Elliott Erwitt: master of decisive moment

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ELLIOTT ERWITT Master of decisive moment di Luca Ferrario



ELLIOTT ERWITT Master of decisive moment di Luca Ferrario


LA FOTO GRAFIA “New York City, 2000” di Elliott Erwitt

“New York city, 2000” è un’immagine del fotografo americano Elliott Erwitt. Lo scatto in bianco e nero mostra uno scorcio della città, in cui due bulldog sono seduti su una classica scalinata d’ingresso newyorkese. Ad un primo sguardo la scena appare del tutto normale, quasi banale. Con più attenzione, però, si notano le gambe della donna seduta sulla medesima scalinata, che spuntano al di sotto di uno dei due cani, che risulta essere in braccio alla padrona: l’effetto ironico è dirompente. I due soggetti sono mischiati a formare un’unica entità, quasi ad indicarne il legame affettivo, sottolineando la bellezza e la singolarità di questa scena di vita quotidiana. Questa fotografia rappresenta la sintesi degli elementi più importanti dell’arte di Erwitt: uno scatto “rubato”, un’istantanea realizzata per strada in mezzo alle persone comuni, diviene un momento speciale ed unico, carico di ironia e rimandi visivi, che eleva la quotidianità a istante allegorico. Non è un’immagine preparata, curata o studiata: è una fugace fotografia piena di spontaneità , senza pretese di perfezione. Anche il soggetto, due cani e la loro padrona, è uno dei leit motiv della fotografia di Erwitt, al quale ha dedicato buona parte della sua carriera professionale.


▲“New York city, 2000”, Elliott Erwitt


ELLIOTT ERWITT Fotografo amatore professionista

Elliott Erwitt, uno dei grandi maestri della fotografia mondiale del ‘900, nasce a Parigi nel 1928 da una famiglia russa di origini ebraiche. Trascorre l’infanzia in Italia, a Milano, e si trasferisce definitivamente negli Stati Uniti nel 1939, a Los Angeles. Qui Erwitt studia fotografia al Los Angeles City College dal 1942 al 1944 e cinema alla New School for Social Research dal 1948 al 1950 a New York, e, da studente, inizia a scattare fotografie e a lavorare in uno studio fotografico commerciale, sviluppando stampe “firmate” per i fan delle star di Hollywood. Nel 1946 viene pubblicata per la prima volta una delle sue fotografie, che ritrae un Chihuahua accanto alle scarpe di una donna. Nel 1951 viene chiamato dall’esercito americano, soggiornando in New Jersey, in Francia e in Germania, luoghi dove inizia la carriera di fotografo professionista, lavorando per varie pubblicazioni come Life, Collier’s Look e Holiday, e per l’esercito stesso. Il primo vero lavoro arriva dal famoso fotografo Roy Stryker, direttore del dipartimento di fotografia della Farm Security Administration, ed è un progetto sulla Standard Oil Company. In quegli anni conosce Robert Capa, che, da socio fondatore, nel 1953, quando Erwitt ha solo 26 anni, lo invita ad entrare a far parte della prestigiosa agenzia Magnum Photos, associazione che gli dona visibilità e che gli permette di intraprendere progetti fotografici in tutto il mondo. Grandi personalità come Edward Steichen, o anche Capa e Stryker stessi, amano le sue fotografie al punto da diventare suoi mentori, e il prestigio di Erwitt si consolida con la presidenza di Magnum ottenuta nel 1968, con la quale realizza contratti e campagne pubblicitarie milionarie negli anni ’70 e ’80, e della quale rimane il più longevo fotografo in attività.


Parallelamente alle attività di fotografo professionista e fotografo “per hobby”, negli anni ’70 inizia a produrre anche documentari, film e serie televisive, tra i quali “Beauty knows no pain” (1971) e il premiato “Glassmakers of Heart” (1977). Oggi Elliott Erwitt, ottantenne, vive a New York con la sua quarta moglie e il cane Sammy, e rimane ancora una delle figure leader nel mondo della fotografia contemporanea, con esposizioni al MOMA di New York, al Chicago Art Institute, al Palais de Tokyo, e in moltissime altre prestigiose sedi espositive. Nei suoi ultimi lavori, ha creato l’alter ego André S. Solidor (ASS), scattando fotografie esagerate e provocatorie, come critica alle derive estreme della fotografia contemporanea e del mondo dell’arte.

▲“New York city, 1946”, Elliott Erwitt ◀ “Elliott Erwitt in the Westlicht, Vienna“, Alfred Weidinger

“Sono un fotografo dilettante, oltre ad essere un professionista: forse le mie foto amatoriali sono quelle migliori”


POETICA

▲“Paris, France, 1989”, Elliott Erwitt

Cogliere il momento decisivo

Elliott Erwitt può essere definito come uno dei maestri del “decisive moment”, che lo rendono a tutti gli effetti l’erede di Henri Cartier-Bresson, definito da Erwitt stesso “il più importante fotografo del nostro tempo”. La sua fotografia è basata sull’istantanea, sull’abilità compositiva e sull’istintiva sensibilità nel “cogliere l’attimo”, l’attimo nel quale persone, animali o oggetti della vita quotidiana appaiono di fronte alla macchina fotografica in modi sorprendenti, illuminanti e a volte bizzarri. A ciò che già rende la fotografia di Cartier-Bresson unica, Erwitt

unisce una perfezione formale scaturita “dal caso”, e un’ironia che rende la sua poetica quella della commedia umana. Grazie all’ironia, cattura le contraddizioni del reale, rendendo la normalità, il solito e l’esistenza di tutti i giorni, insoliti e ridicoli. Egli descrive le sfaccettature del genere umano, la vita quotidiana e mondana, prediligendo scatti “rubati” per strada all’insaputa dei soggetti ripresi. Come afferma Erwitt stesso, però, nelle sue foto non ci sono significati o messaggi nascosti, recondite ricerche concettuali, ma solo attimi estrapolati


▲“Grand Cayman, Bahamas, 1981”, Elliott Erwitt ◤“Behind le Gare Saint Lazare, Paris, 1932”, Henri Cartier Bresson

dalla realtà e dalla quotidianità. Dalle sue stesse parole: “Io fotografo qualunque cosa mi interessi. Si tratta di reagire a ciò che si vede, senza preconcetti. Si possono trovare immagini da fotografare ovunque, basta semplicemente notare le cose e la loro disposizione, interessarsi a ciò che ci circonda e occuparsi dell’umanità.” Grandi fotografi della generazione successiva come Lee Friedlander e Martin Parr hanno preso ispirazione dal lavoro di Erwitt, sia dal punto di vista stilistico che nei contenuti.

“Quando la fotografia accade, succede senza sforzo, come un dono che non va interrogato né analizzato”


STILE

Armonia e rottura delle regole Erwitt ci trasmette le sue ironiche immagini in un modo talmente “economico” e senza nessuna presunzione che chiunque può rendersi conto di quanto eccellente sia la sua opera: le sue immagini “parlano da sole”. Come altri della sua generazione, ed in particolare uno dei suoi maestri, il fotografo di Life Gjon Mili (“Ho condiviso uno studio con lui: mi ha insegnato tanto, disciplina e aspetti tecnici.”) comincia a rompere certi schemi formali della fotografia tradizionale dell’epoca, come l’esposizione e le inquadrature perfette, mantenendo sempre una ricerca dell’armonia tra soggetti, forme e luci. L’uso di del bianco e nero, delle sfocature, dei controcampi, delle sequenze fotografiche e punti di vista particolari trasformano “la realtà” nella “sua realtà“. Questa realtà, piena di ironia, che descrive nelle sue istantanee, viene trattata con realismo, creando un mix che rende il risultato finale, in una parola, piacevole. Nelle sue immagini migliori, serve anche una seconda o una terza occhiata per coglierne l’interezza, ed una volta compresa la composizione si scatenano tutta l’ironia e l’armonia della fotografia di Erwitt. Questa armonia che crea tra i soggetti viene data spesso dalla giustapposizione di elementi formalmente differenti ma, in qualche modo, simili nell’aspetto. In “Florida Keys, 1968”, per esempio, un uccello bianco dal lungo collo sosta vicino ad un tubo verticale sormontato da una chiusura orizzontale: un elemento è inanimato, l’altro è animato, ma, surrealisticamente, sembrano entrambi appartenenti ad una stessa specie.


“Non c’è nulla da descrivere: un’immagine vale più di mille parole”

◀ “Florida Keys, 1968” ▼“California. 1955”, Elliott Erwitt


TEMI Il quotidiano

Erwitt può essere considerato a tutti gli effetti uno street photographer, che ritrae frammenti di vita e istanti decisivi di cose e persone, nella loro quotidianità, spesso, appunto, per strada. Il fotografo pone la sua attenzione su qualsiasi soggetto, senza alcuna differenza fra persone comuni e personaggi famosi, portando all’estremo la qualità democratica tipica della fotografia. È la vita ordinaria quella con cui Erwitt si trova più in sintonia, trovando in essa momenti di epifania allegorica, come nella foto del 1963 in cui sono ritratte tre donne, di cui una con un neonato, sedute in una panchina che recita “Lost Persons Area”. La moltiplicazione dei significati del car-


▲“New York city, 1953” ◀“California, Pasadena, 1963”, Elliott Erwitt

tello (persone perse all’interno del parco, o persone che si sono perse nella loro vita?) ispira profonde riflessioni e rimandi che solo lo sguardo speciale di Erwitt verso il quotidiano poteva suscitare. Un altro esempio, famoso in tutto il mondo, è la foto “Mother and Child” del 1953, in cui ritrae la moglie, la figlia neonata e il gatto nel loro semplice appartamento di Manhattan. Per Erwitt, è solo “Uno scatto di famiglia della mia prima figlia”, ma l’immagine è diventata un’icona globale, stampata innumerevoli volte su ogni tipo di materiale: è un simbolo della naturalezza della vita quotidiana, uno spaccato della realtà artistica post-bellica americana.

“Quando la fotografia accade, succede senza sforzo, come un dono che non va interrogato né analizzato”


“Il mio lavoro è terribilmente semplice: osservo, cerco di intrattenere, ma soprattutto voglio immagini che emozionino.”

TEMI

Fotogiornalismo Oltre che di gente comune nella vita di tutti i giorni, Elliott Erwitt è stato spesso fotografo di eventi e personaggi famosi. Su di essi Erwitt posa uno sguardo allo stesso tempo tagliente e pieno di empatia, dal quale scaturisce non soltanto l’ironia del vivere quotidiano, ma anche la sua complessità. Durante la sua carriera ha ritratto personaggi del calibro di Marilyn Monroe, Marlon Brando, Che Guevara. Molto famosa è l’immagine del 1959 del dibattito tra Nikita Khrushchev e l’allora vicepresidente americano Richard Nixon, nella quale Nixon punta vigorosamente il dito al petto di un impassibile Khrushchev. Nelle sue foto-

grafie personaggi come Marilyn e Fidel Castro vengono resi reali esseri umani, cancellando da essi il velo del mito e della celebrità. L’immagine di Jacqueline Kennedy al funerale di JFK, in cui è sola in mezzo ad una folla con il volto trasformato dal dolore, rende la first lady una normale donna in lutto, rendendo lo scatto realmente toccante. Uno degli scatti più recenti su questo tema mostra il Presidente Obama e la moglie Michelle sullo sfondo di una selva di telefoni cellulari e fotocamere digitali tenuti alti verso di loro, iconografia della diffusione di massa del mezzo fotografico.


◀“CUBA. Havana. 1964”, Elliott Erwitt

▲“USSR, Moscow, 1959” ▼“Arlington, Virginia. November 25th, 1963”


TEMI I cani

Un altro tema molto caro a Elliott Erwitt è quello dei cani: i migliori amici dell’uomo sono uno dei suoi soggetti preferiti, tanto che a loro ha dedicato quattro monografie, “Son of Bitch” (1974), “Dog Dogs” (1998), “Woof” (2005) e “Elliott Erwitt’s Dogs” (2008). Dalle sue parole: “I cani sono ovunque, fotografando per strada diventano per forza soggetti delle immagini. Inoltre sono simpatici e non chiedono le stampe delle loro foto. Mi piacciono, sono un buon soggetto: sono praticamente universali e gli stessi in tutto il mondo”. Erwitt ha realizzato centinaia di foto con cani, da soli o insieme a persone, spesso ripresi dalla loro prospettiva. In molti scatti sono contrapposti ironica-

mente ai loro padroni, nel classico stile che contraddistingue la sua fotografia, come in “New York City, 1974”, in cui un chihuahua vestito con tanto di cappotto e cappellino è affiancato degli stivali della padrona, tagliata dall’inquadratura, che appare come un gigante in confronto al piccolo cane. Ad un secondo sguardo, poi, si notano le zampe di un cane di grossa taglia, probabilmente un danese, che appaiono come enormi tronchi d’albero. Passato il divertimento del primo impatto, rimane l’evidenza dei fatti: i soggetti, cani grandi e piccoli, e uomini, stanno tutti sullo stesso piano.


▲“Paris, France, 1989” ◀“New York City, 1974”, Elliott Erwitt

“I cani sono espressivi, sono ovunque, sono simpatici. E non chiedono le stampe delle loro foto.”


FONTI E SITOGRAFIA “La fotografia come arte contemporanea�, Charlotte Cotton. Einaudi 2010.

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Smithsonianmag.com Stile.it Corriete.it Wikipedia.org Nytimes.com Visionweb.it Independent.co.uk Civitatrevenezie.it It.paperblog.com



ELLIOTT ERWITT

Master of decisive moment di Luca Ferrario Elliott Erwitt è uno dei grandi maestri della fotografia mondiale del ‘900. Nato a Parigi, trascorre l’infanzia in Italia, a Milano, per poi trasferirsi negli Stati Uniti. Da studente, inizia a scattare fotografie: in quegli anni conosce Robert Capa, che nel 1953 lo invita ad entrare a far parte della prestigiosa agenzia Magnum Photos, associazione che gli dona fama in tutto il mondo. Può essere definito come uno dei maestri del “decisive moment”, che lo rendono a tutti gli effetti l’erede di Henri Cartier-Bresson.

Politecnico di Milano Design della comunicazione Sezione C2 Anno Accademico 2012/2013 Storia dell’arte contemporanea e linguaggi della comunicazione visiva. Professori Paolo Castelli, Sergio Giusti


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