le luci e la strada
Traffico di minori e prostituzione
LE LUCI E LA STRADA traffico di minori e prostituzione Conoscere un bisogno e trovare una risposta, realizzare un Servizio e valutarne i risultati, cercare di innovare modelli tradizionali e trovare nuove soluzioni. Uscire allo scoperto, avvalorando pubblicamente le proprie esperienze gestionali ed i propri modelli. Promuovere il patrimonio di conoscenze acquisito in questi ultimi anni, laddove Società Dolce si è resa sempre più protagonista nel fornire risposte concrete sul campo dei Servizi Sociali rivolti a minori in difficoltà. Prova ne sia la realizzazione, in supporto al Comune di Bologna, della prima Comunità di Pronta Accoglienza Femminile per Minori sul territorio cittadino. E’ con questo spirito che la Cooperativa ha presentato alla cittadinanza un convegno, di cui oggi pubblichiamo gli atti, dedicato a un tema delicato quale quello relativo alla tratta delle minorenni. Con lo spirito di chi è consapevole, da “produttore di Servizi”, di essere al contempo “produttore di Pensieri”. Cos’è infatti il lavoro sociale se non un continuo pensare e ripensare ogni giorno, rispetto al presente, al passato ed al futuro? Cos’è se non ricercare il pensiero dei destinatari, degli operatori sociali, di tutti i soggetti che concorrono alla realizzazione dei Servizi? Cos’è se non essere consapevoli di come solo nel confronto fra sguardi ed approcci differenti si possa cercare di cogliere la complessità multidimensionale dei fenomeni? Servizi alla persona e Pensieri: ci piace questo Maiuscolo accostamento. Sia gli uni che gli altri ci appaiono infatti come oggetti immateriali: non si toccano con le mani e non si mangiano a colazione, ma hanno un peso enorme nella vita delle persone. E’ a questo peso che abbiamo voluto dare merito nella realizzazione del convegno: “Le Luci e La Strada”.
le luci e la strada
traffico di minori e prostituzione
Atti convegno “Le luci e la strada: traffico di minori e prostituzione”. Cooperativa Sociale Società Dolce soc. coop. 20 aprile 2007 - Centro Congressi c/o Savoia Hotel Country House, via San Donato 161, Bologna Pubblicazione atti: settembre 2007
SALUTO DELLE AUTORITÀ E APERTURA DEI LAVORI Introduzione Michele Porru Responsabile Area Integrazione Sociale, Cooperativa Sociale
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Pietro Segata Presidente Cooperativa Sociale Società Dolce
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Adriana Scaramuzzino Vicesindaco Comune di Bologna
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Alberto Alberani Cooperazione Sociale
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1. ANALISI DEL FENOMENO Presiede e conduce Bruno Riccio Antropologo - Università di Bologna
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Immigrazione irregolare, traffico e tratta di persone Giuseppe Sciortino Sociologo - Università di Trento
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I minori stranieri e lo sfruttamento sessuale Francesco Carchedi Sociologo - Associazione PARSEC
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La prostituzione invisibile. L’attuale scenario indoor e in strada nelle sue connessioni con il traffico di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale Claudio Donadel Esperto - Progetto WEST
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2. SPAZIO DOMANDE E DIBATTITO Spazio domande
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Dibattito
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3. TAVOLA ROTONDA: ESPERIENZE E STILI DI ACCOGLIENZA A CONFRONTO Presiede e conduce Michele Porru Responsabile Area Integrazione Sociale, Cooperativa Sociale Società Dolce
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Interventi Emma Collina Responsabile Pronto Intervento Minori, Comune di Bologna Servizio Minori e Famiglie
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Maria Roberta Guizzardi Coordinatrice Responsabile Servizi rivolti ai Minori, Cooperativa Sociale Società Dolce
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Nicole De Leo Operatrice Unità di Strada, Progetto Artemide
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Don Domenico Malmusi Presidente Associazione Marta e Maria
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Conclusioni Annalisa Faccini Responsabile Servizio Minori e Famiglie, Comune di Bologna
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4. GALLERIA FOTOGRAFICA I relatori
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Testimonianze fotografiche convegno
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SALUTO DELLE AUTORITÀ E APERTURA DEI LAVORI
SALUTO DELLE AUTORITÀ E APERTURA DEI LAVORI Introduzione Michele Porru Responsabile Area Integrazione Sociale, Cooperativa Sociale Società Dolce Il Convegno “Le Luci e La strada” viene realizzato nell’ambito di un preciso impegno assunto dalla Cooperativa in questi ultimi anni: promuovere concreti interventi di aiuto verso i minori in difficoltà, una delle fasce più deboli del nostro sistema sociale. Prima di progettare l’evento, abbiamo ragionato su come le possibilità di sfruttamento ed abuso dei minori si mostrassero significativamente correlate al livello di protezione che le istituzioni pubbliche e private erano in grado di garantire ad ogni minore presente sul territorio, soffermandoci con attenzione e preoccupazione su un dato: il 70% dei minori trafficati era costituito da bambine e ragazze, particolarmente vulnerabili e necessitanti di protezione sociale. Il convegno ha pertanto voluto rappresentare un’occasione per interrogarsi su questo delicato tema e per proporre indicazioni, se non risolutive, almeno illuminanti. L’evento, peraltro, rientrava nel progetto “ Stai con Eva “, una campagna di raccolta fondi promossa da società Dolce a favore di bambine, ragazze e donne in difficoltà. La struttura del seminario si è disposta in modo molto semplice: prima un’analisi fenomenologica da parte di esperti del settore e poi un confronto dinamico fra le esperienze attive. Nella prima parte sono stati forniti significativi contributi in merito alle peculiarità del fenomeno ed all’aggiornamento delle occorrenze (immigrazione irregolare, scenari indoor ed in strada relativi alla prostituzione, tratta di persone, sfruttamento sessuale dei minori stranieri); la seconda parte è stata invece caratterizzata dagli interventi dei rappresentanti del Pubblico e del Privato Sociale impegnati nella lotta al fenomeno della tratta a scopo di sfruttamento sessuale, i quali hanno raccontato le loro esperienze, dando vita ad un dibattito stimolante. L’incombenza di tracciare le considerazioni conclusive dei lavori è stata affidata ad Annalisa Faccini, Responsabile del Servizio Minori e Famiglie del Comune di Bologna. I contenuti espressi ed il riscontro ottenuto, riferiti a “Le Luci e la Strada”, testimoniano che il convegno ha dato un contributo serio e qualificato a quell’azione sinergica fra pensieri, soggetti sociali ed istituzioni locali, che può e deve fare da traino nella lotta a fenomeni quali quello della tratta a scopo di sfruttamento sessuale nei confronti dei minori. Gli atti che pubblichiamo sono lì a dimostrarlo.
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Pietro Segata Presidente Cooperativa Sociale Società Dolce Ringrazio tutti di essere presenti a questa giornata di seminario promossa dalla nostra Cooperativa. Ringrazio, non solo gli operatori e le persone interessate residenti a Bologna, ma anche quelle provenienti dalle zone della Lombardia. Essendo il programma della giornata piuttosto serrato, il mio vuole essere un semplice saluto, unito ad un ringraziamento verso tutti coloro che hanno accettato di partecipare ai lavori di questo seminario. Società Dolce, da ormai vent’anni, opera nell’ambito dei servizi sociali, in particolare a sostegno delle politiche che le Istituzioni portano avanti e degli indirizzi che se ne determinano. Negli ultimi anni abbiamo particolarmente investito ed approfondito i temi legati alle politiche di accoglienza e sostegno alle donne minori, arrivando all’apertura della Pronta Accoglienza femminile, meglio conosciuta come “La Ginestra”. In particolare, con l’aiuto del mio collega Michele e con la collaborazione di tutto il movimento cooperativo rappresentato in questa sede da Alberto Alberani, abbiamo realizzato un primo lavoro sul quale, con la giornata di oggi, vorremmo fare una riflessione e, per certi aspetti, anche un primo bilancio delle nostre attività. Saluto il Vicesindaco, col quale in parte abbiamo condiviso quest’ultima tappa dell’avvio della Pronta Accoglienza delle minori in città e che, da subito, ha creduto nel nostro progetto, sostenendolo con forza. In questo percorso abbiamo successivamente ricercato e trovato altri sostegni da parte di Emilbanca e Fondazione Vodafone, in una ricerca di risorse che non fossero solo pubbliche, in quanto il privato sociale a nostro avviso deve sì svolgere servizi in modo professionale per l’amministrazione comunale, ma anche contribuire fattivamente alla raccolta di risorse affinché tali servizi possano decollare. Oggi la Pronta Accoglienza femminile è un servizio comunale a tutti gli effetti al quale l’amministrazione comunale, con il prossimo bando, darà grande continuità, tornando ad impegnare risorse. Vi ringrazio ancora e cedo la parola alla Vicesindaco Adriana Scaramuzzino.
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Adriana Scaramuzzino Vicesindaco Comune di Bologna Bologna è certamente una città con grandi differenze nella tipologia di persone: quelle che hanno fatto un investimento di vita per giungere e rimanere qui, e quelle che si trovano qui di passaggio. Sono i settori più fragili quelli che, per la delega che ho alle Politiche Sociali, mi hanno colpito maggiormente e su cui ho pensato fosse necessaria una riflessione nuova e diversa che ponesse in discussione l’accoglienza così come veniva realizzata in città. Bologna è sicuramente una città di grosse tradizioni per quello che riguarda la capacità di assorbire determinate realtà. Quello che però mancava, a mio avviso, era un occhio più “dedicato” a determinati fenomeni che presentano caratteristiche nuove. Probabilmente si sono sviluppati fenomeni che caratterizzano aree metropolitane più estese e che, però, necessitano di soluzioni. Certamente il fenomeno dei minori stranieri non accompagnati è una realtà che dalla fine degli anni ‘90 è esplosa in maniera significativa nella nostra città, basti pensare che oggi il 20% di minori stranieri non accompagnati della Regione Emilia Romagna vive a Bologna. Questo significa che c’è bisogno di un investimento e di una sensibilità maggiori rispetto a questi temi. Eppure, Bologna è dotata di strutture di accoglienza, sia per i minori che vengono trovati per strada che per quelli che vengono dimessi dall’Istituto del Pratello. Ma non basta una generica accoglienza in una struttura indifferenziata per la tipologia di ospiti. Ciò che mancava finora era la considerazione che sui minori non accompagnati esiste uno sfruttamento notevole e che quindi il fenomeno contiguo alla presenza di minori nel nostro territorio si chiama tratta. Questo fenomeno ci parla dell’esistenza di chi, oltre a sfruttare i ragazzi e le ragazze facendoli prostituire sulla strada, da inizio ad un percorso negativo che comincia già nei paesi di origine e che avrà ripercussioni per tutta la vita. I ragazzi inseriti in un circuito ai limiti della illegalità vengono manovrati in funzione degli interessi di coloro che li hanno accompagnati sul nostro territorio. Per questo motivo abbiamo cercato di lavorare tenendo conto di questa specificità. La struttura che è stata fortemente voluta dall’Amministrazione per accogliere ragazze straniere sole a Bologna era in realtà già pronta, ma ovviamente non aveva questa connotazione specifica, perchè pensata per la prima accoglienza da strada ma non necessariamente di genere. La drammaticità di alcune situazioni che si verificavano però nelle strutture più tradizionali ci ha portato a concepire una struttura che tenesse conto di un percorso particolare, perché accogliere nella maniera sbagliata talvolta può significare respingere. Accogliere significa anche tenere in considerazione da dove viene una persona, quale tipo di educazione primaria ha ricevuto, significa individuare i punti di riferimento per stabilire un contatto che sia vero, concreto e reale. Ma accogliere significa anche tenere conto delle prospettive future sulla base delle aspettative di queste ragazze. Oggi possiamo dire di essere passati, attraverso accordi ancora da perfezionare, da situazioni tragiche di retate di polizia fatte in maniera pressoché indiscriminata sul nostro territorio, ad un sistema di accoglienza che cerca di tenere in considerazione le aspettative di queste ragazze.
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Certamente non per tutte vi è una risposta e ancor meno la risposta arriva in tempi brevi. Il titolo del Convegno di oggi non necessariamente deve essere inteso come un rimando all’immagine della prostituzione di strada: le luci rappresentano il futuro e la strada il tragitto, seppur difficile da percorrere, e che noi siamo disponibili a far sostenere a queste ragazze riconoscendone lo stato di fragilità ma anche le potenzialità per il futuro. Credo che sia questo lo spirito con cui dobbiamo lavorare in un percorso che, nonostante le perenni difficoltà economiche in cui ci troviamo, è possibile in quanto ne condividiamo gli obiettivi.
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Alberto Alberani Cooperazione Sociale Intervengo come rappresentante di Legacoop Bologna, ma anche della cooperazione sociale in generale, nel senso che ormai sulla provincia di Bologna ci rappresentiamo unitariamente. Il mondo della cooperazione sociale conta a Bologna una presenza di 130 cooperative in cui lavorano circa 7000 persone. Si tratta di una realtà sicuramente molto dinamica e particolare in quanto, di fatto, siamo il distretto di cooperazione sociale forse più importante in Italia. Una prima riflessione riguarda, quindi, il fatto che la cooperazione sociale dimostra di aver fatto un salto di qualità che non la vede più, come molti ancora vorrebbero, un’ agenzia di lavoro interinale che affitta manodopera alla pubblica amministrazione. Anche l’iniziativa di oggi è segno di una capacità innovativa e di una dimensione progettuale che esistono nella cooperazione sociale da ormai trent’anni a questa parte. Oltre a questo progetto vorrei ricordare Equal Palms, un progetto nazionale attraverso cui speriamo di aprire un laboratorio protetto di transizione di minori, per sottolineare un’attenzione sempre più evidente e quindi una grande dinamicità. Pertanto, cooperazione sociale, ASP (vecchie IPAB), Fondazioni bancarie e Comune di Bologna devono avere il coraggio di pensare forme alternative di rapporto, basate su un incontro societario pubblico/privato al fine di progettare e gestire insieme sul modello di altri settori produttivi (come ad esempio Aeroporto e Fiera di Bologna). Solo in questo modo si potrà dare risposta ai nuovi bisogni emergenti della società. Rispetto a tali nuovi bisogni vorrei fare una seconda e ultima riflessione. La cooperazione sociale nasce sicuramente attorno al tema dei minori e degli anziani, sviluppandosi poi ulteriormente sui bisogni e le problematiche legate all’handicap e alla psichiatria. Ma se questi sono stati gli “albori”, oggi il panorama è cambiato anche perché fortunatamente sono stati raggiunti obiettivi importanti e ottenuti diritti fondamentali (inserimento scolastico dei bambini, strutture residenziali e semiresidenziali). E’ evidente che emerge con sempre più forza il tema dell’esclusione sociale e dell’accoglienza dei minori. Tuttavia, per affrontare questa nuova sfida è necessario trovare nuove metodologie e nuove strumentazioni per poter intervenire e al tempo stesso dare una risposta che sia innovativa e professionale al contempo.
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1. ANALISI DEL FENOMENO
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1. ANALISI DEL FENOMENO Presiede e conduce Bruno Riccio Antropologo, Università di Bologna Mi chiamo Bruno Riccio, mi occupo di “Antropologia dei processi migratori” presso l’Università di Bologna e sono chiamato a coordinare questa prima sessione di “analisi del fenomeno”. Il tema affrontato, il traffico di minori e la prostituzione, evoca molteplici immagini che i media veicolano nella nostra quotidianità. Tuttavia, l’analisi di un fenomeno sociale complesso richiede una salutare cautela nei confronti sia di visioni minimizzanti che di rappresentazioni drammatiche ed allarmanti. Per esempio, siamo abituati a vedere i migranti provenire dalle fragili imbarcazioni che attraversano il mediterraneo e conseguentemente immaginare che questa sia la tipica modalità di ingresso irregolare nel nostro paese, ma gli studi più approfonditi ci informano che spesso l’irregolarità è prodotta dalla scadenza del permesso di soggiorno e che molti migranti entrano via terra dal nord est, ma anche dal nord ovest. Quando guidiamo, gettiamo uno sguardo di passaggio verso giovani prostitute che percorrono le nostre strade di notte, ma è difficile cogliere le diverse sfaccettature del fenomeno e distinguere in modo categorico le dimensioni di consenso e condivisione da quelle di coercizione, sfruttamento e neo-schiavismo. Sebbene sotto il profilo giuridico il termine “minore non accompagnato” sia corretto, è opportuno tener presente che dal punto di vista della morfologia sociale alcuni minori sono invece particolarmente accompagnati, ovvero inseriti in reti sociali molto spesso informali e a volte con sviluppi drammatici. Questo insieme di riflessioni ci obbliga a provare a disaggregare processi sociali che spesso vengono presentati in modo monolitico e semplicistico dai media contemporanei e nelle retoriche pubbliche. In questo sforzo ci avvaliamo oggi dell’aiuto di ricercatori che da tempo si occupano dell’analisi di questo fenomeno sul nostro territorio. Abbiamo pensato di organizzare i contributi “ad imbuto”, partendo dalla dimensione transnazionale focalizzando l’attenzione sul traffico di esseri umani, per poi concentrarsi sullo sfruttamento della prostituzione e, per finire, considerare nuove tendenze organizzative nella prostituzione “indoor”. Il primo relatore, Giuseppe Sciortino dell’Università di Trento, è uno dei massimi esperti sulle politiche migratorie in Italia ed in Europa e cercherà di illuminarci sui diversi processi di passaggio illegale delle frontiere di cui la tratta è solo una categoria e non quella dominante.
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Andremo poi al centro della questione con la relazione di Francesco Carchedi, Presidente del PARSEC, consulente del Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio e coordinatore di diverse ricerche sull’immigrazione e sulla prostituzione. Infine l’ultimo relatore, Claudio Donadel, responsabile di diversi progetti di ricerca-azione sul tema della prostituzione e del Progetto WEST per la Regione Emilia Romagna, ci presenterà una questione poco conosciuta come la prostituzione più invisibile, quella che non riusciamo a scorgere neanche occasionalmente attraversando le nostre città.
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IMMIGRAZIONE IRREGOLARE, TRAFFICO E TRATTA DI PERSONE Giuseppe Sciortino Sociologo, Università di Trento Vi sono chiaramente delle relazioni tra immigrazione irregolare e sfruttamento di donne e minori stranieri, sebbene come vedremo sia sbagliato identificare in maniera troppo rigida lo sfruttamento sessuale con l’immigrazione irregolare. Questo infatti significherebbe tagliar fuori dall’analisi una fetta consistente di vittime, dal momento che esiste una componente, seppur piccola, di donne sfruttate, tanto italiane quanto straniere, con regolare permesso di soggiorno. L’immigrazione irregolare è un fenomeno di massa, soprattutto in Italia. Basti pensare che dei 2.200.000 permessi di soggiorno in vigore, circa il 60% è stato conseguito in seguito ad una sanatoria, quindi dopo un periodo più o meno lungo di presenza irregolare sul territorio. Se guardiamo al segmento di migranti irregolari presenti in Italia, attualmente stimato intorno ai 300.000 individui, possiamo osservare alcuni dati importanti: • vi è una sostanziale parità numerica tra migranti irregolari donne e uomini, in altre parole non vi è una sovrarappresentazione di donne; • i minori sono fortemente sottorappresentati tra i migranti irregolari; • la stragrande maggioranza delle migranti irregolari è inserita nel settore del lavoro domestico (badanti, pulizie, etc.) e nei servizi al consumatore. Sottolineo questi punti per riflettere sul fatto che, nell’ambito della migrazione irregolare, il lavoro per così dire sessuale è un fenomeno statisticamente minoritario. All’interno del gruppo dei migranti irregolari, un grosso numero è arrivato con mezzi propri, o tramite visto turistico o reti parentali, qualche volta illegalmente violando i sistemi di controllo delle frontiere, ma più spesso attraversandole individualmente con un regolare visto turistico. Pertanto, il grosso dell’immigrazione irregolare, paradossalmente, non è stato né trafficato né trattato. Esiste poi un segmento di persone che sono arrivate nel nostro paese attraverso l’assistenza di un qualche fornitore di servizio specializzato. Il classico esempio è lo scafista, o chi guida le persone attraverso un sentiero di confine, ma in questo caso è opportuno parlare di favoreggiamento di immigrazione clandestina o contrabbando di persone più che di traffico, visto che il rapporto col favoreggiatore si esaurisce in molti casi con l’arrivo. Nel favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, non tutto è fatto a scopo di profitto. Bisogna aver presente che ci sono anche reti di persone che forniscono informazioni e risorse ai futuri migranti irregolari senza sco-
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po di profitto, perché legati da vincoli solidaristici o perché coinvolti in una sorta di sapere migratorio diffuso. Anche nel caso del favoreggiamento commerciale, occorre tenere presente che l’ingresso clandestino vero e proprio è staticamente un fenomeno minoritario, dal quale il favoreggiatore non trae i compensi favolosi che spesso vengono denunciati. Certo, è un’attività redditizia, ma se il costo dell’ingresso clandestino sale oltre una certa soglia, comprare un visto turistico diventa un’opzione conveniente. E, infatti, sappiamo che in tutti i paesi di origine esistono decine di agenzie che procurano visti. Un ultimo elemento che va considerato è che raramente il favoreggiatore dell’ingresso clandestino è anche lo sfruttatore del migrante. Pertanto, il favoreggiamento molto spesso non ha nulla a che fare con lo sfruttamento sessuale, e l’eventuale rapporto tra sfruttatore e favoreggiatore è di tipo commerciale/contrattuale. In altre parole, il favoreggiatore non è altro che un operatore di un’agenzia illegale il cui scopo è guadagnare sul trasporto delle persone, ma la sua attività si esaurisce una volta raggiunto il confine. Talvolta questo rapporto è anche conflittuale, perché colui che trasporta la donna ha intenzione di pagare il meno possibile, mentre il trasportatore vuole ricavare il massimo profitto possibile (e proprio questo conflitto spesso va a scapito della donna trafficata). La tratta in senso legale (quella che in inglese si chiama trafficking) non è fatta da chi favoreggia l’ingresso nel paese di immigrati irregolari, ma da coloro che fanno entrare le persone in un paese terzo allo scopo di sfruttarle successivamente. La tratta vera e propria richiede qualcuno che recluti nel paese di origine sulla base di promesse più o meno false, dopo di che trasporta e sfrutta nel paese di destinazione, quindi per così dire realizza l’intero ciclo reclutamento – trasporto - sfruttamento. In realtà, dato che è molto rischioso fare tutto questo – ed è molto difficile avere le competenze necessarie in tutti questi passaggi - è molto più semplice subappaltare parti di questo processo ad altri. Quindi, in genere, la maggior parte dei trafficanti opera attraverso reti di subappalto o di scambio tra operatori diversi. Questo ovviamente rende difficile provare il reato di tratta e perseguire penalmente i trafficanti. Lo sfruttamento in Italia non è necessariamente legato alla condizione di immigrato, anche se statisticamente una persona immigrata ha più probabilità di essere sfruttata in quanto all’immigrazione si accompagnano forme di debolezza sociale molto più marcate che portano più facilmente ad un circuito di sfruttamento. Sono senz’altro elementi di debolezza il non parlare la lingua del paese, non conoscere i servizi del territorio, non avere fiducia, essere irregolare (rischio di espulsione se si denuncia), la mancanza di reti sociali o parentali sul territorio. Ma l’elemento che soprattutto lega l’immigrazione irregolare allo sfruttamento è il costo dell’immigrazione, una cifra enorme in termini di reddito prodotto nei paesi di origine. Questo è sostanzialmente l’elemento del debito, che diventa un obbligo per la vita successiva nel paese di arrivo. Noi parliamo di riduzione in schiavitù ma più tecnicamente si tratta della contrazione di un debito da ripagare secondo le modalità di colui che ti ha dato il credito. Il problema ovviamente colpisce quella quota di immigrati che non hanno capitali propri con cui potersi pagare il viaggio. Buona parte dei viaggi clandesti-
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ni non è pagata dagli immigrati stessi ma dalle famiglie già presenti in un altro paese. Chi non può contare su questo deve prendere denaro a prestito ed è qui che entrano in gioco elementi di violenza, inganno e ricatto che portano allo sfruttamento (anche se l’esistenza di questo debito che andrà ripagato è conosciuto dal migrante sin dall’inizio). Quindi, in conclusione, il problema vero è quello delle condizioni di rischio e debolezza sociale e tutto ciò che esse innescano, perché non è che esista una fattispecie migratoria specifica, quanto il fatto che in determinate condizioni alcune variabili si combinano in modo tale da rendere un segmento molto piccolo di questi flussi particolarmente esposto a rischi di sfruttamento sistematico.
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I MINORI STRANIERI E LO SFRUTTAMENTO SESSUALE Francesco Carchedi Sociologo, Associazione PARSEC Vorrei fare una piccola premessa rispetto ad alcuni termini su cui tutto il nostro ragionamento si impianta e che molto spesso sono più evocativi che non carichi di significato e peso reali. Quando consideriamo la tratta e la schiavitù in genere pensiamo a quella “classica” che abbiamo studiato a scuola. Oggi usare questi termini è un po’ azzardato, tant’è che io e i miei colleghi preferiamo parlare di paraschiavismo piuttosto che di schiavitù, di nuova tratta anziché di tratta, perché indubbiamente le condizioni storiche, culturali e giuridiche sono oggi estremamente diverse. La schiavitù classica era legittimata e giustificata da un sistema formalizzato e da leggi specifiche volte a garantire un modo di produzione, quello delle piantagioni e dei prodotti coloniali destinati alla madrepatria, basato sull’impiego di manodopera di massa di tipo schiavistico. L’abolizionismo, iniziato nella seconda metà del ‘700 e rafforzatosi nel corso dell’‘800, ha interrotto la tratta e la riduzione in schiavitù proprio perché, cambiando il modo di produzione attraverso l’industrializzazione, ha cambiato radicalmente il sistema delle relazioni di lavoro. Questo è un nodo estremamente importante per capire come è avvenuto il cambiamento ed avere una corretta prospettiva lungo cui collocare il fenomeno del cosiddetto paraschiavismo. Siamo di fronte ad un fenomeno molto sommerso dove è difficile avere delle stime. Un punto piuttosto attendibile è rappresentato dall’universo dei minori non accompagnati, anche se l’equazione minore non accompagnato = minore sfruttato è fortemente sbagliata per due ragioni principali: • i minori non accompagnati sono giovani migranti che però, secondo la cultura dei loro paesi di origine, sono già degli adulti che partono all’interno di strategie di immigrazione come un qualsiasi adulto. E’ solo una volta arrivati nel nostro paese che vengono considerati minori, in quanto nella nostra cultura vi è una considerazione particolare verso il giovane. Esiste pertanto una distonia percettiva del minore straniero e uno scoglio di tipo normativo non indifferente che pone un problema: se questi giovani vengono qui per lavorare, il loro inserimento lavorativo avviene in ambito illegale dove lo sfruttamento è all’ordine del giorno. • in conseguenza di ciò, i minori non accompagnati lavorano in settori produttivi dove le richieste di contratto, negoziazione, sindacalizzazione delle relazioni lavorative sono molto deboli se non addirittura inesistenti. Parliamo soprattutto delle piccole ditte del comparto edilizio che lavorano su catene
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di subappalti, oppure nella raccolta agricola dove il lavoro intensivo può durare 20-30 giorni e tutta la contrattualizzazione è debolissima e l’impiego di minori può essere problematico. Quando parliamo di sfruttamento di minori dobbiamo quindi fare delle grosse distinzioni. Molti, ad esempio, fanno confusione tra il minore che chiede l’elemosina per la sua sussistenza e quello che invece lo fa all’interno di una dinamica familiare che gli impone questa modalità, o ancora quello costretto da terzi non familiari che gli impongono una relazione asimettrica adulto/minore. Queste tre condizioni diverse determinano altrettanti tipi di lavoro sociale che ritroviamo anche nel lavoro paraschiavistico degli adulti. Questa sorta di tripartizione è importante perché dobbiamo aver chiaro che può esserci una situazione di devianza che non necessariamente significa riduzione in schiavitù. Anche all’interno del lavoro sommerso esistono due diverse configurazioni che è importante analizzare. Il lavoro sommerso può essere formato da relazioni di lavoro cosiddette consenzienti, secondo quella che gli economisti chiamano “teoria della convenienza”. E’ una forma di contrattazione molto in voga nel nostro paese, in base alla quale il datore di lavoro non stipula un contratto e corrisponde gli oneri retributivi a parte, e conviene al lavoratore straniero perché guadagna un po’ di più, non capendo in fondo l’importanza della contribuzione. Ci sono poi relazioni di tipo asimmetrico dove il datore di lavoro impone al lavoratore straniero un lavoro “prendere o lasciare”, ed è in quest’ambito che possiamo avere vere e proprie forme di sfruttamento. Oggi si stimano circa 400 casi di concessioni dell’art. 18 per lavoro di tipo paraschiavistico, pochi se si considerano le situazioni di sfruttamento lavorativo che si verificano nel nostro paese. Bisogna capire che siamo davanti a forme di sfruttamento che mostrano gradazioni diverse, in cui quella centrale si configura come consenziente e quindi difficile da intercettare, così come è difficile farne capire al minore straniero la condizione di rischio. Questa sorta di contiguità tra situazioni più o meno accettate o tollerate dalla nostra società e condizioni di paraschiavismo, rende assai difficile stabilire lo spartiacque tra questi due segmenti, ma combattere il lavoro nero nelle sue configurazioni significa prosciugare quelle situazioni dove si può verificare un lavoro di tipo paraschiavistico.
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LA PROSTITUZIONE INVISIBILE L’attuale scenario indoor e in strada nelle sue connessioni con il traffico di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale Claudio Donadel Esperto Progetto WEST Buongiorno a tutte/i, provo ad argomentare la tematica approfondendo alcune considerazioni che in parte sono state affrontate anche negli interventi precedenti. La prima considerazione da cui intendo partire riguarda la differenziazione fra tratta e prostituzione, questi sono due fenomeni differenti che non vanno sovrapposti né tantomeno identificati o confusi tra loro. Quando si parla di tratta intendiamo un traffico di esseri umani finalizzato ad uno sfruttamento afferente a varie tipologie. La prostituzione nella sua relazione con il traffico di esseri umani a scopo di sfruttamento rappresenta uno degli ambiti possibili di sfruttamento. In questi ultimi anni, in Italia, la prostituzione ha rappresentato l’ambito sicuramente più visibile e rilevante per il numero delle persone coinvolte, ma non l’unico ed esclusivo. Fino al 2000, infatti, si pensava che il traffico di persone a fini di sfruttamento fosse legato esclusivamente al fenomeno della prostituzione di strada e in particolare alle soggettività coinvolte nella prostituzione migrante. Oggi, le conoscenze acquisite sul campo, dimostrano che la tratta si manifesta anche in altri ambiti, come ad esempio il lavoro forzato, l’ambito delle economie illegali e dell’accattonaggio, oppure all’interno del mercato delle adozioni illegali. La seconda considerazione riguarda più nello specifico il fenomeno della prostituzione. Più che di “prostituzione” sarebbe corretto parlare di “prostituzioni”, in quanto esiste una pluralità di differenziazioni relative ai mercati del sesso a pagamento, alle soggettività coinvolte, alle differenti e diverse condizioni di esercizio e modalità di eventuale sfruttamento. Se diamo centralità alle soggettività coinvolte, queste le possiamo collocare e distribuire all’interno di due polarità dove da una parte troviamo persone totalmente assoggettate fino alla vera e propria riduzione in schiavitù, dall’altra persone totalmente libere ed autodeterminate. Tra questi due poli è possibile identificare una serie infinita di posizioni intermedie. Questa sottolineatura risulta fondamentale al fine dell’implementazione di strategie di intervento corrette, in quanto consente di evitare di pensare che tutte le persone che si prostituiscono siano in condizioni di sfruttamento. Riallacciandomi alla contestualizzazione storica fatta in precedenza, direi che la tratta a scopo di sfruttamento sessuale dagli anni 2000 ha sicuramente perso o modificato alcune caratteristiche come ad esempio il reclutamento forzato e coercitivo. Infatti, In quest’ultimo periodo i reclutamenti per le persone provenienti dai paesi dell’estEuropa, avvengono principalmente a fronte di un’attivazione della persona stessa, spesso attraverso contratti con le reti di sfruttamento che fin dall’inizio prevedono il coinvolgimento della potenziale persona trafficata in attività prostitutive. Infine, laddove c’è un
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contesto familiare non si rileva più una rottura tra questo e la persona trafficata, bensì una complicità, fondata su un non detto più o meno esplicito rispetto all’esercizio della prostituzione, e sulla priorità da parte del contesto famigliare di poter contare su una persona che, dall’estero, contribuisca al mantenimento economico dello stesso o, qualora esistano, dei figli e di chi se ne occupa in patria. Da sottolineare che, anche precedentemente al periodo menzionato, il reclutamento violento e coercitivo, come ad esempio il rapimento, pur non essendo raro, non ha mai rappresentato la modalità principale di reclutamento delle persone per lo sfruttamento a fini sessuali. Questo era sovente indotto e promosso da parenti, amici o, come per il target albanese, da fidanzati che attraverso inganni, ricatti e successive violenze creavano, da una parte, una rottura tra le potenziali vittime e il loro contesto socio culturale affettivo d’appartenenza, dall’altra, dipendenze dalle reti di sfruttamento. Tutto questo implica grandi difficoltà soprattutto per chi sul fronte repressivo ha il compito di reperire elementi oggettivi al fine di provare che tali persone siano state realmente trafficate per poi agire sul fronte penale nei confronti degli appartenenti alle reti criminali. Altro dato importante relativo all’attuale storicizzazione della tratta nel nostro paese riguarda la rottura di quel binomio, fino a prima inscindibile, tra la prostituzione migrante straniera proveniente dall’est Europa e la condizione di clandestinità di quante si prostituiscono in situazioni di sfruttamento. Questo cambiamento ha coinciso con il processo di allargamento dell’Unione Europea verso i paesi dell’est Europa. Infatti, l’ingresso di nuovi paesi dell’est Europa nella comunità europea, come Ungheria, Polonia, Romania, Repubblica Ceca, Bulgaria, caratterizzati dall’essere paesi di reclutamento per il mercato della prostituzione di strada e non dei paesi comunitari, ha consentito a molte donne trafficate provenienti da questi paesi ingressi regolari prima, attraverso i visti per turismo, dal 27 marzo 2007 senza più nemmeno quelli. Una distinzione va fatta per le persone che provengono dall’Africa subsahariana. Mi riferisco in particolare alla Nigeria che rappresenta un caso a sé, soprattutto perché la comunità femminile presente in Italia si autosostiene attraverso questo mercato detenendone il potere dello sfruttamento, per cui verosimilmente la Nigeria in quanto paese extracomunitario continuerà ad essere un paese dal quale le persone trafficate continueranno ad arrivare assoggettate a condizioni di clandestinità ancora per molti anni. Focalizziamoci ora sul traffico di minori per fini di sfruttamento sessuale. I minori trafficati sono presenti in entrambi i segmenti del mercato del sesso a pagamento: quello visibile, il mercato della prostituzione di strada, e quello invisibile, il mercato indoor (prostituzione in appartamenti o in locali). Nel primo ambito abbiamo minori provenienti dall’Est Europa, ma anche dalla Nigeria, nell’indoor i minori provengono quasi esclusivamente dai paesi dell’est Europa. Rispetto alla prostituzione di strada dai dati rilevabili dalle unità di strada possiamo sostenere che in questi ultimi 2 anni, anche se in modo disomogeneo e con temporalità differenti a seconda delle aree territoriali, la componente minorile è aumentata (dal 5% al 10%), in maniera poi esponenziale se si considerano alcuni target specifici come quello rumeno (30%). Questo dato è senz’altro conseguenza della maggiore facilità di
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movimento delle persone tra quel paese e il nostro, ma non solo. In Romania, ad esempio, le minori possono avere un passaporto personale a 16 anni d’età, mentre è ormai consolidato e dilagante il cosiddetto business della compravendita delle “procure” genitoriali documento necessario qualora il minore esca dalla Romania accompagnato da persona diversa dai propri genitori. Il reclutamento dei minori in Romania avviene su più fronti, non solo all’interno delle famiglie con contesti socio economici deprivati, esso viene organizzato anche all’interno degli orfanotrofi o presso i minori di recente “de-istituzionalizzazione”, nonché presso i gruppi di minori che vivono autonomamente e auto-organizzati nelle principali città della Romania. Se per il target romeno le cause principali dell’aumento delle presenze minorili si possono imputare alle condizioni socio economiche di quel paese e alla condizione di vita dei minori e in particolare del genere femminile, per il target nigeriano possiamo leggere questo fatto come un processo di adattamento da parte di questo ai bisogni della domanda. Infatti, se nel 1995 le donne nigeriane presenti in strada avevano un'età media che si attestava sui 25-26 anni, in questo momento il target nigeriano si attesta su un’età media tra i 19 – 21 anni e rappresenta - assieme a quello rumeno - quello nel quale è maggiormente presente la componente minorile. In pochi anni, il target nigeriano, per vincere la concorrenza e rispondere alle difficoltà di un mercato della prostituzione di strada sempre più caratterizzato da un’offerta superiore alla domanda, ha adottato strategie di mercato quali l’abbassamento dell’età e la colonizzazione di territori periferici a basso rendimento economico. Pertanto, le reti di sfruttamento nigeriane, dal 2000, per aumentare i proventi della prostituzione sono intervenute sull’offerta definendola sui desideri della domanda, dei clienti che, senza tirare in ballo le più retrive e banali considerazioni in materia, come la perversione di tali persone, storicamente ritengono che le minori abbiano meno capacità di contrattazione, nonché proprio in virtù della minore età, siano più sane e in minore misura veicolo di malattie rispetto ad una persona che si prostituisce da anni. Esiste inoltre un altro aspetto da tenere in considerazione quando ci riferiamo al target nigeriano, ed è il fenomeno delle cosiddette minimadames. Esso identifica un fenomeno fondato su un rapporto di sfruttamento individualizzato dove la mini madame contrae un debito volto a reclutare, comprare, sostenere le spese del viaggio di persone appartenenti al proprio gruppo di relazioni parentali o assimilabili tali che, per i sistemi di controllo e di sottomissione all’autorità della minimadame, devono essere di età inferiore alle già giovani minimadames. Il proliferare di questo fenomeno mette in evidenza come, da una parte, la prostituzione di strada rimanga la principale forma di economia delle comunità femminili nigeriane presenti in Italia, dall’altra, grazie ai forti condizionamenti psicologici affettivi e culturali a cui sono soggette le persone sfruttate, come questa sia vissuta e agita come un destino ineluttabile e, per coloro che sono soggette a sfruttamento, questo potrà trovare soluzione solo dopo aver estinto il debito contratto dalla propria mini madame. A questo punto, come in un rito di passaggio all’interno di un moto perpetuo, la persona trafficata sarà “libera” dallo sfruttamento, ma nello stesso tempo, per le condizioni di clandestinità e le modalità di riproduzione dei rapporti
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sociali tra la comunità femminile nigeriana presente in Italia, sarà destinata a diventare una nuova mini madame che, a sua volta, contrarrà un debito per comprarsi una persona che si prostituirà per lei. In questi ultimi anni risulta interessante il possibile intreccio tra il fenomeno dello sfruttamento della prostituzione e il proliferare dei gruppi religiosi, appartenenti alle chiese evangeliche operanti sia in Nigeria, sia in Italia. Le chiese, spesso, si prestano alla raccolta di denaro, pertanto è possibile che queste diventino strumenti per l’erogazione di prestiti per i propri aderenti. Infatti, in più testimonianze, le donne vittime di tratta evidenziano come le chiese si finanziano anche attraverso i proventi della prostituzione, in alcuni casi, gli stessi pastori sono stati coinvolti direttamente nello sfruttamento. Questa connessione tra sfruttamento della prostituzione e chiese introduce due novità: il coinvolgimento della componente maschile nel sistema dello sfruttamento della prostituzione nigeriana fino a poco tempo fa era pressoché inesistente, mentre il debito contratto dalle minimadames è portatore di forme di violenza fino a poco tempo fa inusuali presso questo target. Concludo con un’ultima riflessione sul mercato indoor. Il mercato invisibile della prostituzione in appartamento è il segmento del mercato del sesso a pagamento indoor con il maggiore coinvolgimento di presenze minorili con la possibilità di potersi strutturare e rivolgersi ad un target di clienti a domanda specializzata (minori, bondage, sado maso ecc). I mercati della prostituzione al chiuso e della strada, prima separati, oggi sono sinergici e in alcuni casi sussidiari tra loro. Essi tendono ad essere parti di un unico sistema, soprattutto relativamente alla mobilità delle soggettività coinvolte nella prostituzione migrante provenienti dall’est Europa e alle reti criminali dedite allo sfruttamento e al traffico di esseri umani. La prostituzione di strada, ad esempio, a volte è sussidiaria del mercato della prostituzione indoor diventando ambito di sfruttamento per le persone espulse dai locali, mentre la strada è sempre più luogo di contatto, costruzione di portafogli clienti, per un successivo consumo in appartamento. I mercati della prostituzione al chiuso rendono più invisibili e irraggiungibili le persone coinvolte dal fenomeno della prostituzione migrante e in particolare quelle assoggettate a condizioni di sfruttamento. Locali ad intrattenimento a sfondo sessuale, priveé, lap dance, disco, ecc possono essere luoghi di consumo più o meno mascherato o luoghi di contatto per la prostituzione in appartamento. Internet e giornali sono strumento di commercializzazione di prostituzione in appartamento visibile, ma possono essere primo contatto per un altro mercato invisibile e specializzato, mentre i centri massaggi spesso mascherano prestazioni sessuali. Queste relazioni mettono in luce come, all’interno di questi ambiti, possono integrarsi mercati fino a prima separati (strada e indoor) o svilupparsi (mercato indoor) doppi mercati, uno visibile e uno invisibile con segmenti di mercato specializzati che, per molte persone straniere che si prostituiscono, potrebbero tradursi nel peggioramento delle condizioni di sfruttamento, oppure, potrebbero favorire lo sfruttamento sessuale di minori dei quali i Paesi dell’est Europa attualmente sono i principali fornitori per i nostri mercati. Infatti, sempre più spesso, nella prostituzione indoor di appartamento si riscontra la presenza di minori ro-
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mene. In molte delle recenti operazioni di polizia sono emerse persone sfruttate dall’est Europa, due sono le principali tipologie di vittime: minori romene o donne, sempre romene, sopra i 30 anni. I minori coinvolti in questo circuito vengono intercettati quasi esclusivamente dalle Forze dell’Ordine, quasi sempre per caso, mai da investigazioni relative alla presenza di minori nel mercato indoor. L’azione sociale in questo ambito è assente, non è in grado né di osservare né di far emergere questo fenomeno nella sua complessità. Gli interventi sociali, infatti, sono presenti solo sul mercato visibile della prostituzione di strada ma non in quello indoor, su questo specifico aspetto, l’azione sociale, qualora intenda restare al passo delle continue trasformazioni che la prostituzione nella sua connessione con la tratta evidenzia, dovrà aprire una profonda riflessione.
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2. SPAZIO DOMANDE E DIBATTITO
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SPAZIO DOMANDE Caterina Segata – Società Dolce Sono rimasta molto colpita dall’immagine dei minori che, per trovare lavoro, partono dal contesto di partenza come adulti e, una volta arrivati in Italia, vengono classificati come minori. Volevo sapere se questo caratterizza anche le donne minori che partono e se ci sono dei suggerimenti su come, a livello di Politiche Sociali, l’Italia possa trovare delle risposte. Francesco Ferrari – Associazione fiori di strada Sono Presidente di un’Associazione che lavora attraverso unità di strada a Bologna. Mi ha colpito molto il rapporto che le nigeriane hanno con la chiesa: da una parte hanno un legame molto stretto e terribile con il loro sfruttatore, dall’altra però hanno anche un legame fortissimo con la loro chiesa. Ogni volta che noi troviamo una ragazza che vuole essere prelevata per entrare in un programma di prevenzione (ciò che noi chiamiamo “la fuga”), questa non lo fa senza il permesso della propria chiesa, che quasi puntualmente non arriva. Questo rapporto ci è totalmente sconosciuto e volevo capire se ne sappiamo qualcosa di più. Luciano Serio – Società Dolce Non lavoro in maniera specifica nell’ambito trattato oggi. Siccome quando si parla di prostituzione difficilmente si parla di clienti, mi piacerebbe capire che cosa, e se si riesce a fare qualche cosa, rispetto alla domanda che mi sembra il vero problema della questione. Volontaria - in un’unità di strada La prostituzione indoor rende le persone sfruttate molto più ricattabili e vulnerabili, essendo precluso ogni contatto con l’esterno. Questo fa riflettere, soprattutto quando si sente parlare della regolamentazione della prostituzione attuata in altri paesi europei come risposta allo schiavismo, alla violenza e al racket. Personalmente non sono favorevole dato il fallimento di questa soluzione all’estero. Danila Indirli – Magistrato Faccio il magistrato e per dieci anni come pubblico ministero ho coordinato le indagini in materia di sfruttamento, abuso e maltrattamento di donne e minori. Mi ha colpito molto l’aspetto di un reclutamento non necessariamente forzato. Molte donne scelgono di venire qui attratte dalla possibilità di guadagni facili e mi è capitato molte volte di vedere situazioni in cui le donne sfruttate si rivolgevano alle forze di polizia più per ricontrattare le condizioni dello sfruttamento che per uscire da questo meccanismo di violenza. Questo è un punto centrale per configurare delle modalità di intervento tanto sotto il profilo processuale come delle politiche sociali. Mi piacerebbe avere una ricognizione sulle strutture e sulle modalità per accogliere minori vittime di tratta. Giorgio Di Mascio – Società Dolce Volevo sapere quanto i mutamenti delle società odierne abbiano in un certo senso abbassato lo stigma anche rispetto ai fenomeni della prostituzione.
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DIBATTITO Claudio Donadel Esperto Progetto WEST Rispetto alla questione delle chiese pentecostali, l’elemento spirituale è senz’altro una componente fondamentale per il target nigeriano. Le donne nigeriane, anche una volta inserite in un programma di protezione speciale, richiedono di poter seguire un percorso spirituale. Sentono fortemente questa esigenza che, per i nostri stereotipi culturali, in teoria confligge con il fenomeno della prostituzione, ma per loro non vi è contraddizione. Non sono così convinto che ci sia il bisogno dell’autorizzazione della chiesa o dei suoi rappresentanti per esercitare lo sfruttamento, ritengo piuttosto che le chiese facciano parte di un sistema di riproduzione sociale (Western Union, chiese, prostituzione) nel quale interagiscono tutti i soggetti della comunità nigeriana presente in Italia. Se così non fosse sarebbe difficile spiegare perché ad esempio il debito continua ad essere pagato anche una volta che una donna recide il legame con la propria sfruttatrice e la denuncia. Sulla questione della prostituzione indoor, se è vero che tale mercato rende più invisibili e irraggiungibili le persone sfruttate, d’altra parte bisogna abbandonare lo stereotipo secondo cui regolarizzare la prostituzione significa eliminare quella di strada, come qualche anno fa si proponeva di fare la proposta di legge Bossi-Fini-Prestigiacomo. Oggi la prostituzione in appartamento e nei locali rappresenta uno degli ambiti dell’industria del divertimento, ovvero un distretto del piacere che unendo mercati si alimenta e diffonde tra il popolo della notte e non attraverso un trittico composto da: • la prostituzione straniera, che nel mercato della prostituzione ha abbattuto i costi, reso trasversale la domanda a tutte le età e ha introdotto l’“esotismo” sul nostro mercato; • le droghe sintetiche, che nel mercato delle sostanze hanno abbattuto costi ed eliminato la percezione della pericolosità; • il gioco d’azzardo, che le slot machine hanno proletarizzato e reso a portata di tutti grazie alla loro diffusione nei locali. All’interno di questo scenario la prostituzione di strada e successivamente quella indoor, pur continuando a rappresentare segmenti di mercati distinti, sono ormai diventate un mercato unico per molte delle soggettività coinvolte e per molte reti criminali dedite allo sfruttamento.
Francesco Carchedi Sociologo, Associazione PARSEC Una lettura che mi ha aiutato molto a capire il rapporto tra la comunità nigeriana e la componente spirituale sono i libri di De Martino, che propone un’analogia affascinante tra il tarantismo e il woodoo. In ambito nigeriano esiste poi un fenomeno, che è stato messo in evidenza da un lavoro della Questura di Torino, che ha scoperto l’esistenza di gruppi maschili particolarmente violenti, parte di un fenomeno che viene definito “cultista” (da “culto”).
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Si tratta di piccolissime sette che producono un’ideologia molto violenta e aggressiva che, a volte, affianca il lavoro delle maman, ma a volte entra in conflitto con il sistema tradizionale di sfruttamento delle nigeriane attuato dalle stesse maman. Circa la questione dei minori che partono adulti e arrivano giovani, bisogna tenere presente che le società dei paesi di origine hanno strutture demografiche capovolte rispetto alla nostra. Mentre il nostro paese presenta un tasso di invecchiamento altissimo dal momento che ci sono più anziani che minori, in queste società il rapporto è inverso (in Romania i giovani che hanno meno di 30-35 anni sono quasi il 70% della popolazione). Un altro elemento importante è la de-istituzionalizzazione degli orfanotrofi che è stata avviata in Romania nel 2002-2003, poiché era una delle condizioni per entrare nell’Unione Europea. Delle migliaia di minori che vi vivevano, una parte si è reinserita ma un’altra è finita per strada e molti di loro sono proprio quelli che vengono in Italia. Il punto importante è che la fascia di minori espatriati, in base ai dati che abbiamo sui minori non accompagnati, è fortemente focalizzata in un 70-80% di minori che hanno 17-18 anni. Quindi la categoria “minori non accompagnati” non deve essere considerata statica o astratta, bensì una categoria di transizione. Quando i nostri servizi li intercettano, questi minori sono quasi sempre diciassettenni, e prima che si attivino procedure di intervento specializzato il ragazzo diventa maggiorenne per cui si innescano altre problematiche. Bisogna poi tener presente che molti scappano subito; nei centri di prima accoglienza c’è un turn over enorme perché questi ragazzi non si concepiscono come minori. Da una parte è un punto di forza, in quanto ci tranquillizza sapere che in un certo senso sanno come muoversi, dall’altra però è un punto di debolezza perché la nostra normativa prevede forme di protezione sociale di particolare rilievo per il minore d’età. La scuola dell’obbligo, in un’ipotetica riforma, potrebbe prevedere una sorta di forma congiunta di studio-lavoro pagato per rispondere a un’esigenza di reddito e di formazione, anche se mi rendo conto che è un’utopia allo stato puro. Una cosa che in un certo senso può tranquillizzarci è che la Romania, ora che è entrata nell’Unione Europea e che presenta un tasso di sviluppo altissimo, possa rafforzare le politiche di protezione sociale a tutela dei minori e, stando alle prospettive degli studiosi di migrazioni internazionali, invertire il trend diventando un paese di immigrazione.
Giuseppe Sciortino Sociologo, Università di Trento Personalmente non trovo molto sorprendente la crescita dei minori dopo il 2000 nel mercato della prostituzione, considerando che a partire da quell’anno la repressione della prostituzione in strada è cresciuta. In questo modo, la minore età in Italia è diventata tecnicamente uno strumento di protezione dall’espulsione, quindi verosimil-
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mente è destinata a crescere tutte le volte che l’efficacia dello strumento dell’espulsione aumenta. Questa considerazione solleva un altro problema spinoso: accoglienza vuol dire attrazione. Qualunque strumento efficace di inserimento del minore non accompagnato probabilmente innesca ulteriori arrivi, dando luogo a un meccanismo che è insostenibile sul lungo periodo (basti pensare che nelle città del nord Italia c’è un numero di minori accompagnati ben superiore alla media europea). Per questo motivo non vedo altre alternative a politiche di rimpatrio assistito piuttosto sistematiche e ferme, pur sapendo quanto siano difficili e costose. Non so se la prostituzione straniera abbia aumentato la diffusione del fenomeno stesso della prostituzione, è possibile che ne abbia semplicemente aumentato la visibilità. Oppure che abbia spinto, attraverso l’abbassamento dei prezzi, alcuni a fare un maggiore uso di questo servizio. Penso che il vero problema italiano sia quello di non aver scelto un modello di intervento. Essendo il mercato della prostituzione un mercato illegale, le opzioni percorribili in genere sono due: • repressione: ma in questo caso i clienti devono essere sanzionati e le prostitute espulse • regolamentazione: legalizzazione e trasformazione del mercato in un mercato regolare a tutti gli effetti - inclusa la possibilità per gli imprenditori di organizzare il servizio in forme professionali Indipendentemente da quale delle due misure sia più giusta, la cosa peggiore è continuare a barcamenarsi nel non scegliere. In Italia non si fa che parlare di riduzione del danno ma, di fatto, c’è un congelamento delle posizioni che è ancora più controproducente perché cumula i difetti delle due scelte politiche.
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3. TAVOLA ROTONDA: ESPERIENZE E STILI DI ACCOGLIENZA A CONFRONTO
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3. TAVOLA ROTONDA: ESPERIENZE E STILI DI ACCOGLIENZA A CONFRONTO Presiede e conduce Michele Porru Responsabile Area Integrazione Sociale, Cooperativa Sociale Società Dolce Il preludio di questa seconda parte di seminario è stato sicuramente molto interessante, sotto il profilo delle relazioni e delle sollecitazioni che ci sono giunte e che sono entrate nel cuore del cuore del problema. Dopo un’analisi del fenomeno così autorevole, ci addentriamo ora nel quadro reale del sistema servizi territoriale, mettendo a specchio diverse esperienze significative. Che accade adesso? A questo secondo blocco partecipano significativi rappresentanti dell’Amministrazione Pubblica (Comune di Bologna) e del Privato Sociale, impegnati in attività di Pronto Intervento sui Minori e nella Lotta al Fenomeno della Tratta a scopo di sfruttamento sessuale. Sarà la loro voce diretta a raccontarci di esperienze diverse ma, come vedremo, non certo isolate fra loro. Abbiamo fiducia di dare anche noi vita ad un confronto stimolante e costruttivo. Nella scelta dei relatori Società Dolce si è mossa cercando di portare a questo tavolo un ventaglio di esperienze sufficientemente rappresentativo del sistema/servizi attualmente agìto in Emilia relativamente ai fenomeni di cui oggi parliamo. Per ragioni di capienza e di tempi non abbiamo potuto inserire tutte le esperienze e ci scusiamo se qualcuno si sentirà, o si è sentito, in qualche modo lasciato da parte. Noi abbiamo cercato, in assoluta buona fede, di delineare un quadro quanto più possibile esaustivo. Avevamo in programma l’intervento della dott.ssa Lolli dell’ Ufficio Attività Sociali di Prevenzione del Comune di Bologna, Settore Politiche per la Sicurezza, in rappresentanza di un una rete composta da altre importantissime realtà che da ormai molti anni lavorano egregiamente sul territorio nella lotta alla prostituzione. Purtroppo la dott.sa Lolli, per impegni sopraggiunti, non ha potuto raggiungerci. Mi auguro vi sia presto un’altra buona occasione per arricchire ulteriormente questo confronto. Il tempo è comunque aggressivo, come si suol dire. Lascio quindi la parola ai relatori, partendo da una piccola presentazione del primo intervento, con il quale daremo voce al Servizio Minori e Famiglie – Pronto Intervento Minori, Comune di Bologna, alla sua esperienza in termini di tutela di minori che si trovano in stato di abbandono e di minorenni vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale. Sentiremo dalla relazione della dott.ssa Collina di come sia complesso accogliere e tutelare laddove una problematica come lo sfruttamento sessuale viene vissuta in età adolescenziale. Vedremo quali sono le sinergie attive sul territorio bolognese, rileveremo le collaborazioni in essere. Entreremo nel dettaglio dei progetti attuati e constateremo le criticità. Lascio quindi la parola ad Emma Collina, che è Responsabile del Servizio Pronto Intervento Minori.
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INTERVENTI Emma Collina Responsabile Pronto Intervento Minori, Comune di Bologna Servizio Minori e Famiglie Ringrazio Società Dolce e i relatori che ci hanno preceduto per gli spunti e le riflessioni interessanti. Vorrei inizialmente puntualizzare due cose in relazione al trattamento dei minori stranieri non accompagnati. Nella città di Bologna il fenomeno è molto rilevante, anche se fortunatamente il numero di ragazzi che aderiscono a progetti di accoglienza è in aumento (attualmente stimato attorno al 20%). Dai 120 ragazzi accolti nel 2001 in pronta accoglienza, siamo passati a 500 nel 2006. Questi ragazzi provengono dall’Albania, dal Marocco e dalla Romania, ma nel loro paese di origine non vivono in strada, altrimenti non avrebbero le risorse materiali per venire qui. A partire dagli anni 2005-2006 sono comparsi anche ragazzi provenienti dall’Afghanistan. Generalmente richiedono asilo e presentano un trascorso di traumi e situazioni particolarmente delicate, talvolta anche problemi psichiatrici. L’offerta dei progetti di accoglienza, sebbene non competitiva, prevede che i ragazzi possano svolgere un’attività lavorativa nonostante la minore età. Un ulteriore aspetto importante è che è difficilissimo proporre a questi ragazzi progetti di rimpatrio. Sono ragazzi che contraggono un debito e sentono fortissimo, nei confronti della famiglia, l’impegno di estinguerlo per tutto il periodo di permanenza. Tengo a sottolineare il fatto che stiamo parlando di minori, ma soprattutto di adolescenti femmine vittime di tratta da sfruttamento.Tale precisazione è importante perché l’evento traumatico appare in un momento cruciale della vita, un momento di costruzione dell’identità in cui un adolescente dovrebbe avere un punto di riferimento adulto, da criticare o provocare, ma pur sempre un riferimento. Questo comporta il rischio di identificare il protettore con questo ruolo, nei confronti del quale spesso le ragazze si legano sentimentalmente; oppure esiste il rischio che le ragazze si isolino, mostrandosi reticenti verso l’esterno sfiduciate verso gli altri. Nel corso degli anni il fenomeno della tratta si è molto modificato. Tra il 2000 e il 2004 la maggior parte delle ragazze sono arrivate al servizio attraverso una stretta collaborazione con le Forze dell’Ordine, in particolare con la squadra mobile della Questura di Bologna e coi Carabinieri. Nella maggior parte dei casi le ragazze avevano già fatto la scelta di denunciare o avevano già sporto denuncia. Si trattava soprattutto di minori provenienti dalla Nigeria e dall’Albania, ma c’erano già le prime presenze dalla Romania. Nei casi trattati le ragazze si sono sentite protette e rassicurate proprio dalla presenza della polizia, cui hanno continuato a fare riferimento soprattutto nel primo periodo di inserimento in struttura. Erano ragazze tra i 16-17 anni, partite dal loro paese di origine con il desiderio di migliorare le proprie condizioni economiche e quelle della famiglia, violentate e abusate dagli sfruttatori, vendute anche per più di una volta. A volte hanno visto sfumare la possibilità di forti guadagni a fronte di inattesi livelli di sfruttamento, oppure si sono fermate perché in gravidanza (anche se spesso si prostituiscono lo stesso) o perché hanno avuto gravi problemi ginecologici.
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Il fenomeno si è modificato, anche numericamente. Si è passati da 19 accoglienze nel 2001 (pronta accoglienza non ancora dedicata alle ragazze), a 38 nel 2002, 89 nel 2003 e, in crescendo, 416 nel 2005, corrispondenti a 204 ingressi in pronta accoglienza (alcune ragazze venivano portate più di una volta). Nel 2006 ci sono stati 508 ingressi, corrispondenti a 233 ragazze. Nel corso degli ultimi due anni le ragazze transitate nella pronta accoglienza provengono per lo più dalla Romania e dalla Moldavia. Nel 2003 è stata importantissima la collaborazione con il Ceis di Modena, l’associazione Marta e Maria e il Comune di Modena, per l’attivazione di progetti di inserimento e protezione sociale o anche di rimpatrio assistito. In alcuni casi abbiamo dovuto predisporre progetti di tutela anche in altre città. Nel 2004 il Comune di Bologna ha deciso di accogliere minori vittime della tratta in una comunità educativa gestita dal Ceis di Modena e successivamente, nel marzo 2006, il Comune ha attivato una Convenzione con Società Dolce per la gestione di una pronta accoglienza femminile, funzione che fino a quel momento era stata svolta dalla comunità “Il ponte”, che però accoglieva sia ragazze che ragazzi. La Ginestra non accoglie solo ragazze vittime di tratta da sfruttamento sessuale, ma anche minorenni straniere non accompagnate, ragazze rom sorprese a compiere piccoli reati o anche a prostituirsi, ragazze che si allontanano da casa o che scappano da Comunità, o infine ragazze che si trovano sul territorio bolognese prive di riferimenti genitoriali. La pronta accoglienza è un’esperienza fortissima che necessita ancora di aggiustamenti e di una stretta collaborazione tra enti locali, magistratura ordinaria e minorile, la Questura e il privato sociale. Molto importante in questo periodo è stata la collaborazione con gli ospedali cittadini, che segnalano la presenza di donne gravide o neomamme vittime della tratta. Nel 2006 abbiamo avviato una trentina di progetti di protezione di ragazze minorenni (20 per ragazze provenienti dalla Romania, 3 dalla Nigeria, le restanti da Albania, Ghana, etc.) e 16 progetti di rimpatrio in Romania, Albania e Ghana. Per quanto riguarda il rimpatrio assistito ci siamo avvalsi della collaborazione con l’OIM di Roma in quanto è necessaria una preparazione e una conoscenza il più possibile accurata del contesto di provenienza delle ragazze, per dare garanzie di reale aiuto e credibilità agli occhi delle ragazze, anche sotto il profilo della sicurezza. Cito brevemente le azioni che il servizio mette in campo in collaborazione con le comunità di accoglienza, che sono l’aggancio e la pronta accoglienza: • percorso di protezione sociale e tutela in sede legale • percorso di accompagnamento nella regolarizzazione amministrativa • tutela e prevenzione sanitaria • sostegno psicologico e psichiatrico • progettazione educativa • accompagnamento alla maggiore età Alcuni di questi punti presentano delle criticità. Per quel che riguarda la progettazione educativa, è di fondamentale importanza che la ragazza comprenda innanzitutto i propri diritti e le opportunità che il percorso di protezione sociale offre. In seguito si predi-
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spone una relazione informativa all’autorità giudiziaria e la richiesta di apertura di tutela. E’ evidente come l’offerta del servizio non sia competitiva: una borsa lavoro a fronte di centinaia di euro al giorno, un posto in una comunità con le sue regole a fronte di una libertà seppur relativa, la promessa di un permesso di soggiorno a fronte della consapevolezza di non poter essere espulse, chiaramente non è allettante. Per quanto riguarda tutela e prevenzione sanitaria, sostegno psicologico e psichiatrico, stiamo lavorando con il Centro Donne Straniere, lo spazio giovani e con l’equipe di neuropsichiatria dell’età evolutiva dell’Ospedale Maggiore nella cura e prevenzione di malattie sessualmente trasmesse, controlli ginecologici, controlli in gravidanza. Ci sono collaborazioni in corso, quindi, ma c’è sempre molto da fare. Per il minore è difficile il rilascio del permesso di soggiorno, sebbene esista un certo margine di discrezionalità da parte delle Questure. Un’interpretazione restrittiva della norma e i lunghi tempi di rilascio non agevolano il lavoro e vanno a ledere la motivazione della minore. Mi vorrei soffermare sul passaggio alla maggiore età che rappresenta indubbiamente un elemento di grande criticità: le ragazze hanno un forte bisogno di non essere abbandonate a loro stesse e di poter contare su un accompagnamento successivo. Chiaramente è difficile il reperimento di risorse rivolte a ragazze in ambito cittadino. L’offerta rivolta ai ragazzi è invece un po’ più ampia. C’è poi un altro punto difficile da trattare che è quello della prostituzione maschile minorile. Facciamo ancora fatica a capire come funziona il fenomeno, vengono fatte ancora poche riflessioni ma sappiamo dall’unità di strada che ci sono minori che si prostituiscono in alcune zone della città. Probabilmente non siamo in presenza di sfruttamento, ma sono solo delle ipotesi, in realtà non lo sappiamo. I pochi contatti avuti con i ragazzi mostrano una forte reticenza ad affrontare l’argomento, noi stessi non sappiamo se affrontarlo in ambito prostituzione e/o omosessualità. In genere i ragazzi dichiarano di poter smettere quando vogliono e che lo fanno esclusivamente per mandare soldi a casa. Una possibile strategia di intervento sarebbe poter usufruire di interventi sia di prevenzione che di riduzione del danno. Il lavoro con gli adolescenti è un lavoro durante il quale è importante non perdersi mai d’animo, perché quando tutto sembra funzionare è il momento in cui tutto crolla. I numerosi abbandoni potrebbero sembrare sconfitte professionali, ma sappiamo quanto sia importante per la ragazze sapere che esiste un luogo per loro, anche attraverso il passaparola. Il tema della tutela e della protezione è fondamentale, ma è anche attraverso interventi di prossimità che si possono raggiungere obiettivi più definiti.
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Maria Roberta Guizzardi Coordinatrice Responsabile Servizi rivolti ai Minori, Cooperativa Sociale Società Dolce
Introduzione di Michele Porru Ringrazio Emma per il prezioso contributo e procediamo passando ora dal Pubblico al Privato Sociale. La prossima relazione mi sta particolarmente a cuore perché rappresenta la nostra esperienza diretta raffigurata dalla gestione della Pronta Accoglienza femminile cui abbiamo accennato in precedenza. La mia collega, Roberta Guizzardi, che è la Coordinatrice Responsabile dei Servizi rivolti ai minori in difficoltà, illustrerà per la prima volta i dati raccolti nel corso del primo anno di gestione. Per noi è stata un’esperienza significativa, difficile e, per certi versi, anche traumatica perché su questo versante eravamo un po’ neofiti. La Ginestra ha risposto e risponde ad un bisogno reale ed urgente, offrendo accoglienza a ragazze che senza di lei non avrebbero potuto essere che collocate in prima battuta presso la PA maschile. Vedremo che tale Servizio, nativamente integrato con il Comune di Bologna Servizio Minori e Famiglie, vuole rispondere professionalmente agli aspetti multidimensionali dei bisogni che riguardano le ospiti accolte, e desidera contribuire a contrastare concretamente i fenomeni di cui oggi parliamo in forme sempre più integrate con tutta la rete di attori coinvolti. Saluto i presenti e ringrazio per l’adesione all’iniziativa. Il mio intervento si colloca nella parte relativa alla descrizione della esperienza di pronta accoglienza di minori di sesso femminile svolta nella città di Bologna attraverso la gestione della Comunità di Pronta Accoglienza “La Ginestra” avviata il 15 marzo 2006 da Società Dolce su mandato del Comune di Bologna Servizi minori e famiglie. Sono qui per contribuire ad alimentare spunti e suggestioni attraverso quello che potremo definire un piccolo osservatorio privilegiato. Abbiamo preparato alcune slide, che vi mostriamo.
PRONTA ACCOGLIENZA “LA GINESTRA” Chi accoglie Ragazze minorenni: • coinvolte in meccanismi di tratta • colte in flagranza di reato non imputabili per età • non accompagnate fermate per identificazione • con grave disagio familiare
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Finalità • dare immediata e tutelata accoglienza all’emergenza sociale • rispondere in tempo reale alle emergenze con azione educativa ed osservativa qualificata • avere cura della persona per il tempo di permanenza • garantire protezione sociale per ogni ospite • garantire assistenza tutelare diurna e notturna qualificata • affiancare gli eventuali percorsi formativi/lavorativi e di tempo libero • garantire raccordo costante con il Servizio Referente e le altre Istituzioni coinvolte
PRONTA ACCOGLIENZA “LA GINESTRA” Azioni ed attività • Garantire ospitalità residenziale protetta 24 ore su 24 • Garantire l’accoglienza • Svolgere interventi di tipo educativo, assistenziale di base e di cura alla persona • Effettuare azioni di orientamento e prevenzione sanitaria • Effettuare azioni di orientamento formativo e di affiancamento nell’apprendimento della lingua italiana • Svolgere azioni di mediazione culturale • Agire in raccordo costante con il Comune di Bologna e gli Enti/Istituzioni coinvolti
Figure professionali impiegate • Coordinatrice • Educatrici • Mediatrice socio-culturale • Alfabetizzatrici • Operatrice socio-assistenziale • Supervisore
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Tempi di realizzazione PEI I tempi specifici dell’intervento educativo variano in funzione alle peculiarità di ogni singolo caso e vengono definiti di volta in volta in sede di riunione congiunta con l’Ente Committente.
Altre risorse umane impiegate • Volontari civili Società Dolce accreditata come Ente per Servizio Civile Nazionale. Anno 2006/2007 n° 7 progetti e n° 20 volontari accolti di cui una alla Ginestra • Tirocinanti Società Dolce attiva tirocini in convenzione con Università, Scuole, Enti di Formazione. Anno 2006 n° 60 tirocinanti ospitati
PRONTA ACCOGLIENZA “LA GINESTRA” Enti coinvolti • Comune di Bologna • AUSL • Forze dell’Ordine • Procura della Repubblica • Tribunale per i minorenni • Enti Formativi • Privato Sociale
DATI QUANTITATIVI RELATIVI ALL’ACCOGLIENZA Periodo campionato 15 marzo 2006 – 31 dicembre 2006
PRESENZE E FLUSSI PRESENZE EFFETTIVE
N. TOTALE FLUSSO
190
428
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MOTIVO DELL’INGRESSO N° ragazze • Tratta a scopo di sfruttamento sessuale
103
• Furto o tentato furto
44
• Accompagnamento a seguito di identificazione
36
• Grave disagio familiare
6
• Fuga da altra comunità
1 Totale
190
ACCOGLIENZA PER NAZIONALITÀ 200 180 160 140 120 100 80 60 40 20 0
190
114
45 20 Romania
Ex-Jugoslavia
Moldavia
6
2
1
1
1
Italia
Polonia
Albania
Russia
Cina
• Totale presenza: 190 ragazze • Forte presenza di ragazze provenienti dall’Europa dell’Est • Dato significativo di ragazze provenienti dalla Romania
RAPPORTO TRA NAZIONALITÀ E MOTIVO DI INGRESSO E’ utile rilevarlo per: • Strutturare e costruire nel tempo un intervento educativo sempre più idoneo • Osservare in una prospettiva temporale i cambiamenti • Approfondire le origini del fenomeno di tratta di esseri umani
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TOT
Rapporto tra nazionalità e motivo di ingresso TRATTA A SCOPO DI SFRUTTAMENTO SESSUALE 80
80 70 60 50 40 30 18
20 10
2
1
1
Polonia
Albania
Russia
0
0 Cina
Moldavia
0 Italia
1 Ex-Jugoslavia
Romania
• Tutte ragazze provenienti dall’Europa dell’Est • Dato significativo di ragazze rumene
Rapporto tra nazionalità e motivo di ingresso GRAVE DISAGIO FAMILIARE 3
3 2,5 2
2 1,5 1
1 0,5 0
0 Polonia
0 Albania
0 Russia
Cina
0 Moldavia
Italia
Ex-Jugoslavia
0 Romania
• Prevalgono ragazze di origine slava • Presenza di ragazze di origine italiana • Presenza di ragazza di origine cinese
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Rapporto tra nazionalità e motivo di ingresso ACCOMPAGNAMENTO A SEGUITO DI IDENTIFICAZIONE 18
18 16 14
13
12 10 8 6 4
2
2 0
0
0
0
0
Polonia
Albania
Russia
Cina
Moldavia
3
Italia
Ex-Jugoslavia
Romania
• Prevalgono ragazze provenienti dall’Europa dell’Est di origine ROM: Romania ed Ex-Yugoslvia
Rapporto tra nazionalità e motivo di ingresso FUGA DA COMUNITÀ EDUCATIVA 1
1 0,9 0,8 0,7 0,6 0,5 0,4 0,3 0,2 0,1 0
0 Polonia
0 Albania
0 Russia
• N° 1 Ingresso di ragazza di origine italiana
44
0 Cina
0 Moldavia
Italia
0
0
Ex-Jugoslavia
Romania
Rapporto tra nazionalità e motivo di ingresso FURTO O TENTATO FURTO 30
28
25 20 16 15 10 5 0
0 Polonia
0 Albania
0 Russia
0 Cina
0 Moldavia
0 Italia
Ex-Jugoslavia
Romania
• Ragazze dell’Europa dell’Est: Ex-Jugoslavia e Romania • Ragazze di origine ROM
FASCE DI ETÀ 2% Maggiorenni
6% Minori da 6 a 11 anni 17% Minori da 12 a 14 anni
75% Minori da 15 a 17 anni
Italiane Minori da 6 a 11 anni
Straniere 12
Minori da 12 a 14 anni
3
31
Minori da 15 a 17 anni
3
137
Maggiorenni
4
45
RAPPORTO TRA MOTIVO DI INGRESSO ED ETÀ E’ utile rilevarlo per: • Indirizzare l’intervento educativo nel miglior modo possibile tenendo sempre presente la differenza di età delle ospiti • Capire la dimensione, anche anagrafica, dei fenomeni per poi elaborare un’analisi esaustiva della realtà al fine di conoscerla nella sua grande complessità Rapporto tra motivo di ingresso ed età TRATTA A SCOPO DI SFRUTTAMENTO SESSUALE 120 103 100 80
78
60 40 16
20 4
3
2
Anni 15
Anni 14
0 Anni 17
Anni 18
Anni 16
TOT
• Il maggior numero di ragazze dichiara di avere 17 anni • Qualche caso di ragazze tra i 14 e 15 anni
Rapporto tra motivo di ingresso ed età FURTO O TENTATO FURTO 44
45 40 35 30 25 20 15 10
11 7
6
5
5
6
4
0 Anni 17
Anni 16
Anni 15
Anni 14
• Presenza di bambine di 8/10 anni • Molte ragazze in fase di pre adolescenza
46
3
2 Anni 13
Anni 12
Anni 10
Anni 8
TOT
Rapporto tra motivo di ingresso ed età ACCOMPAGNAMENTO A SEGUITO DI IDENTIFICAZIONE 40
36
35 30 25 20 15
12
10
6
5
5
7 2
1
1
1
1
Anni 13
Anni 12
Anni 11
Anni 10
Anni 8
0 Anni 17
Anni 16
Anni 15
Anni 14
TOT
• Prevalenza di ragazze adolescenti
Rapporto tra motivo di ingresso ed età FUGA DA ALTRA COMUNITÀ 1
1
0,9 0,8 0,7 0,6 0,5 0,4 0,3 0,2 0,1 0 Anni 17
0 Anni 16
0 Anni 15
0 Anni 14
0 Anni 13
0 Anni 12
0 Anni 11
0 Anni 10
0 Anni 8
• N° 1 ragazza in età adolescenziale
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Rapporto tra motivo di ingresso ed età GRAVE DISAGIO FAMILIARE 6
6 5 4 3
3 2 1
1
1
Anni 16
Anni 15
1
0 Anni 14
Anni 13
TOT
• Maggiore presenza di ragazze in età pre adolescenziale
CHI CONDUCE LE RAGAZZE IN STRUTTURA 428
450 400 350 300 250
224
200 150
113
100 50
24
22
13
Polfer
Polizia Municipale
Servizi Sociali
32
0 Questura
Carabinieri
Autonomi (si presenta in autonomia)
TOT
• Il maggior numero di accompagnamenti è effettuato dalla Questura di Bologna • Ingressi autonomi: N°4 (N°3 per tratta e N°1 per grave disagio familiare) ragazze rientrate in P.A. per chiedere aiuto a seguito di un primo accompagnamento delle F.O. e N°28 ingressi di minori già ospiti della struttura allontanatesi impropriamente
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DESTINAZIONE DI USCITA DELLE MINORI 200 180 160 140 120 100 80 60 40 20 0
190 159
16
13 Consegna ai familiari
1 Sconosciuta
Rimpatrio assisitito
Trasferito c/o altre comunità
TOT
• N° 159 destinazione sconosciuta: autoabbandono • N° 30 ragazze con progetto educativo portato a termine: 13 consegna ai familiari: a seguito di opportuni accertamenti e controlli dei Servizi Sociali competenti 16 trasferimenti in comunità educativa, 1 rimpatrio assistito • N° 1 presenza in comunità Al di là degli aspetti formali sopra riportati e quindi del compito istituzionale che la “Ginestra” si pone, è importante ora invece capire in concreto quali sono le reali difficoltà operative o comunque quali sono le dinamiche educative, ma direi ancor meglio emotive, che quotidianamente l’operatore si trova ad affrontare. Il primo ragionamento è relativo all’aspetto educativo che viene agìto nei confronti di queste ragazze. In fondo è innegabile che nel nostro intervento si nasconde una forte valenza morale, nel senso che anche non volendo partiamo dal presupposto che ciò che fanno queste ragazze sia sbagliato. Questo non deve ovviamente, ed è qui la prima difficoltà, trasformare l’educatore in soggetto giudicante e moralizzatore, portatore quindi di una verità morale sociale che cerca di trasmettere a chi non ce l’ha. Un primo intervento deve invece mirare ad una riattivazione del sistema di valori interno, e quindi psicologico, di queste ragazze che le porti il più possibile a distinguere e scegliere cosa è per loro giusto o sbagliato. Le situazioni di violenza psicologica e fisica a cui queste ragazze sono soggette, la deprivazione culturale ed affettiva da cui spesso provengono, hanno di fatto bloccato il loro sviluppo emotivo-affettivo, fra l’altro ancora in evoluzione vista la loro giovane età, portandole ad una difficoltà nel comprendere gli aspetti devastanti di una tale condotta di vita. Tali difficoltà derivano in parte da una possibile dicotomia interna, tra gli aspetti emotivi affettivi e quelli comportamentali sociali. La frase che più spesso ci si sente infatti dire da loro al primo colloquio è:“ma perché dovrei smettere? In fondo è un lavoro come un altro e che mi fa guadagnare ben più di altri lavori, così potrò avere molti soldi quando mi sposerò con il mio ragazzo e avrò la mia famiglia” (che poi spesso noi sappiamo essere proprio quello che le sfrutta!!).
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Di fatto, quotidianamente ci si trova quindi ad offrire un aiuto a chi questo aiuto non lo sta chiedendo e che anzi, salvo rarissime eccezioni, nemmeno comprende a livello conscio perché dovrebbe essere aiutato. Affrontare il problema quindi su un piano esclusivamente sociale offrendo ad esempio un altro lavoro socialmente più accettato, o un alloggio, è a nostro avviso insufficiente. Perché? Perché, sempre in base alla nostra esperienza, ci pare più efficace, in prima istanza, operare a livello emotivo-affettivo, attraverso la riattivazione di emozioni dimenticate (o forse mai provate), quali la tenerezza, la gentilezza, l’accudimento, anche attraverso interventi di vero e proprio “maternage” (e quindi attraverso emozioni primarie di tipo materno). Crediamo che operando in tal senso si potrà forse riuscire ad incidere all’interno della loro struttura più profonda per far sì che siano loro stesse a sentire il desiderio di cambiare stile di vita, a risvegliare al loro interno i propri valori, la propria affettività, non mantenendola così disgiunta dalla propria condotta di vita e dal proprio corpo. Ci pare necessario lavorare per riuscire a spaccare quella devastante dicotomia fra affettività/corpo; affettività/ condotta di vita. Quando questo primo intervento psico-educativo avrà in qualche modo messo radici, diverrà allora più utile un intervento anche a livello sociale (attraverso appunto la protezione, la tutela, l’aiuto socio-assistenziale in genere). Certo la protezione in termini di sicurezza e l’assistenza vanno garantite fin dall’inizio, ma non tanto perché siano da stimolo al cambiamento, quanto piuttosto perché rappresentano un necessario supporto a chi ha l’opportunità di usufruire di questo servizio. In tal senso vorrei sottolineare l’importanza, per una buona riuscita del servizio, dell’esistenza di un definito raccordo con le forze dell’ordine e di un lavoro sinergico costante e continuo anche con i servizi sanitari. Una volta implementato l’approccio relazionale sopra indicato, l’intervento educativo deve fare i conti anche con i brevissimi tempi di permanenza in comunità dovuti all’auto-abbandono, di molte ragazze accolte e quindi con lo scarso spazio temporale educativo a disposizione delle figure operative. Crediamo che questi ostacoli non debbano però indurre a demordere perché a volte anche un solo brevissimo intervento di questo tipo può attivare un processo di cambiamento forse non consapevole ma inarrestabile che potrebbe portare in un secondo momento le ragazze a decidere di chiedere aiuto. E questo lo abbiamo già osservato in alcune minori rientrate autonomamente o più volte presso la nostra Comunità. Ciò ci permette di percepire un margine di cambiamento possibile che rafforza la convinzione che ci ha guidati sin dall’avviamento della struttura. Da tutto ciò se ne evince l’importanza di avere in equipe operatori che, seppur impiegati in un una struttura a bassissima soglia e a non elevata gratificazione in termini di risultati immediati, dovranno paradossalmente possedere una grandissima competenza educativa unita a buone abilità psicorelazionali per poter così fare fronte ad una complessità educativa di altissimo livello. Concludo dicendo che la nostra esperienza presso la Ginestra ci porta a dire che quello che noi dobbiamo prevalentemente “curare”, nel senso proprio di “aver cura”, in un primo momento dell’accoglienza non è tanto l’aspetto socio - normativo, quanto piuttosto la sfera emozionale di tutte le ragazze con cui entriamo a contatto quotidianamente.
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Nicole De Leo Operatrice Unità di Strada, Progetto Artemide
Introduzione di Michele Porru E’ la volta ora di un ‘altra esperienza ineludibile e degna di assoluto interesse: quella che fa riferimento alle azioni del Progetto Artemide, portatore di un’intensa e qualificata attività di strada svolta da un’equipe operativa che verifica e percepisce quotidianamente l’andamento del fenomeno attraverso azioni concrete volte alla riduzione del danno nel mondo della prostituzione. Sarà proprio un’operatrice di questo progetto, Nicole De Leo, che saluto, a raccontarci di questa esperienza, delle sue caratteristiche, della sua valenza territoriale, educativa e sociale. Dico solo che il progetto Artemide rientra nelle attività del MIT, il Movimento per l’Identità Transessuale nato nel 1979 che offre svariati servizi volti alla difesa di diritti in vari campi sociali. Ne approfitto per segnalare l’iniziativa “I luoghi della prostituzione…la prostituzione nei luoghi” che si svolgerà a Zola Predosa, c/o il Comune, il giorno 28 aprile alle 17 e 30. Iniziativa che vedrà la presenza di Francesco Carchedi e che si concluderà con uno spettacolo teatrale dal titolo quantomeno invogliante: Sex Machine. Io faccio parte del Progetto Artemide, che a sua volta forma parte di un progetto regionale più ampio chiamato “Oltre la strada”. Il Progetto Artemide consta di tre mediatrici culturali (una nigeriana, una moldava e una albanese) e una coordinatrice. Oltre a queste, io svolgo il ruolo di operatrice alla pari, dal momento che conosco bene il fenomeno della prostituzione avendolo vissuto in prima persona. La finalità del Progetto Artemide è la riduzione del danno, un obiettivo che attraversa l’intero campo delle “prostituzioni”, per riallacciarmi al termine introdotto da Donadel questa mattina. In particolare, nel nostro lavoro riduzione del danno significa prevenzione sanitaria e mediazione tra la cittadinanza e il target che si prostituisce. Il fenomeno della prostituzione si evolve e cambia molto facilmente, per cui anziché prevenirlo è necessario seguirlo e studiarlo per capire come intervenire. Come unità di strada abbiamo cercato di fare una specie di mappatura rispetto alla prostituzione sommersa per capire questo fenomeno. In un primo momento abbiamo analizzato gli annunci pubblicati su diversi giornali e riviste, focalizzando l’attenzione su “Il Resto del Carlino” dove gli annunci riguardano la zona di Bologna e quelle limitrofe (altre province e riviera adriatica). In seguito, abbiamo elaborato una griglia identificando tutto ciò che in un annuncio potesse risultare significativo: nome, città, telefono, etc., arrivando a inserire più di settemila annunci. E’ stato un lavoro svolto giornalmente ed abbastanza faticoso in quanto non ha dato subito risultati. In una seconda fase abbiamo contattato direttamente le persone, anche per capire se quello che c’era scritto nel
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giornale corrispondesse alla realtà. Dico questo per ribadire che non è possibile realizzare un intervento fisso e assoluto, ma di volta in volta si attuano strategie che vanno cambiate in una ricerca che è continua. La mia condizione di operatrice mi ha messo in una posizione non giudicante rispetto a quello che stavo facendo, e questo è estremamente importante perché apre mille strade. La fase di strada e di contatto è molto delicata perché può precludere molte cose a seconda di come viene realizzata. Nel contatto di strada, infatti, la persona che si prostituisce percepisce come noi ci poniamo nei suoi confronti. Si tratta, quindi, di un lavoro estremamente delicato in quanto il rapporto di fiducia che si instaura con le persone in strada serve anche per risalire a certi dati sensibili che spesso è difficile rilevare, come ad esempio la componente minorile. E’ poi importante entrare in un rapporto di fiducia anche con chi circonda la persona che si prostituisce, dal momento che spesso le minori sono protette da ragazze più grandi le quali appena vedono il nostro intervento arrivano e intervengono. Noi di solito ci presentiamo e spieghiamo cosa facciamo, informando in merito ai servizi che la nostra struttura mette a disposizione (l’unità di strada e la rete di servizi sanitari e di accoglienza). Il nostro progetto è focalizzato sulla città di Bologna e sui comuni limitrofi (Castelmaggiore, Calderara, Zola, Anzola, San Lazzaro, etc.). Su tutto l’hinterland bolognese abbiamo stimato 180 presenze per sera, rilevando un 15% di minori (basandoci sempre su ipotesi osservative), parlando ovviamente di prostituzione visibile. Poi ci sono altre componenti, i transessuali e gli uomini, ma in misura nettamente minore. Apro una parentesi sulla prostituzione maschile, fenomeno assai poco conosciuto. Il target, nel senso di genere, di persone che vi si rivolge è sempre maschile, ciò che cambia è l’orientamento e le dinamiche di rapporto. Noi come MIT collaboriamo con il Cassero e con altre Associazioni di omosessuali, sappiamo abbastanza come funziona questo fenomeno. In genere i minori coinvolti non sono solo rumeni ma anche maghrebini. Per quanto riguarda la prostituzione femminile, i gruppi numericamente più consistenti sono quello rumeno e nigeriano, seguiti dalla Moldavia, dalla ex-Yugoslavia e dall’Albania. Il gruppo che in questo momento richiama più l’attenzione è quello rumeno, dove tra l’altro esiste il maggior numero di ragazze che hanno meno di diciotto anni. Chiaramente è un dato ben difficile da rilevare, in quanto ci possiamo basare solo sul nostro lavoro e la nostra attenzione. Negli ultimi mesi, da quando la Romania è diventato paese comunitario, il fenomeno ha avuto una sorta di effetto “Tsunami”. Se a gennaio, infatti, sembrava che il fenomeno si fosse estremamente ridimensionato, abbiamo visto che in realtà c’è stata una specie di riorganizzazione unita ad una nuova incredibile ondata, al punto che in alcune zone (es: Borgo Panigale), il fenomeno si è talmente intensificato da diventare solo rumeno, portando la cittadinanza stessa a rivolgersi alle istituzioni preposte per porre rimedio a questa situazione. Noi abbiamo cercato di intervenire per tamponare questo fenomeno, anche se la nostra azione non è
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più efficace come prima.Tra questo target è molto difficile stabilire chi sia minorenne. Ci sono ragazze che sembrano avere 15 anni. Ripeto però che ci basiamo sulla nostra osservazione. Il fenomeno si evolve anche in base alla richiesta del mercato. Non dobbiamo dimenticare che il mercato dei clienti è molto esigente, le minori ovviamente fruttano molto di più delle donne più mature. E’ fondamentale, quando si parla di prostituzione, fare riferimento non solo alle persone che si prostituiscono, ma anche a chi richiede questo servizio, perché a un certo punto diventa proprio un servizio. Se per strada il rapporto è sempre più fugace, con la prostituzione al chiuso cambiano le modalità di questo servizio, le esigenze del cliente che si sente più tutelato e cambiano anche la relazione e le dinamiche tra cliente e prostituta. E’ importante sottolineare che è mutata anche la tipologia delle ragazzine. Se prima erano più ingenue, spaesate e docili, ora sono molto più sicure ed aggressive. Questo è successo perché è venuta meno la paura dell’espulsione, e ciò ha a sua volta comportato maggiore sicurezza e un atteggiamento sotterraneo delle minori che pensano “non ho più bisogno, non sono più clandestina”. Di conseguenza, è diventato più problematico il lavoro tra noi e le persone che si prostituiscono, poiché molte rifiutano il nostro intervento perché non vogliono stare a perdere tempo (e quindi possibili clienti). Il nostro intervento e le nostre azioni sono dirette alla prostituzione di strada, ma stiamo cercando di mappare e monitorare la prostituzione al chiuso, che è quella parte oscura del fenomeno, meno raggiungibile e controllabile, e forse per questo quella che fa più gola alle reti criminali. Dal monitoraggio che abbiamo fatto finora del fenomeno indoor, i dati ci rilevano che il numero delle persone che si prostituiscono in appartamento è sostanzialmente uguale a quello delle persone che lo fanno in strada. Crediamo che un’azione verso i minori possa essere veramente efficace attraverso la sinergia ed un lavoro di rete che veda impegnati insieme i servizi e i progetti del territorio. In campo operativo tutti gli attori devono essere presenti e fare la propria parte, perché basta che un pezzo della rete non funzioni o sia assente per far sì che tutto l’intervento venga vanificato. In questi dieci anni di esperienza abbiamo visto che le migliori buone pratiche sono quelle che hanno continuità e supporto di rete.
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Don Domenico Malmusi Presidente Associazione Marta e Maria
Introduzione di Michele Porru L’intervento conclusivo di questa tavola rotonda ci fa uscire dal territorio bolognese attraverso l’esperienza di un’Associazione di Modena che si chiama “Marta e Maria”, la quale offre diverse opportunità di aiuto a giovani ragazze e donne attraverso le proprie Comunità e il proprio Centro di ascolto. Passo quindi la parola a Don Domenico Malmusi. Parto ringraziando Roberta per la bellissima analisi in quanto credo che dopo un anno di esperienza abbiate fatto un buon lavoro di lettura del fenomeno e delle possibilità di intervento. Illustrerò brevemente la storia della nostra Associazione poiché credo sia importante per capire quello che facciamo adesso. L’Associazione è nata nel 1997, anche se già da qualche tempo avevamo cominciato a lavorare con unità di strada, attività che purtroppo da qualche anno abbiamo interrotto non avendo più le forze per portarla avanti. L’esperienza di strada è importante perché rappresenta un modo molto autentico di incontrare le persone laddove effettivamente si svolge il loro dramma. Una delle prime cose imparate in strada è stata la consapevolezza che l’intervento e la condivisione erano insufficienti: era necessario e urgente ridare speranza a queste persone attraverso un progetto di accoglienza. L’Associazione Marta e Maria è nata da cinque persone, io e altre quattro ragazze di 24 anni, per cui all’epoca non avevamo nessuna risorsa personale per poter fare qualcosa. E’ stato grazie all’intervento del Vescovo di Modena che siamo riusciti ad avere un appartamento e ad iniziare l’esperienza dell’accoglienza. Questa esperienza è stata sin da subito significativa perché ci siamo accorti che la realtà della tratta era molto più grande e profonda di quanto immaginassimo. Essere persone “trattate” o “trafficate” è infatti solo uno degli aspetti dei problemi che hanno queste persone, in quanto alle spalle esistono situazioni di disagio psichico e sociale, estrema povertà e violenze intrafamiliari. Abbiamo cercato di rispondere a tale complessità strutturando diverse comunità e iniziando la collaborazione con il CEIS di Modena, in quanto avevamo bisogno di supporto ed esperienza. Attraverso il CEIS abbiamo lavorato anche a Bologna nel servizio di pronta accoglienza, iniziando nella primavera del 2001 con un grande sforzo di persone che si sono rese disponibili per ventiquattro ore al giorno. Ho fatto questa breve premessa per spiegare che l’Associazione nasce per dare un segno di speranza alle ragazze vittime di tratta. Oggi abbiamo diverse strutture che ospitano in forma stabile 40 persone, fra ragazze sfruttate, ragazze con disagio psichico, dipendenza da alcol, bambini piccoli. Nel campo delle minori le tipologie aumentano: oltre a ragazze sfruttate dal punto di vista sessuale ci sono quelle sfruttate per furto e accattonaggio, chi ha subito violenza e abusi intrafamiliari, o razze in fuga o cacciate dalle famiglie. L’esperienza della pronta accoglienza è molto difficile per una serie di motivi. Un primo problema è dato
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dal fatto che con le minori non si concorda l’ingresso ma vengono portate dalle Forze dell’Ordine, a volte convenendo l’orario di ingresso, altre volte nel cuore della notte. Proprio per questo motivo è necessario che gli operatori abbiano un’attenzione molto forte nel momento del primo incontro con le ragazze. Non bisogna dimenticare che queste ragazze, dal loro punto di vista, sono delle adulte che pensano di non aver bisogno di nessuno e di essere in grado di mantenersi da sole. Per loro è impensabile l’idea di venire affidate ad una comunità, identificata con un luogo di reclusione anche per il fatto che vi vengono portate dalle Forze dell’Ordine. Pertanto, bisogna saper comunicare alle persone che sono libere e accolte da noi, ed è un aspetto fondamentale per poter avere la speranza di realizzare un progetto. Questo ovviamente vuol dire che molte di loro se ne vanno, tuttavia diverse ragazze scappate tengono il numero di cellulare dell’operatrice che le ha contattate la prima volta e con una certa periodicità si fanno sentire. Un secondo aspetto critico è che siamo di fronte a ragazze abbandonate che hanno avuto esperienze terribili in famiglia o sulla strada, e che sentono di non interessare a nessuno. Far comprendere che invece noi, in qualche modo, abbiamo interesse e vogliamo accoglierle è fondamentale. E’ un atteggiamento materno, che trasmette a queste ragazze non solo il nostro interesse, ma anche la sicurezza di un luogo affettivamente ricco. L’atteggiamento materno, tuttavia, non deve scadere in un atteggiamento maternale, che porta con sé solo gli aspetti peggiori del ruolo di madre ed esaspera l’accoglienza. Se per paternale intendiamo un ruolo negativo di un padre che sgrida e da consigli non richiesti, per maternale possiamo riferirci a un ruolo meramente consolatorio della madre. Infatti, l’esperienza familiare di queste ragazze è spesso quella di una mamma che soffre e piange con loro, atteggiamento che però non fa che aumentare la loro rabbia perché una madre dovrebbe difendere e non semplicemente consolare. Materno significa affettivamente ed effettivamente “ricco”, implica la capacità di non spersonalizzare le ragazze accolte avendo attenzione per la singola persona e i suoi problemi, per poi elaborare un progetto significativo. Nella pronta accoglienza, un po’ per bisogno e un po’ per scelta, ci sono ragazze di tutti i tipi ma questa credo sia una ricchezza. In questo modo, infatti, è più facile comunicare alle ragazze che la comunità non è un ghetto per qualcuno o per ex-prostitute. Al contempo, comunichiamo in questo modo che c’è un’attenzione personale sulle persone misurata in base ai problemi e ai bisogni di ognuna (anche se di solito le ragazze richiedono un trattamento uguale per tutte, ma è un’idea di giustizia falsa). Questo ci permette di costruire un rapporto di fiducia su cui basare il progetto successivo, perché questo è lo scopo della pronta accoglienza.
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CONCLUSIONI Annalisa Faccini Responsabile Servizio Minori e Famiglie, Comune di Bologna
Introduzione di Michele Porru Bene, direi che il quadro è disegnato. Sento che i lavori del seminario stanno cominciando a produrre“pensiero”. Questa sensazione mi dà soddisfazione (Benigni direbbe soddisfazione fisica), poiché è proprio con questo spirito che abbiamo organizzato “Le Luci e la strada”, il nostro primo seminario di approfondimento. Con lo spirito di chi è consapevole, da “produttore di servizi”, di essere al contempo “produttore di pensieri”. Cos’è infatti il lavoro sociale se non un continuo pensare e ripensare ogni giorno, rispetto al presente, al passato ed al futuro? Lavoro sociale significa prima di tutto ricercare il pensiero dei destinatari, degli operatori sociali, di tutti i soggetti che concorrono alla realizzazione dei servizi. Significa essere consapevoli di come ogni lettura di un fenomeno sociale sia, di per sé, parziale, e di come solo nel confronto di sguardi ed approcci differenti si possa cercare di coglierne la complessità multidimensionale. Servizi alla persona e Pensieri: ci piace questo Maiuscolo accostamento. Sia gli uni che gli altri ci appaiono infatti come oggetti immateriali: non si toccano con le mani e non si mangiano a colazione, ma hanno un peso enorme nella vita delle persone. E’ a questo peso che vogliamo dare sempre più merito, attraverso l’organizzazione di convegni quali quello che sta per concludersi. E’ con grande piacere che lascio adesso ad Annalisa Faccini, Responsabile del Servizio Minori e Famiglie del Comune di Bologna, l’ incombenza di tracciare le considerazioni conclusive dei lavori di oggi. Mi associo ai ringraziamenti già rivolti nella giornata odierna a Società Dolce. Effettivamente credo che la giornata di oggi sia stata un’occasione di pensiero importante sull’argomento proposto. Mi occupo di minorenni vittime di tratta e coinvolte dalla prostituzione dal 2001 e considero molto soddisfacente che oggi sia stato possibile avere nella nostra città un momento di riflessione che abbia avuto uno sguardo sui diversi aspetti di complessità elevatissima (minori migranti, soli, prostituzioni, tratta), ed è la prima volta che capita l’occasione di ragionare sull’incrocio di tutte queste problematiche. Non tanto in via teorica ma partendo dall’esperienza che la città, attraverso i suoi Servizi ed il terzo settore, sta conducendo. Ringrazio particolarmente anche l’Associazione Marta e Maria, da dove è partita un’esperienza che trova oggi compimento nella pronta accoglienza “La Ginestra”. Come Amministrazione abbiamo chiesto a Società Dolce di realizzare una pronta accoglienza rivolta ad adolescenti femmine, quindi non solo a minori vittime di tratta. Questa scelta è stata dettata da più logiche. Una logica economica in senso lato, in quanto non avremmo la possibilità di dare sostenibilità economica a tanti servizi “dedicati”, con una specializzazione elevata. Ma la
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ragione prevalente, in realtà, è stata quella di pensare alle ragazze coinvolte dalla prostituzione, o trattate, prima di tutto come adolescenti che presentano le stesse problematiche delle altre. I percorsi di disagio e di sfruttamento e di emarginazione non possono e non debbono mettere in secondo piano questa loro dimensione. Inoltre il nostro mandato normativo è di offrire loro tutela in quanto minorenni e naturalmente è in considerazione della loro particolare fragilità che si rende necessario predisporre adeguate azioni di protezione. Le suggestioni di oggi sono state moltissime, sia sul versante dell’approfondimento della conoscenza dei fenomeni connessi al tema della prostituzione minorile, sia sulle pratiche di intervento e sulla loro efficacia. Credo valga la pena dare un seguito alla riflessione iniziata, anche mediante attività seminariali più ristrette, soprattutto perché risulta necessario promuovere azioni di confronto e di rielaborazione delle prassi che si attuano nell’ambito degli interventi a favore di minori che si presentano a noi in condizioni di bisogno così estremo. E che ci impegnano nella ricerca di strumenti e di modelli attraverso i quali agire nuovi e diversi. Spero che questa giornata sia anche un segnale per la costituzione di una rete di collaborazioni che ha bisogno di essere ampliata rispetto alle presenze di oggi. Quindi grazie ancora per l’ottima mattinata offerta.
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4. GALLERIA FOTOGRAFICA
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4. GALLERIA FOTOGRAFICA
I Relatori
Pietro Segata Presidente Cooperativa Sociale Società Dolce
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Adriana Scaramuzzino Vicesindaco Comune di Bologna
Alberto Alberani Cooperazione Sociale
Bruno Riccio Antropologo Università di Bologna
Giuseppe Sciortino Sociologo Università di Trento
Francesco Carchedi Sociologo Associazione PARSEC
Claudio Donadel Esperto Progetto WEST
Michele Porru Responsabile Area Integrazione Sociale Cooperativa Sociale Società Dolce
Emma Collina Responsabile Pronto Intervento Minori Comune di Bologna Servizio Minori e Famiglie
Maria Roberta Guizzardi Coordinatrice Responsabile Servizi rivolti ai Minori Cooperativa Sociale Società Dolce
Nicole De Leo Operatrice Unità di strada Progetto Artemide
Don Domenico Malmusi Presidente Associazione Marta e Maria
Annalisa Faccini Responsabile Servizio Minori e Famiglie Comune di Bologna
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Testimonianze fotografiche convegno
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La presente pubblicazione è stata interamente realizzata nel rispetto della natura utilizzando carte ecologiche, e più precisamente: • Copertina: Carta Freelife Woodstock Arachide 280 gr. (Prodotta e distribuita in Italia da Fedrigoni) Carta di lunga durata non patinata ottenuta dall’impasto riciclato ecologico composto per l'80% da fibre post-consumer di pura cellulosa deinchiostrata e da un 20% di pura cellulosa E.C.F. (elemental chlorine free), è completamente biodegradabile e ricilabile. Utilizza fibre provenienti da foreste a coltivazione integrata sostenibile, in cui viene effettuata una politica di taglio controllato e riforestazione. É conforme alla direttiva C.E. 94/62 che stabilisce il livello massimo di metalli pesanti e si avvale di processi di produzione “Acid Free”.
• Interno: Carta Cyclus offset 100gr. (Prodotta in Danimarca da Dalum e distribuita in Italia da Polyedra) Cyclus è una carta realizzata impiegando interamente fibre riciclate post-consumer (100% Riciclato). Nulla di ciò che viene utilizzato nel processo produttivo viene eliminato e, anche gli scarti provenienti dalla lavorazione sono a loro volta riutilizzati per la combustione, la produzione di fertilizzanti e di materiali per l’edilizia. Cyclus è certificata Ecolabel.
La copertina non è stata volutamente plastificata per non invalidare la riciclabilità delle carte scelte. Il nostro è un piccolissimo sforzo per dimostrare che, se lo vogliamo, ognuno di noi nelle scelte quotidiane può fare qualcosa per migliorare il nostro pianeta.
Finito di stampare nel mese di settembre 2007
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