RENDE E LE SUE CHIESE NEI DOCUMENTI D’ARCHIVIO

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Conosciuto sulle più antiche carte con il toponimo Renda1, il centro storico, che si trova adagiato in collina, tra i fiumi Surdo ed Emoli, subì numerosi cambiamenti dovuti ai sismi del 1184, 1509, 1569, 1626, 1638, 1783, 1824, 1832, 1835, 1836, 1854, 1870, 1887 e 1905. Grazie alle sue difese naturali non fu mai del tutto fortificato, ma venne costruita una semplice cinta muraria, spesso consistente nel solo sistema di costruzione delle abitazioni stesse, intervallate da bastioni e porte. Posta sul punto più alto, simbolo di potere, trovò posto la fortezza. Rende, così come tanti altri paesi dell’Italia Meridionale, fu incastellata intorno all’XI secolo dai Normanni, ma di tale influenza non resta, purtroppo, traccia alcuna nelle architetture. Durante il periodo normanno la città fu ceduta da Roberto il Guiscardo al vescovo-conte di Cosenza, che godeva dell’infeudamento della contea di San Lucido comprendente San Fili, Rende e Mendicino. Successivamente, nel 1093, l’infeudamento venne confermato da Ruggero all’arcivescovo Arnolfo e, nel 1220, le terre passarono al conte Riccardo Salernitano, che più volte ebbe liti con il vescovo di Cosenza per il loro dominio. Il 7 ottobre 1254, il papa Innocenzo IV, confermò a Pietro Ruffo la donazione dei castelli e delle terre di Renda, fattagli dall’Imperatore Federico II di Svevia e da suo figlio Corrado. Le stesse terre vennero confermate ancora con una bolla papale di Clemente IV datata 8 giugno 1268. Rende rimase sotto la giurisdizione del vescovo di Cosenza fino alla fine del XIV secolo ma il dominio non fu continuo: durante

la dominazione angioina, nel 1268, il vescovo Tommaso da Lentini entrò in conflitto con Carlo d’Angiò che, dieci anni dopo, attaccò il feudo di Rende occupato dall’arcivescovo Pietro. Da questo periodo in poi molti feudatari si alternarono nella contea; sono da ricordare le famiglie Ruffo, Scaglione, della Noce e Adorno di Genova2. La contea di Rende comprendeva allora i territori di Arcavacata, Domanico, Mendicino, Carolei, Fiumefreddo, Marano, Falconara e anche San Fili, per un certo periodo e prima di essere catalogata come terra a parte. Nel 1531, il feudo venne elevato da Carlo V alla dignità di marchesato ed affidato a Hernando d’Alarçon della Valle, governatore di Cosenza3. Nel corso del XVII secolo Rende fu investita da gravi calamità naturali: il sisma del 1638, l’invasione dei bruchi nel 1660, una gelata che paralizzò l’economia allora basata esclusivamente sull’agricoltura, oltre a due pestilenze, nel 1656 e 1667. Nel corso del XVIII secolo si assistette in città ad una ripresa delle attività manifatturiere con, al primo posto, la produzione serica. Fu così fondata la società dei maestri trattori della seta, che mantenne buoni rapporti con Cosenza. In un contratto il sig. D. Bernardino Marigliano di Rende, appaltatore della seta della

Fig. 1. Rende, Panorama visto da Levante (cartolina, primi anni del XX sec.). Isca sullo Jonio, Collezione Marziale Mirarchi.

1 Per una bibliografia su Rende vedi: Fedele Fonte, Rende nella sua cronistoria, Frama, Chiaravalle Centrale, 1976; Gerardo Giraldi, Le Chiese di Rende, Tip. De Rose, 1985; Lunetto Vercillo, Due manoscritti autografi e un opera a stampa sulla storia di Rende, Orizzonti Meridionali, 1997; Amedeo Miceli di Serradileo, Francesco Sforza nell’assedio di Rende nel 1442, in “Archivio Storico per la Calabria e la Lucania”, 1999; Giuseppina De Marco, Osservazioni e documenti sull’architettura barocca nel territorio cosentino: Francesco Belmonte capomastro muratore e Raffaele De Bartolo Regio Ingegnere, in “Quaderni del Dipartimento Patrimonio Architettonico e Urbanistico” Università di Reggio Calabria, 2001, n. 21-22. pp. 93-106; Francesco Salerno, Rende, in “Atlante del Barocco in Italia: Calabria”, a cura di Rosa Maria Cagliostro, Roma, 2002; Francesco Salerno, Rende, in “Calabria Letteraria”, n. 1 – 2 - 3, 2003; Lunetto Vercillo, Rende nel Seicento, a cura di Valdo Vercillo, in fase di pubblicazione. 2 Amedeo Miceli di Serradileo, I Conti di Rende in Calabria durante il Regno di Alfonso I d’Aragona (1440-1494), in “Historica”, 1974, passim.

marchesa Emanuella Alarçon y Mendoza, assegnò a ventotto «Maestri trattori della seta e altrettanti discepoli di lavorare e traere tutta la seta, che si farà in questa suddetta terra di Rende a uso d’appalto subito, che saranno posti li follari, seu coculli, nel prossimo Febbraio anno mille settecento quaranta sei e detta seta debba essere di buona qualità e perfezione e lavorata a croce tonda»4. Le altre attività erano tutte connesse alla trasformazione dei prodotti agrari tra cui la spremitura delle olive e la molitura del grano. Uno dei tanti trappeti d’olive era situato fuori le mura, sotto la Porta dell’Amarella5, mentre uno dei tanti molini era il Molino dell’Emola6. Il XVIII secolo fu il periodo in cui maggiormente Rende si distinse per la realizzazione di opere artistiche e artigianali sia in campo religioso che in quello civile, influenzata dalla ventata culturale proveniente dalla capitale, Napoli. Estintasi la famiglia degli Alarçon, il marche-

sato passò al ramo dei Mendoza, che, mantenendo il nome Alarçon y Mendoza, ebbe il dominio su Rende fino all’eversione della feudalità, avvenuta il 2 agosto 1806. Successivamente i beni burgensatici vennero liquidati da donna Angelica Alarçon y Mendoza e rilevati in gran parte dalle famiglie Magdalone e Zagarese7. I Rendesi dopo l’Unità d’Italia non vollero seguire le sorti di altre città del meridione ma cercarono di sfruttare al meglio le risorse del proprio territorio, nonostante la forte emigrazione, riuscendo in seguito, seppure con difficoltà, ad affermarsi come città guida del comprensorio. La parte più antica del paese, che si sviluppa in collina, presenta i segni tipici del borgo medioevale: dal palazzo feudale, sorto sul colle Vaglio, si estende lungo la via chiesa fino alla parrocchiale per poi proseguire lungo Santa Chiara, risalire per la Giudeca o la parallela PaA. Porta di Cosenza B. Porta dell’Amarella C. Porta di Marano D. Punta dei Vercilli E. Il Paramuro G. La Giudeca 1. Castello 2. Chiesa Matrice 3. Chiesa di S. Maria di Costantinopoli 4. Chiesa del Ritiro 5. Chiesa del Rosario (antica piazza del Seggio) 6. Chiesa di S. Francesco di Paola

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E 7. Palazzo Zagarese (Museo Civico) 8. Palazzo Vitari (Sez. Arte Contemporanea) 9. Palazzo Pastore 10. Palazzo Vercillo 11. Palazzo Bruno, già Pastore 12. Palazzo Zagarese 13. Palazzo Vanni 14. Palazzo Basile

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Fig. 2. Planimetria del centro storico di Rende.

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Fig. 3. Rende, Panorama visto da Levante (cartolina, primi anni del XX sec.). Isca sullo Jonio, Collezione Marziale Mirarchi.

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ramuro, via che riporta al castello collegandosi a li Vercilli, e passando per il Crucivia, l’incrocio che dalla Porta di Marano collega li Vercilli, la Giudeca e la Piazza del Seggio. La toponomastica antica indica la presenza di altre porte di accesso al borgo ora non più visibili8. L’attuale centro storico è molto suggestivo. Spiccano alcuni edifici gentilizi come i palaz-

zi Zagarese, di cui uno sede del Museo Civico, Vanni, Basile, Perugini, Pastore, Vitari, Vercillo e le sue numerose chiese, Santa Maria Maggiore, Maria SS. di Costantinopoli, il SS. Rosario, San Michele Arcangelo, Santa Maria delle Nevi, Maria SS. dell’Assunta, San Francesco d’Assisi, San Giovanni, Sant’Antonio Abate e quella della SS. Vergine della Pietà9. Ogni accesso al paese aveva la sua chiesa extra-moenia: Santa Maria della Neve e la chiesa di Santa Maria di Loreto, sedi di romitori tra il XVI e XVIII secolo, la chiesa della Madonna della Pietà e la chiesa di San Sebastiano (attuale santuario di Maria SS. di Costantinopoli). Nell’abitato sorsero altri edifici sacri: la chiesa di San Giovanni Battista, Sant’Antonio Abate, della SS. Annunziata, San Nicola e la barocca chiesa del SS. Rosario, senza dimenticare il complesso di San Michele Ar-

Fig. 4. Concio lapideo con figurazioni a bassorilievo (sec. XII-XIII, proveniente dai ruderi della chiesa ???????????????). Rende, Chiesa di Maria SS. di Costantinopoli (dono di Gaspare Rizzo, 1959).

contea a marchesato e lo concesse intorno al 1535 a Ferdinando Alarçon che effettuò un altro sistema di mura. Inoltre, nel 1649, il Preside di Cosenza Spinelli, convocati i maggiorenni di Rende, li intrattenne mentre i soldati del Genio demolirono e distrussero le porte e le fortificazioni della loro città. 9 Francesco Salerno, La chiesa Madre di Santa Maria Maggiore, “opuscolo Giubileo 2000”; Francesco Salerno, Rende, in “Calabria Letteraria”, n. 1-2-3, 2003. 10 Il monastero di Santa Chiara fu iniziato nel 1729 e completato nel 1747 per interessamento di Pompeo Madalone (autore di una storia di Rende del 1685 ca. dal titolo Antichità dell’incljta città di Renda, resa pubblica dallo storico Lunetto Vercillo in Due manoscritti… cit., p. 11), «che lo dotò del patrimonio necessario. La sua nipote D. Anna M., figlia de R. D. Onofrio fu tra le prime professe del monastero. La casa del suo genero, R. D., Onofrio Pastore, era un cenacolo di studi e di religiosità, nel quale si formarono spiritualmente i successivi storici Giuseppe Pastore e Giuseppe Vercillo, entrambi congiunti del R. D. Onofrio. Attraverso la documentazione del Notar Monaco Giovanni Antonio in A.S.C., risulta che nel 1786 il monastero di Santa Chiara Maria aveva come badessa Maria Rosaria Pastore seguita dalle sorelle Carmela Perri, Costanza Guccione e Luigia Mandarini». 11 Francesco Russo, Regesto Vaticano per la Calabria, Roma. Vol. I, part. 230, «Petri, Abbati monasterii Cavensis, confirmat om-

cangelo, il convento di San Francesco d’As- ne colonne tufacee quadrangolari appartesisi e il monastero di Santa Chiara10 che si ad- nenti alle ricostruzioni successive sono ancodossarono alle mura a poca distanza tra loro ra in piedi. esercitando un significativo influsso sul nu- C’è da aggiungere che in contrada Vennarelcleo urbano e sulla diffusione della cultura. lo si vedono affiorare dal terreno i resti del Dal punto di vista documentario la chiesa più muro perimetrale di un edificio sacro che preantica sita sul territorio di Rende è quella dei senta nella parte posteriore un’abside a tre caSanti Pietro e Paolo11. Tale edificio chiesasti- tini semicircolari, le cui caratteristiche molto co, alle dipendenze della SS. Trinità di Cava si avvicinano all’architettura romanica. Amdei Tirreni, venne confermato a «Petrii, Abbati monasterii Cavensis» in data 30 agosto 1100 da papa Pasquale II. Nel 1115 Drogone, signore di Montalto, fece larghe donazioni all’abbazia di Santa Maria de Valle Iosephat o delle Fosse, in territorio di Paola, concedendo San Pietro, tra Rende e Montalto, e San Pietro di Ferlito, in territorio di Rende. Tra il 1130 e il 1137 la chiesa fu concessa, tramite l’arcivescovo di Salerno, all’a- Fig. 5. Rende, Via Giudeca (cartolina, primi anni del XX sec.). Isca sullo Jonio, Collezione Marziale Mibate Symeoni del mo- rarchi. nastero di Santa Trinità e, il 20 marzo 1188, papa Clemente III diede i privilegi della chiesa di San Pietro e Paolo da Renda all’abate Barisano del monastero benedettino di Salerno. Ubicata in località Rocchi, nei pressi della settecentesca Villa delle Rose che fu di proprietà della Marchesa della Valle, oggi resta ben poco della sua storia millenaria: solo una parte di muro perimetrale originario e alcu-

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Antonello Savaglio, Il testamento di Ferdinando Alarcon, Cosenza, 1999, passim. A.S.C., Notar Nicola Mazza, 21 novembre 1745, f. 149r. in questo documento vi sono riportati i ventotto maestri trattori di seta di Rende con i relativi discepoli e alcune modalità che i maestri dovevano rispettare nella lavorazione. 5 A.S.C., Notar Nicola Mazza, 16 ottobre 1740, f. 144 v. «Marco Arabia in presenza nostra (...) asserisce possedere una roba sua ortale, sita e posta fuori le mura di Rende nel luogo detto la Porta dell’Amarella alberata di piantoni di gelsi, fichi viti e altri alberi, una grotta di dentro per uso porci, confina da un lato con l’orto del V. Convento di S. Francesco d’Assisi e dall’altro il trappeto d’olive del V. Convento di S. Teresa di Cosenza» (attualmente corrisponde alla pizzeria l’Arco di G. Loizzo). 6 A.S.C., Notar Nicola Gatti, 32 febbraio 1747, f. 1 v. «La Signora Marchesa Emmanuela, per sua volontà e pia deliberazione decide di dare e far consegnare al Molino di Emola tomolate sessanta di grano bianco al Monastero di S. Chiara per due anni». 7 Fedele Fonte, Rende…cit., p. 368. 8 Tali porte furono fatte demolire dall’Imperatore di Germania. Le torri furono abbattute per volere di Alfonso il Magnanimo nel 1445, per punire la fellonia del feudatario Giovanni della Noce, che affidò l’allora contea di Rende al Genovese Barnaba Adorno. Carlo V (che fortificò gran parte del suo regno) elevò a più alta dignità il feudo passandolo da 3

Fig. 5. Rende, Castello (cartolina, primi anni del XX sec.). Isca sullo Jonio, Collezione Marziale Mirarchi.

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Per ciò che concerne il luogo di nascita del Santanna vedi Antonello Savaglio, Il Colore e l’Altare. Cristoforo Santanna: la vita, la famiglia, la committenza (1734-1805), Edizioni Bakos, 2002, passim. Il pittore è nato a Marano, all’epoca feudo di Rende, e si definisce, perciò, rendese in diversi atti notarili. 16 A.S.C. Notar Saverio Mazziotta, 28 aprile 1771, f. 82 v. 17 Raffaele De Bartolo nacque a Rende il 5 aprile 1824 da Francesco e Isabella Cucumo. L’atto di battesimo, rinvenuto nel liber renatorum 1711-1733 a pag. 85, part. 797, sfuggiva alle ricerche perchè, essendo il nome per intero Franciscus Raphael, nell’indice andava ricercato alla lettera “F”: «Anno D.ni Millesimo septingesimo vigesimo quarto, die vero septimo m.s Aprilis. Rendis. Ego D. Alexius Tricaricus Coadiut.e Baptizavi infante natus die quinto d.i m.s ex q.m Francesco De Bartolo et Isabella Cucuma coniugibus huius Parochia et ex tali Patria et familia. Cui impositus fuit nomen Franciscus Raphael existente Patrino Mag. Fra.co Antonio Mannarino q.m Petri filio a Rendiset in fide D. Alexius Tricaricus Coadiut.e». Il catasto onciario di Rende alla Scheda n. 288 Pag. n. 529R-52, riporta la composizione della famiglia De Bartolo, dalla quale si può ipotizzare che vivesse in ristrettezze economiche, forse a causa della morte del padre Francesco: Cognome Nome Parentela Età Attività

bedue i siti meriterebbero un appropriato studio archeologico.

fatta e modernata per la semetria». Altre cappelle furono demolite e poi ricostruite secondo il nuovo disegno14, prolungando la durata dei lavori fino al 1768, come risulta dal contratto rogato da Notar Saverio Mazziotta per Don Michele Donato con il Regio Ingegnere Raffaele De Bartolo e il pittore Cristoforo Santanna (Rende????, 1735 1805)15: «essendosi terminata di rustico la chiesa parrocchiale ed essendosi risoluto guarnire la stessa di stucco e pitture (...) ave trattato con i suddetti Cristoforo Santanna e Raffaele di Bartolo e venuto a convenienze con i medesimi». Il De Bartolo doveva, dunque, realizzare i lavori di stucco secondo i disegni da lui stesso elaborati e il Santanna eseguire i lavori di pittura. In un altro atto del Notar Saverio Mazziotta, datato 1771, il Reverendo Don Michele Donato commissionò ai maestri Francesco Paolo e Giraldi Olita di Avignola in provincia di Matera e Bruno Ragusa della terra di Carolei la fusione di una nuova campana per la chiesa parrocchiale, raccomandando loro di farla simile a quella Fig. 8. Rende, Chiesa Matrice, «Il Campanile mentre i soldati del genio si accingono a deche alcuni anni prima si era spezmolirlo dopo il terremoto dell’8.9.1905» (fotografia). Rende, Collezione Alessandro Sicilia. zata «che era la più sperimentata che per uno spazio pari a dieci palmi13. I lavori si mai si fusse trovata nel mondo»16. protrassero per anni e si rese necessario de- Un altro terremoto, nel 1783, compromise la molire e riedificare tutte le cappelle ma, prin- staticità dell’edificio sacro e la direzione dei cipalmente, quella di San Francesco Saverio restauri, questa volta, venne affidata al Regio «la quale essendo necessaria demolirsi giacché il vaso Ingegnere Raffaele De Bartolo17 che fu coadiudi detta chiesa presentamente si sta rifacendo alla mo- vato nei lavori dall’ebanista Matteo Morrone derna». Sorsero contrasti fra Don Marco Pit- (Rende, 1760 - 1801), dal pittore Cristoforo to, procuratore di detta cappella, e Don Mi- Santanna e da diverse maestranze locali. Ogchele Donato e vennero interpellati nel 1759 gi la volta presenta due affreschi raffiguranti alcuni esperti quali Francesco Belmonte (Ren- La cacciata di Eliodoro dal tempio e Il trasporto delde, 1703 - dopo il 1770) e Raffaele De Bar- l’arca nel tempio di Gerusalemme realizzati da Critolo (Rende, 1724 - fine del XVIII sec.). I due stoforo Santanna ed uno del secolo XX, L’enartisti rendesi affermarono, in una relazione trata di Cristo a Gerusalemme, opera di Giovanallegata all’atto, «che la cappella per l’attuale mo- ni Greco (Rende, 1870 - 1957)18. Sulla siniderazione della medesima chiesa deve essere ancora ri- stra del corpo di fabbrica si trova la torre cam-

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1. Chiesa di Santa Maria Maggiore Di fondazione medioevale, l’edificio chiesastico attuale, è il risultato di numerosi lavori di restauro e riconfigurazione che si sono succeduti nel corso dei secoli. La facciata, preceduta da una breve ma ampia scalinata, presenta nella parte bassa tre portali litici (i laterali settecenteschi e quello centrale risalente al XVI secolo), uno per navata, affiancati da colonnine scanalate con capitelli ionici e corinzi sorreggenti la trabeazione che si interrompe solo all’altezza dei portali laterali per far posto a due aperture circolari. Il portale centrale porta alle basi due riquadri

decorativi e alla chiave di volta l’arme civica con il toponimo Renda. Nella parte superiore trova posto un rosone probabilmente coevo al portale sottostante, con sedici colonnine variamente sagomate che convergono nel centro quadrilobato. La fabbrica, a causa del sisma del 1638, venne distrutta e nel 1740 l’architetto Francesco Belmonte dovette rimaneggiarla. Nel XVIII secolo furono costruite alcune cappelle, quella di San Sebastiano nel 1741 e quella di San Gaetano nel 174512. Nel 1747 Don Michele Donato, Procuratore della fabbrica della Matrice, affermò che, dovendo consolidarla e abbellirla secondo i canoni moderni allora in voga, bisognava di estendere la parte posteriore della struttura

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nia privilegia et possessione et bona (...) S. Nicolai oppidum Mercurii, S. Mariae de Rota, S. Pietri, S. Benedicti de Ollano, S. Pietri et Pauli de Renda; apud oppidu S. Maurii ecclesiam SS. Cosmae et Damiani et monasterium S. Adriani cum cellis suis. Dat Salerni III Ka. Septembris anno incarnationis domenice MC pent. an. II. Cum iniversis». 12 A.S.C., Notar Nicola Mazza, 30 gennaio 1741, f. 16 r., A. S.C., Notar Nicola Mazza, 3 luglio 1745, f. 68 v. 13 A.S.C., Notar Nicola Mazza, 20 febbraio 1747, f. 42 r; «Costituiti nella presenza nostra il R. D. Michele Donato, Procuratore della reparazione della v. chiesa Matrice di Rende (...) e il signor Baldassarre Zagarese internuncio di Pompeo, essi asseriscono e principalmente il suddetto D. Michele che per fortificare modernare e abbellire la testa della venerabile chiesa parrocchiale bisognerebbe allungare dalla parte di dietro un poco abile, al spazio di palmi dieci per il quale non vi sarebbe altro luogo se non che occupare palmi dieci della camera di detto Pompeo Zagarese attaccata alla chiesa e propriamente chiamata il passetto e avendo fatto tale proposizione al signor Zagarese per affezione che portano alla chiesa si sono dimostrati prontissimi (...) fra le case del signor Zagarese e detta chiesa parrocchiale essendovi un abile che serve per espurgare il cimitero di detta chiesa nel muro di cui si attrova una porta per l’alito trasporto (...) chiede il signor Zagarese facoltà di poter serrare quella porta in quei tempi che la medesima non bisogna per l’eruzione del cimitero e chiesa». 14 A.S.C. Notar Saverio Mazziotta, 16 settembre 1768, f. 149 v.

Fig. 7. Rende, Chiesa Matrice, facciata.

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panaria, innalzata nel ’700 ma in parte rifatta dall’ingegnere Samuele Verre (Rende, 1895 – 1967) dopo che il sisma del 1905 ne compromise la staticità. I lavori vennero conclusi definitivamente nel 192319. L’interno della chiesa, a tre navate, è scandito da dodici pilastri in muratura che racchiudono quelli tufacei quadrangolari cinquecenteschi. L’arco trionfale, decorato in stile barocco, dà l’accesso alla zona presbiterale dove trova posto l’altare maggiore in stucco policromo, commissionato da donna Marietta Magdalone Morelli nel 1858 e affiancato da due altari ben decorati con stucchi barocchi, sovrastati da due stemmi gentilizi. Nelle navate laterali si aprono dodici cappelle tutte decorate con stucchi del XVIII secolo e, sopra alcuni altari, elegantemente realizzati nel medesimo stile, sono allocati gli stemmi di alcune famiglie rendesi. Il transetto è caratterizzato dalla presenza della cappella del SS. Rosario, con pala di Cristoforo Santanna, e da quella di Sant’Antonio da Padova con pala di Giuseppe Grano20. Nella sagrestia trova posto un settecentesco armadio in noce intar-

siato, opera di Agostino Apa (Rende, 1776 1860), la cui parte centrale è mancante a causa di un furto perpetrato qualche anno fa, un affresco del XVIII secolo di Cristoforo Santanna raffigurante La trasfigurazione e una tela del XVIII secolo, raffigurante l’Arcangelo Raffaele con Tobiolo, di Cristoforo Santanna o della sua scuola. La parte ipogea della chiesa erroneamente denominata cripta, è sicuramente il risultato dei vari rimaneggiamenti del primo nucleo chiesastico che venne ingrandito ed allargato: la zona posta sotto il presbiterio per molto tempo fu destinata ad ospitare un vero e proprio cimitero. Le fonti antiche spesso riferiscono di una cappella sottostante la chiesa matrice con affaccio sul “Paramuro”. Tale cappella venne utilizzata per un periodo dalla Congregazione del SS. Rosario e trovasi sotto il transetto in corrispondenza dell’attuale cappella della Madonna del Rosario, dove, a memoria d’uomo, vi era un altare ora distrutto perché lo spazio, passato a privati, venne utilizzato come magazzino. Secondo uno studio in fase di pubblicazione, opera postuma dello storico Lunetto Vercil-

lo, scritta utilizzando fonti archivistiche, la primitiva chiesa matrice del XVI e XVII secolo era di modeste dimensioni, circondata da uno spazio destinato a cimitero e con un campanile eretto sul lato opposto rispetto all’attuale. Numerose sono le opere d’arte conservate nell’edificio: un crocifisso ligneo del XVIII secolo, confessionali lignei finemente intagliati alla maniera barocca da Matteo Morrone nel 1782 con tavole dipinte da Giuseppe Santanna21, un pulpito in stucco e legno, realizzato da Raffaele De Bartolo, Matteo Morrone e Cristoforo Santanna, un fonte battesimale in legno, opera di Matteo Morrone datato 179722 con ovale dipinto, raffigurante Il battesimo di Cristo, della bottega del Santanna, uno stipo ligneo in stile neogotico di Giuseppe Prezia (1846-1920) nella cappella del Sacro Cuore,

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Fig. 9. Rende, Chiesa Matrice, portale centrale.

Fig. 10. Rende, Chiesa Matrice, portale centrale, scudo con l’emblema civico di Renda.

Fig. 11. Rende, Chiesa Madre, facciata, rosone in calcarenite.

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carlini 30, paga annui carlini 3. Per il Patrimonio Sacro di don Domenico, paga annui ducati 10 e grana 42. Reddito Reddito Lordo 74 : 26 Detrazione RedditoNetto Per ciò che attiene la morte di De Bartolo, sul libro dei conti della Chiesa Matrice di Rende dal 1794 al 1823 don Alfonso Vercillo alla p. 106 così scrisse chiosando la voce attinente ai lavori di fabbrica della Chiesa, nel 1795 «Rg. Ing.re Raffaele di Bartolo g.e 18 ...7.40»: «Era a un tempo muratore, stuccatore, scarpellino, Regio Ingegnere! Morto caduto, o com’è tradizione, buttato giù dal campanile del monistero da’ suoi invidi emoli, Michele Apa (ing. Regio / falegname) e fratelli Morrone, Matteo e Giambattista, anche falegnami egregi, verso la fine del passato secolo». Lo spoglio sistematico dei libri parrocchiali non ha dato esito positivo: l’atto di morte del De Bartolo non si trova, è come se non fosse stato annotato. Non deve averlo trovato nemmeno don Alfonso Vercillo che, infatti, alla pagina 191, relativa all’anno 1805, chiosa un pagamento per la costruzione della cappella della famiglia Morcavallo: «Non parlandosi più del de

un altare ligneo intagliato e decorato con l’arme dei Vercillo, opera di Matteo Morrone, una bussola lignea con decorazioni di gusto settecentesco con quattro riquadri raffiguranti putti, opera di Matteo Morrone e Cristoforo Santanna, una statua lignea di Gesù bambino di Francesco Saverio Citarelli (Napoli, 1790 - 1871), una coppia d’acquasantiere a conchiglia in marmo nero del XVIII secolo, statue processionali, paramenti sacri del XVIII e XIX secolo ed alcuni buoni oggetti d’argenteria di fattura settecentesca. Tra gli interventi ormai storicizzati, possiamo annoverare l’istallazione sulla cantoria dell’organo a due tastiere distribuite in due strutture a tempietto (a destra e a sinistra del rosone), avvenuta nel 1933 per opera dei fratelli Migliorini. Degni di nota due pezzi marmorei ritrovati nella fossa comune della chiesa e collo-

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De Bartolo Raffaele CF 18 bracciale De Bartolo Domenico fratello 25 sacerdote Cucumo Isabella madre 42 Beni Immobili Abita in casa del reverendo don Antonio La Valle, nel luogo detto “La Porta dell’Amarella”, senza pagarne cosa alcuna. Possiede nel luogo detto “Li Malvitani”, una possessione di tomolate 2, estimata la rendita netta annui ducati 4 e grana 76. Nel luogo detto “Gaudioso”, un castagneto di una tomolata e mezza, estimata la rendita netta annui carlini 36 e grana 8. Più nel territorio promiscuo di Marano, una possessione di una tomolata e mezza, estimata la rendita netta annui ducati 10 e grana 42. Bestiame Altri Proventi Peso In Deduzione Al Monte dei Vercilli, per capitale di censo di ducati 50, paga annui ducati 5. Alla Cappella del Santissimo Sacramento di Rende, per un capitale di censo di ducati 24, paga annui carlini 24. Alla Chiesa della Santissima Annunciata di Rende, per un capitale di censo di

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cati sul muro della controfacciata: un angelo con ampio panneggio e una lastra tombale con un cavallo sulla superficie e la scritta «Morti et sepu(lti sumus) sed in noviss(ima die) resurgemu(s)».

va, che ospitava una settecentesca statua in marmo bianco raffigurante la Vergine, ora posizionata nel chiostro claustrale delle clarisse. L’interno, ad una sola navata fiancheggiata da una serie di piccole cappelle, presenta esuberanti stucchi del 1742 i cui disegni sono dell’architetto Francesco Belmonte. L’altare maggiore è ornato dalla pala Fig. 14. Rende, Santuario di Maria SS. di Costantinopoli (cartolina, primi anni del XX secolo). Isca sullo Jonio, Collezione Marziale Mirarchi. raffigurante l’Immacolata attribuita a Francesco De Mura. Nel- Sebastiano grazie ad un assenso marchesale le piccole cappelle sono alloggiati, o meglio del 1656. Il culto di Maria SS. di Costantinoerano alloggiati, visto che la chiesa, chiusa al poli, di chiara origine bizantina, è legato ad culto, è stata spogliata dalla maggior parte del- un dipinto su rame, la Macchietta, raffiguranle opere d’arte, alcuni dipinti del XVIII se- te la Vergine, che per tradizione è ritenuta colo. Un grande dipinto raffigurante l’Apoteosi Acheropita. dell’Immacolata, opera del Santanna, è posto sul Tale culto portò, nel 1658, alla fondazione delsoffitto a cassettoni decorato da Donato Ma- l’omonima congrega che però venne regolagli (Rende, 1914 - 1982) a cui si devono an- ta giuridicamente solo nel 1729. La chiesa venche i dipinti che abbelliscono la parte supe- ne ampliata da maestranze locali nel 1719, nel riore dell’edificio sacro. Sono da segnalare pu- 1737, e nel 1750. È registrata più volte sui canre alcune opere marmoree tra cui una Madonna tieri la presenza di Francesco Belmonte e delle Grazie del XVI secolo, una bella acqua- Raffaele De Bartolo. Da un atto notarile rosantiera in marmo verde di Belmonte del gato dal Notar Saverio Mazziotta nel 1763 si XVIII secolo con alla base l’arme gentilizia apprende che in quel tempo erano in corso i dei Vercillo, un Sant’Antonio da Padova, in mar- lavori di decorazione a stucco ad opera di Rafmi neri e bianchi del XVI secolo e, tra le sta- faele De Bartolo. Infatti il Prefetto e gli assitue lignee, un San Pasquale di Baylon del XVIII stenti della Congregazione affermano «di aver secolo27, sette busti reliquiari seicenteschi con fatto convenzione col M.co Raffaele Di Bartolo di commezze figure eseguite a tutto tondo asportati plire di stucco dalla parte interiore di detta Congrequalche decennio fa e oggi di ubicazione sco- gazione di Costantinopoli, al presente si ritrova di nosciuta, la bella Immacolata del XVIII secolo, nuova costrutta»28. La facciata a salienti è conclusa da un timpae altri oggetti liturgici ancora da studiare. no triangolare sorretto da due lesene che fanno da cornice al grande portale litico sui cui 3. Santuario di Maria SS. di Costantinopoli L’attuale edificio sacro a croce latina è sorto lati si troviamo due corpi di fabbrica uno dei su di una cappella preesistente dedicata a San quali è occupato dalla sagrestia.

parte dei lavori erano già conclusi24 ma, nel 1569, un forte sisma scosse l’intera struttura. Nel 1647, successivamente al terribile terremoto del 1638, venne riconsolidata e terminata nel 1783. Nel 1742 il Reverendo Don Onofrio Mascaro, Procuratore e sindaco apo2. Chiesa di San Francesco d’Assisi o di Santa stolico del convento di Santa Maria delle GraMaria delle Grazie zie, a nome di tutti i fratelli commissionò l’abI Frati Minori Osservanti di Rende ottennero bellimento della chiesa conventuale a Franceil beneplacito per la fondazione della chiesa sco Jantorno, Lorenzo Jovane, Benedetto e Ipdel loro convento, intitolata a Santa Maria del- polito Pizzo di Cosenza. Tali maestranze, in le Grazie, l’11 maggio 153223. Nel 1540 gran data 29 agosto 1742, firmarono il contratto di appalto e, sotto la direzione di Francesco Belmonte, si impegnarono a rinnovare il tempio secondo le regole barocche. Nel contratto Don Onofrio dichiarò che «dovendo fare abbellire e moderare la chiesa del convento ha pensato di farla passare tutta di stucco, così la nuova cappella arco maggiore, soprapopolo e tutte le pariete delle mura lavorate come tutti l’altri finestroni, medaglioni ed ogni altra cosa che vi è necessaria, per detto abbellimento della chiesa a ciò venisse all’ultima moda»25. Il tetto della chiesa venne ricostruito nel 1772, come risulta dall’atto per l’acquisto delle travi necessarie «dovendosi riparare e modifiFig. 12. Rende, Convento di San Francesco (fotografia, 1961). Rende, Archivio Francesco Sa- care di lamia della chiesa di S. Maria lerno. delle Grazie, et a tale effetto dovendosi provvedere diciotto travi grandi di mutullo e diciotto travi piccole dello stesso legname»26. Il chiostro presenta resti d’affreschi del 1740 di Francesco Pellicore da Castrolibero, il bel pozzo tufaceo e un ricco portale del XVIII secolo che porta ai piani superiori (tale portale era posto in origine all’ingresso del complesso). La facciata è preceduta da una scalinata sopra la quale spicca un grande portale tufaceo sovrastato da un’edicola lavorata con motivi floreali e a conchiglia concaFig. 13. Rende, Convento di San Francesco (fotografia, 1961). Rende, Archivio Francesco Salerno.

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Gencarello per indoratura ….15; Tavoloni pal. 14 _ … 3.62.6; Tavole piccole …. 1.28; Chiodi mazzi n. 6 … 1.20; Colla ... 24; … di tavole … 65; Chiantaroli coppo uno … 40; M.ro Gaetano Sicilia per la mascatura, frontisse e piccole … 1.50; Mro Fran. Saverio lo Celso per fare la colonna di fabrica nel piede di d.o fonte … 35; Gius.e di Luca per due croci … 08; Tela per foderare d.o fonte p. 3 … 3.15; Chiodi grossi … 04; Carboni per l’indoratura … 10.6; M.ro Gabriele Landi per la cappetta di d.o fonte ...14; Sig.r Cristoforo Santanna per pittare il sud.o …. 2.40». Per ciò che riguarda Francesco Saverio Lo Celso alla pag. 98 dello stesso libro si legge una chiosa di mano di don Alfonso Vercillo: «In quest’anno (1794) discepolo del de Bartolo, divenuto capomastro, ingegnoso, morto nel 1851». 23 Francesco Russo, Regesto Vaticano per la Calabria, Roma 1977, vol. III, p. 413. part. 17099: «Ministro Provinciali Prov. Calabriae. Min. Obs. Datur Facultas fundandi domus B. Mariae Gratarium, in terra Rendae, Cusentin dioc. Pro fratribus dicit Ord., Dat. Rome, apud S. Petrum, sub annulo Pisc., die XI Maii 1532, an IX». 24 Francesco Russo, Regesto Vaticano per la Calabria, Roma 1978, vol. IV, p. 43. part. 18221: «Visitantibus ecclesiam conventus Fratrum Ord. Min. Obs. Oppidi de Renda, Cusentin dioc., a primis ad secundas vespras in festo Assumptionnis B. M. V., indulgentia in forma ecclesia consueta. Dat. Rome, die II Aprilis 1540, Pont. an. 6°».

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Bartolo, questi dovea essere già morto». Per uno studio su Raffaele De Bartolo e Francesco Belmonte vedi pure Giuseppina De Marco, Osservazioni e documenti sull’architettura barocca nel territorio cosentino: Francesco Belmonte capomastro muratore e Raffaele De Bartolo Regio Ingegnere, in “Quaderni del Dipartimento Patrimonio Architettonico e Urbanistico” Università di Reggio Calabria, 2001, n. 21-22. pp. 93106. 18 Francesco Salerno, Un pittore del Novecento calabrese: Giovanni Greco da Rende, in Calabria letteraria, n. 4-5-6, aprile-maggio-giugno 2002, pp. 99-100. 19 Francesco Salerno, Rende... cit., pp. 66-70. 20 Francesco Salerno, La costruzione della cappella di Sant’Antonio da Padova nella Parrocchiale di Rende in “Calabria Letteraria”, n. 10-11-12, 2002, pp. 61-62. 21 A.P.R., Libro dei Conti, 1790-1794, p. 54: «Al m.co G.ppe Santanna per pingere crocifissi ne’ confessionili della chiesa … 2.53». 22 A.P.R., Libro dei Conti, 1790-1794, p. 129. Esiti per il fonte battesimale: «M.ro Matteo Morrone …. 29.80; Gaetano

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L’interno, a croce latina, presenta una sola navata abbellita da decorazioni in stucco del XVIII secolo eseguite da Raffaele De Bartolo. Accanto all’ingresso trovano posto due acquasantiere di marmo nero, a forma di conchiglia, del XIX secolo. L’altare maggiore in marmi policromi, realizzato nel 177529, opera dei marmorari napoletani Gaetano Fipaldi e Gaspare Lamberti, ospita la pala dell’Immacolata in Gloria nella quale è stato recentemente individuato un intervento di Giuseppe Pascaletti sulla base di

dine sesto della stessa Congregazione, per le quali fatiche ed opere sino al giorno di oggi, dichiara paranco con giuramento averne avuto la somma di ducati cento settanta e grana cinquantaquattro». 29 A.S.C., Notar Nicola Gatti, 8 novembre 1774; Antonello Savaglio, Cristoforo Santanna. La famiglia, la vita e il testamento del “fa presto di Calabria”, su “Historica”, 2001, anno LIV, p. 141. Francesco Salerno, Dedicato a Maria SS. di Costantinopoli il Santuario di Rende, in Calabria Letteraria, nn. 1-2-3, 2004, pp. 44-45. 30 Vedi Giorgio Leone (a cura di), Giuseppe Pascaletti (1699-1757) di Fiumefreddo Bruzio. Un percorso artistico tra la Calabria Napoli e Roma, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2007, p. 141. 31 A.S. CS Corporazioni religiose, Rende, Chiesa del SS. Rosario: 1758-1802 Amministrazione dei beni. Si tratta dei beni del pio monte istituito da Don Saverio De Filippis e amministrato dalla venerabile congrega del SS.mo Rosario. 32 A. S. C., Fondo: Opere Pie Affari Sociali, b. 36, f. 801. 33 A. S. C., Notar Domenico Mazza, 1 agosto 1700, f. 113 r: «Costituiti nella presenza nostra il frate Ludovico di Morano lettore e predicatore dell’Ordine dei Predicatori al presente nel Convento di S. Domenico di Cerisano specialmente destinato e deputato dal R. Padre fra’ Ludovico della Saracena Priore del Convento di Cerisano, più vicino di questa terra di Rende… e Pompeo Zagarese Prefetto D.

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A. S. C. Notar Nicola Mazza, 29 agosto 1742, f. 36 r.; Mario Panarello, I protagonisti della decorazione: maestri marmorari e professori di stucco, in Atlante del Barocco in Italia: Calabria, p. 148. 26 A. S. C. Notar Saverio Mazziotta, 3 maggio 1772, f. 52 r. 27 Antonello Savaglio, Il Colore e l’Altare. Cristoforo Santanna: la vita, la famiglia, la committenza (1734-1805), Edizioni Bakos, 2002. L’opera è evidentemente napoletana e tardo settecentesca. Una statua lignea tipologicamente identica a questa si trova nella chiesa matrice di Serra San Bruno, opera di Vincenzo Scrivo (cfr. Domenico Pisani, “Opere d’arte di bottega serrese” in AA.VV. “La fonte di Mnemosyne. Viaggio nella storia e nella cultura della provincia di Vibo Valentia”, Soveria Mannelli, Cittàcalabria edizioni, 2007, p. 185). 28 A. S. C., Notar Saverio Mazziotta, 2 febbraio 1763, f. 13 r: «(...) di aver fatto convenzione col soprascritto M.co Raffaele Di Bartolo di complire di stucco dalla parte interiore la V. Congregazione di Costantinopoli tale e quale al presente si ritrova costrutta e di già aver complito e guarnito il cappellone, tribuna o sia testa, li due laterali cappelloni sino all’architrave, per le quali opere asserisce e dichiara di esserne soddisfatto dall’antecessori officiali della stessa Congregazione; avendo faticato a giornata con altresì dichiara aver complito di stucco a mezzo il collo della cupola, finestroni e le quattro rendini di basso, benanco la lamia della nave colli suoi finestroni sino l’or25

una notizia tratta da un libro di Don Giuseppe Vercillo secondo la quale «con poco gusto si fé ingrandire co’ piedi, ed angioletti dal Cav. Pascaletti»30. Gli altari del transetto sono in stucco arricchiti da motivi spiraliformi e ospitano due tele di Cristoforo Santanna, S. Anna con la Madonna Bambina tra San Rocco e S. Caterina d’Alessandria, e Il martirio di S. Sebastiano opera di Giuseppe Santanna del 1790. Diversi sono i dipinti del pittore rendese Giovanni Greco: La presentazione di Maria al tempio (1931), L’incontro tra Maria SS. e S. Elisa-

Fig. 17. Cristoforo Santanna, Trionfo della Theotokos sul Nestorianesimo dinanzi alle personificazioni dei Quattro Continenti (1777). Rende, Santuario di Maria SS. di Costantinopoli, soffitto dell’antiporta.

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Fig. 15. Scultore attivo per i marmorari napoletani Gaetano Fipaldi e Gaspare Lamberti, Angelo ceroforo (1775). Rende, Santuario di Maria SS. di Costantinopoli.

Fig. 16. Scultore attivo per i marmorari napoletani Gaetano Fipaldi e Gaspare Lamberti, Angelo ceroforo (1775). Rende, Santuario di Maria SS. di Costantinopoli.

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betta (1930), Lo sposalizio della Vergine (copia da Raffaello). Si deve a lui la decorazione della cappella della Madonna di Costantinopoli, realizzata nel 1922, che custodisce la sacra immagine della Macchietta. Sulle pareti trovano posto due dipinti di Felice Fiore (Sambiase, 1864 - 1951), datati 1905, L’incendio di Costantinopoli e La disputa di Efeso, mentre la cupola è stata affrescata da Achille Capizzano (Rende, 1907 - 1951) nel 1949. Sulla controfacciata spicca la cantoria lignea policroma del XVIII secolo con pannelli decorati da Cristoforo Santanna: quello centrale raffigura la Madonna di Costantinopoli che sconfigge l’eresia di Nestorio, datato 1777. Tra le altre opere d’arte vanno segnalate un pergamo del secolo XIX, opera di Gabriele De Paola (1844-1917), e numerosi paramenti sacri e argenterie del XVII e XVIII secolo. Nella sagrestia trova posto un dipinto di Cristoforo Santanna, datato 1778, raffigurante Il trionfo di Maria SS. Di Costantinopoli. Dal monastero basiliano di Rocchi, ormai distrutto, proviene un frammento Fig. 18. Achille Capizzano, Bozzetto per la cupola di Maria SS. di Costantinopoli (1946). Rende, Museo Civico.

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d’archivolto con la colomba e l’agnello portacroce in rilievo ritrovato nel 1887 e collocato alla destra dell’ingresso.

gamento di ducati 22 e grani 10 per le sue fatiche fatte nel 1781e nel 1783. Ci volle il 1847 per riprendere i lavori, diretti dal pittore Giuseppe Grano, almeno per quanto riguarda il disegno, molto criticati dagli intellettuali del tempo. Per il completamento totale dell’opera si dovrà aspettare fino al 1859, anno in cui fu avanzata una richiesta di finanziamenti per il restauro, reso urgente dai gravi danni che il terremoto del 1854 apportò alla struttura della chiesa. La richiesta fu inoltrata dalla Congregazione al Consiglio degli Ospizi. Occorreva il perfezionamento della struttura, tettoia compresa, per riparare i danni causati dall’umidità che rendevano impossibile la celebrazione del culto divino, e quindi il completamento della facciata. Per i lavori necessitavano settecento ducati. Lo stato estimativo fu firmato dall’architetto Anastasio Gaetano il

quale specificò tra i materiali occorrenti «pezzi di pietra di tufo lavorati dalla cava di San Fili per il completamento del muro della facciata principale (...) altri bisognevoli per il cornicione e per tutti e tre i lati del frontone da lavorarsi giusto il primitivo disegno (...) quadroni di pietra di tufo da rimpiazzarsi al pavimento del coro in luogo delle rotte e mancanti palmi duecento32». Nel 1890 fu costruita ex-novo la cupola e decorata a stucco lucido con capitelli dorati. Nel 1928 venne purtroppo sostituito il pavimento lapideo originario con mattonelle in cemento. La Congregazione del SS. Rosario, canonicamente istituita il 9 maggio 1656, venne regolata giuridicamente il 1 agosto 170033. Nello stesso giorno presso il Notar Domenico Mazza fu rogato l’atto attestante la sua istituzione, a favore del frate Ludovico di Morano dell’Ordine dei Predicatori, il Prefetto della Con-

Fig. 20. Rende, Chiesa del Rosario, facciata, nicchia del secondo ordine.

Fig. 21. Rende, Chiesa del Rosario, facciata, portale, particolare della cimasa.

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gregazione Pompeo Zagarese e i suoi assistenti Cesare Vercillo e Cosimo Morcavallo. Il frate celebrò la prima messa nella chiesa della Congregazione posta allora nel luogo detto Paramuro, dove restò fino al 174434. Il Regio Assenso fu ottenuto nel 1756 sotto il priorato di Domenico Imbardelli. I lavori di costruzione dell’edificio, sorto probabilmente sui resti di una cappella preesistente, sono precedenti al 1740, anno in cui mastro Marco Arabia, confratello della Congregazione, intento nella costruzione della stessa, «gratis et amore per sua mera devozione» il 14 dicembre donò al prefetto della congrega Bernardino Imbardelli, «una parriera di pietra» trovata nella contrada Olivella35. Fra le firme in calce al contratto vi è quella di Francesco Belmonte, notizia che permette di avanzare l’ipotesi di un suo intervento nella costruzione iniziale della chiesa. Nel 1752 il Sacerdo-

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4. Chiesa del SS. Rosario Posta sotto il castello, nel luogo detto la Piazza del Seggio, spicca la bella facciata della chiesa del SS. Rosario opera del Regio Ingegnere Raffaele De Bartolo che, coadiuvato da maestranze locali, completò il primo ordine nel 1775. I lavori proseguirono fino al 1783 anno in cui un gran terremoto fece abbandonare definitivamente il cantiere. Tale notizia si evince dalla Platea dei Beni del Monte Istituito dal Mag.co R. D. Saverio de Philippis di cui n’è Erede Universale e particolare la Chiesa del SS. Rosario della terra di Rende 1758-180231, dove nell’esito del conto del 1792, risulta che al M.co Raffaele de Bartolo viene completato il pa-

bliche, Cosenza, Tip. Principe, 1883; Il Cristo nel deserto: poema lirico polimetro, Tipografia degli Accattoncelli, 1884; Pietro Micca - cantica, Cosenza, Tipografia Riccio, 1890; Lo sposalizio di Maria: la visita ad Elisabetta: cantiche, Napoli, Tipografia dei Fratelli Orfeo, 1891; In alto i cuori! Ossia elevazioni poetiche, in armonie bibliche in cantiche e in liriche sacre, Napoli, Tipografia dei Fratelli Orfeo, 1894; Armonie poetiche di scienza e fede ovvero prosopopee fisico religiose, Napoli, Tipografia dei Fratelli Orfeo, 1894. 39 Il catasto onciario, alla scheda n. 117, pagina n. 461v-46, riporta la famiglia del padre Pietro: Morrone Francesco CF 47 carpentiere ? Caterina moglie 39 Morrone Lorenzo figlio 20 carpentiere Morrone Giovanni figlio 18 carpentiere Morrone Pietro figlio 10 Morrone Antonio figlio 5 Morrone Nicolò figlio 2

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fisco, Cesare Vercillo primo assistente e Cosimo Morcavallo secondo assistente della Congregazione», le parti asseriscono che il compendio delle regole dettate per l’istituzione della Congregazione, il Trasunto, consegnato dal Padre Generale dell’Ordine dei Predicatori alla Curia Arcivescovile per essere esaminato, fu poi presentato al Priore del Convento di S. Domenico di Cerisano fra’ Ludovico di Morano alla Congregazione per renderlo pubblico. E per la facoltà conferitagli dal Priore si recò nella chiesa dove dopo la messa fu presentato il libro e in esso furono iscritti i fratelli e le sorelle costituenti la Confraternita. 34 A. S. C., Notar Saverio Mazziotta, 21 febbraio 1764, f. 26 r. 35 A.S.C., Notar Nicola Mazza, 14 dicembre 1740, f. 207. Antonello Savaglio, Il Colore e l’Altare... cit., p. 17. 36 A. S. C. Notar Nicola Gatti, 19 gennaio 1752, f. 7 r., A. S. C., Monte Saverio de Philippis, cit. 37 Vedi la nota 46 38 Don Alfonso Vercillo (Rende, 1824-1901) oltre che un cultore di storia patria, come dimostrano le numerose chiose sui libri parrocchiali e le lapidi nelle chiese, fu pure un fecondo scrittore. Vedi: Il trionfo d’italia in Roma nella conciliazione colla Chiesa - cantata biblico-patria in tre parti, Cosenza, Tipografia dell’Indipendenza, 1866; L’arpa di Sion: ovvero armonie bi-

Fig. 19. Rende, Santuario di Maria SS. di Costantinopoli (cartolina, primi anni del XX secolo). Isca sullo Jonio, Collezione Marziale Mirarchi.

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stantinopoli, che si accolse alla Cappella Solitaria di S. Sebastiano. Zelante Proc. D. Ignazio Potenza. Verso lo scorcio del secolo stesso, la Congrega, che comprendeva la maggior parte delle principali famiglie del paese, animandosi, die’ principio alla fabbrica di questa chiesa - ignoto l’architetto. Compiuta con ogni probabilità sotto Belmonte Francesco, giovane di genio, nel 1703. Decorata dei quadri de’ 15 Misteri, ciascun a divozione di un fratello, di cui portavano i nomi, l’anno 1704, come lo attestano alcuni di essi superstiti, che han fatto luce intorno la fondazione di detta chiesa. Le colonne di stucco colorato, i capitelli dorati, fregiati d’intagli i tre grandi quadri del Cappellone pitture del Cav. Giuseppe Pascaletti la Titolare ? (sic) Rimpetto alla porta piccola un’altra eguale, in seguito chiusa a causa del giardino, posteriormente fatto. Nel fondo degli archi, finestre quadre, che vennero anche e giustamente murate. L’umile Sacra Rosa trapiantata e sbocciata appieno, sorse ragguardevole nel bel mezzo del patrio Colle, primo decoro. Direttore Spirituale D. Giovanni Belmonte.

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Fig. 22. Pittore di formazione demuriana, San Vincenzo Ferrer. Rende, Chiesa del Rosario.

Fig. 23. Pittore di formazione demuriana, Madonna del Rosario. Già Rende, Chiesa del Rosario (trafugata nel 1974).

Anteriore essa a quella del Ritiro di circa 20 anni, di 30 a quello di S. Chiara, di 70 a quella di Costantinopoli, di 35 al principio della innovazione della Matrice. Inaugurossi col nostro Rosario il secolo delle Patrie opere religiose e benefiche. Il paese intero si animò, ne gioì. Nel 1775 la facciata fu adorna del primo ordine, disegno e lavoro delicato di Raffaele De Bartolo. Egli lasciò il suo nome alla chiesa di Costantinopoli, alla Matrice, Belmonte a quella del Ritiro e al loggiato del Castello, Morrone Giovan Battista, agli stipi del Rosario e alle opere della Parrocchiale e di Francesco, fratelli e onore di questa Congrega. Fu il secondo ordine, ah! non alunno del primo! Alzato nel 1847 dall’artista Rendese Gius. Grano, e sotto il priorato distinto del nob. D. Melchiorre Zagarese. Venne fatta la cupola, di cui mancava coll’intera ossatura di ferro, a proprie spese dell’attual Priore, coronando così egli la diletta chiesa, restaurato tutto l’interno e di pitture, e dorature abbellita per oblazione dei Confratelli, in cui si risvegliò l’antico operoso zelo, nel passato anno 1890. La mistica rosa ripigliò, accrescendola, la sua decorosità. Và per tanto chiaro e lodevole distintamente il Priorato del benemerito D. Gabriele Pastore fu Salv., che emulò i suoi antenati, i quali co’ Vanni, i Vercillo, i Pugliesi, i Marigliani, i Donato, i Zagaresi, i Defilippis, gl’Imbardelli e altri, furono i Magnanimi e i più ben detti Maggiori, che nel secolo d’oro della Patria, la illustrarono. Cuore, Fede e Genio brillavano. Gloria sempre alla Regina del Sacratissimo Rosario della Cattolica Chiesa, benefici e immortale splendore. Alfonso Vercillo Sac. Napoli 22 aprile 1891. Memento. Alfonso Maria Vercillo fu Michele e Maria Antonia Ponzo nasceva in Rende il dì 15 ottobre dell’anno del Signore 1824. Fu sacerdote zelante di nobile cuore cittadini. Fu anche un poeta bibblico (sic) di cui scrisse alcune poesie, ma si distinse nel Cristo nel deserto, opera fatta nel 1858. Morì quasi povero, obbliato (sic) dai suoi, il di 18 Sett. 1901 di età sua 77 anni». Questa interessante nota sintetizza la cronologia dei lavori eseguiti nella chiesa, ma essenzialmente data i sette quadri superstiti (erano 15!) dei misteri del Rosario al 1704 facendo cadere le attribuzioni a Cristoforo Santanna, nato nel 1735, e assegna a Giuseppe Pascaletti tre quadri dipinti per il Cappellone, ov-

vero la zona presbiteriale. Dei tre sopravvive solo la bella tela raffigurante San Vincenzo Ferreri mentre, l’autore della Madonna del Rosario, trafugata nel 1974, era sconosciuta al Vercillo, che usò, nel manoscritto, il punto interrogativo. L’attribuzione al Pascaletti del San Vincenzo Ferreri è inedita mentre resisterebbe ancora quella tradizionale assegnazione della pala dell’altar maggiore, trafugata nel 1974, a Francesco De Mura. La notizia più controversa assegna, invece, a Francesco Belmonte, la fabbrica della chiesa compiuta nel 1703, proprio l’anno in cui nacque37. Certo se la notizia è vera (la serietà culturale di don Alfonso Vercillo lo suggerirebbe)38 potrebbero essere esistiti (il condizionale è d’obbligo) due capomastri con lo stesso nome. Un caso di omonimia oppure nonno e nipote? L’intagliatore Giovanni Battista Morrone è, invece, lo zio di Matteo Morrone, fratello del padre Pietro, ed è un nome che va ad aggiungersi, anche se con pochi dati biografici, alla storia dell’arte rendese39. Certo la nota più interessante è quella che ascrive il primo ordine della facciata della chiesa a Raffaele de Bartolo, datandolo al 1775, e il secondo a Giuseppe Grano, datandolo al 1847, con un commento critico che equivale ad una stroncatura. Oggi la facciata si presenta tripartita, con la parte centrale leggermente concava e si sviluppa su due registri separati da un cornicione uguale a quello che ne delimita la parte alta. Su entrambi i registri il cornicione mistilineo è sorretto agli estremi da quattro lesene con capitello composito, e al centro delle quattro specchiature laterali si apre una nicchia con copertura a conchiglia sormontata da un ricco fregio. Al centro si impostano l’elegante portale e la finestra inquadrata da decorazioni spiraliformi. L’interno, a navata unica, è decorato da stucchi e dipinti settecenteschi di scuola locale. L’altare maggiore in marmi policromi di gusto barocco, eseguito nel 1779 da marmorari napoletani, è impreziosito da una bella cornice riccamente intagliata e dorata, con quindici dipinti a forma

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Reddito Reddito Lordo 99 : 02 Detrazione Reddito Netto Vedi pure Francesco Salerno, Un ebanista del XVIII secolo: Matteo Morrone da Rende, in Calabria Letteraria n. 4-5-6, 2003 pp. 94-96. L’artista nacque a Rende il 24 febbraio 1760 come si evince dall’atto di battesimo sul Liber renatorum 17481762, p. 81r., part. 601: «Anno Domini 1760 die vero 27 mensis februaris Rendis. Ego Valerius Rendarum licentia baptizavi infante natum sub die 24 ex Petro Morrone et Anna De Martino coniugatibus cui impstus fuit nomen Rochus Mattias patrinus fuit Joanne Baptista Morrone et commater Innocentia Stillo». Morì il 28 gennaio 1801. 40 Vedi Ruggero Ciancio (a cura di), Il presepe napoletano nella chiesa del Rosario di Rende, Cosenza, 2000, editoriale progetto 2000. 41 Molto interessante è il confronto fatto da Giuseppina De Marco con le piante di alcune opere di Cosimo Fanzago su, Osservazioni e documenti sull’architettura barocca nel territorio cosentino: Francesco Belmonte capomastro muratore e Raffaele De Bartolo

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te Saverio De Philippis nominò erede di tutti i suoi beni la V.le chiesa del SS. Rosario36. Una interessante nota a firma di Alfonso Vercillo, poeta, latinista e studioso di storia patria, manoscritta sulle ultime pagine del libro Il Rosario della Beatissima Vergine Maria proposto e raccomandato alla divozione dei fedeli e allo zelo dei loro pastori dal p. l. fr. Giuseppe Vincenzo Morassi dell’Ordine dei frati predicatori, Casal-Monferrato, Eredi Maffei, 1872, che è di proprietà della chiesa rendese, è fondamentale per ricostruirne la storia: «Pro Memoria della Congregazione e Chiesa del SS.mo Rosario di Rende. Questa Congregazione del SS.mo Rosario, fu canonicamente istituita a’ 9 Maggio dell’anno 1656, come rilevasi del documento del Regio Assenso, ottenuto nel 1756 sotto il Priorato di Domenico Imbardelli. Ufficiando nella Cappella antica dello stesso titolo alla Matrice. Pochi anni dopo, per concessione del Clero, passò alla Cappella sottoposta, al paramuro, di cui uscì costretta, l’altra emula di Co-

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Beni Immobili Abita in casa propria nel luogo detto “La Porta dell’Amarella”, confine i beni del reverendo don Antonio La Valle e via pubblica. Possiede nel luogo detto “Le Carratelle”, un pezzo di terre aratorie di tomolate 6, confine i beni del Barone Vercillo, dei Padri Teresiani di Cosenza e via pubblica, estimata la rendita netta annui ducati 5 e grana 45. Nel luogo detto “La Porta dell’Amarella”, una possessione di una tomolata, arbustata, confine i beni di Leonardo Misurelli, di Giuseppe Madia e via pubblica, estimata la rendita netta annui carlini 10 e grana 8. Nel luogo detto “Li Ortili”, altra possessione di una tomolata e mezza, arbustata e vitata, confine i beni di Saverio Benincasa e di Tomaso Provenzano, estimata la rendita netta annui carlini 20 e grana 7. Nel luogo detto “Neggiano”, un castagneto di una tomolata e mezza, confine i bei degli eredi di Pietro Antonio Conte, del magnifico Federico Mascaro e via pubblica, estimata la rendita netta annui ducati 5 e grana 12. Nel luogo detto “Visciglino”, un altro castagneto di tomolate 2, confine i beni di Pompeo Madalone, di Diego Capizzana e della Venerabile Chiesa della Santissima Annunciata di Rende, estimata la rendita netta annui ducati 4. Peso in Deduzione Al magnifico Pompeo Madalone per un capitale di censo di ducati 60, annui ducati 6. Alla Camera Marchesale per censo enfiteutico, annui grana 14.

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di cuore raffiguranti i misteri del Rosario, opera attribuita da Giorgio Leone a maestranze roglianesi. Sono inoltre custoditi un pergamo e un armadio del XIX secolo, un armadio decorato da Giovanni Greco e alcuni pregevoli paramenti sacri. Destano particolare interesse un organo posto sulla cantoria, opera settecentesca che conserva inalterate le sue caratteristiche costruttive originali, firmato da Carlo Mancini e datato 1772, e un bel pulpito portatile riccamente intarsiato realizzato dall’ebanista rendese Gabriele De Paola (1844-1917). Sono custodite dalla chiesa in una teca blindata, le figure presepiali settecentesche donate nel secolo scorso dalla signora Teresina Magdalone. Alcune, prive dei vestiti originali hanno subito, agli inizi del Novecento, un pesante restauro da parte di Giovanni Greco40.

sormontate da una ricca trabeazione con putti a tutto tondo che facevano da cornice a una tela di Giuseppe Pascaletti, trafugata nel 1996 e nel 2006 ritrovata in maniera del tutto fortuita dal compianto Sig. Francesco Ritacca, pittore decoratore, e oggi custodita presso il locale Museo Civico. Numerose sono le opere d’arte contenute nella chiesa, dipinti del XVIII secolo di buona fattura e d’ispirazione barocca, un San Michele Arcangelo di Giacomo Colombo, un San Giacomo Apostolo del XV secolo, e un busto reliquiario di San Francesco Saverio del XVIII secolo. Al centro della chiesa si eleva una maestosa cupola affrescata da Donato Magli con la Caduta degli angeli e datata 1959. Nel tamburo si trovano quattro nicchie a conchiglia concava dove sono alloggiate altrettante statue raffiguranti le Virtù, opera degli anni ’60 dell’artista Settino Tancredi da Pietrafitta. Nella sacrestia sono visibili, oltre ad un armadio porta-reliquie (la chiesa era custode di diverse reliquie di santi

di cui esistono ventisette autentiche in pergamena, firmate dai più alti prelati del tempo), un fonte battesimale in stile barocco, un busto porta-reliquie del XVIII secolo e un soffitto ligneo del XVIII secolo d’autore ignoto arricchito da una tela raffigurante La cacciata dei mercanti dal Tempio, probabilmente facente parte della Biblioteca del complesso e adattata successivamente alla sacrestia. Su alcune fonti archivistiche essa è anche citata come Abbazia di San Michele e tale denominazione perdurerà fino al 179042. Attraverso lo spoglio di atti notarili si è potuto rilevare che l’edificio sacro, voluto soprattutto dai cittadini rendesi, fu fondato ex novo dai Sacerdoti Missionari sotto il titolo di San Giuseppe e posto sotto la protezione di San Michele Arcangelo. I sacerdoti Don Giovanni Belmonte, nella carica di Prefetto, Don Saverio Pugliese, Don Marco Pitto, Don Giovanni Battista Donati, costituirono la Congregazione dei Padri Missionari nel 170543,

Fig. 25. Rende, Chiesa di S. Michele Arcangelo o del Ritiro, portale.

Fig. 26. Rende, Chiesa di S. Michele Arcangelo o del Ritiro, portale, particolare.

5. Chiesa di San Michele Arcangelo La facciata della chiesa, a spioventi, è abbellita da un portale in tufo di Mendicino ad arco ribassato, ricco di elementi decorativi rocaille, affiancato da due lesene con capitello composito che sostengono la trabeazione sul-

Fig. 24. Rende, Chiesa di S. Michele Arcangelo o del Ritiro (foto F. Salerno).

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la quale poggiano, lungo le estremità, due acroteri che delimitano il frontone corredato da un altro elemento architettonico centrale. La lapide posta all’ingresso della chiesa del Ritiro, dettata dal Sac. Alfonso Vercillo, e mal interpretata da molti studiosi, così recita: «S. Pugliese del sacerdozio onore e della patria nel 1715 fondò/ capomastro rendese Belmonte Francesco artisti egregi adibì nel 1754/ passò alla gloria Alfonso Vercillo sacerdote a tanto benemerito pose nel 1899». Il capomastro Francesco Belmonte vi intervenne insieme ad altri artisti nel 1754 e non nel 1715!. L’interno, a croce greca, è finemente arricchito da stucchi e intagli barocchi41. Sui lati si aprono quattro cappelle collegate fra di loro, impreziosite da tre altari settecenteschi finemente intagliati di cui due dorati, opere attribuibili, secondo Giorgio Leone, a maestranze roglianesi, che ospitano statue lignee a tutto tondo, di ottima fattura, raffiguranti San Francesco Saverio e San Michele Arcangelo ed uno senza doratura che ospita la statua lignea di San Giuseppe, firmata Francesco Picano (S. Elia Fiumerapido, 1668 - Napoli, 18 marzo 1743) e datata 1717. Durante una recente ricognizione ho ritrovato su di uno sportello laterale dell’altare, che ospita la statua di San Michele Arcangelo, la dicitura Jacob Prati scultore 1776. L’altare maggiore, d’identica fattura ma ancor di più impreziosito da intagli e dal ciborio a tempietto ricco di decorazioni, putti e statuette, presenta quattro colonne binate

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48 L’età è stata attribuita dallo studio di un atto notarile (ASCS, Notaio Saverio Mazziotta, 21/9/1771, f. 217v) dove il Belmonte affermava di essere di età sua d’anni settanta e dal Catasto Onciario (1741-1743) di anni 40 abitante alla Posterola. Vedi a tal proposito Giuseppina De Marco, Osservazioni e documenti sull’architettura barocca... cit., p. 93. Nel Liber Renatorum 1683-1709 dell’Archivio Parrocchiale di Santa Maria Maggiore di Rende sono stati registrati Francesco Saverio Belmonte nato alla Giudeca nel 1699 da Giuseppe e Caterina Benincasa (p. 112 v. part. 907); Francesco Saverio Belmonte, di Antonio e Caterina Pittò, al numero 984, il 21 giugno 1701, e Francesco Belmonte nato alla Posterola il 1 ottobre 1703 pure da Antonio Belmonte e Caterina Pittò (p. 129 r; part 1080). Sembrerebbe plausibile che, morto il primo figlio, Antonio e Caterina abbiano chiamato il secondo con lo stesso nome. Nella scheda onciaria N. 142 pag. 470r-47 cosi risulta essere la composizione della famiglia Belmonte: Belmonte Francesco CF 40 muratore Rovella Innocenza moglie 32 Belmonte Teresa sorella 48 monaca bizoca Belmonte Anna sorella 44

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Regio Ingegnere, in “Quaderni del Dipartimento Patrimonio Architettonico e Urbanistico” Università di Reggio Calabria, 2001, n. 21-22. pp. 93-106. 42 Francesco Salerno, Un capolavoro di arte barocca: la chiesa di S. Michele Arcangelo a Rende detta del Ritiro, in “Calabria Sconosciuta”, n. 94, pp.74-75, 2002; Francesco Salerno, La chiesa di San Michele Arcangelo o del Ritiro di Rende, in Calabria letteraria, nn. 4-5-6, 2006, pp. 51-53. 43 Archivio Arcivescovile Cosenza, cartella: Chiese e parrocchie di Rende. I sacerdoti che costituirono la Congregazione dei Padri Missionari furono: il Prefetto Don Giovanni Belmonte, Don Saverio Pugliese, Don Marco Pittò, Don Giovanni Battista Donati. Per notizie relative alle regole si rimanda ad A. A. C. cartella: “Rende, Giuseppe Vercillo. Dalle regole da osservarsi nel Ritiro”. 44 A. S. C., Notar Nicola Mazza, 31 agosto 1741, f. 139 v. 45 A. S. C., Notar Nicola Mazza, 31 agosto 1741, f. 140 r. 46 A. S. C., Notar Domenico Mazza, 19 giugno 1710, f. 45 r. 47 A. S. C., Notar Domenico Mazza, 14 gennaio 1714, f. 12 r.

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Filippini che ne fecero un istituto d’istruzione e d’educazione. Nel 1806 il più illustre dei rendesi, Don Giuseppe Vercillo (Rende, 1792 - Dipignano, 1864), entrò a far parte della Congregazione dei Padri Missionari53. A quell’epoca il complesso ospitava una fornita biblioteca punto di riferimento dei maggiori studiosi calabresi. Don Giuseppe Vercillo venne ordinato nel 1816, divenne nel 1819 confessore, teologo, visitatore generale dell’arcidiocesi cosentina, esaminatore prosinodale ed esaminatore del clero di Monsignor Narni Mancinelli Arcivescovo di Cosenza. Questi scelse proprio il Vercillo come suo successore, ma gli eventi non furono favorevoli all’illustre rendese. Nel 1834 Don Giuseppe Vercillo fondò a Rende un Istituto Letterario e Scientifico che ha lasciato tracce indelebili nella cultura calabrese. Per questo cenacolo di Fig. 28. Donato Magli, Caduta degli Angeli (1959). Rende, Chiesa di S. Michele Arcangelo, cupola cultura fu usato il vecchio nome (cartolina, settimo decennio del XX secolo, Isca sullo Jonio, Collezione Marziale Mirarchi). di Ritiro, destinato anche agli cedenti e «si ritrovava ora fatta a forma di croce esercizi spirituali degli ordinandi in sacris. Egli con tre altari maggiori e quattro cappelle sfondate do- stesso dice: «sono tutte quelle comunità isolate detve pure devono essere li suoi altari»49. Nel 1725 Fer- te volgarmente Ritiri, sparse per le piccole terre a codinando Paolo Mendoza donò alla chiesa una modo dei sacerdoti, i quali senza la vocazione mostatua di San Michele Arcangelo50 mentre nel nastica amano adempiere ai doveri sacerdotali, sepa1739 la Marchesa Emanuella donò alla statua rarti dal mondo, in compagnia, e serviti da quei buouna sfera d’argento con ventitre pietre pre- ni laici, anch’essi vogliosi della cristiana perfezione»54. ziose legate in oro51. Nel 1764 da un atto del Ne fonderà una in San Fili, altre ne aprirà, Notar Saverio Mazziotta si apprende, tra le contemporaneamente o quasi, a Lattarico, altre cose, che Gabriele Vercillo vendette al San Giovanni in Fiore e Cetraro. superiore della Congregazione Don Marco Il 30 settembre 1860 Don Giuseppe VercilPitto un «casaleno diruto posto in questo luogo di lo venne imprigionato con altri con l’accusa fronte la chiesa (...) per poterlo diroccare e dare mag- di essere un reazionario fedele alla decaduta giore lume alla Chiesa di essa Congregazione»52. monarchia borbonica ma, dopo un anno, Durante le varie fasi della sua costruzione, la venne scarcerato senza subire alcun proceschiesa divenne dimora dei Padri Agostiniani so penale. che per primi la denominarono Ritiro. Passò Il 19 dicembre 1860 duecento rendesi, avenpoi ai Padri Missionari e, successivamente, ai do avuto le direttive da casa Zagarese, al gri-

alla costruzione del complesso nel maggio 1709 ma, nel 1710, i lavori vennero interrotti brevemente per il veto opposto dai Padri Francescani di Rende e dai Riformati di San Fili46. Si apprende da un atto del Notar Domenico Mazza, del 1714, che i lavori ripresero essendo Procuratore della fabbrica del Ritiro Saverio Pugliese e «avendo bisogno di molto legname di castagne per travi e tavole et altro avendo fatta licenza per questi ritrova il R. D. Gio: Zagarese tenendo un comprensorio di castagne (...) e il legname suddetto il R. Saverio l’ave comprato per il prezzo di ducati diciotto (...) così stimato dalli maestri Cola Gio:, La Valle Francesco, Paolo e Francesco di Buono carpentiere di Rende»47. Questo atto notarile escluderebbe la partecipazione di Francesco Belmonte ai lavori iniziali in quanto, se è nato nel 1703, avrebbe avuto all’epoca soltanto undici anni48. La sua presenza è attestata però nel 1740 ai lavori di perfezionamento dell’edificio. Nel testamento di Don Saverio Pugliese, dettato nel 1741, si legge che la chiesa era stata ricostruita negli anni pre-

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Fig. 27. Cristoforo Santanna, Trapasso di San Giuseppe (1780; ridipinto da Giovanni Greco nel 1945). Rende, Chiesa di S. Michele Arcangelo o del Ritiro, lunetta absidale.

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esercitando la loro funzione spirituale e di soccorso e culturale. La loro vita ritirata e semplice fu molto apprezzata dai cittadini di Rende, i quali invocarono la sistemazione definitiva della Congregazione e quindi la costruzione di una casa e chiesa annessa44. L’acquisizione della località Manso, nei pressi della località detta Casalicchio, venne fatta dal Reverendo Saverio Pugliese il 7 luglio 1708: «D. Saverio Pugliese comprò dalli S.S. R. D. Carlo, Domenico fratelli di Vercillo di questa terra di Rende una possessione sita e posta sotto le mura di detta terra, loco detto lo Manso circondata intorno di via pubblica per il prezzo di ducati duecento; a solo fine ed oggetto di costruire in detta possessione una chiesa del glorioso S. Giuseppe ed a canto a questa una comoda abitazione di più stanze e officine per abitarvi alcuni Sacerdoti d’una Congregazione istituita canonicamente compagni d’esso Reverendo asserente; e di più il restante di detta possessione servisse per giardino alli predetti Sacerdoti radunati»45. Ottenuto il consenso marchesale e di tutta la comunità in pubblico parlamento, si diede inizio

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“Sotto Il Castello”, un’altra casa in due membri, della quale ne percepisce d’affitto ducati 6. Bestiame Possiede un somaro per uso proprio. Altri Proventi Esige da Onofrio Perugino e Porzia Gatto, per capitale di ducati 15, annui carlini 10. Dal reverendo don Carlo Vercillo, per capitale di ducati 50, annui ducati 5. Peso In Deduzione Per capitale di ducati 25, paga annui carlini 25. Ad Elina Salerno, per capitale di ducati 20, paga annui carlini 15. Più alla Camera Marchesale, per censo enfiteutco, paga annui grana 7 e mezzo. Per il patrimonio del reverendo don Domenico Pitto, ducati 24. Reddito Reddito Lordo 180 : 12 Detrazione 80 Reddito Netto 100:12

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Belmonte Saveria sorella 32 Belmonte Francesca sorella 28 Pitto Domenico zio 65 sacerdote Beni Immobili Abita in casa propria in più membri nel luogo detto “La Posterola”, confine i beni di Francesco Antonio Mannarino, di Pietro Belmonte e via pubblica. Nel luogo detto “Li Silvi”, un castagneto di stoppellate 6, estimata la rendita netta annui carlini 11 e grana 2. Nel luogo detto “S. Pietro”, una possessione di una tomolata, arbustata e vitata, estimata la rendita netta annui carlini 38. Nel luogo detto “Li Calomeni”, altra possessione di una tomolata e mezza, arbustata e vitata, estimata la rendita netta annui carlini 22. Nel luogo detto “Cerasolo”, un castagneto di tomolate 5, estimata la rendita netta annui ducati 6 e grana 88. Nel luogo detto “Li Petrolini” un’altra possessione di una tomolata e mezza, arbustata, estimata la rendita netta annui ducati 5 e grana 20. Nel luogo detto “La Posterola”, due case unite, delle quali ne percepisce d’affitto annui ducati 6. Nel luogo detto “Sotto Il Castello”, una casa isolata, della quale ne percepisce d’affitto annui carlini 30. Un basso nel luogo detto “La Posterola”, del quale ne percepisce d’affitto annui carlini 22 e mezzo. Più un altro basso locanda nel suddetto luogo, sotto la casa propria, del quale ne percepisce d’affitto annui carlini 22 e mezzo. Più nel suddetto luogo di

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do Fuori i reazionari ritiranti, fuori i preti immorali, esigendo che ne fossero scacciati i legittimi proprietari, penetrarono con la forza nel Ritiro e s’impossessarono di ciò che faceva loro comodo. Così in mani inesperte finirono pergamene, testi antichi e argenterie. Il giorno successivo, le autorità capeggiate dal sindaco Giuseppe Apa vi si recarono nuovamente scacciando i sacerdoti (che si rifugiarono nel convento di San Fili) e incamerandone i beni. Gran parte dei preziosi testi vennero bruciati, altri rubati e poi andati dispersi, e solo pochi sono giunti a noi, oggi fortunatamente custoditi nella sezione dei Libri Rari della Biblioteca Comunale unitamente a testi provenienti dalla biblioteca della famiglia Zagarese, dal convento delle Carmelitane Scalze di Cosenza e dal Monastero di Santa Chiara di Rende. Don Giuseppe tentò invano di recuperare i beni perduti. Amareggiato e stanco non tornò più a Rende. Nell’ospitale Dipignano e nella

quiete del convento dei Riformati trascorse gli ultimi anni della sua vita tra preghiere e studio. Morì il 10 aprile 1864 lasciando largo rimpianto di sé perfino nei suoi avversari. I beni immobili, consistenti «nel convento e nell’orto del Ritiro», furono messi in vendita nel 1872, quando era sindaco Costantino Sicilia, ed acquistati da Don Giuseppe Magdalone. Nel 1893 la famiglia Magdalone trasformò il complesso in educandato per fanciulle ricche e povere della provincia affidandone la cura alle suore del Prezioso Sangue. Nel Novecento tutti i beni, per £ 11.000, passarono nelle mani della famiglia Zagarese che successivamente preferì frazionarli e cederli a privati55. Nel 1954 la chiesa era retta dalla Confraternita della Beata Maria Vergine del Carmelo.

Fig. 29. Maestranze roglianesi, Altare ligneo di S. Francesco Saverio, particolare (terzo quarto del XVIII sec.). Rende, Chiesa di S. Michele Arcangelo.

Fig. 30. Maestranze roglianesi, Altare ligneo di S. Francesco Saverio, particolare (terzo quarto del XVIII sec.). Rende, Chiesa di S. Michele Arcangelo.

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M. P. Di Dario Guida, Arte in Calabria... cit., figg. 262-264, pp. 190-191. “Il Mattino”, 16 luglio 1976. M. A. Pavone, Per Giovan Battista... cit., pp. 31-41.

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ca: la chiesa di S. Michele Arcangelo a Rende detta del Ritiro, in “Calabria Sconosciuta”, n. 94, pp. 74-75, 2002. In fase di pubblicazione uno studio su Don Giuseppe Vercillo a cura di Flavio Vercillo discendente del filosofo rendese. 54 Padre Vittorino Vivacqua, Giuseppe Vercillo uomo di cultura e di azione, Cosenza, 1964, p. 22 55 Francesco Salerno. La chiesa di San Michele Arcangelo o del Ritiro, in “Calabria Letteraria”, n. 4-5-6, pp. 51-53, 2006.

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La famiglia dovrebbe essere, inequivocabilmente, quella surriportata, dove appare lo zio Don Domenico Pittò, fratello della madre Caterina. Francesco Belmonte sarebbe dunque nato il 1 ottobre 1703. Ricordo inoltre che il 21 aprile 1741 iniziarono a Rende le procedure per la compilazione, in esecuzione dei decreti regi, del Catasto Onciario: era sindaco in quell’anno Francesco Pastore, le operazione di redazione dell’onciario si protrassero fino all’ottobre del 1743. 49 A. S. C., Notar Nicola Mazza, 31 agosto 1741, f. 140r. 50 A.S. C., Notar Nicola Mazza, 20 settembre 1725, f. 119 r, «Asserisce in presenza nostra il signor Ferdinando Paolo Marchese della Valle come per sua devozione e per ottenere l’efficacissima protezione del glorioso S. Michele Arcangelo dispose far fare costruire una statua di rilievo in onore e per maggiore venerazione del glorioso S. Michele Arcangelo». 51 A. S. C., Notar Nicola Mazza, 4 febbraio 1739, f. 187 r. 52 A. S. C., Notar Saverio Mazziotta, 27 dicembre 1764, f. 282 r. 53 Per una bibliografia su Don Giuseppe Vercillo vedi Salvatore Sicilia, Padre Giuseppe Vercillo, in “VC”, 1950; Padre Vittorino Vivacqua, Giuseppe Vercillo uomo di cultura e di azione, Cosenza, 1964. Francesco Salerno, Un capolavoro di arte baroc-

Fig. 31. Maestranze roglianesi, Altare ligneo di S. Francesco Saverio, particolare (terzo quarto del XVIII sec.). Rende, Chiesa di S. Michele Arcangelo.

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