clash or dialogue

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N°1 OTTOBRE 2011 Periodico di cultura lgbt

CLASH Dialogue OR

SCOMMESSA ITALIA

BIANCO O NERO

FUORI LE PAROLE

ONDA SONORA

— Trecento delegati da tutta Europa. 27-30 ottobre. Ilga Europe fa base a Torino, per parlare di diritti.

— Diritti lgbt. Da che parte stai? 21 ottobre, Piazza Vittorio. Dai la prima cuscinata!

— Sei locali, tante domande. Cosa significa essere gay, trans, immigrato o una famiglia arcobaleno?

— Party al ritmo di nu-disco. Dopo la battaglia, Clash or dialogue continua. Tutti al Jam.

GIÙ LA MASCHERA! Usciamo allo scoperto. Nelle piazze e nelle strade, ora è tempo di parlare

Distribuzione gratuita

crashordialogue.tumblr.com


N°1

OTTOBRE 2011

CLASH OR DIALOGUE

PER I DIRITTI LGBT

SCONTRO O DIALOGO?

Dal tramonto all’alba un nuovo movimento di piazza di VALERIA SANTOSTEFANO

In occasione della XV Conferenza di Ilga-Europe a Torino, l’importanza di tornare a scuotere la città di ENZO CUCCO

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e il valore delle cose si misura anche dalla loro durata ILGA e ILGAEurope sono un vero miracolo. Per chi conosce, anche solo parzialmente, la congenita litigiosità delle diverse realtà associative del variegato mondo gay lesbico e transessuale (ma tutte le minoranze sono nella stessa situazione) i 33 anni di storia della federazione mondiale e 15 anni della federazione europea sono una meravigliosa eccezione. Se poi riflettete sulle profonde differenze di storia, di cultura, di metodo e di integrazione che le differenti comunità lgbt vivono nel mondo, lo stare insieme dentro un’unica federazione ha dell’eroico, soprattutto se si considerano gli obiettivi raggiunti, oscuri ai più ma evidenti anche solo a chi frequenti per cinque minuti la vita delle istituzioni comunitarie. Una storia ricca di cambiamenti, di mutazioni, di vittorie e di sconfitte, di clamorosi ritardi e di 3

straordinari slanci in avanti, tipici di un’organizzazione che non ha mai smesso di costruire nel tempo credibilità e rappresentatività oggi non più in discussione nelle sedi comunitarie e internazionali. Le organizzazioni italiane hanno contributo per una parte non piccola a questa storia, non soltanto essendo presenti e attive con il Fuori! nei primi anni della storia di ILGA, dalla Conferenza di Coventry del 1978 fino alle Conferenze mondiali di Torre Pellice del 1981 e Washington del 1982, ma anche accompagnando le ultime e principali mutazioni sia di ILGA che di ILGA-Europe partecipando ai massimi livelli decisionali con militanti provenienti da Arcigay che hanno svolto e svolgono un ruolo centrale in questi mutamenti. La XV Conferenza di ILGA-Europe che si svolgerà a Torino dal 26 al 30 ottobre 2011 si colloca in questa storia, ed è una occasione straordinaria per avvicinarsi alla politica lgbt con la P maiuscola,

sviluppare relazioni e contatti, contribuire all’individuazione di nuovi obiettivi e di nuove attività. Il tema della Conferenza, scelto proprio guardando alla realtà italiana come paradigma della realtà europea, rappresenta

«STARE INSIEME DENTRO UN’UNICA FEDERAZIONE HA DELL’EROICO» molto chiaramente quanto stiamo vivendo. Non la realtà che appare, ma quella reale, quella delle trasformazioni profonde della società che motivano, e indirizzano anche i cambiamenti della realtà lgbt e della società nei confronti della comunità. Il confronto, o lo scontro tra valori tradizionali e diritti umani, e la capacità di vivere i cambiamenti prodotti da

questa realtà sono il tema centrale delle società occidentali. Noi tutti, uomini e donne, eterosessuali, omosessuali o transessuali, intersessuali senza eccezione siamo di fronte ai mutamenti prodotti dalle migrazioni, dalle nuove libertà individuali che le scoperte scientifiche consentono, dai passi avanti che l’autodeterminazione e il protagonismo delle donne fortunatamente continua a conquistare, dai limiti delle risorse economiche e ambientali di cui oggi siamo più consapevoli. Una conferenza che l’Italia e Torino sono orgogliosi di ospitare anche perché lottare in Italia per i diritti lgbt (frontiera avanzata del nuovo interventismo fondamentalista e vaticano) significa lottare in Europa perché i principi di pari opportunità e di non discriminazione non rimangano principi, appunto, ma rendano la vita di tutti e tutte un po’ più consapevole, responsabile e felice. Buona conferenza.

Clash or Dialogue è il nome dell’evento che animerà Piazza Vittorio e dintorni il 21 ottobre dalle 19 alle 5. La serata si inserisce tra gli eventi collaterali della XV Conferenza Annuale di ILGA Europe (International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association) che si terrà a Torino tra il 26 ed il 30 ottobre 2011 con il titolo: Human Rights and “Traditional Values”: Clash or Dialogue? Lo scopo è di portare i temi della Conferenza in città, tra chi popola le notti torinesi. A prendere parte all’iniziativa sono prima di tutto i locali: Amantes, Lab, La Drogheria, Cafè des Arts, Zero, Caffè Elena. In queste location troverete più di quindici associazioni che si occupano di tematiche e questioni LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali) ed i loro progetti rappresentati con performance teatrali, esposizioni fotografiche, musica, visual. Si parlerà di famiglie e convivenze, di transessualità, di violenza, di coming out, di omofobia e razzismo. La serata del 21 ottobre comincerà alle 19 nei locali e continuerà alle 21 con un flash mob in Piazza Vittorio: una battaglia con cuscini che ciascuna persona potrà personalizzare rappresentando il tema della serata. Oltre alle iniziative previste nei locali, sarà ospitata dalla piazza una Biblioteca Vivente (dalle 21 alle 24), iniziativa di dialogo interculturale contro le discriminazioni. Infine, dalle 23 alle 5 la serata si sposterà ai Murazzi del Po, presso il Jam Club, dove il Comitato ILGA Europe Torino 2011 incontrerà il Festival Club to Club per la serata Viva Club to Club ‘Clash or Dialogue’ con i dj set di Bottin e Giorgio Valletta (ingresso senza consumazione 5 €). L’appuntamento in Piazza Vittorio per la battaglia dei cuscini e la notte delle associazioni sarà l’evento clou in cui tutte le realtà coinvolte, nelle loro “case” temporanee (i locali che le ospiteranno), parleranno al grande e variegato pubblico che anima le notti di Torino.


N°1

FACCIA A FACCIA Con storie di violenza lesbofobica e omofobica. di MARTA GIANELLO GUIDA

CATTIVI PENSIERI sull’omosessualità Odio e violenza, dicono gli eterosessisti, hanno le loro ragioni. Ma può l’amore essere una minaccia all’ordine sociale? di VALERIA SANTOSTEFANO

L’Associazione Persefone, in collaborazione con le associazioni Arcilesbica, Arcigay Torino Ottavio Mai, Collettivo Altereva e Casa delle Donne di Torino, porterà in Piazza Vittorio la sera del 21 ottobre il progetto Guarda in Faccia la Violenza, nato dalla collaborazione tra ReteDonne Arcigay e ArciLesbica in occasione del BolognaPride 2008. L’iniziativa sarà ospitata dal locale La Drogheria, dove saranno visibili quindici sagome, create da Barbara Marzocchi e Catia Campo, a grandezza naturale che simbolicamente racconteranno diverse storie di violenze subite da donne lesbiche e uomini gay. La finalità dell’evento sarà quella di informare e sensibilizzare, creare consapevolezza e spingere alla reazione, sulle tematiche riguardanti lesbofobia e omofobia. A partire dal 2009 Guarda in Faccia la Violenza è diventata una vera e propria campagna di comunicazione sociale, proposta in molte città d’Italia fino ad arrivare a Torino in occasione delle manifestazioni organizzate per la XV Conferenza ILGA-Europe. Tra le associazioni presenti alla serata, Persefone, si occupa della promozione di tematiche legate ai diritti umani, alla parità di genere, all’inclusione sociale, al superamento degli stereotipi e dei processi che generano discriminazione avvalendosi di metodi formativi innovativi e tecniche di progettazione partecipata. Arcilesbica ha tra le sue principali mission la difesa delle lesbiche dalle discriminazioni e il potenziamento della visibilità delle lesbiche attraverso la promozione di attività culturali e politiche, sia a livello locale che nazionale. Arcigay Torino Ottavio Mai si occupa della promozione e della tutela dei diritti e del contrasto a ogni forma di violenza e discriminazione subita dalle persone gay, lesbiche, bisessuali e trans. Il Collettivo Altereva è un gruppo di studentesse e studenti impegnato in un percorso di formazione e di azione sul territorio sulle tematiche di genere. La Case delle Donne di Torino lavora da anni con l’obiettivo di ascoltare e sostenere le donne, promuovendo una cultura di genere che sia realmente dalla parte della donna e proponga il suo punto di vista in ogni ambito sociale. 4

Q

uando mi sono innamorata di una donna per la prima volta avevo da poco chiuso una storia di diversi anni con un ragazzo, quello che ti porti dietro dalle superiori e che, con il senno di poi, sarebbe stato meglio lasciare li. Nonostante non facesse più parte della mia vita, ricordo bene quando gli raccontai della mia storia con lei. Ricordo il suo sguardo divertito. Non ha ovviamente potuto fare a meno di propormi ‘la storia a tre’: un classico. Era chiaro per lui che quello che vivevo non era reale, o meglio, poteva anche essere reale ma assumeva le sembianze di un gioco erotico nel quale anche lui doveva entrare, era suo il posto d’onore. Poi, non molto tempo dopo, capì che lui in quella storia non aveva nessun posto. Si arrabbiò, e molti furono i tentativi di riconquistarmi. Poi, dopo mesi, smise di cercarmi, si era rassegnato, chiuso. Questo non è di per sé un racconto di violenza, ma rappresenta una situazione tipica. È tipica l’ira dei genitori che vengono a conoscenza dell’omosessualità di un proprio figlio, il disgusto dei compagni di scuola, dei passanti magari, quan-

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do vedono una coppia di donne o di uomini per mano, darsi un bacio. Queste sono tipiche situazioni in cui una persona lesbica o gay si trova almeno una volta nella vita io credo. Può essere un litigio con i tuoi, una battuta pesante per strada. A volte però sono insulti, bullismo, persecuzione, botte, molestie. Non voglio dire che tutte le persone lesbiche e gay vivono la violenza nel proprio quotidiano, non lo credo. Voglio dire che la violenza è un’esperienza che è parte della vita delle persone omosessuali e pertanto va considerata con particolare attenzione. Va considerata anche perché l’Italia è uno dei 13 paesi dell’Unione Europea che non ha introdotto nel proprio ordinamento giudiziario il crimine di odio motivato da omofobia o lesbofobia; manca anche un’aggravante che, associata ad altri reati, possa comunque rendere conto delle ragioni omofobe di quegli atti e punirle. Una delle conseguenze di questa mancanza è l’assenza di un sistema che raccolga dati sugli atti omofobi, che li conti. Così in mancanza di numeri non ci resta che raccontarne le storie, perché il rischio è che a forza di non vedere queste violenze scompaiano dalle

1 coscienze e questo, penso, non possiamo permetterlo. I perché di questa violenza sono molteplici. Normalmente l’omofobia così come la lesbofobia sono l’espressione di sentimenti negativi, un’avversione che si traduce in aggressioni verso componenti che si sa o si suppone di un gruppo diverso dal proprio, nel nostro caso a causa dell’orientamento sessuale. Così la sessualità diventa un campo in cui si scontrano diversi sistemi di valore. Quando si parla di eterosessismo si parla di questo: di quel pensiero che impone l’eterosessualità come unica possibile normalità e l’omosessualità come una minaccia all’ordine sociale costituito; molti dei cosiddetti hate speach, discorsi che incitano all’odio, hanno queste caratteristiche. Non sono sempre paura e ripugnanza a determinare un’aggressione ma anche interesse personale o volontà di ristabilire quell’ordine sociale, sentimenti che probabilmente avrà sentito il mio ex. Per una donna essere lesbica significa non soltanto fuoriuscire da un sistema sociale fondato sull’eterosessualità, ma ribellarsi

«UNA DONNA CON UN’ALTRA DONNA STRAVOLGE L’EQUAZIONE»

anche ad un sistema di potere che attraverso l’attribuzione di ruoli differenti colloca diversamente uomini e donne in relazione tra loro. La sessualità delle donne è generalmente vista come funzionale a quella degli uomini: altrimenti perché un uomo dovrebbe proporre con sistematicità di inserirsi in una coppia di donne lesbiche? Una donna che dirige i propri sentimenti e la propria attrazione verso un’altra donna stravolge l’equazione e ne fa uscire il componente comunemente ritenuto più rilevante. In linea con questo ragionamento un uomo gay minaccia la virilità del genere maschile e, sottraendosi alla superiorità attribuitagli in relazione alle donne, rompe ugualmente gli schemi e per questo viene sanzionato. Trovo curioso che si venga puniti per non aver rispettato regole, ruoli, comportamenti - in fondo per essere ciò che si è e per volerlo vivere liberamente - ma che il nostro ordinamento non riconosca né punisca le motivazioni omofobe e lesbofobe alla base di questi atti, così come avviene invece per i crimini violenti e d’odio motivati da razzismo. Dicono, (i responsabili di questa mancanza) che non si può sapere con certezza quale sia l’orientamento sessuale della persona vittima e che quindi sia impossibile stabilirne le motivazioni. Così se io esco da una discoteca notoriamente frequentata da gay e lesbiche, raggiunta dalle urla “sporca lesbica di merda” e massacrata di botte, secondo i sostenitori di queste fantasiose tesi, le motivazioni di quella violenza non sono necessariamente lesbofobe, perchè non si ha la certezza che io sia lesbica davvero (sic!). A questo proposto c’è una frase che mi ha colpita davvero molto, è una regola che la polizia della Gran Bretagna usa per trattare casi di omofobia e lesbofobia: un incidente omofobo è tale quando è percepito come tale dalla vittima o da qualunque altra persona. Chiuso.

1 Ai gasometri

Valeria Santostefano Vivere pienamente. Omosessualità: identità e impegno sociale.

2 Nei pressi del:

Torino Youth Centre Una comunità che crede e cresce nella diversità.


OTTOBRE 2011

LOVE ME La campagna di comunicazione sul coming out di STEFANO ROSSO

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COSA VUOL DIRE

ESSERE sull’altra sponda Non è l’abito, l’atteggiamento o il sesso, ma solo il desiderio di uscire allo scoperto. Di non avere paura di amare un’altra donna. di MASSIMO GORI MANCINI

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iamo in una piccola soffitta che lei chiama ufficio. Mi offre una Winston ma io non fumo, mi chiede se mi da fastidio e io le dico no, si siede comunque vicino alla finestra. A gambe incrociate sul tavolo, si accende la sigaretta mentre sorseggio una birra gentilmente offerta. Ho perso nello zaino la moleskine con gli appunti che mi ero preso: nozioni sulle lesbiche, sull’outing che non è uguale al coming out e poi il filo dei miei pensieri si interrompe quando riesco a recuperarla. Ci metto poi troppo a ritrovare il segno. Le pareti sono spoglie e di un color giallo paglierino discutibile, poi una scrivania con sopra un computer ed un lettino nero per massaggi abbandonato in un angolo. “Dovrei essere felice che ti sei innamorata di una donna?” Sono passati quattro anni, ma nel ripetere la frase di sua madre, a Michela trema ancora la voce. Non aveva avuto il coraggio di dire “lesbica”, si era limitata ad un affettuoso “innamorata”. Un pugno allo stomaco, proprio quando si era guadagnata la sua

boccata d’aria fresca, la madre l’aveva messa all’angolo. Mi dice che crescere in una famiglia medio borghese, acculturata e in una grande città, ti aiuta a rendere più facili quei momenti iniziali. Salvo madri o padri, nella sua famiglia come in tante altre, presi dalla paura di chi non conosce. L’incipit promette bene, Michela smette di fumare e per qualche secondo fissa la porta alle mie spalle. Che silenzio e che caldo. Poi si riavvia, con un cambio di registro che mi lascia spiazzato ma che prendo come una benedizione. Mi ricordo della birra, bevo e Michela mi parla della scintilla. Mi dice che è stata la curiosità. Il movimento omosessuale in una grande città come Torino assume, consapevolmente, le sembianze di una vera e propria subcultura. Un flusso che passa dalle vie del centro, ti accoglie, ti consola, ti trasporta e ti difende. L’approccio non è stato altro che una continua ricerca sul web di locali, personalità, movimenti e serate. Tutto quello che Michela aveva bisogno di sapere, lo ha trovato sullo schermo del computer. Per farsi riconoscere c’era bisogno

di certi vestiti, per emergere di alcune conoscenze, per concludere al meglio la serata: i locali giusti. Nella sua prima notte per sole lesbiche, in un postaccio come ama ricordare, non è stato l’abito,

«I DIRITTI PER CUI CI BATTIAMO SONO DI INTERESSE GLOBALE» l’atteggiamento o il sesso: Michela si innamora. Fine. In un mondo che sentiva appartenere ancora ad altri, vinceva lei e basta. Durò sette mesi. E questo naturalmente lo scrivo solo ora, in quella stanzetta gialla, ad ogni ricordo, un velo di voyeurismo mi calava sugli occhi e mi tappava le orecchie. Se poi mi parli di postacci e ballerine, stavamo dicendo? Ah si, il sesso tra ragazze. Anzi no, penso a voce alta. Ok, Michela, dimmi di questa cosa a cui sto pensando. Delle prime domande che si fanno le persone eteroses-

suali. Della curiosità morbosa. Dovrei essere io a darle una spiegazione, poi lei si sbilancia: “Gli uomini provano sicuramente quella sensazione di abbondanza, vuoi mettere due donne!”. Non ci diamo il tempo per ulteriori riflessioni, ci concediamo una risata sincera e complice. Non serve filosofeggiare. Forse è colpa della sessualità singola che si fonde con l’identità di un movimento che convive con il luogo comune. Un ampio corredo di immagini stereotipate e di strusciamenti al limite del reale. Nel porno lesbo le unghie sono troppo lunghe dice lei, ride e torna subito seria. Non vuole che usi il “voi”. È sbagliato. Il rapporto con la propria intimità è un aspetto da vivere interiormente. Mi dice che esistono le sfumature. Le chiedo allora dove si ferma la comunità e dove inizia il rapporto con se stessi, tutto questo rimane nascosto, l’immagine è quella di un movimento che prende a testate un muro. “È sbagliato andare alla ricerca di un dialogo tra mondo eterosessuale e realtà omosessuale, tutto questo distoglie l’attenzione da un problema più grande: la mancanza del dialogo tra singoli”. Le chiedo dove sbaglia la gente. Mi regala il pezzo mancante. “Le persone sbagliano perché vedono nel movimento omosessuale una lotta fine a se stessa, non si rendono conto che i diritti per cui ci battiamo sono di interesse globale”. Quindi Michela ha trovato me. Se venisse data la possibilità ad ogni singola persona di esprimere se stessa regalandosi ad un’altro individuo, il quadro sarebbe chiaro. I pezzi uniti, uno alla volta, agganciati stretti. Tendiamo a non impegnarci, mio papà quando ero piccolo faceva i puzzle per me e numerava il retro di ogni pezzo, così mi bastava metterli in ordine. Quello che non mi riusciva però, era di rigirarlo da solo senza che si rompesse.

3 Lungo Dora

Michela Locati Essere felice vuol dire: accettare la propria omosessualità.

Mamma sono felice Incomincia da un frase molto semplice, quasi banale, la campagna Love Me che il Torino Youth Centre proporrà al L@b, in piazza Vittorio, la sera del 21 ottobre in occasione dell’evento Clash or Dialogue, organizzato in vista della XV conferenza internazionale ILGA che si terrà a fine mese proprio all’ombra della Mole. Presentata già durante il Pride torinese e l’Euro Pride a Roma di quest’anno Love Me vuole raccontare un momento fondamentale della vita di moltissimi giovani, partendo dall’esperienza di tante e tanti di loro, per raccogliere sentimenti, paure, dolore, ma anche coraggio, forza e determinazione che inevitabilmente accompagnano il momento del coming out ed il rapporto con la famiglia di qualsiasi persona gay, lesbica e anche di tutti coloro i quali non si definiscono tali ma che in qualche modo attraversano esperienze e difficoltà simili. Mamma sono gay Sono messaggi essenziali, ma che raccolgono in sé i sentimenti contrastanti che queste scelte comportano: sono stati detti e scritti da Love Me per tutti e tutte coloro che sentono e sentiranno proprie queste dichiarazione di libertà, richieste di rispetto e condivisione ma soprattutto di amore. “Perchè sei triste? Perchè ti preoccupi? Non pensare agli errori che puoi aver fatto. Non dipende da nessuno. E non è grave. È bellissimo. Il mondo a volte può essere ostile, lo so, e ora più che mai ho bisogno del tuo appoggio.” Mamma sono lesbica L’idea è nata da alcuni soci delle associazioni che compongono il TYC: una rete di realtà giovanili che condividono idee, principi e spazi in un angolo di Torino – tra corso Belgio e corso Regina, nella zona dell’ex complesso Italgas – che con la costruzione del nuovo campus universitario sta attraversando un importante momento di ripresa e vitalità politica, sociale e culturale. www.tyc.to 5


N°1

MADRI CORAGGIO per amore e per diritto

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Mettersi a nudo, giorno dopo giorno. Per conquistare quel pezzo di famiglia che un giorno arriverà. di MATTEO CARDAMONE

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l regionale che mi porta a casa per il fine settimana è avvolto dal frastuono e brucia come un forno. Tengo premute le cuffie per riascoltare la mattinata passata con Maria Ludovica. Devo concentrarmi per ritrovarmi nei primi secondi di quella registrazione, confusa ed impalpabile. Poi ci sarebbe quel piccolo terremoto di vibrazioni rimaste incastrate nel finestrino che mi dà il nervoso. Chiudo gli occhi. Sento la voce squillante di Eric. È biondissimo, stringe le mani della mamma e chiede di andare via, di passeggiare verso quell’albero, di pescare nel ruscello, salire sulle giostre, vuole una brioche ed il chupa chupa alla fragola. Lisa osserva il fratellino minore, una bellissima bambina di cinque anni che non sembra affatto irrequieta. Forse è abituata a questo genere di chiacchierata che la mamma fa abitualmente. Con persone sconosciute, con il taccuino, con il registratore, con la voce insicura e timida di chi si prepara ad intervistare un ‘criminale’. Malù lo fa per i propri figli, accetta di mettersi a nudo di continuo per provare a instaurare un dialogo che non arriva. Mi dice che una coppia eterosessuale non si troverà mai nella condizione di dare spiegazioni, lei e Simone sono costrette invece ad entrare nel dettaglio: “Siamo una coppia di lesbiche e questi sono i nostri due figli”. Esporsi non vuol dire parlare di sentimenti, significa dover dare le spiegazioni necessarie ad una

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convivenza che si vorrebbe civile. Mi dice che ormai è diventato un secondo lavoro quello di difendere il diritto ad essere una famiglia. La mattina bisogna scegliere tra l’annullamento della persona o una nuova dichiarazione pubblica, Maria Ludovica sceglie l’incontro invece che lo scontro, riparte da Eric e Lisa. Mi chiede di spostarci dalla panchina, di andare verso le giostre per prende le caramelle e noi in fondo possiamo parlare anche mentre camminiamo. Arriviamo vicino ad uno di quei bruchi giganti ripieni dei bambini alla caccia del brivido del sabato mattina, quelli che ti fanno girare in tondo come le montagne russe dei grandi. Ci sediamo e faccio ripartire la registrazione. Dove eravamo rimasti? Ah si, Malù riparte dai propri figli nelle scuole che rimangono moderne, aperte e intelligenti fino alla firma dei moduli. Fino a dove al posto di papà compare il nome di Simone, la ragazza che viene dal Lussemburgo. Mi dispiace, può fare le veci eh, inserisca il nome della sua compagna qui, ha presente? Come le coppie separate. Si si, proprio come quando i bambini fanno i gruppetti e si tengono il muso. Come quando Lisa si difende dagli amichetti che la prendono in giro perché ha due mamme. Quelli coraggiosi che nel fine settimana salgono sul bruco ma che lei non nota perché ha occhi solo per quella scimmietta che parla se gli metti la moneta. Maria Ludovica non si sorprende del capo ufficio

«È DIVENTATO UN SECONDO LAVORO QUELLO DI DIFENDERE IL DIRITTO AD ESSERE UNA FAMIGLIA»

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OTTOBRE 2011

CERTE FAMIGLIE

1 Sulle rive del Po

Eric e Lisa L’innocenza non conosce pregiudizi.

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Un’occasione per parlare di famiglie e convivenze omosessuali e non

Parco del Valentino

Malù e i suoi due bambini Cuore di mamma. Ritratto di una famiglia arcobaleno.

di ENZO CUCCO

3 Giardino fiorito

Lisa pensosa Ascolta la mamma parlare, di amore, diritti e di Simone.

4 Vicino al ruscello

Eric gioca L’amore di due mamme cambierà qualcosa nella sua vita?

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«UNA COPPIA ETEROSESSUALE NON SI TROVERÀ MAI NELLA CONDIZIONE DI DARE SPIEGAZIONI»

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che non le parla più perché ora ha due bambini. I colleghi che nascondono segreti e il fine settimana portano i figli al parco, ma che lei non li nota perché ha occhi solo per Lisa ed Eric. Mi dice che l’unica cosa che può fare è avere fiducia nel prossimo. Malù si impegna nelle iniziative che la porteranno presto nelle scuole moderne, aperte ed intelligenti per parlare della sua famiglia. Di amore e diritto. Lo farà ancora una volta, dirà di essere lesbica, della fecondazione in Olanda sofferta e superata con l’aiuto di Simone. Delle paure affrontate e di una famiglia che l’ha aiutata e capita. Se qualcosa da capire alla fine c’è. No, non c’è. Ma la gente ha bisogno di dettagli se vuoi ottenere il dialogo. Non le dico che può bastare, ci fermiamo entrambi perché Eric ha deciso di salire sul camion dei pompieri. Lisa chiede i soldi per la scimmietta e io mi fermo a guardarli giocare ancora per qualche minuto. Dico a Malù che sono due bambini bellissimi, lei con un futuro da modella, lui con quei boccoli biondi mi ricorda un surfista californiano. Lo zio invece lo vede bene come rugbista mi dice lei, però il surfista la renderebbe più tranquilla. Meglio dei placcaggi e delle mischie. Le sorrido. “Mamma, io proteggo sempre Eric così non gli succede niente”. Mi blocco, mi chiedo come faccia una bambina di cinque anni a...ma sono dettagli di cui non ho bisogno perché non c’è niente da capire.

Ma esistono le famiglie omosessuali? Cioè quelle coppie formate da persone dello stesso sesso con figli, casa, magari un mutuo da pagare e una vita da affrontare nella buona e nella cattiva sorte? Per la Corte Costituzionale queste famiglie esistono e con la sentenza del 2010 ha anche affermato che godono di tutti i diritti e i doveri previsti per tutte le famiglie di questo paese. Diritti e doveri che devono essere fissati in un provvedimento legislativo. Per il Parlamento italiano queste famiglie non esistono, e infatti non esiste alcuna legge che recepisca quanto il senso comune e la semplice osservazione della realtà e l’intero resto dell’Europa hanno già acquisito da tempo. Anche le coppie non sposate formate da persone di sesso diverso sono nella stessa situazione con la differenza, non marginale, che la strada del matrimonio civile è per loro comunque aperta. Il 21 ottobre presso il Caffè Elena di Piazza Vittorio a Torino queste coppie diventeranno visibili. Alcune delle associazioni più attive su questi temi si sono messe assieme per proporre alla Città una serata ricca di iniziative. A partire dalle 19, avvocati ed esperti offriranno informazioni a chi non vuole o non può sposarsi per cercare di garantire i propri diritti e quelli dei propri figli. E poi giochi perché i più piccoli non si annoino, e tutto quello che in più riusciremo a organizzare per parlare a chi non sa cosa come vivono le coppie conviventi in un paese che fa finta che siano invisibili. La serata è organizzata presso il Caffè Elena (storico caffè torinese dove sono nate tantissime storie d’amore e di coppia) che ci ha con molta gioia ospitato, da alcune delle associazioni più attive su queste tematiche, che già promossero la raccolta delle firme che fece presentare e far approvare dal Consiglio comunale di Torino una delibera molto all’avanguardia nel nostro panorama, che riconosce le unioni civili e cerca di rimuovere le cause di discriminazione nell’ambito. Associazione radicale Certi Diritti, Rete Lenfonrd, avvocatura lgbt, Consulta torinese per la laicità delle Istituzioni, Associazione radicale Adelaide Aglietta. Con l’aiuto di tanti altri (singoli e associazioni) e la partecipazione di tanti amici ed amiche che condividono con noi il bisogno di parlare ad alta voce di questa realtà. 7


N°1

DOLCE

«È PIÙ FACILE CAMBIARE UN CORPO, CHE CAMBIARE UN’IDENTITÀ»

RAGAZZO

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dove vai? Da Walter a Mara, in transito verso una nuova identità. Confessioni di una donna annunciata. di CARLOTTA PETRACCI

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omini che amano le donne. Donne che amano gli uomini. Il fumo sale nell’attesa mentre intorno è tutto normale. Due riflessioni estemporanee. Qualche flash de “La pelle che abito”. Paradigmatica (io e la citazione), il miglior film di Almodòvar. Se non altro per la prima volta ho capito che effetto fa stare nel corpo sbagliato. Eccola! Spengo la cicca, Mara è arrivata. m: Stasera total black? Questa croce mi fa un po’ paura...(ha una r moscia che fa scassare). c: Si vede che non mi conosci bene, black as usual! Due passi nella Torino affollata del venerdì sera ed eccoci dentro. Las Rosas. Birra e tacos. Due smancerie per rompere il ghiaccio, qualche sguardo interrogativo e divertito al nostro tavolino e inizia la serata. Sono qui per una confessione, la migliore di sempre. Comincia lei. Sarà qualche residuo di testosterone. Il là lo dà l’uomo. Da che mondo e mondo, così fan tutti. m: Sai che sei proprio bella? c: (fingo timidezza e imbarazzo). m: Si, mi piacerebbe tanto essere come te. Come tutte le donne belle. (gli occhi che brillano) c: (l’imbarazzo non mi abbandona, inizio a pensare...cose del tipo: ricalco veramente un idealtipo possibile o...). m: Sai che una volta, ero in disco a fare la drag. All’uscita del club, ancora tutta trafelata e mezza struccata, col tacco dodici rigorosamente in mano, ho incontrato una ragazza. Mora, bellissima. Mentre aspettavamo lei mi ha guardata e mi ha detto: “Sai che 8

sei proprio bello?”. È bastato uno sguardo e mi ha sedotto. Abbiamo iniziato a baciarci, baciarci, baciarci. E tra gli sguardi attoniti di quelli che pensavano: “Ma guarda te, la drag. Si fa pure la bella della festa.” Io ho capito qualcosa in più sulla mia identità. c: (ora si fa interessante). Ovvero? m: Sì, insomma. Ho capito che non mi stava succedendo niente e che volevo essere una donna. c: Donna. Ma di che tipo? m: Ancora non so. Non sono neppure realmente in transizione. Sto andando da una psicologa e sto aspettando le tre sedute con la psichiatra. Sì, sto aspettando di essere “pazza” per lo Stato (ride). Per poter cominciare la terapia ormonale. Mia madre pochi mesi fa, mentre ero davanti allo specchio, si è lasciata sfuggire una mezza frase di disapprovazione, forse di preoccupazione. Mi ha detto: “Perché ti vuoi rovinare, sei un così bel ragazzo”. c: Raccontami del tuo voler essere donna. m: No, io non voglio essere donna. Non potrò mai essere donna. Voglio solo adattare il mio corpo. Perché vedi, è più facile cambiare un corpo che un’identità. Io mi sono sempre vista e pensata al femminile e mi da noia quando gli altri vedono in me un uomo. Sono cresciuta tra uomini, ho un gemello omozigote, un fratello più grande, un padre che ha sempre lavorato nell’edilizia e sono andata in scuole di soli maschi. Non ho avuto un’educazione femminile, ma ho sempre cercato di esprimermi liberamente. Sì, voglio essere libera e vera, come uomo, come donna, come

entrambi o nessuno dei due. Voglio cambiare il mio corpo per preservare la mia identità. c: Credo di essermi persa...di quale identità stiamo parlando, di genere? m: No no, Walter non c’entra per niente! c: Walter...e chi è scusa? m: Sono io (ride). Ecco guarda, questa è la mia carta d’identità. Sono un uomo e anche un bel ragazzo (strizza l’occhio alludendo alle parole della madre). Ma i documenti non dicono mai la verità. c: La dicono per la società. m: Probabilmente sì, ma io a sedici anni quando tutti cercavano di nascondere i cambiamenti del proprio corpo, ragazze comprese, ero già ‘pacchiana’ (ride) e me ne andavo in giro coi miei capelli lunghi biondi, gli stivali col tacco e i jeans a vita alta con una cintura strettissima. Volevo che tutti vedessero quant’era sottile la mia vita, quanto potevo essere femminile. c: Quindi ti sei sempre accettata. Non hai mai avuto paura degli altri, di cos’avrebbero potuto pensare o non capire? m: Beh..ciò che siamo non si può nascondere. c: Dimmi di più. m: Ti racconto del mio ultimo amore. c: (sorrido, mentre lei tira giù una sorsata di birra). m: L’ho conosciuto per caso. in una delle tante serate del mio gruppo al Circolo Maurice. Stava sulla porta con sguardo smarrito. Appena l’ho visto mi sono detta “mi piace”. Voglio sedurlo, voglio essere donna per lui.

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OTTOBRE 2011

SENZA ETICHETTE Una mostra per rompere gli stereotipi di CHRISTIAN BALLARIN

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«I DOCUMENTI NON DICONO MAI LA VERITÀ»

1 Piazza Castello

Walter o Mara? Un dilemma di passaggio, per realizzare la propria identità.

2 Di fronte alla porta

Walter Spiega il bisogno di accettare la propria identità. Il coraggio di dire sono gay e poi trans.

3 Vicino alla Chiesa

Mara Spirituale per bisogno. Buddista per scelta, là dove l’Italia non l’ha mai accolta.

c: Continua. m: In realtà, come avrai capito lui era una lei. Un’altra donna mora bellissima. Ed era in transizione, proprio come me. c: A sto giro...sono io che non capisco...mi tocca da vicino. Perché una donna bellissima vuole diventare un uomo? m: Probabilmente perché quel corpo di donna non corrisponde alla sua identità più intima. Perché la bellezza passa, il corpo cambia, mentre l’autenticità... quella, la portiamo sempre con noi. c: Ok, ti seguo. m: Te la faccio breve. La storia è durata un solo anno. Per me di amore folle. Poi me ne sono andata, perché lui non riusciva ad avere una relazione stabile con una sola persona. Mentre io...io sono possessiva, a me basta una persona da amare. c: È tutto molto etero... m: (ride). Si e anche molto poco maschile come atteggiamento! c: Ma esattamente, quand’è iniziato tutto? m: Diciamo che l’avvicinamento non è stato proprio un gioco da ragazzi. Lui sfuggiva e io correvo. Poi ci fu una sera...(si interrompe). c: Dai non mi tenere sulle spine! m: ....Quella sera fu speciale, l’avevo raggiunto a casa e aspettato sotto la pioggia per ore, vestita come una barbona. Non poteva finire così. Prima ancora di cominciare. E quando finalmente scese e salì in macchina. Capì ogni cosa. Io ero cotta e lui turbato...poi...mi prese la mano. Se la mise sul collo e lentamente la fece scendere fino in mezzo alle gambe. Fu allora che con gli

occhi gonfi di lacrime mi disse: “Mara, io non posso essere ciò che tu vuoi. (silenzio). Se continuiamo ci facciamo del male”. c: Uhhh...e tu? m: Io..(ride)...che non sono mai stata per i melodrammi, gli ho detto: “E facciamocelo sto male!” c: E...... m: E abbiamo fatto l’amore tutta la notte. c: Non capisco....scusa...non è che voglio immaginare..però!? m: Si si, all’apparenza sesso eterosessuale. Uomo io, donna lei. Ma non è stato così in realtà. Io non mi sono mai sentita un uomo facendo l’amore con lei. Come non l’ho mai vista come una donna, quando si toglieva le fasciature dal seno. Vedi...l’amore si fa con quel che c’è. È come quando ti si presenta a cena un amico inatteso e tu hai solo patate e riso. Puoi scegliere di uscire o di essere creativa. Gli ingredienti non pregiudicano l’esito della serata! c: Mi piace. Sei una romantica, la tua gioia è contagiosa. m: (ride). No..è che...io voglio solo innamorarmi. Essere libera e vera. Voglio che gli altri mi vedano come io mi vedo. Senza etichette. Bella. c: Come una madonna. m: Preferisco il buddismo, ma perché no. Asessuata come un’icona. Ma bella per sempre, di una bellezza che viene da dentro. c: (sospiro). Pensosa, mi alzo, mi assento, ritorno. Naturalmente lei ha già pagato. Stereotipi per stereotipi: gli uomini lo fanno sempre. È una forma di controllo. Di solito lo faccio io.

Venerdì 21 ottobre, a partire dalle 19.30 presso il Cafè Des Arts, il Circolo di cultura gay, lesbica bisessuale, transgender e queer Maurice parteciperà all’iniziativa Clash or Dialogue. Il tema della serata riguarderà l’identità transessuale e transgender, prestando particolare attenzione alla campagna mondiale per la depatologizzazione. http://www.stp2012. info. All’interno del cafè si terrà l’esposizione di parte della mostra Generi di prima necessità, un lavoro fotografico realizzato con la finalità di dare voce e visibilità alle persone transessuali e alle loro storie. Obiettivo della mostra sarà quello di scardinare luoghi comuni e stereotipi della transessualità: dalla prostituzione al degrado, dall’isolamento agli affaire da tabloid come il caso Marrazzo o Elkan, dalla discriminazione alla violenza che fin troppo spesso hanno trasformato la transessualità in un tema a tinte fosche, escludendone la quotidianità e positività. Attraverso l’immagine fotografica si cercherà di decostruire un immaginario, attraverso i colori, l’ironia, la favolosità, troppo a lungo sepolte dalla coltre del pregiudizio. Durante la serata sarà inoltre proiettato un video che intreccerà i due temi centrali dell’iniziativa: la visibilità, ossia la quotidianità e la vita reale delle persone transessuali e transgender e la campagna a favore della depatologizzazione. Ancora oggi infatti la transessualità è considerata un “disturbo dell’identità sessuale”, una patologia mentale classificata nel ICD-10 (Classificazione Internazionale delle Malattie, Organizzazione Mondiale della Sanità) e nel DSM-IV-R (Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali, Associazione Psichiatrica Americana): queste classificazioni sono ciò che guida gli psichiatri di tutto il mondo nelle loro diagnosi. La Rete Internazionale per la Depatologizzazione delle Identità Trans è nata per creare un coordinamento globale che porti alla cancellazione del transessualismo dal DSM-5-R nel 2013. Un primo passo a favore della diversità, un primo colpo alla transfobia.

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N°1

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IL PASEGGERO

OSCURO

che porto dentro Fare coming out sulla propria sieropositività e scoprire dopo anni di dolore che c’è ancora tempo di amare. di CAMILLA WASSER

L

e macchine sfrecciano nel corso. L’aria è calda. Un ottobre così non s’era mai visto, con alberi e prati ancora in fiore. Eh sì. Nulla va dato per scontato, neppure le stagioni. Un colpo di tosse mi fa tornare in me. “Mhh mhh. Voglio essere onesto, ho deciso di rilasciare questa intervista, perchè...” la voce è ancora un sottofondo

stretta allo stomaco. Mi prende la nausea, una vertigine. Per fortuna dura solo pochi secondi. “Si certo, capisco”. Torno in me, con una frase banale. Mentre lui ricomincia daccapo. “Buongiorno a tutti, sono Stefano Patrucco e sono sieropositivo”. Quante volte avrà pronunciato questa frase. Parole come queste non possono uscire così. Senza pianto o groppo in gola. Si vede an-

«NON ERA UN RAPPORTO OCCASIONALE E MI SONO FIDATO» ai miei pensieri, “Mhh...perchè voglio abbattere il muro”, scrivo a caratteri cubitali sul quaderno la parola MUUUROO. “Sì, voglio abbattere il muro del silenzio”. STOP. Riavvolgimento rapido. Si torna indietro. “I miei ventisei anni sono stati fuori dal comune. Quando ho scoperto di essere sieropositivo, mi sono sentito terribilmente vecchio. Perdevo gli amici uno a uno, li accompagnavo a morire. Ero certo che non sarei arrivato ai quarant’anni”. Tutto d’un tratto le parole mi stonano. Ho una 10

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che nei film. Ci sono sempre questi gruppi di ascolto dove le persone si mettono a nudo. Dove si guadagna il coraggio di cambiare vita. Non ci avevo mai pensato seriamente prima d’ora. “Per me, prima della sieropositività, il grande salto nel vuoto è stata l’omosessualità. Ricordo come fosse ieri, il mio sofferto coming out. Sono nato in una famiglia borghese, a Ivrea. Mio padre lavorava per l’Olivetti. Non si parlava molto. Per me ogni giornata era il tassello di un turbamento crescente. Se non avessi letto ‘Ballo di famiglia’, se non avessi desiderato fortemente congiungermi a quel mondo, in cui l’omosessualità era vissuta in maniera così libera e vera. Il silenzio mi avrebbe ucciso”. Appoggio la penna sul tavolo. Questa rivelazione mi sconvolge. Com’è possibile? In tutte le storie sempre lo stesso velo di tristezza. “Sì, per me è stato difficile confessare di essere omosessuale. Accettare in prima persona che questa diversità era parte della mia identità di giovane uomo. Pochi anni dopo, sieropositivo”. Per comprendere divago. Cerco qualche appiglio nei manifesti attaccati alle pareti. Campagne sulla prevenzione, fogli ammonticchiati, numeri di telefono sparsi in ogni dove, segni tangibili della vivacità e dell’alacrità con cui si lavora all’associazione. Riattacco

il registratore. “Per me l’omosessualità è stato un momento di affermazione, mentre la sieropositività una richiesta d’aiuto. Seguita a un grande tradimento”. STOP. Salto in avanti. La fiducia. Un dettaglio da approfondire. Siamo sulla porta, Stefano mi guarda come fosse un padre. “Con l’associazione Arcobaleno Aids facciamo spesso iniziative legate alla salute, puoi venirci a trovare se vuoi. Se non hai mai fatto il test potrebbe essere una buona occasione”. Stupidamente un brivido mi percorre tutto il corpo. HIV. Ma va, sicuramente sto bene. Nel kit promozionale trovo un preservativo. IO, che...E lui che...di persone al centro ne ha aiutate tante. STOP. Si torna indietro. Luci colorate, trombette e cappellini. La mente certe volte gioca brutti scherzi, fa un pò con quel che trova e si fa quadrare le parole. “Sai, pochi giorni fa è stato il ‘mio compleanno’. (sorride). Ho festeggiato i miei primi vent’anni da sieropositivo. Non ci posso ancora credere. È una sensazione nuova, ma sono contento. Di essere qui, vivo, ancora in grado di amare e di essere amato. L’ho festeggiato col mio compagno, sai lui non è sieropositivo. Stiamo assieme da diciasette anni e mezzo...”. Un lampo di gioia percorre il suo viso. È autentico. Davvero non ci aveva mai pensato. Mai più, da quella volta. “Per me fu un enorme tradimento. Mi aveva giurato di aver fatto il test. Non era un rapporto occasionale e mi sono fidato. È bastato questo. E la mia vita è cambiata, mi sono ritrovato con un ospite sgradito che non mi ha più lasciato”. Soffia il vento, mi rabbuio e anche il cielo si addolora. Rimango in apnea. Ma Stefano mi tira via. Abbassa lo sguardo fino a incontrare il mio. Bella storia l’empatia.

1 Murazzi del Po

Stefano Patrucco Trovare il coraggio di abbattere il muro del silenzio.

2 Ponte della Gran Madre

Uno sguardo oltre la nebbia Riscoprire a quarant’anni un nuovo senso nella vita.

AMORE LIBERO Hiv e malattie sessualmente trasmissibili. Come proteggersi? di MARCO GIUSTA

Arcigay crede in una società laica e democratica in cui le libertà individuali e i diritti umani e civili siano riconosciuti, promossi e garantiti senza discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale, l’identità di genere e ogni altra condizione personale e sociale, e in cui la personalità di ogni individuo possa realizzarsi in un contesto di pace e sereno rapporto con l’ambiente sociale e naturale. Arcigay è presente a Torino con il Comitato Provinciale Arcigay Ottavio Mai, dedicato al co-fondatore, assieme a Giovanni Minerba, del Torino GLBT Film Festival “Da Sodoma a Hollywood”. È divisa in gruppi di lavoro (Salute, Cultura, Scuole, Aggregazione, Politica, Fuxia, Giovani) e in servizi (Pronto Arcigay, Spazio Donne, Tè coi Pasticcini, GruppoGiovaniTorino, Pagine LGBT, ArciBaldi, etc). Per qualunque informazione, commento, richiesta di partecipazione o desiderio di lanciare un’idea scriveteci a info@arcigaytorino.it, chiamateci al numero 333.7138813, visitate il sito www.arcigaytorino. it o su Fb Arcigay Torino Ottavio Mai. In occasione dell’evento Clash or Dialogue organizzato in vista della Conferenza ILGA, il Gruppo Salute del comitato organizza allo Zero in via Vanchiglia 0 una serata aperitivo sulle tematiche della prevenzione e dell’informazione, a partire dalle 19. Verranno esposti i quadri della mostra Prevenzione è Complicità (il più votato dei quali diventerà la prossima campagna comunicativa dell’associazione sul tema della prevenzione) e saranno distribuiti preservativi, flyer informativi, gadget del progetto Sesso Rischi Sicurezza. Il cuore della serata sarà l’informazione: con l’HIV e le MST (malattie sessualmente trasmissibili). E dunque, scontro (rifiuto di usare il preservativo, di prestare attenzione, di effettuare i controlli) o dialogo (interesse nel ricercare e ricevere informazioni, nell’effettuare periodicamente i controlli, abbandono dei pregiudizi che impediscono di avere informazioni chiare e corrette che possono salvare la vita)? Ti aspettiamo!


OTTOBRE 2011

STORIA DI UNA

ZINGARACCIA tra disco e campi rom “Non è in chat che ho conosciuto l’amore, ma in quella baracca che chiamavo casa”. Rivelazioni di uno ‘straniero’ totale. di CARLOTTA PETRACCI

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I

l sentiero è scosceso e dissestato. Le piante e le fronde alte e incolte. Al posto della buca di ieri c’è un parco giochi, ragazzi che si baciano. Qualche tossico furtivo. Dalla strada non si vede quasi nulla, bisogna incamminarsi tra sassi e brandelli di vestiti appallottolati nella polvere. Valter accelera il passo, mi infilo dietro di lui. “Cazzo a sto giro sono veramente nel buco del culo del mondo”. Continuiamo ad addentrarci. La città non è lontana. Ma il sentiero si stringe, a un certo punto scompare. Sto per smarrirmi, ho bisogno di una mia geografia. Inizio a fotografare. Valter è inquieto, sospira. Mentre io penso ancora a loro. In coda, donne, uomini e bambini. Zingari in fuga. Così, li ho voluti vedere. “Hey, ecco ci siamo”. Stacco l’occhio dalla macchina, alzo lo sguardo e...flash back. 30 marzo 2008. Stiamo percorrendo con alcuni bilici le montagne della Bosnia, per raggiungere

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Sarajevo. Il paesaggio è brullo, non c’è un’anima. Non conosco nulla di questi luoghi, solo quel che diceva la tv. Alle porte della città, torri alte bombardate. “Oh oh oh! no foto”. Un grido simile a un grugnito mi scuote. Torno in

«LA COMUNITÀ ROM È MOLTO SIMILE A QUELLA GAY, LE VOCI CIRCOLANO FACILMENTE» me. Non mi ero neppure accorta di aver ricominciato a fotografare. Dalla sterpaglia, alla base della torre, esce un uomo. Rom pure lui. Valter cerca di calmarlo, ce l’ha con me. Mi guarda in cagnesco e io mi allontano. Li lascio parlare. Non capisco cosa dicono, il romanes è una lingua strana.

Per un popolo, ai nostri occhi, incomprensibile. Gente girovaga, che abita in baracche. Tutto a un tratto la situazione si ricompone. “Non preoccuparti, aveva paura che li stessi fotografando. Ma gli ho spiegato che eri innocua e che ti stavo solo raccontando la mia storia”. Ed eccoci qui. In mezzo al nulla. In quello che un tempo era il campo dell’Arrivore, il primo insediamento nomade autorizzato del Comune di Torino. “Sono nato al parco della Colletta, proprio vicino a una delle due porte da calcio. Poi sono finito per tre anni in ospedale, mentre i miei genitori si sono trasferiti in Strada del Francese e dopo ancora all’Arrivore. All’inizio però non eravamo stabili. Entravamo e uscivamo dal campo. Solo dall’87 al ‘99 abbiamo avuto qui fissa dimora. Io ci ho passato i miei vent’anni. Ho vissuto i miei primi amori omosessuali. Mi ci sono sposato”. I ricordi affiorano. Piazzole di cemento abusive, ballate, tresche sentimentali. Ogni angolo di questo luogo dimenticato si riempie di vita. “Là c’era la baracca di mia cugina, qua di mia sorella. Lì ho avuto il mio primo rapporto sessuale. E qua, oddio, vediamo se c’è ancora... sì la piazzola di mio padre e...”. Al posto del cespuglio di rose della madre una ciabatta rotta e una scarpa di bambino. Un velo di delusione. Me ne accorgo. Sono dispiaciuta ma anche un pò felice. Sento che il mio rapporto con Valter sta cambiando. Ha smesso di ‘scheccare’, di

essere gioioso a tutti i costi. Lo sento parlare piano. “Per molto tempo sono stato incerto sulla mia sessualità. Tra rom ci si sposa giovanissimi. Anche a undici, dodici anni. Io ne avevo diciassette, la nostra famiglia è di quelle ritardatarie. Lei l’ho conosciuta pochi giorni prima del matrimonio. Ci siamo piaciuti e lo abbiamo fatto. Io però ero innamorato di un uomo. Per più di otto anni lo sono stato”. Mi sorride. Ce ne andiamo. Altro giro, altra meta. Passiamo solo pochi minuti in macchina, giusto il tempo di raggiungere l’altra parte della buca. Ed ecco, che accartocciato sulla strada, tra le code di automobili dirette verso la tangenziale e l’incolta radura, si trova il campo vero e proprio. Quello dei rumeni. Valter va per primo. Uomini vecchi e giovani fanno da barriera. Scuotono la testa e mi guardano. Dalle baracche escono le donne, curiose e affaccendate. Mi concedono qualche foto di straforo, ma niente di cui scrivere a casa. La percezione di essere un ospite sgradito è forte. Flash forward. Alcune ore dopo. Poco distante dalla Falchera, ci appartiamo in giardini ‘più civili’. La conversazione si fa più intima. “Ho sempre saputo di essere omosessuale. Sin dall’età di undici anni. Anche se l’unica persona a cui l’avevo confessato era mia sorella Renata. Il mio coming out comunque non è stato voluto. Un ‘bastardo’ di amico giornalista ha sbandierato la mia omossesualità ai quattro venti su un giornale nazionale. Di me hanno letto tutti i cugini d’Italia...La comunità rom è molto simile a quella gay. Le voci circolano facilmente”. A questo punto la domanda sorge spontanea. “Rom, omosessuale...scardini ogni paradigma... come hai fatto ad integrarti così bene in un paese come l’Italia?”. “Le discriminazioni certo non sono mancate. Prima a scuola come rom e poi al lavoro, come omosessuale. Ho vissuto a lungo col terrore di essere incolpato per qualsiasi cosa. Mettevo le mani avanti ogni volta che venivo assunto. Sì, ho chiesto l’elemosina per pagarmi gli studi, i vestiti e qualche piccolo sfizio. Ma sono una persona aperta ed onesta. Tutti mi devono conoscere per quello che sono veramente”. Scopro sul mio viso un sorriso amaro. Penso al peso che si prova nel convivere con uno stigma. Nel dover vivere dando spiegazioni. Poi alzo la testa. Lo guardo negli occhi, mi tornano alla mente tutte le ‘storiacce’ di sesso confidate e che ho dovuto candidamente omettere...e...scatta la risata. “Hii hiii, maledetta zingaraccia!”

3 Parco della Colletta

Valter Halilovic Orgoglio senza radici. Cosa vuol dire essere rom in città.

4 Parco dell’Arrivore

Distendersi nella memoria Che effetto fa scoprirsi omosessuale in un campo rom.

CIAO TORINO Una serata di performance contro i pregiudizi di MURAT CINAR

Siamo un gruppo di immigrati; Collettivo Immigrati Auto-organizzati di Torino. Siamo immigrati in Italia e in particolare a Torino per dirigere le nostre barche verso un mondo di nuove esperienze, speranze e realizzazioni e ci aspettiamo di poter convivere insieme ad altre persone in una quotidianità ed in un futuro fatto di uguaglianza di fronte alla legge, parità di diritti e doveri. Accettiamo che ognuno di noi sia diverso nel suo modo di pensare, credere e vivere e nelle sue scelte personali e identità sessuali. Non vogliamo la “tolleranza” per chi è diverso per colore, cultura o orientamento sessuale: è di uguaglianza e parità che parliamo. Non accettiamo di essere considerati una minaccia, il demonio da sventolare per vincere le elezioni, né una “risorsa” da sfruttare a volontà. Non accettiamo che vengano nascoste le aggressioni e gli omicidi di cui sono vittime migranti, senza tetto, disabili, gay, lesbiche, bisessuali e transgender in questo Paese. Non accettiamo di non poter pronunciare i nostri nomi, parlare la nostra lingua, praticare la nostra fede religiosa, come non accettiamo l’esclusione di atei, agnostici, di persone con diverse fedi politiche e di tutto quello che non è “maggioranza” in questo Paese. Non accettiamo né la politica né l’informazione che si fonda sulla ricerca di un capro espiratorio additando il “diverso” per coprire i problemi reali. Stiamo entrando in un era in cui il razzismo, la xenofobia, il sessismo e l’omofobia si stanno radicando, facendoci sentire ogni giorno più invisibili ed esclusi dal resto della società italiana. Per cui siamo solidali con le realtà locali che lottano per affermare i diritti di ogni cittadino indipendentemente dalla sua provenienza o dal suo orientamento sessuale ed identità di genere. Il 21 ottobre, insieme al Circolo di cultura gay, lesbica bisessuale, transgender e queer Maurice, saremo ospiti del Circolo culturale Amantes in Via Principe Amedeo 38/a. Metteremo in scena i pregiudizi e in scena li smonteremo, uno ad uno. 11


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LIBRI DI STRADA

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Biblioteca vivente di nuovo in città di MARTA GIANELLO GUIDA

QUI, INSIEME

CLUB TO CLUB

Tutta Torino per scoprire quanto dista l’Italia dall’Europa

Si balla al Jam per i diritti, al ritmo di nu-disco

di COMITATO ILGA EUROPE TORINO 2011

di GIORGIO VALLETTA

Dal 26 al 30 ottobre si svolgerà a Torino la XV Conferenza di ILGA-Europe. L’ILGA, International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association, è la federazione che unisce tutti i gruppi LGBT nel mondo, e la sezione europea (di cui si svolgerà il Congresso a Torino) è certamente la più antica e rappresentativa. Essa riunisce oltre 300 organizzazioni in 41 paesi dei 50 appartenenti all’Europa geografica e la Conferenza annuale rappresenta il momento di incontro, condivisione e decisione su temi e strategie. La Conferenza ospiterà circa 350 delegati ed ha il titolo: ‘Human Rights and Traditional Values: Clash or Dialogue?’ Il Comitato Organizzatore ILGA Europe Torino 2011 ha ottenuto i patrocini di: Senato della Repubblica, Camera dei Deputati, Ministero per le Pari Opportunità, Provincia di Torino, Città di Torino, Comitato Italia 150.

Dalle 23 fino alle ore piccole di venerdì 21 ottobre 2011, al Jam Club (Murazzi del Po, lato destro - Torino), il Comitato ILGA Europe Torino 2011 (International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association) e il Festival Internazionale di Musiche e Arti Elettroniche Club To Club Alfa Romeo MiTo (che include l’evento nel programma della sua anteprima, “Viva Club To Club”) presentano la serata “Clash Or Dialogue?”, che vedrà protagonisti i dj set di Bottin e Giorgio Valletta, in un party all’insegna dei suoni disco e nu-disco più divertenti e sbarazzini. Bottin vive a Venezia, è produttore, dj e sound designer. Le sue prime influenze sono le colonne sonore dei vecchi film gialli e la disco anni ’70, un tocco di atmosfere west-coast ed un’infarinatura kitsch. Dopo i primi due album, comincia a lavorare come produttore e arrangiatore per popstar italiane come Lucio Dalla e Rettore. Le sue uscite discografiche di culto includono ‘Fondamente Nove’ per la Eskimo (2008) e ‘No

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Static’ per l’etichetta statunitense Italians Do It Better (2009). Con il suo acclamato concept album ‘Horror Disco’ (Bearfunk Records UK), Bottin si piazza in prima linea nel movimento di revival della disco italiana. Tra le ultime uscite, la collezione di remix ‘Discoursive Diversions’, mentre il 2011 ha visto l’uscita del singolo ‘Discocracy’ oltre ad ‘Aztaro’, una collaborazione con Justus Köhncke e Rusty Egan dei Visage. Dopo essersi esibito in più di 20 Paesi e 4 continenti, dall’America a Hong Kong, dai migliori party underground europei a eventi di culto come We Love Space ad Ibiza, la reputazione di Bottin si sta costantemente affermando. Le sue esibizioni sono un viaggio imprevedibile tra space-disco, rarità italiane ed il funk estremo. Un mix spericolato di sonorità retro-futuristiche ed elettroniche contemporanee che fanno sempre incendiare la pista. Ad accompagnarlo in consolle sarà Giorgio Valletta, co-fondatore della storica club night torinese Xplosiva. Negli ultimi anni ha suonato nei maggiori club e festival di musica elettronica nazionali e internazionali, dal Sonar di Barcellona a Londra, Ibiza, Tokyo, Istanbul e Berlino. Lo stile dei suoi dj set ne riflette l’eclettica visione musicale, che abbraccia tutto ciò che va dalla disco alla nuova ‘bass culture’, dalla house music alla new wave, e un’attitudine sempre tesa ad abbattere le barriere tra diversi generi musicali.

1 Murazzi

Riflessioni nel Po. Al Jam con Club to Club, per i diritti e l’identità

Il 21 ottobre in Piazza Vittorio, nel quadrante tra Via Bava e Via Vanchiglia, sarà possibile vivere un’esperienza particolare che darà modo di riflettere sul titolo della serata: Clash or Dialogue?. L’associazione GIOSEF – UNITO organizzerà una Biblioteca Vivente. Per chi non ne sa nulla si tratta di una biblioteca in carne ed ossa, con una sala lettura, bibliotecari e bibliotecarie, cataloghi e libri. A fare la differenza quindi saranno i libri che invece di essere di carta saranno fatti da persone che a partire da un aspetto della proprio identità si daranno un titolo, raccontandosi ai lettori e alle lettrici che vorranno “prenderli in prestito”. La Biblioteca Vivente è un’iniziativa che nasce nel 2000 in Danimarca dall’associazione Stop the Violence: in seguito a un episodio di discriminazione a stampo razzista, col fine di promuovere dialogo e scambio interpersonale, innescando una rinnovata riflessione su pregiudizi e stereotipi. Il Consiglio d’Europa, riconosciuta la Biblioteca Vivente come buona prassi per la promozione dei diritti umani e il contrasto alla discriminazione, ha cominciato a supportare l’iniziativa e a moltiplicarne l’esperienza. Nel 2003 la Biblioteca Vivente è arrivata per la prima volta anche in Italia, a Modena, per poi approdare a Torino in occasione del TorinoPride 2007 grazie al lavoro dell’associazione GIOSEF - UNITO e del Comitato locale Arcigay – Ottavio Mai. GIOSEF – UNITO è un’associazione universitaria che si occupa di mobilità internazionale giovanile ed è impegnata nell’educazione ai diritti umani attraverso l’utilizzo di metodologie non formali, e che dal 2007 si occupa dell’organizzazione di Biblioteche Viventi a Torino. Se perciò non avete mai parlato con una ragazza lesbica, non vi è mai capitato di conoscere un ragazzo musulmano o una ragazza con disabilità, se avreste sempre voluto fare due chiacchiere con una drag queen ma non ne avete mai avuto l’occasione, vi invitiamo a non giudicare un libro dalla sua copertina e a venire a leggerci il 21 ottobre in Piazza Vittorio.


OTTOBRE 2011

GLOSSARIO

PARTNERS

Oltrepassare il confine che ci rende diversi è un problema di parole. Ma quali sono quelle che generano i fraintendimenti più comuni? Si ringrazia per la collaborazione il Servizio LGBT della Città di Torino

B

Clash or Dialogue Night

I

BISESSUALE Persona attratta sul piano affettivo e sessuale da persone di entrambi i sessi.

C

IDENTITÀ DI GENERE La percezione di sé come maschio o come femmina o in una condizione non definita.

L

COMING OUT Espressione usata per indicare la decisione di dichiarare la propria omosessualità. Deriva dalla frase inglese coming out of the closet (uscire dall’armadio a muro), cioè uscire allo scoperto. In senso più allargato il coming out rappresenta tutto il percorso che una persona compie per prendere coscienza della propria omosessualità, accettarla, iniziare a vivere delle relazioni sentimentali e dichiararsi all’esterno.

D DISTURBO DELL’IDENTITÀ DI GENERE Espressione usata dalla medicina per descrivere una forte e persistente identificazione con il sesso opposto a quello biologico, altrimenti detta disforia di genere. DRAG QUEEN/DRAG KING Uomo che si veste da donna (Queen) o donna che si veste da uomo (King), accentuandone le caratteristiche con finalità artistiche o ludiche.

E ETEROSESSUALE Persona attratta sul piano affettivo e sessuale da persone dell’altro sesso.

G GAY Uomo omosessuale (il termine viene usato anche per indicare le donne omosessuali nei paesi di lingua anglosassone). GENERE Categoria sociale e culturale costruita sulle differenze biologiche dei sessi (M vs. F).

LESBICA Donna omosessuale. LGBT Acronimo di origine anglosassone utilizzato per indicare le persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e transgender. A volte si declina anche come LGBTIQ, comprendendo le persone che vivono una condizione intersessuale e il termine queer.

O OMOFOBIA Il pregiudizio, la paura e l’ostilità nei confronti delle persone omosessuali e le azioni che da questo pregiudizio derivano. Può portare ad atti di violenza nei confronti delle persone omosessuali. Il 17 maggio è stato scelto a livello internazionale come la Giornata mondiale contro l’omofobia, in ricordo del 17 maggio 1990 quando l’Organizzazione mondiale della Sanità eliminò l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali. OMONEGATIVITÀ Il termine omofobia oggi è in parte superato e sostituito con il termine omonegatività per indicare che gli atti di discriminazioni e violenza nei confronti delle persone omosessuali non sono necessariamente irrazionali o il frutto di una paura, ma piuttosto l’espressione di una concezione negativa dell’omosessualità che nasce da una cultura e una società eterosessista. OMOSESSUALE Definisce la persona che cerca una relazione affettiva, sentimentale, sessuale con persone dello stesso sesso, e viene utilizzato per indicare la propensione a questo tipo di relazione. Alcune carat-

Comitato ILGA-Europe Torino 2011

ilgaeuropetorino.eu

clashordialogue.tumblr.com

teristiche tipiche sono in realtà stereotipi rispetto alla realtà che è sempre molto più complessa. ORIENTAMENTO SESSUALE La direzione dell’attrazione affettiva e sessuale verso altre persone: può essere eterosessuale, omosessuale o bisessuale. OUTING Espressione usata per indicare la rivelazione dell’omosessualità di qualcuno da parte di terze persone senza il consenso della persona interessata. Il movimento di liberazione omosessuale ha utilizzato a volte l’outing come pratica politica per rivelare l’omosessualità di esponenti pubblici (politici, rappresentanti delle chiese, giornalisti) segretamente omosessuali, che però assumono pubblicamente posizioni omofobe.

Q QUEER Termine inglese (strano, insolito) che veniva usato in senso dispregiativo nei confronti degli omosessuali. Ripreso più recentemente in senso politico/culturale, e in chiave positiva, per indicare tutte le sfaccettature dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale, rifiutandone al tempo stesso le categorie più rigidamente fissate ancora presenti nel termine LGBT e rivendicandone il superamento.

R RUOLO DI GENERE L’insieme delle aspettative e dei modelli sociali che determinano il come gli uomini e le donne si debbano comportare in una data cultura e in un dato periodo storico.

S

T TRANSESSUALE Persona che sente in modo persistente di appartenere al sesso opposto e, per questo, compie un percorso di transizione che generalmente si conclude con la riassegnazione chirurgica del sesso. Il termine si declina al femminile (“la” transessuale) per indicare persone di sesso biologico maschile che sentono di essere donne (Mtf – Male to Female) e al maschile (“il” transessuale) per indicare persone di sesso biologico femminile che sentono di essere uomini (Ftm – female to male). TRANSFOBIA Il pregiudizio, la paura e l’ostilità nei confronti delle persone transessuali e transgender (e di quelle viste come trasgressive rispetto ai ruoli di genere) e le azioni che da questo pregiudizio derivano. La transfobia può portare ad atti di violenza nei confronti delle persone transessuali e transgender. Il 20 novembre è riconosciuto a livello internazionale come il Transgender Day of Remembrance (T-DOR) per commemorare le vittime della violenza transfobica, in ricordo di Rita Hester, il cui assassinio nel 1998 diede avvio al progetto Remembering Our Dead. TRANSGENDER Termine “ombrello” che comprende tutte le persone che non si riconoscono nei modelli correnti di identità e di ruolo di genere, ritenendoli troppo restrittivi rispetto alla propria esperienza. TRAVESTITO Persona che abitualmente indossa abiti del sesso opposto, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale o identità di genere.

V

SESSO Le caratteristiche biologiche e anatomiche del maschio e della femmina, determinate dai cromosomi sessuali.

VISIBILITÀ È il risultato del percorso di autoaccettazione che permette a una persona omosessuale di vivere la propria identità alla luce del sole.

CLASH OR DIALOGUE

CLASH OR DIALOGUE MAGAZINE

Comitato Promotore XV Conferenza ILGAEurope Torino 2011 e le singole associazioni aderenti

Festival Internazionale di Musiche e Arti Elettroniche Club To Club Alfa Romeo MiTo

CON LA COLLABORAZIONE DI UNDESIGN (identity design, art direction, progetto grafico) WHITE (progetto editoriale, progetto fotografico, video direction)

CON IL PATROCINIO DI

DIRETTORE RESPONSABILE Francesca Di Martino PROGETTO EDITORIALE E PROGETTO FOTOGRAFICO WHITE ART DIRECTION E PROGETTO GRAFICO UNDESIGN

REDAZIONE Enzo Cucco Gabriele Murgia Valeria Santostefano Valeria Quaglia Carlotta Petracci Michele Bortolami Tommaso Delmastro

Associazioni aderenti Arcigay Torino Ottavio Mai Arcilesbica Amici della Consulta Torinese per la laicità delle istituzioni Associazione Persefone Percorsi di partecipazione e sviluppo Associazione radicale Adelaide Aglietta Associazione radicale Certi Diritti Casa delle Donne di Torino Circolo di cultura GLBTQ Maurice Collettivo Altereva Collettivo Immigrati Autoorganizzati Torino Famiglie Arcobaleno GIOSEF – UNITO Gruppo Luna Rete Lenford Torino Youth Centre Locali aderenti Café des Arts Caffé Elena Circolo Culturale Amantes La Drogheria Lab Zero Associazioni aderenti al Comitato ILGA Europe Torino 2011 3D Democratici per pari diritti e dignità di lesbiche, gay, bisessuali e trans Arcigay Arcilesbica Associazione radicale Certi Diritti Arcigay Bologna-Cassero Famiglie Arcobaleno La Fenice Torino Arcigay Milano Centro d’Iniziativa Gay Gruppo Lambda Associazione Quore Associazione ASK Circolo di cultura GLBTQ Maurice Coordinamento Torino Pride LGBT Associazioni aderenti al Comitato Torino Pride LGBT ArciGay di Torino “Ottavio Mai” LAMBDA Famiglie Arcobaleno La Jungla Associazione Quore Associazione Radicale Certi Diritti Centro Studi e Documentazione Ferruccio Castellano Circolo di cultura lgbt Maurice Consulta Torinese per la Laicità delle Istituzioni Gruppo Gayitineris L’Altra Martedì Gruppo La Fenice Gruppo Luna Gruppo Pesce Torino L’Altra Comunicazione

IN ATTESA DI REGISTRAZIONE PRESSO IL TRIBUNALE DI TORINO - DISTRIBUZIONE GRATUITA

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NOVITA! L’unica associazione di volontariato italiana che si vuole occupare di gay e lesbiche over 40!

dacci una mano Via Santa Chiara 1, 10122 Torino 011.5212033 lambda@yahoo.it

TORINO VENERDÌ 21 OTTOBRE PIAZZA VITTORIO VIAGGIO IN ISRAELE 22/29 Febbraio 2012 Lo scopo di questo viaggio è far conoscere Israele al gay e alle lesbiche italiane, impegnati nel movimento e non. La conoscenza della realtà gay e lesbica israeliana potrà essere l’occasione per un approccio fuori dagli schemi verso un paese molto noto ma poco conosciuto.

Per informazioni: angelo.pezzana@fastwebnet

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CENSIMENTO 2011 COPPIE CONVIVENTI

GAY LESBICHE ETERO: FINALMENTE PER L’ISTAT IL VOSTRO AMORE CONTA!

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