monti della Tolfa - Via dei Monti Ceriti Si tratta di un settore della necropoli caratterizzato da vie che si intersecano

La cosiddetta Tomba Bella, interno.


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perpendicolarmente creando isolati rettangolari di tombe del tipo a dado costruite in serie, allineate e uniformi per dimensioni e prospetto. Le tombe, con ingresso rivolto sempre a est, sono quasi interamente costruite, con cornici e fascioni rilevati e porte incorniciate di tipo dorico, con profilature eseguite in macco di colore chiaro che contrasta con il tufo dei muri. Questo settore della necropoli ripropone l’organizzazione dell’edilizia urbana, che a partire dal VI secolo a.C. si sviluppò, secondo

una pianificazione urbanistica regolare, all’interno di un impianto ortogonale. 7. Tumuli del Nuovo Recinto Superata la Via dei Monti Ceriti si procede fino a giungere a una piazzetta dove si erge il grande Tumulo Maroi, che conteneva tre tombe di epoca orientalizzante di cui una è stata ricostruita con il corredo originario nel Museo di Villa Giulia. Di fronte al Tumulo Maroi si trova il Tumulo Policromo, di dimensioni più modeste ma caratterizzato da un


23 tamburo costruito con tipi diversi di tufo che creano un particolare effetto policromo; all’interno, la Tomba Policroma presenta ancora le tracce di fascioni dipinti in rosso che decoravano il soffitto e la sommità delle pareti. Sempre in questa zona si ergono due grandi tumuli del VII secolo a.C.: il Tumulo Mengarelli e il Tumulo del Colonnello. Il primo conteneva una sola tomba dalla complessa planimetria, mentre il secondo quattro tombe delle quali la piÚ antica simile per pianta alla Tomba della Capanna. VII-VI secolo a.C.

Via dei Monti della Tolfa. Via dei Monti Ceriti.


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Tumulo Policromo.

8. Tomba di Marce Ursus Lasciato il Tumulo Mengarelli, tornando indietro lungo la Via Sepolcrale, che qui prende già il nome di Via degli Inferi, s’incontrano due tombe gemelle incluse in una struttura a dado con basamento ricavato nella roccia e alzato in blocchi quadrangolari. Una delle due tombe è detta di Marce Ursus, dal nome del titolare del sepolcro, come risulta dall’iscrizione incisa sulla parete di una delle due camere parallele che compongono la tomba. Esse sono precedute da un vestibolo perpendicolare con soffitto a doppio spiovente e trave centrale rilevato a cui si accede tramite un breve corridoio fornito di caditoia, una sorta di camino che

collegava l’ambiente interno con la parte esterna del tumulo. VI-V secolo a.C. Itinerario 2 - I Grandi Tumuli Al di fuori del recinto monumentale, di fronte alla biglietteria, in direzione della valle formata dal Fosso del Manganello, sono visibili tre grandi tumuli di epoca orientalizzante che si ergono nel paesaggio: il Tumulo degli Scudi e delle Sedie, il Tumulo degli Animali Dipinti e il Tumulo della Nave, visitabili su richiesta. L’area iniziò ad essere esplorata negli anni Trenta del ’800, con il rinvenimento dei Tumuli degli Scudi, delle Sedie e degli Animali Dipinti, che furono lasciati a vista fin d’allora. I Tumuli degli Scudi e delle Sedie, che si erge con tutta la sua


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imponenza (diametro m 50) quasi davanti all’ingresso della Biglietteria, comprende tre tombe a camera, tra le quali la più antica è la Tomba dei Leoni Dipinti; il Tumulo degli Animali Dipinti comprende quattro tombe a camera, di cui la più antica è la tomba omonima; il Tumulo della Nave comprende tre tombe a camera, di cui la più antica è anche in questo caso la tomba omonima. Nella medesima area si ergono altri tumuli di medie proporzioni, tra cui il Tumulo Moretti, situato tra il Tumulo della Nave e il Tumulo degli Animali Dipinti, e il Tumulo della Tegola Dipinta, situato a nord del Tumulo degli Scudi e delle Sedie. Sul ciglio della rupe, a picco sul fosso del Manganello, si segnalano le tombe

del Tablino, delle Onde Marine e dei Pilastri. 1. Tumulo degli Scudi e delle Sedie, Tomba dei Leoni Dipinti Il Tumulo degli Scudi e delle Sedie include tre tombe, tra le quali la più antica è la Tomba dei Leoni Dipinti, con ingresso rivolto a nord-ovest. La tomba è caratterizzata da un lungo dromos di accesso con gradini (m 12) che termina con due camerette laterali, con la medesima pianta, a cui si accede tramite due porte arcuate. Ambedue le camerette, dotate di due letti e di una banchina centrale, avevano una decorazione dipinta in colori rosso, nero e bianco direttamente sulle pareti, con rappresentazione di un uomo tra due leoni affrontati. Il complesso

Tumulo interno al recinto.


26 Cerveteri pianta simile a quella delle Tombe dei Capitelli e della Cornice, che riproduce la casa aristocratica di VI secolo a.C.: un breve dromos, due camerette laterali, un grande vestibolo su cui si aprono tre camere coassiali. Da evidenziare la particolare cura con cui sono stati eseguiti gli intagli e sono stati resi i particolari stilistici degli arredi. Spiccano, ai lati della porta di fondo del vestibolo, due seggi con schienali ricurvi e suppedanei scolpiti nel tufo e, lungo le pareti, una serie di scudi appesi appena rilevati. Tali elementi hanno dato il nome alla tomba e al relativo tumulo.

Fossato interno alla Necropoli.

principale presenta due camere allineate precedute da una sorta di vestibolo con soffitto a falda unica, curva, e con travi che si dispongono radialmente rispetto a un disco centrale. Seconda metà del VII secolo a.C. 2. Tomba degli Scudi e delle Sedie La tomba, con ingresso orientato a nord-est, presenta una

3. Animali dipinti Fondato intorno alla metà del VII secolo a.C., il Tumulo degli Animali Dipinti comprende quattro tombe a camera. Di queste, la più antica è la Tomba degli Animali Dipinti che ha l’ingresso orientato a nord-ovest. La pianta è del tipo con lungo dromos di accesso gradinata, che termina con tre porte arcuate, di cui le due laterali immettono in altrettante camerette, mentre quella di fondo dà accesso a una serie di ambienti coassiali


27 (lunghezza totale m 14): un vestibolo a pianta ellittica, con tracce di pitture alle pareti (decorazione annalistica), e un grande ambiente diviso in tre dalla presenza di quattro pilastri; alle pareti dell’ambiente centrale vi sono due letti monumentali, uno conformato ad arca e l’altro a kline. Seconda metà del VII secolo a.C. Itinerario 3 - Via degli Inferi La via degli Inferi, ripulita alla fine del secolo scorso grazie all’intervento del GAR (Gruppo Archeologico Romano) d’intesa con la Soprintendenza, è profondamente incassata nel tufo e immersa in una vegetazione spontanea a tratti selvaggia. La via partiva da una delle porte del versante settentrionale della città, superava il Fosso del Manganello e costituiva, nella sua biforcazione occidentale, l’originario percorso interno alla Necropoli della Banditaccia. Nel tratto iniziale, presso l’Area del Recinto, si incontra la Tomba delle Colonne Doriche; la strada prosegue poi fino a un bivio: a sinistra si prosegue per il Ponte Vivo, mentre a destra

per la città antica. In questo tratto, caratterizzato dalla presenza di numerose piazzette, si sussegue una serie di tombe ad altezze diverse e di varie epoche, dall’orientalizzante all’età della romanizzazione. Il percorso, assai suggestivo per il suo aspetto rupestre, non è facilmente agevole. La via è raggiungibile seguendo dall’esterno la recinzione dell’Area del Recinto. Itinerario 4 - Dal Recinto all’area Tombe del Comune e Tomba delle Cinque Sedie Usciti dall’Area del Recinto, si ripercorre l’“Autostrada” in direzione della città e, sulla destra, si trova un altro settore della Necropoli della Banditaccia, che comprende l’area delle Tombe del Comune. A destra dell’“Autostrada”, e parallelamente ad essa, in direzione della città, la Via Sepolcrale continua a correre dal Recinto fino alla zona più occidentale della Necropoli. Qui si trova l’area delle Tombe del Comune, scoperte per la maggior parte negli scavi ottocenteschi. Si tratta di ipogei del IV secolo a.C. che si affacciano su piazzette


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Tombe del Comune, ipogeo del IV secolo a.C.

quadrangolari incassate nel tufo e che sono inseriti in un’area della necropoli riservata alle famiglie gentilizie che dominavano Caere nel periodo dell’alleanza con Roma. Si segnalano in particolare la Tomba dell’Alcova, la Tomba delle Iscrizioni (cosiddetta per le oltre 50 iscrizioni dipinte o incise indicanti i nomi dei defunti), la Tomba del Triclinio, la Tomba dei Sarcofagi (che ha restituito quattro sarcofagi in marmo bianco, di cui tre conservati al Museo di Cerveteri e uno al Museo Gregoriano

Etrusco) e la Tomba dei Tamnsie (con due sarcofagi dipinti in marmo bianco, entrambi conservati nel museo locale). Quest’area è stata anche interessata dalle prospezioni geofisiche condotte dalla Fondazione Lerici. Tomba delle Cinque Sedie Tornati su via di Gricciano, pochi metri più a nord, si trova la Tomba delle Cinque Sedie, scoperta nel 1865 e caratterizzata dalla presenza di una serie di arredi scolpiti nella roccia. Un dromos di accesso a gradini porta


29 all’interno della tomba che presenta tre ambienti. Allineati lungo la parete di fondo del vano di sinistra, cinque seggi scavati nel tufo con schienale, sostegni laterali e poggiapiedi ospitavano altrettante statue in terracotta (tre maschili e due femminili), più piccole del vero, che rappresentavano gli antenati dei titolari dell’ipogeo, seduti e nell’atto della libagione con la mano destra aperta e protesa. Due delle statue sono conservate al British Museum e una ai Musei Capitolini. Negli ultimi anni la Soprintendenza, in collaborazione con il GAR, ha effettuato nuovi scavi portando alla luce un’ampia area monumentale, ora in corso di studio. Il Museo Nazionale Cerite Il Museo Nazionale Archeologico Cerite ha sede nel Castello Ruspoli, nel centro storico della cittadina moderna, che si è sovrapposto all’acropoli dell’antica Caere. Il Museo, allestito dall’architetto Franco Minissi, è stato inaugurato nel 1967 a seguito della cessione della rocca medievale

allo Stato in memoria della principessa Claudia Ruspoli. La visita consente di seguire le diverse fasi culturali di Caere, dal IX secolo a.C. fino all’età della romanizzazione. I materiali conservati nel Museo, esposti in ordine cronologico, provengono soprattutto dalle necropoli che circondavano l’antico centro urbano. Al piano inferiore si conservano i corredi di età più antica – villanoviana, orientalizzante e arcaica – provenienti dalle tombe delle necropoli del Sorbo, di Monte Abatone e della Banditaccia. Piano terra Si accede al Museo dall’avancorpo adiacente a una delle torri del Castello e si passa attraverso il cortile, dove sono conservati frammenti architettonici e statue romane della prima età imperiale. La visita all’interno prende avvio dalle vetrine poste a destra dell’ingresso, in cui sono esposti alcuni corredi funerari provenienti dalle più antiche tombe a incinerazione della necropoli del Sorbo (IX-VIII secolo a.C.). Tipici di questo periodo sono le urne

Nuovo percorso di visita in 3D A completamento del nuovo percorso multimediale della Necropoli etrusca della Banditaccia, anche il Museo Nazionale Cerite è stato dotato di una nuova modalità di visita (maggio 2013). Il percorso si articola in quattro tappe nella sala al piano terreno del museo. Grazie all'istallazione di quattro pannelli – proiettori in 3D è possibile comprendere la storia dei più famosi reperti della collezione Cerite. Ad accogliere il visitatore è un video introduttivo, dove la voce di Piero Angela sintetizza le caratteristiche del Museo, i reperti in esposizione coprono un arco cronologico di nove secoli. Grazie all'animazione multimediale, le decorazioni di alcuni vasi vengono integrate, proiettate ed ingrandite: antichi miti, vita quotidiana, sport e culti religiosi diventano facilmente individuabili, la storia dell'oggetto più comprensibile, un “museo vivo” dove il rapporto tra il visitatore e l'oggetto si inverte completamente, è il museo a raccontarsi coinvolgendo il pubblico in modo nuovo, con un linguaggio divulgativo e la suggestione della tecnologia. Questo itinerario è fruibile in due lingue, italiana e inglese.


30 Cerveteri di impasto scuro e gli ossuari biconici che contenevano le ceneri del defunto. Seguono i corredi delle tombe del tipo a fossa con defunto inumato, in cui sono presenti anche oggetti di ornamento personale e ceramiche destinate al “banchetto oltremondano”. Segue poi l’esposizione di corredi provenienti da tombe a camera databili al VII e VI secolo a.C. rinvenute soprattutto nelle necropoli urbane di Monte Abatone e della Banditaccia. Accanto ai vasi di produzione locale, di bucchero e di impasto, e alla ceramica etruscocorinzia, è assai ricca e preziosa la testimonianza di ceramiche d’importazione greca (in particolare contenitori per cibi e ceramiche fini da mensa), segno del ruolo preminente di Caere nell’economia mercantile del Mediterraneo. Tipiche di questo periodo sono anche le urnette cinerarie di impasto rosso con coperchio a tetto displuviato e decorazione geometrica suddipinta in bianco (white-onred) sulla cassa rettangolare. Si segnala poi un’urna

in terracotta più recente (fine VI secolo a.C.) sul cui coperchio è rappresentata una coppia di sposi distesa a banchetto. Primo piano L’esposizione dei corredi funerari di VIV secolo a.C. prosegue al piano superiore, dove sono presenti anche i vasi provenienti dalla collezione Odescalchi. A uno di questi corredi appartiene il coperchio in terracotta che rappresenta un giovane semisdraiato a banchetto, dall’anatomia evidenziata e dalle gambe incrociate (inizi V secolo a.C.). Gli ambienti espositivi sulla sinistra sono dedicati a testimonianze provenienti dall’area urbana, tra cui spiccano terrecotte architettoniche e lastre fittili dipinte, che dovevano decorare interni di edifici civili come di tombe e in cui dominano temi legati a gesta eroiche. Una vetrina a sé è riservata all’esposizione di una lastra rinvenuta a Ceri, la cosiddetta lastra del Guerriero, di recente restaurata. Dagli scavi dell’area urbana provengono anche le antefisse a


31 testa femminile rinvenute da Mengarelli nell’area della Vigna Parrocchiale, insieme ad alcune ciotole con dedica a Hera, e gli ex voto in terracotta dal santuario del Manganello: teste, votivi anatomici, piccoli altari figurati che dal IV secolo a.C. giungono fino al periodo della piena romanizzazione di Caere. Lungo il percorso di visita sono esposti anche cippi funerari, che presentano iscrizioni

in etrusco e in latino, e alcune sculture di animali fantastici e demoni mostruosi, poste a decorare l’esterno delle tombe, tra cui spicca la statua di Caronte proveniente dalla necropoli di Greppe Sant’Angelo (fine IV secolo a.C.). Degni di nota sono anche alcuni sarcofagi, sia di tipo a cassone con tetto displuviato sia con defunto recumbente, come nel caso del sarcofago del magistrato Venel Tamsnie.

Cippiera con capitelli.


32 Itinerari storico-naturalistici

Informazioni utili Comune di Cerveteri Piazza Risorgimento, 1 Tel. 06.896301 sindaco@comune.cerveteri.rm.it www.comune.cerveteri.rm.it Ufficio Vigili Urbani Tel. 06.9942586 Associazione Pro-loco Piazza Risorgimento, 19 Tel. 06.99551971 prolococerveteri@libero.it P.I.T. (Punto di Informazione Turistica) Piazza Aldo Moro Tel. 06.99552637 Necropoli della Banditaccia aperta tutti i giorni tranne il lunedì dalle 9.00 a un’ora prima del tramonto Tel. 06.9940001 Museo nazionale Cerite aperto tutti i giorni tranne il lunedì dalle 9.00 a un’ora prima del tramonto Tel. 06.9941354 PRIMO INTERVENTO Cerveteri-Ladispoli Tel. 06.96669387 CARABINIERI Cerveteri Tel. 06.9940002

Itinerari storiconaturalistici Necropoli etrusche Banditaccia: Necropoli Monumentale recintata, Grandi Tumuli all’esterno del recinto, Laghetto II Via degli Inferi, Tombe del Comune, Tomba delle Cinque Sedie, Grande Tumulo della Fiera – Altre necropoli: Tomba Regolini Galassi (Sorbo), Tumulo Campana (Monte Abatone), Tumulo Torlonia (Monte Abatone), Tumuli di San Paolo (San Paolo). Complesso funerario Ripa di Sant’Angelo, Necropoli di Macchia della Signora, Tombe di Ceri.

Città etrusco-romana Città etrusca Vigna Parrocchiale – Ipogeo di Genucius Clepsina – Terme etrusco – romane (Valle del Manganello) – santuario etrusco di Eracle (Sant’Antonio) – Circuito murario etrusco e porte. Città medievale e successiva Piazza Santa Maria – Palazzo Ruspoli – Case Grifoni – Chiesa Santa Maria Maggiore – Rocca medievale e Porte – Via Agyllina – Chiesa Sant’Antonio

Abate – Forno antico in via dei Bastioni Panorama della Rocca Antica – Orologio – Fontana del Mascherone. Via per Castel Giuliano (cascate e ferriere) – Cappella di San Felice a Ceri – Chiesa Santa Maria Immacolata a Ceri – Borgo di Ceri – Borgo del Sasso – Borgo San Martino chiesa con opere di Alfio Castelli – Terme romane di Pian della Carlotta al Sasso. La città di Cerveteri è situata lungo la via Aurelia, tra il mare e il lago di Bracciano, dista circa 40 kilometri da Roma e 30 dal porto di Civitavecchia. È raggiungibile da Roma con treno e autobus.


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Prodotti tipici e artigianato Gli etruschi esportavano in tutto il mondo allora conosciuto il ferro e altri metalli, ma anche prodotti della terra come il grano, l’olio e – testimoniato dal ritrovamento dei contenitori nei relitti delle navi etrusche naufragate – ottimo vino, favorito da terreni di origine vulcanica e alluvionale e dalla vicinanza del mare. Eredi di queste antiche tradizioni, sono le numerose aziende vinicole, che hanno ottenuto nel tempo un meritato marchio di qualità con successi nazionali ed internazionali. Si accompagnano ai vini, piatti basati su prodotti genuini e gustosi: i carciofi, derivati dal cardo etrusco, che traggono da questi terreni ferrosi un sapore davvero speciale, un olio di ottima qualità, miele aromatico e delicato. I ceramisti del territorio, riproducono con eccezionale abilità, le splendide ceramiche da tavola etrusche, nelle varie tipologie: dai buccheri, vasi di colore nero lucidissimo, imitanti il vasellame di bronzo, ai vasi decorati a figure nere e rosse. Un’arte che arriva fino ad interpretazioni del periodo medievale e rinascimentale e affianca un’altra lavorazione

artigianale che raggiunse con gli Etruschi un livello eccezionale e che vive ancora oggi nelle mani di esperti artisti locali: la gioielleria e l’oreficeria.

Feste sagre e itinerari 17 gennaio: festa di Sant’Antonio Abate, celebrata nella antica chiesa intitolata al santo, con la benedizione di tutti gli animali, che sfilano coperti di nastri e di fiori. Venerdì Santo: rievocazione storica in costume della Passione di Cristo.

8 maggio: Festa di San Michele Arcangelo, patrono di Cerveteri. Festa della Madonna di Ceri. Maggio e giugno: Processioni con Infiorata per la Madonna e per il Corpus Domini. A luglio nella frazione dei Terzi si festeggiano gli allevamenti bovini con la Sagra della Bistecca, in cui si possono gustare le succulente carni locali. Luglio e agosto: Estate Cerite con spettacoli di vario genere, musicali, cinematografici, teatrali. Etruria Jazz Festival. L’ultimo week-end di agosto conclude l’estate con la Sagra dell’uva e del vino dei Colli Ceriti. A settembre nella frazione San Martino la Sagra della Salsiccia, con le gustose carni suine locali.


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ITINERARIO NECROPOLI DEL CALVARIO E SCATAGLINI ITINERARY NECROPOLIS OF CALVARIO AND SCATAGLINI


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ITINERARIO COMPLETO 路 COMPLETE ITINERARY

ITINERARIO COMPLETO 路 ITINERARY SECONDI ARCHI


36 Tarquinia

TARQUINIA La necropoli dei Monterozzi

’700 vengono per la prima volta documentati con incisioni e disegni i cicli pittorici e già a principale all’inizio dell’800 si necropoli di Tarquinia si trova avverte l’esigenza di proteggere l’accesso sul colle dei alle camere con porte Monterozzi, che corre e di istituire la figura parallelo alla costa per di un custode. 6 chilometri. Verso l’interno, la valle di San I disegni e le riproduzioni (celebri Savino lo separa dal quelle di C. Ruspi) pianoro della Civita, degli affreschi, spesso sede dell’antica città. impiegati per allestire Avvolta in un alone le sale di musei mitico è la prima europei, colpiscono scoperta degli ipogei grandemente il dipinti, ma secondo pubblico, influenzando alcune tradizioni i gusti e i temi un’ispirazione tarquiniese fu alla base decorativi dell’epoca. Le tombe sono a della descrizione camera, scavate nel dantesca di Caron banco roccioso, dimonio, così come di precedute da un alcuni disegni di dromos (corridoio). Michelangelo. Un tempo erano Le maggiori scoperte sormontate da tumuli, risalgono al corso del oggi spianati dai ’700 e ’800, quando la lavori agricoli. Solo le fama delle “Grotte più prestigiose fra esse cornetane” si diffonde avevano le pareti in tutta Europa, affrescate: delle 6000 attraendo studiosi e collezionisti. Durante il conosciute, poco più

L

Tomba dei Giocolieri.


37 di 200 sono quelle dipinte, delle quali una cinquantina attualmente accessibili. Venti tombe sono aperte al pubblico, a rotazione. Il Calvario A sinistra della strada provinciale, è l’area caratterizzata dal più imponente gruppo di tombe dipinte. Uscendo dalla biglietteria, incontriamo la Tomba dei Giocolieri, una delle più originali del tardo VI secolo. La Tomba dei Giocolieri Cinque danzatrici, sulla parete destra e sulla parete della porta di ingresso, si muovono al suono della syrinx, il cosiddetto flauto di Pan, strumento tipico dei pastori, che allude forse a un tipo di danza campagnola, attestata finora solo in questa occasione. Sulla parete di fondo, al ritmo dell’aulos, rotea un’acrobata con un candelabro in testa, sul quale brucia una fiamma. Un giovane sta per lanciare due dischi di bronzo sulla sommità del candelabro, per spegnere la fiammella. A destra di questo gruppo siede il proprietario della tomba su uno sgabello pieghevole; impugna un bastone sul quale si

appoggia e ha la nuca coperta dall’himation. Sulla parete sinistra, accanto a un’altra figura accovacciata in atto di defecare e a un’iscrizione, Aranth Hercnasa, è una scena complessa: un uomo attempato, un pedagogo, trascina energicamente per il braccio un ragazzo esitante, indicando nella direzione della parete dell’ingresso. Un secondo giovane si affretta nella medesima direzione, con un bastone ricurvo. Più a sinistra, è fermo un terzo giovane, che indica l’ingresso, dove si trova un cammello a due gobbe, condotto da una figura maschile. Questo animale esotico, originario dell’Asia Minore orientale, costituiva senza dubbio una delle attrazioni dei giocolieri. Proseguendo verso nord est, sulla sinistra sono situate le tombe del Guerriero, dei Loculi, del Cacciatore, 3713 e della Pulcella. La Tomba del Cacciatore Chiamata anche Tomba del Padiglione di Caccia, riproduce un padiglione con una struttura di sostegno formata da pali, un telone multicolore come copertura e una

L’abbigliamento femminile nella pittura funeraria etrusca L’abbigliamento femminile del periodo arcaico e classico corrisponde a quello delle donne greche: la veste è un lungo chitone con le maniche che arrivano fino ai gomiti coperta da un mantello rettangolare (himation). Il chitone, fermato in vita da una cintura così da essere regolato nella sua lunghezza, viene portato di solito un po’ più corto che in Grecia dove, di regola, arriva fino ai piedi. Come copricapo, soprattutto nel VI e agli inizi del V secolo, si impiega quello che (a torto) viene chiamato “tutulus”, un fazzoletto di tessuto fine avvolto strettamente intorno alla testa, con il quale i capelli sono tenuti legati in alto. Raffinati sono i calzari. Di cuoio morbido, abbottonati o legati da stringhe, nel VI secolo arrivano fino alla caviglia e sono caratterizzati da una lunga punta (Tomba delle Leonesse, Tomba 5591, Tomba Cardarelli). Compaiono anche stivaletti a metà polpaccio legati da stringhe (Tomba Cardarelli). Queste calzature chiuse sono sostituite quasi sempre nel V secolo da sandali.


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Tomba del Cacciatore.

stoffa leggera e trasparente a costituire le pareti. Il telone di copertura termina verso il basso con una larga bordura pendente, sulla quale è intessuto un fregio con animali e una caccia al cervo. Sui pali di sostegno sono appesi diversi oggetti legati alla caccia – per esempio grandi copricapi – e selvaggina abbattuta, oltre a corone e tenie che rimandano al tema del banchetto. Il sontuoso padiglione

di caccia nel quale il proprietario della tomba ha trovato l’ultima dimora mette in evidenza in modo originale la volontà di ostentazione, il lusso e la passione per la caccia della società aristocratica di Tarquinia alla fine del VI secolo. La Tomba della Pulcella Alla tomba si accede per mezzo di un lungo dromos scoperto. Le pareti laterali ospitano un banchetto, con klinai addobbate con coperte colorate. Al centro della parete di fondo è un loculo a forma di edicola, destinato a servire da sepolcro. Su ogni kline è distesa una coppia. Le donne, abbigliate sontuosamente, sono rivolte verso i rispettivi partner. Ai piedi della kline di destra sulla parete sinistra si trova la figura di ragazza da cui ha preso il nome la tomba: essa tiene in mano un kyathos, destinato alla donna distesa. Il loculo sulla parete di fondo fu realizzato come un’alcova, con coperte che pendono fino a terra e un’edicola come baldacchino. Due Eroti alati distendono una stoffa sopra la coppia deposta nel loculo. A destra e a sinistra


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dell’alcova stanno due suonatori di kithara (a sinistra) e di aulos (a destra), con il tipico abbigliamento. Questa e la vicina Tomba 3713 sono state decorate nella seconda metĂ del V secolo a.C. ad opera della medesima officina. Tornando nella direzione della strada provinciale, incontriamo le Tombe del Fior di Loto, delle Leonesse e della Caccia e Pesca. La Tomba delle Leonesse La camera è decorata, nella parte inferiore, con una fascia che imita la superficie marina increspata di onde, con delfini guizzanti e uccelli. Al di sopra, un fregio di palmette e fiori di loto e una spessa ghirlanda di foglie costituiscono la linea di base per le scene

soprastanti. Al centro della parete di fondo è il grande cratere di bronzo decorato con ghirlande di edera, ai lati del quale sono un suonatore di kithara e di aulos. A sinistra e a destra danzano una donna vestita sontuosamente, una giovane donna in chitone trasparente e un coppiere nudo. Sopra, nel timpano, sono le due leonesse in posa araldica, con la bocca spalancata. Ai lati, due uomini banchettanti sdraiati

Tomba delle Leonesse.

Tomba delle Leonesse, particolare.


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Il banchetto etrusco Il costume di banchettare semisdraiati su letti (Klinai), di origine orientale, venne acquisito dalle élites aristocratiche greche ed etrusche dall’epoca orientalizzante (fine dell’VIII-VII secolo a.C.). Il banchetto costituiva una vera e propria cerimonia, di grande rilevanza sociale e religiosa: il consumo comune di cibi e di vino garantiva l’incontro e l’alleanza fra gruppi gentilizi ed esprimeva il legame con le divinità, attraverso le offerte e le libagioni. Il consumo della carne, alimento destinato a pochi e legato alle pratiche del sacrificio, occupava un ruolo centrale. Altrettanto importante era la cerimonia della distribuzione del vino, miscelato con acqua in grandi vasi, attinto con brocche e versato in coppe, che spesso passavano di mano in mano fra i commensali, mentre poesie liriche venivano recitate al suono di strumenti musicali. Mentre nel mondo greco banchetto e simposio sono occasioni prettamente maschili, il banchetto etrusco si distingue per la presenza di donne di alta condizione sociale, distese accanto agli sposi.

in terra, il gomito sinistro poggiato su cuscini ricamati. Il soffitto è decorato con un motivo a scacchiera rosso e bianco, che suggerisce il rivestimento di stoffa del soffitto di una casa piuttosto che il telo di copertura di un padiglione all’aperto. A favore di questa interpretazione vi sono le sei massicce colonne e il mensolone nel timpano. Inoltre mancano del tutto in questa tomba gli alberelli che nelle altre tombe segnalano un’ambientazione all’aperto nella natura. La Tomba della Caccia e della Pesca Si compone di due camere in asse l’una dietro l’altra, la prima delle quali intesa come atrio. Il boschetto nella prima camera è sicuramente il più splendido tra quelli conservati: diciotto alberelli slanciati, con o senza frutti, decorati con tenie e ghirlande, stoffe a frange, specchi, ciste e gioielli. Undici comasti in perizoma, si sono abbandonati tra gli alberelli a una danza estatica, accompagnati da un suonatore di aulos

coricato a terra. Nel frontone della seconda camera vediamo la famiglia a banchetto: una coppia riccamente abbigliata si stringe in un abbraccio, servita da due ragazzi; due giovani, sedute su cuscini intrecciano ghirlande; un piccolo suonatore di aulos in chitone ed ependytes accompagna il banchetto. Le pareti sottostanti sono concepite come la rappresentazione di un paesaggio marino. La base è occupata dal mare, di colore scuro, popolato di pesci e altri animali; il cielo è attraversato da stormi


41 di uccelli. Su ciascuna delle pareti è raffigurata un’imbarcazione con l’equipaggio accanto a una piccola isola rocciosa. Sullo scoglio della parete di fondo un giovane colpisce con la fionda gli uccelli, mentre sulla parete sinistra un ragazzo nudo si tuffa dall’isola in mare. Gli equipaggi delle altre due imbarcazioni si dedicano alla pesca, ora con la lenza ora con un tridente. Proseguendo verso est, sono le tombe dei Caronti, Due Tetti, Gorgoneion, Cardarelli, 5591 e della Fustigazione.

La Tomba Cardarelli La parete di fondo è occupata da una finta porta, ai lati della quale sono un suonatore di kithara e di aulos. Entrambi indossano un chitone di stoffa trasparente lungo fino al polpaccio e un ependytes in tessuto, oltre a calzari a punta. Sulla parete sinistra, un uomo barbuto, in perizoma e sandali, danza al ritmo di un aulos suonato da un giovane sontuosamente abbigliato, tenendo alzata una coppa verso un gruppo formato da una donna, che avanza a

Tomba della Caccia e della Pesca. Nelle pagine successive: Tomba dei Caronti e Tomba Cardarelli.


42 Tarquinia

La musica in Etruria La musica rivestì grande importanza nella società etrusca. Gli strumenti musicali sono ampiamente documentati negli affreschi delle tombe e nella ceramica, mentre scarsissime sono le testimonianze archeologiche. Il lituo rivenuto presso il Complesso della Civita costituisce un documento straordinario. In base alle fonti antiche, gli strumenti della famiglia delle trombe, come appunto il lituo, sono da far risalire a un’origine etrusca. Di derivazione greca sono invece gli strumenti raffigurati nelle tombe: fra gli strumenti a fiato l’aulos è quello maggiormente rappresentato, in scene di banchetto, danza, giochi atletici e contesti rituali. Fra gli strumenti a corda si annoverano la chelislyra, dalla cassa formata dal guscio di una tartaruga, il barbitos, con bracci più lunghi e dritti, la kithara con cassa a base arrotondata, lo strumento a corda più popolare in Etruria e l’imponente kithara da concerto, rappresentata solo nella Tomba della Pulcella. Gli strumenti a percussione, come i krotala, sorta di nacchere in bronzo, legno od osso, sono frequenti in scene di danza, spesso in associazione con l’aulos.

passo di danza, preceduta da uno schiavo e seguita da un’ancella. Sulla parete di destra è raffigurato il gioco del kottabos. Accanto all’ingresso è dipinto da ogni lato un pugile corpulento, le mani avvolte in strisce di cuoio. Tra le mani alzate di entrambi era collocata una iscrizione con un nome; non è tuttavia chiaro se si tratti dei nomi degli atleti o di chi li aveva ingaggiati. La tomba, dipinta intorno al 500 a.C., rappresenta per la sua composizione, l’esecuzione del disegno, i colori e la sua ricca decorazione uno degli esempi più perfetti della pittura funeraria tardoarcaica a Tarquinia.


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Tomba della Fustigazione.

La Tomba della Fustigazione Due pugili dalla pancia prominente che si fronteggiano, a destra e sinistra della porta, ricordano la Tomba Cardarelli, che appartiene alla medesima officina. Tre finte porte di grandi dimensioni sono dipinte al centro di ogni parete. A sinistra e a destra della porta sul fondo sono scene di danza e musica. Mentre per tutte queste figure si possono trovare precise corrispondenze con i comasti presenti nelle altre tombe della medesima officina, i due gruppi erotici

formati da tre soggetti dipinti ai lati della falsa porta di destra rappresentano una novitĂ nel repertorio. A sinistra due uomini nudi stringono in mezzo tra loro una donna e la stanno penetrando contemporaneamente, da tergo e da davanti. Quello di sinistra tiene in mano un sandalo, che anche nelle raffigurazioni erotiche su vasi greci serve per infliggere punizioni. A destra della porta è raffigurata una donna piegata in avanti, che compie una fellatio su un uomo mentre un altro la sodomizza. L’uomo sulla sinistra


45 tiene alzata una frusta per fustigarla. La raffigurazione di tali temi in ambito funerario può sorprendere l’osservatore moderno, nell’antichità, tuttavia, erano interpretati solo come conseguenza del vino e dell’ebbrezza, entrambi considerati doni del dio Dioniso. Un sentiero sulla destra conduce alla Tomba dei Fiorellini. Proseguendo sul sentiero principale, incontriamo la Tomba Pallottino (ex 5513), la Tomba della Caccia al Cervo, la Tomba Doppia; seguendo il


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Tomba Pallottino.

sentiero si giunge infine alla Tomba Bartoccini. Al di fuori dell’area recintata, sulla strada provinciale, si trova la Tomba dei Demoni Azzurri, quest’ultima di prossima apertura (2014). La Tomba Bartoccini Con le sue quattro camere, è la più grande tomba dipinta risalente agli ultimi anni del VI secolo a.C. Dalla grande anticamera, riccamente ornata, tre passaggi conducono in altrettante camere destinate alle sepolture. Sontuosa è la decorazione della camera principale, con il soffitto a


47 scacchiera in cinque colori e la trave principale ornata da cerchi concentrici. Nel timpano della parete di fondo è raffigurato, con grande dettaglio, un fastoso banchetto. Questa scena di banchetto è la sola del periodo arcaico e classico, a Tarquinia, nella quale la donna è seduta su trono. In tutte le altre raffigurazioni, infatti, condivide con il marito la kline. Una donna che partecipa al banchetto su un sedia o un trono è tipica dell’Asia Minore: si potrebbe trattare

Tomba Bartoccini.


48 Tarquinia quindi, in questo caso, di una delle tante famiglie immigrate dalla Ionia in Etruria meridionale. Rientrando sul percorso principale, si giunge infine all’area dove si trovano le Tombe del Letto Funebre, Triclinio (le cui pitture sono state staccate e si trovano al Museo Nazionale>), Baccanti e Leopardi. La Tomba dei Baccanti È la più piccola e la più antica (500 a.C. circa) delle tombe attribuite all’officina tardoarcaica del “Maestro dei Baccanti”, così chiamato per il tema comune: la raffigurazione di comasti che danzano. La pianta è quadrata e lo spazio pittorico suddiviso in modo regolare da alberelli; in ogni singola porzione è dipinta una figura o un gruppo di due figure, assenti solo sulla parete d’ingresso. Tutte sono in relazione tra loro e sembrano interagire in una sorta di danza. I personaggi sono incoronati da un ramoscello; essi paiono provenire da una festa, un banchetto dove evidentemente si è bevuto. Nel frontone della parete di fondo sono

disposte in pose araldiche ai lati del mensolone di sostegno del columen due coppie di animali in lotta, un leone rosso con la criniera azzurra che attacca una cerva con il mantello chiaro maculato. La Tomba dei Leopardi È probabilmente la più nota di Tarquinia. Lo stato di conservazione è quasi perfetto e i colori, il blu e il verde intensi, hanno ancora la loro


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originaria luminosità . Sulla parete di fondo è dipinto un banchetto, su quella di destra un corteo di suonatori e danzatori e sulla parete sinistra una processione di servi, preceduti da musicanti. Tra banchettanti e servi, danzatori e musici svettano piccoli alberi rigogliosi con bacche, che qui non scandiscono la pittura in singole zone, come spesso avviene in altre tombe, anzi le figure si muovono innanzi agli

alberelli e le loro braccia si intersecano con i rami. Due coppieri nudi servono i banchettanti con brocche e un colino; da sinistra si avvicinano un citaredo e un suonatore di aulos. Seguono due servitori, il primo con un alabastron e una bacchetta, il secondo con una cassettina e uno specchio, tipici doni per le donne. I danzatori e i musici sulla parete destra si accostano al

Tomba dei Leopardi.


50 Tarquinia

banchetto con ampi e vivaci passi di danza, accompagnati da suonatori di aulos e di lira. Quest’ultimo porta il suo strumento leggero nella sinistra e nella destra un grande plettro. Primi Archi Proseguendo lungo la strada provinciale, nei pressi del Fondo Lancioni sono situati celebri ipogei oggi non accessibili se non su visite periodiche: in particolare si segnala la Tomba del Tifone, una delle piÚ grandi di età ellenisntica, appartenente alla famiglia Pumpu. PiÚ


51 Tomba degli Auguri.

avanti, il tratto di acquedotto denominato “Primi Archi” sormonta la spaccatura che taglia trasversalmente il colle dei Monterozzi e originariamente corrispondeva a un percorso etrusco che dalla città scendeva verso il mare. Su questo percorso sono affacciate la Tomba del Cardinale e la Tomba degli Scudi, celebre per i dipinti relativi alla gens dei Velcha, anch’essa chiusa al pubblico. Proseguendo sulla provinciale e girando a destra, per la strada delle arcatelle, dopo

un chilometro circa si arriva alla necropoli dei secondi Archi. Il settore della necropoli situato a destra della strada era sede di molti ipogei dipinti, fra i quali quelli attualmente staccati ed esposti in Museo (Tombe delle Bighe, Olimpiadi e Nave). Il percorso comprende la tomba delle Pantere (vedi Museo), la tomba del Barone, dei Tori e degli Auguri. Di prossima apertura (2014) saranno le tombe Giglioli e Giustiniani, ubicate fra la tomba delle Pantere e la tomba del Barone.

Tomba del Tifone.


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Tomba del Barone.

La Tomba del Barone Chiamata così dal nome dallo scopritore, il Barone Kestner, si distingue per una composizione ritmata e solenne nella quale si alternano, con un effetto di eleganza quasi monumentale, personaggi e alberelli stilizzati. Sulla parete di fondo un uomo barbato, con una grande coppa nera, appoggiato a un giovane suonatore di aulos fronteggia una donna con chitone chiaro, mantello rosso e tutulus, nell’atto di sollevare le mani. Alle spalle di entrambi,due giovani biondi su un cavallo nero a sinistra, rosso a destra. I personaggi sono intervallati da cinque alberelli, dall’alto pendono due corone. Sulla parete di destra si fronteggiano i due giovani biondi, con alle spalle i cavalli. Sulla parete di

sinistra la scena è analoga ma comprende al centro la donna riccamente abbigliata. La composizione è stata variamente interpretata quale scena di commiato al defunto, rappresentazione di un rituale, o in chiave mitologica, come la presentazione di Semele agli dei da parte del figlio Dioniso o come un richiamo al culto dei Dioscuri. Le affinità stilistiche con l’ambiente della Grecia dell’Est hanno fatto pensare che questa tomba fosse stata dipinta da un artista immigrato della Ionia, intorno al 510. La Tomba dei Tori Si distingue tra le tombe del VI secolo per la scena mitologica assolutamente unica sulla parete principale


53 e per l’impianto architettonico, con una spaziosa camera principale e due camere secondarie, nelle quali si trovavano concretamente le deposizioni dei defunti. La rappresentazione mostra il giovane Troilo, figlio di Priamo, a cavallo nel santuario di Apollo Timbreo davanti alle porte di Troia. Vi è giunto per abbeverare la propria cavalcatura, ma dietro la fontana è in agguato Achille, con la spada alzata, intenzionato a uccidere il principe

che aveva disprezzato il suo amore. Achille è abbigliato come un guerriero, con elmo, schinieri e corazza, mentre Troilo compare nudo, come un adolescente. Solo i calzari azzurri con la punta rivolta verso l’alto indicano il suo rango principesco. Il fregio soprastante, che dà il nome alla tomba, mostra due gruppi erotici, uno dei quali attaccato da un toro con volto umano. Al centro l’iscrizione che ci rivela il titolare della tomba: “Arath Spuriana”.

Tomba dei Tori.


54 Tarquinia Tomba degli Auguri.

La Tomba degli Auguri Così chiamata dai personaggi che compaiono sulla parete di fondo, figure in atteggiamento di lamentazione, accanto a una finta porta, simbolo del passaggio all’Aldilà, un tempo erroneamente interpretati come auguri. Nelle pareti laterali sono raffigurati i giochi in onore del defunto: a destra un incontro di lotta e un gioco dove un personaggio mascherato, il “Phersu”, aizza un cane inferocito contro un uomo con la testa infilata in un sacco, armato di una grossa clava: le sue ferite sanguinano già abbondantemente ed egli prima o poi soccomberà. A sinistra, due pugili combattono al suono di un aulos; un atleta effettua un ampio salto e volge lo sguardo verso due robuste figure a sinistra e a destra della porta di ingresso, impegnate in una gara di lotta: i due personaggi sono legati a una fune e cercano di tirare l’avversario tra i rovi. Questa specie di gioco di tiro alla fune è, come il gioco

del Phersu, piuttosto raro a Tarquinia, ma entrambi rivelano che le gare in Etruria


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potevano essere differenti da quelle pi첫 propriamente sportive note in

Grecia e prevedere punizioni rituali, esecuzioni e intermezzi di attori.


56 Il Museo Nazionale Tarquinese

Storia La storia della città etrusca di Tarquinia (Tarkunía, Tarquinii) ebbe inizio tra la fine dell’età del Bronzo e l’inizio dell’età del Ferro (IX-X secolo a.C.), Essa occupava il pianoro della Civita, che, come si può ammirare dal Belvedere in cima all’Alberata Dante Alighieri, si estende parallelo al colle dei Monterozzi, dove si trova la moderna Tarquinia, nata nel corso dell’Alto Medioevo con il nome di Corneto. Le informazioni circa la storia di Tarquinia sono legate ai rapporti con Roma, che subì per le fasi più antiche una forte influenza politica ed economica tarquiniese, come dimostra la monarchia etrusca dei Tarquini a Roma nel VII-VI secolo.

Palazzo Vitelleschi.

Il Museo Nazionale Tarquiniense el Museo Nazionale Tarquiniense, inaugurato nel 1924 nello splendido palazzo Vitelleschi, sono confluiti i materiali dagli scavi nelle aree comunali della seconda metà del ’800 e la ricca Collezione BruschiFalgari, formata dalle ricerche private nell’area dell’attuale “Calvario”, acquisita dallo Stato italiano nel 1913.

N

Palazzo Vitelleschi Uno dei più rilevanti monumenti rinascimentali del Lazio, fu fatto costruire dal cardinale Giovanni Vitelleschi fra il 1436 e il 1439, sfruttando strutture preesistenti del XII e

XIV secolo. Le logge dei suoi tre piani si affacciano su una corte centrale, dove il pozzo dalla bella vera in marmo mostra lo stemma dei Vitelleschi. Il piano terra era adibito ai servizi, il secondo alle sale di rappresentanza e il terzo alle abitazioni private. Dopo la morte del cardinale, vittima di un agguato nel 1440, l’edificio, inizialmente impiegato come residenza per i pontefici di passaggio, subì un progressivo degrado, finché nel 1900, messo all’asta dagli ultimi proprietari, i conti Soderini, venne acquisito dal Comune di Corneto.


57 Con la cacciata dei Tarquini e la fine del potere su Roma, le due città si trovarono spesso in aperta ostilità anche a causa dell’espansione romana verso i territori etruschi. Lo scontro sfociò nel 358 in una guerra, ricordata anche per il feroce episodio dell’uccisione di 307 prigionieri romani nel foro di Tarquinia, che ebbe come ritorsione il massacro di 358 nobili tarquiniesi nel foro di Roma nell’anno 354. Le sconfitte subite dalle città etrusche durante il III secolo a.C. segnarono la fine della loro indipendenza. Sebbene non sia nota una data precisa per la conquista di Tarquinia da parte di Roma, ciò dovette avvenire nel corso del III secolo, dato che nel 181 a.C. venne dedotta, nel territorio tarquiniese, la colonia romana di Gravisca. Durante il periodo repubblicano e all’inizio dell’Impero, la città tuttavia era ancora fiorente e le tradizioni delle famiglie aristocratiche locali godevano di prestigio, come dimostrano gli Elogia Tarquiniensia, una serie di iscrizioni che ricordano la genealogia e le imprese della famiglia Spurinna. Con la dissoluzione dell’Impero Romano, l’abitato di Tarquinia, nella sede storica di Pian della Regina e di Pian di Civita, non venne abbandonato, ma seguitò a vivere, gradatamente

concentrandosi nell’area denominata Castellina, spesso in aperta rivalità con la stessa Corneto. Furono proprio i contrasti con i cornetani a portare alla definitiva distruzione di Tarquinia all’inizio del XIV secolo. Al declino della Tarquinia etrusca corrisponde l’ascesa sul colle di Monterozzi del nuovo abitato di Corneto. Notizie certe del nuovo centro risalgono invece alla metà del IX secolo d.C; l’evoluzione della nuova città fu rapida nei secoli successivi: favorita dal riattivarsi dei commerci, soprattutto marinari, Corneto è già libero comune nel XII secolo, periodo durante il quale stipulò trattati commerciali con Pisa e con Genova. Nel corso del Duecento la città visse un’espansione impetuosa, raddoppiando praticamente il centro abitato. Di questo periodo di grande ricchezza restano le diffuse chiese romaniche, fra le quali spicca quella di S. Maria di Castello, che si erge in quella che era la zona di prima espansione medievale, e le molte torri che connotavano la potenza delle famiglie cornetane nel Medioevo. Raggiunto l’apice all’inizio del XIV secolo, con l’espansione nel contado, grosso modo corrispondente all’attuale territorio comunale, nei secoli seguenti la città visse un periodo di lento declino; nel tardo Medioevo spiccò l’ascesa della famiglia Vitelleschi,

originaria di Foligno, che ebbe nel cardinale Giovanni, vissuto nella prima metà del XV secolo, il principale esponente politico e militare. A lui si deve la costruzione dell’omonimo Palazzo, oggi sede del Museo Nazionale Tarquiniense. Nel periodo moderno la città, in netto e costante calo demografico, visse la storia dei centri della Maremma, interessati dalle fasi di popolamento e spopolamento dettate dalla transumanza e la nascita di un oligarchia nobile di grandi proprietari terrieri, dei quali restano oggi i palazzi gentilizi, fra i quali si segnala Palazzo Bruschi-Falgari, sede della Biblioteca Comunale. Nel corso dell’Ottocento Corneto fu interessata da una grande fase di recupero dell’antico, con l’avvio di varie campagne di ricerca, grazie all’attivismo antiquario di alcune famiglie nobili e alla presenza di studiosi e letterati stranieri, tra i quali George Dennis. Nel 1872 Corneto entrò a far parte del Regno d’Italia e su forte spinta delle élites dell’epoca e del primo cittadino, lo storico e antiquario Luigi Dasti, assunse il doppio nome di CornetoTarquinia. Nel 1922 il processo di oblio di Corneto si completò con il trasferimento del nome dell’antica metropoli etrusca al centro medievale: da questo momento Corneto divenne definitivamente Tarquinia.


58 Il Museo Nazionale Tarquinese

Ricostruzione della tomba della famiglia dei Versna.

In basso: Sala dei lastroni a scala. Nella pagina a fronte: Tomba delle Pantere.

Il piano terra Il piano terra è dedicato alla raccolta dei materiali in pietra. Di fronte all’ingresso si trovano la biglietteria e il bookshop,

adiacente al quale è una tomba di età orientalizzante della necropoli dei Monterozzi, ricostruita così come fu rinvenuta nel 1980. L’iscrizione su


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un cippo ci dice che essa apparteneva alla nobile famiglia dei Versna. Le adiacenti sale 3 e 4 raccolgono una campionatura dei cosiddetti “lastroni a scala”.

I lastroni a scala Dalle necropoli soggette all’area di influenza tarquiniese provengono alcune lastre in pietra scolpite a bassorilievo, caratterizzate da motivi ad incavi simili ai gradini di una scala. Essi vennero prodotti dagli ultimi anni dell’Orientalizzante Medio (650-630 a.C.), nell’Orientalizzante Recente (630-570 a.C.) e nei primi tre decenni dell’Epoca Arcaica (560-530 a.C.). Il repertorio figurativo comprende soprattutto le tipiche figure fantastiche dell’arte orientalizzante, ma, nella fase finale, non mancano scene di mito greco. La produzione si spegne con il manifestarsi della pittura parietale, che prosegue un progetto decorativo nato da basi simili ma

Tomba delle Pantere È la più antica tomba dipinta di Tarquinia, databile nel periodo a cavallo tra il VII e il VI secolo a.C. Sulla parete di fondo, nel campo visivo di chi entra, sono rappresentati due grandi felini dalla pelliccia maculata e con le zampe anteriori poste sopra una sorta di mascherone che appare come una protome di felino con lunghi capelli. La pantera di sinistra volge lo sguardo verso il visitatore, quella di destra ha la testa di profilo. Sulla parete di entrata, a destra e a sinistra della porta, sono altri due felini, simili a leoni, che fungono da guardiani all’ingresso della tomba.


60 Il Museo Nazionale Tarquinese

La necropoli di Fondo Scataglini Negli anni ’60 del secolo scorso, la Fondazione Lerici del Politecnico di Milano mise a luce con uno scavo sistematico una parte consistente di una necropoli monumentale di età ellenistico-romana: 150 tombe, scavate nel banco roccioso a vari livelli, che sfruttarono originarie cave di pietra. Il cardine del complesso è costituito da una via sepolcrale e da una piazza al centro della quale si apre la tomba della famiglia gentilizia degli Aninas.

in forme più accattivanti e articolate. Variamente interpretata è la loro funzione: porte tombali o riproduzioni in pietra di soffitti lignei. C’è chi ha visto nelle figure di animali fantastici rappresentazioni simboliche o segni zodiacali, avvalorando un’origine orientale di questi bassorilievi, mentre altri hanno sottolineato l’aspetto apotropaico degli animali, posti a protezione del morto. Secondo altre ipotesi gli incavi avrebbero avuto una funzione pratica, ossia permettere ai membri della famiglia di accedere alla sommità del tumulo.

Sarcofago del sacerdote. In basso: Sala 11. Nella pagina a fianco: Tomba degli Aninas.

Le sale 5-11 sono dedicate ai monumenti funerari e ai sarcofagi provenienti dalle tombe gentilizie di età ellenistica. Le sale 10 e 11 in particolare raccolgono i sarcofagi della famiglia dei Partunu e quelli provenienti da Poggio del Cavalluccio, appartenenti alla nobile famiglia dei Camna e ad un ramo collaterale, i Camna Plecu. Il “sarcofago del sacerdote” Fra i pezzi più significativi è il cosiddetto “sarcofago del sacerdote”, in marmo greco di Paros, che conteneva le spoglie di Laris Part(i)unus, capostipite della gens Partunu, rappresentato ad altorilievo sul coperchio, con un lungo abito e una pisside nella mano sinistra. I quattro lati sono dipinti con scene della saga troiana, come il


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sacrificio dei prigionieri troiani da parte di Achille durante i funerali di Patroclo, ai quali si accompagnano figure schiettamente etrusche, come il demone Charun, espressione dell’adattamento dell’iconografia di ispirazione greca alla religiosità locale.

I sarcofagi in pietra a Tarquinia Accanto agli esemplari in marmo greco, opera di artisti greci, la maggior parte dei sarcofagi in pietra appartiene al mondo locale. Alla prima metà del IV secolo risale il tipo più antico, derivato dall’Oriente, con un coperchio a tetto displuviato. In una fase successiva viene inserita sul coperchio la rappresentazione del defunto, che dalla seconda metà del IV secolo si va sempre più sollevando e articolando. Alla fine del secolo si afferma il modello con il defunto sollevato sul fianco e appoggiato sul braccio, nella posizione del banchettante, che si manterrà poi per tutto il III e II secolo.


62 Il Museo Nazionale Tarquinese

Le necropoli villanoviane di Tarquinia La consistenza demografica della comunità tarquiniese in epoca villanoviana si esprime attraverso l’elevatissimo numero di tombe a cremazione note sia sulle colline affacciate sulla attuale Strada Statale 1 bis, sia sul colle dei Monterozzi, tra le quali è possibile annoverare quella, di recentissima scoperta, di villa Bruschi Falgari, con le sue oltre duecento tombe.

Tomba Bocchoris (sala 2), vasi etrusco-geometrici.

Nella pagina a fronte: Tomba Bocchoris (sala 2), situla egizia in faïence.

Il primo piano La sala 1 raccoglie un campionario di produzioni dell’Età del Ferro provenienti dalle necropoli villanoviane di Tarquinia. Alcune ricostruzioni di tombe a pozzetto sono presenti nella mostra permanente allestita al terzo piano del Museo. Nella sala 2 è ospitata la tomba di Bocchoris. La Tomba di Bocchoris La tomba, oggi perduta, deve il suo nome alla situla egizia in faïence recante il cartiglio del Faraone Bocchoris. Quanto resta del corredo, già violato al momento della scoperta, rappresenta uno dei contesti più rilevanti dell’Orientalizzante Antico. La tomba aveva presumibilmente un’unica deposizione femminile. Oltre alla situla e a numerose

oreficerie oggi perdute, facevano parte del corredo altri prodotti esotici in faïence, di importazione egizia o fenicia, molti vasi etrusco-geometrici di ottima fattura e due grandi olle di impasto a superficie rossa su alti sostegni, che testimoniano l’acquisizione della cerimonia del banchetto dal mondo orientale e greco. La tomba si data al 700-690 a.C. circa. Nella sala 3 sono presenti altri oggetti di epoca orientalizzante, fra i quali quanto resta dei corredi originali della tomba di Poggio Gallinaro e della cosiddetta “Tomba del Pettorale d’oro”. Le sale successive sono dedicate alle ceramiche di produzione locale o di importazione provenienti soprattutto dagli scavi ottocenteschi della necropoli dei


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Il sepolcreto della Doganaccia

Monterozzi, caratterizzata dalla presenza di centinaia di tombe dipinte. I contesti originali dei materiali recuperati a quel tempo sono purtroppo andati perduti. La sala 4 offre una campionatura di ceramica di importazione corinzia e un panorama delle produzioni locali in ceramica etruscocorinzia, etrusca a figure nere e bucchero.

Fra i più antichi e suggestivi sepolcreti dei Monterozzi spicca quello della Doganaccia, al centro della vasta necropoli etrusca di Tarquinia. Si tratta di un ampio complesso archeologico dominato da una svettante coppia di tumuli principeschi inseriti in un paesaggio collinare digradante verso la marina. I due monumenti, di età orientalizzante (VII secolo a.C.), sono noti con i nomi popolari “del re” e “della regina”. Questi appellativi alludono all’imponenza delle tombe, che agli occhi degli osservatori apparivano, anche per il loro isolamento, fra le più vistose “collinette” della necropoli tarquiniese. La tomba a tumulo è un elemento caratteristico del paesaggio etrusco dei periodi Orientalizzante e Arcaico (VII-VI secolo a.C.). I tumuli monumentali tarquiniesi sono sepolture principesche dotate di un imponente basamento costruito o scavato nella roccia, ricoperto da una svettante calotta di terra. Tali caratteristiche architettoniche sono indicative dell’alto prestigio raggiunto dai personaggi sepolti e dalle loro famiglie: infatti il ceto aristocratico, all’inizio del VII secolo a.C., concentra gli sforzi maggiori sull’architettura funeraria quale metafora della propria ricchezza e della propria potenza, secondo un preciso intento di esaltazione del rango. La tipologia del tumulo monumentale tarquiniese comprende di solito una grande camera funeraria a pianta rettangolare e con pareti progressivamente rientranti verso l’alto (a profilo ogivale); la sommità è tagliata da una fenditura longitudinale chiusa da pesanti lastre di pietra. Alcuni tumuli erano foderati alla base da murature in blocchi squadrati e sagomati, probabilmente decorati in alto da sculture di animali (belve e mostri minacciosi posti a guardia dei sepolcri), come illustrano i disegni ricostruttivi ottocenteschi. Davanti alla tomba si apriva un ampio vestibolo a cielo aperto (“piazzaletto”) destinato a ospitare le cerimonie e gli spettacoli funerari. Il modello architettonico tarquiniese si ispira a una tipologia di tombe reali dell’VIII-VII secolo a.C. conosciuta nella Cipro di cultura omerica. Nella necropoli di Salamina, nel sud-est dell’isola, sono infatti presenti sepolture con ricchissimi corredi confrontabili con quelle di Tarquinia per la presenza del tumulo, del grande ingresso e delle murature in blocchi squadrati. È probabile che all’origine di questo modello ci siano proprio architetti di formazione orientale arrivati a Tarquinia all’inizio del VII secolo a.C., che qui avrebbero introdotto innovativi schemi architettonici.


64 Il Museo Nazionale Tarquinese

Coppa attica a figure rosse firmata da Oltos. In basso: Vaso attico a testa femminile. Nella pagina a fronte: Salone delle Armi, ceppo d’ancora con dedica di Sostratos.

Le sale 5 e 6 raccolgono un’ampia documentazione di ceramica attica a figure nere e a figure rosse. Coppa a figure rosse firmata da Oltos Rinvenuta nel 1874 in una tomba a camera presso il cimitero è un esemplare eccezionale per le dimensioni, che ne rendono assolutamente impossibile un uso pratico, per le scene mitologiche e per l’iscrizione in lingua etrusca graffita sotto il piede, una dedica ai Dioscuri da parte del proprietario, l’etrusco Venel Atelinas. È firmata dal pittore Oltos. All’interno del medaglione, compare invece la firma del vasaio: “Euxitheos epoiesen”. Sul lato A è raffigurata un’assemblea divina forse riferita all’assunzione di

Ganimede in Olimpo dopo il ratto da parte di Zeus. Altrettanto interessante è la scena dipinta sul lato B: Dioniso nell’atto di partire sulla quadriga, attorniato da un vivace corteggio di menadi e satiri. La dedica in etrusco ai Dioscuri, eroi salvatori invocati da Venel Atelinas, farebbe pensare a una precisa valenza di quest’ultima immagine, probabile allusione al viaggio ultraterreno. La coppa è datata al 510-500 a.C. Vaso a testa femminile L’oinochoe è configurata a forma di testa femminile dal bel volto ovale e raffinata acconciatura, formata da una cuffia, ornata da un meandro e da teorie di animali a silhouette, sormontata da un polos (copricapo cilindrico, tipico delle dee e delle donne di alta dignità). Il vaso, già restaurato


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Vasi attici in Etruria

in antico, come attestano alcune grappe in metallo, reca la firma del vasaio: “Charinos epoiesen”. Il vaso è databile al 500 a.C. circa. Vasi configurati a testa di donna o di negro sono diffusi nella fase fra la fine del VI e l’inizio del V secolo: del vasaio Charinos si conoscono altri esemplari, firmati e non. Il secondo piano Salone delle Armi Affacciato sul bel loggiato che domina il paesaggio verso la costa, il salone delle Armi, al secondo piano del palazzo, ospita una mostra permanente che raccoglie alcune delle ultime scoperte nelle varie aree dell’antica Tarquinia. Sulla sinistra sono i

reperti dal santuario emporico di Gravisca, fra cui il celebre ceppo d’ancora con dedica di Sostratos di Egina ad Apollo. A sinistra e a destra dell’ingresso una campionatura di reperti da Poggio Cretoncini e dalle mura urbane. Al centro si trovano i frammenti di

Le ricche aristocrazie etrusche rappresentarono la parte più rilevante del mercato dei vasi figurati prodotti fra il VI e il IV secolo a.C. dalle officine ateniesi del Ceramico (il quartiere dei vasai), molti dei quali si sono conservati integri all’interno delle tombe a camera. La destinazione funeraria non fu tuttavia l’unica, né la primaria per questi prodotti, rinvenuti anche nelle aree dei santuari e degli abitati etruschi. Nel grande salone delle trifore (sala 7) sono raccolti i capolavori in ceramica attica a figure rosse rinvenuti a Tarquinia.


66 Il Museo Nazionale Tarquinese

Salone delle Armi, i bronzi dal Complesso della Civita. Particolare dei Cavalli Alati dell’Ara della Regina. Nella pagina a fronte: Tomba dei due giovinetti.

decorazione architettonica dall’Ara della Regina, i cavalli alati di recente restauro e le vetrine dedicate agli scavi del complesso monumentale della Civita. Al complesso e al santuario dell’Ara della Regina sono dedicate due maquette poste al centro del salone. A destra si trova l’area dedicata alle necropoli, con una campionatura delle tombe a pozzetto villanoviane della necropoli Bruschi Falgari e di altre sepolture di varie epoche, fra cui la

La necropoli villanoviana di Villa Bruschi Falgari La necropoli, risalente alla prima età del Ferro (1020/960 - 880/850 a.C.) è stata scavata sistematicamente nel 1998 da parte della Soprintendenza per l’Etruria Meridionale. Essa ospitava probabilmente le sepolture del villaggio individuato in località Infernaccio. L’area è occupata da un gran numero di sepolture, molto ravvicinate l’una all’altra, per la maggior parte a incinerazione, con sepoltura degli ossuari e degli elementi del corredo in pozzetti o in custodie in pietra locale seppellite nel terreno.

“Tomba dei due Giovinetti” di età orientalizzante, ricostruita come nel momento della scoperta. I “bronzi della Civita” Uno scudo, un lituo e un’ascia in bronzo, piegati i primi e privata di immanicatura la seconda, sigillati ritualmente all’interno di una fossa all’ingresso dell’Edificio Beta, costituiscono presumibilmente la memoria di una liturgia connessa con la sua fondazione. La loro profonda valenza simbolica, legata al potere militare e religioso, rimanda ad un’autorità suprema, titolare dalla massima autorità politica e religiosa su quest’area. I cavalli alati dell’Ara della Regina Portato a luce in frammenti da Pietro Romanelli nel 1938, l’altorilievo faceva parte della decorazione del frontone del tempio. Esso apparteneva a un programma decorativo il cui soggetto, di


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Scavi nell’abitato: il “complesso sacro-istituzionale”

carattere mitologico, è tuttora oggetto di dibattito. La coppia di cavalli, volta verso sinistra, era aggiogata a una biga della quale resta solo l’asse del timone: almeno un personaggio, verosimilmente divino e per ora sconosciuto, doveva montare la biga. Il recente restauro ha permesso di mettere in luce in tutta la sua raffinatezza la tecnica di realizzazione e di individuare il colore diverso dei due cavalli, l’uno chiaro e l’altro scuro. È verosimile che i cavalli alati siano stati realizzati nei primi decenni del IV secolo in connessione con una monumentale ristrutturazione del santuario. La Tomba dei due giovinetti La tomba a fossa di forma quadrangolare conteneva i resti di due giovani tra i quattordici e i venti anni sepolti uno accanto all’altro. Entrambi, privi di

Da un trentennio oggetto di scavi sistematici da parte dell’Università di Milano, l’area costituisce un luogo di rilevanza eccezionale, fulcro di una città che ebbe un ruolo fondamentale nello sviluppo della religione etrusca. Roghi rituali e offerte di corna di cervo, semi e primizie della terra nei pressi di una cavità naturale e l’attigua deposizione di un bambino encefalopatico sono le prime testimonianze dell’insediamento, intorno alla seconda metà del X secolo a.C. Alla fine del VIII inizi del VII secolo risale la costruzione di un tempio nei pressi della cavità naturale. L’edificio, chiamato Beta dagli scavatori, venne inaugurato con una cerimonia rituale nella quale vennero impiegati i tre bronzi qui esposti ed altre suppellettili poi sigillate in fosse. La tecnica di costruzione, importata dal Vicino Oriente, comportò l’uso di pilastri a distanze irregolari alternati a pietrame. Il tetto era probabilmente a doppio spiovente con copertura di travi e materiale deperibile. La pianta era divisa in pronao e cella. Sul fondo era collocato un bancone-altare, dal quale il sangue delle vittime veniva convogliato sino alla cavità naturale. Nel secondo quarto del VII secolo furono costruiti due recinti simmetrici ai lati lunghi dell’edificio dando a quest’ultimo un effetto scenografico. Recenti rinvenimenti hanno mostrato come nel corso del V secolo a.C. la cavità venne coperta da una strada con andamento nord-sud che divideva in due l’abitato, collegando la sommità del pianoro al ciglio dello stesso. Lungo i lati sorgevano edifici che sopravvissero fino ad età ellenistica, periodo che vide un progressivo abbandono dell’abitato in favore del vicino Pian della Regina.


68 Il Museo Nazionale Tarquinese

Il santuario dell’Ara della Regina Il più monumentale fra i templi etruschi finora conosciuti si innalza sul pianoro orientale della Civita, da dove dominava l’abitato e l’accesso al pianoro. I resti oggi visibili sono l’esito di una serie di fasi di vita e di ristrutturazioni che interessarono tutto il complesso, a partire almeno dall’epoca arcaica (fine del VII inizio del VI secolo a.C.), fino all’epoca ellenistica (IV-III secolo a.C.). Il tempio fu riportato in luce nel 1938 da Pietro Romanelli. L’edificio, orientato est/sud-est,

sorge su un importante basamento in blocchi di macco costeggiato a sud da una via sacra, della quale oggi resta il basolato di età romana. Un’ampia scalea sulla fronte del complesso conduceva alla terrazza superiore. Qui sono inglobate due strutture orientate diversamente, che recenti ricerche hanno dimostrato essere state edificate all’inizio del IV secolo, a memoria di un luogo preesistente. Il tempio vero e proprio, nella sua forma attuale, ha una pianta ad alae con cella, un pronao (ingresso) con quattro colonne e alcuni ambienti retrostanti.

ornamenti personali a eccezione di una cavigliera di argento, erano armati di lancia poggiata a fianco dei corpi con la punta in prossimità dei crani. Ricco il corredo sulle gambe e ai piedi dei due giovani: manufatti di impasto di squisita fattezza, presenti a coppie o a multipli di

due. I due ignoti giovinetti si distinguevano per la cavigliera d’argento e per il ricco corredo in comune, che forse perpetuava nella morte un legame, della cui natura nulla sappiamo. La cappella e lo studiolo del cardinale Al secondo piano del palazzo, appena usciti dalla sala delle tombe dipinte, si trovano gli ambienti della cappella e dello studiolo del Cardinale Giovanni Vitelleschi. Lo studiolo è decorata con affreschi del XV secolo, relativi ad episodi del nuovo testamento ed al ciclo delle storie di Lucrezia; entrambi gli ambienti sono stati recuperati grazie ad un’iniziativa promossa dalla Società Tarquiniese d’Arte e Storia e oggi ospitano quadri del rinascimento locale e ceramiche tardo-medievali provenienti da scavi archeologici svolti nel palazzo stesso. Sala delle tombe dipinte Di fronte alla cappella palatina si apre la sala che raccoglie quattro delle sette tombe strappate negli anni ’50 per preservarle dal degrado. Tomba del Triclinio Il soffitto è decorato da un motivo a rombi, il columen e il mensolone


69 di sostegno sono coperti di edera. Un banchetto su tre klinai riccamente addobbate occupa l’intera parete di fondo. Su ciascuna di esse sono distesi un uomo e una donna. Un coppiere nudo con oinochoe e colino serve da bere; una donna porta un alabastron pieno di profumo. A sinistra c’è un suonatore di aulos. Davanti alle klinai, raffinati tavolini a tre gambe sorreggono coppe di bronzo e bassi calici. Sotto, un gatto si avvicina di soppiatto a un gallo e a una gallina. Sulle pareti laterali si muove tra molti alberelli adorni una fila di danzatori e suonatori, ciascuno realizzato in un modo diverso. Tra gli alberelli scorrazzano uccelli, una volpe, un gatto, una martora e una lepre. Sulla parete dell’ingresso sono seduti due cavalieri vestiti solo da una clamide, un corto mantello, appena smontati dai loro cavalli.

Tomba del Triclinio. Tomba delle Bighe Senza dubbio la tomba più riccamente dipinta di Tarquinia. Sopra il grande fregio con scene di danza e banchetto corre, nella zona dell’architrave, un fregio più piccolo, sporgente, che mostra lo svolgimento di gare atletiche e corse di carri. Notevoli sono le tribune degli spettatori, costruzioni erette su pali, provviste di tende da sole e panche per sedersi. Sotto le tribune sono sdraiati degli atleti nudi che attendono il loro turno. Tomba delle Bighe.


70 Il Museo Nazionale Tarquinese

Tomba della Nave.

Sono rappresentate diverse discipline: il lancio del disco, la lotta, il pugilato. Un danzatore armato si muove accompagnato dalla musica di un aulos; una danzatrice tiene in equilibrio sulla testa un alto candelabro su cui brucia una fiamma, che un giovane cerca di spegnere lanciando dei dischi (tema meglio conservato nella tomba dei Giocolieri). La gara dei carri è mostrata nella sua fase iniziale, in una scena ricca di dettagli. La tomba delle Bighe non offre solo la più completa rappresentazione del tema della gara e dei giochi; particolarmente interessante è, infatti, anche l’uso abbondante del colore nel grande fregio, nel quale le figure emergono su un fondo rosso scuro, mentre in tutte le altre tombe lo sfondo per le figure è sempre chiaro.

Tomba della Nave Particolarmente interessante a causa della raffigurazione sulla parete di sinistra: accanto al consueto banchetto è qui infatti riprodotta una nave e l’intero panorama di un porto. In una insenatura contornata da tre scogli è penetrata una grossa nave da carico con due alberi; l’equipaggio guarda verso il basso dal parapetto gesticolando. Tre imbarcazioni più piccole e un’altra nave a vela si trovano a sinistra.Immediatamente a destra è una scena di banchetto, che occupa il terzo destro della parete di sinistra, l’intera parete di fondo e il terzo sinistro della parete destra. Sulla parete di fondo sono distese su tre klinai tre coppie, servite da tre giovani servitori nudi. Si avvicinano al banchetto da destra una danzatrice e un danzatore, seguiti da un’altra danzatrice che volteggia al ritmo dei suo crotali. Le dà le spalle un altro suonatore di aulos. La tomba non risale a prima della metà del V secolo. La grossa imbarcazione a vela a due alberi con equipaggio può essere identificata in base alla tipologia come una nave da carico; il proprietario della tomba della Nave, quindi, era forse un mercante o un armatore


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che aveva accumulato la propria ricchezza con il commercio marittimo e i viaggi per mare. Tomba delle Olimpiadi Nei frontoni della tomba delle Olimpiadi furono raffigurate scene di banchetti particolarmente originali e vivaci. Sulla parete di fondo si possono ancora riconoscere quattro banchettanti distesi a terra. Uno sembra ruzzolare giù all’indietro dal mensolone, mentre un altro si è comodamente sistemato, grazie a un cuscino, nella curvatura del mensolone. A terra vi sono vasi e un’olpe rovesciata. Sulla parete d’ingresso si vede a sinistra della porta un

Tomba delle Olimpiadi. uomo completamente nudo che giace bocconi, circondato da topi, mentre un corvo beve dalla sua coppa. Sulla parete di fondo è rappresentata probabilmente la dea Afrodite, che manifesta al principe troiano Paride le proprie bellezze, così che quello, spaventato, fa un balzo. Nelle figure a sinistra della porta sarebbero da vedere Ermes, Era e Atena che si allontanano dopo il giudizio di Paride. Sulle pareti laterali sono rappresentate delle competizioni sportive. Sulla parete destra sono accatastati grandi vasi di metallo, i premi per i vincitori. Questa tomba, di stile ionico, è stata dipinta intorno al 510 a.C.


Indice

L’UNESCO

3

2004 Le Necropoli Etrusche di Cerveteri e Tarquinia

4

Cerveteri

10

Itinerari storico-naturalistici

32

Tarquinia

36

Il Museo Nazionale Tarquinese

56


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