Strade Aperte Luglio-Agosto 2020

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«Camminando, si apre il cammino*» Gioacchino Maida

«Quando la strada non c’è, inventala!» (BP) Massimiliano Costa Presidente Nazionale Masci

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Siamo già passati nella seconda metà di un anno tragico e difficoltoso. Siamo anche passati alla terza fase (chissà quante ne attraverseremo) di questa pandemia e quindi: “ri‐ prendiamo il cammino…rimettiamoci sulla strada”. Il tema della strada è proprio quello che caratterizza questo numero: dalla strada da inventare di B.P. ‐citata da Massi‐ miliano – all’affine messaggio di Mimmo che ci invita a cer‐ care strade non battute, tutto per dire che riprendiamo, come possiamo, ma riprendiamo. Nonostante ci siamo ga‐ gliardamente cimentati con la comunicazione remota – ci viene raccontato “Dalle regioni” un Campo Regionale on‐ line, oltre che una concretissima Mostra scout‐ si riprende e, giustamente, nel “Punto di vista” ci viene ricordata la no‐ stra dimestichezza con i grandi cammini dei pellegrini. Purtroppo, lungo la nostra strada si riaffacciano polemiche su B.P., polemiche riattizzate da chi manda il “cervello al‐ l’ammasso” e quindi ci è sembrato opportuno mettere i pun‐ tini sulle i, con l’aiuto di Mario Sica, ma anche con i “Punti di vista” che precisano i fatti attuali, con qualche pennellata di considerazioni di giovani scout. La speranza è, comunque, di riprendere non una strada vec‐ chia e neanche rinnovata, ma nuova e lasciar da parte il luogo comune del “nulla sarà come prima”. In verità vi sono avvisaglie che si ricomincia e si vuol ricominciare proprio come prima e più di prima, per recuperare il tempo perso. La strada intrapresa considera la convivenza con il virus e in Opinioni e dibattiti ci viene ricordato che pur con un ardito ponte tibetano possiamo andare avanti e riscoprire l’uma‐ nità, umanità il cui riferimento è chiaro nella Vita delle Co‐ munità. A questo proposito viene ripresa l’ispirazione di Schuman ricordando il rinnovato impegno europeo: dal‐ l’economia, all’ambiente, alla solidarietà. Sono anche andate avanti le riflessioni sui nostri orizzonti di programma, pur con tutto fermo: in questo senso abbiamo offerto, con Mascincontri, una riflessione alta, che ben si sposa con il secondo numero della Newsletter “sostenibile”. Nel nostro Scautese, poi, vengono ben sottolineati i signifi‐ cati della strada, strada a volte difficile. Non facilissimo, in‐ fatti, essere ancora organizzatori di una “Tavolata”, reale e sui generis, nel mese dedicato al Creato, sull’onda della Lau‐ dato si’, come richiamato nelle Lettere. Ultimo, ma non ultimo: a prima vista sembrerebbe sia sfug‐ gita la parte dedicata agli Itinerari di fede, in realtà incon‐ trerete preghiere e riflessioni lungo il vostro cammino di lettura personale della rivista:“Lungo la strada, Signor, che porta a te…”. Buona estate! *«Viandante, sono le tue orme la strada, nient’altro; Viandante, non sei su una strada, la strada la fai tu andando» A. Machado

Riguardando a questi mesi trascorsi, dopo un breve pe‐ riodo iniziale di smarrimento, ci siamo trovati tutti ad inventarci una via per vivere il nostro essere adulti scout, cristiani nel mondo. Le esperienze delle Comu‐ nità sono state le più diverse, ognuna rapportata alla sua propria situazione. Volutamente non si sono date centralmente indicazioni “uguali per tutti” – come qualcuno peraltro ci aveva Noi adulti scout chiesto – proprio per salva‐ guardare la centralità della diciamo di voler comunità, per rispettare la fare strada differenza dei territori, e per nel cuore, riconoscere il nostro essere adulti, capaci di discerni‐ nel creato e mento. nella città. Abbiamo scoperto e usato le nuove tecnologie del web in È qualcosa di più modo davvero creativo, ab‐ biamo condiviso momenti di che una metafora preghiera e riflessione a di‐ della vita: versi livelli quasi come fos‐ simo gomito a gomito, siamo è lo stile riusciti a svolgere servizi di‐ dell’impegno versi utili a chi ne aveva biso‐ gno, …. Abbiamo inventato quotidiano che strade nuove per continuare a vivere il nostro essere con semplicità e scout. Questo è stato bello! costanza Ora però la ripresa non dovrà essere un ritorno al perseguiamo passato senza lasciarci toc‐ come singoli e care dall’esperienza vissuta. Non sarà cosa facile perché come Movimento. tutti tendiamo, anche incon‐ sapevolmente, a riprendere le nostre abitudini ed i nostri stili di vita. Fatica la politica, fatica l’economia, faticano gli uomini di fede a trovare una via per la costruzione di un mo‐ dello di società diverso da quello attuale: meno com‐ petitivo e più inclusivo, meno concorrenziale e più attento alle singole persone, meno basato sul profitto e più attento ai bisogni di intere fasce di popolazioni o di interi popoli, meno fatto da slogan banali avvincenti e più ricco di senso e orientato al futuro. Faticano tutti e faticheremo anche noi.


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Papa Francesco da tempo ha “inventato una via” e ci propone di percorrerla: coinvolge la globalità dell’uomo nel rispetto del creato e nel rinnovamento dell’economia, perché solo uno sviluppo più a misura d’uomo può far crescere davvero tutta l’umanità senza scar‐ tare nessuno. Questa visione integrale è la ri‐ conferma dell’antropologia cristiana del vivere, letta alla luce dei segni dei tempi e con lo stile di chi ascolta i bisogni dell’uomo. È un obiettivo alto e concreto nello stesso tempo, per tutta l’umanità e nello stesso tempo per i singoli, rivolto ai cristiani e anche a chi fede non ha. Noi adulti scout diciamo di voler fare strada nel cuore, nel creato e nella città. È qualcosa di più che una metafora della vita: è lo stile dell’impegno quotidiano che con semplicità e costanza perseguiamo come singoli e come Movimento. Abbiamo capito che il futuro prossimo non potrà che essere caratterizzato da una con‐ vivenza con il virus, abbiamo capito che non potremo far finta di nulla ma non vorremo nemmeno essere bloccati a causa della paura. I limiti della scienza e della tecnologia sono i limiti dell’uomo e la coscienza di que‐ sto ci rende certamente più liberi, nel senso che riusciamo a cogliere con maggiore pie‐ nezza ciò che conta davvero nella vita. Detto questo, però, nel nostro quotidiano come possiamo ripartire facendo tesoro della lezione di que‐ e a testimoniare con queste il proprio credo. La te‐ sti mesi? stimonianza è una faccia della medaglia, l’altra è la BP suggeriva: “quando la strada non c’è, inventala!” coscienza delle esperienze, ma per fare questo per‐ abbiamo chiari i valori da perseguire, forse però non corso è indispensabile il cammino condiviso nella co‐ sappiamo quale strada percorrere, nell’immediato, munità. per raggiungere le mete alte e ultime di cui abbiamo Non sto proponendo delle attività, ma sto sottoline‐ coscienza. ando un metodo che può caratterizzare la nostra ri‐ Dobbiamo inventarci la strada. presa: un metodo che ci porta a essere testimoni Riaffermare la nostra identità di movimento di adulti, coscienti, ovvero persone che alle idee e ai pensieri centrato sull’educazione permanente secondo i valori fanno seguire azioni coerenti e ripetibili. Questa rela‐ dello scautismo e che orienta la vita di ognuno zione singolo comunità è praticabile di noi al servizio e alla testimonianza, nella fede se c’è la perseveranza nel ricercare le e nella storia, è un primo sostanziale passo che per compiere questi pas‐ La Comunità è occasioni però non può essere esaustivo. Come movi‐ saggi, ma come Movimento tutto mento, nel nostro insieme, dobbiamo coltivare come facciamo? Certamente il movi‐ determinante contemporaneamente la cultura della ricerca e mento si specchia nelle comunità per aiutare ogni quella della testimonianza: ricerca del significato così come queste caratterizzano il nelle azioni che si compiono e testimonianza tutto. È una relazione di correspon‐ adulto scout quale conseguenza del discernimento personale sabilità ove non esiste un prima e un a dare senso e comunitario. dopo: l’insieme dipende dalle singole Questi due passaggi, coinvolgono ognuno di noi, e ogni comunità è influenzata alle esperienze entità trovano la sua migliore esplicazione nella comu‐ dal tutto. Cultura della ricerca e della nità, e caratterizzano il Movimento nel suo in‐ di vita e fare così testimonianza anche per il Movi‐ sieme. La Comunità è determinante per aiutare mento, ovvero un metodo che dovrà un cammino ogni adulto scout a dare senso alle esperienze essere presente anche nelle attività di vita e fare così un cammino di crescita perso‐ e proposte collettive. di crescita nale che lo porta a scegliere, secondo i valori La strada non c’è… proviamo a in‐ personale. scout e cristiani, le azioni importanti per la vita ventarla!

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Per strade non battute… Mimmo Cotroneo Segretario Nazionale Masci

l’uscita si fa preghiera e la mensa imbandita non “Mettersi per strada per toccare con mano cosa signi‐ manca mai! fica “cercare”, cioè sapere e non ancora vedere, sentire la mancanza di qualcosa che preme e di cui si ha biso‐ Ora è giunta l’ora di ripartire. Ripartenza: parola oggi gno, avvertire un vuoto che non può restare ed esige tanto abusata per indicare una ripresa talvolta di essere colmato. Il coraggio di solo sanitaria ed economica, ma anche psi‐ uscire, di abbandonare ripari e difese chica. Ripartire è sinonimo di continuare un troppo spesso limitanti, di rinunciare È giunta l’ora cammino intrapreso, recuperare quei valori a quanto già si ha per ottenere ciò di che forse prima sfuggivano, nel tran‐tran degli cui si avverte il bisogno: questo è di ripartire. impegni e della vita frenetica di tutti i giorni, mettersi per strada” (Don Giorgio Ripartenza: bloccato nelle stanze delle nostre case e dagli Basadonna) parola oggi tanto schermi del nostro pc.

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“…il ritmo dei passi ci accompa‐ gnerà: là, verso gli orizzonti lontani si va.” Non ci può essere scoutismo senza strada, non ci può essere scou‐ tismo senza vita all’aperto, senza zaino in spalla, senza voltarsi indietro lungo il sentiero per aspettare chi, ultimo tra noi, potrà diventare il primo. Anche il grande insegna‐ mento evangelico di Gesù si svolge lungo strade che idealmente pos‐ siamo definire non battute: in tre anni di predicazione dalla Galilea, lungo il deserto della Samaria e della Giudea, lo conducono a Gerusa‐ lemme, dove entra trionfante tra ali di folla, la stessa che, però, dopo una settimana lo condannerà alla morte di croce. Ma sappiamo che la sua strada non finisce lì: risorto, accom‐ pagna ancora i discepoli lungo il cammino, manifestandosi ad Em‐ maus e precedendoli, di nuovo, in Galilea.

abusata per indicare una ripresa talvolta solo sanitaria ed economica, ma anche psichica. Ripartire è sinonimo di continuare un cammino intrapreso, recuperare quei valori che forse prima sfuggivano.

In questi lunghi mesi di quarantena obbligata, di distanziamento e chiusura di tante atti‐ vità, la strada ci è mancata in modo particolare! A noi scout adulti non sono mancate, forse, le uscite sotto le stelle, proprie delle associazioni giovanili, ma ci è man‐ cata lo stare assieme nelle uscite di Comunità, dove la strada, accessibile a tutti, riduce le distanze del cuore, allevia il peso dei problemi familiari o lavorativi: infine,

Noi adulti scout del MASCI riprenderemo il cammino nelle nostre Comunità di apparte‐ nenza con lo stile che ci contraddistingue, ri‐ spettando le regole, facendoci guidare e consigliare, usando la prudenza, propria del saggio e non del vigliacco. Le nostre Comu‐ nità stanno iniziando a vedersi di persona, il Comitato Esecutivo si è riunito nella magica collina della Base scout di Sala, presso Rieti, per riprendere una strada interrotta a metà, riprendendo a stare assieme, a condividere, ad esplorare nuove iniziative guardandosi negli occhi e baruffando da adulti. Il Masci Nazionale ha programmato il prossimo CN in una regione stupenda dove il fare strada è nel DNA della gente: non a caso, dopo la lunga sosta, ci riuniremo in Trentino‐Alto Adige, nei pressi di Folgaria. Il CN darà il la alla ripresa delle attività scout all’aperto e alle attività programmate nel calendario del nostro impegno triennale: il Seminario su Identità e Metodo, il Sinodo dei Magister, i campi di formazione. A livello regionale sa‐ ranno calendarizzate le Assemblee ordinarie e le Assemblee Elettive degli organi di rap‐ presentanza. Torneremo a fare strada nel cuore, nella città e nel cuore. “Rinunciare a quanto già si ha per ottenere ciò di cui si avverte il bisogno: questo è mettersi per strada”. Queste parole, lasciate in eredità ai Rover e alle Scolte da don Giorgio Basadonna, sono quanto mai attuali dopo la clausura forzata, in cui abbiamo riflet‐


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Infine, per noi adulti “mettersi per strada” è dare va‐ lore ai rapporti tra persone, all’aiuto fraterno, alla sa‐ lute come bene primario, alla libertà non condi‐

zionata, alla passeggiata, alla stretta di mano ed al‐ l’abbraccio. Le Comunità Masci sono pronte, anzi, scalpitano per superare questo momento di forzata solitudine, di mancanza di rapporto interpersonale vero, vivo: ci sono mancate davvero tanto le chiacchiere e le tavole apparecchiate, la musica dal vivo con le chitarre e i canti scout.

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tuto nei collegamenti online, nelle chiacchierate in fa‐ miglia con i figli, non più abituati a stare tanto a lungo con i genitori, ma anche adesso, mentre lentamente riscopriamo il valore dell’Eucarestia domenicale che tanto ci è mancata. Torniamo nelle nostre chiese, nelle nostre parrocchie, con un senso rinnovato di unione alla comunità e ai nostri pastori, che in questo tempo non hanno mancato di accompagnarci, spez‐ zando per noi il Pane della Parola. Torniamo a vivere la comunione!

Ripartiamo tutti assieme… e continueremo a marciare verso strade non battute! Buona strada a tutti noi.

Il punto di vista di Vilma Marchino Ricordate l’impresa Masci “Via Francigena”? Un lungo fil rouge che si è dipanato dal Gran San Bernardo/Monginevro fino a Roma, a Bari e Gerusalemme tra il 2008 e 2015. Quanti Km! In quella superba esperienza io ho definitivamente confermato la vo‐ cazione a camminare che avevo scoperto nel Cammino di Santiago qualche anno prima e che ho poi coltivato anche con le tante altre occasioni di cammino che il Movimento ha offerto in questi ultimi anni. In questi giorni in cui rimbalza in modo sempre più insistente il termine “ripartire” e ci si ingegna per trovare nuovi modi o rinverdire vecchie modalità di portare avanti i propri impegni di famiglia, di lavoro e anche di comunità a me un po’ dispiace non ripartire con un cammino! Il bel progetto pensato per questa estate, infatti, non si è potuto realizzare come tutte le altre attività e i campi che erano previsti. Ragioni di prudenza e di tutela della salute hanno consigliato questa deci‐ sione. Non tutti però sono ancora fermi e la curiosità e la passione mi spingono a seguire vari gruppi che si sono rimessi in cammino e stanno percorrendo le tante Vie, italiane e non, che ormai hanno raggiunto una buona notorietà e mi colpisce che brevi tratti di cammino a piedi vengano inseriti addirittura nei pacchetti turistici delle agenzie di viaggio. È una moda che dilaga? È una esigenza finalmente scoperta o almeno non più nascosta? Di certo si trovano motivazioni diverse in chi si mette in cammino, da solo o in gruppo; dal mero gesto sportivo al trekking turistico al pellegrinaggio, il camminare trova molta attenzione anche in ambito economico per la ripresa dei consumi e della fruizione dell’offerta turistica che in qualche modo porta con sé. Riflettere su questo argomento mi ha portato a pensare che i vari cammini speri‐ mentati nel Masci sono stati una specie di riassunto del camminare: trekking, turi‐ smo, pellegrinaggio, spiritualità e …quel qualcosa in più che definiamo “fare strada”. In altre parole… occasione di crescita. E allora ho pensato che anche la scelta ‐ che quest’anno ci troviamo ad affrontare ‐ di non camminare insieme come adulti scout in un evento Masci, può diventare occasione di cammino particolare, cammino di crescita! Anche se non si cammina fisicamente si può camminare e progredire nel far proprio il significato profondo del “fare strada”, come si conviene agli scout ‐ e agli scout adulti in particolare ‐ in quanto “donne e uomini in cammino”; un fare strada nella vita connotato da capa‐ cità di allontanarsi dalla propria zona comfort, semplicità, essenzialità, cura reci‐ proca e cura del creato/ casa comune, forza e perseveranza. Allora… buona strada nella quotidianità a chi avrebbe camminato sulla Via Lauretana e a tutti coloro che vogliono “ripartire” e sperimentare una volta di più il “fare strada” sulle vie giornaliere della vita. P.S. Qualche bella giornata di cammino fisico fatela però, se potete! Fa davvero bene!

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B.-P. e il Nazismo Estratto da scritti di Mario Sica e da documenti da lui selezionati

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L’8 marzo 2010 si sono diffuse tra i giornali di tutto il mondo – compresi quelli italiani, anche sulla base di un lancio ANSA – una serie di notizie di fonte inglese originate da una declassificazione (o de‐secreta‐ zione) di documenti dei Servizi Segreti inglesi fin qui non accessibili al pubblico. Queste notizie, pur muo‐ vendosi su uno sfondo di fatti reali, hanno dato adito, per una esasperata ricerca del sensazionale e dello scoop, a falsità smaccate: si è parlato di “rap‐ porti molto stretti di Baden‐Powell coi vertici del na‐ zismo” (ANSA), o del fatto che egli “avesse stretto buoni rapporti con la Hitler Jugend e si preparasse a incontrare Hitler a Berlino” (Blitz, quotidiano on‐line) o che “Baden‐Powell professasse apertamente la sua ammirazione per l’ideologia nazista e la Hitler Ju‐ gend” (El Diario Montanes, ma anche BBC Radio Today), o di una nuova prova “del calore mostrato verso i nazisti da una parte della società inglese negli anni ‘30” (UK Politics and Policy), o di una “infiltra‐ zione” della Hitler Jugend nello scautismo inglese (stampa inglese). B.‐P. è stato infine presentato come

un ammiratore del Mein Kampf (il libro di Hitler e “bibbia” del nazismo)…

B.-P. E IL REGIME NAZISTA B.‐P. fu a lungo incerto sul giudizio da dare su Hitler e il nazismo (così come, del resto, su Mussolini e il fascismo). Va ricordato che Hitler era giunto al potere tramite re‐ golari elezioni, e che non era molto nota all’estero la par‐ ticolare brutalità del regime da lui instaurato. Egli quindi alternò a giudizi fortemente critici (in Italia e in Germania i due dittatori hanno “imbrigliato lo spi‐ rito e soppresso l’individualità”, mentre lo scautismo “crede nella promozione del desiderio dall’interno del ragazzo piuttosto che in un’imposizione dall’esterno”) valutazioni piuttosto elogiative, magari sullo spunto della sua critica al sistema scolastico tradizionale…

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Nessuna simpatia di Baden-Powell per il nazismo In relazione al recente comunicato ANSA su un presunto coinvolgimento di Baden‐Powell in rapporti ami‐ chevoli con gerarchi nazisti, possiamo smentire decisamente qualunque simpatia del Fondatore dello Scau‐ tismo per il regime nazista. Il nazismo sciolse le associazioni scout tedesche già nel 1933. Il 19 novembre 1937 Baden‐Powell incontrò ad un tea party all’ambasciata tedesca a Londra l’ambasciatore tedesco, Joachim von Ribbentropp, e il capo della Hitler Jugend, Baldur von Schirach, i quali probabilmente lo invitarono a Berlino. Ma la risposta di Baden‐Powell fu molto generica e a Berlino non andò mai. È quindi sicuramente falso che B.‐P. avesse “rapporti molto stretti coi vertici del nazismo”. Ricevette gli inviati tedeschi con cortesia, ma si tenne lontano dall’aderire alle loro proposte e la Hitler‐Jugend non fu mai invitata ad incontri o manifestazioni scout, né mai vi furono collaborazioni con lo Scautismo di Baden‐Powell. Baden‐Powell lasciò l’Inghilterra una settimana dopo il tea party con Ribbentropp. Vi tornò per brevi periodi ma la sua salute iniziava ormai a declinare e il 27 ottobre 1938 lasciò definitivamente l’Inghilterra per il Kenia dove morì tre anni dopo. É comunque interessante sapere che, nei piani di invasione dell’Inghilterra, i nazisti avevano previsto di ar‐ restare Baden‐Powell e di internarlo in un campo di concentramento. Cosa questa che, meglio di qualunque altra, prova che non vi era nessuna simpatia reciproca fra i nazisti e il Fondatore dello Scautismo. Mario Sica e Attilio Grieco (marzo 2010)


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L’11 Giugno scoppia, quasi per caso, sottotraccia, il caso della statua di B.‐P. che si trova a Poole, nel Dorset (Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord), di fronte alla baia entro cui si trova l’Isola di Brownsea, dove praticamente nacque lo Scautismo nel benedetto giorno di Giovedì, 1° agosto 1907. Da una sintesi di notizie il social network Reddit, rifacendosi ad articoli di stampa inglese ed a corrispondenze della BBC, dà per certa la rimozione della statua di B.‐P., ufficialmente per proteggerla dalla furia iconoclasta che sta colpendo indistintamente statue di personaggi ritenuti colpevoli od innocenti. In realtà cosa succede: un sito web (https://www.toppletheracists.org/), promosso dal progetto Stop Trump Coalition a supporto del the Black Lives Matter movement, dichiara in modo esplicito di voler promuovere nel Regno Unito la distruzione di statue e monumenti che celebrano la schiavitù e il razzismo e, fra queste, anche la statua di B.‐P. Accusato, addirittura di aver commesso atrocità contro gli Zulu durante la sua carriera militare e di essere un simpatizzante nazifascista, quando tutti sanno che era “on top of the list” per essere ucciso senza tante cerimonie in caso di invasione tedesca del Regno Unito. • La statua è stata dapprima fisicamente difesa dagli abitanti del posto, da “vecchi” e giovani scout che hanno vigilato h24 fino a quando la stessa è stata inscatolata con assi di legno per evitare guai, come è purtroppo successo a molte statue di Cristoforo Colombo. • È notizia dello scorso 8 Luglio che la statua di B.‐P. è ora tornata libera di guardare Brownsea e di ispirare tutti gli Scout e le Guide che capitano da quelle parti. • La stessa fortuna non ha avuto una statua di B.‐P. Situata in Portogallo, che è stata decapitata. La storia non può essere riscritta con la furia iconoclasta, ma con una analisi storica seria e meticolosa che non può ridursi a meri slogan catalizzatori di rabbia e di odio. Ciò che vogliamo evidenziare, purtroppo, è che comunque tanto l’associazione scout locale che quella britannica hanno assunto una posizione che definire “pilatesca” è un eufemismo. In generale non si può certo dire che abbiano brillato per intraprendenza i vertici di molte, se non tutte, le associazioni scout. Sarebbe bastato fare ricorso alla documentazione per difendere il Fondatore di un Movimento che ha tolto dalle strade e dalla miseria più nera bambini e bambine, ragazzi e ragazze in ogni epoca, dal 1900 in avanti; che ha fatto dell’integrazione delle classi sociali, della mutua comprensione fra le fedi religiose, della fra‐ ternità fra i popoli del mondo vissuta con le opere e con la fede, la sua stella polare; che ha sempre indicato nel rispetto del prossimo e nell’aiuto verso di esso il punto di partenza per costruire un buon cittadino e perché no anche un buon cristiano come B.‐P, fervente fedele anglicano, era ed ha dimostrato di essere per tutta la vita. Scrive bene il nostro “Baden”, il “Vescovo di Codera”, che “…noi preferiamo le acque fresche e sorgive: noi seguiamo una traccia: quella lasciata da un uomo scopritore in modo eccezionale e magistrale del cuore e dei bisogni dei giovani. Egli è il Vecchio ed amato Capo!... ad Fontes” (Mons. Andrea Ghetti, “Al ritmo dei passi” editrice Ancora Milano)

Ma, nell’ottobre 1936, la sua critica è netta e chiaramen‐ te riferita alle manifestazioni di massa della Hitler Jugend: In vari Paesi altri metodi vengono provati, ed è lusin‐ ghiero per noi che essi siano in qualche misura basati sull’organizzazione che noi abbiamo dato al Movimento scout: ma qui l’analogia cessa, perché i loro autori hanno dato alla formazione uno scopo fondamentalmente di‐ verso, e l’hanno imposta con una forma di istruzione ob‐ bligatoria della massa anziché ispirare, come facciamo noi, un’autoeducazione volontaria ad opera del singolo ragazzo. È vero che essi ottengono di condurre più grandi quantità di ragazzi sotto l’incantesimo del loro ipnotismo di massa; ma noi otteniamo una qualità più alta di gio‐ vani cittadini dotati di un carattere forte1.

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Il punto di vista di Gufo Sapientone

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in primo piano E nel discorso alla Conferenza internazionale dell’Aja (agosto 1937), …, ribadì il concetto: L’unità è oggi ricercata in alcuni Paesi attraverso la coercizione e la repressione delle idee e dell’iniziativa individuale, asse‐ ritamente per il bene comune. Ma il pericolo è che questa sia soltanto una unità superficiale, che non viene dal cuore della gente2. …

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IL MANUALE SCHELLENBERG Nell’estate 1940, dopo la scon‐ fitta della Francia e l’occupa‐ zione di Parigi e della costa atlantica, i nazisti si misero a preparare lo sbarco in Gran Bretagna. A tal fine il generale delle SS Walter Schellenberg, uno dei capi dei servizi segreti di Hitler, mise a punto uno straordinario documento, l’Informa‐ tionsheft Groß Britannien (“Manuale di informazioni sulla Gran Bretagna”), con un allegato, Sonderfahndun‐ gsliste Groß Britannien (“Lista speciale di ricercati per la Gran Bretagna”). L’Informationsheft Groß Britannien, stampato in 20.000 copie, comprende una parte sul “Sistema educativo” con due sotto‐sezioni: le “public schools”3, e il “Movimento scout internazionale”. Quest’ulti‐ mo è visto come organizza‐ zione premilitare e spionistica (caratte‐ ristiche che lo scautismo certo non aveva, e che invece non erano estranee alla Hitler Jugend). Per quanto concerne i ricercati scout della “Lista speciale”, il nome di spicco è naturalmente quello di B.‐P., di cui i nazi‐ sti ignoravano che si fosse ormai stabilito in Africa. Vi si trovano poi anche i respon‐ sabili dell’Ufficio internazionale dello scautismo (compreso Hubert Martin, deceduto da oltre un anno), ed inoltre gli esponenti tedeschi emigrati che in occasione del jamboree di Vogelensang del 1937 ave‐ vano avuto contatti con Wilson per l’organizzazione di un’associazione scout tedesca in esilio e che assieme ad altri guidavano il Deutsche Jugendfront, Fronte della gio‐ ventù tedesca (antinazista), con sede nei Paesi Bassi. Si può immaginare quale sorte sarebbe stata riservata alle persone nella lista, dato che il capo designato della po‐ lizia nazista per la Gran Bretagna era il noto Franz Six 4. Nel complesso, l’episodio da solo basta a far giustizia delle “simpatie naziste” attribuite ad una persona che i nazisti si apprestavano ad arrestare e a spedire in campo di concentramento. …

CONCLUSIONE Sia i documenti che, a ben guardare, anche le loro azioni mostrano chiaramente che Baden‐Powell e i suoi collabo‐ ratori – Lord Somers, Wilson, la Furse e la Kerr – non ave‐ vano alcuna simpatia per il na‐ zismo ed erano totalmente impervi alla sua ideologia ed ai suoi metodi. Soltanto, essi rite‐ nevano che forse i ragazzi po‐ tessero essere recuperati e che comunque ad essi non doves‐ sero addossarsi le colpe degli adulti. Per quanto riguarda più propriamente la sfera politica, essi ritenevano – ed in questo non erano affatto isolati – che la guerra potesse essere evi‐ tata seguendo la politica di appeasement di Chamber‐ lain. L’una e l’altra convinzione peccavano, naturalmente, di ingenuità: per quanto riguarda la prima, B.‐P. sembra a tratti considerare la gioventù – come del resto Maria Montessori considerava l’infan‐ zia – come una categoria a sé stante, una tabula rasa poco condizionata dalle generazioni precedenti ed in grado, in una certa misura, di risollevare (la Montessori diceva “redimere”) l’umanità. Per quanto riguarda la seconda, non vi è dubbio che a B.‐P. e ai suoi, forse un po’ prigionieri dell’apoliticità del Movi‐ mento, sfuggiva la dimensione della pro‐ paganda nazista, il suo dominio sulle coscienze anche giovanili, la spregiudi‐ catezza e la brutalità del nazismo, il suo piano di dominio totale sull’Europa. Ma ciò non significa affatto che in essi vi fosse un cedimento ideale, una abdica‐ zione agli ideali della libertà e della de‐ mocrazia, una rinuncia a principi come la formazione individuale del carattere o la volontarietà del Movimento scout…

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Jamboree, ottobre 1936. Discorso alla Conferenza Internazionale dell’Aja, ora in Taccuino, pp. 281‐284. 3 Le public schools sono i noti collegi privati inglesi dove si forma‐ vano le élites del paese; lo stesso B.‐P. aveva studiato alla public school di Charterhouse. 4 Franz Six, Standartenführer delle SS, che avrebbe dovuto dirigere 6 Einsatzkommando (unità speciali di polizia) per gli arresti da ese‐ guire a Londra, Bristol, Birmingham, Liverpool, Manchester e Edim‐ burgo, fu poi, nel corso del 1941, alla testa dell’Einsatzkommando 7C, che assassinò almeno 4660 persone in Unione Sovietica nella regione di Smolensk. Six, pur essendo riconosciuto come criminale di guerra, se la cavò relativamente a buon mercato: fu condannato nel 1948 a 20 anni di prigione. 2


in primo piano

Le proteste seguite alla morte di George Floyd, il quarantaseienne soffocato il 25 maggio scorso a Minneapolis durante le operazioni di arresto, hanno dato un importante segno di consapevolezza che il razzismo si impone ancora in maniera inaccettabile nel mondo e che l’affermazione dei diritti umani nella storia procede con lentezza. Leggendo la rabbia dei manifestanti, ci siamo arrabbiati anche noi, seguendo in televisione i loro primi flashmob (con distanzia‐ mento anti Covid) ci siamo sentiti loro fratelli e sorelle e abbiamo gioito di questo afflato di speranza, di questo ulteriore passo verso il progresso delle relazioni tra gli Uomini. Abbiamo ripensato ai nostri simboli contro il razzismo, abbiamo parlato ai nostri figli di Martin Luther King e visto insieme film come “12 anni schiavo” o “Ruby Bridges” che la Disney dedicò alla prima bimba cui si deve la desegregazione razziale scolastica in America. Black lives matter: sí, bisogna specificare il colore della pelle, perché fino a soli 150 anni fa nelle campagne americane degli Stati del Sud quelle vite contavano meno di quelle del bestiame, perché oggi la vita di un migrante africano vale meno di quella di un cittadino europeo. Alcuni sostenitori di Black Lives Matter hanno stilato un elenco di 60 statue da abbattere perché “celebrano schiavitù e raz‐ zismo” fra queste quelle di B.P. perchè, a detta loro, “commise atrocità verso gli Zulu e fu un simpatizzante nazi‐fascista”. Che effetto fa agli scout di oggi questa lapidaria definizione? L’abbiamo mostrata a qualcuno di loro… “Ma che stanno a di’?” ha reagito così la lupetta Chiara. “A quanto pare non è così, visto che il nazi‐fascismo ha abolito lo scoutismo” dice con determinazione Gio‐ vanni, un giovane esploratore. “Grazie a BP, oggi sono capo scout per ogni ragazzo, qualsiasi esso sia il colore della sua pelle”: ha detto Pasquale Chiodo, capo gruppo del Roma 97. “Sin dalle sue origini, il movimento scout esprime l’obiettivo di educare i ragazzi alla pace, al dialogo fra i popoli e alla mondialità, anche attraverso l’evento dei Jamboree. E questo è l’opposto di qualsiasi approccio nazionalista, prima ancora che razzista. Buona parte delle sue riflessioni sulla vita all’aperto e sullo scouting derivano proprio dalla consuetudine di B.P. con gli Zulu, che lo avevano soprannominato Impeesa, cioè “lupo che non dorme mai”. Questa è la dichiarazione di Gabriele, Capo Clan di Roma. Lo abbiamo chiesto anche a Roberto Rossi, Scout d’Europa: “Cosa avrebbe detto il nostro caro BP nel sentirsi accusare di razzismo? Credo si sa‐ rebbe fatto una grossa risata senza darci alcun peso. Ci diceva di stare attenti ai cucù e ai ciarlatani, gli incompetenti che parlano senza avere una base su cui poggiare le loro tesi. L’accusa di razzismo a BP è falsa proprio perché non è dimostrabile e non è attendi‐ bile: sono chiacchiere di pipistrello. BP è un uomo che ha speso metà della sua vita per la pace e la fratellanza tra gli uomini. BP è quanto di più lontano si possa immaginare dal razzismo. Se essere razzista significa riaf‐ fermare che non siamo tutti uguali, ma siamo un meraviglioso arcobaleno, allora si in questo senso BP era razzista. Ancora, Barbara – scout Agesci da sempre e mamma di Samuele, esploratore Roma 97 – ci ha detto: “Molto spesso si lanciano accuse senza conoscere veramente l’accusato. Un movimento così grande come lo scou‐ tismo che ha come ideali la pace e la fratellanza non poteva certo essere fondato da un personaggio che risponde a quella descrizione! Lo scoutismo nasce nelle trincee, dove B.P. insegnava ai ragazzi ad osservare l’ambiente che li circondava e ad adattarsi ad esso; in un certo senso questo permetteva di ribaltare la drammaticità dell’esperienza della guerra.” La Storia non si può cancellare, ma la si deve raccontare tenendo conto della complessità della realtà. A Washington, sotto il Campidoglio, si trova la Emancipation hall: statue di uomini e donne, gli schiavi che hanno contribuito a costruire quei luoghi meravigliosi. Mettiamo al centro l’Umanità e non i singoli “eroi”: anziché demolire il Colosseo, teatro di atrocità vere e proprie, celebriamo gli Oppressi... perché, in forma diversa, sono ancora tra noi oggi. B.P. è stato un grande Uomo e ai suoi scritti, al suo impegno, dobbiamo tanto l’entusiasmo, i passi, la voglia di cambiare il mondo di migliaia di ragazzi e ragazze, uomini e donne.

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Il punto di vista a cura di Antonella Amico

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La tavolata senza muri Giulia Pigliucci FOCSIV

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La Tavolata è nata dall’esigenza di dare un segnale forte e chiaro pur semplice, come lo è il condividere un me‐ desimo desco ed un pezzo di pane. Un bisogno di ri‐ spondere ad una politica che stava scegliendo la strada dei muri, dei porti chiusi, dell’invasione dei migranti, delle città dell’io, in quella visione miope senza una pro‐ spettiva e senza un futuro sostenibile. Tutto racchiuso nella frase più volte pronunciata: “prima gli italiani”, di‐ menticando la storia di un Paese che da sempre è stato terra di incontro tra culture e genti di ogni luogo. La scelta cadde su Via della Conciliazione a Roma per due ordini di motivi: il primo si voleva riaffermare l’idea che questa città dovesse mantenere il suo carattere di me‐ tropoli aperta all’accoglienza, di luogo che non ha paura delle differenze di cultura o di religione, anzi al contra‐ rio le considera una ricchezza, uno dei valori sul quale vuole costruire il suo futuro; il secondo stava nel nome e nella collocazione stessa della via sulla quale si è svolta l’iniziativa stessa, Via della Conciliazione all’om‐ bra del Cupolone. Un luogo che ricorda a tutti il mes‐ saggio di fratellanza e fraternità, secondo il quale tutti si possono sentire fratelli, esprimendo tale relazione in un’uguaglianza e una libertà rispettose delle differenze

e dei bisogni dell’altro. Il successo dell’iniziativa romana dell’ottobre 2018 e di quella successiva italiana di giu‐ gno 2019, questa ultima originata dalle numerose ri‐ chieste di adesione pervenute da diverse città e associazioni, avevano portato gli stessi co‐organizzatori a ritenere che, anche alla luce degli effetti delle deci‐ sioni politiche dei diversi paesi europei in materia di mi‐ grazione, di accoglienza e integrazione, fosse necessa‐ rio dar vita a una serie di Tavolate da organizzare a Roma e nelle altre città italiane ed europee. Tale evento si sarebbe dovuto svolgere il 6 giugno scorso, ma a causa della situazione provocata dalla pandemia, ad aprile 2020 i co‐organizzatori hanno deciso di riman‐ dare la Tavolata in un momento più idoneo. Alla luce di quanto abbiamo vissuto in questi mesi, in quella surreale sospensione del mondo nel suo correre quotidiano negli affari e negli abbracci, in quella ne‐ cessità di trovare il coraggio di una nuova immagina‐ zione del possibile, come indicato dal Pontefice, e nel doversi sentire parte di una comunità più ampia: quella umana senza preclusioni ed esclusioni. La Tavo‐ lata diviene il simbolo di quella barca, evocata dal sa‐ grato di San Pietro da Papa Francesco lo scorso 27 marzo, sulla quale ci troviamo tutti a remare insieme. «Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti biso‐ gnosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti». Il messaggio della Tavolata senza muri è una metafora potente: è il barcone sul quale tutta l’Umanità è seduta, dal quale si governa per ritrovare una rotta che la ricon‐ duca a una comunità più coesa e inclusiva, che ricorda che solo la fratellanza radicale ed umana ci salva dalla tempesta della società dell’egoismo. Su quella barca si è parte e, al contempo, nocchieri. Tutti protesi ad allon‐

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TAVOLATA 2020 Sabato 26 settembre (il giorno prima della “Giornata del rifugiato”) in via della Conciliazione a Roma. Di presenza, ma anche virtuale. Le singole località possono attivarsi on line. La tavolata di via della Conciliazione a Roma avrà caratteristiche diverse degli anni precedenti: • meno presenze e collegamenti on line con località varie • rappresentare l’insieme degli impegni nelle comunità territoriali • ogni tavolata dovrebbe condividere la manifestazione romana


vita associativa economico e sociale”. L’impegno solidale per la salute può diventare così un vettore di pace e amicizia, capace di influenzare positivamente le relazioni tra i Paesi. L’organizzare il prossimo 26 settembre la Tavolata in Via della Conciliazione non solo significa non aver tradito l’impegno preso di essere un simbolo di quella Italia so‐ lidale ed inclusiva, ma vuole essere la rappresentazione di chi fa proprio il messaggio pronunciato dal Presi‐ dente della Repubblica Sergio Mattarella, lo scorso 2 giugno, secondo il quale è importante ritrovare “quella unità morale, quella condivisione di un unico destino, di quel sentirsi responsabili l’uno dell’altro. Una gene‐ razione con l’altra. Un territorio con l’altro. Un ambiente sociale con l’altro. Tutti parte di una stessa storia. Di uno stesso popolo.” Una rappresentazione di quella cittadinanza che in questi mesi ha in più occasioni mostrato solidarietà, generosità, professionalità, pazienza e rispetto delle regole, tutti uniti in un’unità di intenti: il bene comune, un bene superiore ad ogni interesse.

Responsabilità nel sociale e nella politica

Il Movimento è impegnato sui temi riguardanti gli orizzonti di programma 2020‐2022 e su que‐ sto stanno lavorando i gruppi di lavoro del Con‐ siglio Nazionale. Nei mesi scorsi, per offrire agli AS momenti di approfondimento, è stato ideato “Mascincontri”: interviste a esperti in grado di offrirci importanti e profondi spunti di rifles‐ sione. Le tre le interviste realizzate finora, a Re‐ nato Balduzzi, Leonardo Becchetti e Chiara Giaccardi, si possono ascoltare sul sito o sul ca‐ nale Youtube del Masci. Qui pubblichiamo la sintesi, non rivista dall’au‐ tore, del primo incontro con Renato Balduzzi

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tanarci dal nostro affanno di onnipotenza e possesso e ad abbandonare la logica di una società dello scarto, ma riportandoci verso la rotta che ci aiuti “a compren‐ dere che siamo tutti parte di una storia più grande di noi e possiamo guardare con speranza al futuro, se ci prendiamo davvero cura come fratelli gli uni degli altri.” Come ci ha indicato Papa Francesco. La Tavolata in realtà è una Tavolata Universale che vuole far riflettere insieme sull’opportunità che la condivisione del pane e la scelta di stili di vita più equi, solidali e so‐ stenibili possa condurci a un’inversione di quella rotta che fin qui si è perseguita da gran parte dell’umanità. Una rotta che è frutto di una decennale spinta ai con‐ sumi, che ha messo in crisi il sistema ambientale, che ha dimenticato la giustizia sociale a favore di un prioritario individualismo, che ha corrotto la trama sociale dell’esi‐ stenza umana, per sua natura profondamente connessa. Ha detto il presidente della Repubblica. “Siamo tutti chia‐ mati a un impegno comune contro un gravissimo peri‐ colo che ha investito la nostra Italia sul piano della salute,

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D. Come rafforzare l’etica sociale e recuperare un senso di comunità su cui fondare la politica? R. “Quali sono oggi i nemici dell’etica sociale? Ne vedo soprattutto due: 1. IL PRESENTISMO cioè la convinzione che ciò che conta sia questo presente, qui ed ora e basta. Che ciò che è venuto prima non sia utilizzabile. Quello che verrà dopo, tutto sommato mi interessa poco. Ciò che mi interessa è il presente qui e ora. 2. Il secondo ancora più pericoloso è L’IDENTITÀ DI FAC‐ CIATA. Di per se l’identità potrebbe essere un antidoto al presentismo. in realtà non è così, perché oggi sembra prevalere una identità di facciata. Anche quelli che con maggiore trasporto affermano l’identità territoriale, nazionale, religiosa se si va a scavare questo rimane in superficie. Abbiamo più volte visto persone che più proclamano un valore meno lo vivono...


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Questi a mio avviso sono i due nemici più forti dell’etica sociale, perché, danno l’idea che tu ti fai da solo, che basti a te stesso e non hai bisogno degli altri, ma così tu non maturi mai! C’è un testo formidabile di Papa FRANCESCO ‐ l’esorta‐ zione apostolica “QUERIDA AMAZZONIA” ‐ che riguardo all’etica sociale indica il presupposto: Francesco usa il termine desborde o, nella forma verbale, desbordar. Difficile tradurlo, potremmo dire debordare, sovrabbon‐ dare, oltrepassare, traboccare… Nei grandi problemi, come quello che l’umanità si trova ad affrontare in Amazzonia, la via d’uscita si trova per “traboccamento”. Per poter riconoscere il «dono più grande che Dio sta of‐ frendo», bisogna «ampliare orizzonti al di là dei conflitti» e trascendere le dialettiche che limitano la visione. Non basta disciplinare la vita, la si deve aprire a Dio, la cui presenza è sempre maggiore, «traboccante». Parla inol‐ tre di “universalità organica” (Guardini), che mette in‐ sieme la creazione per traboccamento e la maturazione individuale, ovvero crea le condizioni per l’etica sociale.” D. Dall’etica sociale alla Politica. Il Masci ha tentato di fare un rinnovamento della politica che parte da un base etica forte, facendo rete nei territori. Questa prospettiva può portare un rinnovamento ai piani alti della politica, è realistico? R. “È realistico nella misura in cui è realistica l’utopia! La Politica oggi si concentra sul BREVE PERIODO. Diego Fabbri, nel “Processo a Gesù”, diceva che ciò che conta per il politico è l’interesse immediato! Non è sempre vero, abbiamo avuto anche nel nostro Paese epoche di‐ verse e concezioni diverse della politica. In questo tempo di Pandemia tutti dicono “dopo sarà di‐ verso”, come se immaginassero un cambio di paradigma in futuro, ma sarà poi vero? Oggi noi dobbiamo cercare di fare un salto di qualità, ossia di passare dall’enfasi sulla decisione alla volontà! … La Po‐ litica è costruzione di MEDIO/LUNGO PERIODO. La demo‐ crazia referendaria coglie solo un aspetto del problema, quella che noi che abbiamo conosciuto come DEMOCRA‐ ZIA RAPPRESENTATIVA aveva un’idea di durata di medio lungo periodo, non del presente qui ed ora, ma di qual‐ cosa che sia “Politico” ovvero sintesi di valori e di interessi, sintesi a volte complessa. Ecco perché non si può fare il referendum sui tributi, e la politica internazionale, perché entrambi presuppongono il lungo periodo… È giusta la vo‐ stra analisi, la vera tensione della Politica è tra il breve ed il lungo termine, da questa la vera necessità è una rinno‐ vata educazione alla politica o meglio alla democrazia.” D. Come MASCI vogliamo investire risorse di pensiero sull’educazione alla politica, anche cercando nuove forme e riscoprire nuove vocazioni. Cosa ci puoi sugge‐ rire in questo percorso. R. “Invece di parlare di educazione alla politica, proviamo a parlare di EDUCAZIONE ALLA DEMOCRAZIA. È un modo per andare al nucleo della politica e ricominciare un percorso che ci aiuta a fare esperienza di democrazia, che per me vuol dire percorre le strade della DEMOCRA‐ ZIA DELIBERATIVA, che vuol dire democrazia che discute, discutere per creare le condizioni perché qualcuno com‐

bini cose positive. Il tema vero è come io singolo mi av‐ vicino alle istituzioni, e la democrazia deliberativa mi per‐ mette di dare un contributo e verificare come questo sia accolto o meno. Cosa si oppone a questa visione? l’uno vale uno che svilisce la competenza e la capacità, non può andar bene perchè prende le distanze dai corpi intermedi che sono il fondamento dell’etica sociale. Non si può ab‐ bandonare l’idea che si possa essere rappresentati ossia resi presenti e ascoltati, altrimenti diventiamo prigionieri dell’uomo qualunque…” Alle prime tre domande, poste da Michele Pandolfelli, si sono aggiunte le domande che giungevano da chi se‐ guiva l’intervista in rete. Vari gli argomenti toccati: dal dibattito sui territori (“Il bravo cittadino di BP è oggi un cittadino attivo inserito in percorsi e procedure definiti e con strumenti ade‐ guati, insomma in un contesto organizzato.”), alle rifles‐ sioni su una coscienza sociale anestetizzata (“L’identità di facciata ci rende anestetizzati, non è vero che siamo nulla, ma sbanderiamo qualcosa che però non ci appar‐ tiene più, del quale non riusciamo ad accogliere il vero fondamento, sia essa una bandiera religiosa, sia essa una bandiera politica, sia essa bandiera sociale.”); dal rap‐ porto mafia/politica (“Di importante c’è la presa di di‐ stanza forte nei confronti della corruzione.”) al ruolo dei partiti (“Sul ruolo dei partiti potremmo fare un’altra se‐ rata. Ricordo l’orgoglio con cui Luigi Sturzo proclamava l’essere parte che non significava non comprendere le ragioni del tutto, ma un modo per meglio comprendere le ragioni del tutto.”); dal ruolo della magistratura (“Il nocciolo di tutto è la confusione. Quando i magistrati en‐ trano in politica ma non smettono di essere magistrati, senza cessare di essere tali. E soprattuto quando entrano in poltica e non si capisce quando parlano se parlano ad un titolo o ad un altro e ciò crea davvero confusione. Op‐ pure politici che hanno il problema di coprirsi le spalle e quindi pasticciano continuamente con la magistratura, ci vuole un distanziamento etico – istituzionale! Il ruolo di garanzia non può mischiarsi con la politica.”) A un eventuale ritorno del partito cattolico (“Ritengo che un irrobustimento del cattolcesimo democratico po‐ trebbe portare ad un rafforzamento alla politica e all’etica sociale.”). Infine, una domanda su due tipi di difficoltà riguardanti la presenza delle donne e i giovani. R. “La presenza femminile è difficilmente eludibile, però stanno cambiando molte cose: io sono nato negli anni in cui non le donne non potevano accedere alla magistratura, oggi sono quasi la maggioranza dei magistrati. La presenza femminile è ancora difficile in certi ruoli: in politica mi sem‐ bra che il problema si sia risolto anche grazie alle quote, e ben vengano se servono per rendere più femminile la po‐ litica e per certi versi più capace di prossimità. Diversa è la questione dei giovani, non mi pare che que‐ sta iniezione di gioventù anagrafica abbia dato di pìù al nostro paese; non mi pare che il ricambio sia solo un problema di anagrafe: ma e’ importante essere giovane con la testa, quindi colui che è capace di innovare perché è capace di mettere insieme passato presente futuro, e non pensa solo a galleggiare.”


vita associativa luglio/agosto 2020

È uscito il secondo numero della Newslet‐ ter redatta dal gruppo di lavoro del Consi‐ glio Nazionale “Sostenibilità & Sviluppo”. In questa pagina i temi trattati con rela‐ tive tabelle significative e alcuni siti di in‐ teresse generale.

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dalle regioni

CREM Regionale Piemonte “Malgrè tout” 28 giugno 2020 Leonardo Lucarini Magister Comunità Cuneo 2

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Era un impegno assunto con consapevolezza e vissuto con senso di responsabilità da parte di tutti i compo‐ nenti: ci era stato preannunciato all’atto stesso dell’ap‐ provazione regionale alla nascita della nostra Comunità. Secondo la tradizione locale il compito di organizzare il Campo Regionale Estivo MASCI ricade sempre sugli “ultimi arrivati”: un modo diretto per fa‐ cilitare la conoscenza reciproca e testare la solidità della struttura neonata. Avevamo scelto una sede che si attagliasse pienamente al tema della conservazione ambientale: la splendida Certosa di Pesio collocata nel parco dell’omonima valle. Il programma, oltre a relazioni e giochi in tema, preve‐ deva anche la visita guidata del parco stesso. Abbiamo tutti memoria, per esperienza personale di vita scout, dell’affermazione perentoria “qualsiasi tempo” che si accompagnava spesso alle circolari che annunciavano un’attività all’aperto: il rifiuto di lasciarsi condizionare da un fattore meteorologico rientrava in un principio fondativo della formazione del carattere; solo per far fronte a casi estremi si programmava co‐ munque un’attività alternativa in sede. Anche noi, per‐ tanto, tenendo prudenzialmente in debito rispetto la componente età e le relative condizioni di forma fisica dei partecipanti, avevamo previsto che, in caso di con‐ dizioni meteorologiche avverse, la visita del parco avrebbe potuto essere sostituita da una presentazione video‐assistita dello stesso. L’occorrenza della pandemia e le radicali restrizioni resesi indispensabili per contenere gli effetti devastanti della sua contagiosità hanno costituito un’avversità assoluta‐ mente imprevedibile ed invalicabile: il concetto “qualsiasi tempo” non includeva e non avrebbe potuto inclu‐ dere l’estensione a “qual‐ siasi evento”. La “scoperta” precoce del‐ le piattaforme web ci ha consentito di dar seguito alla convinta volontà di te‐ nere comunque in vita la nostra comunità: acquisita una sufficiente dimesti‐ chezza nel loro utilizzo, ab‐ biamo addirittura potuto intensificare i nostri incon‐

tri fino a raggiungere una frequenza settimanale, riu‐ scendo anche a realizzare in questa modalità il previsto ritiro quaresimale. L’esperienza così accumulata e l’assennata previsione dei tempi evolutivi della pandemia ci ha portato presto a maturare la necessità di escogitare un’alternativa percorribile al campo programmato e la proposta alla Segreteria Regionale di realizzare un evento sostitutivo di quello previsto che utilizzasse la metodica della vi‐ deoconferenza interattiva, al quale abbiamo voluto dare il nome di CREM “MALGRÉ TOUT”. Ottenuta l’approvazione, si trattava di approntare un programma semplice che prevedesse una interazione sufficientemente snella ed agile per realizzare, per un numero elevato di persone, un momento di effettiva aggregazione in stile scout pur nella forzata lontananza fisica. È nata così l’idea di un gioco basato su di un’atti‐ vità di espressione: ogni Comunità è stata invitata a pre‐ disporre un messaggio promozionale della durata massima di tre minuti scegliendo una tra le tre inven‐ zioni improbabili proposte con l’intento di convincere il potenziale acquirente che essa, contrariamente alle apparenze, potesse risultare talmente utile da fargli pensare di non poterne assolutamente fare a meno. I dispositivi in questione: una tendina per nascondere la bocca a tavola (“SEPAR”), un ventilatore da applicare alle posate per raffreddare bocconi troppo caldi, un cal‐ zino raccogli “Lego”. La promessa di un premio a sor‐ presa costituiva lo stimolo ad una competizione che mettesse in luce, oltre alle caratteristiche tecniche del messaggio, soprattutto l’effettivo coinvolgimento del‐ l’intera Comunità nella sua concretizzazione. Gli spot, realizzati con brevi filmati o presenta‐ zioni in Power‐ Point, consegnati preventivamente, sono stati proiet‐ tati in sequenza nel corso dell’atti‐ vità: essi hanno mostrato varietà ideativa sia con‐ cettuale che tec‐ nica e suscitato un utile clima di ila‐


dalle regioni

THE “SEPAR” SONG In un mondo con maschere, dove sembra impossibile riuscire a convivere con un virus imbattibile,

la paura e la gravità della sua contagiosità sono mostri da abbattere; noi però non siamo soli.

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rità collettiva a valle dell’esperienza dell’isolamento for‐ zato. Alla fine il comunicato di una fantomatica giuria segreta ha “inaspettatamente” decretato per tutti una vittoria pari merito per sottolineare l’importanza di aver accettato la partecipazione. Il premio: un cucchiaio fo‐ rato, ottimo dispositivo facilitante qualunque dieta. La celebrazione all’aperto della Messa da parte dell’A.E. della nostra Comunità ha concluso l’attività. A conferma del continuo rapporto di osmosi con i gruppi scout Agesci della nostra città, instaurato sin dalla fondazione della nostra Comunità, alcuni dei loro Capi hanno accettato di partecipare al rito per intervenire a sostegno del coro. Il testo del canto allegato, ideato sulle note di “In un mondo di maschere”, è stato concepito come inno uffi‐ ciale del Campo per sottolineare l’eccezionalità del‐ l’evento e la drammatica causa che lo ha determinato.

Rit. Fai come noi, lava le mani, ” SEPAR” indossa, sorridi e canta, frattanto batti di gomito col tuo vicino e scoprirai che è meno duro il confino così. Ci han promesso di batterlo Il più presto possibile: un vaccino specifico lo sconfiggerà per noi. Non dovremo più assistere impotenti ed attoniti all’insidia invisibile del contagio intorno a noi.

C.R.E.M. Campo regionale estivo MASCI Piemonte, la storia! Nel 1994 l’allora segretario Pierangelo Re con la Comunità Regina Margherita ebbero una bellissima intui‐ zione: organizzarono ad Angrogna, il primo C.R.E.M. della regione Piemonte, una due giorni, dal venerdì pomeriggio alla domenica dopo pranzo, in cui gli adulti scout potessero trascorrere un tempo un po’ più lungo per ampliare la conoscenza e la condivisione di pensieri, insomma essere Comunità allargata. L’evento fu così gradito che per gli anni successivi, fino al 1998, la Comunità di Regina ha organizzato i suc‐ cessivi campi, fino ad affermarsi come tradizione regionale annuale. Il progetto si è affinato, quasi tutte le comunità si sono fatte carico, avvicendandosi, dell’organizzazione del CREM annuale, che è diventato anche un impegno da assegnare alle nuove Comunità, le quali hanno così modo di familiarizzare rapidamente con le altre Comunità e di contagiare tutti con l’entusiasmo che anima i nuovi. Questa modalità assicura anche l’eccezionalità di ciascun campo, perché nessuna Comunità è uguale all’altra. Può far sorridere chiamare campo una due giorni, ma è un tempo sufficiente perché si dorme insieme, si mangia insieme, si vivono insieme esperienze, senza chiedere troppo agli adulti sempre affannati da im‐ pegni di famiglia, lavoro e servizio. Questo tempo corto ha favorito la partecipazione di quasi tutte le Co‐ munità. In alcuni anni le presenze sono state più numerose in altre meno, si accetta il passo di tutti quindi è accolto qualsiasi tipo di partecipazione da tutto il tempo a una sola sera; di solito la domenica si raggiunge il numero massimo. In regione siamo un po’ più di 200 e la partecipazione va da 50 a 80‐90 presenze con qualche punta a 100‐110. Ai nostri CREM si gioca, si cammina, si osserva, si prega, si approfondisce con l’intervento di esperti, qualche volta abbiamo anche avuto ospiti da altre regioni; le Comunità si raccontano anche rispetto al programma regionale annuale, infatti il tema del campo è sempre legato al programma regionale: c’è tempo per tutto. Quest’anno l’organizzazione del 26° CREM è toccata alla nuova comunità Cuneo 2 e, nonostante il COVID, al nostro CREM virtuale “Malgré tout”, erano collegati circa 70 A S riuniti in Comunità o singolarmente: un bel successo! È stata una mattinata di gioco, di preghiera con Messa al campo virtuale, ma dietro all’altare si vedevano degli splendidi alberi; Leonardo e Gioacchino sono riusciti anche a risolvere abilmente, i pro‐ blemi di connessione, che sono sempre in agguato e ci siamo augurati buona estate come tutti gli anni. Maria Grazia Barbirato Segretario Regionale Piemonte

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dalle regioni

Masci Valle D’aosta Scoutismo dalla A alla Z A = Aosta / Z = Zilio Franco

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Franco nasce ad Aosta il 25 Novenbre 1933. Nel 1948 fa la sua Promessa nella suggestiva cornice del Castello di Saint‐ Pierre e subito si sente attratto verso tutti quei simboli dell’araldica: stemmi, blasoni, scudi …. Nel 1953 partecipa con altri 2 rovers valdostani al “Rover Moot”, un incontro internazionale in Svizzera, precisamente a Kandersteg in bicicletta (320 Km tra andata e ritorno) e inizia così la sua collezione di distintivi, fazzolettoni, camicie, bandiere, fibbie, ecc…. “Questi simboli rappresentavano per me l’internazionalità e la grandezza dello scoutismo, la gioia di vivere con tanti fratelli di etnie e culture diverse ma uniti dalla stessa Legge e dalla stessa Promessa” . Il suo totem AQUILA RANDAGIA espri‐ me la grande voglia di viaggiare per il mondo: infatti partecipa nel 1963 al suo primo Jamboree in Grecia, dove incon‐ tra la moglie di Baden Powell, e sarà presente come visitatore anche ad altri 6 raduni mon‐ diali: nel 1975 in Norve‐ gia, nel 1983 in Canada, /E Z/ KZ K >>͛ AKELA nel 1987 in Australia, nel 1991 in Korea, nel 2004 a Taiwan e nel 2007 in Inghilterra per il cente‐ nel decennale del suo ritorno alla CASA del PADRE nario dello scoutismo. (15/05/2010) La moglie Clara, spo‐ sata nel 1964, gli è sempre stata vicina e i figli Massimo, Stefano Saletta Comunale e Daniela hanno condi‐ Via Xavier de Maistre AOSTA viso lo stesso spirito scout partecipando cia‐ Dal 1 al 4 ottobre 2020 scuno ad un Jamboree. Ad Aosta tutti ricordano Giovedì 1 h. 15,00 / 18,00 Franco solo con il nome Venerdì 2 - Sabato 3 - Domenica 4 - h. 9,30/12,30 15,00/18,00 di AKELA, perché per Domenica 4 - h. 18,30 S. Messa presso la Parrocchia di Saint-Martin circa 40 anni è stato at‐ tivo alla guida di un

MOSTRA SCOUT

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FRANCO zilio

Branco. Negli anni 2000 è passato al MASCI e in‐ sieme a lui abbiamo ini‐ ziato ad allestire delle mostre con il materiale che aveva collezionato in tanti anni. Oltre che in Valle d’Aosta i suoi preziosi cimeli sono stati esposti in Francia, nella vicina Savoia, in Svizzera e in varie località ita‐ liane, per far scoprire ai giovani la vitalità e l’in‐ ternazionalità dello spi‐ rito scout. Diversi Adulti Scout ricorderanno le mostre allestite con lui a Merano nel 2006 e a Villa Buri nel 2009. Altre sono state postume: ad esempio nel 2012 a Como per la Conferenza Mondiale, dove sono state esposte varie bandiere dello scoutismo prove‐ nienti da tutto il mondo, e nel 2013 a Bardonecchia in occasione di una As‐ semblea Nazionale elettiva. Il 15 Mag‐ gio 2020 ricorreva il suo decennale ri‐ torno alla Casa del Padre per cui abbia‐ mo deciso di esporre ancora una volta le foto e gli oggetti a lui cari in una mo‐ stra che avrà luogo ad Aosta dal 1° al 4 Ottobre 2020. Per l’ occasione abbiamo pensato di allestire anche dei cartelloni per far conoscere a grandi linee la storia dello scoutismo valdostano. “Grazie Franco a nome di tutte quelle centinaia di lupetti e lupette che hai aiutato a diventare grandi con i tuoi insegnamenti, il tuo entusiasmo, la tua allegria. Grazie anche a nome di tutti quegli adulti che hai contagiato con il tuo amore per lo scoutismo e che con‐ tinuano a portare avanti il pensiero di B.P.”


storie di comunità luglio/agosto 2020

Progetto di accoglienza minori della Comunità di Porto Empedocle Enzo Baldacchino

“Hello,I’m Natalie Bordak.”(Buongiorno, sono Natalie Bordak). Questo messaggio in inglese mi apparve su Facebook qualche mese fa, accompagnato dalla foto di una bella donna. Stavo cancellando tutto, pensando si trattasse del solito messaggio di qualche adescatrice, quando mi colpì la frase successiva: “Are you Alfonso e Virginia dad?” (Sei il papà di Alfonso e Virginia?). Quella donna conosceva il nome dei miei figli…. Certo, avrebbe potuto saperlo in mille modi, ma, guardando attentamente quella foto, c’era qualcosa di familiare, seppur lontano nel tempo. All’improvviso un lampo! Ma certo! Natascia, come la chiamavano noi quand’era piccolina, nel 1996, lo stesso simpatico nasino all’insù nel visetto impertinente, allor‐ quando venne ospitata a casa nostra, nell’ambito del progetto di accoglienza Chernobyl, lanciato e ge‐ stito dalla Comunità di Porto Empedocle per ben sei consecutivi anni (riu‐ scimmo a far venire oltre 700 bambini, per due trienni consecutivi, con due cicli completi per scon‐ giurare loro il pericolo della terribile leucemia!). Adesso quella dolcissima bambina era diventata una bella signora, felicemente sposata e mamma di due bellissimi figli! Certo, erano passati 24 anni da allora, ma i ricordi riaffiorarono immediatamente, tanto forti erano state le emo‐ zioni provate in quegli anni. Tutto nacque da una catechesi svolta a casa mia, du‐ rante la quale, parlando di accoglienza, il nostro caro A.E. Don Angelo concluse, sospirando, come sarebbe stato bello poter ospitare bambini bisognosi vittime del disastro nucleare di Chernobyl, perchè quel progetto – oltre che umanitario‐ avrebbe avuto anche una forte valenza sanitaria (i bambini sottoposti alle radiazioni, anche indirette, di quei luoghi contaminati, rischiavano di morire con la leucemia, mentre ospitandoli in zone sane, ricche di iodio come le zone marine, per un mese

e per tre anni consecutivi, avrebbero scongiurato quel pericolo, abbassandosi ogni anno il tasso di cesio nel sangue, fino a produrre gli anticorpi). Era un progetto molto impegnativo, per il quale occor‐ reva lavorare per un anno intero, ma le finalità erano validissime e riuscivano a dare le giuste motivazioni e la carica adeguata. Prese tutte le informazioni, attraverso l’ANPAS di Fi‐ renze, contattammo tutte le parrocchie della nostra città e del circondario, illustrando le modalità di ade‐ sione (le famiglie aderenti, avrebbero dovuto soste‐ nere il costo del biglietto aereo e le spese necessarie ad ospitarli a casa per un intero mese, inserendoli nel loro habitat familiare). Sarà stata la nostra capacità di convincimento e coinvol‐ gimento, sarà stato che la gente è più buona di quello che si possa pensare, sarà stato che il messaggio lo lanciavano dall’ambone al termine delle Celebrazioni Eucaristiche, ma fu una vera sorpresa, perché mol‐ tissime famiglie si unirono a noi (addirittura, oltre ai paesi dell’agrigentino, par‐ teciparono anche centri di due provincie diverse). In apposite riunioni prov‐ vedemmo a far riempire ai capifamiglia alcuni mo‐ duli, raccogliendo tutta la documentazione necessa‐ ria (quante fotocopie!), in‐ viando gli elenchi a Firen‐ ze, mentre la documenta‐ zione (istanze, autocertificazioni, ecc…) la presen‐ tammo in Questura, per consentire la verifica delle qualità morali e la mancanza di precedenti penali o procedimenti in corso (si trattava di affidare minori, quindi non dovevano esserci ombre di sorta sull’affi‐ dabilità delle famiglie ospitanti). Ottenuti tutti i nulla osta, la pratica veniva inoltrata al Comitato Interministeriale (Grazia e Giustizia, Famiglia, Interni, Esteri), che, attraverso l’Ambasciata Italiana in Bielorussia, autorizzava le associazioni di volontariato

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storie di comunità

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estere, fornendo i permessi relativamente ai bambini da ospitare. Oltre alla cura dell’enorme iter burocratico, la Comu‐ nità continuava a lavorare sul territorio, riunendo le famiglie aderenti e, con l’aiuto di esperti psicologi, rendendole edotte delle modalità, delle finalità, del modo corretto di comportarsi (bisognava trattarli come figli, accarezzandoli nei momenti di nostalgia o rimproverandoli all’occorrenza, senza viziarli, ma facendo sentire amore, e ricordandosi che questi pic‐ coli avevano i loro genitori e che quindi, al termine, sarebbero ripartiti). Si predisponevano le feste comunitarie da realizzare durante il loro soggiorno, per farli incontrare tra di loro, si organizzavano i pullman per l’arrivo e la partenza (solitamente tre autobus di ampia ca‐ pienza per l’aeroporto di ingresso ed altrettanti per quello di uscita), anche se le date esatte, gli orari e gli aeroporti si conosce‐ vano soltanto un paio di giorni prima, viaggiando i piccoli con voli charter (provenienti da Gomel e diretti a Palermo o Cata‐ nia, una volta pure in un’altra regione, essendo arrivati a Lametia). Quando arrivavano, espletati i controlli di Polizia di Frontiera, con i visti sui passaporti, si viaggiava per far rientro con i bambini, tutti bellissimi, carnagione chiara ed occhi azzurri, tanti biondi, tutti divertiti, incuriositi e…pallidi, smunti, magri. Contattate le rispettive famiglie bielorusse, per tran‐ quillizzarli del loro arrivo, ed ottenuti presso la Que‐ stura tutti i permessi di soggiorno, potevamo finalmente goderci questi angioletti, dedicandoci al loro benessere. Non sapevano una parola di italiano, ma in pochissimi giorni erano in grado di comprendere e parlare pure il siciliano, essendo per etnia straordinariamente portati a parlare le lingue straniere (in sei lunghi anni, io sono riuscito ad apprendere solo tre, quattro parole, e le pronunciavo pure in maniera sbagliata, da come ride‐ vano quando ci tentavo…)! Apprezzavano la cucina ita‐ lica (gli spaghetti erano una passione e le loro carnose labbra sporche di sugo erano un marchio di fabbrica!), ma soprattutto impazzivano per il mare (era un pro‐ blema farli uscire dall’acqua): quei bambini pallidi, al termine del mese erano floridi, abbronzati, contenti e stracarichi di doni, ma –e questa era la cosa veramente importante!‐ gli esami confermavano la diminuzione del tasso di cesio nel sangue, certificando l’utilità e la validità di quel progetto!

Si lavorava per un anno intero, le responsabilità erano enormi, i costi non erano indifferenti, le preoccupa‐ zioni continue per i mille possibili imprevisti, ma quanta gioia, quanto amore, quanti obiettivi centrati: noi, piccoli esseri e pieni di difetti, con infiniti limiti e deficienze, spesso egoisti ed inconcludenti, eppure, at‐ traverso questo progetto, eravamo benemeriti prota‐ gonisti di un meraviglioso sogno d’amore, capaci di donare la vita a centinaia di bambini innocenti! Cosa resta oggi di quel progetto, oltre ai ricordi, alle foto, alla nostalgia (eravamo anche più giovani di quasi 25 anni)? Restano loro, ormai adulti, con le loro storie e le loro caratteristiche, con le monellerie e la candida ge‐ nuinità di un tempo di fronte alle responsabilità odierne, di cittadini spesso affermati nel loro paese, diventati ormai genitori. Ma rimane soprattutto l’af‐ fetto sorto e mai dimenti‐ cato: la maggior parte delle famiglie continua ad avere contatti epistolari o telefo‐ nici con quei bambini, per‐ ché erano stati trattati proprio come figli ed i figli non si dimenticano. Mai! Ed, a parte l’enorme docu‐ mentazione dell’archivio, rimangono le mattonelle commemorative di cera‐ mica che donavamo alle autorità, durante le feste comunitarie, ed anche… una tesi di laurea! Una laureanda in Sociologia doveva, infatti, preparare una tesi sull’affido temporaneo di minori e, saputo del progetto, chiese di poterci frequentare per maturare questa esperienza, utile ad ottenere tutti gli elementi da approfondire per i suoi studi: per tutto l’anno la por‐ tammo con noi, facendole vivere passo passo tutta la predisposizione e le risultanze del lavoro svolto, facilitan‐ dole i contatti con i bambini e le famiglie ospitanti. Si laureò con il massimo dei voti, relazionando su una tesi che faceva continuo riferimento al MASCI, alla Co‐ munità di Porto Empedocle ed al progetto da noi realiz‐ zato: una copia, con una dolcissima e commovente dedica, è in bella mostra nella biblioteca della Comunità! Perché ho ricordato tutto questo? Per fornire una testi‐ monianza ed un incoraggiamento: non abbiate paura ad impegnarvi per il bene comune, quando c’è convinci‐ mento, voglia di fare, dedizione, serietà ed impegno, tutto è realizzabile, anche le cose che sembrano impos‐ sibili da attuare. E le risultanze sanno gratificare: anche a distanza di anni, Natascia (ora Natalie) si è ricordata con affetto di quella famiglia che, senza averla mai conosciuta, l’accolse come una figlia, volendole sinceramente bene ed accudendola con attenzione e tenerezza.


opinioni/dibattiti

Enrico Capo

Il ponte tibetano, come si sa, è formato da tre grosse liane, sistemate a triangolo e collegate da una ragna‐ tela di liane più piccole che le tengono unite in qualche modo, perché la liana di fondo – sulla quale si do‐ vrebbe camminare – non sprofondi. Detto ponte, anche se traballante, è affidabile e agevole per chi lo sa usare, purché sappia mantenere le tre liane sempre bene in tensione armonica tra di loro. Il ponte tibetano ha un unico difetto: richiede una manutenzione ed un controllo costante ed una utilizzazione frequente, per mantenere in tiraggio i nodi che tengono unite le liane. Attiro l’attenzione su questi aspetti simbolici: l’insicu‐ rezza della costruzione; l’indispensabile complicità tra tutte le liane; la necessaria conoscenza della struttura e l’allenamento per saperla utilizzare; la manutenzione e l’utilizzazione frequente; la obbligatorietà della meta finale: l’altra sponda da raggiungere…

IL PONTE TIBETANO E IL CORONAVIRUS Fuor di metafora, il nostro ponte tibetano diventa l’em‐ blema della situazione attuale nella quale tutto tra‐ balla, si riaffacciano gli stereotipi ed i pregiudizi, Papa Francesco è di nuovo accusato di favoritismo perché mesi fa si permise di portare con se alcuni extra‐comu‐ nitari dal paese dove aveva svolto la sua missione apo‐ stolica: tutti raccomandati! Veniva detto con rabbia e disgusto, dimenticando tra l’altro che tra i privilegiati vi era anche una famiglia di non‐cristiani! Vi figurate queste persone chiedere al Papa: “…che ci daresti un passaggio per Roma?!?!

POMODORINI E MANI NERE Attendevo con ansia che rispuntasse anche la leg‐ genda metropolitana del tipo “gli sbarchi di naufraghi sono tutti pilotati dalle organizzazioni del Terzo Set‐ tore, sbarcano i terroristi, ci rubano i posti di lavoro, prima gli italiani (frettolosa parafrasi dell’America first!)”, eccetera. Ma poi si scopre che rischiamo di non poter più man‐ giare i gustosi pomodorini che allietano i nostri palati, perché anche gli extra‐comunitari stagionali (le mani nere) che li raccolgono per noi sono bloccati alle fron‐ tiere a causa delle limitazioni imposte dalla pandemia. Allora – si può immaginare – legioni di giovani italiani a plotoni affiancati si staranno precipitando nelle con‐ trade agricole, spintonandosi per essere ammessi alla presenza dei pomodorini, incuranti dei porcai in cui i cosiddetti caporali li faranno dormire nonché dei sa‐ lari di livello schiavistico con i quali saranno retribuiti. Ma nulla di tutto ciò: perché i giovani italiani preferi‐ scono altre forme di sostentamento che non sia quello del bracciantato agricolo. Ed i pomodorini marciscono tristemente: intanto, sicuramente arriveranno dalla Cina dei loro misteriosi surrogati dal gusto – forse – indecifrabile…

…E IL BUON SAMARITANO CHIESE: “PATENTE E LIBRETTO!” Consequenzialmente ci aspetteremmo di leggere ‐ su di una versione aggiornata dei Vangeli ‐ la frase su ri‐ portata, messa in bocca al Buon Samaritano chino sul viandante seriamente ferito dai ladroni: perché non si sa mai, potrebbe trattarsi di un terrorista o di un clan‐ destino sbarcato da un barcone…

LA DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELLA PERSONA E LA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA Scherzi a parte, parlando in chiave strettamente laica, è quasi offensivo scomodare i due documenti appena citati che sanciscono chiaramente che siamo tutti uguali ma con ruoli diversi, indifferentemente eserci‐ tati dalla singola Persona (attenzione, Persona, non In‐ dividuo!). Tali documenti dovrebbero far parte del patrimonio di qualsiasi Persona, li‐ bera e democratica. Ma…

“UBBIDISCI, SE NO CHIAMO L’UOMO NERO!” Per molti bambini di diverse generazioni fa questo era il primo contatto con l’extra‐comu‐ nitario; e forse in epoca di coronavirus gli ar‐ chetipi culturali ancestrali – come talpe silenziose – “ricicciano fuori”, come si dice a Roma. È strano come anche persone che predicano la solidarietà e la fratellanza cadano nel tra‐

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L’Europa: tante sigle, tanti progetti, un’idea di fondo, messa quotidianamente alla prova Paolo Grossholz

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bocchetto di quanto analizzato nei paragrafi prece‐ denti; si tratta forse di un fattore psicologico, la paura – appunto – dell’uomo nero ‐ o un senso di insicurezza generalizzata? Non basta il denaro per noi e dobbiamo spartirlo con gli altri?! (Ricordate lo squallido dualismo Nord‐Sud dell’immediato secondo dopo‐guerra?) E poi, perché ci dobbiamo pensare noi soltanto?! (Ricor‐ date lo splendido isolamento di Malta che sadica‐ mente regala un motore nuovo ad un barcone in deriva e cortesemente gli indica la rotta per l’Italia?)… …E via di seguito…

Ced, Cpe, CoE, Ceca, Euratom, Cee, See, Ue…… da non confondere con la Uè “neomelodica” raccontata in modo magistrale da Lorenzo Baglioni nella canzone UE! che potete ascoltare seguendo questo link https://tinyurl.com/yb4shexm

L’UTOPIA SPERIMENTALE Per concludere: avete visto il magnifico film “Aquile Randagie”? Che cosa ha permesso loro di scavalcare gli ostacoli e di arrivare fino in fondo? È stato quel misto di orgoglio, di tenacia, di determinazione, di at‐ taccamento come Uomini d’onore a quel fastidioso ar‐ ticolo della Legge Scout che con estrema e lucida semplicità sancisce (non suggerisce) che lo Scout è amico di tutti! L’anno scorso, tornando dalla Tavolata senza muri, mi è capitato di parlare casualmente con una signora di passaggio, perplessa riguardo a detta manifestazione. Mi sono trovato ad improvvisare questo breve dialogo con la mia interlocutrice: “secondo lei, noi siamo per‐ sone?” – “Certo!” mi rispose; “e gli extra‐comunitari, sono persone?” aggiunsi; “ma certo!” esclamò la si‐ gnora; “basta, questo è tutto!”, conclusi. La signora mi ringraziò per averle schiarito le idee. Per la cronaca, questa è quella che io chiamo la UTO‐ PIA SPERIMENTALE…

Dalla “Dichiarazione Schuman” del 9 Maggio 1950 (https://tinyurl.com/y9bej6lj) al discorso di Angela Merkel dell’8 luglio 2020 sono passati quelli che la stessa Ue ha definito come 70 anni di solidarietà. 70 anni hanno congiunto, in un ponte ideale, le affer‐ mazioni di Schuman (“La pace mondiale non potrà es‐ sere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano; l’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto; la fusione delle produzioni di carbone e di acciaio... cambierà il destino di queste regioni che per lungo tempo si sono dedicate alla fabbricazione di strumenti bellici di cui più costan‐ temente sono state le vittime”) a quelle della Merkel. Ogni volta che ascolto la nona sinfonia del compositore dell’inno europeo Ludwig van Beethoven (a dicembre 2020 avrebbe avuto 250 anni) scopro qualcosa di nuovo che mi colpisce. Così come l’Europa che può es‐ sere riscoperta ora e ancora: nessuno riuscirà a supe‐ rare questa crisi da solo. Siamo tutti vulnerabili. La solidarietà europea non è solo un gesto umano, ma un investimento sostenibile. Un’Europa socialmente ed economicamente giusta è cruciale per la coesione de‐ mocratica. È la migliore ricetta contro tutti coloro che vogliono indebolire le nostre democrazie e mettere in discussione il nostro terreno comune). Entrambe sono “persone di frontiera”: Schuman nac‐ que a Clausen, quartiere di Lussemburgo, da padre lo‐ reno di nascita francese, diventato cittadino tedesco dopo l’annessione della Lorena alla Prussia nel 1871; la madre era lussemburghese, ma acquisì la cittadi‐ nanza tedesca sposando il padre di Robert Schuman.

Senza voler poi citare le altre e molteplici sigle di Agenzie Istituzioni ed Organismi collegati alla stessa Ue che, lo dico per i più curiosi ed interessati, potete trovare qui https://tinyurl.com/ybqdphfl e qui https://tinyurl.com/y9dgxvse


opinioni/dibattiti luglio/agosto 2020

Angela Merkel, nata ad Amburgo, si trasferì poi a Tem‐ plin con la famiglia e visse nella allora Repubblica De‐ mocratica Tedesca (RDT o DDR) fino alla riunificazione. Entrambi hanno vissuto un fatto singolare, e cioè come l’Europa, nelle sue diverse “sigle” succedutesi nel tempo, abbia visto accelerare il suo processo di svi‐ luppo in corrispondenza di e come risposta a delle crisi di grande portata. Per esempio, dopo il fallimento del varo della Comu‐ nità Europea di Difesa e della Comunità Politica Eu‐ ropa, nacque la CECA la quale, mettendo in comune la produzione di carbone e acciaio di Francia e Ger‐ mania, contribuì alla pace ed allo sviluppo continen‐ tali, aprendo poi la strada alla messa in comune dell’energia nucleare a fini civili con l’Euratom ed alla Comunità Economica Europea, promotrice della li‐ bertà economica che, a sua volta, avrebbe portato al Mercato Unico Europeo, all’Unione Economica e Mo‐ netaria con l’Euro, alla dimensione politica dell’inte‐ grazione europea nell’ambito, p.es., della politica estera e di sicurezza. Il rafforzamento delle Istituzioni Europee, un nuovo sistema di ripartizione delle com‐ petenze e la “costituzionalizzazione” di una serie di “diritti fondamentali” fecero seguito al fallimento dei lavori per la redazione ed approvazione di una Costi‐ tuzione Europea. Entrambi hanno visto come l’Europa abbia sempre do‐ vuto lottare contro l’azione di lunga durata delle altre potenze mondiali dimostratesi contrarie allo sviluppo di un autonomo spazio di libertà, di sicurezza e di pro‐ sperità economica: le fake‐news sono solo il punto (al momento finale) di questa impostazione politica. Entrambi hanno visto oscillare l’Europa tra l’essere uno spazio economico ed una comunità di valori, di diritti e di destino, connotata da una particolare dimensione sociale. Oggi il tentativo e la scommessa sono di far convivere, in Europa, economia valori diritti e dimensione sociale, agendo su cinque linee: i diritti fondamentali, la coe‐ sione, la protezione del clima, la digitalizzazione e la responsabilità dell’Europa nel mondo. Tutto ciò con un dibattito parlamentare “alto” che ap‐ pare essere garantito da una Presidenza (oggi italiana con il fratello scout David Maria Sassoli) sicura del fatto suo e delle prerogative che al Parlamento Euro‐ peo sono assicurate dal diritto Ue, accompagnato dalle

necessarie mediazioni politiche, mai al ribasso, dovute alla necessità di “traduzioni culturali” nei diversi paesi e regioni di quanto si vuole perseguire come obiettivo fondante e centrale. Con la verità e la trasparenza che sono necessarie in una democrazia avremo e daremo le risposte delle quali abbiamo bisogno: e lo Scautismo, seguendo Baden‐Powell ed il Vangelo, è “sempre pronto” ad im‐ pegnarsi, anche in Europa.

UN CANTO SCOUT DEDICATO ALL’EUROPA: STRADE E PENSIERI PER DOMANI Sai da soli non si può fare nulla, sai io aspetto solo te. Noi, voi, tutti, vicini e lontani insieme si fa... Sai ho voglia di sentire la tua storia: dimmi quello che sarà. Il corpo e le membra nell’unico amore insieme si fa... Un arcobaleno di anime che ieri sembrava distante. Lui traccia percorsi impossibili: strade e pensieri per domani! Sai se guardo intorno a me, c’è da fare, c’è chi tempo non ne ha più. Se siamo solidi e solidali insieme si fa... Sai oggi imparerò più di ieri, stando anche insieme a te. Donne e uomini, non solo gente, insieme si fa… Un arcobaleno di anime... Sai c’è un’unica bandiera, in tutto il mondo c’è una sola umanità. Se dici “Pace ‐ Libero tutti” insieme si fa... Sai l’ha detto anche B.‐P.: «Lascia il mondo un po’ migliore di così». Noi respiriamo verde avventura e insieme si fa... Un arcobaleno di anime...

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lo scautese

Strade aperte, strade di libertà Attilio Gardini

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Il titolo della nostra rivista ci propone di fare “Strada”, vocabolo che in inglese è Street, in tedesco è die Straße (pronuncia strasse), in olandese è straat; tutte parole che derivano dal latino via strata = via massicciata, cioè rico‐ perta da lastroni di pietra, Tali piastre, che ricoprono le strade, sono osservabili nel suburbio di Roma, dove nella Via Appia sono ancora oggi conservate e percorribili. Qualcuno ha sintetizzato, in una ricetta, come sia im‐ portante che lo Scautismo (Roverismo) “entri dai piedi” e diventi uno stile di vita, con una spiritualità capace d’improntare di sé la vita. L’Asci, a partire dal 1948, va‐ lorizzò questo concetto intitolando l’organo ufficiale della Branca Rover “STRADE AL SOLE”. Così pure Mario Mazza nel 1959 sviluppò tale prospettiva, quando inti‐ tolò la rivista del Masci “STRADE APERTE”, puntualizzando nell’editoriale: “Strade degne di voi devono aprirsi, affinché non vi sia chi ritenga esaurito il suo com‐ pito nelle Buone azioni”. In aggiunta bisogna precisare che, nella terminologia scout franco‐ fona, riguardo all’esperienza di campo mobile è utilizzata la pa‐ rola Route. In questo modo ci si avvale di un’espressione che signi‐ fica via, ròtta, itinerario, che di nuovo, a sua volta, ha radici nel la‐ tino: rupta (via), che è participio passato del verbo dirumpere = scavare, spianare terreno e bosca‐ glia per tracciare e quindi impo‐ stare un percorso. Vale a dire che siamo invitati a far strada, anche là dove non c’è… tant’è che nei dialetti alpini viene ancora conservato il termine “rupta”, nel senso di via aperta o passaggio nella neve. Non per niente B.‐P. ci ripete che “se hai la volontà di arrivare in un certo posto, ci arriverai, quali che siano gli ostacoli sul tuo cammino”. Per indicare un campo mo‐ bile, il fondatore usava il termine “Raiding camp”, che però oggi è desueto, per cui dovendo comunicare in in‐ glese è meglio utilizzare expedition o hike. Per approfon‐ dire questo spirito del procedere in route, Marcel Denys Forestier (1896 – 1976) scrisse “Scoutisme Route de Li‐ berté”, testo fondamentale per lo scautismo cattolico. Quindi, per questa nostra Route, non si dovrà pensare a

una strada asfaltata, o magari alla mitica Route 66, (quella che attraversa gli USA da costa a costa), bensì, una strada dove finalmente “puoi sentirti camminare”! Non priviamoci della gioia del sentiero. La gioia del pic‐ colo sentiero che s’inerpica sul fianco del monte, che si nasconde nel folto degli abeti, che a volte s’imbizzarrisce e parte diritto su verso l’alto e poi, stanco, quasi per pren‐ dere fiato, ridiventa pianeggiante snodandosi come un ricamo nel verde manto vellutato dei prati, per poi iner‐ picarsi di nuovo su per i ghiaioni e morire lentamente ai piedi delle grandi pareti rocciose dei nevai eterni. Per evidenziare, anche in senso fisico, questa importante attività, gli Scouts diciottenni nei paesi di lingua spagnola sono chiamati Caminadores e in Portogallo Caminheiros, termini che derivano dal latino barbarico. Il sommo poeta Dante usa la parola “cam‐ mino” nel significato di procedere e arcinoto è il suo incipit: “Nel mezzo del cammin di nostra vita...”. In altro modo, questo concetto viene ribadito in Belgio e in Francia, dove, a seconda delle diverse asso‐ ciazioni scout, troviamo sia les jeu‐ nes en route = giovani per strada, sia anche les jeunes en marche = giovani in marcia, con l’obiettivo di evidenziare gli elementi fondanti la principale attività della terza branca. Quindi tutte queste termi‐ nologie implicano l’esortazione a camminare contro corrente, ispi‐ randosi ai valori morali essenziali. In Germania lo scout è chiamato die Pfadfinder, cioè colui che cerca e trova il giusto sentiero, derivando dal verbo finden = trovare. Dal sassone Paeth si ricavano il tedesco Pfad e l’inglese path. Corrisponde a percorso, tracciato e quindi all’assonante pista. Curioso che quest’ultimo temine sia diventato, per gli scout italiani, l’insieme delle espe‐ rienze‐attività che formano il programma di Branco. Giorgio Gaber (1939‐2003) aveva intuito qualcosa quando cantava: “C’è solo la strada su cui puoi contare / bisogna ritornare nella strada /nella strada per conoscere chi siamo”? Così pure Claudio Baglioni ci commuove quando ci canta di come a volte è necessario scegliere la strada migliore: “…ho camminato quelle vie che curvano


eventi

seguendo il vento /e dentro a un senso d’inutilità... /e fragile e violento mi son detto tu vedrai vedrai /vedrai / strada facendo vedrai /che non sei più da solo / strada facendo troverai un gancio in mezzo al cielo / e sentirai la strada far battere il tuo cuore / … ma che cos’è che ci fa andare avanti”. L’esperienza di Baglioni ci fa pensare alla Forcola che è il simbolo del Roverismo e sta ad indi‐ care come la strada della vita ogni tanto si biforca in due direzioni: la via facile e la via difficile, tra le quali occorre scegliere. In The bending of the bough, lo scrittore poeta George Augustus Moore (1852‐1933) ci mette in guardia affermando che “La strada sbagliata pare sempre la più ragionevole”. Adesso capiamo perché nella rivista scout milanese “Servire” è presente in copertina, fin dalla sua nascita, questo simbolo stilizzato: la forcola, il bastone scout del rover. Doveroso è concludere con il cardinale Sergio Pignedoli (già Assistente Centrale dell’ASCI), che ha colto molto bene la spiritualità scout: “Signore, io ho preso il mio zaino e il mio bastone e mi sono messo sulla strada. Tu mi dici: Tutte le tue vie sono davanti a Me. Fa, dunque, o Signore, che fin dai primi passi io mi metta sotto i Tuoi occhi, mostrami la Tua via e guidami per il retto sentiero. So che la Tua via è quella della limpidezza del cuore: prima di partire io purificai la mia coscienza e ricevetti il Corpo del Tuo Figlio Divino. Tu ora aiutami a incontrare immagini serene e buone e a chiudere gli occhi alle cose che non danno coraggio. So che la Tua via è quella della pace. Per tutti quelli che incontro, donami, o Signore, il sorriso dell’amicizia, l’aper‐ to conforto del saluto, la prontezza attenta del soccorso. Molti di coloro che mi passano vicino non hanno una meta cui dirigere i loro passi e vanno a caso sulle polve‐ rose vicende delle strade: nuove generazioni sono venute in luce e hanno abitato la terra, ma ignorano la via della dottrina e non conobbero i suoi sentieri. Noi, o Signore, per la grazia Tua conoscemmo fin dall’ini‐ zio le Tue strade, oppure, se siamo stati dei deboli, ci siamo però stancati delle vie dell’iniquità e della perdi‐ zione e le abbiamo abbandonate. Fa dunque, o Signore, che noi possiamo aiutare i nostri fratelli dispersi a trovare la Tua strada, Tu che lungo le strade operasti miracoli e conversioni. Se incontreremo chi ha sete, porgeremo la nostra borrac‐ cia. Se vedremo qualcuno disteso all’ombra di un albero, ci chineremo ad assicurarci se riposa o se giace sfinito. O Signore che doni la rugiada ai fiori e il nido agli uccelli, noi Ti diciamo grazie fin da ora per ogni Tuo dono: per il caldo e il freddo, per il vento che ci batte sul volto e ci reca la gioia di terre lontane, per le albe piene di fiducia e per i tramonti ricchi di pace. Grazie per ogni fontana ristoratrice e per ogni edicola della Tua Vergine Madre, davanti alla quale ci sia dato inginocchiarci. Grazie del conforto che Tu ci dai, affinché ogni ora riprendiamo i nostri passi, affinché arriviamo a incontrarTi. Così sia”.

La Settimana “Laudato sì”

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Barbara Fabjan Roma 19

“Che tipo di mondo vogliamo lasciare a quelli che verranno dopo di noi? ai bambini che stanno crescendo?... Rinnovo il mio appello urgente a rispondere alla crisi ecologica: il grido della terra e il grido dei poveri non possono più aspettare”. Con que‐ ste parole Papa Francesco ha invitato i cattolici di tutto il mondo a partecipare alla Settimana Laudato sì che si è tenuta dal 16 al 24 maggio in occasione del quinto anniversario dell’enciclica, firmata il 24 maggio 2015. Tema dell’evento, indetto dal Dica‐ stero vaticano per il servizio dello sviluppo umano integrale, era una delle espressioni chiave del documento pontificio, ossia “tutto è connesso” (LS 138) con riferimento all’idea di ecologia integrale che ne caratterizza l’impianto. La Settimana si è svolta proprio mentre era in corso la pandemia di coronavirus, evi‐ dente manifestazione di un errato rapporto tra uomo e mondo naturale, ma‐è stato detto‐proprio “la cura della nostra casa co‐ mune deve essere fonte di ispirazione durante i momenti di dif‐ ficoltà. Ci incoraggia a riflettere sui valori che condividiamo e a creare un futuro più giusto e sostenibile” (SLS). Le giornate sono state scandite da seminari formativi on line de‐ dicati ai temi della ecospiritualità, della sostenibilità, della mobi‐ litazione, dell’azione sociale, tenuti da esperti collegati al Movimento cattolico mondiale per il clima e seguiti da migliaia di persone connesse alla rete dai più diversi paesi del globo. Si è così venuti a conoscenza di esperienze e progetti praticati dalla Nuova Zelanda all’Uruguay, in un clima di sensibilizzazione e mobilita‐ zione delle coscienze che può far ben sperare, dato che i cattolici contano più di un settimo della popolazione mondiale. In questo senso è stato significativo l’annuncio che più di qua‐ ranta istituzioni cattoliche hanno deciso di disinvestire dai com‐ bustibili fossili. Al di là dell’interesse dei singoli contributi di riflessione, in que‐ sto inedito appuntamento quotidiano è stato emozionante avere una percezione viva dell’universalità della chiesa, che ha poi trovato espressione domenica 24 maggio alle 12, ora locale per tutti, in un momento corale e conclusivo di preghiera e di invocazione. Alla preghiera si è unito anche il Papa che nel corso dell’Angelus della stessa domenica ha voluto annunciare l’indizione di un Anno speciale di riflessione sui temi della Laudato sì, a scadere il 24 maggio 2021. La sera di lunedì 25 maggio, a margine della Settimana, si è poi tenuto un evento italiano on line, un webinar dal titolo “Attua‐ lità scientifica della Laudato sì al tempo del coronavirus” con interventi molto interessanti di Stefania Papa e Luca Fiorani. Tutte queste manifestazioni intendevano rimandare inoltre alla celebrazione del Tempo del creato, prevista dal 1° settembre, Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato, al 4 otto‐ bre, festa di san Francesco. Si tratta di un evento annuale che intende incoraggiare i cristiani alla preghiera e all’azione per la nostra casa comune, coordinato da un comitato direttivo ecu‐ menico. Il tema di quest’anno sarà “Giubileo per la terra” per inaugurare, nel solco della tradizione ebraico‐cristiana, un tempo di “restauro” e di cura dell’ambiente e delle relazioni.

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Sommario EDITORIALI Camminando, si apre il cammino GIOACCHINO MAIDA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . «Quando la strada non c’è, inventala» (BP) MASSIMILIANO COSTA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Per strade non battute… MIMMO COTRONEO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il punto di vista ‐ Ricordate l’impresa Masci “Via Francigena”? VILMA MARCHINO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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IN PRIMO PIANO B.P. e il nazismo…. Estratto da scritti di MARIO SICA e da documenti da lui selezionati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 Il punto di vista GUFO SAPIENTONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 Il punto di vista ANTONELLA AMICO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 VITA ASSOCIATIVA La Tavolata senza muri GIULIA PIGLIUCCI (FOCSIV) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 Mascincontri: sintesi Balduzzi RENATO BALDUZZI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 La Newsletter sulla sostenibilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 DALLE REGIONI Il C.R.E.M. virtuale del Piemonte LUCARINI/BARBIRATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 Scautismo dalla A alla Z VALLE D’AOSTA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 STORIE DI COMUNITÀ Progetto di accoglienza minori

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OPINIONI/DIBATTITI Il ponte tibetano ENRICO CAPO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19 L’Europa: tante sigle, tanti progetti, un’idea di fondo, messa quotidianamente alla prova PAOLO GROSSHOLZ . . . . . . . . . . 20 LO SCAUTESE Strade aperte, strade di libertà EVENTI La Settimana “Laudato si’”

luglio/agosto 2020

ENZO BALDACCHINO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

ATTILIO GARDINI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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BARBARA FABJAN . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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STRADE APERTE. N. 7‐8, luglio‐agosto 2020 Anno 62 – Periodico mensile del M.A.S.C.I. (Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani). Spedizione in A.P. 45%, Art. 2 comma 20/B, Legge 662/96, Dal C.M.P. Pa‐ dova. Euro 2,00 la copia. Direttore responsabile: Pio Cerocchi • Direttore: Michele Pandolfelli • Capo redattore: Gioacchino Maida • Redazione: Antonella Amico, Alberto Cuccuru, Leonardo Lucarini, Vilma Marchino • Collaboratori: Lorena Accollettati, Manlio Cianca, Carla Collicelli, Paola Dal Toso, Romano Forleo, d. Lucio Gridelli, Paolo Linati, Mario Maffucci, Vittorio Pranzini, Mario Sica. Redazione: via Vincenzo Picardi, 6 – 00197 Roma, e‐mail: sede@masci.it • Stampa: ADLE Edizioni sas, Padova, info@adle.it • Editore, Amministratore e Pubblicità: Strade Aperte Soc. coop. a.r.l., via Vincenzo Picardi, 6 – 00197 Roma, tel. 06.8077377. Iscritta al registro degli operatori di comunicazione al n.° 4363. Abbonamento ordinario a 11 numeri: Euro 20.00, da versare sul ccp. n. 75364000, intestato: Strade Aperte Soc. coop. a.r.l., via Vincenzo Picardi, 6 – 00197 Roma. ASSOCIATO USPI. Tiratura. 5.000 copie. Chiuso in redazione: il 17 luglio 2020 QUESTO NUMERO È STATO SPEDITO DALL’UFFICIO POSTALE DI PADOVA CENTRALE IN DATA: LUGLIO 2020


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