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na terra dal sapore antico, che si presenta nella sua veste migliore. Che ha tante carte da giocare ma che spesso rimane a guardare altri vincitori. Cieli, terre, acque, boschi, vestigia monumentali di popoli fieri e chilometri di “verdi autostrade”: un territorio che da sé saprebbe bastarsi, se avesse imparato ad amarsi, a guardarsi dentro, a dare valore - come altri comprensori italiani hanno saputo fare - alle tipicità, alle unicità, al nostro plus valore che fa la differenza.
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Questo opuscolo è una sintesi del cuore di una Provincia che possiede molto e che gronda di fascino, ma fatica a mostrarsi; che è ospitale ma a volte dimentica di esserlo. È un invito a lasciarsi andare, a lasciarsi godere, a mostrarsi nella sua immagine più bella. Ed è un impegno per noi della Camera di Commercio, che continuiamo ad operare sicuri che tutto ciò sia possibile. land with an ancient taste, that introduces itself in the best dress. So many papers it has to play but it remains often to look at others that win. Skies, earths, waters, woods, monumental vestigia of fierce people and kilometers of "green highways": a territory that from itself could be enough, if it had learned to love itself, to look inside, to give value - as other Italian districts have known how to do - to the tipicità, to the oneness, to our plus value that does the difference. This brochure is a synthesis of the heart of a Province, that possesses and that is fascinating, but work to appear; that is hospitable but it doesn't know to be. It is an invitation to let it go, to let it enjoy, to appear in the best dress. And it is an engagement for us of the Camera di Commercio, that continue to operate believing that it’s still possible.
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Dott. PASQUALINO PIERSIMONI Presidente C.C.I.A.A. di Isernia
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NATURA
ISERNIA CUORE VERDE DEL SANNIO UN INEGUAGLIABILE SCRIGNO DI PAESAGGI, FLORA, FAUNA E AREE PROTETTE CHE POCHI CONOSCONO E CHE POCO SI È CONTRIBUITO A FAR CONOSCERE
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al punto di vista territoriale, Isernia si pone tra il centro e il sud Italia ed è collocata, come del resto la stessa regione Molise, ora nel centro ora nel Mezzogiorno d’Italia. La Provincia in sé si propone come un autentico laboratorio nel retaggio di costumi e tradizioni, ma anche nella grande varietà di elementi oroidrogeologici, climatici e floro-faunistici. Le Foreste MAB di Montedimezzo, nel comune di Vastogirardi, e quella di Collemeluccio in territorio di Pescolanciano - tra gli affascinanti scenari di questo comprensorio - sono infatti i gioielli di questa terra, che si presenta come una riserva naturale unica, caratterizzata da rilievi montuosi dalla forma originale, da magnifiche foreste di Faggio, Cerro e Abete, da lunghe vie erbose, i tratturi, che un tempo venivano usati per condurre le greggi nelle pianure della Puglia. Oltre alle riserve MaB, il comprensorio altomolisano presenta una molteplicità di foreste demaniali, tutelate e controllate dal Corpo Forestale dello Stato. Tra di esse sono da segnalare: la Foresta Demaniale o Bosco Pennataro nel comune di Vastogirardi, il Bosco di San Martino e Cantalupo con il Bosco di Monte Capraro, ambedue nel territorio di San Pietro Avellana, e le Abetine di Capracotta e Pescopennataro, tra le più belle foreste dell’Italia centro-meridionale. Nella zona mainardica sono da menzionare i magnifici boschi di Faggio e di Acero di Pizzone, ricadenti nel Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, con le zone di riserva integrale del Monte Meta, dove vive un nutrito branco di caprioli, e il Pianoro Le Forme con la presenza dell'Orso Bruno Marsicano. Quella invece del fiume Volturno rende questo territorio importante anche per quanto riguarda le zone umide. Sono da annotare infatti, nel suo alto corso, le Fonti di Capo Volturno nel comune di Rocchetta a Volturno e l'Oasi Le Mortine in quello di Venafro, senza dimenticare il Pantano di Montenero Valcocchiara, che fa capo al bacino idrografico del fiume Sangro ma ricadente nel territorio molisano. Dai panorami mozzafiato è anche la Montagna di Frosolone con la Montagnola e Colle dell'Orso. Tra le altre zone protette della Provincia troviamo la zona umida di Sprondasino nel comune di Civitanova del Sannio e la Riserva naturale orientata di Pesche, gli estesi boschi ricadenti nel comprensorio dei comuni di Roccamandolfi, Longano e Castelpizzuto e il Giardino della Flora appenninica di Capracotta.
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sernia is located between central and southern Italy and, like the Molise region, is positioned both in the center and in the Italian Mezzogiorno. The Province itself offers an authentic laboratory both as to cultural heritage, customs and traditions, as well as to the great variety of orohydrogeological, climactic, flora and fauna elements. The MaB Forests in Montedimenzzo, in the town of Vastogirardi, and the Collemeluccio forest in Pescolanciano – amongst the fascinating landscapes in this area - are, in fact, the gems of this land which are presented as a unique natural reserve, characterized by mountainous reliefs in their original form, from the magnificent beech, turkey oak and fir forests, to the long grassy roads, called tratturi, which were once used to accompany flocks to the plains of Puglia. Besides the MaB reserves, the Upper Molise area includes variety of state-owned forests, protected and inspected by the State Forestry Department. Amongst them, those recommended include: The State-owned forest, known as the Pennataro Forest in the town of Vastogirardi, the San Martino Forest and the town Cantalupo with the Forest of Monte Capraro, both in the San Pietro Avellana area, and the Abetine Forest in Capracotta and Pescopennataro, amongst the most beautiful forests in south-central Italy.
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Foto a pag. 2: La Riserva Naturale orientata MaB di Montedimezzo nel comune di Vastogirardi. Nel tondo_ Cardo fiorito con farfalla.
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n the Mainarde mountain area, the beech and maple woods in Pizzone must be mentioned, located within the National Park of Abruzzo, Lazio and Molise, with the fully protected reserve area of Monte Meta, where there is a large bevy of roe deer, and the Plateau of Le Forme with the presence of the Marsican brown bear. The Volturno river area also renders this territory important in terms of its wet areas. In fact, in its upper course, the Capo Volturno spring in the town of Rocchetta a Volturno and the Oasi Le Mortine in that of Venafro are to be noted, as should be the Pantano in Montenero Valcocchiara, which depends on the Sangro watershed but falls within Molise. The Frosolone Mountain with La Montagnola and Colle dell'Orso also offer breathtaking landscapes. Other protected areas within the Province include the wet area of Sprondasino in the town of Civitanova del Sannio e the controlled Natural Reserve in Pesche, the vast woodlands falling within the towns of Roccamandolfi, Longano and Castelpizzuto and the Garden of Apennine Flora in Capracotta.
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Foto a pag. 4: Veduta panoramica del lago di Castel San Vincenzo. In questa pagina: La “dolomitica� valle glaciale del Pianoro Le Forme di Pizzone e nel tondo: Orso Bruno Marsicano.
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TEMPO LIBERO
I TRATTURI: AUTOSTRADE DELL’ANTICHITÀ LA PROVINCIA DI ISERNIA CONSERVA ANCORA INTEGRI LUNGHI TRATTI DI QUESTE IMPORTANTI ARTERIE UN TEMPO AD USO DELLE GREGGI TRANSUMANTI
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re sono i tratturi più importanti che attraversano la provincia di Isernia: il Celano-Foggia, il Castel di Sangro-Lucera e il Pescasseroli-Candela. Tutti e tre sono larghi 111 metri e presentano in territorio molisano anche tratti di circa 80 chilometri. Lungo tali autostrade dell'antichità, percorse nei secoli da milioni di armenti, si incontrano rilevanti beni naturalistici, architettonici e monumentali che si stagliano in un paesaggio di montagne, colline e valli intercalate da fiumi e laghi. In Alto Molise quasi tutti i comuni conservano pezzi di tratturo nei propri confini: il Celano-Foggia nel territorio altomolisano attraversa infatti i paesi di San Pietro Avellana, Vastogirardi e Pietrabbondante, mentre il Castel di Sangro-Lucera attraversa il territorio di Rionero Sannitico, Forli del Sannio, Roccasicura, Carovilli, Pescolanciano, Chiauci e Civitanova del Sannio. Questo tratturo è chiamato anche “Tratturo delle Cinta” per la presernza lungo il tracciato di importanti cinta fortificate di epoca sannita: tra le più imponenti troviamo quelle di Monte Miglio nel territorio di San Pietro Avellana, Monte Pizzi (Vastogirardi), Monte Falascosa o Castel Canonico (Forlì del Sannio), Monte Ferrante (Carovilli), Santa Maria de’ Vignali (Pescolanciano) e Colle Sant’Onofrio a Chiauci. L’Ateleta-Biferno, partendo dai confini abruzzesi, attraversa invece i comuni di Pescopennataro e Belmonte del Sannio; il tratturello Castel del Giudice-Sprondasino è interamente nel territorio altomolisano: attraversando i territori di Castel del Giudice, Capracotta, Agnone, Castelverrino, Pietrabbondante, si raccorda poi con il Castel di Sangro-Lucera in località Sprondasino; il Pescasseroli-Candela attraversa invece i comuni di Rionero Sannitico, Forli del Sannio, Isernia, Pettoranello del Molise, Castelpetroso, Santa Maria del Molise e Cantalupo del Sannio. Furono gli Aragonesi, esattamente nella metà del XV secolo, a decidere di costruire intorno alla civiltà pastorale appenninica un complesso sistema economico basato sull'allevamento ovino e sull'industria della lana, e dunque di trasformare le antiche piste erbose in una più moderna rete infrastrutturale perfettamente funzionale allo scopo. Attualmente le antiche vie armentizie sono utilizzate sempre più per scopi di natura escursionistica pedonale, su due ruote o a cavallo. Sempre più frequenti sono infatti le comitive che dalla primavera all’autunno si possono incontrare lungo queste meravigliose piste erbose.
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he three most important tratturi which cross the Province of Isernia are: the Celano-Foggia tratturo, the Castel di SangroLucera tratturo and that of Pescasseroli-Candela. All are 111 meters wide and, in Molise, also present stretches of about 80 kilometers. Along these ancient highways, travelled throughout the centuries by millions of herds, important naturalistic, architectonic and historical heritage can be encountered, standing out in a landscape of mountains, hills and valleys, interposed with rivers and lakes. In Upper Molise, almost all the towns still have pieces of these tratturi on their outskirts.
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Foto a pag. 6: Il tratturo Castel di Sangro-Lucera nel comune di Civitanova del Sannio. In questa pagina, in alto: Greggi di pecore lungo il tratturo e, in basso, l’abitato di Pescolanciano sul Castel di Sangro-Lucera. Foto a pag. 8: Veduta del castello Pandone di Cerro al Volturno. A pag. 9: Il castello Caldora a Carpinone e, a pag. 11, il castello Pandone di Venafro.
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ARTE E ARCHITETTURA
I CASTELLI DELLA PENTRIA ANTICHI BORGHI E CITTÀ D’ARTE DAL FASCINO MOZZAFIATO, RESIDENZE SIGNORILI E SUPERBI MANIERI CHE FRONTEGGIANO LE MONTAGNE MOLISANE
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enafro, porta d'ingresso molisana dalle direttive NapoliRoma, vanta antiche origini romane testimoniate in particolare da un Anfiteatro di epoca Flavia (Verlasce o Verlascio) e da una cospicua quantità di reperti di varia tipologia, ben conservati nel Museo civico di Santa Chiara, adiacente l'omonima Chiesa. Il castello Pandone, la Chiesa dell'Annunziata, gioiello di arte barocca molisana, ed un elevato numero di palazzi nobiliari arricchiscono il centro storico, oggi riportato a nuova vita. Per i cultori Agnone è da sempre in Molise “l'Atene del Sannio”, città di epoca preromana ad alta concentrazione culturale sia per numero di chiese (belle e scrigni di arte Sant’Emidio e San Marco) sia per musei (tra gli altri l’importante Museo storico della Campana nella millenaria Fonderia Marinelli) e palazzi nobiliari. Molise, terra ricca di testimonianze archeologiche di ogni epoca: si parte dalla Preistoria (rinvenimento dell'Homo Aeserniensis in Località La Pineta di Isernia e di numerosissimi reperti custoditi, insieme ad altri di epoca romana, presso il Museo di Santa Maria delle Monache nell'omonimo complesso) per arrivare all’età romana (siti archeologici di Venafro), passando per l'epoca sannitica (sito di Pietrabbondante con l'importante complesso del Teatro-tempio italico, a 1000 metri di altitudine) e giungendo all’età altomedioevale (sito archeologico di San Vincenzo al Volturno con la Cripta dell’Abate Epifanio che conserva affreschi del IX sec.). Per gli amanti dell'architettura religiosa e dell'arte sacra il Molise è ancora terra di sorprese: capolavori di arte romanica si ergono a fianco di quelli in arte barocca e neoclassica, oltre a numerose piccole chiese rurali disseminate per il frazionato territorio. Ed i castelli, tanti, che con imponenza dominano il paesaggio ed evocano storie di importanti casate nobiliari: i castelli Pandone di Venafro e Cerro al Volturno, il castello Pignatelli di Monteroduni, il castello baronale di Macchia d'Isernia, il castello dei duchi d'Alessandro di Pescolanciano, il castello Caldora di Carpinone e quello di Macchiagodena, la corte di Vastogirardi, senza dimenticare i palazzi nobiliari che, un tempo fortezze inespugnabili, sono divenuti con il passare dei secoli dimore private, come il palazzo Carmignano-Laurelli di Fornelli. Diversi sono oggi adibiti a strutture di accoglienza, altri a luoghi di rappresentanza.
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enafro, port of entry for Molise from Rome and Naples, boasts ancient Romans origins demonstrated particularly by an amphitheater from the Flavian dynasty (known as Verlasce or Verlascio) and from a conspicuous quantity of finds of various types, well preserved in the Civic Museum of Santa Chiara, adjacent to the homonymous Church. The Pandone Castle, the Annunziata Church, a jewel of Baroque art of Molise, and an elevated number of noble buildings enrich the historical center, today brought to new life. According to enthusiasts, Agnone has always been “the Athens of Samnium" in Molise, a city of Pre-Roman times, characterized by its important cultural impact, both for the number of churches (Sant'Emidio and San Marco are beautiful and treasure troves of art) and for museums (amongst others the important Historical Bell Museum near the thousand-year-old Marinelli Foundry) and noble buildings. A land rich in archaeological evidence from every epoch, from the Dark Ages (recovery of the Homo Aeserniensis in the La Pineta area in Isernia and numerous finds, together with others from Roman Empire, carefully conserved in the Museum of Santa Maria delle Monache in the homonymous complex) until the Roman Era (archaeological sites in Venafro), including the Samnite epoch (site in Pietrabbondante with the important complex of the Italic Theater-temple, at 1000 meters above sea level) until the early Middle Ages (archaeological site of San Vincenzo al Volturno with the Crypt of Abbot Epifanio which preserves frescos from the 9th century). And the numerous castles which majestically dominate the landscape and evoke stories regarding important noble families: the Pandone castles in Venafro and Cerro al Volturno, the Pignatelli castle in Monteroduni, the baronial castle in Macchia d'Isernia, the castle of the d'Alessandro duchy in Pescolanciano, the Caldora castles in Carpinone and in Macchiagodena, the Vastogirardi court, along with the aristocratic homes, once impregnable fortresses which have become, through the centuries, private homes, such as the Carmignano-Laurelli building in Fornelli. Amongst these, several, today, are private homes and reception centers, while others are representational locations.
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ISERNIA LA PINETA IL VILLAGGIO PALEOLITICO DEI PRIMI EUROPEI
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dentificato con l’acronimo di Paleo.Is, il Museo si inserisce all’interno di un progetto di parco archeologico, realizzato dall’arch. Benno Albrecht dello Studio Associati di Brescia che comprende una serie di padiglioni, fruibili nell’ambito di un percorso didattico-espositivo. La costruzione della grande struttura museale venne realizzata con l’obbiettivo di accogliere ed esporre, ma soprattutto valorizzare, l’ingente quantità di reperti archeologici messi in luce nel corso delle campagne di scavo condotte nell’area archeologica La Pineta a partire dal 1979. La storia del Museo va perciò inevitabilmente a intrecciarsi con quella della scoperta del sito paleolitico di Isernia La Pineta, individuato e segnalato durante i lavori di sbancamento per la costruzione della superstrada Napoli–Vasto nel luglio del 1978. Nell’aprile del 1999 venne inaugurato il primo padiglione del complesso architettonico, quello degli scavi, che diede inizio alla realizzazione del progetto e che ha permesso la continuazione sistematica delle ricerche archeologiche fino ad oggi sotto la direzione scientifica del prof. Carlo Peretto dell’Università degli Studi di Ferrara. L’attività esplorativa che ha interessato il sito di Isernia La Pineta è il frutto di una stretta collaborazione tra il Dipartimento di Biologia ed Evoluzione dell’Università degli Studi di Ferrara, l’Università degli Studi del Molise e la Soprintendenza Archeologica del Molise. L’alacre attività archeologica ha reso possibile l’ampliamento delle conoscenze scientifiche negli anni e di inserire il sito La Pineta nel quadro della ricostruzione dei siti più rappresentativi per la preistoria europea, facendo di esso un riferimento importante per le modalità di popolamento dell’Italia, a partire dallo spostamento dei primi gruppi umani dall’Africa. La fruizione del padiglione degli scavi si è accompagnata alla continuazione dei lavori di completamento dei restanti padiglioni espositivi. Il 14 aprile del 2012 è stata aperta al pubblico la sezione che ospita una porzione di circa 65 mq della paleosuperficie più nota e ricca di materiali, denominata 3a, ricomposta ed esposta nel Museo con i reperti originali opportunamente restaurati. L’archeosuperficie si caratterizza per la presenza di un’elevata quantità di manufatti litici e per abbondanti resti ossei di specie animali diverse, riconducibili soprattutto ai grandi erbivori, in particolare bisonte, elefante, rinoceronte, megacero, ippopotamo, orso. Essi documentano, insieme alla porzione ancora in corso di esplorazione nel padiglione degli scavi, l’intensa attività di sfruttamento dell’ambiente da parte dei gruppi di cacciatori preistorici di 700.000-600.000 anni fa, a scopi alimentari e di sopravvivenza.
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sernia La Pineta, an ante litteram "village" which has revealed the model of life and work of Prehistoric man from over 736 thousand years ago to the world of scientists and enthusiasts. Of Prehistoric man, in fact, his physical characteristics are known, although his activities are not, nor are his ability to live in a community setting or to produce culture. The activities of the Homo Aeserniensis, as he is now called, found in the site on the outskirts of Isernia, have in fact shown that, if the thought was born when the man broke his first rock to look at the inside, Paleolithic Isernia ideally represents the dawn of thought. Here the stones broken to make utensils allow one to speak of a true lithic industry. There are also signs of the use of the fire and the ochre. A dedicated museum complex (Museo nazionale del Paleolitico) was inaugurated in the spring of 1999 in La Pineta and the whole area regarding the excavations of the paleosol is now open to the public so that it can be enjoyed at any time. The Paleolithic deposit in Isernia remains the most ancient and rich paleosol found in Europe, both for the quality of the finds brought to light and for their exceptional maintenance.
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Foto a pag. 12: Si studia il paleosuolo di Isernia La Pineta. Qui sopra: Francobollo commemorativo dell’Homo Aeserniensis.
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Il percorso espositivo si articola in una serie di pannelli esplicativi, i cui temi riguardano la scoperta del giacimento, con le sue particolari connotazioni archeologiche: i resti faunistici, la ricostruzione stratigrafica, il paleoambiente, gli interventi di ricerca, scavo e documentazione dei materiali. La visita al Museo è poi resa ancor più coinvolgente dalla presenza di supporti multimediali in forma digitalizzata, che arricchiscono le finalità educative e riconoscitive del bene culturale e consentono l’interattività tra il Museo e l’utente con particolare attenzione ai portatori di disabilità. Il visitatore può immergersi nella suggestiva, quanto affascinante, ricostruzione storica della scoperta del sito e delle nostre origini, ripercorrendone le fasi, mediante immagini, suoni e filmati che vengono offerte da una postazione multimediale istallata nell’ala espositiva a supporto della visione diretta della superficie archeologica ricostruita, che conserva integre le testimonianze di un passato lontano. La visita al Museo è arricchita dalla visita al Padiglione degli scavi, che fa parte dell’intero complesso espositivo, dove continuano sistematicamente le attività di scavo e di ricerca, e dall’offerta di servizi didattici aggiuntivi in forma di laboratori di archeologia sperimentale pensati e progettati per i diversi target di utenti. Il 19 dicembre 2013 è stata inaugurata la sala di 800 mq che completa la fruizione dell’intera struttura museale e che arricchisce il percorso con l’allestimento di un’area didattico-divulgativa in cui i temi connessi con la preistoria dell’uomo sono presentati in maniera semplice, altamente comunicativa, ma scientificamente corretta. Un’attenzione particolare è dedicata alla ricostruzione della preistoria molisana e alla presentazione di quei siti archeologici (Monteroduni, Rocchetta, l’Alto e il Basso Molise) che, per la ricchezza e particolarità dei materiali, si pongono in sequenza cronologica dopo il sito paleolitico di Isernia la Pineta e che permettono di ricostruire le tappe fondamentali dell’evoluzione della cultura materiale dell’uomo, dal Paleolitico inferiore all’Età dei metalli. A rendere scenograficamente attraente la visita sono state realizzate ricostruzioni a grandezza naturale di ambienti e capanne preistoriche, tipiche del Paleolitico e dell’Età del Bronzo e che grandeggiano al centro del salone espositivo. Una serie di pannelli, diversificati a seconda del periodo cronologico di riferimento, spiegano in doppia lingua, le fasi più importanti di questa evoluzione biologica e culturale che dura da milioni di anni. (Testo di Antonella Minelli)
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(Foto U. Thun Hohnstein)
(Foto L. Inno)
(Foto L. Inno)
Foto a pag. 14: Capanna preistorica dell’Età del Bronzo ricostruita nel Museo didattico. In questa pagina: In alto e al centro, particolare e veduta d’insieme del Paleosuolo. In basso, il Museo didattico.
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ARCHEOLOGIA
IL TEATRO-SANTUARIO A MILLE METRI LA PIÙ GRANDIOSA TESTIMONIANZA DELL’ANTICO SANNIO
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area archeologica posta ad un km circa ad ovest dell’abitato di Pietrabbondante rappresenta la più grandiosa testimonianza della civiltà sannitica, che qui è attestata sin dal V sec. a.C. dalla necropoli della Troccola su Monte Caraceno, la cui cima è circondata da una fortificazione a mura poligonali anteriori al IV sec. a.C. Il tempio più antico, il cosiddetto Tempio A, venne costruito probabilmente tra la fine del V sec. e la prima metà del IV sec. a.C., per essere in seguito ritoccato nel III sec. a.C. Lo sforzo maggiore venne profuso nella costruzione del complesso sito a circa 55 metri a sudovest del Tempio A, dove venne realizzato dapprima il Teatro (fine II sec. a.C.) ed in seguito il Tempio grande, cosiddetto B (I sec. a.C.). La prima fase di scavi iniziò a partire dal 1840, sotto i Borboni, e si protrasse fino al 1913, scoprendo il Tempio A e il Teatro. In questi anni importanti studiosi della classicità (Mommsen, Friedlander, Maiuri) visitarono l’area. Dal 1959 l'allora Ispettore presso le Antichità dell'Abruzzo e Molise Adriano La Regina riprese gli scavi, riportando alla luce il cosiddetto Tempio B e sistemando l’intera area. Dal 2002 lo stesso sannitologo, con la supervisione della Soprintendenza del Molise, ha riaperto nuovamente i cantieri per procedere alla ricostruzione dell'assetto originario del Comitium (così il Teatro secondo le ultime acquisizioni) e, dal 2006 ad oggi, scavare gli ambienti di una magnifica domus publica.
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he archaeological area located about one kilometer from the inhabited part of Pietrabbondante represents the greatest evidence of the Samnite civilization which can be attested here as going back to the 5th century B.C. from the Troccola necropolis on Monte Caraceno, whose peak is encircled by a fortification with polygonal walls from prior to the 4th century b. C. The oldest temple, called Temple A, was probably constructed between the end of the 5th century and the first half of the 4th century B.C., to then be touched up in the 3rd century B.C. The greatest effort was made in the construction of the complex situated about 55 meters southwest of Temple A, where the Theater was built (end of the 2nd century B.C.), followed by the great Temple, called B (1st century B.C.). The first phase of excavations started in 1840, under the House of Bourbon, and continued until 1913, unearthing Temple A and the Theater. During these years, important classical experts (Mommsen, Friedlander, and Maiuri) visited the area. In 1959, the then Inspector for the Antiquity of Abruzzo and Molise, Adriano La Regina, reopened the excavations, bringing to light the so-called Temple B and reorganizing the entire area. In 2002, the same expert on the Samnites, with the supervision of the Superintendence of Molise, again reopened the site to carry out the reconstruction of the original layout of the Comitium (and the Theater, according to the latest data) and, from 2006 until today, has excavated the setting of a magnificent domus publica.
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Foto a pag. 16: Veduta aerea dell’area archeologica di Pietrabbondante (foto A. Colamussi). In questa pagina: Il Teatro-Comitium di Pietrabbondante.
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ARCHEOLOGIA
S. VINCENZO AL VOLTURNO: RIVIVE IL MEDIOEVO CITTÀ MONASTICA ALTO-MEDIOEVALE TRA LE PIÙ IMPORTANTI D’EUROPA. L’ENORME NUMERO DI REPERTI RINVENUTI CONTINUA A STUPIRE STUDIOSI E APPASSIONATI
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Abbazia di S. Vincenzo al Volturno nasce nel 703 d.C. ad opera di tre giovani monaci beneventani (Paldo, Taso, Tato) che fondano il nucleo monastico originario di S. Vincenzo Minore: per i primi 80 anni si sviluppa sotto la protezione del ducato longobardo di Benevento, poi la sua ascesa prosegue sotto la tutela dell'impero franco-carolingio. Con Autperto (abate nel 778) diviene uno tra i primi monasteri benedettini europei; con Carlo Magno, posto com'è sul confine meridionale dell'impero carolingio, riceve protezione e privilegi, tra cui quello della immunità ed il diritto alla libera elezione dell'abate (787). Nel periodo carolingio, gli abati Giosuè (792-817), Talarico (817-823) ed Epifanio (824-842) completano l'opera di sviluppo e di abbellimento del complesso, trasformandolo in una città monastica sulla sponda sinistra del Volturno, ove ancora oggi è possibile ammirare i resti imponenti della Basilica del S. Vincenzo Maggiore e gli straordinari affreschi della Cripta di Epifanio. Divenuta potente e famosa, l'Abbazia nell'881 viene attaccata, saccheggiata e distrutta dai Saraceni. Ricostruita dopo il 913, vede nascere dal 980 tanti piccoli insediamenti umani, che daranno origine e vita ai Comuni dell'alta Valle del Volturno. Di fronte alle crescenti insidie dei feudatari locali, l'Abbazia viene trasferita e ricostruita nella sede attuale, più sicura, e riconsacrata nel 1115 dal Papa Pasquale II. L'attacco più insidioso viene, dopo il 1139, da Ruggero II, re dei Normanni che, vistosi rifiutare dai monaci la nomina di un abate di sua fiducia, priva l'Abbazia dei suoi tesori e della sua autorità, facendole pagare la sua autonomia e fedeltà alla Chiesa di Roma.
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bbey of S. Vincenzo al Volturno is born in the 703 d.C. for work of 3 young monks beneventani (Paldo, Taso, Tato) that found the native monastic nucleus of S. Vincenzo Minore: for the first 80 years it develops under the protection of the Ducato longobardo di Benevento, then its ascent continues under the FrankCarolingian empire. With Autperto it becomes one among the first European Benedictine monasteries; with Carlo Magno, sets as it is on the southern border of the Carolingian empire, it receives protection and privileges, among which that of the immunity and the free election of the abbot. In the Carolingian period, the abbots Giosuè, Talarico and Epifanio complete the work of development and embellishment of the complex, turning it into a monastic city on the left bank of the Volturno. Today it is where still it’s possible to contemplate the imposing rests of the Basilica of S. Vincenzo Maggiore and the extraordinary frescos of the Crypt of Epifanio. The abbey in the 881 is attached by the Saracens. Reconstructed after 913, it sees to have been born since 980 so many small human centres, that will give origin to the Communes of the high Valley of the Volturno. It’is transferred and reconstructed where it’s now and reconsecrated in 1115. The most insidious attack comes, after 1139, from Roger II, that deprives the abbey of its treasures and its authority, forcing to pay its autonomy and fidelity to the Church in Rome.
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Foto a pag. 18: Miniatura tratta dal Chronicon Vulturnense del XII secolo, che racconta la storia della gloriosa abbazia. In questa pagina, nel tondo: Testa d’avorio rinvenuta durante gli scavi del monastero. In basso: L’abbazia del XII secolo.
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egli anni successivi al 1150, vari eventi, naturali e non, contribuiscono alla sua decadenza. E così la sua storia si interrompe per ricominciare qualche secolo più tardi con fatti e date che ne segnano la rinascita: 1832 - Viene scoperta casualmente la Cripta di Epifanio; 1942 - Il duca Catemario dona a Montecassino i possedimenti dell'Abbazia di S. Vincenzo al Volturno; 1965 - Dopo la Seconda guerra mondiale viene riconsacrata la Basilica dell'Abbazia, ricostruita su progetto di don Angelo Pantoni, monaco di Montecassino; 1980 - Iniziano gli scavi ad opera del prof. Richard Hodges della British School di Roma; 1990 - Il 14 maggio si insediano, nella sede attuale, le Monache benedettine, provenienti dall'Abbazia Regina Laudis nel Connecticut (USA) e ridanno vita all'Abbazia di S. Vincenzo al Volturno, che rimane una enclave del Monastero di Montecassino; 1993 - L'abate Bernardo D'Onorio, con il contributo della Regione Molise, avvia la costituzione del Parco archeologico e la realizzazione del progetto di lavoro per la valorizzazione della Città Monastica di S. Vincenzo al Volturno, con l'obiettivo di conservare la sacralità del luogo nella prospettiva del terzo millennio.
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n the years following 1150, various events, natural and otherwise, contributed to the Abbey's decline and thus its history was interrupted. It took up some centuries later with deeds and dates which followed its rebirth: 1832 - The Crypt of Epifanio is found by chance; 1942 - Duca Catemario gives the possessions of the Abbey of San Vincenzo al Volturno to Monte Cassino; 1965 - After the II World War the Basilica of the Abbey is reconstructed according to the plans of Don Angelo Pantoni, monk of Monte Cassino; 1980 - The excavations begin under Prof. Richard Hodges of the British School of Rome; 1990 - On 14 May Benedictine nuns from the Abbey of Regina Laudis in Connecticut (USA) take up residence and give new life to the Abbey of San Vincenzo al Volturno, which remains a dependency of Monte Cassino; 1993 - Abbot Bernardo D'Onorio, with a contribution from the Regione Molise, gives a new impetus to an archaeological Park and a work project for the utilization of the Monastic City of San Vincenzo al Volturno.
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Foto a pag. 20: Il Cristo risorto nella Cripta dell’Abate Epifanio. In questa pagina, a lato: San Vincenzo al Volturno, disegno ricostruttivo del IX secolo (Disegno Simona Carracillo). Sopra: Vetro artistico rinvenuto nelle officine del monastero altomedioevale.
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ARTE
LA CRIPTA DELL’ABATE EPIFANIO UNA DELLE POCHE TESTIMONIANZE SUPERSTITI DI UNA CERTA AMPIEZZA DELLA PITTURA ITALIANA PRIMA DELL’ANNO
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l monumento che subito si associa all'abate Epifanio è la Cripta affrescata realizzata nella “chiesa nord”. Essa è comunque solo una delle numerose novità che troviamo in questo periodo nella parte settentrionale del monastero. La Cripta e il santuario della chiesa furono realizzati contemporaneamente. La prima sembra essere stata concepita come cappella funeraria per l'abate: la sua sepoltura doveva essere stata sistemata al di sotto di una piccola fenestella confessionis. Al di sopra, nel santuario, un elegante triconco fu inserito nella preesistente abside. La navata, con il suo schema decorativo risalente all'VIII secolo, sembrerebbe essere rimasta inalterata, ma di fronte alla chiesa fu edificato un atrio nel quale venne ricavato un piccolo cimitero. La lettura degli affreschi eseguiti nella Cripta è cosa quanto mai complessa. Stando al senso complessivo della raffigurazione, tutto il ciclo di affreschi è permeato della profonda influenza che sulla cultura del monastero ebbero la figura dell'abate Ambrogio Autperto ed i suoi studi sulla Apocalisse di S. Giovanni. La finestrella situata sul lato opposto all'entrata, è l'unica fonte di luce naturale dell'ambiente. Al di sopra di tale apertura una mano distesa, simboleggiando l'Eterno, allude all'origine soprannaturale di tale luce e ne accentua il significato di potenza. Squarciando le tenebre della Cripta, che rappresentano quelle dello Spirito, simboleggia il rivelarsi della Verità. Sul fascio della luce è Cristo seduto in trono sul globo del mondo, in veste di Pantokrator, ovvero Signore del tutto.
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t is named after Abbot Epifanio (824-842) who had it frescoed. Its theological theme and the dominant figure of the Madonna attributed to the works of Ambrogio Autperto, Abbot at San Vincenzo in 778, make it unique. Its style shows Byzantine, Carolingian and Roman influence. The technique used was that of mural painting based on classical and non-classical designs that was then coloured. The Latin cross shaped crypt with a barrel vault is covered with frescoes. The dado level is based on the designs on Byzantine fabrics, the walls depict scenes from the history of Christianity and the ceiling depicts Cristo and the enthroned Madonna. On the wall near the entrance 4 offering virgins can be seen resembling the virgins of Sant'Apollinare in Ravenna. On the wall opposite, the Madonna with Bambino, symbol of the mother mediating between the deacons at the foot of the throne and Cristo can be seen. The wall with the window depicts the Nativity and includes the heralding angel with Maria listening, Maria lying in bed pregnant with Giuseppe at her side and Gesù being washed by women.
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Foto a pag. 22: La Crocifissione del Cristo; ai lati, la Madonna e San Giovanni. In questa pagina: Nel tondo, l’abate Epifanio e, a lato, particolare del martirio di San Lorenzo.
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Egli è posto a crocevia tra la parete verso la navata, ove si narra della Incarnazione del Verbo in Cristo, che apre la porta alla salvazione dell'uomo, e la parete verso l'abside, dove tutto si conclude nella sintetica, ma esplicita allusione al giorno del Giudizio Finale. Della vita del Cristo sono date poche, simboliche scene, che enfatizzano il ruolo della Vergine come tramite per l'Incarnazione del Figlio, venuto ad annunciare la salvezza. La Crocifissione, con cui si conclude l'esperienza terrena del Cristo, è anche il momento in cui, chi ha creduto in Lui, ne raccoglie la rivelazione e ne dà testimonianza. Questo aspetto è approfondito nella sequenza sulla parete opposta, ove si trova rappresentato il sacrificio dei Protomartiri romani Lorenzo e Stefano. Essi, nella loro testimonianza, giungono sino all'estremo sacrificio di sé, che si trasforma subito nella rinascita alla nuova vita di eterna gloria e beatitudine presso Dio. Nella rappresentazione del martirio di Lorenzo, la morte del Santo trova subito riscontro nell'intervento dell'Angelo, che ne conduce l'anima a Dio. E il corteo delle martiri, sull'altro lato, che recano tra le mani la corona, simbolo dell'estremo sacrificio, rappresenta l'eterna partecipazione alla gloria del Signore da parte di chi ne ha dato testimonianza. Nell'abside è rappresentato, con brevi ma intense allusioni, il momento della fine dei giorni. I quattro Arcangeli, dopo aver fermato i venti e spento le stelle, la cui luce è simbolicamente racchiusa entro globi, assistono all'avvento, da Occidente, del Quinto Angelo. Egli altri non è se non il Cristo stesso che viene a compiere il Giudizio Finale sugli uomini, scegliendo i giusti e i dannati. La Vergine è in posizione intermedia quasi di mediazione per l'umanità - tra il Cristo Pantokrator e il Cristo Giudice. Chiunque fosse sepolto nella Cripta, nel giorno del risveglio finale, avrebbe simbolicamente trovato di fronte a sé proprio l'immagine di Colui che, giungendo da Occidente, sarebbe venuto a giudicarlo. È particolarmente difficile offrire una valutazione stilistica di questi affreschi, visto che essi stessi costituiscono una delle rare testimonianze superstiti di una certa ampiezza della pittura italiana prima del Mille.
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Opposite in the niche set into the tufa rock, angels stood beside the Apocalyptic Angel-Christ painted by Ambrogio Autperto and the Enthroned Madonna and Cristo stood in the centre of the vault. The crucifixion with Abbot Epifanio at the foot of the cross, Jerusalem personified in the top left with Cristo with Saints Lorenzo and Stefano at his side in the niche and women at the tomb above can be seen in the final wing. The martyrdom of Saints Lorenzo and Stefano can be seen on the wall opposite. From the northern window, a cone of light emanating from the hand of Eternity is projected towards Cristo in the centre. According to the critic Penco, “These paintings surpass the Byzantine iconographic types in a new elaboration of stylistic features imprinted with great freedom of drawing and smoothness of forms and, above all a unique way of colouring and passing from shadow to light that gives the faces in particular shades of colour that resemble Roman mosaics.”
Foto a pag. 24: L’ Arcangelo Gabriele e, nel tondo, La Madonna seduta sul trono.
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PRODOTTI TIPICI
LA PROVINCIA DEL TARTUFO UNO
SLOGAN CHE DA QUALCHE ANNO HA PORTATO ISERNIA E IL SUO TERRITORIO
ALLA RIBALTA NAZIONALE
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Alto Molise non è solo terra di bellissime ed estese foreste, ma territorio ricco di pregiati prodotti del sottobosco, funghi e tartufi in particolare. Oltre a rappresentare ingredienti di una ricercata gastronomia offerta in special modo nei numerosi agriturismi della Provincia, essi vengono raccolti, opportunamente lavorati in prodotti alimentari e commercializzati. Il tartufo, presente in gran quantità nella specie Tartufo Nero (Tuber Aestivum Vitt.) o scorzone e sporadica in quella del Tartufo Bianco (Tuber Magnatum Pico), rappresenta una delle principali ricchezze di San Pietro Avellana che, la seconda domenica di agosto di ogni anno, organizza la Sagra del Tartufo Nero, che richiama turisti e buongustai anche dalle regioni limitrofe. I primi di novembre invece si celebra la Mostra Mercato del Tartufo Bianco pregiato. Altre realtà territoriali interessate dalla presenza cospicua del prezioso tubero sono Frosolone e Macchiagodena, Miranda e Forli del Sannio, anche se l’intera Provincia costituisce un territorio da cui proviene una rilevante percentuale della produzione nazionale di Tartufo Bianco. La produzione molisana viene infatti stimata intorno al 40% di quella nazionale; per il Ministero degli Esteri il Molise è il primo produttore di tartufo bianco in Europa, ma l’assenza di una chiara denominazione di qualità ed origine continua a giocare a favore di altri più blasonati tartufi.
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lto Molise is not only the land of very beautiful and vast forests but a rich territory of fine forest products, especially mushrooms and truffles. Besides representing ingredients of a refined gastronomy offered particularly in the numerous rural tourism lodgings of the Province, they are picked, opportunely turned into food products and commercialized. Truffles, present in large quantities in the black truffle (Tuber Aestivum Vitt.) species or scorzone and sporadic in that of the white truffle (Tuber Magnatum Pico), represents one of the treasures of San Pietro Avellana which has organized the Feast of the Black Truffle the second Sunday of August of every year, calling tourists and gourmets from the neighboring regions. During the first days of November there is the Exhibition-Market of the fine white truffle. Other territorial realities interested by the conspicuous presence of the precious tuber are Frosolone and Macchiagodena, Miranda and Forli del Sannio, even though the whole Province represents a territory from which a remarkable percentage of the national production of white truffles originates. The production of the Molise region is estimated to be around 40% of the national one; according to the Ministry of Foreign Affairs, Molise is the first producer of white truffles in Europe but the absence of a clear denomination of quality and origin continues to work in the favor of other more noble truffles.
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Foto a pag. 26: Tartufo Bianco pregiato molisano. In questa pagina: Panorama di San Pietro Avellana, “Città del tartufo” e nel tondo Tartufo nero estivo.
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PRODOTTI TIPICI
DAI PASCOLI DI ALTURA IL FORMAGGIO MIGLIORE DAGLI INCONTAMINATI ALTOPIANI LE PRELIBATEZZE CREATE DA MAESTRI CASARI CHE DALLA LAVORAZIONE DEL LATTE TRAGGONO SUPERBI PRODOTTI LATTIERO-CASEARI
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uando si parla di prodotti lattiero-caseari, il pensiero vola verso scenari naturali dove le mucche pascolano in estesi prati verdi. Con una punta di orgoglio si può affermare che rispetto ad altre zone, nella Provincia di Isernia, tutto è ancora così. D'altronde, se questo territorio è definito cuore verde d'Italia, è facile comprenderne la ragione, percorrendo in particolare le strade montane. Non è difficile infatti imbattersi in mandrie e greggi che pascolano in ambienti incontaminati: è così evidente che la storia dei formaggi prodotti inizia dal pascolo che, unito alla salubrità dell’aria, alla lavorazione del latte e alla stagionatura del prodotto, fanno quindi il loro sapore e la loro tipicità. La cura dei dettagli e l'attenzione ai particolari sono infatti elementi fondamentali nella lavorazione delle paste filate. Il latte utilizzato è prodotto esclusivamente da mucche locali, generalmente tenute al pascolo o alimentate con foraggi. Fiordilatte, scamorze, caciocavalli, pecorino, trecce, stracciate e manteche sono i latticini che meglio caratterizzano in particolare i comuni di Agnone, Capracotta, Vastogirardi, Carovilli e Frosolone. In quest’ultima località, ad opera della famiglia Colantuono, è ancora viva l’antica tradizione della transumanza: mandrie bovine (non più ovine) e cavalieri scendono nel Tavoliere delle Puglie a settembre (in camion) per ritornare nei pascoli in altura in maggio in una vera e propria kermesse dal sapore anche turistico-ricreativo.
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hen speaking about dairy products, one’s mind goes toward natural sceneries where the cows pasture in vast green pastures. With a touch of pride, it can be affirmed that in comparison to other areas, it is still this way in the Province of Isernia. Besides, if this territory is defined as the green heart of Italy, it is easy to realize it, especially by travelling through its mountain roads. It is common, in fact, to come across herds and flocks which pasture in uncontaminated environments: it is so evident that the history of the cheeses produced begins from the pastures that, united with the healthy quality of the air, and with the workmanship of the milk and the maturation of the product, its familiar taste is created. The care and the attention to detail are, in fact, fundamental elements in the workmanship of spun curds. The milk used is produced exclusively by local cows, usually left grazing or fed with fodder. Fiordilatte, scamorze, caciocavalli, pecorino, trecce, stracciate and manteche are the dairy products which specifically characterize the towns of Agnone, Capracotta, Vastogirardi, Carovilli and Frosolone. In the last one, the ancient tradition of the transhumance is still alive in the Colantuono family: bovine herds and horseback riders go down to the plains of Puglia in September to return in the pastures in the high ground in May.
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In questa pagina: Formaggio pecorino stagionato di Capracotta e nel tondo: bocconcini di latte di mucca. Foto a pag. 28: Mucche al pascolo nel territorio altomolisano. (Pantano di Montenero Valcocchiara)
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PRODOTTI TIPICI
IL CACIOCAVALLO: RE DELLA TAVOLA MOLISANA FORMAGGIO A PASTA FILATA, FRATELLO DEL PARMIGIANO PER TIPO DI IMPASTO E DI MANIFATTURA
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l caciocavallo è un signor formaggio col suo aspetto opulento e panciuto, il collo stretto da uno spago, la testina eretta e sempre sormontata da una buffa puntina schiacciata, ultimo tocco di chi gli ha dato forma. Il resto, lo fa il bagno di salatura e poi l'asciugatura negli appositi locali, alla temperatura giusta. Caciocavallo: un nome che si ricorda facilmente, forse un po' strano.” Intanto il cavallo, come animale, c'è solo nel senso di postura. Infatti questi caci, da sempre legati a due a due per il collo, venivano messi ad asciugare “a cavallo” di una grossa pertica e trovano così il nome, nella definizione che li caratterizza. Questo ottimo formaggio di pasta filata, fratello del parmigiano come tipo di impasto e di manifattura, si presenta con una crosta dura e sottile, colore che varia dal giallo paglierino al nocciola, variegata di muffe, se il prodotto è stagionato a lungo, la pasta è compatta; di colore giallo paglierino, invece, con rada occhiatura o sfogliatura, odore intenso, sapore dolce e pastoso, se poco stagionato, per diventare nel tempo sempre più intenso e piccante. Prodotto in buona quantità dai mastri casari della Provincia, trova ottima accoglienza anche in concorsi nazionali ed internazionali ma manca del riconoscimento DOP, che a buon diritto lo distinguerebbe dal marchio di “Caciocavallo Silano”, che attualmente lo connota.
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aciocavallo is an excellent type of cheese with its opulent and rounded appearance, the neck tightened by a string, its erect head, topped by funny crushed point, the final touch of whoever made it. Salting it and drying it out in the appropriate place, at the right temperature, does the rest. Caciocavallo: a name which is easily remembered, although a bit strange.” The horse (cavallo), as an animal, is only present in terms of its posture. In fact, these cheeses, hung in pairs by their necks, were hung to dry over a large pole, as if it was being straddled like a horse, and that is where their name comes from. This excellent cheese made of spun curd, similar to Parmigiano in terms of mixture and manufacturing, has a hard, thin rind, a color which goes from straw-colored yellow to hazelnut, variegated with mold - if the product is matured for a long time, the cheese is compact; if it is straw-colored yellow, however, with infrequent holes and flaking, an intense odor, a sweet and creamy taste, if it is not very mature, to become, in time, increasingly intense and sharp. Produced in quantity by the dairy experts of the Province, it is also wellreceived in national and international contests, although it does not have the DOP status which would distinguish it from the "Caciocavallo Silano" brand, holder of this status.
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Foto a pag. 30: Alcune forme di caciocavallo, formaggio a pasta filata, di diversi periodi di stagionatura. In questa pagina: Caciocavalli, scamorze e altri prodotti caseari insaporiti ed arricchiti da tartufo. Nel tondo: Soffice ricotta di mucca.
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GASTRONOMIA
SAPORI E COLORI DELLA TERRA LA CUCINA SPECCHIO DI CIVILTÀ E DI CULTURA MOLISANA
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a cucina molisana, e più in particolare quella dell’Alto Molise, era ed è semplice nelle sue proporzioni. I cibi hanno infatti il sapore ed il colore della terra; delle farine degli altopiani mietuti e molite ai mulini ad acqua; dei pani grossi che prendevano forma nei forni a legna per farsi, nell’impasto con la patata, compatti nella fragranza e nella sostanza; delle polente di granturco che si fondevano a fagioli o a patate e si insaporivano a cappucce, peperoni, cipolle e zucchine essiccate; delle sagne, delle taccozze, delle taccunelle, dei cazzariegli, nel lavorio di braccia e di polsi, uniti ai fagioli, ai ceci, alle lenticchie, alle cicerchie, e ai cavati e ai cavatelli, con il cuore di patate o di sola acqua e farina, con l’acqua di cottura che, mescolata al vino, corroborava ed “apriva” lo stomaco; del baccalà che arrivava in montagna (oggetto di baratto) ad insaporire sughi lenti e polenta e a sostituirsi alla più preziosa carne; dei formaggi, arte femminile nelle case e attività maschile nei mesi della transumanza, consumati freschi o stagionati; delle carni dell’aia e della stalla, macellate e sovente essiccate o conservate a riposta; delle uova fresche del pollaio, merce anch’esse di scambio; delle cappucce, delle verze, dei peperoni, delle patate, delle zucchine, dei pomodori e degli agli, delle cipolle e dei porri degli orti, in un ricettario variegato che non consentiva di creare e di rielaborare nella necessità, semplicemente, del dover fare. Una gastronomia, che nel tempo ha elaborato i prodotti delle piccole realtà che li esprimevano, vi ha inserito i profumi della campagna e le tipicità del bosco e della montagna, pur ricevendo influssi dalle realtà geografiche limitrofe in specie grazie alla fitta rete dei percorsi tratturali da cui è attraversata.
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olise people are strong and head strong. They do not speak too much. They are wary but they open their houses for guests and windows for the sun. In the past men and women worked the land, only men followed their herds in the transhumance to Puglia and women stayed at home, alone for a long time, to take care of the family business, looking after children and animals and looking after the elderly ones of the family. Women’s hands hoed, planted and harvested the garden and the fields; they walked along paths and mountains in search of wild herbs for the “minestra"; tireless, they cared for the animals in the barn. In the kitchen, with the fire almost always burning, they kneaded white and yellow flour to make bread and “pizza”, “sagne” cooked in the pot or “polenta” cooked in a “cotturo”.
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Foto a pag. 32: La lavorazione delle “sagnette” da abbinare ai fagioli di Acquaviva di Isernia. In questa pagina, sopra: i “ravioloni scapolesi”, a lato, la “Cipollata” di Isernia.
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a gastronomia, come specchio di civiltà e di cultura di un popolo, di momenti esistenziali che non privilegiano il superfluo o la creatività, ma rappresentano la necessaria sintesi fra quel che il territorio offre e quel che la cucina riesce a rendere in un “transire”, che dà il senso ed il significato della gastronomia odierna, che nelle preparazioni sovente è infedele discepola della tradizione, innovando ed introducendo ingredienti più facilmente reperibili rispetto a quelli richiesti, divenuti solo di nicchia, o insaporendo, da ultimo, con funghi e tartufi di cui il territorio provinciale abbonda, piatti che in origine non li prevedevano. Olio di ottima qualità, prodotto sovente da uliveti secolari; vini di vitigni autoctoni (la Tintilia), di recente presenti in estese coltivazioni; paste alimentari fresche realizzate e commercializzate da moderni pastifici secondo i formati della tradizione; carni che privilegiano oggi per lo più l’uso di bovini, ovini e suini nelle loro parti più nobili, riservando invece alle pietanze della tradizione l’eccezionalità del loro consumo o la riproposizione solo in specifiche sagre; la superiore bontà e qualità dei prodotti caseari (caciocavallo, ricotta, scamorze, stracciate, fiordilatte, pecorino), che hanno affiancato oggi il consumo di carni e qualificato la tipicità della gastronomia locale.
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he cuisine of the Province of Isernia over time has used products of small companies that perfectly made them, putting in them scents of the countryside and the typical products of forests and mountains, while still getting influences from neighboring geographic areas in particular thanks to the dense network of sheep tracks which cross the whole region of Molise. This typical cuisine had nothing to do with other rich and more celebrated cuisines. Products for the daily needs were made in kitchens, ovens and warehouses, which became "laboratories" of efforts and creativity just for women. Those were the physical locations where girls have always learned from their mothers and grandmothers how they in turn had learned from their mothers and their grandmothers, according to a transmission model of knowledge in the kitchen without any measuring of ingredients. The food, therefore, was a reflection of civilization, culture of people and existential moments that did not give importance to the superfluous or creativity. The food once represented what the area had to offer, while today cuisines in daily preparations are often unfaithful disciple of the tradition, innovating and introducing ingredients just recently available, like mushrooms and truffles with which the Province abounds, even if those dishes originally did not require them.
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Foto a pag. 35: La preparazione di “Pallotte casce e ova”, piatto tipico della tradizione culinaria altomolisana. In questa pagina: La “Polenta di Chiauci” con peperoni e salsiccia, da un lato, e baccalà, dall’altro. Nel tondo il baccalà con le prugne di Scapoli.
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ARTIGIANATO
IL MERLETTO A TOMBOLO DI ISERNIA L’ALTO ARTIGIANATO PRESENTE AD ISERNIA DAL XVI SECOLO
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ue sono i luoghi che si contendono il primato per la fine lavorazione del merletto a fuselli: l'Italia e le Fiandre. Verso la fine del XV secolo si afferma infatti quest'arte di merlettare, dall'evoluzione di altre tecniche già in uso, e sono proprio Venezia ed Anversa le due città a cui la gran parte degli studiosi fa riferimento per quanto riguarda la datazione storica. Da ricerche più recenti sembra tuttavia che le date più remote siano da attribuire all'Italia e, fra le città in cui da più secoli si tramanda la tradizione di fare trine, si annovera proprio Isernia. Risale, infatti, al 1503 la presenza in Città della lavorazione a tombolo (dal latino tumulus con riferimento al cuscino d'appoggio). Nelle giornate della bella stagione ancora oggi si possono infatti osservare nei vicoli cittadini anziane signore dedite a lavorare il tombolo, continuando una preziosa tradizione che, attraversando il corso di cinque secoli, continua fino ai nostri giorni. L'arte di fare merletti giunse ad Isernia dal Regno di Napoli intorno al XV secolo e si diffuse soprattutto nel periodo delle regine aragonesi Giovanna III e Giovanna IV, che amavano soggiornare nella città pentra e spesso facevano guarnire i loro ricercati abiti di merletti con tombolo locale. Primo luogo eletto, dove si eseguiva il tombolo in maniera artistica, fu il Convento di Santa Maria delle Monache, che accoglieva le giovani fanciulle della nobiltà napoletana costrette a monacarsi.
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wo places compete for primacy in the delicate workmanship of bobbin lace: Italy and the Flanders. Toward the end of the 15th century the art of working in lace was established, deriving from other techniques already in use, and Venice and Antwerp are the two cities to which most researchers make reference with regard to historical dating. But from more current research it seems that the earliest dates are to attribute to Italy and Isernia is included amongst the cities in which this tradition was handed down for the longest time. The presence in Isernia of bobbin lacework (form the Latin tumulus, referring to the supporting cushion) goes back to 1503. Still today, during the summer, elderly women dedicated to bobbin lacework can be observed in the narrow streets of the city center, continuing a precious tradition which, though five centuries, is still practiced today. The art of bobbin lacework reached Isernia from the Kingdom of Naples, around the 15th century and spread especially during the period of the Aragonese queens, Joanna III and Joanna IV, who loved to sojourn in Isernia and often had their refined garments embroidered with the local bobbin lacework. The Convent of Santa Maria delle Monache was a privileged location for bobbin lacework carried out in an artistic fashion; it welcomed young women from Neapolitan nobility who were forced to become nuns.
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Foto a pag. 37: La lavorazione del merletto a tombolo, in primo piano, i fuselli di legno. In questa pagina: Lavoratrici del merletto a tombolo nei vicoli di Isernia (primi anni del XX secolo). Nel tondo: Antico merletto.
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ARTIGIANATO
LE BOTTEGHE E IL MUSEO DELLA ZAMPOGNA DAI PRIMI ANNI SETTANTA DEL XX SECOLO L’ANTICO STRUMENTO DELLA CIVILTÀ PASTORALE HA PORTATO SCAPOLI ALLA RIBALTA INTERNAZIONALE
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ontecostanza è una delle sedici frazioni disseminate per il vasto agro di Scapoli. In questa contrada, dalla quiete e dal panorama bello da togliere il fiato, si perpetua ancor oggi l'arte tradizionale legata alla costruzione della zampogna, che qui ha origine a cominciare dalla scelta e dall’accatastamento del legno (ulivo, ciliegio, prugno, sorbo, albicocco, pero), che viene messo a stagionare. Questa in sintesi la genesi dello strumento a fiato della civiltà pastorale, che continua a prendere abilmente forma tra le esperte mani dei suoi numerosi costruttori. Tra i molti Umberto Di Fiore, erede di una tradizione passata per suo padre Ettore, morto nel 1996, e suo nonno Benedetto, morto nel 1965, che aveva appreso la singolare arte da artigiani di Villa Latina (FR). Ettore Di Fiore, in particolare, Luciano Di Fiore e Gerardo Guatieri sono riconosciuti quali capostipiti dei costruttori di zampogna: ad essi è riservato un rispetto quasi reverenziale da tutti i cultori di tale strumento. Specialista nella lavorazione di ance, chiuse e aperte, è invece oggi Luigi Ricci. Nella “fucina” di Fontecostanza operano inoltre Paolo Di Fiore, costruttore di zampogne, figlio di Luciano Di Fiore, e Fabio Ricci, figlio di Romeo Ricci, anch’egli costruttore e suonatore. Noto costruttore scapolese è anche Franco Izzi: oltre a dar forma agli strumenti, Izzi è anche musicista e innovatore della zampogna della tradizione molisana. La sua bottega-laboratorio si apre lungo il Cammino di Ronda in un vano a piano terra del Palazzo Battiloro, a poca distanza dal Museo Civico della Zampogna.
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ontecostanza is one of the sixteen hamlets in the vast countryside of Scapoli. In this quarter, characterized by a quiet and a breathtaking panorama, the traditional art of bagpipe making continues on, having origin here from the choice and the stacking of the wood (olive trees, cherry trees, plum trees, sorb trees, apricot trees, pear trees), which is then seasoned. This, in sum, is the birth of the wind instrument of pastoral civilization, which continues to take shape through the expert handiwork of its numerous artisans. Among them Umberto Di Fiore, heir of a tradition passed down by his father Ettore who died in 1996, and his grandfather Benedetto who died in 1965, who had learned the unusual art from artisans of Villa Latina (FR). Ettore Di Fiore in particular, Luciano Di Fiore and Gerardo Guatieri are recognized as the forefathers of these bagpipe makers, to whom an almost reverential respect is reserved by all enthusiasts of said instrument. Today, Luigi Ricci is an expert in the workmanship of reeds, both closed and open. In the “smithy” of Fontecostanza Paolo Di Fiore, son of Luciano, makes bagpipes, and Fabio Ricci, son of Romeo, is both a bagpipe maker and musician. Franco Izzi is another artisan from Scapoli: besides creating instruments, Izzi is also musician and innovator of the traditional bagpipe of Molise. His workshop-laboratory is located along the Cammino di Ronda in a ground-floor space in Palazzo Battiloro, a short distance from the Civic Bagpipe Museum.
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Foto a pag. 34: Un artigiano scapolese costruttore di zampogne. In questa pagina: Elementi di zampogna presenti in una bottega artigiana.Nel tondo: lavorazione al tornio.
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ioiello di Scapoli, il Museo Civico della Zampogna offre al visitatore biblioteca, cineteca, sala d'attesa, fonoteca insonorizzata, sala conferenze, sala video, sala mostre, punto vendita, mentre al piano terra è stata riprodotta una bottega artigiana della zampogna con strumenti di lavoro, ciocchi di legno (ciliegio, in particolare, ma anche prugno ed olivo, legni della zampogna) e, alle pareti, sono i volti di illustri costruttori scapolesi di zampogna (Benedetto Di Fiore, Gerardo Guatieri, Ettore Di Fiore, Luciano Di Fiore), che hanno trasmesso alle nuove generazioni la propria incomparabile arte. Oltre alle zampogne scapolesi e a quelle italiane di diverse regioni, sono presenti strumenti pregiatissimi provenienti da tantissime aree del mondo, ove sono ancora in uso strumenti a fiato della tradizione. Al Museo Civico si affianca la Mostra permanente di Cornamuse e Zampogne allestita dal Circolo culturale e Centro Italiano della Zampogna (CIZ), che promuove inziative volte alla valorizzazione dell’antico strumento della civiltà pastorale. A Scapoli si tiene inoltre una Mostra-Mercato della Zampogna e dal 1991 anche un Festival della Zampogna, che accoglie musicisti di provenienza italiana ed internazionale in una tre giorni di non stop musicale, che cade sempre l’ultima settimana di luglio.
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jewel of Scapoli, The Civic Bagpipe Museum offers visitors a library, a film library, a waiting room, sound-proof sound archives, a conference room, a video room, an exhibition room, a shop, while on the first floor an artisan workshop has been reproduced with tools, logs (cherry tree, particularly, but also plum tree and olive tree, woods used for bagpipe making) and, on the walls, there are the photos of illustrious bagpipe makers from Scapoli (Benedetto Di Fiore, Gerardo Guatieri, Ettore Di Fiore, Luciano Di Fiore) who have transmitted their own incomparable art to younger generations. Besides the local bagpipes and those from different regions, there are tools from many areas of the world, where traditional wind instruments are still in use. Alongside the Civic Museum is the Permanent Bagpipe and Pipe Instrument Exhibition, organized by the Circolo Culturale and Centro Italiano della Zampogna (CIZ), which promotes initiatives aimed at the valorization of the ancient instrument of pastoral civilization. In Scapoli there has been a Bagpipe Exhibition-Market and, since 1991, a Bagpipe Festival, which welcomes both Italian and international musicians for a three-day, non-stop music festival, which always falls on the last week of July.
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Foto in questa pagina: Concerto degli Inti Illimani al Festival Internazionale della Zampogna. Nella pagina a fianco: Veduta della sala degli strumenti all’interno del Museo Civico della Zampogna di Scapoli. Nel Tondo: il folto pubblico dei concerti serali.
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MILLE ANNI DI RINTOCCHI LA PREMIATA FONDERIA DI CAMPANE MARINELLI E LA SUA MILLENARIA STORIA
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a Pontificia Fonderia è l’unica sopravvissuta, tra le dinastie dei numerosi fonditori di campane di Agnone, che da otto secoli si tramanda ininterrottamente, di padre in figlio, quest’antica arte. Proprio nel Museo Marinelli è infatti conservato un raro esemplare di campana gotica che la tradizione vuole sia stata fusa 1000 anni fa in Agnone. È probabile che campane in bronzo di notevole dimensioni si fondessero in questa cittadina anche prima del 1200. Certo è che Nicodemo Marinelli, “Campanarus”, nel 1339 fuse una campana di circa 2 quintali per una chiesa del frusinate. Campane agnonesi di raffinata fattura, che vanno dal XIV secolo in poi, sono ancora visibili non solo presso il Museo Marinelli, ma su molti campanili dai quali oggi propagano le proprie sonorità. Una storia millenaria, quella della Fonderia Marinelli, che ha vissuto fasi alterne, pur annoverando significative esperienze quale quella risalente al 1924, anno in cui Papa Pio XI concesse alla famiglia agnonese il privilegio di effigiarsi dello Stemma Pontificio. Durante la Seconda Guerra Mondiale la Fonderia fu costretta a sospendere l’attività produttiva, essendo state requisite le campane il cui bronzo venne utilizzato per la costruzione di armi. Non facile fu la ripresa nel dopoguerra ma già nel 1949 fu assegnato alla Fonderia il compito di fondere le campane per l’Abbazia di Montecassino, in ricostruzione dopo i devastanti bombardamenti bellici. Nel 1950 un rovinoso incendio costrinse i prestigosi mastri campanari ad abbandonare la vecchia sede e ad impiantare una nuova officina nell’allora periferia del paese. Nonostante ciò, si continuò a fondere campane per le chiese più note ed amate della cristianità e per quelle moderne che stavano nascendo. Nuovo grandissimo riconoscimento giunse nel 1954, quando il Presidente della Repubblica consegnò alla famiglia Marinelli la Medaglia d’Oro “quale premio ambitissimo alla Ditta più antica per attività e fedeltà al lavoro in campo nazionale”. Da allora il lavoro dei fonditori Marinelli prosegue inalterato sia per la tecnica di produzione, che è quella in uso nel Medioevo, sia per la perizia e la professionalità acquisita ed esperita nel tempo. Nel XXI secolo, dunque, il nome di Agnone, grazie al suono delle sue campane e alla ferrea volontà dei Marinelli, continua a (ri)suonare ancora per tutte le contrade della terra.
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he Pontificia Fonderia Marinelli is the only foundry which survived, amongst the dynasties of the numerous bell foundries in Agnone, which has uninterruptedly handed down this ancient art from father to son for eight centuries. In the Marinelli Museum, a rare example of a Gothic bell is, in fact, preserved; tradition has it that it was cast in Agnone 1000 years ago. It is probable that bells in bronze, great in dimension, were also cast in this town before the 1200. Certainly Nicodemo Marinelli, "Campanarus", melted a bell of around 2 quintals for a church of the Frosinone Province in 1339. Bells from Agnone of refined craftsmanship, made from the XIV century onward, are not only visible at the Marinelli Museum, but in many bell towers from which they ring today. A thousand-year-old history, that of the Fonderia Marinelli, which has gone through alternate phases, also counting meaningful experiences such as that of 1924, when Pope Pius XI granted the Marinelli family the privilege of depicting the papal coat of arms. During the Second World War, the Foundry was forced to suspend its productive activity, because the bronze of the bells was confiscated for the construction of weapons. Recovery during the postwar period was hard but already in 1949 the Foundry was assigned to cast the bells for the Abbey of Montecassino, under reconstruction after the devastating bombings during the war. In 1950, a devastating fire forced prestigious bellmaking craftsmen to abandon their old headquarters and install a new shop on the outskirts of town. Despite this, it kept on casting bells, both for the most known and beloved churches of Christianity and for the modern ones which were being created. New recognition arrived 1954, when the President of the Republic bestowed the gold Medal on Marinelli family "as a sought-after prize to the oldest Company for activity and loyalty to the job on a national scale”. Since then the Marinelli foundry workers’ labor continues unchanged both for the productive technique, used since the Middle Ages, and for the skill and the professionalism acquired through time. In the 21st century the name of Agnone, thanks to the sound of its bells and the iron will of the Marinelli family, continues to ring throughout the world.
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Foto a pag. 42: Veduta interna della Pontificia Fonderia Marinelli in Agnone.
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TRADIZIONI
L’ANCESTRALE MASCHERA DELL’UOMO CERVO IL MISTERO DI UN ANTICHISSIMO RITO RIVIVE IL GIORNO DI CARNEVALE A CASTELNUOVO AL VOLTURNO, ALLE PENDICI DELLE MAINARDE
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l rito dell'Uomo Cervo, Gl'Cierv, è una pantomima che coinvolge molti abitanti del luogo sia come protagonisti sia come figuranti, e si svolge nella piazza dell'abitato di Castelnuovo al Volturno, dopo il tramonto. Essa rappresenta la parafrasi del significato primordiale del Carnevale, l'antichissimo mito dionisiaco, nel quale il passaggio delle stagioni è simboleggiato in maniera cruenta ed in cui, per la rinascita della natura, è indispensabile una morte sacrificale, e al tempo stesso è la figurazione di ciò che da sempre sconvolge l’animo umano: le radicate paure per l'irrazionale, l'incomprensibile, la violenza selvaggia della natura che sovrasta e a volte travolge. Una paura da esorcizzare e dominare, dunque, affinché la vita assuma un aspetto gestibile, tranquillo, e cammini lungo la sicura via della normalità. II sole è appena calato e l'aria fredda della sera comincia a sferzare le vie del borgo. II pubblico, giunto già dal primo pomeriggio, gremisce la piazzetta in attesa dell'evento quando, inattese, riunite in un folto gruppo, si mostrano le janare, le streghe. Nere e grifagne, personaggi giunti dalla superstizione e dalla paura, muovono i passi cadenzati di un’angosciante danza. Sono le oscure messaggere di un avvenimento formidabile che, di lì a poco, sconvolgerà la quiete. E mentre la gente è ancora sconcertata da tali presenze, risuonano nell'aria le melliflue note delle zampogne. Con un incedere lento, ieratico, ecco gli zampognari, poi il Cervo, la Cerva, Martino, la Popolana, il Cacciatore: tutti partecipano al rito che vede prima la morte e poi la resurrezione de Gl’Cierv a nuova vita.
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l'Cierv is a pantomime which involves many inhabitants of the town, both as protagonists and as participants, and it is carried out in the main square of Castelnuovo al Volturno, after sunset. It represents the paraphrase of the primordial meaning of Carnival, the ancient Dionysian myth, in which the changing of the seasons is symbolized in ferocious way and in which a sacrificial death is essential for the rebirth of nature, and at the same time it is the depiction of that which has always devastated the human mind: the rooted fears of the irrational, the incomprehensible, the savage violence of nature which dominates and, at times, overwhelms. A fear to be exorcized and to be dominated, so that life can take on a manageable, tranquil appearance and can continue on along the safe path of normalcy. The sun has just set and the cold evening air starts to whip through the village streets. Spectators, having already arrived in the afternoon, fill the square, waiting for the event when, unexpectedly, reunited in a numerous group, the janare, the witches, appear. Dark and fierce, these characters are conjured by superstition and fear, taking rhythmic steps in an anguishing dance. They are the dark messengers of a formidable event which, in just a while, will disrupt the quiet. And while people are still bewildered by these presences, the mellifluous notes of bagpipes play in the air. Advancing slowly, hieratic, are the bagpipers, then the Buck, the Doe, Martino, the Woman of the people, the Hunter: all participate in the rite that sees the death and then the resurrection of Gl’Cierv.
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A pag. 44: Un momento della Pantomima dell’Uomo Cervo, che si rappresenta l’ultima domenica di Carnevale a Castelnuovo al Volturno. In questa pagina: Il Cervo e la Cerva, le maschere simbolo del Carnevale dell’Uomo Cervo.
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IL RITO DEL FUOCO PIÙ GRANDE DEL MONDO L’8 DICEMBRE, E NEL RISPETTO DELLA TRADIZIONE IL 24, LA CITTÀ DI AGNONE SI INCENDIA PER LA NATIVITÀ DEL SIGNORE AL FUOCO DELLE ‘NDOCCE
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a sera della Vigilia, all'imbrunire, almeno ottocento fra portatori e figuranti si riuniscono all'ingresso settentrionale di Agnone: la tensione è evidente, le emozioni si risvegliano e si rinnovano. Il segnale per l'accensione delle gigantesche torce e per la partenza è dato dal rintocco della campana più grande di Agnone, posta sul campanile di Sant'Antonio, il più alto della città. Uno, due rintocchi, poi nelle strade si fa silenzio e il corteo si avvia. Davanti a tutti ci sono gli stendardi dei gruppi e le scene di vita contadina animata soprattutto da donne e bambini. Poi, il fuoco. Iniziano a sfilare i bambini con 'ndocce singole, a volte leggermente più piccole delle misure riservate agli adulti. I portatori sono solo uomini. Alla 'Ndocciata non c'è età: il più piccolo portatore che si ricordi aveva due anni (ma i ragazzi possono seriamente iniziare intorno ai sette-otto anni a portare 'ndocce vere), mentre il più anziano sfiorava gli ottant'anni. Avvolti nei loro grandi mantelli scuri, i portatori procedono in un ordine prestabilito. Dopo le torce singole, ecco quelle a due. Subito dopo entra in scena il vero e proprio esercito di uomini con in spalla quattro grosse torce: è il cuore forte della 'Ndocciata. Le emozioni crescono, il torrente di fuoco si fa maestoso e ora si dipana sotto gli occhi degli spettatori che affollano il corso principale di Agnone. Si ripeterà ancora l'appuntamento dell'8 dicembre sempre legato ad anniversari o ad edizioni particolari ma l'appuntamento della tradizione resta e resterà sempre quello della Vigilia di Natale, quando ogni agnonese - che si trovi in patria o negli angoli più sperduti del mondo - vedendo nascere il Salvatore, accende la propria 'ndoccia interna, che è fuoco di fede e di attaccamento alle proprie antichissime radici.
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t dusk, on Christmas Eve, at least eight hundred bearers and paraders gather at the northern entrance of Agnone: the tension is evident, emotions awaken and are renewed. The signal for the lighting of the gigantic torches and for the departure is given by the toll of the greatest bell of Agnone, set on the bell tower of Sant'Antonio, the tallest of the city. After ringing twice, silence reigns in the streets and the cortège sets out. At the front are the banners of the groups and the scenes country life, mainly animated by women and children. Then, the fire. Children begin to march with single ‘ndocce (torches), at times slightly smaller than those of the adults. The bearers are only men. There is no age limit for the 'Ndocciata: the smallest bearer remembered was two years old (but the boys can seriously begin to carry true ‘ndocce around seven or eight years of age), while the eldest was about eighty. Wrapped in their great dark mantles, the bearers proceed in a prearranged order. After the single torches, there are those with two. Soon after, a veritable army of men with four large torches on their shoulders: it is the true heart of the 'Ndocciata. Emotions rise, the torrent of fire is majestic and unfolds under the eyes of the spectators who crowd the main street of Agnone. The December 8th appointment will be repeated, connected to anniversaries or special editions, but this appointment with tradition remains, and always will, that of Christmas Eve, when everyone from Agnone – whether at home or abroad – seeing the Savior be born, illuminates his own spiritual 'ndoccia, which burns with faith and with devotion to his own ancient roots.
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Foto a pag. 46: Mille ‘ndocce incendiano il corso principale di Agnone. In questa pagina, in basso: La spettacolare sfilata per le strade agnonesi. A pag. 48: Il grande falò finale della ‘Ndocciata.
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Realizzazione editoriale VOLTURNIA EDIZIONI di Cerro al Volturno (IS) per conto della CAMERA DI COMMERCIO DI ISERNIA Testi a cura della redazione del trimestrale altri ITINERARI Traduzione Angela Marie Pitassi Foto, progetto grafico e impaginazione Tobia Paolone Copyright Š 2014 Volturnia Edizioni - Tutti i diritti sono riservati www.volturniaedizioni.com - info@volturniaedizioni.com
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