NUOVE CENTRALITÀ URBANE RIGENERARE IL MARGINE Tesi magistrale in Architettura Costruzione Città | Politecnico di Torino a.a. 2015 - 2016
Relatori: Berta Mauro | Caneparo Luca Candidati: Apice Daniele | Apicella Alessia Di Bonito Paola | Lacinaj Xhuliano
Nuove centralitĂ urbane: rigenerare il margine
Tesi magistrale in Architettura Costruzione CittĂ | Politecnico di Torino Relatore M. Berta | Correlatore L. Caneparo Apice Daniele | Apicella Alessia Di Bonito Paola | Lacinaj Xhuliano
Ringraziamo i professori Mauro Berta e Luca Caneparo per la professionalità e la pazienza che hanno messo durante lo svolgimento della tesi, ci hanno fornito gli strumenti necessari per svolgere un lavoro cosciente e attento, un metodo che ci accompagnerà nel nostro futuro lavorativo e non solo. Un grazie agli amici, vecchi e nuovi, a chi c’è, c’è stato e a chi non c’è più, per il supporto, l’appoggio e la complicità. Mille grazie ai “colleghi” conosciuti in questo percorso, per le nottate al computer, le uscite, i consigli, il sostegno e la condivisione di questo periodo della nostra vita. Un ringraziamento speciale alle nostre famiglie che ci hanno insegnato ad essere le persone che siamo e che ci hanno aiutato e incoraggiato lungo tutto questo percorso, sostenendo e appoggiando senza riserve le nostre scelte. Ai computer distrutti, ai plastici mai terminati, ai plotter inceppati, alle passerelle mai progettate, alle lezioni saltate, alle notti infinite, a questo gruppo che, nonostante tutto, resta il gruppo migliore che si potesse avere.
I residui industriali di via De Amicis, Collegno
Approccio metodologico e pratiche di intervento Le ex acciaierie Mandelli da industria a fabbrica creativa
Abstract
Il tema della ricucitura dei margini urbani rappresenta un argomento di attualità, il quale sta assumendo particolare rilevanza con l’evolversi dell’immagine della città in città metropolitana. Il lavoro presentato nasce con l’intento di affrontare queste nuove tematiche. Con l’evoluzione di Torino in città metropolitana, i comuni limitrofi sono stati inglobati nei confini della municipalità, portando alla luce il problema del degrado delle frange urbane. A seguito dei cambiamenti socio-economici queste aree, una volta aventi una connotazione industriale, ora si presentano in stato di degrado e senza una forte identità. La rigenerazione dei margini è l’argomento principale della trattazione che ha come obiettivo quello di ricucire e ricentrare tali luoghi al fine di fornire una risposta alle problematiche sociali ed economiche riconsolidando il tessuto urbano. L’interesse per tali tematiche ha portato alla conoscenza del programma Collegno Rigenera, che si pone come guida per la riqualificazione delle aree e dei residui post-industriali comunali. Dallo studio delle manifestazioni di interesse riportate nel programma, sono state scelte due aree poste al confine tra i comuni di Torino e Collegno sulle quali proporre un progetto di intervento per la loro rifunzionalizzazione. Il lavoro di tesi si
sviluppa su tre volumi: il primo si occupa di fornire una prima analisi metodologica sul tema della rigenerazione urbana e sul contesto nel quale si va ad intervenire; i successivi due volumi sviluppano contemporaneamente due ipotesi progettuali che interessano il brownfield delle ex acciaierie Mandelli e i residui industriali posti nell’area sottostante la fermata Fermi della metropolitana, attraverso i quali si vuole fornire una metodologia applicabile anche in altri contesti urbani. Il primo volume si suddivide in due macro argomenti: la prima parte fornisce un quadro generale del contesto collegnese e del programma di rigenerazione; la seconda analizza le pratiche e le strategie di rigenerazione urbana a livello italiano ed europeo, fornendo esempi di buone pratiche di intervento. Il volume fa da premessa all’elaborazione delle metodologie utilizzate nella definizione degli interventi progettuali, si procederà nei successivi due volumi alla presentazione dei progetti relativi alle due aree descritte.
Indice
Introduzione
p.10
1. Collegno
p.14
1.1 Inquadramento storico - geografico 1.2 Prime pianificazioni 1.3 Delimitazione degli ambiti territoriali
2. Contesto normativo 2.1 2.2 2.3 2.4 2.5
p.26
Regolamenti e piani PRGC di Collegno 2.2.1 I Bordi della cittĂ e le aree di via De Amicis Piano strategico di Collegno Piano strategico di Torino 2.4.1 Linea metropolitana 1 2.4.2 Corso Marche e Corso Francia DDL 2039 Consumo del suolo
3. Collegno Rigenera 3.1 Il programma 3.2 Manifestazioni di interesse 3.3 Le tappe di Collegno rigenera
p.48
4. Analisi del sito 4.1 4.2 4.3 4.4 4.5 4.6 4.7
p.60
Inquadramento dell'area d'intervento ViabilitĂ e trasporti Aree dismesse Servizi DensitĂ edificata Destinazioni d'uso Suolo permeabile
5. Deindustrializzazione e dismissione
p.78
5.1 Riuso delle aree dismesse 5.2 Rigenerazione tra integrazione e riqualificazione
6. Politiche di rigenerazione 6.1 6.2 6.3 6.4
Aspetto ambientale Aspetto economico Aspetto sociale Partecipazione
p.88
7. Good practice
p.100
Distretti industriali - Hammarby Sjรถstad, Stoccolma - Hafencity, Amburgo - Le Albere, Trento - Bo01, Malmo - Spina 3, Torino Complessi di edifici - Reggiane Future Factory, Reggio Emilia - OGR - Officine Grandi Riparazioni, Torino - Matadero, Madrid - Didden Village, Rotterdam - Leszczynsky Antoniny Manor, Leszno - Vega, Venezia Spazio pubblico - Neue Meile, Boblingen - Superkilen, Copenaghen - Piazza Fontana, Rozzano - Desert Plaza, Barakaldo
Conclusioni
p.162
Bibliografia
p.168
Introduzione
1. 2.
Barthes R., 1972
cfr Scala P., Abitare il cambiamento,2013, p.157
L’epoca in cui viviamo è denotata da un intenso desiderio del rifare, riusare, riabitare, ripensare, riconnettere. Nell’ambito architettonico ed urbano, però, il prefisso RI non esprime ripetizione, mediante operazioni ripetute e similari, ma si rifà alla sua accezione più ampia, più vicina a quella di “riciclare”. È proprio questa trasposizione del concetto di “recycle” che muta il concetto di rifare in architettura, un concetto di costruire il costruito, in un’ottica di nuova produzione “attraverso un processo di scomposizione e ricomposizione” 1. Una carica rivoluzionaria che cerca ed esamina nel presente l’occasione per scoprire nuove forme, nuovi usi, nuove relazioni2. Possiamo dire, quindi, che la ricchezza di un territorio è proporzionata alla sua capacità di rinnovarsi e rigenerarsi attraverso l’attivazione dei propri spazi per costruire reti e risorse, moltiplicando le occasioni di crescita culturale, sociale ed economica. L’occasione per attuare questo processo di rigenerazione è ritrovabile in quei luoghi dove il territorio non è più strumento di sviluppo, ma causa di abbandono e disuso delle aree circostanti.
Il patrimonio edilizio italiano costituito da oltre sei milioni di edifici inutilizzati, rappresenta una straordinaria occasione per iniziare un percorso di rigenerazione che coinvolga molte aree del Paese. I processi di deindustrializzazione e di delocalizzazione produttiva, ma anche la necessità stessa di riconvertire le infrastrutture pubbliche come tribunali, caserme e scuole, e spazi pubblici poco valorizzati o mal progettati a causa di una scarsa attenzione sociale ed urbana, sono state cause generatrici di una crescente disponibilità di spazi all’interno delle città, non solo italiane ma anche europee. In questo quadro di sostanziale mutamento delle realtà urbane si stanno diffondendo diverse esperienze di rigenerazione urbana e innovazione sociale fondate sul coinvolgimento attivo degli abitanti. Queste realtà, però, faticano a coordinarsi tra di loro e con le istituzioni e sempre limitate da problemi di sostenibilità economico-organizzativa. L’intento è, quindi, quello di conoscere e approfondire le tematiche e i meccanismi che vi sono dietro l’intero processo di rigenerazione di un territorio dismesso e abbandonato, 10
utilizzando come caso studio quello della zona industriale della città di Collegno, posto al confine con la città di Torino, analizzando il contesto storico, geografico e normativo dell’area presa in esame e sviluppando successivamente due idee di progetto di due porzioni differenti del tessuto urbano denotati da caratteristiche differenti, il primo, il brownfield dell’ex acciaieria Mandelli, ormai abbandonato, privato della capacità di produrre ricchezza all’interno del contesto cittadino collegnese, ed il secondo, la zona sottostante via De Amicis, in prossimità della stazione della metropolitana Fermi, un tessuto frammentato, costituito per lo più da edifici a carattere industriale dismessi o in via di dismissione. L’intero lavoro si sviluppa attraverso un primo approccio mirato alla presa di coscienza della realtà in cui andare ad operare, delle esigenze e delle caratteristiche intrinseche di questo luogo e di altre realtà simili per comprenderne le dinamiche e i punti cardine che guidano un processo di riqualificazione e rigenerazione di questi tessuti urbani. Successivamente, dopo aver estrapolato le conoscenze necessarie, si è proceduto con la redazione di due distinti
progetti nel tentativo di farne esempi possibili in termini di gestione delle richieste dei stakeholders in gioco, nel rispetto delle esigenze presenti e future, di trasformazione urbana.
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Collegno
Collegno
1.1 INQUADRAMENTO STORICO - GEOGRAFICO Il comune di Collegno, che si estende per oltre 18km appena fuori il lato ovest della città di Torino, risulta essere la prima città della cintura metropolitana che si incontra uscendo dal capoluogo in direzione Val di Susa. Il comune di Collegno, con i suoi 50 mila abitanti, è stato soggetto a numerose trasformazioni, fino a diventare, in particolar modo a partire dagli anni 60 del novecento, il luogo in cui sono state ospitate innumerevoli imprese diventando così fonte di lavoro per gli stessi cittadini collegnesi e per chi si muoveva in cerca di fortuna e lavoro. Collegno appare ancora oggi legata ampiamente a quella vocazione industriale, resistente ai processi di decentramento e “terziarizzazione”, che hanno investito l’economia italiana e al ridimensionamento dell’industria meccanica e dell’automobile che ha modificato in profondità l’economia del territorio. Questi aspetti sono il risultato di cambiamenti e di processi che, nel corso dei decenni appena trascorsi, hanno modellato la città nella sua struttura, in particolar modo sotto l’assetto economico. Ai fini della comprensione di questo agglomerato urbano, dunque, può essere
utile ripercorrere l’ultima fase della sua storia recente, ossia il 50ennio successivo alla seconda guerra mondiale. Ovviamente non sarà possibile discutere al meglio tutti gli aspetti che hanno interessato queste trasformazioni e le cause concatenanti che hanno riguardato non solo il comune di Collegno, ma l’Italia e l’Europa in generale. Cercheremo, quindi, di fornire un primo inquadramento generale storico e geografico, privilegiando il quadro d’insieme più che le sue singole parti. Piccolo centro urbano, all’epoca dell’Unità nazionale, Collegno fu caratterizzata da un fenomeno di crescita intensa e continua, decuplicando, nel corso del Novecento, il numero di residenti. Per oltre 40anni dalla fine della guerra, la popolazione residente è aumentata in maniera pressoché costante fino a passare dai 13mila abitanti censiti nel 1951 ai 47mila censiti nel 1991. Tale boom demografico coincide con il boom economico degli anni ‘60. In Italia, infatti, il miracolo economico rappresentò anche l’occasione per “un rimescolamento senza precedenti della popolazione”. Si calcola, per l’appunto, che oltre nove milioni di italiani lasciarono la propria città per trasferirsi altrove, in particolar modo nel decennio compreso tra la metà degli anni ’50 e la metà 14
degli anni ’60. Un vero e proprio esodo dalle campagne verso i centri urbanizzati e le aree più industrializzate. Le correnti migratorie interessarono però non solo i grandi centri città, come per esempio quelle del cosiddetto “triangolo industriale” (Milano, Torino e Genova), ma anche altri centri minori del Nord come Mestre, Padova, Verona, Bergamo, Ivrea, ecc. Il caso più impressionante resta, però, Torino che assorbì una percentuale elevatissima dell’immi-
Fig. 1 - Ingresso cotonificio Leumann
grazione, in particolar modo quella meridionale, passando da 719mila abitanti del 1951 a 1,124 milioni nel 1967. I nuovi abitanti non si incentrarono soltanto nel capoluogo torinese ma, forti di un fenomeno di industrializzazione che stava investendo le aree limitrofe alla città, si spostarono anche nei comuni della cintura. La grande crescita demografica di Collegno si iscrive, quindi, all’interno di queste trasformazioni più generali della società italiana. Questo tipo di boom, sia demografico che produttivo, che investì l’intera area collegnese e torinese, fu accompagnata fin dall’inizio dall’avvio dei primi progetti di regolamentazione e programmazione urbanistica, volti a governare i cambiamenti e ad offrire migliori condizioni di sviluppo. Si conclude nel secondo dopoguerra una prima fase del processo di sviluppo urbanistico collegnese, una fase che in sostanza si caratterizza per una crescita del tutto spontanea, regolata solamente dalle leggi di mercato e dalla logica privatistica di incremento degli insediamenti industriali e civili. Inizia in questi stessi anni una seconda fase che con andamento alterno si spingerà fino ai nostri giorni contraddistinta invece: - da un ritmo espansivo progressivamente sempre 15
più sostenuto; - dall’affacciarsi di elementi di programmazione e regolamentazione urbanistica, in un primo momento applicati solo dalla metà degli anni sessanta, poi resi operativi. Sull’onda dell’industrializzazione, la città di Collegno cambia radicalmente. La legge del 42 introduce l’obbligo per tutti i comuni all’adozione di piani regolatori generali. In particolare la competenza che viene attribuita ai
piani regolatori di decidere in merito alla zonizzazione, cioè al tipo di utilizzazione dell’intero territorio comunale suddiviso per settori, ed in merito alla progettazione e realizzazione delle infrastrutture, affida di fatto all’ente locale il ruolo di prima e decisiva istanza decisionale. Occorre rilevare che questa fase viene a coincidere con l’avvento della fase più intensiva di sviluppo: a partire dagli anni 50 cresce esponenzialmente il ritmo di crescita edilizia. In vent’anni Collegno affronta uno sviluppo di molto superiore a quello verificatosi nel corso di tutto il secolo precedente, con la conseguente ridefinizione di tutto l’assetto territoriale; la crescita lenta e non pianificata lascia spazio allo sviluppo impetuoso ed “ufficialmente” programmato. Questa prima fase può essere individuata negli anni che vanno dal 1946 al 1959, anno in cui Collegno approva un P.R.G. che diverrà operativo solo nel 1966. Una data importante è quella del 1948 in cui viene formalmente adottato un primo piano regolatore destinato a conoscere una strana e contorta inapplicazione: il Piano Rigotti.
Fig. 2 - Certosa Reale di Collegno 16
1.2 PRIME PIANIFICAZIONI
Fig. 3 - Pianificazione di Collegno 1949
Collegno è ormai concentrata verso il pianoro sovrastante la Dora ed attraversato dal Corso Francia. Per grandi linee, la configurazione del Piano Rigotti prevedeva: “procedendo da Torino, un piccolo gruppo fabbricato in diretta relazione con le industrie aeronautiche (frazione Paradiso)..poi una zona verde fino al cavalcavia della ferrovia dove sistemata una zona industriale collegata con la più importante frazione di Regina Margherita…che rimane qual è, con un piccolo centro ad una nuova piazzetta presso la chiesa San Massimo...separata da una zona verde a carattere pubblico e sportivo…in cui possono trovare poste le organizzazioni collettive di tipo dopolavoristico ed un campo sportivo… dal nuovo centro di Collegno…a sua volta isolato dal comune di Rivoli da un’ampia fascia vincolata a verde agricolo…la frazione Leumann non ha nessuna variante”. Per la pianificazione di nuove zone, si affrontano nuove questioni: le industrie piccole e grandi, commiste con la fabbricazione residenziale, dislocate principalmente sul corso Francia, sono poste in 17
cattiva posizione in quanto, oltre che danneggiare le aree residenziali nelle vicinanze, procura gravi danni alla circolazione stradale e all’igiene del complesso abitato. Ciò comporterà lo spostamento dei complessi industriali in un’area più adatta, ricavata a ridosso del cavalcavia e a cavalcioni del Corso Francia, bene isolata e racchiusa da zone verdi, a distanza conveniente dal Campo Volo e dalle abitazioni. Sarà inoltre previsto un impianto di un binario di raccordo ferroviario e lo spostamento di un canale. Si tratta dei primi insediamenti industriali che si svilupperanno a ridosso di quella che sarà la futura zona Fermi, a ridosso dei quartieri Regina Margherita e borgata Paradiso. Lo stesso Piano, infatti, prevedeva la realizzazione delle attuali via de Amicis e Anonelli/ Torino. Dall’impostazione del piano Rigotti, l’area doveva essere priva di qualsiasi tipo di insediamento di edilizia civile, ma per le limitazioni del piano stesso, ciò non avvenne. Il piano Rigotti infatti, si limitava a configurare con precisione lo sviluppo urbanistico della città con previsione di breve periodo, senza affrontare però il problema dello sviluppo successivo e della grande richiesta di abitazioni, che avverrà già pochi anni dopo l’elaborazione del piano. Si tratta di un piano mai
compiutamente applicato a cui seguiranno diverse varianti che ne stravolgeranno il senso. Nel 1953 durante la dura fase della ricostruzione, si creano infatti le premesse del miracolo economico. E’ l’effimero boom del capitalismo, che trascina al nord masse di emigranti alla ricerca del lavoro in fabbrica. Essi giungono a Collegno prima dai campi e dalle montagne dello stesso Piemonte, poi dalle zone depresse del Veneto e del Mezzogiorno comportando un conseguente aumento di popolazione e di nuovi servizi a supporto. Facendo fronte all’espansione disordinata, l’Amministrazione comunale riesce a realizzare alcune direttrici di sviluppo: si costruisce un nuovo centro cittadino più spostato verso corso Francia, con l’edificazione del nuovo municipio, della sede sindacale, della cooperativa, della banca, del nuovo ufficio postale. Una prima serie di insediamenti industriali stanno iniziando a qualificare concretamente come “area industriale” il settore individuato come tale dal Piano Rigotti, ma in particolare alcune abitazioni private contrastano con tale indirizzo, in particolare nella zona compresa fra via Torino e il tracciato ferroviario, proprio di fronte allo stabilimento Mandelli, altre ancora via Adamello e nei pressi di via 18
Magenta, in un’area destinata al verde pubblico. Dall’insieme delle modificazioni, nell’arco di tempo in cui piano Rigotti conosce l’estenuante ed improduttivo iter burocratico di definitiva approvazione, appare evidente che le condizioni base sulle quali esso poggiava si sono venute in buona parte a modificare con inevitabili ripercussioni sulle stesse finalità e sulle linee direttrici del piano stesso. Come si è evidenziato in precedenza, il progetto del Piano Regolatore Generale nasce delineando una Collegno di Sedicimila abitanti, traguardo raggiunto nel 1956 senza che il piano abbia trovato concreta applicazione. L’aumento demografico che doveva essere incanalato nella zonizzazione predisposta dal Rigotti è comunque avvenuto senza che questa vedesse la luce. La zonizzazione e la conseguente differenziazione dei prezzi dei terreni, favorisce fino all’approvazione del Piano nel 1956, l’abusivismo edilizio. Nonostante rappresenti, difatti, una rinuncia definitiva all’applicazione dello stesso, Il Piano non può che adeguarsi applicando delle revisioni al progetto che essenzialmente stabilisce tre ordini di varianti: un primo concreto adeguamento ad una realtà già mutata, un secondo di salvaguardia di alcuni particolari elementi progettuali del piano
originario, un terzo di variazione d’uso di alcune aree per predisporle ad un mutamento che si va delineando. Nonostante ciò, Il piano regolatore collegnese, nei due anni successivi all’approvazione, si dimostra del tutto inadeguato ad affrontare le spinte al cambiamento: nei primi mesi del 1959, infatti, verrà ufficializzata la volontà di redigere un piano regolatore completamente nuovo. I punti da revisionare sono: - ampliamento dell’attuale zona industriale di corso Francia - destinazione mista delle abitazioni e di aree interne all’abitato prossime alla zona industriale. - facilitare le comunicazioni fra le parti a nord e a sud del Corso Francia, inserendo un cavalcavia sulla ferrovia collegato con il piazzale della stazione, così che i nuovi tracciati possano permettere di svincolare completamente tutti i trasporti industriali dal Corso Francia destinato da anni a costruire un asse residenziale. La Variante in sintesi prevedeva: nella zona compresa fra il Corso Francia, la Ferrovia e la Dora, massima espansione industriale e previsione di uno smistamento ferroviario verso ponente. 19
Per le residenze, piccoli ritocchi ed ampliamenti estensivi della zona ferroviaria. Per la viabilità, ampliamento della via Torino e il suo prolungamento fino al cavalcavia sulla ferrovia. Se il Piano Rigotti prevedeva una zona industriale complessivamente pari a mq. 491.800, la variante Manfredi ne aggiunge altri 1.645.300 mq, con un aumento quindi superiore a tre volte tanto, la zona residenziale a bassa densità abitativa raddoppia e quella ad alta densità aumenta di tre volte tanto. Nonostante la rapida crescita industriale ed economica della città, negli anni ’70 comincia a Collegno, come a Torino, il declino del modello di città fordista. Le periferie ed in particolare i quartieri ad indirizzo sociale costruiti nel secondo dopoguerra diventano luoghi di degrado sociale ed ambientale. Molte delle grandi industrie che erano state motore di urbanizzazione, cominciano a spostarsi lontano dalla città per condizioni più favorevoli ad insediamenti industriali. Negli anni ’80 molte industrie fiorenti sono chiuse o fallite: Venchi Unica-Maggiora; Leumann; Presfusion; Pagliani e Provenzale; Obert; Temas; oltre alle ripercussioni negative sull’occupazione comunale
della crisi FIAT, della Rexim-Bugnone, della Silma, e della cartiera Torassa, e di altre limitrofe. La città era seconda in Italia come tasso occupazionale, mentre ora il mercato del lavoro non offre che qualche sporadico posto di manovalanza nell’edilizia e nelle imprese minori. Nel 1979 viene emanato un nuovo piano urbanistico, di cui diviene rilevante il successivo Piano degli Insediamenti Produttivi (P.I.P) per i comparti industriali. Nel settore produttivo la predisposizione del PIP tra le vie Tampelini e De Amicis, qualifica la politica di riordino dell’esistente e difesa dei posti di lavoro finalizzando il piano stesso alla ricollocazione delle piccole imprese e dell’artigianato ubicati attualmente in zone improprie, attraverso la predisposizione delle aree e la cessione in proprietà o in superficie alle aziende, convenzionando l’uso degli immobili lasciati liberi nelle zone residenziali ed agricole. Nel settore terziario superiore, il piano particolareggiato del campo volo ha posto i presupposti per il riequilibrio a scala metropolitana, creando le condizioni di vita dal centro di Torino verso le periferie, ed i comuni della zona.
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1.3 DELIMITAZIONE DEGLI AMBITI TERRITORIALI Da punto di vista amministrativo la città è strutturata in sei quartieri, diversi per morfologia, caratteristiche e popolazione insediata. TERRACORTA LEUMANN si colloca tra corso Francia e la linea ferroviaria, al limite del comune con il comune di Rivoli. Il quartiere è caratterizzato da una magia viaria ortogonale e villette con giardino, spesso trasformate in piccoli condomini plurifamiliari. Al di sotto di corso Francia si colloca il villaggio operaio di Leumann, vincolato nel 1972 sulla Tutela dei beni di interesse storico e artistico. Il territorio presenta bassa densità abitativa e la dotazione complessiva di aree destinate a servizi è particolarmente bassa. SANTA MARIA, delitmitato da corso Togliatti e viale XXIV Maggio, attraversato da corso Francia. Il quartiere è caratterizzato dalla presenza di un tessuto edilizio ad alta densità con palazzi pluripiano costruiti negli anni Sessanta. A questi, vi si affiancano casa più basse con adiacenti locali accessori e piccole attività e su Corso Francia
palazzi dai cinque agli undici piani. Il quartiere si definisce centro civico in ragione della qualità dei servizi offerti a scala cittadina. REGINA MARGHERITA, nonostante presenti caratteristiche affini dal punto di vista morfologico al quartiere Santa Maria, è caratterizzato dalla presenza di un vasto patrimonio industriale dismesso, per quale è stato disposto un piano particolareggiato denominato Area Centrale. Nonostante i confini odierni del quartiere si spingano sino ai limiti del Campo volo, la presenza della ferrovia si pone come barriera difficilmente superabile. Con la realizzazione del piano particolareggiato denominato Area Centrale, il quartiere sarà sottoposto a riqualificazione urbana, consentendo da un lato la ricucitura tra le parti, ora separate dai volumi dismessi, e dall’altro il riequilibrio generale della dotazione dei servizi. BORGATA PARADISO, si colloca a ridosso dei confini amministrativi con le città di Torino e Grugliasco, si compone di edifici industriali e residenziali, palazzi pluripiano e frammenti di edilizia residenziale di altezza di un piano. All’interno del quartiere risalta l’assenza di disegno degli 21
spazi pubblici, frutto dell’accostamento di parti di città costruite secondo principi insediativi tra loro molto differenti e dalla presenza della distesa del Campo volo che segna il limite della città costruita. Quel che crea maggiore disagio all’interno del quartiere è la mancanza di collegamenti efficaci con il resto della città. La variante per I bordi della città e le aree di via De Amicis, coinvolge il quartiere, definendo un tessuto urbano che disegna la connessione con il parco Dalla Chiesa e dà forma al completamento di questa parte della città. CENTRO STORICO BORGONUOVO E OLTREDORA. Il Centro Storico costituisce il nucleo di antica formazione della città, organizzato intorno al corso della Dora, il cui patrimonio architettonico, pur riconducibile a preesistenze medievali, risulta plasmato da interventi risalenti al secolo scorso. Ad oggi il centro storico si presenta in una situazione di forte degrado architettonico e si sta assistendo al progressivo abbandono delle abitazioni e delle attività commerciali. Borgonuovo ricomprende due realtà morfologicamente differenti. Si distinguono il tessuto novecentesco costruito a ridosso della Certosa reale e della stazione ferroviaria, caratterizzato da bassa densità edificatoria e dalla
compresenza di abitazioni e di piccole attività, e i quartieri di edilizia agevolata sorti a partire dagli anni Settanta. Questi ultimi sono caratterizzai dalla presenza di edifici plurifamiliari alti con un alto rapporto tra spazio libero e costruito. Anche Oltredora si divide tra una prima lottizzazione di villette uni e bifamiliari risalente agli anni Settanta, e un ampio quartiere di Edilizia Economica e Popolare, tra la tangenziale ed il fiume. SAVONERA è una frazione collocata al di fuori del tessuto densamente abitato e immersa su territorio agricolo ai confini con Venaria. La presenza della tangenziale ha trasformato la piccola frazione edilizia in un insediamento di dimensioni consistenti grazie anche alla recente espansione edilizia. Nonostante ciò, proprio per la propria caratteristica originaria legata alla struttura agricola del territorio, si pone come luogo che riesce e poco a definirsi e presenta scarsa qualità architettonica.
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Delimitazione degli ambiti territoriali del comune di Collegno 23
Contesto normativo
Contesto normativo
3.
Postfordismo: in economia, la fase di sviluppo industriale che caratterizza gran parte delle economie più avanzate a partire dagli ultimi decenni del 20° secolo. Contrariamente alla fase del fordismo, la cui caratteristica precipua era la produzione industriale di massa basata sull’impiego di lavoro ripetitivo che aveva progressivamente perso qualifiche e specializzazioni, il p. si caratterizza per l’adozione di tecnologie e criteri organizzativi che pongono nuova enfasi sulla specializzazione, qualificazione e flessibilità dei lavoratori. L’industria, abbandonata la tradizionale produzione di massa, acquista maggiore flessibilità produttiva e organizzativa, adeguando la propria offerta a una domanda, in particolare di beni di consumo, sempre più diversificata e soggetta a cambiamenti anche molto repentini. 4.
Lista civica nata grazie alla passione di un gruppo di giovani tra i 22 e i 38 anni legati alla città di Collegno.
5. Il progetto trova riferimento normativo nell'art.14 della Legge regionale n. 20 del 14/07/2009 e si riferisce alla possibilità data ai Comuni di agevolare interventi di riqualificazione urbanistica ed edilizia sul proprio territorio.
In un contesto cittadino come quello di Collegno, caratterizzato da localizzazioni dismesse relative al periodo post-fordista3, si vanno a collocare diverse realtà urbane definite da fenomeni di degrado, d’abbandono e di disagio soprattutto per chi abita e vive quotidianamente quelle aree. Tra le presenze identificate si va a inserire un dibattito sul futuro di tali aree caratterizzato principalmente dalle richieste dei cittadini, delle diverse liste civiche, tra cui ritroviamo quella di Collegno Insieme4 che vede come capogruppo Andrea De Filippo, con l’amministrazione comunale e regionale. I temi affrontati riguardano principalmente la necessità di fornire una risposta alle problematiche economiche e sociali e sanitarie del territorio collegnese partendo dalla riqualificazione di aree e dei residui post-industriali risalenti agli anni sessanta e settanta, nel rispetto di diversi principi che caratterizzeranno tutto il processo. L’intenzione principale, quindi, risulta essere quella di configurare la città sulla base di una maggiore attenzione all’equità sociale, “Collegno Social Town” e al miglioramento dei servizi pubblici, migliorando i collegamenti con il centro città al fine di rendere la città più vivibile e più funzionale. Il mezzo attraverso il quale ottenere questi ed altri
punti trova forma nella ricerca di una maggiore qualità degli edifici e degli spazi del paesaggio urbano, contribuendo, di conseguenza, alla tutela dell’ambiente, che dovrà far parte del fulcro di questa trasformazione mirando anche all’aumento di tali aree e fornendo la possibilità a tutta la popolazione di usufruire di spazi verdi naturali in ambito urbano, superando ed eliminando le barriere fisiche ed ambientali e al potenziamento dei servizi pubblici in un ottica di città a misura di pedone e ciclista. Per queste ragioni sono stati promossi diversi piani con l’intento di identificare e proporre pratiche di riqualificazione e rigenerazione di queste aree, basandosi in particolar modo su concetti di sostenibilità economica, sociale e ambientale.
2.1 REGOLAMENTI E PIANI Nel corso degli anni, in particolare a partire dal 2014, è stato avviato un percorso di dialogo e partecipazione concreta con i cittadini che, attraverso richieste e segnalazioni, ha portato alla redazione di diversi documenti, come ad esempio il programma “Collegno Rigenera”5. 26
6. Così si è espresso il sindaco Casciano dopo la seduta del Consiglio Comunale di Collegno di giovedì 11 febbraio 2016 che ha approvato a maggioranza allargata e senza voti contrari la delibera di indirizzi con la presa d’atto delle manifestazioni di interesse delle segnalazioni pervenute per Collegno Rigenera. 7.
L'istituto del piano regolatore venne introdotto normativamente dalla legge 25 giugno 1865 n. 2359. La legge urbanistica nazionale, legge 17 agosto 1942 n. 1150, introduce un nuovo tipo di piano regolatore con una radicale trasformazione delle sue caratteristiche come strumento regolatore della crescita urbana che intorno agli anni settanta divenne strumento di gestione dell'assetto del territorio. Piano regolatore generale comunale, in Tesauro del Nuovo soggettario, BNCF, marzo 2013.
Lo stesso sindaco ha definito tale programma uno strumento attraverso il quale la Città intende confrontarsi e condividere con la comunità le scelte, gli obiettivi e le prospettive per costruire “opportunità di riqualificazione abitativa terziaria e produttiva; sostenendo il rilancio socio-economico; favorendo la riqualificazione del patrimonio immobiliare territoriale e degli spazi pubblici rendendo la città più bella, accogliente e smart.”6 Attraverso le scelte e le soluzioni che verranno proposte ed adottate con il programma “Collegno Rigenera” si mira ad apportare le giuste modifiche per riuscire, con l’aiuto di un processo partecipativo, a creare una città migliore sotto i differenti punti di vista. Sostanzialmente, però, tale programma non si pone come strumento normativo che definisce e struttura le future trasformazioni del territorio, ma bensì risulta essere la raccolta di manifestazioni e proposte pervenute dai diversi stakeholders. Per la definizione di norme e regolamentazioni entra in gioco un altro strumento: il PRGC.7 Il PRGC è uno strumento dinamico, che si evolve nel tempo sulla base delle mutate esigenze di governo del territorio. La normativa prevede, al fine di ottenere un documento capace di essere aggiornato in relazione al variare dei tempi che corrono,
la possibilità di approvare, appunto, delle varianti, puntuali o generali. Il Piano Regolatore Generale Comunale di Collegno, in particolare, è stato approvato dalla Regione Piemonte nel 2003. Le relazioni tecniche, le norme per l’attuazione degli interventi e le Tavole grafiche pubblicate subiscono poi aggiornamenti tramite le Varianti (ovvero le modifiche) approvate successivamente. Le procedure sono differenti per i diversi tipi di variante, ma in linea di massima prevedono sempre un’adozione preliminare e una definitiva approvazione. Nel procedimento di Variante al Piano Regolatore Generale Comunale la Legge prevede, come abbiamo già detto, una fase preliminare di adozione in Consiglio Comunale che ne delibera l’adozione aprendo la fase cosiddetta “di salvaguardia”. All’interno di questa fase intermedia risultano vigenti le norme più restrittive tra quelle proposte dalla Variante adottata e quelle del Piano Regolatore vigente. Espletati tutti gli adempimenti necessari (eventuali conferenze istruttorie e/o di copianificazione, pubblicazioni, controdeduzione alle eventuali osservazioni) la Variante viene approvata in modo definitivo. Una volta approvata, la stessa assume totale efficacia e sostituisce del tutto le norme previgenti. 27
2.2 PRGC DI COLLEGNO Con l’evolversi del profilo socioeconomico del contemporaneo, la pianificazione urbanistica diviene sempre più mutevole e meno riconducibile a modelli previsionali certi. Il nuovo Piano Generale Comunale emanato nel 2003, attraverso la ricerca di un nuovo margine di flessibilità nel progetto di pianificazione, si pone come effettivo strumento di governo del territorio, inserendo una variabile temporale all’interno della pianificazione. Con l’assestarsi della crescita demografica e delle mutate condizioni economiche, la città cessa di essere un elemento in continua espansione, spostando, quindi, l’attenzione ai necessari processi di riqualificazione e di ricucitura dei tessuti consolidati e compromessi. Il nuovo piano si intende “valorizzare la specificità dei luoghi definendo obiettivi a partire da ambiti specifici di progetto, costruisce un progetto per parti di città ognuna descritta e riconosciuta nel ruolo attraverso cui accrescere la complessità di relazioni e significati nella città”. Proprio per questo valore che si dà alla specificità dei luoghi, i temi definiti dalla delibera programmatica (Dove la città incontra il fiume, Il centro allargato e I bordi della città) si costruiscono sul riconosci-
mento dell’identità dei luoghi e sulle differenze che strutturano l’identità di Collegno, che viene letta, in questo modo, in relazione al proprio ambito territoriale, in ragione della definizione di obiettivi coordinati in grado di attivare ricadute significative a scala allargata. La scelta di intervenire con un piano di riqualificazione anziché di espansione e di lavorare sulla città in maniera attenta anche alle piccole trasformazioni, ha portato a individuare un modo di procedere informato dal criterio del fare facendo. A questo scopo sono stai redatti diversi strumenti - varianti e strumenti urbanistici esecutivi - in modo da redigere un piano per progetti che individui nel progetto lo strumento conoscitivo in grado di interpretare le vocazioni dei diversi brani di città e di delineare così le ipotesi di trasformazione. La scelta metodologica di costruire un piano regolatore attraverso un laboratorio permanente sulla città configura l’elaborazione dello stesso come processo aperto di dialogo, come momento di progressivo avvicinamento alla città. La valorizzazione della dimensione di Collegno città del lavoro e l’obiettivo di attivare progetti di riqualificazione sulla città orientati alla definizione di una città più vivibile e solidale, dove un più elevato 28
8.
par. 4.3.b, I luoghi del lavoro pag.35, relazione illustrativa Prgc
comfort urbano possa restituire la città ai cittadini e determinare condizioni favorevoli per un’allargata fruizione dei diritti di cittadinanza, sono le linee di indirizzo principali assunte dal progetto preliminare di piano regolatore. La cultura del lavoro è uno dei temi che connota con forza l’identità collegnese. Le manifatture e le industrie hanno trasformato non solo l’assetto territoriale della città, ma anche quello occupazionale. Collegno, è andata così caratterizzandosi in termini di autonomia economica. Collegno città del lavoro è uno dei temi che con maggior forza attraversa non solo l’immaginario collegnese, ma anche il sociale, profondamente solcato da storie sindacali e di aggregazione operaria. La presenza di una cultura operaia consolidata di traduce sia in una radicata cultura della solidarietà, sia nel permanere di una generalizzata cultura del saper fare trasferibile nelle lavorazioni tecnologicamente avanzate che connotano la densa realtà produttiva del territorio collegnese. “La maggiore dotazione di aree al servizio del lavoro permette di preservare e rafforzare la dimensione di Collegno città del lavoro, attraverso una attribuzione di qualità e specificazione tipica per ogni ambito di insediamento: nell’ambito la città dell’industria i servizi individuati e nominati
contribuiscono a realizzare un brano di città che dia risposta sia alle esigenze della produzione, sia alle esigenze dei lavoratori; nell’ambito de l’industria in città i servizi individuati e nominati realizzano un maggior grado di integrazione tra il lavorare e l’abitare articolando le funzioni alfine di permettere lo scambio e la contaminazione di esperienze tra le diverse attività produttive e i diversi modi di abitare. Viene in questo modo aggiornata la tradizionale distinzione in zone omogenee, ossia la disaggregazione dell’urbano in azzonamenti monofunzionali che ha sorretto per decenni la pianificazione urbanistica. La convivenza delle differenti funzioni viene, peraltro, regolata con l’introduzione di parametri di compatibilità attraverso il controllo dei limiti di inquinamento acustico e atmosferico, le fasce di rispetto verdi, il progetto degli elementi architettonici e urbani che rappresentino l’identità di luoghi.8” A differenza del programma di “Collegno Rigenera”, che attraverso le manifestazioni e le segnalazioni identifica i differenti luoghi assoggettabili ad interventi di riqualificazione, il PRGC consente al Comune di pianificare lo sviluppo edilizio della città nelle sue diverse destinazioni. Un sistema di regole per definire a monte la localizzazione 29
e le caratteristiche delle aree residenziali, delle industrie, del commercio, ma anche del sistema della viabilità, dei servizi pubblici, dei parchi e dei giardini. Grazie al Piano Regolatore Generale Comunale e ai suoi Piani esecutivi di dettaglio, dove previsti, si evita uno sviluppo caotico e non razionale delle città e si garantisce la necessaria dotazione di servizi di pubblico interesse, preservando nel contempo l’ambiente e il territorio destinato all’agricoltura. Si compone di parti descrittive, normative e grafiche. In particolar modo la struttura normativa del PRGC di Collegno è articolata in: - luoghi di progetto che prevede la suddivisione per ambiti o quartieri, - ambiti normativi identificando isolati, macro-isolati o sue porzioni; - destinazioni d’uso specifica dell’ambito normativo; È possibile, quindi, attraverso un’analisi del PRGC identificare i temi principali che attraversano la città, suddivisi, appunto, nei luoghi di progetto e che riguardano il centro allargato, Dove la città incontra il fiume ed i Bordi della città. Per ognuno di questi su citati luoghi di progetto,
attraverso le schede delle norme di attuazione, sono specificati i diversi ambiti normativi e i diversi parametri da rispettare per poter intervenire, quantità, ribaltamenti, altezze, indici e destinazioni principali. All’interno di quest’ultime vengono poi definite altre informazioni, quali una descrizione del contesto, gli obiettivi generali del piano, i motori di trasformazione, cioè le scelte e i progetti a scala allargata che interessano quella determinata area, ipotesi di trasformazione e relazioni che indicano ulteriori informazioni relative al sito e alle sue connessioni fisiche e visive.
2.2.1 I bordi della città e le aree di via De Amicis L’ambito delle aree di via De Amicis è definito dai confini naturali delineati a nord dal Campo volo, da Corso Pastrengo, dalla Certosa Reali e dal Parco Dalla Chiesa a ovest, da via Torino e corso Francia a sud, da corso Antony ad est. Attualmente le aree sono caratterizzate da ampi lotti liberi compresi tra capannoni industriali e da una viabilità sfrangiata con spazi pubblici non correttamente progettati. L’ipotesi di trasformazione dell’area si inserisce all’interno della delibera “I Bordi della 30
città”. Questa si configura come un’importante luogo di relazioni tra la città costruita da riconnettere al centro urbano e allo stesso tempo, elemento di connessione con la città di Torino. L’ipotesi di intervento prevista dal PRGC coinvolge sia parti già costruite e compromesse sia lotti ancora liberi e promuove un progetto di riqualificazione complessiva che prevede il lavoro, purché compatibile con la residenza, le case e i servici, come ulteriore opportunità di integrazione per il quartiere e di modificazione del tessuto urbano esistente. I motori di trasformazione possono essere così schematicamente riassunti: Il progetto di rifunzionalizzazione dell’ex Ospedale Psichiatrico della Certosa: Per la Certosa si individuano ipotesi di rifunzionalizzazione volte a recuperare il patrimonio architettonico e ambientale e a valorizzare il peso e il ruolo di Collegno a scala metropolitana. La vasta area nel cuore della città è dedicata a servizi di carattere culturale ed è coinvolta in numerosi progetti volti a promuovere il parco a molteplici usi e ad incentivarne la fruizione. Formazione, arte e attività socioculturali descrivono le nuove funzioni previste (Corsi di specializzazione dell’Università degli Studi, Diploma transfrontaliero sui polimeri, Museo di antropologia
ed etnografia, Archivi scientifici dell’Università, Museo di anatomia umana, Museo dell’uomo, Scuola media superiore) Il parco Dalla Chiesa: molti sono i progetti che coinvolgono l’area parco, alcuni già realizzati e in parte finanziati dalla Provincia come il progetto “dove la città incontra il parco”; essi hanno insieme scopo didattico e di incentivo alla fruizione del parco. Lo spazio attrezzato per il gioco e lo sport e la nuova piazza del Vascone promuovono il parco Dalla Chiesa a molteplici usi. Il progetto di recupero delle ex acciaierie Mandelli: la trasformazione dell’impianto dismesso in Parco della storia industriale prevede il recupero di parte delle fonderie, che potranno ospitare una serie di attività di servizio comune alle imprese e alla cooperazione sociale, un centro fieristico, alcuni show room e attività di servizio per il tempo libero, così come attività commerciali. La qualificazione e specializzazione delle produzioni e la mediazione tra domanda e offerta di lavoro si pongono come elementi qualificanti dell’ipotesi di trasformazione. La proposizione del parco prefigura un percorso museale open air e definisce, al limite meridionale del Parco Dalla Chiesa, un nuovo ambito a servizi di interesse generale. 31
La nuova via Tampellini: elemento di raccordo con il nuovo ponte sulla Dora, la via consentirà di servire le tre aree produttive di Collegno – statale 24, Rosa Luxemburg e De Amicis – e definirà il nuovo attraversamento nord-ovest, sud-est raccordando lo svincolo tangenziale di Collegno al corso Marche. Questo impianto viabilistico, alternativo al corso Francia, sgraverà la via De Amicis dal traffico di attraversamento. La linea 1 di metropolitana interrata: congiungerà Collegno alle principali Stazioni ferroviarie di Torino. La stazione di testa sarà localizzata in corrispondenza dell’incrocio tra la via Fermi e la via De Amicis, dove nascerà il nodo di interscambio con il parcheggio di auto e la stazione degli autobus di linea intercomunale, luogo privilegiato dello scambio e della mobilità. Il deposito della metropolitana è previsto nell’area compresa tra il corso Pastrengo, il magazzino comunale e il Campo Volo. La ristrutturazione urbanistica dell’area di modificazione. Fermi-Elbi: la rilocalizzazione in atto degli stabilimenti produttivi esistenti verso la nuova area P.I.P. comporterà una riconversione degli impianti produttivi ad un mix di funzioni, terziario – commerciali e residenziali. L’area del parcheggio di
interscambio della metropolitana – linea 1 – e quella subito adiacente verso nord, ospiteranno i servizi connessi alle nuove previsioni di Piano. L’organizzazione dell’intero nodo di interscambio che ruoterà attorno alla stazione Fermi della Metropolitana sarà oggetto di studio di fattibilità nell’ambito dei Programmi Integrati di Sviluppo Locale (P.I.S.L.) in corso di avvio. La trasformazione del Campo volo a verde pubblico: il verde pubblico a scala sovraccomunale si affiancherà all’attuale destinazione di aeroporto turistico, scuola di volo e sede della Protezione Civile. La riqualificazione dei corsi Antony e Montello propone questi assi come connessione tra i parchi di Collegno - Parco agronaturale della Dora, parco Dalla Chiesa, il Campo Volo, e il parco dell’Università di Grugliasco. Il progetto di valorizzazione dello spazio verde, che prevede anche l’inserimento di una piazza del mercato attrezzata, ricuce i percorsi pedonali e ciclabili est- ovest. Il progetto, previsto dalle nta,“I bordi della città”, che diviene elemento centrale e punto di partenza di questa trattazione, si focalizza sulla riqualificazione dell’area, investendo sia il tessuto edificato esistente, sia il territorio non edificato a nord di via De Amicis. Il prolungamento della linea metropo32
9.
Il concetto di governance è stato utilizzato per la prima volta da Ronal Coase nel 1937 in ambito economico, riferendosi ai meccanismi di coordinamento interni all’impresa per ridurre i costi di transizione che vengono generati dal mercato. Secondo Coase introdurre la governance avrebbe dato all’impresa la possibilità di verifica e soprattutto di responsabilizzazione di fronte agli azionisti e ai consumatori. 10. L'area metropolitana di Torino è una conurbazione dovuta alla continuità urbana (prima cintura) ed all'interazione sociale ed economica di alcuni comuni della seconda cintura torinese e la stessa città di Torino. L’area metropolitana torinese del Piano
litana ed il nodo di interscambio a Fermi, danno luogo ad una nuova centralità, rafforzata nel progetto attraverso la realizzazione di una piazza sulla quale si attesteranno nuovi edifici pubblici. Via de Amicis viene indicato in questo caso come nuovo asse di condensazione urbano, di collegamento tra il Parco dalla Chiesa e la Certosa, l’area dell’ex acciaierie Mandelli, la nuova piazza e corso Antony. Il Campo volo segna la fine della città costruita, come rappresentato nel progetto, l’intervento disegna infatti una parte di città che dirada verso il parco, lasciando man mano spazio al verde che entra in città.
2.3 PIANO STRATEGICO DI COLLEGNO Il programma “Collegno Rigenera” si colloca all’interno di un discorso che ha come obiettivo, attraverso anche le molteplici azioni di consultazione della cittadinanza, quello di contribuire alla realizzazione di un documento di nuova costituzione per l’amministrazione: il Piano Strategico Partecipato della Città, uno strumento utile per fissare gli obiettivi ed indicare i mezzi, gli strumenti e le
azioni per raggiungerli, individuando i temi principali, in una prospettiva di medio- lungo periodo e di governance9 metropolitana. La definizione delle caratteristiche della Città, sottolineandone le qualità, le potenzialità e i limiti, orienta azioni e progetti nella prospettiva di dare alla Città stessa un ruolo preciso, quello di metropoli, come co-protagonista delle future trasformazioni dell’area torinese e della zona Ovest in particolare. Il PSP avrà come riferimenti prioritari: - il Documento Intermedio del terzo Piano Strategico di Torino (Torino Metropoli 2025) e i Piani Strategici dei Comuni della Zona Ovest; - il programma di mandato dell’Amministrazione Comunale di Collegno, denominato “Collegno Impegno Comune”; - gli elementi che emergeranno dal percorso di coinvolgimento e partecipazione della cittadinanza.
2.4 PIANO STRATEGICO DI TORINO L’area metropolitana di Torino10 è stata la prima città italiana ad adottare un piano strategico, il 33
11. La pianificazione territoriale è una delle funzioni fondamentali assegnate dalla riforma "Delrio" alla Città metropolitana, nelle declinazioni di pianificazione territoriale generale metropolitana (comma 44, let b, art. 1 unico della legge 56/14) e della pianificazione territoriale di coordinamento nonché tutela e valorizzazione dell´ambiente, per gli aspetti di competenza (comma 85, let a, art. 1 unico della legge 56/14
29 febbraio del 2000, nella cui stesura sono stati coinvolti istituzioni, politici, mondo economico e numerosi altri attori al fine di avviare un progetto di sviluppo e ridefinizione della propria identità, imboccando una strada che negli anni successivi è stata seguita, per l’appunto, da molte altre città. Dal punto di vista della materia urbanistica, l’ipotesi di strategia territoriale metropolitana, o piano spaziale, non sostituirebbe altri strumenti di pianificazione territoriale ad altre scale, quali il Piano Territoriale Metropolitano11 o i Piani Regolatori Generali (PRG) comunali in quanto non è uno strumento di pianificazione vincolante, legato ad un singolo ente, in grado di programmare direttamente politiche, azioni e relative risorse. Si tratta di uno strumento tipologicamente molto diverso, un’agenda urbana altamente selettiva di progetti e linee guida che definisce, in modo condiviso e coerentemente con la strategia generale, vocazioni territoriali, visioni di sviluppo e investimenti prioritari di medio periodo declinati in progetti fortemente legati ad investimenti pubblici e privati realmente promuovibili. Le rappresentazioni che vengono poste in essere hanno un carattere plurisettoriale, perché concorrono al loro interno diversi processi sociali, culturali,
istituzionali ed organizzativi mantenendo una certa sensibilità alle condizioni locali. Le ricadute derivanti da questo lavoro sono riscontrabili, non solo nelle opere infrastrutturali, ma anche e soprattutto nell’insieme di interazioni e relazioni che scaturisce all’interno del contesto urbano, verso un miglioramento della capacità delle diverse istituzioni di applicare una politica di cooperazione con i diversi soggetti in gioco. I piani strategici risultano, quindi, essere un segno dell’evoluzione delle città moderne, nelle quali aumenta il senso di flessibilità e diminuisce il gap tra pubblico e privato, incrementando i processi decisionali orizzontali e le forme di partecipazione collettiva, mettendo in evidenza, parallelamente, azioni da realizzare dal carattere pragmatico che preveda la continua verifica dei risultati e la condivisione degli obiettivi. Tale Piano risulta quindi essere un prodotto, un documento che deposita e racconta una strategia, ma è innanzitutto un processo di ideazione, concertazione, negoziazione e sostegno al cambiamento. Questo processo non termina con la pubblicazione del documento, ma continua con l’approfondimento, l’incubazione, la realizzazione dei progetti 34
prioritari e l’elaborazione di nuove progettualità, sostenuti dalle leadership locali, ossia dai portatori di risorse di competenza, decisionali e finanziarie, uniti in efficaci colazioni di sviluppo. Dimensione metropolitana, centralità del mondo delle imprese, dell’università, della ricerca, dell’innovazione, rinnovamento della pubblica amministrazione, sono i pilastri della nuova fase di cambiamento Il primo Piano Strategico, “per la promozione della città”, è nato in un momento in cui si percepiva già acutamente la crisi dell’industria manifatturiera e della società fordista, dovuta al cambiamento socio-economico in atto nei paesi occidentali. Lavorando al Piano Strategico, Torino si è impegnata, quindi, a elaborare un progetto per mantenere la propria capacità di produrre ricchezza e innovazione attraverso la diversificazione del sistema produttivo e il rinnovamento dell’immagine internazionale della città, il cui punto culminante è stato l’organizzazione delle Olimpiadi Invernali. Successivamente, nel 2006, è stato elaborato un secondo Piano che ha concentrato l’attenzione sul tema dell’economia della conoscenza. In accompagnamento alle fasi di intensa attività di elaborazione dei piani, l’Associazione si è occupata di animare il dibattito locale su temi di
sviluppo, promuovere la nascita di nuove agenzie, far emergere attori, temi e obiettivi. Il terzo Piano Strategico “Torino Metropoli 2025”, infine, è stato elaborato in due anni e mezzo di lavoro. 148 incontri, 230 enti coinvolti e oltre 500 persone direttamente mobilitate sono i numeri di un processo inclusivo che ha disegnato un nuovo progetto per il futuro di Torino e della sua dimensione metropolitana. Il terzo Piano Strategico si è concentrato sul territorio riconoscibile come l’area conurbata di Torino, che include i 38 Comuni caratterizzati da un alto grado di integrazione con il capoluogo. Questo territorio costituisce il più importante motore di sviluppo della area Piemontese arrivando a produrre fino a metà del PIL regionale. Qui si trovano le principali funzioni strategiche regionali e si realizzano molte innovazioni di carattere economico, sociale e culturale. Frutto di un complesso lavoro collettivo, di concertazione e consultazione dei tanti attori locali esso è guidato dall’attivazione delle migliori risorse locali e delle molte competenze di cui Torino è ricca, a confronto con i dati socio-economici, le tendenze e le buone pratiche internazionali. Uno degli obiettivi è quello di migliorare in modo 35
significativo la mobilità presente e futura, garantendo condizioni di trasporto favorevoli alla valorizzazione dell’area, realizzando un’integrazione migliore con la previsione degli strumenti urbanistici. Una delle azioni proposte è il prolungamento della linea 1 della metropolitana con l’attivazione di 4 nuove stazioni verso Ovest, oltre l’attuale capolinea Fermi. Le nuove stazioni previste (Certosa, Collegno Centro, Leumann, Cascine Vica), entro il 2020, metteranno in comunicazione La città di Torino con i Comuni di Collegno e Rivoli. L’obiettivo è quindi quello di preparare il terreno ad una nuova stagione di sviluppo di Torino che vuole e deve essere una capitale economica d’Italia e d’Europa, con un modello di leadership e di valorizzazione delle risorse ed eccellenze più ampio e realmente aperto. L’unica vera dimensione per partecipare alla sfida della competitività viene quindi identificata nella selezione condivisa di progetti di valore strategico, in grado di produrre reali cambiamenti positivi, e la capacità di portarli a termine, compito in cui il contributo di tutti è prezioso per attivare le migliori competenze in un’ottica di squadra e di governance condivise.
2.4.1 Linea metropolitana 1 Nel corso dello scorso secolo, il susseguirsi di insediamenti di attività produttive l’ungo l’asse est-ovest ha determinato la necessità di innestare un sistema di trasporto pubblico di maggiore qualità della linea ferroviaria Torino – Rivoli, che potesse essere in grado di far fronte alla crescente utenza composta principalmente da lavoratori, che si spostavano tra i diversi comuni. Nacquero le prima proposte di un sistema di trasporto sotterraneo che nel 1936 vide le prime operazioni di realizzazione con lo scavo del tunnel di via Roma, attualmente adibito a parcheggio sotterraneo, ma che non videro mai la fine. Alla soglia degli anni ’80 il comune di Torino approvò la progettazione e la realizzazione di una linea metropolitana superficiale composta da un tracciato nord-sud ed un altro est-ovest, posto proprio su corso Francia. Questa decisione determinò fin dall’inizio una forte resistenza da parte della cittadinanza che iniziò ad attivarsi, attraverso un comitato, per la difesa di corso Francia, sostenendo che un intervento di quella portata non avrebbe portato alcun miglioramento in merito alla riduzione dei flussi veicolari, ma che l’unico modo per avere benefici fosse 36
quello di realizzare un tracciato sotterraneo. Inoltre una legge risalente al 1964 stabiliva che i viali di piazza Statuto e piazza Massaua, non potevano essere soggetti a modifiche in quanto spazi di interesse pubblico. Così nel 1982 il progetto venne modificato e la nuova proposta fu impostata sull’interramento della linea fino a Collegno, per poi proseguire a livello stradale. Il comitato però tornò a scontrarsi con l’amministrazione ed il progetto si fermò. A partire dagli anni ’90 venne formulata l’ipotesi di realizzare una linea della metropolitana automatica. Il progetto venne approvato nel 1997 e subì un’accelerazione in seguito alla nomina di Torino come città ospitante dei Giochi Olimpici Invernali del 2006. Nel 2006 finalmente è stata inaugurata la metropolitana di Torino, anche se l’opinione pubblica accolse con parecchio scetticismo l’opera in quanto la sua realizzazione generò all’interno delle casse comunali un forte indebitamento e inizialmente fu scarsamente utilizzata. Infatti furono 20mila gli utenti giornalieri che nel primo periodo utilizzavano la metropolitana, fino a raggiungere però, nel 2013 una media di 107.000. Il primo tracciato si articolava lungo un asse
est-ovest, con la tratta Fermi-Porta Susa che giunse successivamente fino a Porta Nuova. A causa dei diversi ritrovamenti archeologici lungo tutto il percorso, i lavori subirono notevoli ritardi che culminarono con la scoperta di un cimitero longobardo nei pressi di Collegno, dove oggi sorge il centro di coordinamento GTT. Successivamente la linea crebbe espandendosi anche verso sud raggiungendo lingotto, di cui attualmente è prevista un’espansione mediante l’apertura delle stazioni Bengasi, nei pressi dell’omonima piazza e Italia ’62, e del nuovo Palazzo della Regione. Gli intereventi di espansione, da parte dell’amministrazione metropolitana, saranno dedicati però anche al prolungamento verso ovest, fino a Rivoli. A partire dalla stazione Fermi, il tracciato proseguirà per 3,4 km lungo l’asse di via De Amicis, fino all’incrocio con Corso Pastrengo, al di sotto della ferrovia Torino-Modane e si porterà nuovamente in asse sotto corso Francia. Secondo il progetto, la tratta proseguirà fino alla frazione di Cascine Vica del comune di Rivoli, in corrispondenza dell’intersezione con la tangenziale est. Secondo quanto previsto, inoltre, verranno realizzate altre 3 nuove fermate quali quella della Certosa, in corrispondenza dell’ingresso sud del Parco Generale Dalla Chiesa 37
su via Torino, Collegno centro, nei pressi del nuovo ipermercato PAM, sorto al posto della Maggiora Alimentari, Leuman, di fronte l’ex stabilimento tessile e Cascine Vica, nei presso dello svincolo della tangenziale est. L’opera costerà circa 304 milioni di euro ottenuti tramite il “Decreto Sblocca Italia” e dureranno 4 anni a partire dal 2016.
Fig. 4 - Futura espansione linea metropolitana1
38
2.4.2 Corso Marche e Corso Francia
12.
Gregotti Associati International è stata fondata nel 1974 da Vittorio Gregotti. Sono attualmente partner Vittorio Gregotti, Augusto Cagnardi e Michele Reginaldi, ai quali si affiancano 13 Associati, un folto gruppo di giovani architetti e una efficiente struttura organizzativa. 13.
Primo Piano Strategico di Torino
Il primo Piano Strategico dell’area metropolitana torinese riprende e integra gli assi portanti del Piano Regolatore che, approvato nel 1995, indicava le grandi scelte della trasformazione urbanistica della Città, in particolare, quella relativa alla trasformazione dell’asse della Spina Centrale. Il piano elaborato da Gregotti e Cagnardi12 si pone nell’ambito concettuale e operativo del progetto urbano italiano ed europeo degli anni Ottanta e rappresenta un importante icona soprattutto in virtù del successo nelle pratiche reali. Il PRGC di Gregotti e Cagnardi, infatti, ha il merito di riuscire a riassumere fenomeni ed intenti trasformativi di notevole complessità, la formazione di nuovi luoghi e centralità, il riuso di aree industriali interne alla città e l’interazione tra riqualificazione urbana ed opere infrastrutturali, attraverso immagini fisiche di natura sintetica, riuscendo in un’opera di intreccio e ridefinizione di differenti settori in un unico sistema. Vengono poste le basi, quindi, di un processo di ridefinizione dell’immagine degli spazi della città storica a cui seguiranno, negli anni successivi, le diverse ipotesi di creazione di un “distretto cultu-
rale, intorno alla quale poter sviluppare una vocazione turistica della città. Inoltre, apre anche nuove dimensioni della città, recuperando un immagine di Torino, successivamente all’espansione verso ovest, come sistema spaziale costruito sull’assialità nord-sud, attraverso le tre nuove centralità proposte (la Spina Centrale che lega lungo il Passante ferroviario le diverse aree industriali dismesse, corso Marche e il Progetto Po). La coerenza tra PRGC e Piano Strategico è un elemento fondamentale per la gestione di quest’ultimo che, come già detto, non è uno strumento destinato ad esercitare controllo sui processi di trasformazione territoriale. Con l’intento di integrare l’area metropolitana nel sistema internazionale la prima linea strategica del piano del 200013 si articolava intorno a tre punti: 1.sviluppare reti di cooperazione internazionale; 2.favorire l’accesso a Torino; 3.migliorare la mobilità interna. Il sistema autostradale metropolitano ben connette Torino al resto del territorio nazionale ed europeo, ma, in un contesto metropolitano in continua crescita determinando conseguenze in termini di saturazione in molti tratti. Per questo motivo il Piano del 2000 individuava diversi interventi strategici che 39
andavano a sommarsi al boulevard urbano della Spina Centrale tra cui il completamento di corso Marche nel tratto tra corso Regina Margherita e la tangenziale nord e nel tratto a sud di corso Francia. Tale opera è ritenuta strategicamente importante per la viabilità e la distribuzione del traffico alle attività e le residenze collocate tra Torino e Collegno, sia in termini di decongestionamento della tangenziale, sia perché va ad intervenire, all’interno del sistema viabile della conurbazione, sulla componente più problematica al fine di migliorare l’accessibilità ed il collegamento reticolare della direttrice nord-sud della Torino Ovest.
14. Il 29 febbraio 2008 sul sito di Finmeccanica viene ufficializzato un accordo con il comune di Torino per la riqualificazione dell'area tra corso Marche e corso Francia. Previsti dismissione e spostamento dei reparti dell'Alenia nei pressi di Caselle. C'è già un'idea di progetto. Pier Francesco Guarguaglini presidente e A.D. Finmeccanica sottoscrive il comunicato stampa ufficiale, si prevede il termine per la fine dei lavori nel 2016.
CORSO MARCHE La realizzazione del nuovo asse di corso Marche costituisce il completamento del processo di trasformazione urbanistica di Torino. Corso Marche rappresenta una fascia di territorio connettivo che idealmente congiunge il parco di Venaria con quello di Stupinigi, e nei prossimi anni sarà il riferimento della pianificazione urbanistica dell’area metropolitana. Elemento portante del recupero di questa parte di Torino è la costruzione di un lungo viale alberato di circa 6 km tra il belvedere sulla Dora e la nuova
piazza Mirafiori. Posto in corrispondenza dell’attuale corso Marche, il viale si sovrappone ai binari della ferrovia, che saranno interrati su due livelli, e ad un asse di scorrimento autostradale a mezz’altezza tra la ferrovia e il grande viale urbano di superficie. Il nuovo corso Marche sarà intersecato in più punti col sistema delle infrastrutture esistente: dalle ferrovie regionali alla tangenziale, fino alla Linea 1 e la futura linea 2 della Metropolitana. E proprio questi punti, caratterizzati da una migliore accessibilità, focalizzano gli ambiti sui quali la Città sta scommettendo tra cui, come si è già detto, il recupero dei grandi spazi inutilizzati a ridosso delle aree industriali. Questo consentirà la nascita di un nuovo quartiere, sull’area dismessa da Alenia Aeronautica14, che si presenta come una realtà innovativa per concezione architettonica. Qui verde, viali e piazze interamente pedonali saranno integrati armonicamente con differenti funzioni e tipologie edilizie, alla ricerca di una piena integrazione e complementarietà tra ambiente e architettura. I nuovi insediamenti previsti riguarderanno soprattutto i settori in cui Torino già eccelle: l’automobile, l’automazione, l’aerospaziale, l’elettronica, affian40
cati dai settori della formazione, della ricerca, della salute. Ne sono esempi la nascita di un centro di ricerca destinato a ospitare, tra le varie realtà imprenditoriali, Alenia e la realizzazione dell’area TNE - Torino Nuova Economia, il polo dedicato alla nuova economia, al design e all’alta formazione, che sta già sorgendo sulle aree dismesse di Mirafiori.
15. Quest'arteria, che fa da confine tra le Circoscrizioni 3 e 4, è stata l'oggetto di un’interessante studio. Il volume "Corso Francia 150-300" e la mostra "La strada reale di Francia - Documenti ed immagini sui 300 anni di corso Francia" sono stati realizzati dal consigliere provinciale Giuseppe Sammartano e dalla giornalista Elisa Zunino. A cura di Turismovest.
CORSO FRANCIA Corso Francia ha compiuto tre secoli di vita nel 201115, in concomitanza con i 150 anni dell’unità d’Italia, essendo stata, la sua realizzazione, deliberata dal duca di Savoia Vittorio Amedeo II, che emanò un apposito biglietto regio il 3 luglio del 1711, al fine di creare un collegamento diretto con il Castello di Rivoli, una delle residenze preferite del duca. Quest’arteria, che fa da confine tra le Circoscrizioni 3 e 4, è un interessante asse sulle trasformazioni urbane della città Torinese. Con i suoi 13 km di lunghezza, l’attuale Corso Francia detiene l’invidiabile primato di corso rettilineo più lungo d’Europa, unendo Torino a Rivoli. L’importanza logistica dello Stradone di Francia, progettato dall’architetto e urbanista ducale Michelangelo Garove, autore tra l’altro di importanti
palazzi torinesi tra cui l’Università di Via P, andò via crescendo nel corso del tempo, diventando anche un fondamentale asse di crescita e di sviluppo della struttura urbana, a partire dalle ville suburbane che sorsero ai suoi lati, tra cui la splendida Villa Tesoriera. Anche tra Otto e Novecento Corso Francia continuò a rappresentare un asse di espansione urbana di primaria importanza, come testimoniano i preziosi edifici liberty, tra cui spiccano importanti esempi progettuali di Pietro Fenoglio, Gottardo Gussoni e altri importanti esponenti dell’Art Nouveau subalpina, di cui sono ricchi i due quartieri contigui di Cit Turin e San Donato. wNon si possono infine dimenticare due importanti motivi di rilevanza storica dell’asse di Corso Francia in età moderna: i trasporti (dal primo treno a vapore del 1871, poi elettrificato nel 1914, fino alla linea 1 della Metropolitana, inaugurata nel 2006, e di cui esiste il progetto di un prolungamento fino a Cascine Vica) e l’industrializzazione. Nel 1904 la larghezza del corso, fino alla cinta daziaria, venne definitivamente fissata in m 46, misura successivamente estesa fino al confine della città, in seguito ai progressivi spostamenti ed all’abbattimento della cinta daziaria. Fin dai tempi di Garove lo stradale era fiancheggiato da due 41
imponenti alberate di olmi e di roveri; tale assetto si mantenne sostanzialmente per tutto l’800. Solo a partire dagli anni cinquanta del secolo scorso, con il grande sviluppo demografico, produttivo ed edilizio di Torino e con l’avvio dei processi di decentramento industriale e residenziale nei Comuni della cintura, si produce la saturazione edilizia dell’asta di corso Francia. Ne consegue un allineamento compatto su entrambe le fronti del corso di volumi residenziali ed industriali affatto eterogenei, informati all’unico criterio del massimo sfruttamento edilizio. L’alberatura del corso, che fin dai tempi di Garove, ne garantiva l’unità di arredo e di immagine, è scomparsa, tranne che nel tratto torinese e salvo presenze episodiche nel resto del tracciato. L’arteria di corso Francia, lunga circa 12 km, costituisce un patrimonio storico ed ambientale di straordinaria rilevanza, collega ed allinea, nel tratto torinese, comparti urbani ormai ampiamente consolidati e, nei territori delle città di Collegno e Rivoli, importanti aree strategiche per la trasformazione urbana. La realizzazione in corso della prima linea di metropolitana interrata offre una importante ed unica occasione per definire una configurazione nuova che esalti l’unità territoriale dell’asse, promuovendo allo stesso tempo una
ricucitura tra le diverse parti di città ora separate dal flusso di traffico. Nel settembre del 2002 la Provincia di Torino e le Città di Torino, Collegno e Rivoli, si impegnavano, attraverso la firma di un Protocollo d’intesa, ad avviare uno studio unitario di fattibilità che, partendo da un approfondito esame storico delle vicende di costruzione e modificazione dell’asse territoriale di corso Francia, ne definisse le caratteristiche future dal punto di vista urbano, ambientale, del paesaggio e della mobilità, nella prospettiva di una riqualificazione integrale estesa alle aree ai lati del corso concentrandosi principalmente sulle differenti ipotesi di sistemazione funzionale del livello superficiale di corso Francia (ad esempio l’interramento del tratto in corrispondenza dell’area centrale di Collegno, il sottopasso ciclo-pedonale in corrispondenza dei corsi Antony e Montello in Collegno, etc), sull’ipotesi di connessione tra il nodo di interscambio della stazione ferroviaria di Collegno, la stazione della metropolitana (Fermata Certosa), e le soluzioni prospettate e valutate di razionalizzazione e potenziamento delle infrastrutture viarie, atte a scaricare da una quota rilevante di traffico corso Francia e la sua riorganizzazione funzionale e ridefinizione dell’assetto superficiale, prevedendo una riduzione 42
della carreggiata e sopraelevando la restante parte della sede stradale alla quota dei marciapiedi esistenti. Su tale piattaforma o banchina sono ricavati i percorsi pedonali e ciclabili, gli accessi alle fermate del Metrò e dei parcheggi marginali. E’ ovviamente conservata e valorizzata l’alberata esistente di platani come fondamentale elemento di unificazione dell’immagine ambientale.
2.5 DDL 2039, CONSUMO DEL SUOLO
16. Presentato il 3 febbraio 2014 dal ministro delle politiche agricole alimentari e forestali (De Girolamo) dal ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo (Bray) dal ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (Orlando) e dal ministro delle infrastrutture e dei trasporti (Lupi) di concerto con il ministro per gli affari regionali e le autonomie (Delrio) e con il ministro dell’economia e delle finanze (Saccomanni) - contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato
Il D.D.L. 203916 ha come obiettivo quello di arrestare il consumo del territorio, divenuto ormai un problema su scala nazionale, cercando di indirizzare il settore edilizio verso interventi di riqualificazione e rigenerazione urbana, favorendo il recupero di preesistenze ed eventualmente concentrare le nuove costruzioni in aree già urbanizzate, laddove siano presenti edifici in stato d’abbandono che necessitano di demolizione L’obiettivo è quello di tutelare il territorio attraverso un’attenta politica ambientale. I temi su cui si fonda il disegno di legge sono riassumibili in tre macro-temi: 1. Consumo di suolo: il consumo sarà possibi-
le solo per i lavori e le opere gia inserite nelle programmazioni delle amministrazioni locali. Per le trasformazioni successive, l consumo non potrà essere superiore al 50% della media regionale nei cinque anni precedenti. 2. Oneri di urbanizzazione. Quanto ricavato dalle trasformazioni verrà riutilizzato solo ed esclusivamente a beneficio delle operazioni di riqualificazione. Prima era possibile destinare il 50% degli introiti per pagare altri tipi di spese. Fondi potranno essere utilizzati per: - opere di urbanizzazione primaria e secondaria; -risanamento nei centri storici e interventi di riuso e di rigenerazione, demolizione di costruzioni abusive; - interventi di tutela e riqualificazione dell’ambiente edel paesaggio - realizzazione di aree verdi: - prevenzione e riduzione del rischio idrogeologico e sismico; - interventi per favorire l’insediamento di attività di agricoltura in ambito urbano attuati dai soggetti pubblici; - tutela e riqualificazione del patrimonio rurale pubblico. 3. Riqualificazione delle periferie: nei nove mesi 43
successivi all’entrata in vigore della legge, il Governo sarà obbligato ad elaborare dei decreti legislativi affinchè si semplifichino le procedure per la rigenerazione urbanistica, sociale e ambientale. Nonostante le intenzioni siano virtuose, questo Disegno Di Legge, attualmente al Senato, non ha riscosso molto successo all’interno delle amministrazioni comunali. Tale scontento è attribuibile alla scarsa flessibilità dei punti chiave del DDL i quali avrebbero un effetto dirompente sulle strategie e sui bilanci dei comuni.
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Fig. 5 - PRGC di Collegno 2003
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Collegno Rigenera
Collegno Rigenera
3.1 IL PROGRAMMA
Fig. 6 - Locandina Programma Collegno Rigenera
17.
Delibera Comunale 188/2015
I nuovi modelli di sviluppo urbano hanno mutato la fruibilità e le funzioni di parti della città e come risultato della dismissione industriale ampie aree sono rimaste inutilizzate generando dei vuoti urbani. Il programma “Collegno Rigenera” nasce come
occasione per migliorare la qualità urbana attraverso un’operazione di rigenerazione e di risanamento delle parti degradate per sostenere l’economia locale, per salvaguardare il suolo anche in chiave di sostenibilità (energetica, ambientale...)17. Nel 2009, la Regione Piemonte ha approvato la Legge regionale n° 20 ovvero il cosiddetto “Piano casa”, che si basa sulla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente dal punto di vista della qualità architettoniche e dell’efficienza energetica, non ché sul miglioramento della sicurezza delle strutture e sull’accessibilità degli edifici (cfr. art. 1). L’articolo 14 della L.r. 20/2009 introduce, inoltre, una nuova categoria, cioè quella dei “programmi di rigenerazione urbana, sociale ed architettonica, tramite azioni partecipative e di concerto con gli operatori privati” con l’obiettivo di sollecitare gli stessi comuni ad individuare ed esplicitare “ambiti di territorio su cui promuovere i citati “programmi”. “Collegno Rigenera” è promosso dall’Amministrazione, rientrando a far parte della categoria dei programmi di rigenerazione urbana sopra citati, per dare una risposta alle necessità economiche e sociali del territorio collegnese nel rispetto dei seguenti obiettivi : 48
- qualificare la città come “Collegno Social Town” ponendo attenzione all’equità sociale, al miglioramento dei servizi pubblici, alla riqualificazione delle periferie, ai collegamenti con il centro città; - rendere la città più vivibile e bella migliorando la qualità degli edifici e degli spazi del paesaggio urbano, integrando gli interventi di rigenerazione con le preesistenze; - contribuire alla tutela dell’ambiente aumentando la disponibilità di spazi verdi naturali in ambito urbano; - superare ed eliminare le barriere fisiche ed ambientali per consentire a tutti i cittadini di utilizzare gli spazi e le infrastrutture disponibili e di futura realizzazione; - realizzare una città a misura di pedone e ciclista. Il contesto amministrativo in cui si cala tale programma è quello di “Collegno Metropolis 2025”, un percorso partecipativo e di ascolto, che cerca di incentivare la partecipazione della cittadinanza alle politiche pubbliche e che cerca di gerarchizzare gli interventi al fine di incoraggiare lo sviluppo economico, urbano, sociale, culturale di Collegno. Tale rinnovamento contribuisce attivamente alle strategie di modificazione del territorio già intraprese dalla città di Torino a scala metropo-
litana. Gli obiettivi del programma vengono perseguiti attraverso specifiche strategie urbanistiche coerenti con il PRGC e articolati in indirizzi. In particolare vengono definiti gli ambiti territoriali di intervento che possono includere aree comunali connesse alle aree private coinvolte e/o fabbricati di proprietà pubblica da riqualificare; indicazioni sulle aree per servizi pubblici; integrazione e coerenza con il contesto rubano, perseguendo la coerenza con le destinazioni d’uso e le tipologie edilizie circostanti. Nello specifico dovrà ricercarsi l’integrazione del comprensorio urbano di via De Amicis con il resto della città, in questo caso si privilegerà l’incremento delle destinazioni residenziali e terziarie rispetto all’attuale assetto industriale dell’area. È consentito il recupero dei fabbricati esistenti, senza demolizione. All’interno, e nei limiti dei volumi edificati da recuperare, potranno essere incrementate le superfici realizzando nuovi orizzontamenti. Per ottenere maggiore coerenza con il P.R.G.C. viene assunta la SLP, Superficie Lorda di Pavimento, come parametro di riferimento per le consistenze esistenti e in progetto. Il programma, inoltre, prevede una premialità del 49
18.
in base all'articolo 14 della L.r. 20/2009
19. in base all’articolo 14 della L.r. 20/2009 Interesse viene posto anche sul comma 3 del suddetto articolo 14, in base al quale la parziale o totale ricostruzione (compreso l’incremento dovuto alla volumetria premiale) degli edifici demoliti può avvenire anche in “altre aree, individuate dal comune, anche attraverso sistemi perequativi”.
35% sul totale18, cumulabili tra loro nei limiti stabiliti. Infatti, sempre secondo tale articolo, è prevista premialità in caso di consistenze esistenti inferiori a 10.000 al fronte di una documentata necessità di bonifica ambientale con una maggiorazione volumetrica del 13% per consistenze esistenti non superiori a 2500 mq e del 10 per consistenze comprese tra 2500 mq e 5000 mq, per i quali dà la possibilità di recuperare il 15% della SLP già prevista sull’area dal vigente P.R.G.C. e 8% per quelle superiori a 5000. Un ulteriore 10% è previsto per la presenza di imprese di alto valore economico, un 5% è assicurato, invece, ad atelier per artisti, laboratori di eccellenza artigiana, spazi dedicati alla cultura e alla formazione, start-up culturali private. L’attenzione è focalizzata, inoltre, sul tema dell’edilizia residenziale sociale che indica percentuali obbligate di edilizia abitativa sociale in affitto a canoni agevolati per almeno il 15% se le consistenze esistenti risultano essere inferiori a 5000 mq e il 20% per quelle comprese tra 5000 mq e 10000 mq con una premialità non superiore al 10% e un 20% per quelle superiori a 10.000 mq senza, in questo caso, la concessione di alcun aumento di volume.
La riqualificazione deve perseguire “una maggior efficienza energetica” o “fini sociali” ed introduce in un nuovo meccanismo premiale costituito dal riconoscimento di incrementi volumetrici fino al 35% per interventi di riqualificazione edilizia, che siano caratterizzati da significative ricadute sociali. Gli interventi sono subordinati comunque al raggiungimento di un livello elevato - valore 2,5 del protocollo ITACA - di qualità ambientale ed energetica19.
3.2 MANIFESTAZIONI DI INTERESSE L’Amministrazione Comunale, a partire da novembre 2014, ha dato avvio ad un percorso di
Fig. 7 - Fase Partecipativa. Fonte Inerba, ass. socio culturale. 50
Fig. 8 - Fase Partecipativa. Fonte Inerba, ass. socio culturale.
20. Conformemente al Programma approvato e in ossequio ai disposti e alle procedure dell’art. 17bis della Legge regionale 56/1977 (Varianti semplificate al PRGC)
partecipazione rivolto ai cittadini, per informare, ascoltare, confrontarsi, condividere proposte e progetti per la Città, per raccogliere indicazioni e individuare soluzioni: un “Impegno Comune” per crescere insieme, come individui, come cittadini e come comunità. La volontà è quella di promuovere il coinvolgimento dei cittadini nella scelta delle proposte e dei progetti ritenuti più utili alla crescita
economica, sociale e culturale della città. In questo senso, è stata concessa la possibilità a cittadini, soggetti pubblici e operatori privati di segnalare al Comune aree pubbliche o private che riversano in stato di abbandono e/o degrado, al fine di migliorare il quadro conoscitivo dell’Amministrazione sulle aree che necessitano di intervento. La fase di partecipazione e consultazione avviene tramite incontri con i comitati di quartiere; con aggiornamento dello spazio espositivo delle trasformazioni sul territorio (Urban Center), con chioschi informativi all’interno delle principali manifestazioni presenti sul territorio e l’attivazione di un blog dedicato alla rigenerazione urbana. Nel febbraio 2016, attraverso la delibera degli indirizzi, sono stati definiti i punti chiave del programma di rigenerazione, stabilendo delle regole di base al fine di avviare una fase concertativa tra privati e Amministrazione, per la definizione dei contenuti progettuali del Programma. Seguirà, nelle fasi successive, la presentazione delle proposte di variante urbanistica, dei progetti attuativi e degli approfondimenti ambientali da parte dei proponenti20. Tali varianti assumeranno poi efficacia con ratifica da parte del Consiglio Comunale a seguito della Conferenza dei Servizi Tecnica. 51
Le segnalazioni pervenute alla delibera della giunta comunale, relativa alla fase partecipativa per la raccolta delle segnalazioni e delle manifestazioni di interesse, sono state divise in due categorie, le semplici indicazione dei cittadini, 39 , relative ad aree in stato di degrado che per la comunità necessiterebbero di intervento e le manifestazione di interesse, 41, dove un proprietario di un immobile o di un’area esprime la volontà di intervenire per la trasformazione e/o il recupero secondo i parametri definiti dal programma. Per incentivare una piena valorizzazione e riqualificazione del territorio, gli ambiti di rigenerazione includono anche aree di proprietà comunali connesse ad aree private coinvolte o a fabbricati di proprietà pubblica da riqualificare. La delibera degli indirizzi fornisce le finalità per preservare l’interesse pubblico e le prerogative sociali del Programma Collegno Rigenera e prevede la definizione degli ambiti territoriali d’intervento, illustrando le strategie d’intervento al fine di verificarne la compatibilità con gli obiettivi del piano; Indicazione sulle aree per servizi pubblici, al fine di garantire la realizzazione di nuovi percorsi ciclopedonali ed il completamento di quelli già esistenti. Oltre agli interventi legati alla mobilità lenta, sono da considerare l’insediamento
di nuove aree destinate a spazio pubblico e verde attrezzato, aree per parcheggio pubblico; Integrazione e coerenza con il contesto urbano, riferendosi alla realizzazione di tipologie edilizie coerenti con quelle già esistenti nello spazio circostante d’intervento; che il parametro quantitativo da utilizzare sia la SLP, che debba esserci una documentata necessità di bonifica ambientale e del recupero degli edifici esistenti in rapporto con le previsioni del PRGC vigente. Prossimamente verranno istituite delle commissioni cittadine con la presenza di un referente per comitato di quartiere e del gruppo di lavoro Collegno Rigenera per presentare e condividere i risultati delle prime fasi. Attraverso il programma verranno definiti i temi e gli interventi prioritari e sostenibili per lo sviluppo economico, urbano, sociale e culturale di Collegno.
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Fig. 9 - Fase Partecipativa. Fonte Inerba, ass. socio culturale. 53
LE TAPPE DI COLLEGNO RIGENERA
29 giugno 2015 | Assemblea Pubblica Primo incontro di presentazione dell'iniziativa “Collegno Rigenera” e avvio della fase partecipativa e concertativa
16 settembre 2015 | Incontro del Gruppo di Lavoro “Collegno Rigenera”Aggiornamento segnalazioni e manifestazioni, predisposizione di un intervento per la Commissione, comunicazione, blog, urban center
15 luglio 2015 | Incontro del Gruppo di Lavoro Collegno Rigenera. Avvio della 1° fase “Collegno Rigenera”
5 settembre 2015 | Promozione dell’iniziativa alla cittadinanza Presidio del territorio con il sostegno dell’associazione Inerba al Parco Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa: intercettati circa una trentina di cittadini
19 luglio 2015 | Promozione dell’iniziativa alla cittadinanza Presidio del territorio con il sostegno dell’associazione Inerba: “Festa Patronale di San Lorenzo”: intercettati circa un centinaio di cittadini
29 agosto 2015 | Promozione dell’iniziativa alla cittadinanza Presidio del territorio con il sostegno dell’associazione Inerba al Parco Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa: intercettati circa una trentina di cittadini
21-25 luglio 2015 | Incontro informativo con i referenti del Comitato di Quartiere Leumann-Terracorta, Borgata Paradiso, Regina Margherita, Centro Storico, Savonera, Borgonuovo e Villaggio Dora
25 luglio 2015 | Promozione dell’iniziativa alla cittadinanza Presidio del territorio con il sostegno dell’associazione Inerba al Parco Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa: intercettati circa una trentina di cittadini
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24 settembre 2015 | 6° Commissione Consigliare Aggiornamento su programma di rigenerazione urbana, sociale e architettonica “Collegno Rigenera”
11 febbraio 2016 | Consiglio Comunale Approvazione della delibera di Indirizzo
14 ottobre 2015 | Incontro del Gruppo di Lavoro “Collegno Rigenera” Aggiornamento sul bando: segnalazioni e manifestazioni d'interesse, relazione sugli incontri con professionisti e proprietà, ruolo dei referenti di Settore
2 febbraio 2016 | 6° Commissione Consigliare Approvazione indirizzi e presa d’atto delle manifestazioni di interesse delle segnalazioni pervenute per “Collegno Rigenera”
30 ottobre 2015 | Scadenza candidature per “Collegno Rigenera” Uno sguardo all’Urban Center allestito per il Piano Strategico Partecipato
19 gennaio 2016 | 6° Commissione Consigliare Presentazione della proposta di delibera di indirizzi “Collegno Rigenera”
18 novembre 2015 | Incontro del Gruppo di Lavoro “Collegno Rigenera” Sintonizzazione con “Collegno Partecipa”, esiti del bando e relazione sugli incontri con professionisti e proprietà
13 gennaio 2016 | incontro del Gruppo di Lavoro “Collegno Rigenera” Elaborazione segnalazioni e manifestazioni d'interesse, prossimi appuntamenti di Commissione e Consiglio e collaborazione con Antonio Besso Marcheis
30 novembre 2015 | incontro del Gruppo di Lavoro “Collegno Rigenera” Prima analisi delle segnalazioni pervenute nell’ambito di “Collegno Rigenera” e smistamento agli Uffici competenti
16 dicembre 2015 | incontro del Gruppo di Lavoro “Collegno Rigenera"
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Fig. 10 - Manifestazioni di interesse e segnalazioni. 57
Analisi del sito
Analisi del sito 4.1 INQUADRAMENTO DELL’AREA DI INTERVENTO
1 2 1. Borgata paradiso 2. Regina margherita
L’area in esame, urbanizzatasi a partire dagli anni ’50 del 1900 come insediamento industriale periferico della città di Torino, è oggi interessata dal passaggio della linea metropolitana di cui ospita la stazione capolinea in direzione ovest. L’ambito è, ad oggi, caratterizzato da ampi lotti liberi compresi tra capannoni industriali e una viabilità sfrangiata con spazi pubblici non disegnati. I confini naturali dell’ambito comprendono l’intero lotto del deposito della linea metropolitana 1 e sono definiti dal Campo volo a nord, da corso Pastrengo, la Certosa Reale e dal Parco della Chiesa a ovest, da via Torino e corso Francia a sud e da corso Antony a est. L’area analizzata si pone a cavallo tra il quartiere di Borgata Paradiso e il quartiere Regina Margherita. Di seguito è stata considerata anche la componente umana della suddetta zona, analizzando le caratteristiche della popolazione, quindi l’età, lo stato civile, l’origine e tutte le nozioni necessarie a conoscerne a fondo le potenzialità.
Nuclei familiari
Stato civile
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Stranieri
EtĂ
I bordi della cittĂ e le aree di via De Amicis 61
4.2 VIABILITÀ E TRASPORTI L’area si presenta come un importante nodo di collegamento posto tra il centro urbano di Torino e quello di Collegno divenendo arteria di collegamento Nord-Ovest. Caratteristica positiva che fornisce all'area in questione un ingrediente importante al fine di supportare il processo di rigenerazione, infatti, è la consistente presenza di collegamenti con i centri dei comuni limitrofi, sia su gomma che su ferro. Il nucleo cittadino analizzato è attraversato dall’importante asse viario di Corso Francia, asse principale di collegamento tra Torino e la città di Rivoli e dalla linea Ferroviaria Torino-Modane che costituisce una sorta di separazione tra il centro storico della città di Collegno e l’area di più recente sviluppo di impronta industriale posti a sud e dall’anello della tangenziale di Torino e l'SS 24 che rappresentano le vie d’accesso principali alla città. Nell'insieme il sistema gommato dei trasporti, sia pubblici che privati, permette di gestire in maniera abbastanza soddisfacente l'attuale richiesta della zona. Sicuramente i possibili miglioramenti, in particolare del sistema pubblico dei trasporti, è necessario in un'ottica di rigenerazione e di aumento delle future utenze presenti
sull'area. Il complesso delle linee ferroviarie che attraversa la città di Torino da Stura a Lingotto, a tal proposito, si propone di realizzare un nuovo sistema di trasporto pubblico integrato regionale e metropolitano che aumenti la qualità dei collegamenti ferroviari. Il tracciato di prolungamento verso Ovest della Linea 1 della metropolitana parte dalla stazione “Fermi”, che risulta esserne l'attuale capolinea, e che si svilupperà in asse con via De Amicis e, secondo il progetto, curvare per porsi in asse con Corso Francia e proseguire in rettilineo fino al Comune di Rivoli in località Cascine Vica. Si prevedono 4 nuove stazioni: Certosa, Collegno Centro, Leumann, Cascine Vica. Scarsamente gestita invece è la quantità e la qualità del sistema ciclopedonale che, quando presente, risulta essere sottodimensionato, poco curato ed interrotto in diversi punti. In tal proposito, come previsto anche da PRGC, il comune mira a sviluppare su via De Amicis, in particolare, un sistema ciclopedonale separato dal percorso veicolare tramite un filare d'alberi.
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fermi
bus urbano bus extraurbano ferrovia metropolitana 64
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4.3 AREE DISMESSE L’area presa in esame risulta caratterizzata da numerose presenze industriali che successivamente al periodo industriale, sono state dismesse o sono in via di dismissione. Dopo un'analisi efettuata sulle direttive dettate dal programma "Collegno Rigenera" sono state individuate, ed evidenziate all'interno della mappa a lato, i lotti e gli impianti connotati da questi fattori, dismissione ed abbandono, mostrando come l’intera area sia effettivamente un “terreno fertile” su cui andare a sviluppare pratiche di rigenerazione del tessuto urbano. Gli edifici caratterizzati da questa condizione si concentrano principalmente nella zona compresa tra il Campo Volo a nord, corso Pastrengo a ovest, corso Marche a est e corso Francia a sud, essendo stata per anni la zona al limite della città la cui funzione principale era di tipo produttivo e che oggi, successivamente a fenomeni di rilocalizzazione, risultano non avere una funzione, ne produttiva, ne sociale. La suddetta analisi ha permesso, quindi, di identificare i punti cardine presenti in quest’area e dove e quali saranno le realtà ed i motori di trasformazione che potranno andare, nei successivi anni,
ad essere interessati da interventi volti a rigenerare l’area, variandone l’assetto. All’interno di questo complesso di impianti di carattere industriale si vanno a collocare i due lotti presi in esame per la dissertazione, l’area abbandonata delle ex acciaierie Mandelli ed i lotti confinanti come quello di proprietà del comune considerato dal PRGC come area di ricucitura e i diversi lotti che compongono quell’articolato tessuto urbano posizionato a sud di via De Amicis.
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4.4 SERVIZI Come qualsiasi area produttiva, la qualità dei servizi presenti all'interno del contesto analizzato, risultano essere scarne e non sufficienti. Dall’elaborato, infatti, è possibile notare come il centro cittadino di Collegno sia dotato di diversi servizi, sufficienti a supportare la vita della popolazione collegnese e soddisfare i bisogni primari e non solo, ma come la concentrazione di questi stessi servizi si diradi man mano che si procede dal centro fino ad arrivare nella zona industriale, in particolar modo in quella presa in esame, che denota una mancanza di servizi capaci di soddisfare una nuova popolazione. Un approccio rigenerativo che possa alimentare se stesso e la comunità necessità di basi solide, quali una mobilità sostenibile in termini ambientali e sociali ma anche, e soprattutto, una sufficiente compresenza di attività capaci di fornire supporto alla popolazione presente e a quella che si mira ad attrarre, sia di tipo stabile che temporaneo. Da qui si evince, quindi, la necessità di elaborare, all’interno del processo di proget-
tazione, un’idea che riesca a fondere diverse funzioni e diversi servizi all’interno dell’area, che si vadano ad integrare con le nuove e le già presenti residenze e le nuove attività che si inseriranno nel tessuto urbano. La combinazione di funzioni e servizi, l'eterogeneità delle attività fruibili all'interno di un complesso urbano sono necessarie in termini di rigenerazione e di miglioramento delle condizioni di vita. La possibilità di avere a disposizione, a poche decine di metri, qualsiasi tipo di servizio di cui si necessiti e potendo, quindi, rimanere in un determinato ambito senza doversi spostare, è un ingrediente necessario capace di avere ricadute, non solo in termini sociali, ma anche ambientali ed economici.
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Aeroporto
Struttura commerciale
Posta
Banca
Municipio
Istruzione
Struttura religiosa
Struttura sanitaria
Ferrovia
Hotel
Palestra
Metropolitana
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4.5 DENSITÀ EDIFICATA Come indicato precedentemente, l'ambito di intervento è caratterizzato dalla compresenza di diverse tipologie edilizie, ma delle quali è predominante quella di tipo produttivo. Ciò che si può notare però, dalla mappatura a lato, è come sia gestita ,all’interno dell’area presa in esame il rapporto pieno-vuoto e lo sviluppo altimetrico degli edificati, della componente costruita e quella non costruita, permettendo di osservare meglio la densità edilizia dell’ambito e mettendo in risalto le principali direttrici lungo le quali si sono sviluppati gli impianti. Ciò che risalta all'occhio infatti è proprio come via De Amicis sia stato, nel corso degli anni in cui si stavano insediando le attività produttive all'interno dell'area l’asse principale di sviluppo. Lungo lo sviluppo di via De Amicis, è possibile notare come il tessuto urbano ed i diversi impianti siano caratterizzati principalmente da immobili la cui altezza non supera gli 8 metri, restando nell'ordine dei 2 piani, e che gli edifici più alti siano quelli destinati ad uso residenziale che superano abbondantemente gli 8 metri. Nono-
stante la presenza di tali edifici, però, si può notare come la maggior parte degli edifici presenti nell’area in esame non superino i 12 metri, proprio per la loro natura industriale, e si concentrino principalmente nella parte ovest, mentre gli edifici a carattere residenziale che, come già detto superano abbondantemente quelle altezze, e sono dislocati principalmente nella zona ad est, arrivando anche a superare i 25metri d’altezza. È possibile, inoltre, riuscire ad identificare gli edifici di tipo industriale e quelli, invece, di tipo residenziale proprio dalla tipologia della pianta che risulta essere molto più estesa nei primi, mentre risulta essere molto più frammentata negli altri.
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< 5m ~ 8m ~12m ~18m >25m
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4.6 DESTINAZIONI D’USO Un qualsiasi intervento di rigenerazione necessita di un'analisi di quelle che sono le caratteristiche predefinite all'interno del territorio in cui si va ad operare. È risultato necessario, a tal proposito, quindi, identificare all'interno del tessuto urbano, non solo le caratteristiche relative allo sviluppo altimetrico, ma anche quelle relative alla destinazione d'uso insediata. L'analisi ha permesso quindi di redigere l’elaborato grafico accanto che permette di identificare, ad oggi, lo stato di fatto delle funzioni esistenti nel contesto preso in esame, differenziate in 3 categorie principali: Residenziale, Industriale dismesso e Industriale attivo. La presenza del residenziale, come si può notare, anche se in una zona dal carattere prettamente produttivo, risulta diffusa in quanto frutto di questioni logisitiche; era necessario infatti offrire abitazioni per accogliere gli operai che lavoravano all'interno delle diverse industrie presenti, che continuarono a diffondersi anche nel periodo post industriale. Sono inoltre indicate le varie industrie ed attività commerciali che ancora operano nel settore
produttivo e quelle che, ad oggi, hanno cessato la loro attività lasciando reperti architettonici in disuso e incapaci di produrre valore sul territorio. Anche se, come si può notare, parte abbondante dei sistemi produttivi presenti sul territorio sono ancora attivi, la questione della dismissione è un argomento continua a svilupparsi e che richiede un'attenzione rivolta al futuro. Prendere in esame il tessuto urbano nel suo intero è necessario in quanto un fenomeno del genere cambia i fattori in gioco e sposta gli equilibri, ridefinendo l'immagine del contesto.
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Industriale attivo/commerciale Industriale dismesso Residenziale/commerciale
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4.7 SUOLO PERMEABILE Il consumo di suolo deve essere inteso come un fenomeno associato alla perdita di una risorsa ambientale fondamentale, dovuta all’occupazione di superficie originariamente agricola, naturale o seminaturale. Il fenomeno si riferisce, quindi, a un incremento della copertura artificiale di terreno, legato alle dinamiche insediative. Un processo prevalentemente dovuto alla costruzione di nuovi edifici, capannoni e insediamenti, all’espansione delle città, alla densificazione o alla conversione di terreno entro un’area urbana, all’infrastrutturazione del territorio. L’elaborato grafico, quindi, identifica le zone destinate al verde urbano già presente nell’area interessata, evidenziando il suolo permeabile al fine di conoscerne le proporzioni rispetto al costruito preesistente. Sarà quindi possibile giungere ad una soluzione capace di mantenerlo e, ove possibile, integrare tali aree al fine di migliorare le qualità ambientali e la qualità della vita all’interno della zona d’interesse. Risultano evidenti le compresenze di verde poste a Nord e definite da quello che l'estesa
verdeggiante del Campo Volo, e dall'area di ricucitura posta tra l'ex area Mandelli e il parco della certosa, altro elemento di verde fondamentale per l'area. Numerosi sono gli spazi verdi e permeabili di natura privata e che non rientrano in uno schema di verde pubblico usufruibile dalla cittadinanza. In quest'ottica è fondamentale produrre un nuovo spazio urbano capace di offrire al contesto urbano migliorare qualità dell'aria, migliore qualità sia estetica che ambientale e sociale, puntando ad una maggiore condivisione che ne garantisca un attaccamento e un senso di appartenenza capace di produrre maggiore attenzione in termini di cura e manutenzione.
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Deindustrializzazione e dismissione
Deindustrializzazione e dismissione Il periodo di “deindustrializzazione” che ha colpito l’Europa e l’Italia, a partire dagli anni ’70 del secolo scorso, ha comportato, in particolare all’interno del tessuto urbano delle aree produttive e periferiche, l’abbandono delle attività generando numerosi “vuoti industriali”. In particolare, per vuoti urbani, si indicano le aree dismesse, ossia ciò che rimane sul territorio in seguito ai fenomeni di ri-localizzazione e abbandono di impianti industriali con conseguente aumento di condizioni di degrado. Solo in pochi casi […] la causa della dismissione […] poteva essere ricondotta a processi di vera de-industrializzazione o declino economico e produttivo di carattere patologico, simile a quello che ha caratterizzato i Paesi di più antica industrializzazione»21.L’eredità
21. cfr Spaziante A., “Il riuso delle aree industriali dismesse: fu vera occasione per il futuro delle città? Monitorare per valutare”,2006
che questo processo ci ha lasciato è il punto di partenza per riconsiderare una nuova città; quella che dalle ceneri di un passato industriale attui un grande processo di rinnovamento capace di affrontare consapevolmente la fine della sua crescita, fondata sulla grande fabbrica e promuovere il passaggio ad una nuova forma di sviluppo basata su un diverso motore di trasformazione: l’economia della conoscenza. Il rapido ed esteso processo di dismissione
industriale può essere certamente attribuito ai noti e diffusi fattori di trasformazione a livello macro-economico che hanno agito a scala mondiale nel ventennio ’70-’80 ed hanno colpito in particolare il settore della siderurgia, che hanno ridotto l’esigenza di grandi superfici per la produzione e la commercializzazione dei prodotti ed hanno modificato la domanda di suolo urbano anche per i settori non colpiti da crisi. In Italia le riflessioni sulla crisi industriale e sui suoi effetti territoriali si sono manifestate con un certo ritardo rispetto ad altre realtà europee: le si può far risalire all’improvvisa e traumatica chiusura dello stabilimento FIAT del Lingotto a Torino nel 1982, mentre in Gran Bretagna, in Germania e in Francia il dibattito sul destino delle aree industriali dismesse era cominciato intorno agli anni ’60. Anche se giunta in notevole ritardo rispetto al contesto europeo, la discussione è stata da subito molto accesa assumendo caratteri particolari frutto della tradizione italiana culturale diversa dagli altri Paesi che si sono confrontati con la stessa questione. In particolare due sono state le componenti significative del dibattito italiano sul riuso dei vuoti industriali: da un lato la grande tradizione maturata nella valorizzazione e nel recupero dei centri storici, 78
Fig. 11 - Il Lingotto negli anni '20, foto Gruppo FIAT.
22. cfr Dansero E., Emanuel C., Governa F., I patrimoni industriali. Una geografia per lo sviluppo locale, 2003
di monumenti prestigiosi ma anche di parti significative della struttura urbana, dall’altro, il difficile rapporto della nostra cultura architettonica con la ricerca di un punto di equilibrio fra conservazione e innovazione, ovvero della convivenza tra opere dell’architettura contemporanea e memorie del passato, che in altri Paesi è più disinvolta e più sperimentata. Queste due componenti si sono intrecciate con la più comune tendenza delle strategie di trasformazione caratterizzate dalla esigenza di privilegiare
e garantire, principalmente, la fattibilità e la redditività economica. Di conseguenza il modus operandi della rigenerazione urbana in Italia, riconoscibile in non poche esperienze che hanno coinvolto diversi siti industriali, ha dovuto confrontarsi con il prevalere dell’interesse di attori privati piuttosto che a quello di attori pubblici22. Raramente o in misura modesta questi siti sono stati pertanto destinati all’aumento della dotazione di funzioni e servizi pubblici, per ripristinare o elevare la qualità fisica e sociale delle città. Nella maggioranza dei casi, infatti, è stato difficile far sì che l’occasione del riuso di aree industriali dismesse diventasse un’opportunità per restituire alle città, almeno in parte, la qualità compromessa dal forte degrado prodotto negli ultimi decenni proprio da quella industrializzazione che ne aveva trainato la crescita, penalizzando soprattutto le zone semi-centrali e periferiche dominate dalla presenza di grandi e piccole fabbriche. Nonostante queste ambiguità concettuali, le riflessioni che hanno accompagnato la stagione della riqualificazione urbana hanno evidenziato l’occasione offerta dalla dismissione industriale che questo processo stava immettendo sul mercato in termini di quantità e qualità; un enorme patrimo79
23. cfr Arca Petrucci M., Dansero E., “Le aree urbane dismesse in Italia: il recupero nella cultura, nella prassi politica e nella produzione scientifica”,1998 24. cfr Dansero E., Glisoni M., Vitale, A.,“La bonifica delle aree industriali dismesse: il difficile rapporto tra recupero ambientale e processi di riuso nell’esperienza piemontese”, 1998
nio di aree ed edifici vuoti e disponibili per altri usi; ed ancor meno gli attori pubblici e privati si sono attrezzati per impostare un metodo ed una regolamentazione del processo di “valorizzazione” di queste nuove risorse offerte alla trasformazione della città, con cui gestire in modo consapevole e trasparente l’evoluzione del loro utilizzo23. Nel contesto torinese (e più in generale in quello piemontese) il confine tra strumenti di riqualificazione e di rigenerazione urbana, almeno in fase iniziale, è stato netto, riuscendo, pur agendo sulla città per parti, ad inserirsi in una vision di nuovo assetto complessivo e identità futura della Città. Alla fine degli anni ottanta, infatti, da parte dell’amministrazione pubblica, c’è stata una presa di coscienza di quello che è il fenomeno della dismissione, soprattutto industriale, che non può essere più ignorato. Tale fenomeno ha mostrato la necessità di individuare adeguate modalità per descrivere e quantificare l’entità dei vuoti urbani; la sua evoluzione nel tempo ha richiesto di prendere in considerazione non solo lo “stato di fatto” delle singole aree dismesse, ma anche il contesto di definizione delle strategie di trasformazione più in generale della Città di Torino. A livello locale sono stati, quindi, effettuati ne-
gli anni diversi censimenti dai quali si è potuto affermare che le aree industriali, dismesse o no, oggetto di trasformazioni sono riconducibili a due grandi categorie: - Grandi aree vuote / dismesse lungo la Spina centrale fino al Lingotto; - Aree di piccole o medie dimensioni (da ri-convertire), spesso ancora occupate da attività produttive o artigianali. Le aree medio-piccole sono state individuate dalla Città di Torino come capaci di «svolgere […] ruoli diversi nella trasformazione e riqualificazione della città e […] destina[te] in maniera indifferenziata ad una trasformazione fisica e funzionale» 24. Alla dismissione delle aree industriali è seguito quindi un graduale e crescente compiacimento per la presa di coscienza da parte dei Soggetti Pubblici, ma anche Privati, delle opportunità che la trasformazione di tali vuoti o la riconversione di zone sottoutilizzate poteva offrire: il riuso di queste aree era diventato uno «strumento privilegiato per un’efficace cura a base di robusti interventi rimediali su parti di città e talora su intere aree urbane degenerate o ingessate dall’eccesso di densità e di funzioni» (Spaziante, 2006).
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5.1 RIUSO DELLE AREE DISMESSE
25. cfr Galdini R., “Politiche di rigenerazione urbana e loro effetti laterali e non secondari, 2009
Il dibattito sulla rigenerazione urbana e la sua specificità rispetto alla riqualificazione si colloca nell’ambito delle politiche urbane europee. La rigenerazione è intesa come fenomeno multidimensionale e integrato, in cui gli elementi della riqualificazione urbanistica e architettonica si intrecciano strettamente con quelli dell’economia, della cultura e dell’organizzazione sociale della città, diventando oggetto di crescente interesse e vivace confronto. Nella sua definizione attuale, per rigenerazione urbana si intende «un’attività di trasformazione che incide sull’uso e sulla struttura della città, il che implica cambiamenti non solo spaziali e fisici ma anche economici, culturali, sociali e creativi, dunque un processo di riqualificazione e di valorizzazione urbana molto complesso»25. Negli ultimi anni l’Unione Europea si è attivata sulla questione urbana più di quanto previsto dalle attribuzioni formali dei trattati (Cremaschi, 2005). Il punto su cui è stato posto lo sguardo risulta essere il legame tra politiche settoriali e questione urbana: per esempio, parte della politica ambientale è stata riformulata in politica dell’ambiente ur-
bano; quella per lo sviluppo economico in sviluppo locale (Padovani, 2002). Le politiche di rigenerazione urbana indicano non tanto un ambito (la città) e neanche un tipo di operazione (la riqualificazione, piuttosto che la costruzione), quanto una modalità d’azione pubblica innovativa. Risultano essere, quindi, politiche, al tempo stesso, sociali e di miglioramento dell’ambiente fisico, nelle quali è chiaro e necessario l’incontro con l’azione sociale, con le sue strutture assistenziali pubbliche locali, volontarie e centrali (spesso dipendenti da settori diversi della amministrazione). La rigenerazione urbana in paesi, come l’Italia, in cui le azioni locali hanno una lunga tradizione di intervento sulla edilizia, vede un “gioco” di adattamento (Tedesco, 2003). Sicuramente i primi strumenti promossi a livello europeo, Progetti Piota Urbani- PPU (1989-1993) hanno svolto una funzione di notevole rilievo, come modelli di “buone pratiche”, in grado di influire positivamente sui meccanismi ed i comportamenti nelle politiche locali. Da ciò che è scaturito da queste prime sperimentazioni, l’Unione Europea ha promosso la formulazione di un programma più articolato e “complesso”: il Programma di Iniziativa Comunitaria (PIC) - Urban. 81
26. cfr Balducci A., “Le nuove politiche della governance urbana”,2000
Urban è stato concepito come un “processo” innovativo, destinato ad avere ricadute significative e a produrre effetti di trascinamento nei confronti delle politiche urbane, al fine di generare nuove culture e nuovi comportamenti da parte delle istituzioni di governo (Clementi, 2002). Quest’ultima aspettativa in Italia si è concretizzata con i PUC, che in modo diverso, declinano “l’approccio integrato” alle problematiche urbane contribuendo a dare il via a numerose azioni rivolte a migliorare la qualità della vita nelle città. Urban ha anticipato quella che si può considerare la nuova frontiera delle politiche urbane: «[T]erritorializzare la programmazione degli investimenti e raccordare localmente le politiche urbanistiche a quelle sociali ed economiche dello sviluppo sostenibile» (Clementi, 2002). Urban è stato un banco di prova delle possibilità di far convergere, su uno stesso territorio, molteplici politiche pubbliche abitualmente separate. Questa sfida è stata possibile poiché questi strumenti non si pongono come piani o progetti, ma bensì come “approcci innovativi” a problemi urbani. L’innovazione è legata al “processo” complessivo di costruzione, gestione e attuazione del programma. Gli strumenti di rigenerazione urbana a Torino hanno avuto il merito di aver promosso un ap-
proccio integrato alle problematiche urbane come “metodo” di trasformazione urbana. L’integrazione è avvenuta tra le diverse componenti delle politiche pubbliche, in particolare, tra interventi materiali e sociali, tra i diversi settori e le funzioni (infrastrutture, edilizia, economia). Si potrebbe affermare che i programmi dell’Unione Europea hanno forzato il sistema politico-amministrativo italiano ad esplorare le potenzialità di un approccio integrato basato sull’intervento tran-scalare e sulla partnership con diversi attori del pubblico, del privato e del terzo settore26 . I programmi di iniziativa comunitaria, in particolare Urban, si possono considerare il paradigma di riferimento per le altre iniziative urbane, gestite a livello nazionale e regionale. Nelle azioni urbane comunitarie la volontà di integrazione è una costante che accompagna tutto il processo di rigenerazione, anche se l’impostazione dei programmi in “assi e misure” è stato a rischio di riproporre logiche di settore fuorvianti. Nello specifico si tratta di coordinare, in un tempo limitato, un complesso di azioni ed interazioni, tra attori e risorse di diversa natura ed in parte indipendenti. Il processo è sequenziale e ogni ostacolo o ritardo può generare effetti a catena imprevisti. 82
27. cfr Pallavicini L., “La riconversione delle aree industriali dismesse. Monitoraggio conclusivo di 128 aree industriali dismesse a Torino”, 2012
L’innovazione, quindi, a cui si deve far riferimento quando si parla di approccio integrato, è quella, di “processo”. Nel caso torinese la scelta dell’amministrazione è andata in questa direzione. La gestione dei programmi di rigenerazione è stata affidata, come visto, al Progetto Speciale Periferie. Nel momento in cui i Programmi sono stati adottati, la loro gestione passa ai singoli Comitati sui territori. Ciascun organismo costituito da rappresentanti provenienti da diversi settori della Pubblica Amministrazione, “integrazione orizzontale”, che cercano nel dialogo la possibilità di far convergere obiettivi, pratiche, interessi differenti al fine di promuovere lo sviluppo di un quartiere in difficoltà. I Comitati hanno sede all’interno delle aree d’intervento e hanno uno Sportello aperto al pubblico, per essere in stretta relazione con coloro che operano “sul campo” e per testimoniare la presenza del programma. Tutti i programmi di rigenerazione urbana si son dotati di un piano di comunicazione e di accompagnamento sociale per rinforzare quel tessuto di relazioni fiduciarie e cooperative, presenti nell’area di intervento.
5.2 RIGENERAZIONE TRA INTEGRAZIONE E RIQUALIFICAZIONE Con i Programmi Urbani Complessi si è puntato principalmente sulla riqualificazione urbanistica ed ambientale, sulla creazione di occasioni di sviluppo economico e sociale, e sulla ricostruzione del senso di appartenenza dei cittadini al territorio in cui vivono. «Le politiche di riqualificazione, dal 1993 al 2000, hanno coinvolto diverse aree periferiche, oltre 215.000 mq di interventi realizzati, e più di 100.000 mq realizzati a fine 2003» 27. Dalle trasformazioni avvenute si può confermare quanto previsto da Cremaschi in un suo contributo: l’integrazione è un carattere sicuramente innovativo, poiché cerca nella inter-settorialità e nella multidimensionalità d’azione quelle risposte alle problematiche locali che in passato, tradizionalmente, venivano formulate per settori rigidamente separati. Dopo venticinque anni, nella fase ormai conclusiva di questa grande trasformazione torinese, riqualificazione e rigenerazione si sono incrociate e hanno proseguito insieme. Non più solo strumenti, ma metodo di intervento sulla città con “ingredienti” 83
ben riconoscibili: accompagnamento ai processi, presenza di soggetti pubblici e privati, attenzione al dopo. Si nota, quindi, come il ri-uso non è più interpretato come accadeva in fase iniziale cioè come riempimento di un vuoto o individuazione di una nuova destinazione d’uso coerente con il mercato economico, ma il vuoto è diventato vuoto sensato. Nel caso del Parco Peccei, in cui alla dismissione della fabbrica non è stata data risposta con un riempimento, ma si è scelto di dare valore al vuoto realizzando un parco urbano come testimonianza industriale: tangibile memoria di un passato ancora vicino che non può essere né dimenticato né trasformato. Negli ultimi 2 decenni appena trascorsi la città di Torino ha subito una trasformazione di entità mai raggiunta nella sua storia urbanistica. Va ricordato che solo per la preparazione dell’evento olimpico e l’accoglienza del massiccio flusso di visitatori sono stati investiti circa cinque miliardi di euro di soldi pubblici, con 35 milioni di metri quadri di territorio che hanno modificato la destinazione d’uso e sono stati oggetto di nuove costruzioni. Grazie alla stesura dei primi Piani Strategici elaborati a partire dall’anno 2000, ed ai rapporti
annuali sullo stato della città ad opera del Centro ricerca e documentazione Luigi Einaudi (Rapporto Rota), la politica cittadina comincia a collocare le caratteristiche della sua struttura sociale, economica e produttiva all’interno di un nuovo quadro di competizione macroregionale, direttamente collegato alla necessità di attrarre risorse produttive, servizi e funzioni amministrative, anche a scala europea. Nei prossimi anni bisognerà confrontarsi con una nuova condizione di limitate risorse pubbliche, ma al di là di un ormai consunto schematismo delle quantità, che, dall’approvazione del piano regolatore in avanti, ha troppo spesso considerato le occasioni di trasformazione urbana in termini di oneri di urbanizzazione e costruzione. La città di Torino, come la maggior parte delle città italiane, non ha più bisogno di crescere ma di trasformarsi e recuperare vaste aree urbane che nel recente e accentuato fenomeno di polarizzazione si sono indebolite, presentando nuovi e preoccupanti fenomeni di degrado fisico e sociale. L’attenzione dovrà essere rivolta soprattutto alle periferie storiche che non sono state interessate dalla recente grande trasformazione. Occorrerà inoltre ripristinare e rinnovare le moda84
lità di intervento che coniugano il recupero fisico della città con il recupero sociale, introducendo nuovi strumenti di carattere interdisciplinare, più adatti a cogliere la complessità dei luoghi, le identità e le differenze. L’obiettivo dovrà essere quello di supportare, articolare, implementare l’intreccio delle relazioni che costituiscono la qualità dei luoghi. Occorrerà inoltre introdurre dette nuove pratiche sperimentali in una dimensione del progetto urbano che ne accetti il carattere processuale, con l’intenzione di costruire e ampliare nel tempo una buona cultura urbana in continua evoluzione. Nuove procedure che siano anche in grado di colmare il divario sempre più accentuato tra la conclamata città degli eventi, dell’internazionalizzazione, dei grandi progetti e la città vissuta. Nella definizione delle strategie di sviluppo e trasformazione urbana non ci si dovrà più limitare all’ascolto dei portatori di interesse (stakeholders) ma si dovrà soprattutto tenere conto dei portatori dei bisogni, anche quelli dei nuovi poveri, degli ultimi nella gerarchia sociale. Per fare questo occorrerà anche ritornare ad immaginare l’ambiente urbano e la spazialità pubblica al di la dell’esclusivo ricorso all’intervento privato
attuato tramite il meccanismo dello scomputo degli oneri di urbanizzazione. La città ha un grande bisogno di recuperare una dimensione dell’immaginario urbano di carattere comune, capace di costituire, ideare, progettare una nuova e articolata spazialità pubblica.
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Politiche di rigenerazione
Politiche di rigenerazione
28.
cfr Secchi B., La città del XX secolo, Editrice Laterza, 2005.
La città contemporanea si presenta come un ricchissimo archivio del passato caratterizzato dalla continuità, dalla frammentazione, dall’equilibrio come un confuso amalgama di nuove forme e nuovi segni, ma anche come uno straordinario inventario del possibile28. Le città della nostra generazione sono figlie di un modello di città, sviluppatosi fino agli anni settanta, la città fordista, caratterizzata da cambiamenti relativi ai processi di produzione e da conseguenti riorganizzazioni dei rapporti e delle relazioni tra industria e funzioni. Queste caratteristiche hanno portato ad una crescita sempre più “incontrollata”, inghiottendo la campagna, sottraendole il suolo e la popolazione e generando immense periferie prive di connotazione e qualità. Dagli anni settanta in poi inizia a svilupparsi un sentimento di paura di dissoluzione della città, il tentativo di governare l’espansione della stessa, che aveva caratterizzato quasi tutto il XX secolo, si interrompe. Inizia così l’affermarsi di nuove regole e nuovi equilibri, una ricerca caratterizzata dall’identificazione della dimensione fisica di un benessere comune, il welfare. Oggigiorno, però, sono mutati gli obiettivi e i contenuti della pianificazione urbana e territoriale. Se fino a qualche decennio fa l’esigenza primaria era di governare
l’espansione delle città, ora diviene fondamentale la riqualificazione (dei centri storici ma anche delle periferie costruite negli anni ‘50, ‘60 e ‘70), la pianificazione dei servizi e la tutela e la salvaguardia ambientale. A partire dagli anni ’80, quindi, le città iniziano ad implodere, riqualificando le aree abbandonate nel periodo post industriale, ridefinendo spazi e funzioni ma confrontandosi, contemporaneamente, con problemi di degrado ambientale e sociale, trasporto, inquinamento e cementificazione incontrollata, carenti infrastrutture e tutti i problemi relativi alle nuove questioni urbane. Ci si trova, quindi, ad affrontare un fenomeno che coinvolge, non solo riqualificazioni di livello urbano, tecnologico ed architettonico, costituendo quindi un recupero mirato al mero miglioramento formale e funzionale degli edifici, ma che interessa molti altri aspetti che nascono dalla volontà di migliorare le condizioni e le qualità della vita, una riflessione in merito ai bisogni della società, che emergono, principalmente, nelle zone più problematiche a causa di una frammentazione sociale ed etnica, dell’emarginazione, della congestione urbana e di un conflitto sociale. Intendiamo quindi una vera e propria politica atta al ripensamento della città in chiave sostenibile e durevole, avvian88
29. Un costo diretto è dato dall’eliminazione “bilancio ambientale” del pianeta di suoli biologicamente attivi; i costi indiretti sono legati all’aumento della dipendenza dall’automobile. 30. Francesco Musco fornisce una prima definizione di rigenerazione urbana che riprende alcune caratteristiche riscontrate nelle definizioni di altri autori come Lichfield (1992) e Furbey (1991). 31. cfr Indovina F., Nuovo lessico urbano, Franco Angeli, Milano, 2006.
do processi ed interventi di recupero e riqualificazione urbana in modo più profondo e mirato al futuro, promuovendo processi che coinvolgano le persone portandoli a riappropriarsi della città e interventi di rinascita culturale, sviluppo economico ed inclusione sociale. Recuperare in quest’ottica gli spazi abbandonati dai processi produttivi e restituire una nuova qualità sia ambientale, sia economica, sia sociale ai quartieri più degradati, risponde perfettamente al concetto della città sostenibile, limitando la dispersione urbana, riducendo il consumo di suolo, eliminando o riducendo i costi vivi diretti e indiretti29 per l’ambiente, che non possono essere sottovalutati se ci poniamo in una prospettiva di sostenibilità. Parliamo quindi di un fenomeno che può essere identificato con il termine di “Rigenerazione urbana”30 che affronta il tema del recupero come possibile risposta alla domanda di trasformazioni urbane indirizzate verso un improvement della qualità fisica, ambientale, sociale e culturale attraverso il miglior utilizzo dei suoli urbani, evitando quindi quello che è il fenomeno dello sprawl. Tutto questo meccanismo necessità, però, di un governo capace di promuoverlo e gestirlo in quanto, riprendendo una posizione di Indovina “la crescita e la
trasformazione dell’urbano necessita di essere governata, non tanto perché l’assenza di un’azione di governo possa bloccare tali processi, tutt’altro, quanto perché troverebbero una loro realizzazione in modo non coordinato e con esiti del tutto negativi sia sul piano territoriale che su quello sociale”31. Le ragioni che, quindi, spingono alla rigenerazione possono essere di carattere economico, ambientale, e sociale; analogamente la ricerca di un equilibrio tra questi fattori è la stessa che è alla base del concetto di sostenibilità. Come tale, quindi, il fenomeno della rigenerazione si sviluppa tramite un approccio integrato ed intersettoriale, dove si concretizza un equilibrio tra le diverse politiche che entrano in campo, la salvaguardia dell’ambiente, i desideri e le necessità della società e le aspettative delle attività economiche, tutte coordinate, sostenute e finanziate, almeno in parte, dall’amministrazione pubblica. Le strategie di rigenerazione, come abbiamo già detto, integrano aspetti di connotazione ambientale, tecnologica, sociale, funzionale, articolati a diverse scale d’interazione con la struttura urbana. Politiche, strumenti e processi di rigenerazioni mirati alla trasformazione di parti della città rispondono alle molteplici problematiche che hanno carat89
terizzato, in anni recenti, i contesti urbani come la presenza di grandi vuoti delle aree dismesse, la congestione e scarsa efficienza del sistema di mobilità, le situazioni di criticità nei grandi quartieri caratterizzati da monofunzionalità e degrado sociale. Gli interventi mirano, quindi, al miglioramento della percezione degli edifici da parte degli utenti e all’incremento dei livelli tecnici e prestazionali con particolare attenzione al risparmio energetico ed al miglioramento comfort abitativo di tali edifici e degli spazi urbani. I fattori che entrano in gioco in un processo di rigenerazione sono, quindi, divisibili in 4 aspetti: - aspetto Ambientale - aspetto Economico - aspetto Sociale - gestione e Partecipazione
6.1 ASPETTO AMBIENTALE L’11 dicembre 1997, nella città giapponese di Kyoto, più di 180 Paesi in occasione della Conferenza delle Parti “COP3” della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, è stato redatto un trattato internazionale,
il protocollo di Kyoto, in materia ambientale riguardante il surriscaldamento globale. Questa data rappresenta, quindi, il punto sulla linea temporale in cui i maggiori esponenti delle potenze mondiali hanno preso coscienza delle condizioni sempre più disastrose del pianeta. “La presa di coscienza che i cambiamenti ambientali sono una minaccia per l’uomo ha spinto la pianificazione ad occuparsi più attentamente della tutela dell’ambiente naturale e del proseguimento di uno sviluppo sostenibile”. Ciò che si vuole rappresentare nell’ambito dell’aspetto ambientale è il carattere qualitativo del contesto cittadino, degli spazi e dei cittadini. La città del futuro tra le varie connotazioni che deve assumere, ha indubbiamente quella di rigenerarsi al suo interno, mirando al recupero dei propri spazi, delle aree dismesse, riabilitando i quartieri degradati. Ciò nasce sia dalla volontà di ridurre al minimo il consumo forsennato di suolo, che ha caratterizzato la maggior parte del dopoguerra, sia in un’ottica di miglioramento delle condizioni della salubrità dei luoghi che compongono la città stessa. La qualità ecologica ed estetica degli spazi, privati e comuni, è un fatto determinante che concorre nella definizione di uno sviluppo sostenibile della città. 90
32.
Dresner, 2003.
La messa in pratica della sostenibilità dovrebbe equivalere in prima battuta alla definizione di nuove regole per l’accesso, da un lato ai beni comuni, dall’altro all’introduzione di limiti alla fruizione delle fonti rinnovabili, fruizione che non può essere regolata nella quantità solo in base alla possibilità del singolo di acquistare la risorsa in questione. Alcuni ambientalisti reclamano che lo sviluppo sostenibile sia, nella pratica, utilizzato solo al fine di distogliere l’attenzione dalle continue azioni negative che l’uomo riversa nell’ambiente32. Porre l’attenzione su queste azioni in rapporto all’ambiente, quindi, permette di collegare i comportamenti dei singoli con conseguenze collettive, che non sono sempre controllabili. Questo perché l’ambiente è soggetto a processi di degrado insiti nella natura stessa delle parti e dei componenti che lo compongono, dalla loro non rinnovabilità sulla base di un lasso breve di tempo. C’è quindi una profonda divisione tra una consapevolezza collettiva della crisi ambientale e la capacità di fornire misure efficaci per contrastarla. Il senso di limite diventa, quindi, un elemento necessario per una riflessione su una corretta pianificazione. I limiti si dividono in inner limits, che riguardano il comportamento umano, e outer limits, che riguardano la capacità massima di
sopportazione del pianeta e nella quale la pianificazione ha un ruolo importante. Il senso di limite è diventato un fenomeno globale essendo rimaste poche nuove terre per la crescita dell’urbanizzato. Si instaura cosi un rapporto biunivoco in cui la rigenerazione può contribuire al mantenimento di un senso di limite e il senso di limite stesso fornisce una base da cui la rigenerazione e la riqualificazione ambientale possono partire.
6.2 ASPETTO ECONOMICO “I cambiamenti economici, specialmente nei centri delle città, di alcune aree urbane hanno portato allo sviluppo di una teoria e di una pratica della pianificazione legata alla rigenerazione dei contesti urbani, favorendo il riuso di aree, dei cosiddetti vuoti urbani, di edifici e quartieri in un’ottica di sostenibilità forte e scoraggiando l’uso di suoli agricoli o comunque delle aree di campagna per l’espansione della città”. Bernardo Secchi cerca di definire ne “la città dei ricchi e la città dei poveri” nuovi scenari per la comprensione della realtà contemporanea e delle disuguaglianze sempre più emergenti tra le classi sociali. La città è stato il 91
grande esperimento del XIX secolo, quando è nata come effetto/risposta a fenomeni/ richieste imposti da cambiamenti epocali nell’organizzazione economica e sociale. Le nuove questioni urbane si presentano e tornano in primo piano nei periodi di crisi, intesi come fasi di trasformazione dei modelli socio-economici. La questione che ci troviamo ad affrontare oggi e nei prossimi decenni del XXI secolo nasce dal cambiamento economico della città avvenuto nell’epoca post-industriale, causando la dismissione di aree produttive e il degrado delle aree residenziali a ridosso dei centri urbani. Ciò però non significa che si sia placata la crescita dell’urbanizzato in proporzione ai “vuoti” riutilizzabili che, man mano, si creavano. Il rapporto tra pieni e vuoti risulta essere nodo cruciale per la qualità del tessuto urbano, che discende proprio dalla proporzione tra questi due componenti. In un’ottica di rigenerazione urbana, che abbia un senso dal punto di vista economico, non bisogna accantonare la possibilità che questi “vuoti urbani” possano diventare dei “pieni di rendita” promuovendo ingenti processi costruttivi e di incremento dei valori immobiliari. Un’attenta economia degli spazi urbani fa parte dell’insieme di strategie utili e necessarie per giungere ad un’operazione
di rigenerazione urbana capace di rinnovare il complesso urbano, un ritorno alla condizione della città postmoderna in cui la città cresceva esclusivamente “dentro le mura”. Questo tipo di scelta, il recupero di parti già costruite delle città abbandonate o degradate o con funzioni superate rispetto al rinnovato contesto storico, risulta essere una scelta migliore rispetto all’edificazione di nuovi territori. Scoraggiare l’uso di nuovi terreni per la crescita della città agevola la possibilità di mantenere una certa capacità di autoregolazione biologica dei terreni, conseguenza non trascurabile in un bilancio ambientale complessivo, realizzando un risparmio in termini di capitale territoriale e quindi in termini di costi vivi diretti e indiretti - In Italia, per esempio, tra il 2008 e il 2013 sono stati erosi 55 ha di suolo al giorno, circa 6 mq al secondo - e capitale economico. Uno slogan, seppur recente, che ha ottenuto successo in termini di promozione della strategia a cui è legata è “Costruire nel costruito”. Alberto Sartoris sostiene che “Costruire nel costruito significa costruire il presente sul passato, senza ipotecare l’avvenire, unendoli senza distruggerli entrambi”. Un approccio di questo genere sembra, quindi, contribuire all’origine di un nuovo modello di “città sostenibile” che si sviluppa, non 92
più per esplosione, ma per implosione, dove gli spazi che diventano obsoleti vengono rigenerati, attraverso opere di ricostruzione, ristrutturazione, densificazione e rammagliatura, a seconda dell’obiettivo progettuale prefissato.
6.3 ASPETTO SOCIALE
33. Il rapporto Brundtland,conosciuto anche come Our Common Future, è un documento rilasciato nel 1987 dalla Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo (WCED) in cui, per la prima volta, venne introdotto il concetto di sviluppo sostenibile. Il nome venne dato dalla coordinatrice Gro Harlem Brundtland, che in quell’anno era presidente del WCED e aveva commissionato il rapporto. La sua definizione era la seguente:« lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri » (WCED,1987). 34.
cfr Secchi B., La città dei ricchi e la città dei poveri, 2013
La pianificazione territoriale e ambientale può apportare un contributo all’equità sociale favorendo l’eliminazione delle divisioni e delle ineguaglianze sociali. Nel concetto di sostenibilità l’aspetto sociale si sviluppa sul tema dell’equilibrio tra il soddisfacimento delle esigenze e dei bisogni attuali senza compromettere la possibilità di soddisfacimento delle esigenze e dei bisogni delle future generazioni33. Tale concetto di equità transgenerazionale, però, necessità di essere sottoposto ad una attenta decostruzione in rapporto all’equità intergenerazionale e in particolar modo in rapporto ai diversi ceti sociali. Una questione sempre più attuale è quella della disuguaglianza sociale, causa non secondaria della crisi in cui ci ritroviamo oggigiorno. Si assiste, difatti, ad una polarizzazione della società,
un sempre più crescente divario tra ricchi e poveri, dettato da diversi fattori come una maggiore consapevolezza della scarsità delle risorse ambientali, da una crescente domanda di “diritti” come la sicurezza, l’istruzione, la salute, dalla costruzione di nuovi scenari e immaginari, una crescente destrutturazione della società e un cambiamento delle regole dell’interazione sociale. “La povertà, come peraltro la ricchezza,è certamente un complicato garbuglio di fattori politici, sociali, storici, istituzionali e tecnologici e per giungere ad una conoscenza della topografia sociale sono stati predisposti diversi indicatori”, sosteneva Secchi. Disuguaglianze economiche (capacità di produrre, conservare e consumare reddito), disuguaglianze culturali (conoscenza e professionalità), disuguaglianze relazionali, disuguaglianze spaziali (dimensione territoriale in cui si vive) definiscono insiemi aperti al cui interno la popolazione si dispone. “Io sostengo che l’urbanistica abbia forti e precise responsabilità nell’aggravarsi delle disuguaglianze e che il progetto della città debba essere uno dei punti di partenza di ogni politica tesa alla loro eliminazione o contrasto”.34 La presenza di un “vuoto” all’interno del contesto urbano, maggiormente in casi connotati da fenomeni di degrado, implica 93
ripercussioni nella struttura sociale, con alti tassi di disoccupazione, presenza di gruppi sociali meno abbienti che non hanno un’alternativa possibile, impoverimento e marginalità rispetto al resto della città, mancanza di servizi ed opportunità per gli abitanti che vi risiedono. In tema di rigenerazione urbana, l’aspetto sociale mira, quindi, ad attivare relazioni con l’insieme delle politiche sociali che il decisore pubblico decide di attuare per rigenerare la parte di città interessata dal degrado. E’ qui che entra in gioco il recupero dei vuoti urbani, che deve sottendere, non solo una semplice opera di “riempimento”, ma l’infusione di nuova linfa vitale che fornisca una qualità migliore ad una realtà che sia allo stesso tempo isotropa e stimolante. Tale benessere è raggiungibile attraverso la realizzazione di spazi pubblici per il relax, lo svago e la condivisione, di verde pubblico, sia per l’assolvimento di funzioni vitali come l’assorbimento di CO2 sia per motivi meramente estetici e funzionali, di attrezzature collettive e poli culturali, di un risanamento della viabilità verso una città a misura di pedone, di densificazione verso un social housing. In definitiva è possibile intercettare e trattare le domande di edilizia sociale e di servizi integrati alla residenza avanzate da diversi gruppi di popolazione (an-
ziani, famiglie monoparentali, giovani, studenti), concentrando l’attenzione progettuale anche sugli spazi di soglia e membrana tra pubblico e privato, sull’allestimento di luoghi e occasioni per pratiche di condivisione sia strutturate e prolungate, sia casuali e passeggere.
6.4 PARTECIPAZIONE La consapevolezza che la pianificazione e la rigenerazione della città e del territorio è aperta al controllo democratico stabilisce una relazione teorica con un approccio partecipato ed inclusivo ai processi di pianificazione, favorendo una dimensione locale degli interventi e del loro controllo. In quest’ottica si assiste ad un passaggio graduale dal “government” alla “governance”. Oggigiorno si sente parlare spesso di proteste e manifestazioni attuate per contrastare una decisione presa in merito a qualsivoglia questione che interessi una parte del territorio e della popolazione. Questo sentimento di protesta e di contesa risulta, il più delle volte, di difficile decifrazione se si vuole comprendere le motivazioni che lo muovono, se la comunità ha preso davvero a cuore le 94
35. NIMBY, Not In My Back Yard, “non nel mio giardino) Espressione coniata negli anni ’80, attribuita a W. Roger dell’American Nuclear Society e legata al politico inglese N. Ridley (1929-1993), che fu segretario di Stato del partito conservatore per l’ambiente. Indica un atteggiamento che si riscontra nelle proteste contro opere di interesse pubblico o non, che hanno, o si teme possano avere, effetti negativi sui territori in cui verranno costruite. 36.
Dopo il committente e il project team, il terzo attore indica la parte di popolazione che fa parte del complesso urbano su cui si sceglie di operare
sorti del luogo che abita, oppure ci si trova in una situazione di sindrome da non partecipazione, sintetizzabile nell’acronimo NIMBY (Not In My Back Yard).35 Questo tipo di sindrome deriva, non da un’ipersensibilità delle popolazioni ai loro territori o da atteggiamenti reazionari al cambiamento, ma dalla sommatoria di una visione negativa del futuro, della mancanza di un’equa distribuzione di vantaggi e svantaggi dal punto di vista ambientale e del timore di perdere qualità della vita. La possibilità di evitare il presentarsi di questo tipo di “sindromi” è riscontrabile in un diverso approccio al processo progettuale. Si mira, per cui, ad una mutazione della concezione degli anni ottanta di progettazione, dove un gruppo di tecnici si riuniva per realizzare un progetto che andava ad inserirsi in un contesto lasciando che la popolazione si limitasse a “subirlo” cadendo così in esempi di degenerazione e non rigenerazione, con un’architettura ed una pianificazione partecipata, dove l’elemento umano diventa parte del processo decisionale, raggiungendo così due obiettivi importanti: da una parte l’individuazione, l’appoggio, lo sviluppo e il sostegno di politiche di sostenibilità, dall’altra il raggiungimento di soluzioni condivise.La dimensione locale si adatta al meglio come punto di analisi
della rigenerazione urbana perché gli interventi in quest’ambito sono destinati ad un’area delimitata e precisa della città (progetti area based). Su queste basi si concretizza un passaggio da concetto di government a quello di governance. Con il principio di govenrance si intende la capacità di produrre politiche pubbliche efficaci, all’interno di un processo di legittimazione funzionale rispetto a domande e bisogni degli amministrati, non solo individuali ma anche e soprattutto collettivi. Per governance si sottende più ampiamente il processo attraverso il quale risolviamo collettivamente i nostri problemi e rispondiamo ai bisogni della società, cioè l’attività finalizzata a ottenere governabilità e sviluppare politiche efficaci, e government nel senso istituzionale, che indica lo “strumento che usiamo”. Si accentua, quindi, l’importanza di garantire una efficace gestione delle relazioni tra l’amministrazione e i molteplici attori in gioco, pubblici e privati, che diventa condizione essenziale per il successo delle politiche. Il terzo attore36 diventa, quindi, componente coinvolto nei processi decisionali. In generale, la partecipazione in ambito urbanistico è stata affrontata secondo due approcci principali: il modello “top-down”, basato su una concezione debole, e il modello “bottom-up”, 95
basato su una concezione forte. L’approccio top-down è caratterizzato da modalità di comunicazione univoca dai decision-makers ai cittadini. I metodi di coinvolgimento, in questo caso, sono essenzialmente forme di consultazione: cittadini chiamati ad esprimersi su piani, progetti, proposte già formulate o su scelte politiche già effettuate. Un coinvolgimento limitato (debole) alla fase decisionale rispetto ad alternative preposte, esprimendo dissenso o assenso, basando le decisioni su tali risultati. L’approccio bottom-up è caratterizzato, invece, da forme di comunicazione biunivoche tra gli organi istituzionali e gli utenti. In questo caso gli attori entrano nel processo decisionale fin dalle prime fasi e interagiscono con lo scopo di raggiungere un grado di consenso. Qui il “terzo attore” viene coinvolto a partire dalle prime fasi di identificazione dei problemi e delle alternative alla scelta. Uno dei principali requisiti, affinché una strategia di partecipazione basata sul bottom-up possa concretizzarsi, è che gli utenti siano motivati a partecipare, cercando di coinvolgere non solo gli “active stakeholders, cioè gli interlocutori presenti ed attivi nel processo, ma anche i passive stakeholders, ovvero gli attori su cui ricadono gli effetti delle pratiche decisionali. Per quanto riguarda
questi ultimi, infatti, l’attivo coinvolgimento, anche se statisticamente scarno in un primo momento del processo, è fondamentale in quanto potrebbero “scoprire” i propri interessi nel corso del processo, nella misura in cui determinati aspetti tendono a richiamare la loro attenzione, e trasformarsi in attori attivi. Ciò quindi necessita di uno sforzo da parte dell’amministrazione affinché l’implicito diventi esplicito il più presto possibile, favorendo processi di organizzazione e di rappresentanza. In linea generale, è possibile ottenere tale risultato attraverso una maggiore trasparenza dell’amministrazione pubblica, una maggiore accessibilità alle informazioni, dotando gli attori più “deboli” di tutte le risorse necessarie per partecipare attivamente, fornire canali per un feedback e facilitare la comunicazione. È chiaro, naturalmente, che a ciò deve corrispondere, da parte dei cittadini, la disponibilità ad una partecipazione attiva ai processi di formazione delle decisioni, mobilitazione, eventualmente, di risorse e una disponibilità all’apprendimento e alla ridefinizione dei propri quadri di significato nel corso dell’interazione. Si parla di rigenerazione nel momento in cui il progetto è partecipato, in termini di risorse umane ed economiche, quando si basa su una sinergia 96
37. Act locally think globally è uno slogan risalente agli anni ’60 il cui scopo era quello di esortare la gente a prendere in considerazione la salute dell’intero pianeta e di intervenire nella loro comunità. Prima che i governi emanassero leggi di tipo ambientale i gruppi di volontari si attivarono per proteggere gli habitat
tra i diversi ambiti finanziari, culturali, sociali, quali: comunità europea, enti pubblici, enti privati, istituzioni, urbanisti architetti, associazioni culturali, ambientalista, gruppi sociali, sistema bancario. Tutti lavorano e collaborano insieme per dare una nuova identità alla città contemporanea, in cui è venuta meno per forza di cose la vecchia gerarchia. È qui che si parla quindi di strategia, di rete di azioni e competenze. “Act locally think globally”37 è uno dei principi della rigenerazione. Ovvero interventi localizzati, in termini di area fisica e concettuale, che innescano meccanismi più ampi, con un raggio d’azione su una scala molto più vasta, e che sono soprattutto duraturi nel tempo, anche subendo variazioni o evoluzioni. Il che può essere semplicemente una reazione a catena, o la vera e propria creazione di un sistema di interventi costituito da piccoli punti.
97
Good practice
Good practice
Ciò che risulta necessario al fine di approfondire il tema della rigenerazione è una raccolta di esempi, o meglio, di good practice che ci hanno permesso di individuare buone pratiche di intervento e di estrapolarne i concetti chiave che hanno ottenuto maggior successo e riproporli, adattati e rivisti, all’interno del contesto in cui andiamo ad intervenire.Il riuso di aree preziose che spesso si trovano nel cuore dei tessuti urbani non solo rompe i recinti e le barriere che rendevano questi luoghi anche fisicamente separati dalla città, ma consente il recupero di parte del deficit pregresso di dotazioni sociali che caratterizza le città italiane, nonché di dotazioni infrastrutturali e in particolare della mobilità pubblica. Uno dei temi centrali per la riqualificazione urbana e metropolitana è la ricerca della mixité, sia funzionale che sociale, mescolando le funzioni abitative (pubbliche e private), con quelle del lavoro, del consumo, del tempo libero, contrastando la mono-funzionalità tipica delle periferie urbane. La scelta dei singoli esempi è stata effettuata sulla base di tematiche che condividevano, con l’operazione di rigenerazione dell’area di Collegno, condizioni di partenza e scale di intervento. L’obiettivo principale di questo tipo di intervento
pone al centro il tema dell’integrazione tra urbanistica ed ecologia cercando di suggerire una risposta a tre necessità: escludere nuove forme di espansione urbana, di fronte all’emergere del suolo come risorsa finita e bene pubblico irriproducibile; assicurare la compatibilità ecologica e ambientale alle scelte relative al sistema insediativo e delle infrastrutture; applicare principi di rigenerazione ambientale a tutte le trasformazioni urbanistiche, con specifiche regole di compatibilità, mitigazione e compensazione. Ciò che definisce un processo di rigenerazione in quanto tale è la capacità di gestire e proporre tipologie di intervento che abbiano ricadute, non solo in ambito ambientale, architettonico ed economico ma anche e soprattutto sociale. L’utente diventa strumento per misurare il grado di qualità di uno spazio urbano che sia pubblico, sia privato. Per questo motivo e per altri, la definizione di uno spazio urbano di qualità riesce a riportare all’interno di un’area fenomeni di condivisione e di socialità capaci di produrre senso di appartenenza e pratiche di “auto-controllo e manutenzione”. Le categorie individuate si suddividono, quindi, in tre temi che ci hanno guidato nella scelta degli esempi e risultano essere: 100
Casi di rigenerazione di DISTRETTI INDUSTRIALI dismessi in seguito al periodo della deindustrializzazione. Casi di intervento riguardanti COMPLESSI DI EDIFICI già definiti all'interno di un tessuto urbano.
lo spazio urbano pubblico che diventa luogo di interessi comuni permettendo di restituire alla popolazione luoghi per l’integrazione permettendo, da qui, di rigenerare l’intorno, rendendo lo spazio pubblico motore di trasformazione.
Casi che hanno interessato nello specifico la gestione e l’organizzazione dello SPAZIO PUBBLICO come motore di rigenerazione e inclusione. La prima categoria riguarda interventi a scala urbana dove intere aree, che necessitavano una riconversione e una rifunzionalizzazione, sono state trasformate al fine di rendere le parti periferiche della città nuovi centri urbani, dotati di una qualità propria e capaci di supportare la popolazione. La seconda riguarda, invece, casi dove gli interventi riguardano la scala architettonica trasformando le caratteristiche del singolo edificio o di un intero complesso attraverso opere di intervento sull’involucro o sull’aumento volumetrico al fine di migliorarne le prestazioni energetiche e funzionali. La terza categoria interessa, invece, interessa 101
GOOD PRACTICE 1
Hammarby Sjรถstad, Stoccolma
102
103
dove
quando 1995 Piano Preliminare
Stockholm, Sweden
dati PROGETTISTI | Jan Inghe-Hangstrom\Tengbom Arkitekter COMMITTENTE | Città di Stoccolma SUP. TOTALE | 200 ha, 330.000 m2 area costruita BUDGET | 4,5 mld di Euro
1997 Masterplan
sintesi
1999 inizio costruzione
In seguita alla dismissione e l’abbandono del vecchio porto, la città di stoccolma dovette fare i conti con un vasto comparto inquinato che necessitava di un urgente intervento di bonifica e di riqalificazione. Si delineò cosi nel 1991 una stategia di sviluppo urbana con l’intento di creare un nuovo quartiere che coniugasse qualità urbana, comfort abitativo e sostenibilità ambientale. Nel 1997 la municipalità approva il masterplan definitivo e per la sua attuazione si rese necessaria l’attivazione di un sistema gestioale innovativo che prevedeva il coinvolgimento di soggetti pubblici e privati (società di sviluppo immobiliare, cooperative e associazioni di abitanti, agenzie governative di finanziamneto e società mista per il coordinamneto delle realizzazioni e la gestione del quartiere) e l’esecuzione del piano generale per comparti, 12 in tutto. Il masterplan prevede la realizzazione di residenze integrate ad un mix funzioale di attività produttive e servizi, affiancando il nuovo tessuto edilizio alle preesistenze.
2013 fine costruzione 104
caratteristiche Mixitè funzionale. Integrazione preesistenze. Processo partecipato. Qualità architettonica. Sostenibilità ambientale. Mobilità. Integrazione aree verdi.
grafici densificazione qualità flessibilità riuso ARCHITETTONICO
URBANISTICO
spazi verdi retrofit energetico riduzione CO2 energia rinnovabile
mixitè spazi pubblici servizi accessibilità
AMBIENTALE
SOCIO-ECONOMICO
aggregazione integrazione partecipazione occupazione 105
GOOD PRACTICE 2
Hafencity, Amburgo
106
107
dove
quando
dati
1998 HafenCity Hamburg GmbH
PROGETTISTI | Kees Christiaanse, KCAP Architects&Planners COMMITTENTE | HafenCity Hamburg GmbH SUP. TOTALE | 157 ha, : 2,3 mln di m2 slp 2000 Approvazione BUDGET | dato sconosciuto
Masterplan
2001 Inizio Lavori
sintesi Hafen City si estende per circa 157 ettari e costituisce una sorta di addizione urbana al centro storico composta da 10 quartieri, ciascuno dei quali caratterizzato da una propria specificità in termini funzionali e realizzato in modo autonomo. Il carattere che più emerge e qualifica il progetto in questa fase di attuazione sono la varietà e molteplicità di funzioni e usi che rapidamente e con continuità si vanno insediando. E’ questo uno dei fattori più determinanti del successo dell’offerta residenziale ad HafenCity che è andato oltre ogni aspettativa. Il programma di sviluppo è stato avviato nel 2000, con un concorso che ha affidato il disegno della trasformazione al masterplan redatto da Kees Christiaanse e la cui proposta ha previsto insediamenti residenziali (per un totale di 5500 alloggi per circa 12.000 abitanti, uffici (40 mila addetti) e infrastrutture culturali).
Hamburg, Germany
2025 Previsione fine lavori
108
caratteristiche Morfologia urbana analoga al centro città. Elevata densità,. Elevata qualità degli edifici. Spazi pubblici di qualità, Rigenerazione del waterfront. mobilità integrata con la città esistente. Sostenibilità ed ecologia.
grafici densificazione qualità flessibilità riuso
ARCHITETTONICO
URBANISTICO
spazi verdi retrofit energetico riduzione CO2 energia rinnovabile
mixitè spazi pubblici servizi accessibilità
AMBIENTALE
SOCIO-ECONOMICO
aggregazione integrazione partecipazione occupazione 109
GOOD PRACTICE 3
Le Albere, Trento
110
111
dove
quando 2001Concorso di idee 2002 Masterplan
dati PROGETTISTI | RPBW COMMITTENTE | Iniziativa Urbana spa SUP. TOTALE | 11ha, : 116.000 m2 area costruita BUDGET | 300 mln di Euro
sintesi 2005 Piano guida
Trento, Italy
2008 Inizio costruzione
La chiusura dello stabilimento avvenuta nel 1977, sancì l’inizio di un intenso dibattito sul riuso dell’ampia area dismessa, che occupa una posizione strategica all’interno della scacchiera urbana di Trento. Nel 1998 l’ex sito della Michelin viene inserito nel Prusst, e si promuove la riqualificazione dell’area attraverso un concorso di idee, di cui risulta vincitore Renzo Piano. Il Masterplan redatto nel 2002 prevede l’insediamento di un parco fluiale e di un complesso polifunzionale, composto da un quartiere residenziale con spazi commerciali, direzionali, culturali e attività ricreative. Il progetto di riqualificazione intende restituire alla città un ambito urbano divenuto marginale, ricucendo l’area al tessuto cittadino esistente mediante la creazione di nuovi percorsi carrabili e ciclo-pedonali, e si propone di recuperare il rapporto con il fiume attraverso la creazione di un grande parco urbano. L’intero progetto è interamnete improntato sulle logiche di sostenibilità ambientale ed efficienza energetica.
2014 Fine costruzione
112
caratteristiche Mixitè funzionale. Ricucitura. Sostenibilità ambientale. Qualità architettonica. Parco urbano. Mobilità. Memoria.
grafici densificazione qualità flessibilità riuso
ARCHITETTONICO
URBANISTICO
spazi verdi retrofit energetico riduzione CO2 energia rinnovabile
mixitè spazi pubblici servizi accessibilità
AMBIENTALE
SOCIO ECONOMICO
aggregazione integrazione partecipazione occupazione 113
GOOD PRACTICE 4
Bo01, Malmo
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dove
quando 1998 Inizio della fase di pianificazione
Malmö, Sweden
2001 Inizio della fase realizzativa
2006 Completamento di 950 unità abitatitive
dati PROGETTISTI | Renzo Piano, Christoph Kolhbecker COMMITTENTE | Città di Malmö SUP. TOTALE | 30 ha BUDGET | dato sconosciuto
sintesi Come Hammarby, il progetto Bo01 è un progetto di riconversione di riconversione dell'ex zona industriale e portuale. Il distretto, attualmente dispone del 100% di energia rinnovabile e rappresenta uno dei maggiori esempi di rigenerazione urbana sostenibile. Bo01 rappresena un primo step per la trasformazione di 160 ettari di area industriale e portuale che, una volta completata la trasformazione, offrirà abitazioni per 30.000 persone. Nonostante l'alta densità urbana, è stata posta grande attenzione alla composizione degli spazi verdi ed al recupero della biodiversità. Gli spazi pubblici offrono diverse scale di percorrenza, fornendo lungo le maggiorni strade, percorsi pedonali e ciclabili. L'area è caratterizzata dall'uso di acqua e materiali di riciclo e dall'uso di risorse naturali come energia solare ed eolica. Stimolato dalla presenza di tipologie architettoniche differenti e talvolta discordanti, i progettisti del distretto hanno creato un lavoratorio inusuale, risultante un distretto rinnovato e rigenerato da tutti i punti i di vista.
2007 Realizzazione del parco pubblico
in corso 116
caratteristiche Sostenibilità energetica ed ambientale. Progetto integrato ed olistico. Miglioramento qualitativo degli spazi pubblici. Costruzione di nuove abitazioni con attrezzature e spazi verdi. Miglioramento prestazionale degli edifici esistenti. Miglioramento della mobilità pedonale e ciclabile. Integrazione di servizi per residenti. Creazione di nuovi posti di lavoro.
grafici
densificazione qualità flessibilità riuso ARCHITETTONICO
URBANISTICO
spazi verdi retrofit energetico riduzione CO2 energia rinnovabile
mixitè spazi pubblici servizi accessibilità
AMBIENTALE
SOCIO-ECONOMICO
aggregazione integrazione partecipazione occupazione
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GOOD PRACTICE 5
Spina 3, Torino
118
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dove
quando 1998 Approvazione Priu
dati PROGETTISTI | Arch. Jean Pierre Buffi COMMITTENTE | PRGC di Torino - PRiU SUP. TOTALE | 1.002.956 m2 BUDGET | 800 mln di Euro
2000 Realizzazione Envipark
sintesi 2004 Progetto parco - Peter Latz
Torino, Italy
2011 Apertura lotti Ingest Valdocco Vitali
2012 Terminato lotto Mortara
2015 Terminato lotto Michelin
L’area occupata fino a due decenni fa dagli stabilimenti industriali è oggi oggetto di una profonda trasformazione coordinata dall'architetto Jean Pierre Buffi. Intorno alla zona di Spina 3 sono stati realizzati centri commerciali e localizzate nuove funzioni produttive come l’Enviroment Park (2000) , accanto a destinazioni residenziali. Cuore dell’intervento è la realizzazione del Parco Dora elemento connettivo tra i nuovi insediamenti: 456.000 mq di superficie. È uno dei più vasti polmoni verdi della città. Il parco, realizzato integra ambienti naturalistici e preesistenze derivanti dal passato industriale della zona; comprende infatti elementi significativi, esclusi dalle demolizioni dei vecchi capannoni, tra cui la torre di raffreddamento della Michelin, la grande struttura dello strippaggio e la centrale termica delle acciaierie Fiat. L'area è suddivisa in sette macrozone, create in corrispondenza di altrettanti fabbricati industriali dismessi intorno agli anni ottanta. Rispettivamente, i tre vecchi impianti siderurgici dell'ex Fiat Ferriere, divenuta in seguito Teksid (Valdocco, Vitali, Valdellatorre), più gli ex stabilimenti Michelin, Paracchi, Fiat Nole, Ingest, fino alle Officine Savigliano.
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caratteristiche Quartiere residenziale. Sostenibilità ambientale. Qualità architettonica. Mixitè. Parco urabno. Memoria.
grafici densificazione qualità flessibilità riuso
ARCHITETTONICO
mixitè spazi pubblici servizi accessibilità URBANISTICO
spazi verdi retrofit energetico riduzione CO2 energia rinnovabile
AMBIENTALE
SOCIO ECONOMICO
aggregazione integrazione partecipazione occupazione
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GOOD PRACTICE 6
Reggiane Future factory, Reggio Emilia
122
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dove
quando 1900 Realizzazione
dati PROGETTISTI | Andrea Oliva COMMITTENTE | STU REGGIANE S.p.a. SUP. TOTALE | 250.000 m2 BUDGET | dato sconosciuto
sintesi
Reggio Emilia, Italy 2009 Chiusura fabbriche
2012 prime manifestazioni di interesse
2014 Progetto di rigenerazione
L’area si caratterizza per l’ingente presenza di attività produttive dismesse, che oggi appaiono come elementi di criticità ma che potranno essere oggetto di interventi di rigenerazione urbana senza consumo di territorio. Il progetto consiste nella realizzazione del Parco della Conoscenza, dell’Innovazione e della Creatività che avrà il suo centro fisico e il suo ingresso nel riqualificato piazzale Europa. Il Parco sarà una piattaforma logistico-tecnologica capace di potenziare i centri di ricerca della città, a partire da quelli già esistenti nel Tecnopolo e nel Centro Internazionale L. Malaguzzi, mettendo a valore la loro prossimità in modo da potenziare lo scambio e la condivisione di conoscenza e da aumentare le sinergie fra ricerca e produzione, fra educazione, creatività e sapere industriale. Il Parco potenzierà il sistema della conoscenza della città, che oggi gravita intorno alle sedi universitarie e agli istituti tecnici superiori, e diventerà un centro di eccellenza nell’ambito del sistema regionale della rete alta tecnologia.
124
caratteristiche Tecnopolo. Sostenibilità ambientale. Qualità architettonica. Alta tecnologia Mobilità. Memoria.
grafici densificazione qualità flessibilità riuso
ARCHITETTONICO
URBANISTICO
spazi verdi retrofit energetico riduzione CO2 energia rinnovabile
mixitè spazi pubblici servizi accessibilità
AMBIENTALE
SOCIO ECONOMICO
aggregazione integrazione partecipazione occupazione 125
GOOD PRACTICE 7
OGR - officine grandi riparazioni, Torino
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dove
quando 2012 Avvio lavori e messa in sicurezza
dati PROGETTISTI | : G. Gritella, G. Rigotti, Giugiaro COMMITTENTE | Società OGR-CRT SUP. TOTALE | 22.000 m2 BUDGET | dato sconosciuto
sintesi
Torino, Italia 2015 Inizio della fase realizzativa
Officine Grandi Riparazioni rappresenta una delle più belle architetture industriali della città di Torino, attualmente fanno parte di un progetto in progress che potrebbe donare a Torino un nuovo polo culturale con lo scopo finale è "restituire alla collettività uno spazio ad alto contenuto innovativo e tecnologico. La Manica Nord delle Officine sarà utilizzata come una sorta di spazio multidisciplinare, in cui si incontreranno imprese delle industrie creative ed enti del territorio, per realizzare attività di musica, teatro, architettura e design, nuove tecnologie applicate all'arte e alla creatività; la Manica Sud sarà un centro dedicato all'innovazione e alle nuove tecnologie, un hub per "creare un punto di incontro tra imprenditori ed investitori; spazi destinati a start up e attività di accelerazione destinate a imprese in ambito tecnologico nei settori della creatività e della social innovation"; il transetto ospiterà i luoghi d'incontro, ristorazione, caffetteria, attività funzionali all'offerta culturale delle OGR. "Un luogo dove le idee si incontrano, mettendo in relazione tra loro, le arti visive, in particolare la fotografia e le grandi installazioni site-specific, le arti performative, l’architettura, il design, la letteratura, la musica e i nuovi media; un 'centro' con una visione non solo poetica ed estetica, ma anche di condivisione sociale". 128
caratteristiche Progetto integrato. Integrazione di nuove funzioni per la comunità. Recupero di aree degradate. Inserimento di spazi creativi ed innovativi. Creazione di nuovi posti di lavoro.
grafici
densificazione qualità flessibilità riuso
ARCHITETTONICO
mixitè spazi pubblici servizi accessibilità URBANISTICO
spazi verdi retrofit energetico riduzione CO2 energia rinnovabile
AMBIENTALE
SOCIO-ECONOMICO
aggregazione integrazione partecipazione occupazione
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GOOD PRACTICE 8
Matadero, Madrid
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dove
quando 2003 Il consiglio di Madrid decide di destinare lo spazio del Matadero ad attività culturali 2005 Approvazione del piano di recupero
Madrid, Spagna
2007 Apertura dei primi spazi
2011 Apertura dello spazio espositivo Nave 16 2014 Apertura di incubatori e spazi per imprese
dati PROGETTISTI | : A. Franco, A. Vírseda, J. Canicero, Antón García Abril COMMITTENTE | Madrid City Council SUP. TOTALE | 165.415 m2 BUDGET | dato sconosciuto
sintesi Nel 2003 il governo decide di inserire la riqualificazione del Matadero in un programma di recupero e di riconvertire lo spazio in un grande laboratorio di creazione e produzione contemporanea. Esso nasce come nuovo centro culturale metropolitano, un luogo per l'arte e la cultura, estendendo la città di Madrid verso rio Manzanares, creando un'area di particolare interesse per la cultura madrilena. Il progetto rappresenta una nuova infrastruttura culturale per Madrid, nasce per favorire la creazione multidisciplinare e funziona come catalizzatore sociale, urbanistico e culturale per la città. Mette a disposizione: diffusione, comunicazione ed esposizione dell'offerta culturale madrilena dentro il circuito internaizionale; produzione artistica, destinata a prommuovere la creazione e la sperimentazione interdisciplinare mediante la dotazine di strutture per workshop e laboratori; formazione e ricerca, per tutti i campi della cultura conistenti in conferenze, corsi e seminari. In particolare il progetto coinvolge 183.566, divisi in setteore A, B,C e prevede in futuro la riqualificazione del settore A con l'inserimento di una biblioteca pubblica.
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caratteristiche Inserimento di spazi culturali e dedicati all'arte. Integrazione di nuove funzioni per la comunità. Recupero dispazi marginali. Inserimento di spazi creativi ed innovativi. Dotazione di nuovi servizi e spazi pubblici.
grafici
densificazione qualità flessibilità riuso
ARCHITETTONICO
mixitè spazi pubblici servizi accessibilità URBANISTICO
spazi verdi retrofit energetico riduzione CO2 energia rinnovabile
AMBIENTALE
SOCIO-ECONOMICO
aggregazione integrazione partecipazione occupazione
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GOOD PRACTICE 9
Didden Village, Rotterdam
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dove
quando 2002 Progetto
dati PROGETTISTI | Mvrdv COMMITTENTE | Didden Family SUP. TOTALE | 45 m2 BUDGET | dato sconosciuto
sintesi Rottherdam, Olanda
2006 Realizzazione ultimata
In linea con le idee di MVRDV circa la densificazione nel corso degli ultimi 20 anni, l'edificio realizzato nella città di Rotterdam è un'estensione di una residenza sulla copertura. In cima a una casa storica esistente vengono poste le camere da letto, posizionate come volumi separati sembrano piccole case di un villaggio sul tetto. Le case sono distribuite in modo tale da formare ed ottenere una serie di piazze, strade, vicoli, aumentando la sensazione di villaggio in cima ad un edificio esistente. Alberi, tavoli, docce all'aperto e panchine vengono aggiunte per ottimizzare lo stile di vita sul tetto. Con tutti gli elementi di finitura con un blu poli-uretano rivestimento di un nuovo "cielo" è formato. Si crea una corona sulla parte superiore della casa. L'aggiunta può essere visto come un prototipo per un'ulteriore densificazione della città esistente. Si aggiunge vita ai tetti della città. Questo intervento analizza i costi per le strutture edili e si propone di essere più competitiva in termini di costi rispetto al prezzo base equivalente per edilizia.
136
caratteristiche Densificazione. Sostenibilità ambientale. Qualità architettonica. Sopraelevazione. Riduzione costi.
grafici densificazione qualità flessibilità riuso
ARCHITETTONICO
mixitè spazi pubblici servizi accessibilità URBANISTICO
spazi verdi retrofit energetico riduzione CO2 energia rinnovabile
AMBIENTALE
SOCIO ECONOMICO
aggregazione integrazione partecipazione occupazione 137
GOOD PRACTICE 10
Leszczynski Antoniny Manor, Leszno
138
139
dove
quando 2015 Progetto
dati PROGETTISTI | NA NO WO architekci COMMITTENTE | dato sconosciuto SUP. TOTALE | 8.928 m2 BUDGET | dato sconosciuto
sintesi Leszno, Polonia 2016 Realizzazione ultimata
Questo progetto prevede il restauro e l'ampliamento di tre dei vecchi fabbricati su The Manor Leszczynski Antoniny e la costruzione di un nuovo edificio residenziale. Si vuole trasformarlo in un'area sanitaria polifunzionale con annesso un edificio residenziale dedicato alle persone anziane. La sfida progettuale è stata quella di convertire tutti gli edifici in un complesso coerente e di assegnarne ad ognuno le necessarie funzioni. A causa del sistema strutturale, essi hanno bisogno di essere sottoposti a ricostruzione ed espansione. Viene deciso di utilizzare il tetto piano come terrazza, situata sull'edificio storico, formando al contempo un punto di incontro per gli anziani, da cui poter godere del bel panorama della città . Vi è inoltre un bar, un campo da bocce, un ristorante, un palco per gli eventi speciali organizzati per i residenti, una cappella che fornisce funzioni religiose, camere d'albergo e una sala conferenze situate in questo complesso. Ciascuno dei reparti ha accesso agli spazi aperti e le terrazze verdi tutti i giorni, integrando e attivando gli anziani.
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caratteristiche Integrazione. Mixitè. Densificazione. Sostenibilità ambientale. Qualità architettonica. Sopraelevazione. Accessibilità.
grafici densificazione qualità flessibilità riuso
ARCHITETTONICO
mixitè spazi pubblici servizi accessibilità URBANISTICO
spazi verdi retrofit energetico riduzione CO2 energia rinnovabile
AMBIENTALE
SOCIO ECONOMICO
aggregazione integrazione partecipazione occupazione 141
GOOD PRACTICE 11
Vega, Venezia
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dove
quando 1986 dismissione area industriale
dati PROGETTISTI | Land Milano COMMITTENTE | VEGA s.c.a.r.l. SUP. TOTALE | 35.000 m2 BUDGET | 140 mln di Euro
1993 Costruzione s.c.a.r.l.
1993-95 Ristrutturazione ex fabbrica Venezia, Italy 1994-96 Interventi di bonifica e inaugurazione primi edifici 1997-99 Ampliamento e e recupero torre Hammon 2000-2004 realizzazione edifici direzionali e laboratori di ricerca
sintesi VEGA, istituito nel 1993 a Porto Marghera, si inserisce in un'area industriale a 5 km da Venezia, precedentemente occupata dagli stabilimenti produttivi di Enichem Agricoltura fino al 1986. L’idea di realizzare un Parco Scientifico Tecnologico nella zona industriale di Porto Marghera risale agli inizi degli anni ’90, periodo di profonde trasformazioni industriali collegate alla crisi dell’industria pesante e alla necessità di riconvertire l’area in un diverso modello produttivo basato su una nuova e moderna concezione di sviluppo e di servizi, a stretto contatto con l’Università e i Centri di Ricerca. L’individuazione da parte dell’Unione Europea dell’area nell’ambito dell' “Obiettivo 2", con il conseguente apporto di contributi finanziari pubblici (fondi strutturali europei FERS erogati e gestiti dalla Regione Veneto), ha dato il via alla realizzazione del progetto PST, esempio di riconversione di una parte della zona industriale di Porto Marghera. Le missioni del Parco VEGA sono la riqualificazione industriale e il trasferimento tecnologico dal mondo della ricerca al tessuto delle PMI del territorio veneziano e veneto el'incubazione di nuove imprese e lo sviluppo di idee imprenditoriali innovative. 144
caratteristiche
grafici densificazione qualità flessibilità riuso
Parco Scientifico Tecnologico. Ricerca. Creazione d'impresa. Waterfront. Qualità architettonica. Riqualificazione industriale.
ARCHITETTONICO
mixitè spazi pubblici servizi accessibilità URBANISTICO
spazi verdi retrofit energetico riduzione CO2 energia rinnovabile
AMBIENTALE
SOCIO ECONOMICO
VEGA PST
aggregazione integrazione partecipazione occupazione
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GOOD PRACTICE 12
Neue Meile, Boblingen
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dove
quando 2013 Progettazione
dati PROGETTISTI | Baüchplan COMMITTENTE | Città di Böblingen SUP. TOTALE | 1,8 ha BUDGET | 8,5 mln di Euro
sintesi
Böblingen, Germany
2015 Fine costruzione
L'attuale percorso pedonale di Böblingen era un'arteria molto trafficata che è stata convertita nel 2015 in nuova spina dorsale per spazi pubblici e ricreativi. Un salotto urbano, elegante e attraente grazie al verde puntuale, agli arredi modulari in legno e a lampade sospese. L'inserimento di elementi di qualità e arredi ad hoc hanno l'obiettivo di ridefinire una nuova identità all'area, capace di ospitare 35.000 pendolari al giorno. L'area è divenuta uno spazio di incontro e divertimento, presenta fontane a pavimento come attrazione ricreativa e playground urbano. La lunga striscia di intervento di circa 1,8 ettari è chiusa da facciate in mattoni rossi e edifici di vetro e acciaio, sedi di uffici e centri commerciali. Rappresenta una pausa ricreativa e rilassante senza dover necessariamente acquistare. Oltre il disegno pulito e lineare, colpiscono i corpi illuminanti anulari, sospesi tra i due fronti e ballano liberamente nello spazio. Il processo di conversione da ex area carrabile continuerà con il ridisegno di Olgastrasse e Wilhelmstrasse, interpretate ancora una volta come spazi pubblici e ricreativi per la collettività di Böblingen.
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caratteristiche Miglioramento qualitativo degli spazi pubblici. Miglioramento della mobilità pedonale e ciclabile. Aggregazione. Fruibilità de luogo.
grafici
densificazione qualità flessibilità riuso
ARCHITETTONICO
URBANISTICO
mixitè spazi pubblici servizi accessibilità
spazi verdi retrofit energetico riduzione CO2 energia rinnovabile
AMBIENTALE
SOCIO-ECONOMICO
aggregazione integrazione partecipazione occupazione
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GOOD PRACTICE 13
Superkilen, Copenaghen
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dove
quando 2007 Bando
dati PROGETTISTI | TOPOTEK 1, BIG Bjarke Ingels Group, Superflex COMMITTENTE | Città di Copenaghen SUP. TOTALE | 3,9 ha BUDGET | 7,8 mln di Euro
2008 Progetto
sintesi Copenhagen, Denmark
Il progetto è stato commissionato attraverso un bando per la realizzazione di un parco che favorisca l’integrazione multietnica e multiculturale, tema particolarmente vivo nel quartiere. L’idea proposta e messa in atto è stata quella di realizzare un percorso per attraversare 60 nazioni durante una passeggiata nel parco, per riprendere appunto quel senso di “multietnicità” che permea il quartiere e per ridefinire le funzioni dello spazio urbano intorno alle diverse culture. Il progetto è finalizzato ad una collaborazione di contenuti e forme tra i progettisti e gli utenti stessi, in modo da creare un dialogo anche con i non addetti ai lavori. Il progetto del parco è stato ampliato anche per la mobilità lenta: il sistema infrastrutturale del quartiere è stato completamente ripensato, inserendo nuove fermate per i mezzi pubblici ed estendendo la rete delle piste ciclabili esistenti. Il parco si estende per quasi un chilometro ed è suddiviso in tre aree cromatiche, ossia il verde, il rosso e il nero.
2012 fine costruzione
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caratteristiche Integrazione. Processo partecipato. Qualità architettonica. Mobilità. Integrazione aree verdi.
grafici densificazione qualità flessibilità riuso ARCHITETTONICO
URBANISTICO
mixitè spazi pubblici servizi accessibilità
spazi verdi retrofit energetico riduzione CO2 energia rinnovabile
AMBIENTALE
SOCIO-ECONOMICO
aggregazione integrazione partecipazione occupazione 153
GOOD PRACTICE 14
Piazza fontana, Rozzano
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dove
quando 2006 Progettazione
2007 Inizio lavori
dati PROGETTISTI | Labics COMMITTENTE | Comune di Rozzano SUP. TOTALE | 6200 m2 BUDGET | 1,2 mln di Euro
sintesi Il progetto nasce con l’intenzione di riqualificare un ampio spazio aperto degradato e senza alcun carattere ed offrire alla comunità locale uno nuovo luogo pubblico flessibile e condiviso. È il progetto di un suolo, la costruzione di un paesaggio, capace di accogliere, rispondere ed amplificare, con le sue articolazioni, alle esigenze di una comunità in continuo cambiamento. Lo scopo del progetto è stato quello di creare un paesaggio artificiale, variegato e accogliente. Sin dalle prime intenzioni progettuali vi è stata anche l’idea di immaginare uno spazio in grado di innescare usi imprevisti e non programmati, istituendo nuove relazioni tra le parti e tra gli edifici circostanti, pur conservando una forte identità locale. Una lunga ed elaborata consultazione pubblica che ha preceduto la progettazione architettonica è servita al Comune per definire un quadro esigenziale molto preciso e soddisfare le più svariate richieste e aspirazioni della comunità.
Milan, Italy
2009 Realizzazione
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caratteristiche Morfologia urbana. Spazi pubblici di qualità. Processo partecipativo. Identità del uogo. Spazi mutevoli.
grafici densificazione qualità flessibilità riuso ARCHITETTONICO
URBANISTICO
spazi verdi retrofit energetico riduzione CO2 energia rinnovabile
mixitè spazi pubblici servizi accessibilità
AMBIENTALE
SOCIO-ECONOMICO
aggregazione integrazione partecipazione occupazione 157
GOOD PRACTICE 15
Desert plaza, Barakaldo
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dove
quando
dati
1999 Progettazione
PROGETTISTI | Eduardo Arroyo /NO.MAD COMMITTENTE | MunicipalitĂ di Barakaldo SUP. TOTALE | 1,2 ha BUDGET | 210.000 Euro
sintesi
Barakaldo, Spain
2002 Realizzazione
La Plaza del Desierto e' situata nella citta' di Barakaldo, in quella che era la vecchia zona industriale della periferia di Bilbao. Questo spazio verde nel suo essere si pone a meta' strada tra un parco e una piazza, nel quale sono stati recuperati e integrati molti elementi industriali originari del luogo. L'area e' stata suddivisa in un reticolo di piccoli appezzamenti rettangolari riempiti progressivamente con materiali differenti per consistenza e finitura, realizzando un sorta di arazzo intessuto sulla citta'. L'accessibilita', lo schema della circolazione interna, gli spazi di sosta, l'esposizione solare e ai venti del luogo, sono gli elementi ai quali corrispondono diversi materiali: acqua, pietra, asfalto, sabbia, erba, alberi, acciaio e legno. Le tensioni generate dalla combinazione geometrica delle forme e dei relativi materiali definiscono i percorsi, il paesaggio e l'impatto visivo del nuovo spazio urbano. Il parco, o la piazza che dir si voglia, si mostra al pubblico come un'ambiente vivo e dinamico, il cui pregio crea un valore aggiunto agli edifici residenziali circostanti.
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caratteristiche Memoria del luogo Rigenerazione Flessibilità Parco urbano. Mobilità.
grafici densificazione qualità flessibilità riuso
ARCHITETTONICO
URBANISTICO
spazi verdi retrofit energetico riduzione CO2 energia rinnovabile
mixitè spazi pubblici servizi accessibilità
AMBIENTALE
SOCIO ECONOMICO
aggregazione integrazione partecipazione occupazione 161
Conclusioni
Tale dissertazione si pone come strumento di partenza al fine di definire la situazione attuale nell’ambito di rigenerazione urbana, italiana ed europea. Il processo di rigenerazione urbana deve essere basato su una dettagliata analisi delle condizioni dell’area urbana, deve essere animata all’adattamento delle strutture sociali, fisiche, della base economica e delle condizioni ambientali dell’area, deve assicurare che la strategia sia sviluppata in accordo con gli obiettivi dello sviluppo sostenibile, deve fare il miglior uso possibile delle risorse umane, economiche, sociali e deve cercare di raggiungere il consenso attraverso la partecipazione e la cooperazione di tutti gli attori interessati alla rigenerazione dell’area. Un progetto di rigenerazione urbana deve avere una strategia chiara ed articolata, specificare come impiegare le risorse in una visione di lungo periodo, indicare i benefici che devono essere raggiunti ed in che modo, identificare le risorse pubbliche e private coinvolte. Deve inoltre indicare i modi per integrare le politiche verticalmente ed orizzontalmente, monitorare gli outputs della strategia e valutare il loro impatto. Si potrebbe definire periferia, o meglio il margine
della città, il luogo in cui l’interesse del singolo prevale su quello della collettività originando uno squilibrio nell’uso e nelle funzioni degli spazi costruiti, in contrapposizione ai centri storici in cui è stato raggiunto un equilibrio stabile tra l’interesse del singolo e quello della collettività. Bernardo Secchi a tal proposito evidenzia che "figura principale della città, forse della cultura contemporanea, non è la continuità ed il suo articolarsi nella divisione sociale e spaziale del lavoro e nelle gerarchie e connessioni del centro e della periferia entro i processi sociali e produttivi come entro lo spazio urbano. Ciò che, ad ogni scala e nella cultura contemporanea si rappresenta è (…) il frammento. Interpretata spesso come dispersione caotica di cose e soggetti, di pratiche e di economie, la città contemporanea è una città frattale". Il termine margine copre realtà profondamente eterogenee; alcuni assumono come determinante la storicità dei processi di formazione e giungono ad individuare tre generazioni di limite a cui corrispondono altrettante situazioni problema. Altri privilegiano la tipologia insediativa, incrociata successivamente con l’epoca di formazione. Altri infine spostano l’attenzione sulle politiche di inter162
vento e sulle loro condizioni di fattibilità. Le problematiche che investono i margini della città sono: - la mancanza di autonomia e complessità; - la mono-funzionalità; - la bassa qualità delle condizioni di vita, sia perché mancano servizi collettivi, sia perché, non essendoci riferimenti di socializzazione locale, diventano sede di flussi erratici e non luoghi di vita comune; - la mancanza di riconoscibilità e identità collettiva; - la presenza dell’anarchia edilizia e conseguente abusivismo; - il degrado sociale; - la mancanza del controllo pubblico; - la presenza, spesso, di un territorio fortemente criminalizzato, soprattutto nelle periferie suburbane delle maggiori città. In una visione di Torino città metropolitana, si pone, quindi, l’obiettivo di ricucire e ricentrare queste luoghi al fine di creare un tessuto urbano unito ed ottimizzato. L’area analizzata, in quanto zona al margine tra il
comune di Collegno e quello di Torino, ripropone parte di quelle caratteristiche negative sopraelencate prestandosi come occasione per sperimentare queste tematiche, per trovare ed approfondire soluzioni capaci di fornire una risposta adattata alla condizione presentata. Risulta necessario, per poter attuare un processo di questo genere, la compresenza di diversi fattori capaci di catalizzare in maniera ottimale le risorse disponibili, sia in termini ambientali e territoriali che intermini sociali e politici. La realtà urbana di Collegno presenta, in questo senso, diverse precondizioni favorevoli capaci di sostenere questo processo, sia perché si mostra già ben inserita dal punto di vista della conurbazione torinese, sia perché la popolazione collegnese stessa si mostra desiderosa di cambiamenti capaci di riportare quelle aree, un tempo portatrici di lavoro e sviluppo, a produttrici di valore per Collegno stesso. Su questi termini si basa questa analisi effettuata che ha tentato di studiare il passato di quel territorio che lo ha portato alla condizione attuale e quali siano queste condizioni. Successivamente si è cercato di definire una linguistica capace di comprendere le caratteristiche 163
generali di fenomeni di rigenerazione intervenuti in contesti diversi da quello analizzato, per poter riadattare principi e criteri di intervento. Un approccio qualitativo che ci ha permesso di procedere nella definizione di una possibile soluzione pensata ad hoc, che sfruttasse al meglio le risorse disponibili e che si fondesse con la visione attuale che gli organi competenti hanno dell’area. In particolare, in relazione alle documentazioni urbanistiche, ai programmi di sviluppo e rigenerazione come “Collegno Rigenera”, e partendo dalle stesse considerazioni iniziali, sono state esaminate e sviluppate soluzioni diverse su due aree presenti nello stesso contesto che differiscono tra loro per caratteristiche urbane. L’intero progetto ha tentato di riqualificare in modo concreto l’asse di via De Amicis intervenendo, da un lato sull’area delle ex acciaierie Mandelli posta nei pressi del Parco Della Chiesa e la Certosa Reale, dall’altra l’area posta a sud della stazione Fermi della linea 1 della metropolitana di Torino. Le due aree ricadono all’interno delle manifestazioni del programma Collegno Rigenera e puntano verso l’obiettivo comune di rigenerare l’intera area. Si differenziano, però, per tipologie di intervento in quanto le caratteristiche intrinseche delle due aree
risultano essere differenti. La prima, successivamente alla demolizione delle strutture che componevano le acciaierie, risulta essere un brownfield inutilizzato posto all’interno di un contesto urbano abbastanza definito, la seconda è composta da una serie di vuoti e di spazi sfrangiati dove viene a mancare un vero e proprio spazio urbano fruibile dalla popolazione. I due progetti, adottando pratiche differenti, sono stati pensati come un unico masterplan, ma analizzati separatamente in altri due volumi, esplicativi delle strategie e delle problematiche affrontate che si sono tentate di risolvere. Seppur pensati separatamente, i due progetti si integrano insieme per andare a definire una nuova immagine del tessuto urbano considerato, cercando di riproporre una certa continuità, riscontrabile con la risistemazione di via De Amicis ed attraverso punti comuni, quali una attenta definizione dello spazio adibito ad una mobilità lenta, ciclo-pedonale, coerente con le richieste del PRGC, come è possibile notare dal fotoinserimento.
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