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Digital House Casa elettronica a prova di hacker

HOME AUTOMATION

digital house UNA CASA ELETTRONICA A PROVA DI HACKER

La home automation, la digitalizzazione della gestione di un edificio e di un’abitazione, è un processo inevitabile, come lo è del resto per tutta l’economia e la società in genere. Ma non bisogna nascondere che ci sono i pro (molti) e i contro (pochi, ma importanti). Uno degli aspetti più delicati riguarda la sicurezza. Tutti sanno che i computer possono infettarsi con un virus che subdolamente cancella i dati contenuti all’interno dell’hard disk, oppure che si può restare vittima di un tentativo di phishing (siti simili a quelli di una banca o di una piattaforma e-commerce, che frodano chi li utilizza ingenuamente). O, ancora, chi utilizza un computer collegato in rete può trovarsi a scaricare inconsapevolmente un software ransomware che, in sostanza, sequestra i dati dell’utente se non viene pagato un riscatto, di solito in bitcoin. Finora nel mirino sono finite soprattutto piccole e grandi aziende, ma anche ospedali e infrastrutture come le catene di distribuzione di carburanti: clamoroso il caso avvenuto di recente negli Stati Uniti, dove il colosso Colonial Pipeline, vittima di un ransomware, è stato costretto a pagare un riscatto di 5 milioni di dollari. Ma è inutile nascondere che questo tipo di crimine è destinato a diffondersi sempre più, anche nel micro livello locale e insidia ormai anche i cittadini privati. Il prossimo passo, inevitabile, sono le abitazioni. Proprio come accade per i furti di auto, i ladri si sono affinati e hanno imparato a utilizzare l’elettronica. Perché una casa digitale può essere attaccata da hacker, con conseguenze non troppo piacevoli. Una porta con lucchetto digitale può essere aperta, magari clonando la chiave elettronica. Qualche altro esempio: c’è chi ha installato videocamere per la sorveglianza collegate in in rete e si è trovato immagini della propria vita pubblicate sul web. Si è scoperto poi che il danno è stato provocato dal software di gestione delle videocamere Xiaomi in combinazione con un hub Nest per la gestione della domotica. C’è, poi, il caso degli assistenti vocali come quelli di Google, Apple o Amazon, che sono dotati di microfono: si è scoperto che alcuni di questi colossi utilizzavano, senza consenso, le voci degli ignari possessori ai fini di analisi interna per migliorare l’intelligenza artificiale del sistema. Una violazione della privacy fastidiosa, anche se le voci registrate erano state private dell’identità. Ma resta il fatto. Ci sono, poi, le sempre più diffuse tecnologie di riconoscimento facciale. Comode perché automatizzano alcune funzioni senza intervento dell’utente, per esempio, aprire una porta. Ma che possono diventare pericolose, se il software non è a prova di intrusione. Insomma, assieme alla casa digitale dovranno presto arrivare «lucchetti software» per aumentare la sicurezza di chi ci abita. Meglio pensarci prima che poi.

di Giuseppe Rossi

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