anoramic P A
AL
latinoamericana
Edizione Italiana - I - 2009
Sessione Eurolat
La Direttiva del Ritorno
Dossier:
Forum Italia - PerĂş Indaco: prodotto di El Salvador
La Rotta Moche
Editoriale
Editoriale 4
DALL’ITALIA Diego Vecchiato
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EULAC Dichiarazione di Lima
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ATTUALITA’ L’italia e la BID Il futuro dell’Europa passa anche dall’AL Il SEGIB, America Latina e l’Unione Europea
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Sesión EUROLAT Las relaciones UE-AL: análisis y perspectivas, La Directiva del Retorno Evolución de la política migratoria El seguimiento de la V Cumbre ALCUE
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DOSSIER ITALIA - PERú Foro Italia - Perú Rapporti economici Italia - Perú La promozione della cooperazione integrale La partecipazione del settore Imprenditoriale La strategia italiana verso l’America Latina Opportunità d’investimenti nel Perú: 09 –10 Il panorama della relazione commerciale e d’investimento tra l’Italia e il Perù L’APEC e la Partnership Pubblico-Privato PERú e l’APEC In Perú 15 megaprogetti per allontanare la crisi Investire nell’oro e nello sviluppo del Perú L’importanza della cultura nel disegno che perdura nel tempo La partecipazione bancaria nello sviluppo del settore
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PRODOTTI DI EL SALVADOR Indaco Commercializzazione del prodotto
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ITALIA – AMERICA LATINA HIV
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IX FORO DI BIARRITZ Il 9° Foro di Biarritz El estado de salud de América Latina ¿Qué cosa sucede en Bolivia? ¿Los retos futuros de América Latina y qué puede hacer la Unión Europea?
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TURISMO CULTURALE La Rotta Moche
Con il patrocinio di: Ministero Affari Esteri Peruviano Rappresentanza a Milano della Commissione Europea Ministero dello Sviluppo Economico d’Italia PANORAMICA Latinoamericana est membre d’Union des Editeurs de la Presse Périodique
Sommario
Questo numero è stato fatto due volte. Dopo il V Vertice tutto era pronto per una rivista trionfalista, ricca di buone notizie risultate della proficua riunione di Lima. Quando improvvisamente l’America Latina è scossa da un terremoto dato dall’approvazione della “Direttiva del ritorno”. Gli animi si esasperano, dal paese che ha ospitato il Vertice, il Perù, fino a trasformarsi in un malessere regionale di cui si è discusso anche nella sede dell’OEA. Cercate di capire: una regione che non è leader in esportazioni, con uno storico debito estero, che spera negli investimenti stranieri, con problemi sociali non indifferenti. Le rimesse sia provengano da emigrati legali o meno, rappresentano solo ingressi benèfici. Credo che sarebbe stato meglio che i Rappresentanti europei avessero informato durante il Vertice di Lima ai Rappresentanti latinoamericani la loro posizione riguardo agli immigranti, e circa la Direttiva che stava per giungere e cosi discuterla. Sicuramente si avrebbe avuto una posizione comune solidificando le relazioni biregionali basate sulla trasparenza. Si dice ovunque che la Direttiva non è direttamente per i latinoamericani, ma sicuramente questo avvenimento ha fatto maturare questa regione circa le proprio mancanze attuando una revisione delle sue relazioni internazionali. Se desideriamo solidificare l’asse occidentale, la trasparenza è d’obbligo. Abbiamo dovuto aspettare che si chiarisse un po’ il panorama e siamo qui per comunicarvi informazioni costruttive, come dice Rodrigo de Rato, “il mondo ha bisogno di buone notizie”. Personalmente sono molto sorpresa dalla funzione degli economisti. Normalmente noi giuristi ci basiamo su situazioni certe e da li parte la nostra analisi. L’economista invece si caratterizza per analizzare l’attualità ed essere futurista, presentano più scenari futuri. In questo caso, cosa vi è successo con la crisi? Nel mezzo di questa, l’America latina ne risentirà ma speriamo possa approfittare di questo momento per colmare il gran vuoto che avverte: formativo. In questo senso, alla buonora si realizza il Forum Italia Perù, al quale dedichiamo un interessante dossier. È inutile dirvi che siete tutti invitati a partecipare e a venire a Lima. Il Perù vi accoglierà, come sempre, in modo eccellente, assaggerete la sua tradizione culinaria, conoscerete i suoi prodotti e guarderete l’oceano Pacifico da Lima. Si sa, sono innamorata del mio paese! Bene, vi auguro buona lettura e agli amici italiani: esercitatevi con lo spagnolo! Cordialmente, Isabel Recavarren Malpartida Edizione Italiana — N° I - 2009 Direttore: Isabel Recavarren Malpartida - isabel.recavarren@cefial.org Vicedirettore: Luz Garcia Comitato di Redazione: CEFIAL – SEDIF Rappresentante in Perù: Lucy Pariona Rappresentante Argentina e Cile: Luis Fernando Morales Barria Impostazione grafica: Luisa Viganò & CEFIAL Hanno collaborato in questo numero: isabelita.santagostino@cefial.org; heisen.davila@cefial.org; alejandra.santagostino@cefial.org; virgilia.mattiazzi@cefial.org; giannina.debenedetti@cefial.org, marilu.costa@cefial.org, Regia Pubblicitaria e contatti: revista@cefial.org Stampa: Intergrafica Verona s.r.l. Traduzioni: servizi Cefial Registrazione al Tribunale di Milano n. 351 del 9 maggio 2005 PANORAMICA Latinoamericana si distribuisce gratuitamente on-line scrivendo a: cefial@cefial.org Gli articoli pubblicati su PanAL PANORAMICA latinoamericana è sotto la responsabilità degli autori e non impegnano in alcun modo la redazione.
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PanAL Dall’Italia IL CONTRIBUTO DELLA REGIONE DEL VENETO PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELL’AMERICA LATINA di Diego Vecchiato
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a Regione del Veneto ha sempre considerato la cooperazione decentrata una componente fondamentale delle sue relazioni internazionali e sin dal 1992 ha costituito, con la legge regionale 16 aprile 1992, n. 18, un “Fondo regionale per interventi di solidarietà” in altri Paesi, destinato a fronteggiare situazioni straordinarie di denutrizione, di carenza igienico-sanitaria, di disagio sociale, di distruzione del patrimonio ambientale e artistico. Successivamente, nel 1999 è stata approvata la legge regionale 16 dicembre 1999, n. 55. “Interventi regionali per la promozione dei diritti umani, la cultura di pace, la cooperazione allo sviluppo e la solidarietà” Tale legge afferma che la Regione del Veneto riconosce la pace e lo sviluppo quali diritti fondamentali della persona e dei popoli, in coerenza con i principi della Costituzione italiana e del diritto internazionale. Per queste finalità la Regione promuove i diritti umani, la cultura di pace e la cooperazione allo sviluppo, mediante iniziative culturali e di informazione, di ricerca, di educazione, di cooperazione decentrata e di aiuto umanitario. In particolare, nei Paesi in via di sviluppo, contribuisce al mantenimento dell’identità culturale, al soddisfacimento dei bisogni primari favorendo l’autosufficienza alimentare, la conservazione dell’equilibrio ecologico e del patrimonio ambientale, l’innalzamento delle condizioni igienico-sanitarie, l’avanzamento del livello di istruzione ed il miglioramento della condizione femminile e dell’infanzia, la promozione delle pari opportunità tra uomo e donna nel rispetto delle differenze etniche e culturali. Il Capo Terzo di tale legge è interamente dedicato alla cooperazione decentrata allo sviluppo e alla solidarietà internazionale. Innanzi tutto la legge opera una distinzione fra cooperazione decentrata, che mira ad una crescita economica e sociale del Paese beneficiario che possa durare nel tempo e continuare anche dopo la fine dell’aiuto, e solidarietà internazionale, intendendo come tale l’aiuto umanitario a favore di popolazioni colpite da gravi calamità naturali o da altre situazioni straordinarie di crisi, come conflitti armati. Questo tipo di interventi ha una durata necessariamente limitata nel tempo, in quanto il suo scopo è quello di rispondere con immediatezza a situazioni di emergenza. Secondo quanto stabilisce la legge regionale n. 55/1999, i progetti di cooperazione decentrata finanziati dalla Regione si devono ispirare ai principi di centralità dello sviluppo umano sostenibile, e devono cercare di integrare, nei Paesi internazionalmente riconosciuti in via di sviluppo, la crescita economica e sociale, con azioni che si prefiggono obiettivi strutturali, distintamente dall’aiuto umanitario. Le attività che possono essere finanziate vanno dall’elaborazione di studi, alla progettazione, fornitura e costruzione di impianti, infrastrutture, attrezzature e servizi; alla realizzazione di
progetti di sviluppo integrati, con iniziative anche di carattere finanziario; alla formazione professionale; allo sviluppo di una rete di servizi igienicosanitari capaci di tutelare la salute; ad interventi per migliorare la condizione femminile e dell’infanzia. Vi rientrano anche i programmi di educazione ai temi dello sviluppo, e le iniziative volte all’intensificazione degli scambi culturali tra l’Italia e i Paesi in via di sviluppo, con particolare riguardo a quelli tra i giovani. Le iniziative di cooperazione decentrata si rivolgono prioritariamente alle popolazioni dei Paesi in via di sviluppo e considerano come soggetti destinatari attivi gli enti territoriali, gli organismi, le comunità comunque organizzate e le istituzioni locali direttamente coinvolti nella formulazione, gestione e realizzazione dei progetti stessi. La programmazione degli interventi di cooperazione decentrata allo sviluppo e di solidarietà internazionale viene realizzata con un programma triennale approvato dal Consiglio Regionale del Veneto, sulla base degli indirizzi espressi dal Comitato per la cooperazione allo sviluppo, organo consultivo formato da rappresentanti delle Università, degli Enti Locali, delle Associazioni imprenditoriali e sindacali, delle Organizzazioni non governative, delle Associazioni di volontariato, della Consulta regionale dell’immigrazione. Il programma triennale definisce gli obiettivi e le priorità da perseguire nell’arco del triennio, i criteri di selezione delle iniziative di cooperazione decentrata allo sviluppo, i criteri e le modalità di concessione dei contributi regionali. Sulla base del programma triennale la Giunta regionale, sentito il Comitato per la Cooperazione allo sviluppo, predispone ed approva il piano annuale di attuazione, che determina gli obiettivi e le priorità annuali e individua i progetti di cooperazione decentrata allo sviluppo da realizzare direttamente dalla Regione o, se promossi da altri soggetti, mediante la concessione di contributi, determinandone l’ammontare. La Regione del Veneto, ha sviluppato negli anni un modello consolidato per le proprie attività di cooperazione decentrata, secondo il quale la Regione coordina e mette in rete gli attori della cooperazione, realizzando e sostenendo iniziative che hanno un forte radicamento nel territorio veneto. La sua azione si è inoltre caratterizzata per il fatto di considerare i destinatari dell’aiuto come veri e propri partner, con cui instaurare relazioni operative e durature di scambio reciproco e di sviluppo concreto. Il programma triennale 2007-2009 degli interventi di cooperazione decentrata allo sviluppo ha previsto fra i suoi obiettivi quello di migliorare l’integrazione tra la politica regionale di cooperazione
Dall’Italia allo sviluppo e le varie attività di relazioni internazionali dell’ente, con particolare riferimento ai rapporti con i Paesi in Via di sviluppo. Stabilisce inoltre che la progettazione, la selezione e l’implementazione delle iniziative di cooperazione dovranno essere realizzate in partenariato con i destinatari degli interventi nei Paesi in via di sviluppo, in modo da rispondere alle loro reali esigenze, garantire la sostenibilità delle iniziative, dare vita a partnership durature tra enti ed istituzioni del Veneto e dei Paesi beneficiari. Le singole azioni di cooperazione dovranno perseguire gli obiettivi generali di: • promozione di uno sviluppo umano e sostenibile, con azioni idonee ad attivare le risorse e le energie locali per la realizza zione di processi di auto-sviluppo, nel rispetto delle peculiarità economiche, sociali e culturali dei Paesi beneficiari; • salvaguardia delle risorse naturali e tutela del patrimonio am bientale, con particolare riferimento al raggiungimento dell’autosufficienza alimentare e all’accesso all’acqua, ad attività agricole e di pesca ecologicamente sostenibili; • rafforzamento delle istituzioni democratiche e delle ammi ni strazioni locali, anche nell’ottica di consolidarne le capacità progettuali e di gestione dei programmi di sviluppo del proprio territorio, in modo che ne sia garantita la sostenibilità; • partecipazione attiva e protagonismo dei migranti nelle iniziati ve di co-sviluppo. Il programma triennale ha inoltre individuato nell’America Latina una delle aree geografiche prioritarie, andando così incontro alle richieste provenienti dal territorio veneto, che mantiene legami saldi e duraturi con le comunità di origine veneta che si trovano presenti in molti Paesi di quel continente. Su quasi 700 progetti finanziati dalla Regione del Veneto nell’ambito di applicazione della legge regionale n. 55/1999 a partire dal 2001, più di 150 sono stati realizzati in America Latina, con una prevalenza per i Paesi del Cono Sud, essendo stati realizzati solo 8 progetti in America Centrale (in particolare in Guatemala, Nicaragua ed El Salvador). L’Argentina, con 16 progetti, ma soprattutto il Brasile, con 97 progetti, sono stati gli Stati che hanno visto il maggior numero di interventi finanziati, seguiti dal Paraguay con 8, dal Perù con 7, dalla Colombia con 6, dall’Uruguay con 5, dalla Bolivia con 4, dal Cile con 3, dalla Colombia con 2 e dal Venezuela con 1. Si tratta prevalentemente di progetti di cooperazione allo sviluppo, con solo due iniziative di aiuto umanitario.
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La maggior parte dei progetti realizzati in America latina rientra nella tipologia delle iniziative dirette, realizzate direttamente dalla Regione in partenariato con altri enti ed organismi pubblici e privati regionali, e non delle iniziative a contributo, ossia promosse e realizzate da enti locali, istituzioni pubbliche e private, università, associazioni di volontariato, con il contributo della Regione, a seguito della pubblicazione di un bando. La motivazione della maggiore attenzione data alle iniziative dirette nel continente latinoamericano, in particolare in Paesi quali Brasile e Argentina, risiede nella natura del partenariato pubblico/privato che caratterizza le iniziative dirette regionali che, nel caso si configuri un partenariato Regione/Comune o Regione/Provincia, evidenzia una maggiore attenzione alle tematiche della valorizzazione dei legami storici-culturali con Paesi nei quali è significativa la presenza di cittadini di origine veneta o, nel caso di partenariato Regione/Camera di Commercio pone l’attenzione alle tematiche dello sviluppo della Piccola e Media Impresa o dell’accesso al credito, tematiche fortemente sentite nell’America Latina. In effetti, se si guarda ai settori di intervento dei progetti realizzati dalla Regione del Veneto nell’area negli ultimi otto anni, emerge chiaramente la prevalenza di interventi di formazione professionale e per la costituzione ed il rafforzamento di piccole e medie imprese, con una particolare attenzione per l’imprenditoria femminile ed il microcredito, al fine di migliorare le condizioni di vita delle popolazioni, anche attraverso la promozione e diversificazione di attività agricole e artigianali. I numerosi progetti che riguardano invece l’ambito sociale si rivolgono prevalentemente ai giovani, con azioni di contrasto al disagio giovanile attraverso interventi di inserimento sociale e lavorativo. Infine, un settore di intervento significativo, preso in considerazione dai progetti realizzati in America Latina - in particolare in Brasile, Argentina, Paraguay ed Uruguay - è quello degli scambi culturali, in cui le comunità di origine veneta presenti nei Paesi menzionati riscoprono e rinsaldano i legami con i territori di provenienza. Da quanto sinteticamente descritto emerge quindi il forte impegno della Regione del Veneto per lo sviluppo sostenibile dell’America Latina. Un impegno certamente destinato a crescere, con collaborazioni sempre più strette ed azioni sempre più estese ed integrate.
Nota: Le opinioni e le valutazioni espresse dall’autore sono personali e non riflettono le posizioni istituzionali della Regione del Veneto
Centro de Formación e Información de América Latina Centro di Formazione e Informazione dell’America Latina
Il CEFIAL, Centro di Formazione e Informazione dell’America latina è un’associazione italo-peruviana senza fini di lucro che opera a Milano e Lima dal 2000. L’obiettivo è avvicinare le due aree tramite la conoscenza reciproca. Fomenta la cooperazione economica, il commercio e promuove gli investimenti internazionali verso l’America Latina cosi come promuove le eccellenze produttive italiane e il suo savoir faire. Siete invitati a visitarci ed a richiederci la nostra Rivista gratuita “Panoramica Latinoamericana”.
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PanAL Eulac
LA DICHIARAZIONE DI LIMA 1. La Dichiarazione di Lima enfatizza la priorità politica per ultimare i negoziati degli Accordi di Associazione dell’UE col la CAN e l’America Centrale; che si riannodino con MERCOSUR. Così, nel volgere di poco tempo, e grazie agli sforzi dispiegati nei vertici ALC-UE, tutta l’America Latina ed i Caraibi avranno accordi firmati con l’Unione Europea come l’hanno già Messico, Cile, e molto presto CARIFORUM. 2. La Dichiarazione di Lima fissa una visione che cerca: i) di promuovere il benessere delle popolazioni con società più inclusive ed integrate; ii) di approfondire l’integrazione regionale; ed iii) di costruire un sistema multilaterale più efficiente e democratico. 3. Ratifica l’impegno a migliorare la qualità di vita delle popolazioni attraverso; i) politiche sociali effettive; ii), crescita economica con impatto distributivo; iii) partecipazione sociale per rinforzare l’istituzionalità. 4. Segnala che le politiche sociali dovranno condurre a: sradicare la denutrizione e prevenire la malnutrizione infantile; universalizzare l’attenzione verso la madre gestante e il lattante; sradicare l’analfabetismo; universalizzare l’educazione prescolastica e migliorare la qualità e la copertura dell’educazione di base, secondaria e superiore; universalizzare l’accesso ai servizi di acqua potabile e sanitari; incrementare i tassi di occupazione e migliorare le condizioni di vita dei gruppi più vulnerabili. 5. Stabilisce che deve generarsi una crescita economica stabile e sostenuta, con un impatto redistributivo, preservando le politiche macroeconomiche ordinate ed un clima sicuro per l’investimento, promuovendo politiche a beneficio della piena formalizzazione dell’economia con incentivi per le piccole e medie imprese (Pymes), promuovendo miglioramenti nella produttività e nella competitività, sviluppando politiche del lavoro e dell’occupazione più efficaci, incrementando la formazione professionale, con speciale attenzione ai giovani e spingendo il consolidamento dell’integrazione commerciale tra le nostre regioni, per un accesso ampliato e più effettivo ai rispettivi mercati. 6. Assegna particolare importanza alla situazione dell’emigrante. Propone, sulla base del rispetto ai suoi diritti umani ed il principio di responsabilità condivisa, lo sviluppo di un approccio che comprenda il suo importante contributo per le società che lo ricevono, e che intensifichi la cooperazione per prevenire e combattere il traffico illecito di emigranti, la tratta delle persone, la xenofobia ed e il razzismo. 7. Lo sviluppo sostenibile è una condizione per l’ alleviamento della povertà. Perciò la Dichiarazione di Lima sottolinea l’importanza di integrare lo sviluppo economico e sociale con la protezione ambientale, assumendo l’impegno di sostenere la cooperazione bi-regionale per mitigare il cambiamento climatico e l’adattamento a questi effetti, come per la conservazione e l’ uso sostenibile della biodiversità, delle risorse naturali e dell’energia. 8. Segnala che la cooperazione bi-regionale, tramite la formazione, la cooperazione scientifica e tecnologica, e la promozione di flussi di investimento e risorse finanziarie, deve essere diretta ad iniziative per prevenire o ridurre le emissioni di gas a effetto serra; promuovere una crescita economica meno intensiva in carbonio; incrementare la partecipazione in meccanismi di mercati di carbonio, ambito nel quale si negoziano e scambiano diritti di emissione di gas effetto serra e/o i certificati di riduzione di emissioni tra governi, imprese private, organismi internazionali, broker, banche ed individui; spingere la responsabilità ambientale delle imprese; e migliorare il livello di conoscenza, preparazione ad attenzione ai disastri naturali 9. Propone azioni di cooperazione energetica bi-regionali, relative alle fonti di energia pulita e non i rinnovabili, e si proporsi il lavoro congiunto nella forma di coscienza sull’impatto ambientale di sistemi non sostenibili di consumo di energia; accesso ed uso di fonti innovatrici di energia rinnovabile, scambio di esperienze in biocombustibili e promozione di iniziative orientate ad aumentare l’accesso ad energia meno intensiva in carbonio. 10. Sottolinea l’importanza della cooperazione nella preservazione e gestione sostenibile della biodiversità, boschi, risorse marine ed acqua, lotta contro la desertificazione e la gestione adeguata dei prodotti chimici. 11. Si sono stabiliti meccanismi di monitoraggio settoriali per i temi della “Povertà, Disuguaglianza ed Inclusione”, così come dello Sviluppo sostenibile, Ecosistema, Scambio Climatico ed energia”, con l’ incarico specifico di informare i successivi vertici sugli avanzamenti e i risultati nel compimento della Dichiarazione di Lima.
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Allo stesso tempo, siamo impegnati a:
considerata nella prima riunione del 2009.
• Iniziare l’implementazione dell’Alleanza Globale recentemente intrapresa contro il Cambiamento Climatico dell’UE, orientata ai Paesi Meno Sviluppati (PMD) ed ai Piccoli Stati Insulari in Sviluppo (PEID), a beneficio dei paesi del CARIFORUM;
54. Accogliamo con particolare interesse la Relazione delle co-presidenze sulle riunioni ed attività che ebbero luogo tra i Vertici di Vienna e di Lima su temi che fanno parte dell’Agenda bi-regionale e ringraziamo i governi e le istituzioni regionali per le loro iniziative per il monitoraggio dei nostri impegni.
• Assicurare che tutte questi iniziative si appoggino tra loro e prendano in considerazione la necessità di una transizione energetica, così come la complementarietà delle diverse fonti di energia 53. Abbiamo deciso di considerare la creazione di una Fondazione ALC concepita come un stimolo per deliberare su strategie comuni ed azioni orientate al rinvigorimento della nostra associazione bi-regionale, così come ad aumentare la sua visibilità. Con questo obiettivo, si stabilirà un Gruppo di Lavoro bi-regionale aperto, per preparare i possibili termini di riferimento di detta Fondazione. Una relazione sarà presentata alla Riunione di Alti Funzionari, per essere
CASA D’EUROPA DI MILANO “Antonio Pinto”
Via Durini, 14 - 20122 Milano Tel. 02 7600 2857 - Fax 02 7601 4289 www.casadeuropa.org
CASAD’EUROPA DI MILANO PERCHE’ E’ NATA La Casa d’Europa di Milano è stata fondata nel 1993, appunto a Milano, continuando la tradizione delle altre Case d’Europa d’Italia, che sono 18, e confluiscono nella F.I.C.E (Federazione Italiana delle Case d’Europa) e seguendo inoltre la tradizione delle altre Case d’Europa in Europa, che sono ben 72. È stata dedicata all’Avv. Antonio Pinto, che fu tra i fondatori ed il primo a presiederla. Secondo lo statuto, gli scoppi di questa Associazione sono quelli di promuovere la conoscenza dell’Europa, soprattutto attraverso la formazione culturale delle giovani generazioni nelle scuole di ogni grado. Inoltre, le Case d’Europa, ed in particolare quella di Milano, svolgono una intensa attività culturale per far conoscere l’Europa ed i suoi problemi, specie in questo momento di crescita, sia per l’allargamento, nel 2004, ad altri 10 Stati (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Slovenia, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta e Cipro) e nel 2007 alla Romania ed alla Bulgaria. Sedi prestigiose hanno visto svolgersi convegni sulla Convenzione
55. Esprimiamo la nostra soddisfazione per la rapida messa in funzione dell’Assemblea Parlamentare Euro-Latinoamericana. Prendiamo nota delle Risoluzioni che ha adottato ed invitiamo le istituzioni e i meccanismi di integrazione in America Latina ed Europa a collaborare strettamente con detta Assemblea. 56. Accettiamo con piacere l’invito della Spagna per essere sede del VI vertice ALC-UE nel 2010. 57. Esprimiamo la nostra profonda gratitudine al Governo e al popolo del Perù per la sua ospitalità e l’ appoggio che hanno assicurato di concludere con successo il Vertice di Lima.
e sulla Costituzione Europea, sull’Euro e sul Mediatore Europeo, sull’allargamento dell’Europa e sul possibile ingresso di Israele e della Turchia nell’Unione Europea. Si è guardato, e si continuerà a guardare, con attenzione ai rapporti con l’Islam moderato. Si sono organizzate cene etniche dedicate ai vari Paesi d’Europa, vecchi e nuovi, con la folta presenza di consoli e addetti culturali di ognuno di questi Paesi. Si sono intrecciate relazioni proficue con gli uffici di Milano della Commissione e del Parlamento europeo. È stata gradita ospite a varie riunioni la Dott. Maria Grazia CavenaghiSmith, appunto rappresentante a Milano del Parlamento Europeo. Premio per questi rapporti sono gli inviti ufficiali alle manifestazioni organizzate dalle rappresentanze europee. La Casa d’Europa di Milano, con il suo presidente Avv. Isetta PINTO ed il segretario Avv. Mario DOZZO, è stata invitata varie volte per conferenze sulla Costituzione Europea dall’UNUCI, dai ROTARY e dai LIONS. Con questi ultimi si è intrapresa una fattiva collaborazione con l’inserimento nei programmi dell’U.T.E. (Università della Terza Età Lions) di un corso sulla Costituzione Europea giunto, per il 2008/2009, al quinto anno. L’Europa ha subito due brutti colpi: i referendum con cui Francia ed Olanda hanno respinto la Costituzione Europea e quello con cui l’Irlanda non ha approvato il Trattato di Lisbona del 2007. Cosa potrà succedere ora? Bisognerà proseguire nel cammino iniziato dal padri fondatori subito dopo la seconda guerra mondiale e non arrendersi davanti a questi che possiamo considerare incidenti di percorso nella storia umana.
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PanAL Attualità
Italia e la Banca Interamericana di Sviluppo - BID di Carlos Jarque
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’Italia è uno dei 15 paesi europei che partecipano alla Banca Interamericana di Sviluppo (BID) dal 1976. Con la recente approvazione dell’ammissione della Repubblica Popolare Cinese al BID, l’istituzione conterà su un totale di 48 paesi membri, dei quali 26 sono paesi mutuatari in America Latina e nei Caraibi (ALC). Il BID è la principale fonte di finanziamento multilaterale per lo sviluppo economico, sociale ed istituzionale dell’ALC. Nel 2007, il BID ha approvato prestiti e garanzie per 9 miliardi di dollari, mentre la Corporación Interamericana de Inversiones (CII) che appoggia le piccole e medie imprese, ha approvato 470 milioni di dollari in finanziamenti, la maggiore cifra della sua storia. Allo stesso tempo, il Fondo Multilateral de Inversiones (FOMIN), che è la principale fonte di assistenza tecnica per il settore privato e la microimpresa nella regione, ha approvato 133 progetti, per un totale di 135 milioni, dei quali 100 milioni non rimborsabili. L’Italia appartiene a queste tre entità del Gruppo BID. Nel 2007, il BID ha concluso negoziati per alleviare il debito a cinque dei paesi mutuatari con minore reddito. La Banca ha approvato il condono del 100% del debito di Bolivia, Guyana, Haiti, Honduras e Nicaragua, costituita da prestiti in scadenza alla fine del 2004; cioè, un totale di 3,4 miliardi, più 1 miliardo a titolo di pagamenti futuri di interessi, misura che dà a questi paesi un’opportunità storica per ri-orientare risorse verso programmi sociali. Il Governatore per l’Italia è il Ministro di Economia e Finanze, Giulio Tremonti. L’Italia è rappresentata nel Directorio Ejecutivo dalla direttrice Francesca Manno. Lo Stato italiano ha stabilito fondi fiduciari che sono utilizzati per donazioni non rimborsabili nella Regione. L’Italia ha contribuito ai seguenti fondi (per un totale di 44.1 milioni di dollari.) * Fondo Italiano para Firmas Consultoras e Instituciones Especializadas * Fondo Fiduciario Italiano para Consultores. * Fondo Fiduciario Italiano para la Preparación de Proyectos del FOMIN
* Fondo Fiduciario Italiano para el Desarrollo de la Microempresa * Fondo Italiano para la Tecnología de la Información y Comunicación * Fondo Italiano para el Patrimonio Cultural y el Desarrollo Sostenible Alcuni esempi di operazioni di cooperazione tecnica recentemente finanziate da questi fondi includono: * Un progetto di ecoturismo familiare sostenibile nella Repubblica Dominicana, che contribuisce al miglioramento della qualità della vita e dei redditi delle micro e piccole imprese rurali ubicate nel bacino del Rio Jamao; * Un progetto per elaborare strategie di appoggio alle piccole e medie imprese (PYMES), affinché possano reagire alle domande di responsabilità sociale delle imprese (RSI) nella Regione; * Un’operazione di sviluppo economico con approccio territoriale nella Zona Sudoccidentale di El Salvador che cerca di migliorare le basi imprenditoriali e tecnologiche in attività economiche considerate di alta potenzialità; * Un progetto per rinforzare la collaborazione pubblico-privato in modo da aumentare la competitività territoriale in Brasile; * Un’operazione per appoggiare la creazione di una “carta intelligente” per le acquisizioni governative in Panama. Si è stabilito anche un fondo fiduciario italiano nella CII. Creato nel 1992, fu il primo fondo stabilito nella CII. Tra i progetti in corso sono da ricordare il Programa Italiano para el Desarrollo de la Pequeña y Mediana Empresa, ed un progetto in Paraguay per valutare il terreno, le opere civili ed il miglioramento dell’impresa agroindustriale Tecnomyl. D’altra parte, il Governo dell’Italia, attraverso il proprio Fondo fiduciario speciale per lo sviluppo sostenibile di piccole e medie imprese in Argentina, sta finanziando un meccanismo di 75 milioni di euro per concedere prestiti a lungo termine a Pymes Argentina. L’Italia è stata una fonte importante di beni e servizi per l’esecuzione dei progetti del BID, con un importo cumulato (fino al 2007) di 2.062,8 milioni di dollari in acquisizioni per prestiti di investimento; e
1.137,8 milioni di dollari per prestiti per riforme di politiche. La Banca ha sviluppato una guida per il settore privato su come partecipare a licitazioni del BID, disponibile all’indirizzo internet:http://www.iadb.org/exr/brg/ Esiste anche un portale su opportunità per acquisizioni di beni e servizi, http://condc05.iadb.org/idbppi/ Nell’ultima Assemblea Annuale, realizzata ad aprile del 2008 a Miami, è stato annunciato un programma di donazioni, Innovación para el Desarrollo Inclusivo, col proposito di migliorare la qualità di vita dei poveri ed esclusi in America Latina e Caraibi. La División de Ciencia y Tecnología BID concederà fino a sei donazioni tra 30.000 e 100.000 dollari per questa iniziativa, co-sponsorizzata da parte del Fondo Fiduciario Italiano per le Tecnologie dell’Informazione e delle Comunicazioni. I progetti saranno valutati da parte del un panel di esperti di alto livello, presieduto da Luigi Paganetto, presidente dell’ENEA, Ente per nuove tecnologie, energia ed ambiente. Il programma finanzierà progetti pilota che sostengano l’innovazione in prodotti, processi e servizi per creare tanto soluzioni basate in piattaforme tecnologiche, così come in piattaforme non tecnologiche, ma anche volti a migliorare le condizioni di vita della vasta maggioranza dei poveri nella regione. Inoltre è stato firmato un Memorandum of Understanding (MoU) con la Città di Milano che cerca, tra altri obiettivi, di portare avanti attività in collaborazione per preparare l’Expo 2015 dedicato a agricoltura e alimentazione. Il MoU prevede anche l’organizzazione di una Conferenza sul rapporto tra Italia ed America Latina e Caraibi che si terrà nel 2009. Si sta considerando anche di sostenere progetti per lo scambio di esperienze sullo sviluppo urbano; borse elettroniche agricole; canalizzazione di rimesse verso progetti di sviluppo; e creatività e design nell’industria tessile. Speriamo che questo rapporto fruttifero tra l’Italia e il BID continui ad approfondirsi in futuro, con lo scambio di esperienze e l’uso di tecnologie e conoscenze italiane.
Attualità
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Il futuro dell’Europa passa anche dall’America Latina di Carlo Corazza
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a cooperazione internazionale tra Europa ed America Latina nasce come una conseguenza naturale di forti legami storici, culturali ed economici. Il fatto che l’Unione Europea sia primo investitore in America Latina e secondo partner commerciale dopo gli USA, rende l’idea degli interessi e della crescente interdipendenza tra i due continenti. Dal 1990 al 2006 l’interscambio è più che raddoppiato e le importazioni dell’UE sono cresciute da 26.7 miliardi di euro a quasi 71 miliardi, mentre le esportazioni sono passate da 17 miliardi di euro a oltre 62 miliardi. Questo trend positivo è oggi in ulteriore aumento. Attualmente, malgrado la crisi economica, molti paesi dell’America Latina continuano a dimostrare un forte dinamismo con tassi di crescita molto elevati. Il che rende quest’area economica particolarmente strategica per un’Europa che si sta arenando nelle secche di una forte recessione. Storicamente le relazioni tra UE e America Latina si basano su una serie di accordi bilaterali di cooperazione e partenariato firmati tra la fine degli anni 80 e la metà dei 90. La cooperazione regionale inizia nel 1969 con la creazione della Comunità Andina (Bolivia, Colombia, Ecuador e Perù) seguita nel 1991 dalla creazione, siglata dal Trattato di Asunción, del Mercosur (Brasile, Argentina, Venezuela, Uruguay e Paraguay). Il primo summit tra UE e paesi dell’America Latina avviene a Rio de Janeiro nel 1999. Fino ad allora il dialogo politico è avvenuto con il Gruppo di Rio, forum di consultazione politica creato nel 1986 dai paesi dell’America Latina che si riunisce ogni due anni a livello Ministeriale con rappresentanti UE. L’ultimo incontro è avvenuto nell’Aprile 2007 a Santo Domingo ed ha riguardato tematiche energetiche e ambientali. Proprio riguardo l’energia è da sottolineare la creazione, nel 2007, del Dialogo sulle Politiche Energetiche tra Commissione Europea e Brasile, che si è riunito per la prima volta il 20 novembre 2008. Ai meetings Ministeriali tra UE e Gruppo di Rio si alterna, ogni due anni, il Summit dei Capi di Stato Europa-America Latina e Caraibi. L’ultimo vertice è stato quello, importantissimo, di Lima il 17 Maggio 2008 durante il quale è stato sottolineato, ancora una volta, l’importanza del dialogo politico tra le due regioni come strumento fondamentale per incrementare la reciproca comprensione e la cooperazione per la lotta alla povertà, alla disuguaglianza e alla fame a livello globale e regionale. Il vertice ha rilanciato politche di cooperazione per il sostegno dello sviluppo sociale ed economico, la promozione dei diritti umani e la lotta contro ogni forma di discriminazione; ed ancora, la prevenzione dei cambiamenti
climatici e l’uso di fonti di energia rinnovabili e sostenibili. Attualmente lo strumento finanziario per la cooperazione con l’America Latina è il Programma Quadro 2007-2013 che stanzia circa 3 miliardi di euro da investire per lo sviluppo di questa area promuovendo coesione sociale, PMI, ambiente, lotta alle droghe, controllo dei flussi migratori, “good governance” e relazioni con la società civile; politiche che sono definite nella “Comunicazione su un più intenso partenariato tra l’UE e America Latina” del 2005. Nello stesso periodo la Banca Europea per gli Investimenti ha messo a disposizione 2.8 miliardi di euro. Su un piano più strettamente economico e commerciale la cooperazione regionale con i paesi Mercosur (letteralmente Mercato Comune del Sud) è sicuramente la più rilevante, con oltre 126.3 miliardi di euro di investimenti europei nel 2006. Nel 2000 UE e Mercosur hanno aperto i negoziati per un accordo di associazione che prevede dialogo politico, cooperazione economica e creazione di un’area di libero scambio. Sempre attraverso il Programma Quadro 2007-2013, con riferimento specifico alla Strategia Regionale per il Mercosur, l’UE fornisce 50 milioni di euro per supportare progetti su tre tematiche prioritarie: il consolidamento istituzionale di questa area, il supporto nella preparazione per l’implementazione dell’Accordo di Associazione, la promozione della partecipazione della società civile nel processo di integrazione di questi Paesi. Mentre le negoziazioni inerenti al dialogo politico e cooperazione economica sono concluse, vi sono ancora seri ostacoli alla positiva conclusione dell’accordo di libero scambio. Il che è sicuramente un peccato considerata l’importanza che quest’area commerciale rappresenta per la UE: il 19% del commercio estero totale del Mercosur va in Europa che rappresenta anche il principale mercato di sbocco per prodotti agricoli con 21.27% del totale delle nostre importazioni con un valore di 47.84 miliardi di euro. Allo stesso tempo il Mercosur è l’ottavo partner commerciale Europeo (il 3% del totale delle esportazioni UE, per un valore di 32 miliardi di euro). Queste esportazioni sono costituite principalmente da prodotti industriali, macchinari, prodotti chimici e meccaniche per i trasporti. Per quanto riguarda le Comunità Andine, il dialogo politico con l’Europa è iniziato nel 1996 con la Dichiarazione di Roma alla quale è seguito l’Accordo per il Dialogo Politico e per la Cooperazione del 2003. Il Programma per la Strategia Regionale 2007-2013 conferma l’Unione Europea come il principale contributore con un ammontare di fondi stanziati per questa regione pari a 713 milioni di euro.
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Il SEGIB, America Latina e l’Unione europea intervista a Enrique Iglesias Incontriamo a chi ha diretto il Banco Interamericano de Desarrollo per molti anni ed oggi dirige la Segreteria Generale Ibero-americana (SEGIB). È uno dei maggiori conoscitori dell’America Latina. Come nasce la SEGIB? L’allora premier spagnolo Felipe González, l’allora Presidente del Messico Carlos Salina de Gortari, insieme al Re Juan Carlos, si misero di accordo per promuovere una convocazione annuale dei Capi di Stato e di Governo Ibero-americani. Fu ricevuta con molto apprezzamento da parte dei governi. Tra il 1991 e il 2007 sono state organizzate 17 Conferenze. In queste i capi di Governo si riuniscono per sviluppare un rapporto molto stretto ed informale. Si riuniscono anche per accordarsi sulle politiche internazionali e regionali che implicano le opinioni ibero-americane, identificare politiche di cooperazione economica, culturale e sociale. Con una popolazione di 600 milioni di persone che parlano due lingue che hanno tradizioni comuni, valori condivisi, politici, economici, sociali. In questi anni sotto la sua direzione che risultati ci sono stati? La Segreteria Generale Ibero-americana nasce a Madrid e ho l’onore di essere il Segretario Generale. Fondamentalmente lavoriamo appoggiando il Vertice. Inoltre, tra Vertice e Vertice ci sono 15 riunioni ministeriali che coprono molte aree. Riuniamo gli imprenditori, i governi locali, la società civile. Abbiamo grandi culture che si esprimono nella letteratura, musica, arte, danza e due vigorose lingue dominanti. Ogni Vertice ha un asse tematico: nel primo, di Salamanca, ci siamo occupati della costruzione della Segretaria; nel secondo, in Uruguay, delle migrazioni; nel terzo, in Cile, il tema fu la coesione sociale. Tra i paesi ibero-americani si è sviluppata una cooperazione economica dove la Spagna risalta come secondo investitore un fatto che bisogna mettere in evidenza. Come valuta la Direttiva del ritorno? Non è stata molto fortunata il modo in cui è stata preparata la risoluzione del Parlamento Europeo e la carenza di informazione e di comunicazione. È arrivata di sorpresa poche settimane dopo il V Vertice EULAC. Bisognerà riflettere per valutare come influenzerà le politiche nazionali. La Spagna sta rivedendo la normativa del Parlamento europeo riguardo alle sue norme interne e ha annunciato che, in generale, non avrà effetti sulle politiche dell’immigrazione. Questa errata valutazione è causata da una grande disinformazione, il clima si rischiarerà con il negoziato e il dialogo. Le immigrazioni volontarie fanno parte del diritto delle persone a muoversi nel mondo, è preoccupante invece il fenomeno delle immigrazioni forzate. Perché partono dalla miseria o dell’esclusione politica o della mancanza di opportunità. I paesi hanno diritto di decidere chi entra e chi non entra - è molto legittimo - ma una volta che le persone sono dentro, sono esseri umani e non possono essere trattati come delinquenti. In questo tema bisogna capire che è importante il diritto all’immigrazione così come lo è il diritto all’integrazione. Io sono immigrante, provengo da una famiglia che emigrò dalla Spagna in Uruguay, quando la corrente era dall’Europa verso il basso, la mia famiglia si avvantaggiò dell’immensa generosità dei paesi dell’America Latina. Il mio paese mi integrò, io non
diventai uruguaiano, mi fece uruguaiano la scuola, il quartiere, la società uruguaiana è quella che ci ha integrato. Che cosa deve evidenziarsi? Che gli immigranti non sono delinquenti, ma cercano uno spazio nella vita. Sarebbe ideale l’immigrazione ordinata. Quella disordinata provoca lo sfruttamento, molte volte abietto, del povero immigrante. Lo vediamo alla frontiera con gli Stati Uniti. Bisogna fare attenzione a non confondere il tema dell’immigrazione informale considerando le persone come delinquenti! Ciò non è accettabile dal punto di vista dei diritti umani fondamentali. La Direttiva prevede la possibilità di un contributo economico, tanto per il ritorno volontario come per chi riceve la disposizione di ritorno, per facilitare la sua reintegrazione puntando al suo sviluppo personale. Perciò ritengo sia necessario un chiarimento, i piani di ritorno esistono da sempre. Gli spagnoli che stavano in Germania, quando tornarono in Spagna in seguito al triste dopo-guerra, lo fecero aiutati dal sussidio alla disoccupazione che il governo Tedesco pagava loro, affinché arrivassero al proprio paese con un piccolo capitale. Nel BID, durante la mia presidenza, sono stati creati fondi in Brasile ed in Perù, che avevano l’obiettivo offrire agli immigranti risorse che sommate al capitale che portavano e con i contatti che avevano lasciato nel paese, permetteva loro di creare una piccola impresa. Questi sono meccanismi legittimi. L’Ecuador sta implementato anche una politica di ritorno molto interessante. Siamo stati a Lima al V Vertice, c’èra un clima di grande entusiasmo. Appena iniziato il Vertice riceviamo la Risoluzione del Parlamento Europeo che non include il MRTA tra i gruppi terroristici e un mese dopo riceviamo la Direttiva di ritorno, che messaggio può dare ai peruviani che ospitarono questo Vertice? Che non bisogna disilludersi con questi meccanismi internazionali, l’America Latina deve fortificare il suo rapporto con l’Europa, questo è un tema urticante. Non riguarda un rapporto bilaterale tra l’Europa e l’America latina, ma include molte comunità che arrivano all’Unione Europea. Con l’America Latina non ci sono problemi religiosi o culturali, il che rende più facile l’integrazione. Con altri gruppi sociali è più complicato. Le difficoltà complicano il problema per tutti gli emigranti. Bisogna mantenere i rapporti con l’Europa, perché sono molto importanti. Bisogna privilegiare il dialogo, per generare un clima di fiducia reciproca, capire le posizioni degli uni e degli altri, per trovare un punto comune di accordo. Le migrazioni continueranno. L’UE come gli Stati Uniti hanno bisogno dell’immigrazione, lo esige la demografia. Magari potessimo trattenere la nostra gente creando lavoro per loro, ma sarà così un giorno. Nel frattempo ci saranno correnti migratorie e bisogna ordinarle, programmarle e, soprattutto, basarle sul rispetto alle persone. Possiamo dire che l’America Latina deve imparare a chiedere o a negoziare? Imparare a negoziare. Usciamo già dalla tappa del chiedere. Noi siamo tanto importanti per l’Europa come Europa lo è per noi. Noi chiediamo commercio, investimenti, aiuti per svilupparci, ma sulla base dell’interesse reciproco.
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Las relaciones UE-AL: análisis y perspectivas Intervención de Benita Ferrero-Waldner El 9 noviembre 2006 se constituyó la Asamblea Parlamentaria Euro-Latinoamericana en la sede del Parlamento europeo en Bruselas. Su creación fue propuesta en el 2001 por el Eurodiputado Ignacio Salafranca, luego reforzada en Lima en el ámbito de la XVII Conferencia Interparlamentaria de junio 2005, incluida posteriormente en las conclusiones de la Cumbre de Viena 2006. Hemos asistido a la apenas concluida Asamblea Plenaria así como a las respectivas Comisiones. Les ofrecemos la intervención de la Comisaría Benita FerreroWaldner así como la del Vicepresidente de la Comisión Europea Jacques Barrot y el debate con la Asamblea Plenaria. Intervención de la Comisario Benita Ferrero-Waldner en la Apertura de la Sesión del EUROLAT – Noviembre 2008 Il commissario Ferrero-Waldner ha sottolineato che l’attività di EUROLAT si è articolata attorno a tre assi: l’integrazione regionale, la cooperazione allo sviluppo ed il dialogo politico. Riguardo al primo la Commissione sta avanzando, anche se con ritmi diversi, nei negoziati con la Comunità Andina e l’America centrale. Riguardo al secondo l’UE è il maggior fornitore di fondi, con circa 2 miliardi di euro l’anno. Il dialogo politico è portato innanzi ai vertici bi-annuali, l’ultimo dei quali si è tenuto a Lima. Sul tema dell’immigrazione ha affermato la convinzione che debba essere gestita nell’interesse di entrambe le aree.
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irme propulsora de la relación Unión Europea – América Latina, gracias a ella Austria abrió sus puertas a la IV Cumbre EULAC y ahora como Comisario para las Relaciones Externas de la Unión Europea sigue impulsando las negociaciones con los diferentes procesos de integración. En la sesión del EULAT realizada el 5-6 de noviembre pasado intervino confirmando una vez más su confianza en esta relación birregional y como manifestara, comprobar que el trabajo de EUROLAT sigue adelante. En su intervención la Comisaria Ferrero-Waldner manifestó que la Comisión Europea ha brindado desde el principio su apoyo político inequívoco a la creación y al trabajo de EUROLAT ya que consideran que el diálogo interparlamentario es fundamental para el fortalecimiento de las relaciones entre nuestras regiones. En su breve balance de las relaciones entre la Unión Europea y América Latina hizo presente que estamos a punto de celebrar los primeros diez años de vida de nuestra asociación estratégica, lanzada en Río de Janeiro. Una asociación, que como ella mencionara, se ha articulado en torno a tres ejes principales: la integración regional y las negociaciones para alcanzar Acuerdos de Asociación de región a región, la cooperación al desarrollo para reducir la pobreza y mejorar los niveles de educación, y el constante diálogo político. Sin embargo hizo notar, tanto Europa como América Latina han cambiado mucho en estos diez años. Desde un punto de vista político, señaló, constatamos que procesos electorales muy complejos se han celebrado en condiciones de transparencia y legitimidad democráticas resaltando que desde la UE, el apoyo a la transición y consolidación democrática ha sido una clara prioridad política y la experiencia adquirida a través de las Misiones de Observación electoral de la UE ha sido muy positiva. Recordó que en Ecuador estas acciones han brindado una sólida base para la puesta en práctica de la reforma electoral, así como en El Salvador, anticipó que una Misión será desplegada a principios del próximo año para observar las elecciones legislativas municipales y presidenciales. Auguró que se pueda seguir un mo-
delo similar con Bolivia refiriendo haber manifestado su felicitación personalmente al Presidente Morales, y a través del mismo su agradecimiento a todos los actores involucrados, por el acuerdo nacional que la Comisario consideró un logro histórico. Continuó señalando que el Presidente Morales ha resaltado el papel clave de la Unión Europea por lo que la Comisión está considerando el despliegue de una Misión de Observación Electoral al referéndum constitucional, si así fuere solicitado por las autoridades bolivianas. Desde el punto de vista económico, refirió que en los últimos años América Latina se ha caracterizado por un importante crecimiento económico estimulado por la situación económica internacional, pero también por una gestión sensata de las políticas monetaria y fiscal por parte de los gobiernos de la región. Sin embargo, senalò nadie pone en duda que los efectos de la actual crisis tendrán y tienen ya una repercusión global y que debemos integrar esta nueva realidad en nuestras relaciones. Es por ello que considerò necesario lanzar una reflexión sobre cómo profundizar las relaciones biregionales y actualizar la agenda común. Acto seguido paso a presentar a los presentes algunas ideas: Con respecto al primer eje de la asociación, la integración subregional latinoamericana, la Comisario Ferrero-Waldner explicó que la UE ha apoyado fielmente los grandes proyectos políticos
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integradores originados en Latinoamérica así como refirió que los procesos de negociación de región a región con la Comunidad Andina y con América Central avanzan, aunque a ritmos desiguales. Entrando en el detalle analizó que las negociaciones con la CAN se encuentran en una situación difícil sin embargo la Comisión continuará apoyando la integración regional andina y en todo caso la Comisión hará todo lo posible por superar la situación actual y considerar la posibilidad de negociaciones comerciales con aquellos países de la CAN que así lo deseen y quieran avanzar. Continuando con su análisis se refirió a las negociaciones con Centro América, señalando que se ha avanzado de forma significativa, aunque desigual, en gran parte debido a la falta de consenso por parte centroamericana y aseguró a los Parlamentarios que el objetivo de la Comisión es el de concluir las negociaciones en 2009, pero el contenido del Acuerdo de Asociación no debe ser sacrificado por el hecho de querer acelerar las negociaciones. Resaltó las nuevas iniciativas regionales como UNASUR sin dejar de hacer presente que la integración regional no es un objetivo en sí mismo, sino un ambicioso instrumento político para reforzar los niveles de interdependencia, que tal interdependencia puede ser fomentada a través de iniciativas concretas que den impulso a los proyectos políticos. Para ello, señaló, debemos ser capaces de lanzar juntos programas específicos con efectos federadores en los cuales se trataría de desarrollar acciones en áreas de gran impacto integrador como por ejemplo el sector energético, o las interconexiones físicas, con el esfuerzo de nuestros gobiernos, pero también de nuestra sociedad civil, y del sector privado. Con relación al segundo eje, es decir, la cooperación al desarrollo. Recordó que la UE es el mayor proveedor de ayuda al desarrollo de la región, con cerca de 2.000 millones de Euros al año de los cuales 400 millones proceden del presupuesto comunitario gestionado por la Comisión Europea. Señaló que aunque la cohesión social es uno de los principales retos de América Latina y una prioridad en la agenda, es necesario reflexionar sobre su adecuación al contexto actual de América Latina, formada en general por países de renta media. Se refirió a las otras áreas de cooperación, como la científica o la tecnológica por ejemplo, las cuales podrían ser profundizadas teniendo en cuenta tal contexto señalando que para ello se tendría que adaptar mejor los actuales instrumentos de cooperación a aquellos objetivos. Un ejercicio que, manifestó, deseaba emprender en los próximos meses. Se refirió finalmente al tercer eje de la relación: el diálogo político, cuya máxima expresión en su opinión lo constituyen las Cumbres bi-anuales, además del diálogo bilateral entre la Unión Europea y los países de la región. Señaló que si algo sobresalió en la pasada Cumbre de Lima es que lo que une a nuestras dos regiones es
mucho más que lo que las separa y que el objetivo prioritario para ambas regiones en los próximos meses debe ser el cumplir con los compromisos contenidos en la Agenda de Lima. Agregó que desde la Comisión ya han comenzado a trabajar firmemente en ese sentido, sentando las bases de lo que será el programa Euroclima, el cual se lanzará el próximo año, y se está pensando en la mejor forma de impulsar la cooperación en temas tan importantes como la cohesión social y la migración. Pero al mismo tiempo, explicó, debemos comenzar cuanto antes a preparar la próxima cumbre en España, dentro de tan solo un año y medio, que se debería utilizar dicho tiempo para preparar un proyecto con efecto federador tanto geográficamente como en términos de actores. Un proyecto en el que participen empresas, gobiernos y sociedad civil. De esta forma senalò las Cumbres servirían de impulso político para nuestra asociación estratégica y además podrían sentar las bases de nuestras acciones conjuntas, y convertirse en instrumento impulsor de las mismas. Concluyó señalando otras dos relevantes cuestiones: la TV digital y migración Respecto a la primera cuestión, consideró que el estándar europeo DVB es la opción más beneficiosa para los países de América Latina ya que ofrece la solución más barata, más avanzada tecnológicamente y más orientada al desarrollo y a la inclusión social. Remarcó que la UE, junto con la industria Europea, está dispuesta a prestar asistencia a los países latinoamericanos que decidan migrar al estándar europeo y que están listos para preparar ofertas de cooperación para todos los países interesados. Por ultimo, se refirió a las cuestiones migratorias las cuales constituyen un área de importancia fundamental para las dos regiones, tal y como quedó reflejado en la Declaración de Lima. Manifestó que ambas regiones están de acuerdo en que la migración debe gestionarse de forma que beneficie tanto a los países de origen como de destino y a los propios migrantes. Agregó además que en la Comisión son conscientes de que la inmigración proveniente de América Latina se caracteriza por su enriquecedora y positiva participación en nuestras sociedades y por un alto y rápido nivel de integración en las mismas. A ello se deben las nuevas ideas sobre la emigración presentadas recientemente por la Comisión, dentro de la agenda del Pacto Global europeo sobre la migración, en la cual incluyen una propuesta de asociación con todos sus países latinoamericanos para estructurar mejor la colaboración en este ámbito. Finalizó declarando creer firmemente que tanto en este campo como en los demás que ha presentado, se abren grandes oportunidades para trabajar juntos de manera positiva y concreta para alcanzar soluciones en áreas fundamentales para ambas regiones.
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La Directiva del Retorno Intervención de Jacques Barrot Secondo il vice-presidente della Commissione Barrot La nuova disciplina comunitaria sull’immigrazione va vista come un modo per disciplinare l’immigrazione, per colpire i trafficanti di esseri umani, in definitiva per tutelate l’immigrante medesimo. La Direttiva sul ritorno non costruisce la fortezza Europa, ma è uno strumento di lotta all’immigrazione irregolare, inoltre va vista assieme ad altre, come quella in elaborazione sulla carta blu, che permette l’immigrazione di persone qualificate. Alle parole di Barrot è seguito un dibattito, nel quale sono state espresse, da parte di membri dell’EUROLAT perplessità sulla direttiva e richieste di modifiche. Non si dovrebbe più parlare di immigrato clandestino, ma di immigrato in condizione irregolare.
de la Justicia y de la Seguridad tendrá la posibilidad de verificar la situación de los inmigrantes en situación irregular y con relación a los periodos de detención se han previsto los plazos máximos a fin que nos sean agravados posteriormente. Sin duda que la fase que sigue de transposición de la Directiva del Retorno a la legislación de cada Estado miembro deberá ser hecha de manera óptima previendo la situación más favorable a favor de los inmigrantes en situación irregular. Por ultimo y con relación a los ciudadanos originarios de los Países de America latina así como de los Países del Mediterráneo, les invito a vigilar la transposición a la ley nacional de cada País manifestando “debe quedar claro que no deseamos cerrar las puertas de
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n la sesión plenaria EUROLAT en la sede del Parlamento Europeo, el 6 de noviembre el Vicepresidente de la Comisión Europea Jacques Barrot y responsable de la Justicia, Libertad y Seguridad, presentó ante los miembros de la Asamblea paritaria EUROLAT la posición de la Unión europea con relación a la migración. Manifestó que la UE es consciente de la necesidad de aceptar los flujos migratorios, pues hay necesidad de ellos, por una razón de orden demográfica y además porque ésta permite el crecimiento, el dinamismo en la sociedad Europa. En consecuencia, no se quiere cerrar las puertas de Europa sino simplemente actuar de manera más coordinada y administrar concertadamente dichos flujos. Señalo además que es necesario hacer una diferenciación entre migración regular/legal y migración ilegal pues no se puede aceptar los intermediarios que muchas veces son personas que se encargan de fomentar y administrar la migración irregular. No deseamos repetir casos, puntualizo, como la situación del año pasado cuando hemos debido acompañar grupos de migrantes ilegales hasta la frontera, por lo que es necesario comprender bien este equilibrio, de la apertura a la migración regular/legal con relación a la otra inmigración irregular la cual muchas veces va en perjuicio de los mismos inmigrantes. Por otro lado, continuo, nosotros debemos acompañar también el deber de integración en la cual está empeñada la Presidencia francesa, pues los inmigrantes tienen iguales derechos a los derechos de los ciudadanos residentes, debe ser la Europa de la integración que debe brindarles la misma protección social. En segundo lugar tenemos el deber de acoger a los perseguidos, es decir el derecho de asilo, recibir las demandas de asilo, seguir los procedimientos que permitan a la europea entera acoger bien a estas personas. Con relación a la directiva del retorno, recalcó para los europeos no se trata de construir una fortaleza Europa sino una región del mundo que podrá ser una región que debe construirse servicios de protección. Esta Directiva, continuó, se debe inscribir como un instrumento de lucha contra la inmigración irregular y se acompaña con otras Directivas, como la que está elaborando la carta azul, es decir la posibilidad de los ciudadanos profesionales de países terceros de venir a trabajar en Europa. Prosiguió, la Directiva del Retorno tiene por objetivo además permitir a los Estados europeos de reenviar a su país de origen a quienes se encuentran en su territorio en situación irregular, no tiene por objetivo criminalizar la inmigración ilegal, les da la posibilidad y las garantías legales de regresar a su país de origen con derechos de protección jurisdiccional efectiva y gratuita, actualmente mi país prevé, señaló, el retorno voluntario con una ayuda financiera. Por otro lado el Vicepresidente Barrot consideró que hubieron malos entendidos y que con esta Directiva el Comisario encargado
El Vicepresidente de la Comisión Europea y Comisario Jacques Barrot y el Presidente EUROLAT, Euro Diputado español On. Ignacio Salafranca
la Europa y que deseamos acoger a las personas regularmente”. Acto seguido intervino el Co-Presidente Eurolat y Presidente del Parlamento Latinoamericano Jorge Pizarro Soto, quien agradeció la intervención del Vicepresidente Barrot y su sinceridad, señaló que apreciaba que se esté corrigiendo el término de inmigrantes ilegales por inmigrantes irregulares y esta salvedad era importante pues el principal problema de la Directiva del Retorno para Latinoamérica es que transforma la situación del inmigrante ilegal en un delincuente y por lo tanto a los migrantes se les trata como delincuentes. De ahí viene la cadena de desconfianza o de rechazo que ha generado en America Latina la Directiva del Retorno. Si el concepto cambia en términos de que un migrante pueda estar en situación de irregularidad en un país es evidente que la aplicación de las normas de la Directiva tiene que se coherente con ello y no darles el trato de delincuente como se les da en algunas situaciones. Esto tiene que ver, prosiguió, con la necesaria claridad de que quienes pueden retener, “no detener”, a un migrante irregular sea solo el Poder Judicial y no por decisión administrativa o arbitraria como se verifica actualmente y con cuanto prevé la Directiva. Un Juez competente garantiza un debido proceso y el respeto de los derechos humanos acotó, prosiguiendo acerca las condiciones en las cuales los migrantes irregulares pueden ser detenidos, en el papel, señaló, en la teoría se expresa bien o uno puede estar de acuerdo con lo que plantea la Directiva pero en la practica nos damos cuenta que la cosa no es así: la situación de retención de muchos migrantes es vejatoria, humillante y no se condice con una Europa desarrollada, se refirió en especial a las prisiones en el sur de España, donde hay centros, en condiciones no aceptables.
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el punto de vista jurídico, social, sicológico. El tema migratorio representa siempre un trauma, consideró, un quiebre, representa una condición de vida muy distinta para cada ciudadano que lo sufre y recordó cuanto fuere planteado en la Declaración de Lima.
El Euro Diputado italiano, On. Catania interpela al Vicepresidente de la Comisión Europea y Comisario Jacques Barrot.
Con relación al plazo previsto en la Directiva lo consideró muy corto y sostuvo que cuando se habla de migrantes irregulares hablamos de gente que está haciendo su vida en el país donde llega, ya muchos tienen familia, tienen situaciones afectivas por lo que no es tan sencillo decidir en 130 días la salida y preparar el retorno, propuso un plazo de 6-12 meses como un plazo de prudencia para retornar en forma ordenada. Con relación a los plazos de retención donde la Directiva prevé que se puede llegar a un año y medio el Presidente Pizarro sugirió al Vicepresidente Barrot, que un plazo prudencial, siguiendo lo dispuesto en el informe de la Comisión de Libertades Civiles del Parlamento Europeo, sería al máximo de tres meses y con relación al plazo para volver por parte de los migrantes que eligieron regresarse voluntariamente a sus países, la Directiva establece en 5 años, fue considerado por el mismo un plazo exagerado. Finalmente informo que la Mesa de la Asamblea EUROLAT ha aprobado la creación de un Observatorio de la Migración como un instrumento que pueda ser una instancia de seguimiento, al servicio de la política de migración conjunta entre Europa y América Latina que ayude a la Comisión a la supervisión, fiscalización, control sobre cómo se aplican las normas, que ayude a tener una instancia donde los migrantes puedan acudir y plantear sus situaciones particulares o recibir un mínimo de defensa o de apoyo desde
La Presidenta del Parlamento Centroamericano Gloria Oqueli, presentó el Continente como el de la esperanza y que America siempre estará abierta para todos como lo fue en el pasado y no se les pedirá papeles como tampoco se les pidió en el pasado. Exhortó a continuar el dialogo haciendo presente que gracias a la participación de Europa se firmaron los Acuerdos de Contadora pero señaló que nunca hay paz sino se resuelven los problemas sino se logra reconciliarse y no se logra reconstruir los Países, por lo tanto no hay paz. El Parlamentario Giusto Catania, alabó la disponibilidad latinoamericana de discutir haciendo presente que para el año 2050 la UE 27 tendrá necesidad de 50 millones de personas en la economía europea y que no existe un modo legal para hacerlas entrar, la mayoría ha entrado en forma irregular señaló y que se debe pensar a una política europea de la inmigración y a una gran campaña europea para decir “Europa tiene necesidad de inmigrantes” para combatir la xenofobia y el racismo que está penetrando en la sociedad europea. Puntualizó además que sobre la Directiva se debe evitar llamarles “clandestinos”, “ilegales”, incluso evitar llamarles “irregulares”, deben llamarse “inmigrantes en condición irregular” pues la condición humana no es irregular. Finalmente recalcó que la discusión no son los meses de detención sino la condición de detención, pues un ciudadano que se encuentra sin permiso de estadía, que entra en condición irregular en Europea no puede ser privado de su libertad individual tampoco con una medida administrativa se puede conminar una pena de tipo carcelaria, esto es fundamental concluyó. El Vicepresidente del Parlamento Andino Wilbert Bendezú Carpio, preguntó por qué las organizaciones más importantes europeas como la Iglesia Católica, las organizaciones de las Naciones Unidas han considerado esta Directiva inhumana e injusta. Estamos hablando de gente que ha dado su trabajo y su esfuerzo señaló, si Europa es fuerte es gracias también a estas personas por lo que con objetividad es necesario encontrar un camino para solucionar este tema. La sesión se concluyó con la intervención del Vicepresidente Jacques Barrot quien ha solicitado a los miembros de EUROLAT mirar la Directiva de una manera práctica y vigilar la transposición en las legislaciones de los Estados miembros y aceptó la propuesta de crear el Observatorio sobre las Migraciones.
The INSME Association (International Network for Small and Medium Enterprises) is a non profit Association open to international membership, aimed at improving transnational cooperation, knowledge exchange and public and private partnership in the field of innovation and technology transfer to the benefit of Small and Medium Sized Enterprises (SMEs). The Network comprises at present 84 members in 26 countries in 5 continents. www.insme.org
secretariat@insme.it
The V INSME 2009 Annual Meeting will focus on "Building a Knowledge based eco-system for SMEs: Finance, Innovation, Technology and Networking" and will take place in Dubai (United Arab Emirates) on April 20-23, 2009. It is the first time that the INSME Annual Meeting is being held in the in the Gulf region. Participation in the Conference is free of charge for all registered participants. In order to pre-register, please send an email to the INSME Secretariat at: insme2009dubai@insme.it. More details about this event at: http://www.annualmeeting2009.insme.org/
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Proyecciones de la población por algunos países UE 2005-2050 (en millones) PAIS
UE-25 BELGICA ALEMANIA ESPAÑA FRANCIA ITALIA POLONIA INGLATERRA
POBLACION 2005 459,5 10,4 82,5 43,0 60,6 58,7 38,2 60,0
2050 449,8 10,9 74,6 42,8 65,7 52,7 33,7 64,3
FERTILIDAD 2004 1,5 1,6 1,4 1,3 1,9 1,3 1,2 1,7
2050 1,6 1,7 1,5 1,4 1,9 1,4 1,5 1,8
ESPERANZA DE VIDA 2004 2050 73,7 80,5 75,5 82,3 76,1 82,0 76,6 81,4 76,2 82,7 77,3 83,6 70,5 79,1 76,4 82,9
ESPERANZA DE VIDA 2004 2050 80,4 85,6 81,6 88,3 81,7 86,8 83,4 87,9 83,4 89,1 83,2 88,8 78,5 84,4 80,9 86,6
Fuente: Eurostat 2004
MIGRACION NETA 2004 2050 1464 39710 24 897 211 8980 508 6235 64 2823 330 5777 -28 318 139 4939
Evolución de la política migratoria hasta la Directiva del retorno
di Isabel Recavarren Malpartida L’immigrazione è un fenomeno che sarà sempre più intenso in Europa, per via della bassa natalità e del prolungarsi della vita. Da un decennio l’Ue elabora rapporti, documenti e direttive sull’immigrazione, per dar luogo ad una politica comune dell’immigrazione. La Direttiva sul ritorno è il frutto di un lungo lavoro, in gran parte svoltosi nel Parlamento europeo, dunque in modo pubblico e trasparente. La Direttiva ha destato sorpresa in America Latina e raffreddato il clima creatosi dopo il vertice di Lima. Tuttavia la sorpresa deriva anche dal fatto che i lavori preparatori non sono stati seguiti adeguatamente. La proposta avanzata è quella di formare un pool subregionale che segua a Bruxelles i lavori del Parlamento europeo.
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a UE ha entendido que la migración no es un fenómeno temporal. La baja natalidad y la prolongación de la vida a 90 años hace preveer una migración en el 2050 en 40 millones, en el 2004 fue de 1,8 millones. Significa adoptar una política que cubra necesidades: vivir solos, prolongar la edad laboral, prevenir el impacto en la protección social y en las finanzas públicas; el incremento en el gasto público en materia de salud y otros. Implica recibir migrantes no solo especializados y establecer normas homogéneas en 25 países cumpliendo las 4 libertades de circulación: personas, mercancías, servicios y capitales. La Directiva del retorno es la consecuencia de más de 10 años de trabajos y estudios en la UE. La Unión europea y la migración Desde 1999 con el Consejo de Tampere se reconoce que la política de asilo y migración de la UE debía contar con la colaboración de los países de origen y tránsito. Ese año, Europol estimó el ingreso ilegal de 500.000 personas, posteriormente trabajadores clandestinos. Dadas las cifras y ante la dificultad de repatriarlos, algunos Estados, como Italia, recurrieron a medidas de regularización o de amnistía. La CE solicitó a sus miembros informes periódicos para revisar el desarrollo y el impacto global de la política de inmigración, el número de admitidos y su situación en el mercado laboral. Siendo la cohesión social un elemento indispensable del progreso económico comunitario se dictaron Directivas contra la discriminación racial y en el trabajo a fin que los inmigrantes adquiriesen derechos que los parificasen a los nacionales. Informes de la Inmigración Se han presentado tres Informes. En el primero (2002) el 3.6% del empleo total en la UE-15 correspondía a los inmigrantes, quienes entre 1997 y 2002 contribuyeron en un 22% al crecimiento del empleo. Para promover su integración a la cultura local se da inicio al Programa piloto INTI con un fondo di 4 millones de Euros. En el segundo (2003) residen en la UE-25, 15.2 millones de inmigrantes, es decir el 3.35% de la población total. La reunificación familiar significa para Francia el 75% de los flujos y el 50% para Dinamarca y Suecia. Se suscriben acuerdos bilaterales sobre migración laboral p.e. Italia con Túnez, Albania y Moldavia. Solo en Italia los inmigrantes del mediterráneo han creado 168.000 empresas denominadas “étnicas”. En el último (2007), éstos eran 18,5 millones, el 3,8% de la población total de casi 493 millones. Los grupos más numerosos proceden de Turquía (2,3 millones), Marruecos (1,7 millones), Albania (0,8 millones) y Argelia (0,6 millones) y contribuyen en la economía de Grecia, Italia y España.
Programa Común para la Integración En el 2005 se presenta el Programa Común para la Integración en 10 principios básicos comunes. El primero establece: “La integración es un proceso bidireccional y dinámico de ajuste mutuo por parte de todos los inmigrantes y residentes de los Estados miembros”, el objetivo es gobernar la inmigración, la inmigración legal y la integración son indisociables. Fondo europeo y Directiva del retorno En el 2007 se crea el Fondo europeo para el retorno 2008-2013 dentro del programa “Solidariedad y Gestión de los flujos migratorios”. La discutida Directiva del retorno se basa en el Libro Verde sobre una política comunitaria del retorno (abril 2002). Dispone normas comunes sobre el retorno, la expulsión, el uso de medidas coercitivas, el internamiento temporal y el reingreso dirigido a quienes tienen «estancia ilegal» en la UE. Si dicha persona no retorna voluntariamente los Estados miembros dictarán una orden de expulsión y la consecuente «prohibición de reingreso. Ha demorado 3 años de negociaciones, fue propuesta por la Comisión en septiembre 2005, y ha sido aprobada por el Parlamento Europeo el 18 de junio pasado. Una Política Migratoria Común para la UE La Presidencia Francesa del Consejo ha decidido aprobar durante su mandato un Pacto para la Inmigración y el Asilo, inspirado en su legislación interna ya en actuación, su primer acto el 17 de junio 2008 ha sido aprobar la Directiva del retorno. El 11 de julio 2008 el Consejo ha debatido la Directiva que propone un nivel mínimo de armonización de las sanciones administrativas, financieras y penales para quienes empleen a nacionales de terceros países que residan de forma irregular. Conclusión Es lamentable que a menos de un mes de haber finalizado la V Cumbre ALCUE se haya aprobado una Directiva que ha diluido las buenas intenciones manifestadas en Lima.Si bien la Directiva no ha sido hecha exclusivamente para los latinoamericanos, es evidente que no hemos seguido los pasos necesarios para negociar una Visa, creando un espacio común de tránsito, como lo han hecho los USA, Canadá o Panamá. Pero, hemos tenido tiempo para conocer lo que se estaba viniendo, para intervenir y pedir un tratamiento diferente. Esta Directiva y las que están por aprobarse son el resultado de más de 10 años de trabajos. Todos los actos jurídicos pasan por el Parlamento Europeo donde las sesiones son públicas, las órdenes del día son transparentes y las Comisiones reciben a las lobbies y a quienes piden encontrar a los Diputados europeos. Sería oportuno pensar en la constitución de un pool subregional que siga los trabajos parlamentarios y que intervenga adecuadamente para no ver afectados nuestros intereses.
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PanAL Sessione Eurolat El seguimiento de la V Cumbre Unión Europea, américa Latina y Caribe di Nathalie Griesbeck I vertici biennali Europa America Latina hanno assunto una importanza crescente. Il vertice di Lima, del Maggio 2008, ha avuto lo scopo di rinsaldare i rapporti tra le due aree. I temi all’ordine del giorno riguardavano la povertà, disuguaglianze e lo sviluppo sostenibile. L’integrazione regionale è una necessità in un mondo sempre più globalizzato. In quest’ottica i negoziati per accordi di associazione con la Comunità Andina, America centrale e Mercosur devono avanzare, nonostante le difficoltà che incontrano. Altra sfida è la riduzione delle asimmetrie che esistono tra le due aree e all’interno della regione latinoamericana.
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a Diputada Nathalie Griesbeck presentó a la Asamblea EUROLAT el análisis de las Cumbres, sus antecedentes, sus desafíos y sus perspectivas. Resaltamos algunos puntos de interés. Como sabemos estas cumbres, tienen lugar cada dos años, se han celebrado en Río (1999), Madrid (2002), Guadalajara (2004), Viena (2006) y Lima (2008). Estas reuniones de alto nivel se han vuelto indispensables en el marco de las relaciones entre la UE y la región ALC. Han abierto el camino hacia una relación institucionalizada, estable, orientada al futuro en torno a un objetivo común: la aplicación de la Asociación Estratégica Birregional preconizada desde la cumbre de Río. Hoy en día, esta asociación entre dos socios unidos por lazos y afinidades seculares, es más necesaria que nunca. En este contexto es preciso recalcar que: - Las cumbres euro-latinoamericanas han adquirido una creciente importancia por los países participantes, por la contribución de los diputados al Parlamento y de la sociedad civil en las reuniones preparatorias, así como por la elección de temas a debatir; - desde Lima, las Cumbres representan a 60 países y a mil millones de ciudadanos; - las Cumbres han sabido fijar temas prioritarios para las relaciones birregionales en torno a tres pilares: el diálogo político, el libre comercio y la cooperación. A pesar de su éxito, las Cumbres euro-latinoamericanas han de evitar las trampas de los efectos especiales y sobre todo los de la «diplomacia mediática». Uno de los principales problemas de estas reuniones radica en el seguimiento de las decisiones tomadas. Otro es la ausencia de una institución homóloga a la Comisión en la región ALC. Las Cumbres UE-ALC desempeñan un papel fundamental a la hora de intensificar las relaciones birregionales, pues constituyen ocasiones únicas para profundizar en los temas de interés común.
Convendría que estas cumbres se caracterizaran por: - una perspectiva política realista que permita la construcción gradual de la asociación estratégica birregional; - la aplicación de una «hoja de ruta» creíble con unos objetivos claros. - el establecimiento de compromisos a nivel del diálogo político, las relaciones económicas y la cooperación birregional. LAS PERSPECTIVAS DE LA CUMBRE DE LIMA Después de las realizaciones de la IV Cumbre UE-ALC (Viena, 2006), el éxito de la V Cumbre, prevista en Lima en mayo de 2008, revestía especial importancia, puesto que esta Cumbre encarnaba la voluntad y la determinación necesarias para consolidar e intensificar la asociación estratégica birregional. El orden del día de la cumbre preveía esencialmente debates en torno a los dos temas siguientes: - Pobreza, desigualdad, exclusión social, y - Desarrollo sostenible (cambio climático, medio ambiente y energía). La lucha contra la pobreza, la desigualdad y la promoción de la cohesión social sigue siendo una de las máximas prioridades de la asociación estratégica UE-ALC. CONCLUSIONES La Unión Europea y América Latina y el Caribe son aliados naturales debido a sus vínculos históricos y culturales, aunque también porque comparten los mismos valores y principios fundamentales: respeto de los derechos humanos, de la democracia, del Estado de Derecho, de la buena gobernanza, del multilateralismo y de la integración regional. Hay menos convergencia en temas como las negociaciones comerciales, la arquitectura financiera internacional y la responsabilidad frente a los retos globales como la protección del medio ambiente y del cambio climático, la lucha contra las
drogas ilícitas, las migraciones o la reciente crisis alimentaria. No obstante, en un mundo globalizado, la asociación estratégica UE-ALC, preconizada desde 1999, es cada vez más necesaria. La integración regional constituye una de las respuestas a esta globalización caótica que impera hoy en día. La reciente Unión de Naciones Suramericanas (UNASUR), que supo responder con rapidez y eficacia a la crisis boliviana en septiembre de 2008, podría ser el embrión de una futura Comunidad de Naciones Latinoamericanas, un interlocutor privilegiado para la Unión Europea. Mientras llega ese día, la UE debe alentar las experiencias de integración subregional Centroamérica, CAN y Mercosur. Las negociaciones con miras a la firma de los Acuerdos de Asociación UE-Centroamérica, UE-CAN y UE-Mercosur deberían mantenerse a pesar de las dificultades encontradas. Habría que recalcar a los ciudadanos latinoamericanos el hecho de que estos acuerdos son algo más que simples tratados de libro comercio (TLC). En este contexto, el gran desafío es hacer frente a las asimetrías existentes en el marco birregional y subregional. Para este objetivo podrían utilizarse diversos instrumentos: unas políticas diferenciadas (en el marco de las relaciones comerciales), unos mecanismos de transferencia financiera (en el marco de las políticas de cooperación), unos fondos cofinanciados destinados a las políticas de reducción de las asimetría en varios ámbitos, en particular el de la cohesión social. Asimismo podría considerarse la posibilidad de apoyar a organismos inherentes al proceso de integración como el FOCEM del Mercosur, incluso la de crear el Fondo de Solidaridad Birregional propuesto desde hace tiempo por el PE. Además, los diálogos sectoriales existentes, en el marco de las relaciones birregionales, cohesión social, medio ambiente, seguridad, lucha contra el tráfico de estupefacientes, migraciones, etc... deberían convertirse en un mecanismo de seguimiento de las decisiones de las cumbres. La futura fundación UE-ALC, podría ejercer un papel muy significativo en este sentido. La puesta en práctica de estas medidas podría contribuir considerablemente al éxito de la VI cumbre UE-ALC que se celebrará en Madrid en 2010.
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O PERú- ITAL R I FO
LIMA 23 - 25 MARZO 2009
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PanAL Dossier Italia - Perú
Rapporti economici Italia - Perù di Adolfo Urso
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ella nuova fase di rapporti tra Italia e America Latina, si intensifica sempre più il numero di appuntamenti bilaterali tra il nostro Paese e i singoli Stati latinoamericani, quali il Consiglio Italia-Brasile per la Cooperazione Economica, Industriale, Finanziaria e per lo Sviluppo, tenutosi a Roma lo scorso novembre, o il Consiglio Italo-Venezuelano di Cooperazione Economica, Industriale, Finanziaria, del settore delle infrastrutture e dello Sviluppo, appena concluso. Ma una menzione particolare va alla prossima tappa della Conferenza Nazionale Italia – America Latina e Caraibi, che nell’autunno 2009 raggiungerà il quarto appuntamento, confermandosi come il momento più alto di confronto tra l’Italia ed il continente latinoamericano. In quest’ottica l’Italia, sempre attenta agli input provenienti dai mercati esteri e non ultimo, dai paesi amici dell’America Latina, si presenta al Perù in un’ottica di SistemaPaese in occasione del Forum del marzo prossimo. L’esigenza di un incontro articolato tra i due paesi, sia sul piano istituzionale, sia su quello culturale ed accademico ma, soprattutto, sul piano economico e commerciale, era emersa già da tempo, alla luce dell’evoluzione dei mercati esteri, del nostro commercio con i paesi produttori di materie prime e del ruolo di esportatore di beni di consumo, di tecnologia, di knowhow ricoperto dall’Italia; ma soprattutto, del ruolo sempre più importante che il Perù va acquisendo sulla scena internazionale, anche come attrattore di investimenti esteri. Il Governo peruviano ha manifestato più volte l’interesse alla realizzazione di un Forum Italia-Perù, ponendo in risalto fattori quali la valorizzazione dell’immagine del Perù in Italia, della crescita economica, l’incremento dell’export, così come la stabilità politica e normativa, tutti aspetti che rendono il mercato peruviano attraente per gli operatori italiani. L’Italia ha accolto la sfida che il Governo Garcia ha lanciato con il recente pacchetto di misure in funzione anticiclica, volto a far fronte alla crisi finanziaria internazionale e a valorizzare le potenzialità del Paese,
ancora parzialmente inespresse. Il piano anticrisi prevede un pacchetto finanziario con l’obiettivo di appoggiare le PMI e l’export, assicurare la crescita degli investimenti pubblici e della spesa fiscale, e continuare a sostenere i programmi sociali. L’Italia è forte del ruolo primario che ricopre nell’interscambio con il Perù: 9° cliente mondiale e solo 2° in ambito UE dopo la Spagna, con un import di 582 milioni di USD; 11° fornitore mondiale e 1° fornitore europeo con una quota di mercato di 2,8%, pari nel 2008 a 489 milioni di USD; un interscambio totale di 1.071,7 milioni di USD cresciuto del 56,38% rispetto al 2000; il nostro Paese si presenta a questa sfida con una realtà imprenditoriale di lunga tradizione, fatta soprattutto di piccole e medie imprese, che sono ora chiamate a fronteggiare la drammatica crisi dei mercati finanziari ed il conseguente crollo dell’export. I prossimi mesi saranno molto difficili e probabilmente tutto il 2009 sarà compromesso dalla recessione che colpisce in modo grave tutti i nostri principali partner. Il nostro sistema produttivo è sottoposto ad una grande pressione ma sarà proprio l’esplorazione di nuovi mercati, la ricerca di nuovi partners commerciali e produttivi, lo scouting di nuove opportunità in mercati ancora poco esplorati che fa intravedere il superamento della crisi. La complementarietà delle nostre economie, la ricchezza di materie prime minerarie, agroalimentari, per il tessile ed il calzaturiero, che offre il Perù ben si prestano ad un incontro prolifico con la nostra imprenditoria, che prima ancora che esportare beni di consumo, macchinari, tecnologia, esporta know-how e modelli di crescita che nei decenni hanno assicurato a molte regioni italiane uno sviluppo endogeno e di lungo periodo, nonché un’integrazione sociale e territoriale che ha fatto scuola nel mondo. Discutere e pianificare scenari futuri, individuare opportunità di sviluppo delle relazioni commerciali, sviluppare una piattaforma di incontri tra imprenditori, esportatori e produttori, la promozione e la creazione di un network tra di essi, questa è la sfida e la responsabilità che ci coinvolge, come sistema –Paese, in questo Forum. L’obiettivo che ci poniamo è quello di portare in Perù operatori italia-
ni provenienti dai vari settori, interessati a conoscere le opportunità di investimento nei campi dell’energia, dei trasporti, del turismo, delle telecomunicazioni, dell’agricoltura, dell’elettronica e dei servizi finanziari, pronti ad impegnarsi nello sviluppo di nuovi business, anche innovativi. Ad esempio, lo sviluppo strategico di turismo e cultura, in cui l’Italia vanta un’autorevole esperienza, è indirizzato a rendere i due settori importanti catalizzatori economici, essenziali allo sviluppo e alla cooperazione economica del futuro e stimolanti per la creatività di tutti quei settori innovativi (grafica, design, moda, musica, etc…) che evidenziano ritmi di crescita più alti della media dei settori tradizionali. Il Forum è di fondamentale importanza nella prospettiva che gli imprenditori possano assumere un ruolo attivo nella promozione delle relazioni Italia-Perù e arricchire la riflessione su temi di interesse comune, quali la promozione del commercio e degli investimenti diretti esteri, la crescita dell’occupazione e il miglioramento delle competenze, l’attenzione all’educazione, alla ricerca e allo sviluppo delle tecnologie, il miglioramento delle infrastrutture, l’implementazione di politiche energetiche e ambientali di lungo periodo, il generale miglioramento della cooperazione industriale e del dialogo tra le comunità. Già in passato, svariate imprese italiane hanno creato realtà imprenditoriali nel Paese. Proprio sul versante delle PMI può svilupparsi una stretta collaborazione tra i nostri due paesi per far sì che l’interscambio, le collaborazioni industriali, il trasferimento tecnologico possano il più possibile incrementarsi. Collaborazione che ha tutti i presupposti per essere produttiva di risultati duraturi. Di certo dobbiamo ambire alla realizzazione di strutture produttive moderne, capaci di far fronte ai bisogni di una domanda che nel mondo assume sempre nuovi e diversificati aspetti. Ed è certamente la piccola e media impresa che, meglio di altri modelli produttivi, può fornire il contributo necessario ad individuare nuove aree di occupazione, a migliorare la rete dei servizi e a creare il vero valore aggiunto in termini di produzione di ricchezza alle nostre economie.
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La promozione della cooperazione integrale: Foro Perù-Italia di Paolo Bruni
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’America Latina e l’Italia hanno costruito da molto tempo forti vincoli attraverso il commercio, gli investimenti, le migrazioni ed un numero infinito di legami nel campo della cultura. L’IILA, fedele alla sua missione di promuovere la collaborazione economica, sociale, scientifica, tecnologia e culturale tra Italia e America Latina, stimola la realizzazione di eventi come il Foro di Cooperazione Perù-Italia che avrà luogo a Lima dal 23 al 25 marzo prossimo. Il Governo del Perù e il Governo d’Italia, nell’intento di rafforzare e ampliare le loro relazioni, hanno deciso di appoggiare la realizzazione di un Foro multi modulare coordinato dall’IILA sul modello positivamente sperimentato con le analoghe iniziative in Colombia nel 2003 e in Cile nel 2005. Il Foro integra le consuete formule di collaborazione bilaterale con approcci al più alto livello politico, parlamentare, economico, culturale, universitario e di cooperazione inserendole in una cornice generale che favorisce il confronto fra le due realtà e fa emergere le potenzialità di ogni settore. In altre parole si vuole promuovere la sinergia che nasce dalla messa in marcia coordinata degli attori e delle istituzioni che sono i capisaldi delle relazioni bilaterali. Nella sua struttura, il Foro Perù-Italia è articolato in cinque moduli di lavoro i cui contenuti sono stati costruiti nel corso di numerose riunioni tenutesi all’IILA tra tutti i partners del progetto, italiani e peruviani. Il Modulo Politico prevede incontri tra esponenti governativi per discutere temi di carattere bilaterale in vista dell’elaborazione di schemi di accordi o altri strumenti. Gli specifici temi saranno definiti bilateralmente. Il Modulo Parlamentare promuove incontri tra delegazioni di parlamentari per discutere possibili accordi e la creazione di commissioni e protocolli bilaterali di dialogo. Il Modulo Economico comprende incontri imprenditoriali nei molteplici settori prioritari; valutazione delle rispettive politiche per identificare i migliori strumenti atti a canalizzare gli investimenti e dinamizzare l’interscambio commerciale e il turismo.
Il Modulo Accademico ha l’obiettivo di incrementare la collaborazione bilaterale e stimolare la sottoscrizione di accordi tra le istituzioni universitarie. Il Modulo di Cooperazione Decentrata riunisce i rappresentanti delle istituzioni locali (Comuni e Regioni) per promuovere la cooperazione internazionale e il coordina-
Nel Foro Perù-Italia, l’IILA promuove la cooperazione con un approccio integrale suscettibile di facilitare la creazione di migliori canali di collaborazione bilaterale
! mento delle risorse disponibili. Le precedenti esperienze hanno dimostrato che la formula del Foro ha portato all’intensificazione della cooperazione tra i paesi con risultati significativi in termini di accordi, di incremento dell’interscambio commerciale, dell’apertura di più fluidi canali di dialogo così come di incremento della cooperazione accademica e scientifica. Vale la pena di segnalare ad esempio il bilancio del modulo accademico nel Foro Italia-Cile che registrò la sottoscrizione di 66 accordi tra 17 università italiane e 24 cilene, il 66% di accordi quadro, il 18% di accordi di cooperazione accademica, il 9% di interscambio docenti e studenti, il resto una varietà di accordi in aree specifiche. Analogo lusinghiero risultato con il Foro Italia-Colombia che fece registrare nell’anno successivo una crescita dell’interscambio commerciale dal 2 al 20%, principalmente a favore della Colombia.
e di cooperazione allo sviluppo. Il Perù presenta attualmente uno tra i più favorevoli panorami dell’America Latina per il commercio e gli investimenti. D’altro canto, nell’attuale congiuntura economica mondiale il Foro apre all’Italia l’occasione per tornare ad incontrare una Regione, e particolarmente un paese, che offre opportunità commerciali di mutuo beneficio.
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La partecipazione del settore Imprenditoriale di Valentina Montesarchio
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nioncamere del Veneto associa e rappresenta le sette Camere di Commercio, Industria Artigianato e Agricoltura della regione, svolgendo funzioni di supporto, di promozione e di internazionalizzazione dell’economia regionale e coordinando i rapporti con la Regione Veneto ed altri enti ed istituzioni. Per perseguire tale fine e rispondere al meglio alle esigenze del territorio Unioncamere si articola in tre diparti-
menti: politiche di coordinamento e le relazioni istituzionali; politiche comunitarie e delegazione di Bruxelles. Il dipartimento per le politiche di coordinamento e le relazioni istituzionali ha funzioni di programmazione e coordinamento delle Camere di commercio; di servizio al sistema economico veneto; di rappresentanza e relazioni istituzionali; di studio e ricerca. Il dipartimento politiche comunitarie ospita l’Eurosportello del Veneto, coordinatore per il Nord Est Italia di Enterprise Europe Network, la nuova rete
europea di servizi alle imprese formata da 600 organizzazioni locali e promossa dalla Direzione Imprese e Industria della Comunità Europea. La Delegazione di Bruxelles, infine, diffonde notizie ed informazioni relative alle politiche comunitarie ed individua le opportunità più interessanti per il sistema produttivo veneto Quella di Unioncamere tutta è un’attività complessa e articolata, in primo luogo di informazione, formazione ed assistenza, ma anche di elaborazione e sviluppo progettuale, sempre al servizio del tessuto imprenditoriale. L’accompagnamento delle piccole e medie imprese nei processi di internazionalizzazione è una priorità dell’azione di Unioncamere del Veneto e proprio in America Latina l’Eurosportello ha maturato una notevole esperienza attraverso AL INVEST, programma lanciato dalla Commissione europea nel 1994 con l’obiettivo di agevolare la cooperazione economica tra aziende europee e latino americane. La partecipazione ad AL INVEST ha dimostrato che i seminari, le occasioni di conoscenza diretta di un Paese estero e
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gli incontri tra operatori sono lo strumento più efficace per aprirsi a nuovi mercati, per conoscere nuove tendenze, tecnologie e prodotti. Il Forum di cooperazione Perù-Italia, in programma a fine marzo a Lima, risponde pienamente a questi obiettivi, poiché unisce la dimensione politico/ diplomatica a quella economica/commerciale, al tempo stesso affiancandovi la collaborazione in ambito accademico e la cooperazione decentrata. Il Perù è un mercato ancora poco noto alle imprese venete, che vi esportano beni per circa 32 milioni di euro, ma le cui potenzialità vanno attentamente considerate in un’ottica di sviluppo di lungo periodo, con il supporto istituzionale e l’assistenza di enti competenti.
Radio Meneghina, la emittente milanese la più radicata nel territorio, compie 33 anni. Trasmette in FM 91.950 e via internet www.radiomeneghina.it dando anche molto spazio alle comunità estere in Italia.
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La strategia italiana verso l’America Latina Intervista a Enzo Scotti
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er parlare di America latina incontriamo al Sottosegretario agli Affari Esteri Enzo Scotti. Nell’ambito delle sue direttive di indirizzo politico impartite dal Ministero, coadiuva il Ministro Frattini negli atti concernenti: le relazioni bilaterali con i Paesi dell’America del Nord e dell’America centrale e meridionale, al fine di favorire ed intensificare i relativi rapporti e l’azione italiana nelle diverse Organizzazioni intergovernative regionali e sub regionali;
Avete ospitato l’Assemblea della BID e avete creato la Conferenza nazionale sull’America Latina durante il I Governo Berlusconi, adesso vi è il rilancio, avete una strategia?
L’interesse dell’Italia verso l’America latina viene da molto lontano. Già negli anni ’60 l’allora Presidente del Consiglio Fanfani volle creare a Roma un istituto per lo studio, la ricerca ed anche di dialogo tra l’Italia e l’America Latina composto da tutti gli Ambasciatori latinoamericani con sede a Roma. Un organismo internazionale che indicasse qual è l’attenzione che Italia dedica all’America latina. Le vicende politiche internazionali hanno per lungo tempo forse distratto l’attenzione verso il continente. Però mai è venuta meno in Italia la convinzione che AL e Europa e Italia hanno una comune radice culturale e che sono parte di una comune civiltà. Quando 4 anni fa si avvio questa prassi di fare ogni anno in Italia un incontro tra esponenti dei paesi dell’AL e l’Italia, si volle dare un impulso nuovo alla cooperazione e all’integrazione tra l’Italia e l’AL e questa resta una delle priorità fondamentali della nostra politica estera. La ragione dell’incontro annuale è creare una prassi per cui annualmente si verificano i risultati raggiunti e si impostano le strategie e gli obbiettivi per il prossimo futuro. Nell’ultimo seminario sulle infrastrutture in America latina ho sentito che Lei chiede progetti e proposte concrete, qual è la sua idea?
È una mia profonda convinzione. Oggi la gente ascolta molte dichiarazioni di
buona volontà dai Summit e dai Vertici internazionali, però non risposte ai problemi concreti che la gente quotidianamente deve affrontare. Oggi la regione Latinoamericana ha di fronte a sé una grande sfida, quella di poter realizzare al proprio interno una cooperazione per l’integrazione fisica, desideriamo partecipare ad un grande progetto di infrastrutture: ferrovie, porti, ma anche infrastrutture immateriali con Europei e Latinoamericani. L’Europa dopo la seconda guerra mondiale ha capito una cosa fondamentale: che il suo futuro dipendeva della capacità di mettere insieme le riforme, di integrare queste e di cogliere insieme le opportunità che un mercato globale avrebbe offerto. Pur con alcune ombre, l’Europa è riuscita a raggiungere importanti traguardi a partire da quello fondamentale della pace e della collaborazione tra i paesi. Credo che l’AL stia vivendo una stagione straordinaria: crescita economica, stabilità dei governi, la lotta al terrorismo, la pacificazione interna, l’apertura stabile alla democrazia. E’ un’uscita dalle ideologie e un mettere i piedi per terra e camminare con praticità. In questo senso va la IV Conferenza Nazionale di ottobre 2009. È molto interessante la proposta giacché dopo il 1985, con l’ingresso dalla Spagna nell’Unione europea, Italia ridusse la sua cooperazione in America latina.
Siamo consapevoli dei nostri limiti, noi sentiamo un legame latinoamericano-spagnolo molto forte. L’AL é una grande risorsa per il mondo con tutti i problemi che ha: la violenza, la criminalità di cui tutti facciamo parte. Con la globalizzazione tutto ciò che avviene è rapido, il crimine è molto più globale e gli Stati sono più lenti ad unirsi per combatterlo. Questo è il momento in cui, di fronte alla crisi, il mondo ci invia un messaggio: dalla crisi non si esce se non si aumenta il grado di integrazione e di cooperazione tra i paesi. Prendiamo coscienza che o tutti ne usciamo o tutti perderemo insieme. Oggi i Leader devono tenere in conto la necessità di dare risposte veloci, il mondo aspetta dalla politica risposte rapide, chiare,
visibili. In fondo l’elezione del presidente Obama è un segno in tal senso. È necessario fare un lavoro comune, non esiste un paese dove ci sia tutto e determini tutto, tutti dipendiamo da tutti. Dobbiamo lavorare insieme per proporre il nostro rapporto che va in due direzioni. Nel tema delle infrastrutture lei segnala la via della cooperazione, si riferisce alla possibilità di creare joint-ventures o di creare una struttura pubblico–privata?
Bisogna essere molto flessibili, c’è bisogno di cooperare insieme all’ideazione – progettazione, utilizzando knowhow e competenze che noi possiamo offrire. Pensiamo alle JV tra imprese nella realizzazione delle infrastrutture, pensiamo alle JV anche sulla ricerca del finanziamento per l’investimento. Progettiamo di fare una riunione con le banche di sviluppo latinoamericane e il sistema bancario e finanziario italiano per capire come possiamo cooperare insieme. È evidente che i grandi progetti portano ad accrescere l’interscambio, è un meccanismo che si mete in moto e che può dare risultati positivi. Vuol dire che le banche vi assecondano?
Noi lo auspichiamo e abbiamo chiesto al nostro sistema bancario di fare più attenzione all’AL. Non abbiamo una presenza di banche italiane in AL. Riteniamo invece che sia importante questa presenza e quindi, pur nelle difficoltà di questi tempi, noi lavoreremo affinché questo si possa verificare: possa esserci una presenza del sistema
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bancario italiano in America latina. Auspichiamo che passi concreti si facciano anche sul terreno della cooperazione scientifica e universitaria. Riguardo al modello di sviluppo italiano?
In fondo, noi riusciamo a vincere la competizione internazionale solo in quanto riusciamo a fare prodotti di nicchia che noi chiamiamo “Italian Style”, quello chiamato “Made in Italy”. Noi dobbiamo perseguire questa strada e credo che ci siano grandi affinità tra i molti paesi dell’AL e questa esperienza italiana. Non c’è solo la grande industria e poi il vuoto, ma c’è un sistema, una ragnatela di piccole aziende che poi esprimono forme di sviluppo che noi chiamiamo “sviluppo locale”. Abbiamo tanti operai che poi diventano piccoli imprenditori, che si specializzano, che innovano e quindi fanno di quello che è il gigantismo industriale di una volta una crescita orizzontale di imprese che si integrano fra loro. In questa nuova strategia italiana, che ruolo aspetta all’IILA?
Per noi è fondamentale. È un organismo internazionale dell’AL e dell’Italia, non è un organismo italiano, e un organismo che è gestito da un Presidente latinoamericano, da un Consiglio composto dagli Ambasciatori latinoamericani ed è il modello di quello che noi pensiamo sia il futuro della collaborazione tra i nostri paesi: una collaborazione tra pari, non di donante e riceventi. Siamo convinti che non solo possiamo dare qualcosa, ma ricevere tanto, non in senso egoistico di impresa, bensì come sistema economico. Noi possiamo ricevere molto dall’AL. Le associazioni che lavorano per l’AL in Italia possono giocare un ruolo?
Noi ci auguriamo che sia possibile. La politica estera è guidata dai Governi, però poi la politica estera la fanno oggi una quantità di soggetti istituzionali: i Comuni, le Regioni nel nostro paese, le ONG, le Associazioni, le Università. Oggi sono tanti i protagonisti dell’integrazione internazionale e pensare di non coinvolgerli significa fare un’operazione maltusiana. L’integrazione la fanno i cittadini, gli imprenditori, i sindacati, le università, le associazione, quello che voi fate in termini di comunicazione, è un momento nel quale do-
vremo tutti insieme giocare. E la partecipazione dell’Italia alla Banca centroamericana d’integrazione?
Sempre di più lo vogliamo fare, perche é un modo di rendere concreto il legame. E quindi sia pure con tutte le difficoltà della nostra finanza pubblica noi cerchiamo di guardare al di là delle difficoltà di questi mesi. Abbiamo chiesto anche, sulla base delle decisioni prese dal Vertice Iberoamericano, di essere osservatori permanenti, di avere una partecipazione costante e siamo entrati nella SICA. Riguardo all’Area Andina ritengo che, nonostante la migrazione, ci sia bisogno di capirla di più?
Nella prossima primavera in Perù avremo il Foro Italo - Peruviano, è molto importante, verrà un gruppo di imprenditori. Noi vorremo che crescesse il rapporto tra gli imprenditori e la realtà peruviana, perché in fondo tutta l’area Andina è una regione fondamentale per l’equilibrio economico e politico dell’America Latina. Nonostante la forte economia di quell’area, parlando del Perù, si corrono dei rischi perché il terrorismo lavora con la droga. Dati gli alti consumi in Italia di cocaina, soprattutto tra i giovani, non si potrebbe pensare a una campagna per spiegare i danni che questa droga provoca?
Questa è la grande sfida. La repressione è essenziale però da sola non basta. Ho fatto il Ministro degli Interni, durante gli anni più duri dello scontro tra noi e la mafia siciliana, nell’epoca dell’uccisione del giudice Falcone, da quando tentammo una strada di repressione molto dura con i risultati positivi che ci sono stati. Il problema vero è la prevenzione rispetto al consumo, la prevenzione rispetto alla coltivazione, questo è il campo in cui un solo paese non ce la fa, ha bisogno dell’apporto e dell’aiuto internazionale, ed è certamente nell’interesse di tutti. Molto spesso mi sento dire: “siete voi europei che consumate tanto e incentivate la coltivazione”. Sicuramente, noi abbiamo su questo sottovalutato il pericolo, che la droga costituisce per tutti gli effetti dirompenti: su chi la usa e sul sistema economico.
In che modo?
Il sistema economico viene inquinato dall’ingresso di denaro da canali sporchi a canali puliti senza lasciare tracce significative, il problema difficile oggi è il confine tra l’economia legale e l’economia illegale. La globalizzazione su questo è un grande pericolo perché consente che il denaro circoli. Su questo bisogna interrogarsi con serietà nel fare qualcosa, perché arrenderci di fronte a questo dato che cresce? Quando io parlavo in Italia della mafia negli anni passati, dicevo: la mafia non è solo un problema criminale e di attentato alla vita democratica, perché entra dentro, corrompe la vita locale, noi decidemmo di sciogliere i consigli comunali liberamente eletti per il condizionamento che in questi consigli veniva esercitato dalla mafia. La vita democratica si altera, s’inquina terribilmente, perché c’è un denaro che corrompe, perche il narcotraffico ha bisogno di insinuarsi sia nella magistratura, sia nell’amministrazione dello Stato; è un elemento spaventoso di corruzione della vita democratica e pubblica. Alla riunione di EUROLAT, il Vicepresidente Barrot ha manifestato che la Commissione ha approvato una Direttiva e ogni paese dovrà ammetterla alla propria legislazione nazionale.
Questa è una responsabilità dell’Europa e soprattutto dei paesi Schengen, dove la mobilità delle persone è libera. L’Europa ha avuto in questi anni un moto di paura per una certa violenza che è esplosa prevalentemente da etnie non latinoamericane. Il problema nasce nell’opinione pubblica per una psicosi, alimentata anche dai mezzi d’informazione, che ha condizionato la vita politica europea. Tutti i partiti politici di destra e di sinistra sono stati molto cauti durante le campagne elettorali nell’affrontare questo tema, sapendo che era un argomento molto delicato che aveva ingenerato un clima di panico in Europa. Cosa si può fare?
È necessaria la cooperazione tra i paesi di origine e paesi di arrivo nel gestire i flussi e nel preparare le persone che si spostano. In questo contesto dobbiamo lavorare insieme per contenere il fenomeno dell’ingresso illegale per una ragione: può portare a rendere deboli coloro che sono entrati illegalmente e
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sempre un apporto dall’esterno. Il punto è anche di non rendere permanente l’immigrazione, perche molto spesso uno sottrae dal paese d’origine molta intelligenza, energia intellettuale. La partecipazione alla Fiera del libro a Guadalajara, cosa significa per l’Italia?
quindi soggetti all’utilizzo strumentale da parte della criminalità di tutti i tipi. L’illegale non è un criminale e bisogna che tutti i paesi cooperino perche questi non diventino, essendo deboli e ricattabili, strumento di criminalità. Nel caso di persone illegali che sono già stabilite in Europa e che lavorano, espellerle non sarebbe una contraddizione in vista della Strategia di Lisbona?
Saranno richiamate ancora persone che dovranno ambientarsi, imparare la lingua, ecc. Torno a dire bisogna affrontarlo insieme. L’Europa non dovrebbe prendere decisioni unilaterali: va discusso, vanno coinvolti paesi. È un problema vero e non bisogna lasciarsi prendere dalla paura. Si tratta di un fenomeno non passeggero, perche l’andamento demografico europeo richiederà
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22ª FIERA INTERNAZIONALE DEL LIBRO DI GUADALAJARA L’ITALIA OSPITE D’ONORE AL PIÙ IMPORTANTE APPUNTAMENTO CULTURALE DELL’AMERICA LATINA
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Dal 29 novembre al 7 dicembre 2008 l’Italia è il paese ospite d’onore alla 22ª edizione della Fiera Internazionale del Libro di Guadalajara in Messico, principale appuntamento culturale dell’America Latina e più importante evento editoriale in lingua spagnola: una straordinaria opportunità per presentare in nove giorni al vasto pubblico di questo appuntamento internazionale il volto più emblematico del nostro Paese, quello culturale, una eccellenza da esportare che sottende e consolida costantemente i rapporti internazionali dell’Italia. Dall’editoria all’arte, dallo spettacolo all’architettura, dal design all’enogastronomia, la partecipazione italiana mescola linguaggi e contenuti in un abbraccio ampio del “made in Italy” e della italianidad – di cui l’America Latina è ampiamente intrisa – da rappresentare in maniera qualificata, festosa e aggiornata, a partire dal libro, come veicolo fondamen-
È la prima volta che siamo ospiti, c’è un forte impegno da parte delle nostre Case editrici. Con le traduzioni e le aperture del mercato molti libri latinoamericani in Italia sono diventati dei successi straordinari. Vediamo tutto quello che gira attorno all’editoria, non c’è più solo il libro tradizionale, ma anche i DVD e altri strumenti di comunicazione. Speriamo che a Guadalajara possa esserci non solo uno interscambio di pubblicazioni reciproche, ma anche di collaborazione imprenditoriale tra imprese editoriali latinoamericane ed imprese editoriali in Italia. Oltre ad essere uno strumento culturale è anche uno strumento di sviluppo economico. Tornando al Foro Italia - Perù, come sarà composta la delegazione? Lei verrà?
Sì, io andrò in Perù. Stiamo lavorando alla composizione: imprenditori e rappresentanti delle istituzioni. Spero che sia un successo per l’Italia e per il Perù. C’è un impegno non solo nostro, ma anche del mondo imprenditoriale, l’interesse per questo paese e per le possibilità che questo offre. Saranno pochi giorni, ma molto intensi e noi ringraziamo le Autorità del Perù perche stanno impegnandosi notevolmente per il successo di questo incontro che non è soltanto una riunione di buone intenzioni, ma anche di cose concrete che possono realizzarsi. tale di promozione. La partecipazione italiana è promossa dal Ministero degli Affari Esteri, dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dal Ministero dello Sviluppo Economico, dall’Istituto nazionale per il Commercio Estero e dall’AIEAssociazione Italiana Editori e si articola in un programma eterogeneo di incontri letterari e accademici, eventi, spettacoli, concerti, mostre, rassegne cinematografiche per una vera e propria invasione della città nelle sue sedi più importanti. Nell’ambito della partecipazione, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, con il Centro per il Libro e la Lettura della Direzione Generale per i Beni Librari, gli Istituti Culturali ed il Diritto d’Autore e l’AIE-Associazione Italiana Editori hanno curato il programma letterario e accademico e la partecipazione degli editori alla Fiera. La traccia sottesa all’intero programma coagula l’identità italiana intorno ad un’ispirazione che nasce da Le città Invisibili di Italo Calvino: Italia e italianidad. La memoria, gli scambi, gli occhi, il desiderio perché l’Italia come le città di Calvino è un insieme “di memoria, di desideri, di segni d’un linguaggio” ed è un luogo di scambio, non soltanto di merci ma “di parole, di desideri, di ricordi”. Da questa suggestione nasce un programma letterario di 60 eventi con circa 70 personalità della cultura italiana tra i più rappresentativi per ambiti, generi e generazioni e una partecipazione italiana al programma accademico della Fiera in 30 appuntamenti con circa 25 studiosi rappresentanti dell’università italiana.
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Opportunità d’investimenti nel Perù: 2009 – 2010 di Conrado Falco
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enza dubbio la crisi finanziaria internazionale colpisce le prospettive di investimento nel mondo e induce gli esperti a valutare i progetti proposti con maggiore prudenza, ma ciò non implica che le imprese possano smettere di pensare al proprio sviluppo di lungo periodo. In questo contesto, il Perù emerge come una delle destinazioni di investimento che vale la pena valutare con speciale attenzione in questi tempi. Le ragioni possono essere riassunte in tre motivi di base. L’economia peruviana presenta, a tutt’oggi, eccellenti risultati; pertanto, è uno dei paesi meglio preparati per affrontare la crisi globale. Il suo sviluppo è ancora in una fase intermedia e il Paese ha ancora svariate risorse naturali da sfruttare, il che costituisce un’efficiente piattaforma produttiva. Il Perù ha stabilito un’ampia rete di accordi commerciali che gli assicurano un accesso efficiente a quasi tutti i mercati più attraenti nel mondo. Allo stesso tempo può contare su uno dei quadri regolamentari più moderni ed attraenti per l’investimento estero responsabile. A ciò bisogna aggiungere il dinamismo della domanda interna ed il fatto che, di fronte alla crescita accelerata, diventa necessario e si giustifica lo sviluppo di nuovi progetti o l’ampliamento delle infrastrutture, il che porta a ulteriori opportunità di investimento. Analizziamo in dettaglio alcuni di questi temi.
Eccellente macroeconomia
Il Perù ha mantenuto negli ultimi due anni, 2007 e 2008, un incremento reale del Pil nell’ordine del 9%, tasso tra i più alti al mondo. Dal 2002, quando incominciò l’attuale elevato ciclo espansivo peruviano, la crescita dell’economia ha superato il 6,5% medio annuo. Per il 2009 si prevede un tasso di crescita un po’ più basso, ma che si manterrebbe attorno al 5 %, secondo il Ministerio de Economía. Le previsioni dicono che sarà maggiore nei due anni seguenti. Si conta dunque con una prospettiva di almeno 10 anni consecutivi di crescita accelerata e che il mercato interno mantenga un dinamismo che si estenda sempre più a
altre città e territori del paese. Gli indicatori di povertà hanno fatto segnare una diminuzione sostanziale; mentre l’occupazione in imprese di 10 lavoratori o più aumenta a ritmi vicini alla crescita del Pil, che è stata tra l’8% e il 9% negli ultimi anni. Sebbene l’aumento delle esportazioni sia stato il fattore chiave per avviare la crescita accelerata della produzione (tra il 2003 e il 2008, le esportazioni sono passate da 9 a 31 miliardi di dollari), attualmente l’investimento privato è il principale motore della crescita dell’economia peruviana. Questa variabile è andata crescendo del 20% medio annuo nel corso degli ultimi 3 anni (un ritmo che è doppio rispetto all’aumento del prodotto) ed il cui livello è vicino ai 25 miliardi di dollari annui. Anche l’investimento estero si è moltiplicato, arrivando vicino agli 8 miliardi di dollari negli ultimi anni. E’ opportuno sottolineare che, come risultato della buona gestione economica, il Perù ha uno dei più bassi tassi di inflazione dell’America Latina, mentre il suo tasso di cambio è uno dei più stabili della regione. La politica economica ha mantenuto, responsabilmente, continuità attraverso la successione dei governi democratici. Un fatto che ha con-
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altri prodotti energetici. Anche il potenziale in agribusiness, acquicoltura, foreste e biocombustibili, industria, turismo ed altri servizi, come sviluppo urbano o immobiliare, è notevole e c’è molto interesse locale e internazionale per eseguire un’ampia gamma di progetti di investimento in questi campi. Per esempio, il Perù emerge per la produzione di beni agricoli con alto valore, principalmente frutta e ortaggi, a livello mondiale è un forte esportatore di asparagi, caffè e banane organiche, vari tipi di spezie, carciofi, mango, uve e avocado, ed altri ancora. sentito di accumulare riserve internazionali, fortificare il sistema finanziario, indurre una morosità molto bassa, mantenere un importante surplus fiscale e ridurre il rapporto debito-Pil, ciò colloca il Perù in condizioni migliori che non quelle di molti altri paesi al mondo nell’affrontare l’attuale scenario di crisi internazionale.
Attiva politica commerciale
Il Trattato con gli Stati Uniti è entrato in pieno vigore il 1° di febbraio di questo anno (2009), inoltre si stanno negoziando altri trattati con l’Unione Europea e l’EFTA, e vi è la proposta di incominciare i negoziati con Giappone, Corea ed altri paesi. Il Perù è inoltre membro della Comunità Andina delle Nazioni (CAN) e mantiene preferenze doganali con la maggior parte dei paesi latinoamericani come Messico e Cile e con i paesi del Mercosur.
Altro importante fattore da prendere in considerazione per valutare il Perù come destinazione degli investimenti è la sua attiva politica di integrazione commerciale nel mondo.
Il Perù ha il progetto di trasformarsi nel principale hub di commercio o piattaforma esportatrice nella regione del Pacifico Sudamericano.
D’altro canto, specialmente attraverso lo schema di associazioni pubblico privato, lo Stato peruviano e ProInversión promuovono lo sviluppo di infrastrutture che permetteranno di migliorare tanto la competitività del paese come la qualità di vita dei suoi cittadini. Una sfida in atto in Perù è chiudere il divario di infrastrutture e diversificare la crescita verso le sue varie regioni, il che si trasforma in una grande opportunità di investimento per le imprese di infrastrutture e costruzioni. Per esempio, già in epoca di crisi, il 18 dicembre scorso, il grande interesse per investire in Perù ha portato a un quadruplo pareggio nel concorso internazionale indetto da ProInversión per la concessione di un importante asse stradale. Dopo una combattuta nova gara, è stato proclamato come vincitore il Consorcio OHL Concesiones Srl, della Spagna, che svilupperà investimenti per un importo stimato di 350 milioni di dollari. Così come questo progetto, ProInversión ha a carico un portafoglio di opportunità che supera i 5 miliardi di dollari in richieste di investimento. I progetti riguardano settori come energia, strade, porti ed aeroporti; sviluppo immobiliare; opere di irrigazione, acqua e canalizzazioni. Si può avere accesso all’informazione aggiornata sui progetti che fanno parte del portafoglio di opportunità di investimento che amministra ProInversión mediante il portale internet: www.proinversion.gob.pe
Attraverso diversi schemi di integrazione, è stato ottenuto l’accesso ad importanti mercati ampliati, nei quali potrà entrare l’investitore che si stabilisce nel paese. Esempio di ciò sono i Trattati di Libero Commercio sottoscritti con gli Stati Uniti, Canada, Singapore e Cina, e l’Accordo con Tailandia.
Attraenti opportunità di investimento
Il Perù ha una forte dotazione di risorse naturali che non sono state ancora sfruttare in forma ottimale, tra queste vi sono immense riserve di minerali, idrocarburi e
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Il panorama della relazione commerciale e d’investimento tra l’Italia e il Perù Intervista a Rossella Evangelisti Incontriamo la Direttrice dell’Istituto per il Commercio Estero – ICE, nel suo Ufficio di Lima, incaricata con il suo Staff di organizzare insieme alle strutture peruviane l’accoglienza agli imprenditori italiani che verranno al Foro Italia - Perù.
Quali sono i settori che offrono maggiori prospettive per gli imprenditori italiani? Esistono due spazi economico-commerciali dove gli imprenditori italiani avrebbero buone prospettive per lavorare col Perù. Il primo è vincolato alla natura del rapporto commerciale ed i settori produttivi nei quali vi è complementarietà. L’Italia esporta in Perù beni di capitale nei settori tessile, plastica, agroindustria e metal meccanica, dove inoltre mantiene una leadership nell’industria peruviana. Nel 2008 le statistiche hanno indicato che il 74% dell’esportazione italiana, è stata costituita da beni di capitale destinati allo sviluppo industriale; il restante 26% è stato essenzialmente composto da prodotti finiti provenienti dai settori chimico e farmaceutico. Uno spazio di azione definito e con opportunità concrete. Il secondo spazio d’intervento è dato dai settori che presentano maggiore crescita. Per esempio, il settore costruzione è cresciuto di quasi un 18%; ed ovviamente è cresciuto anche l’investimento nelle infrastrutture. La costruzione di strade, porti ed aeroporti; canalizzazioni, trattamento di acque sono aree che l’Italia potrebbe esplorare nell’ambito dei suoi investimenti in America Latina. Al rispetto, l’ICE di Lima realizza un lavoro di diffusione dei progetti d’investimento in Perù che non contano solo con un quadro legale adeguato per l’investimento, perché il Paese ha aumentato anche la sua qualificazione come ricettore di investimenti esteri e costituisce una delle economie più solide della regione andina.
In quest’ultimo periodo in quali settori e in quali tipi d’investimento hanno partecipato le imprese italiane? I dati consegnati da parte di Proinversion indicano che l’84% dell’investimento italiano si concentra nel settore finanziario, seguito da un 6% nel settore minerario e un 10% che si divide tra energia, industria e servizi. Inoltre inizia a evidenziarsi l’investimento nel settore del turismo, agriturismo e del turismo culturale. L’interesse nel settore del turismo deriva dalla promozione del Perù come un paese con varietà geografica e di ecosistemi, con bellezze naturali e ricchezze archeologiche.
Che canali commerciali offrono gli accordi internazionali firmati dal Perù con l’Asia? Il Perù ha accordi commerciali firmati con Singapore e Tailandia; così come sta concretizzando un accordo commerciale con la Cina. In generale, il rapporto con l’Asia risulta positivo per il Perù ed apre canali di commercializzazione in tutti i settori, anche se in maggiore proporzione nei metalli, meccanica, elettrodomestici, elettronica e tecnologia. Bisogna tenere presente che nei paesi asiatici si concentra un quarto del Prodotto lordo mondiale, hanno dinamismo in tecnologia e produzioni su larga scala, questi sono fattori dei quali il Perù può approfittare attraverso questi accordi commerciali. In questo rapporto la presenza italiana in Asia attraverso il Perù non ha un grande rilievo, poiché grandi e medie imprese italiane sono già presenti in Cina e India con investimenti diretti in settori quali energia, informatica, industria manifatturiera e alta tecnologia. Che canali commerciali offrono gli accordi internazionali firmati dal Perù con gli Stati Uniti? Nel caso degli Stati Uniti, la situazione è molto più favorevole per l’Italia. In primo luogo, gli Stati Uniti sono il primo partner commerciale del Perù, c’è una posizione geografica favorevole; e nel rapporto commerciale ci sono settori complementari alle esportazioni italiane come: tessili, confezioni, agroindustria e metal meccanica. Produrre in Perù per posteriormente esportare agli Stati Uniti facendo uso dei vantaggi di un trattato di libero commercio può favorire significativamente le imprese italiane. Si stima che le
esportazioni peruviane cresceranno in un 60 % grazie al TLC con gli Stati Uniti. L’Italia potrebbe approfittare di questi vantaggi attraverso joint venture o accordi commerciali ed industriali con imprese peruviane.
Che attività sta realizzando l’ICE nell’ambito dei rapporti commerciali tra l’Italia e il Perù? L’ICE attraverso l’Ufficio di Lima lavora costantemente a favore del rapporto commerciale tra i due paesi. L’anno scorso abbiamo realizzato attività per promuovere i settori agroindustria, imballaggio e ambiente. Organizziamo anche delegazioni di peruviani che hanno partecipato a corsi e fiere nel settore tessile, restauro, albergo, marmo e vitivinicolo. Quest’anno abbiamo la sfida del Forum di Cooperazione Italia-Perú che si realizzerà dal 23 al 25 Marzo e prevede l’arrivo a Lima di una Delegazione italiana negli ambiti: Economico, Politico, Accademico e della Cooperazione Decentralizzata. L’ICE ha a suo carico l’organizzazione della sezione economico-commerciale e sta coordinando la partecipazione delle imprese italiane che, durante la permanenza a Lima, si riuniranno con imprese ed istituzioni peruviane nei settori tessile e abbigliamento, cuoio e calzature, legno, pesca, artigianato, agroindustria, turismo, trasporto e infrastrutture. Il Forum sarà un’opportunità per incentivare il commercio e una occasione perche le imprese italiane possano verificare la crescita e prospettive dell’economia peruviana. Abbiamo molte attese intorno a questa iniziativa che siamo sicuri, si concluderà con successo.
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L’APEC E LA PARTNERSHIP PUBBLICO-PRIVATO di Carlo Filippini
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’APEC, Cooperazione Economica dell’Asia Pacifico, riunisce 21 economie che si richiamano in gran parte a due culture e tradizioni: quella occidentale di stampo anglosassone ed iberico e quella asiatica, in particolare confuciana. E’ stata fondata nel 1989 per facilitare gli scambi commerciali, gli investimenti diretti esteri ed, in generale, i rapporti economici tra paesi sulle due sponde dell’oceano Pacifico. Dai dodici membri fondatori si è passati agli attuali ventuno; sono inoltre sotto esame parecchie domande di ammissione. Numerosi paesi o associazioni hanno uno status di osservatore: tra questi l’Unione Europea. Seguendo la tradizione asiatica, molto pragmatica ed aliena da affermazioni assolute, i membri dell’APEC sono definiti “economie”, non “stati” per evitare contrasti ed esclusioni: possono così coesistere la Cina, Hong Kong e Taiwan (tutte e tre ammesse nel primo allargamento del 1991). Ogni anno, a turno, un paese ha la responsabilità di organizzare incontri e convegni, a vari livelli e su argomenti diversi, che culminano nel Summit dei Capi di stato o di governo in autunno. Di solito è scelto un tema che rappresenta anche un obiettivo politico. Quest’anno il paese ospite è il Perù ed il soggetto del Summit è “un impegno rinnovato per lo sviluppo dell’Asia Pacifico”. Questo tema si articola in alcuni sottopunti tra i quali spicca quello della collaborazione tra il settore pubblico e quello privato o Public/Private Partnership – PPP o P3 nel gergo delle sigle, sempre più adorato e sempre meno comprensibile. Sottolineare le sinergie tra pubblico e privato è certamente un risultato importante dell’APEC. Tradizionalmente in Occidente prevale una visione antagonista tra stato e mercato: gli slogan esprimono sempre il desiderio di limitare uno a favore dell’altro – “più mercato e meno stato” o viceversa. Si pensa spesso che gli interessi pubblici e quelli privati siano contrapposti, non conciliabili; di conseguenza deve essere evitata la collaborazione tra enti pubblici ed imprese private per raggiungere uno specifico obiettivo sociale. Al contrario in Oriente si privilegia una visione unitaria, fondata sull’armonia tra tutti gli esseri, enti, oggetti dell’universo. In economia questo approccio ha certamente contribuito al rapido sviluppo di molti paesi dell’Asia orientale; a volte però nascondendo i confini tra pubblico e privato ha generato ambiguità, inefficienze e corruzione. La ormai quasi ventennale storia dell’associazione (o “forum” come preferisce chiamarsi) ha permesso di superare, almeno in parte, pregiudizi radicati nelle due tradizioni per distillare le positività presenti in esse e generare nuove idee e soluzioni. Il pubblico ed il privato hanno obiettivi, vincoli,
caratteristiche che permettono ad ognuno di loro di agire in modo più efficiente in circostanze specifiche e sotto determinate ipotesi. Vi sono alcuni casi nei quali è facile identificare la superiorità dell’uno o dell’altro: per produrre gelati o televisori è più efficiente un’impresa privata; per definire e far osservare le regole di comportamento in borsa è meglio un ente pubblico. Invece non è possibile stabilire a priori quale dei due tipi di attori sia più abile, ad esempio, nel produrre informazioni oppure nel valutare il rischio connesso ad un certo progetto. Chi sa prevedere meglio le tendenze dell’innovazione tecnologica od i settori emergenti o le mode che domineranno la prossima stagione? Chi sa valutare meglio il rischio di un’iniziativa di durata ventennale? Un ente pubblico che spesso ha un orizzonte temporale di cinque anni (la lunghezza di una legislatura) o un’impresa privata che tendenzialmente ha una vita più lunga, in teoria illimitata? La soluzione più efficiente può essere appunto la collaborazione tra pubblico e privato. Tra gli esempi di PPP finora realizzati vi sono la costruzione e la gestione di infrastrutture (quali ospedali, strade, centrali elettriche) e la fornitura di servizi (quali il collocamento del lavoro o la salute). Pensiamo ad un paese nel quale la produzione di elettricità (un settore spesso nazionalizzato) sia insufficiente rispetto alla domanda e nel quale l’indebitamento pubblico sia tale da non permettere l’uso di fondi pubblici per costruire centrali elettriche. Un’impresa o un consorzio privato può assumersi l’onere di realizzare e magari gestire gli impianti ripagandosi con il ricavato della vendita dell’energia. Lo stato fisserà gli standard degli impianti e della loro gestione, magari anche prezzi differenziati per diverse categorie di utenti (se ha specifici obiettivi sociali o economici). Per il pubblico vi sono parecchi vantaggi: il servizio è ottenuto a costi inferiori e/o con qualità superiore ed il rischio dei progetti pluriennali è meglio valutato (inoltre il debito pubblico non aumenta). Questo risultato è ottenuto proprio perché il privato è motivato dal profitto nei suoi comportamenti e decisioni. Le modalità concrete delle PPP sono potenzialmente molto numerose e possono essere suddivise in tre categorie: rapporti di cooperazione nei quali l’ente pubblico e l’impresa privata collaborano su piano paritetico (scambiandosi, ad esempio, informazioni); rapporti di complementarietà nei quali il pubblico affida al privato la fornitura di un bene o servizio precisando e verificando obiettivi e standard (il caso della produzione di elettricità appena ricordato); rapporti di concorrenza nei quali un’istituzione pubblica assegna la produzione di un bene o servizio tramite un concorso o gara cui possono partecipare tutti, enti pubblici, imprese private e
associazioni non-profit. Le PPP sono ormai diffuse in paesi dell’APEC o esterni ad essa: Gran Bretagna, Germania e Francia, ad esempio. La natura del sistema economico, economia di mercato o pianificata, non pare faccia grande differenza: vi sono esempi negli Stati Uniti ed in Australia come pure in Vietnam. Alcuni cenni sintetici a due esperienze di successo nel campo dei servizi per combattere la disoccupazione: in Perù la rete pubblica è stata aperta ai privati (sia con fini di lucro che non-profit) in modo progressivo – inizialmente incorporando centri di formazione, poi agenzie private di collocamento, fino a creare un sistema informativo integrato ed un osservatorio congiunto del mercato del lavoro; tutti gli operatori usano gli stessi strumenti, anche informatici, per dialogare. In Gran Bretagna un recente (2007) rapporto commissionato dal Ministero del Lavoro e delle Pensioni ha sottolineato la positività dei rapporti di collaborazione pubblico-privato nel favorire l’inserimento nel mercato del lavoro dei giovani o dei disoccupati, in particolare di quelli con particolari svantaggi (disabilità, tossicodipendenze, carenza di specializzazioni); questi rapporti iniziati parecchi anni fa sono ormai sperimentati e consolidati. Naturalmente per attuare PPP che abbiano successo sono necessari volontà politica, impegno elevato e non facili cambiamenti di mentalità, amministrativi, legislativi; i risultati però sembrano più che compensare questi costi. Vi è spesso diffidenza reciproca e non è semplice creare quel clima di fiducia e cooperazione necessario per il successo di tali iniziative. Inoltre occorre modificare leggi e regolamenti che possono impedire od ostacolare in vari modi questi progetti congiunti.
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PERU e l’APEC di Javier Zuñiga
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l Foro di Cooperazione Economica Asia - Pacifico (APEC secondo l’acronimo inglese), è un foro consultivo, economico, intergovernativo composto dalle 21 economie che costituisco la regione Asia - Pacifico. Questi governi effettuano riunioni multilaterali e bilaterali per realizzare il libero commercio dei suoi membri entro il 2020. È necessario sottolineare che quello foro non costituisce un’entità o istituzione economica o finanziaria multilaterale; consiste solo in un blocco commerciale di enorme proiezione mondiale. Si differenzia dagli altri gruppi multilaterali di commercio per il carattere non vincolante, cioè è un foro aperto al dialogo ed al rispetto delle opinioni individuali dei partecipanti. Non è un blocco economico chiuso, ma vuole essere un esempio di libero commercio, inoltre invita tutti i paesi che lo desiderino a realizzare il libero flusso di beni, servizi, capitali e tecnologia, e a creare nuove regole che permettano il mutuo sostegno tra le economie dei paesi membri. Nell’APEC, si trovano economie con differenti livelli di sviluppo, paesi industrializzati come Stati Uniti e Giappone, da una parte, ed economie in crescita e sviluppo come Vietnam e Cina dall’altra. Permette commerci in diversi campi, aumentare il livello e la varietà delle nostre esportazioni. Nei paesi dell’APEC, si concentrano i due terzi della popolazione mondiale, 2,6 miliardi di persone che producono il 60 % del Pil mondiale, pari a circa 19.000 miliardi di dollari. Il Perù è entrato a far parte di questo foro nel 1998, in quell’epoca il Paese si trovava in un momento di crescita e di apertura al commercio internazionale, con buoni rapporti commerciali con Cina e Giappone. Ciò rappresentava qualcosa di molto importante per l’economia peruviana, era un consistente avvicinamento alle economie con crescita più elevata, implicava un’offerta esportabile molto maggiore e più diversificata, accedere all’appoggio economico e tecnico delle economie dei Paesi membri ed accedere ad un’area di libero commercio ed investimenti per l’anno 2020. Nell’insieme di risultati ottenuti e delle opportunità conseguite, con la partecipazione del Perù al Foro, in materia di commercio esterno, investimenti, accordi commerciali, ecc., si può citare l’aumento delle nostre esportazioni a questo blocco economico in circa il 360 %
nel periodo 1998-2006, l’APEC si è così trasformato nel primo blocco economico di destinazione delle nostre esportazioni. Possiamo indicare alcuni criteri economici favorevoli come conseguenza dell’organizzazione dell’APEC nel nostro paese: 1. Un aumento nelle esportazioni ed importazioni verso questo gruppo in rapporto agli altri Paesi o blocchi commerciali. 2. La firma di vari accordi che facilitano il commercio internazionale con altri Paesi come il Trattato di Libero commercio con il Cile, i negoziati commerciali con Tailandia, Singapore, Canada, Messico; il TLC con gli Stati Uniti e lo studio di un futuro accordo commerciale con la Cina. 3. Mettere in funzione centri di formazione in materie doganali, regolamentazione tributaria e attrazione dei flussi di investimenti. In particolare esistono in Perù poco più di 350 imprese provenienti da queste economie, principalmente dagli Stati Uniti, Cile, Canada e Giappone; soprattutto nei settori commercio, industria e finanza. Ciò genera un rilevante sviluppo economico. Voglio menzionare che questo processo deve andare avanti, specialmente nella silvicoltura, turismo, pesca ed agricoltura che sono i più arretrati e che contano con meno di 10 imprese di importanza che provengono dalle economie dell’APEC. La sfida per il nostro Paese consiste nel fatto che abbiamo scarsità di prodotti di esportazione con valore aggiunto, poiché esportiamo ancora principalmente materie prime. Un altro problema è l’aumento del livello di importazioni provenienti dall’Asia, perché l’industria asiatica è più competitiva della nostra. Esistono sovra costi che l’industria locale deve sopportare ed alcune pratiche sleali come il dumping che debilitano la competitività. Senza dubbio il foro dell’APEC che si è realizzato in Perù nel novembre del 2008, è stata la riunione più importante della storia economica del nostro Paese. E’, dunque necessario che Ministerio de Economía y Finanzas, Ministerio de Comercio Exterior y Turismo, Ministerio de Relaciones Exteriores e le associazioni di categoria generino una politica unica di medio e lungo termine, con l’obiettivo di presentare un insieme di proposte specifiche che ci permettano di essere preparati per il 2010, quando i paesi dell’APEC liberalizzeranno le loro economie.
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In Perù 15 megaprogetti per allontanare la crisi di Roberto Da Rin
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il Paese sudamericano cresciuto a ritmi piú sostenuti; nel 2007 il Pil ha sfiorato il tasso annuo del 9 per cento. E ora, nel 2008, neppure un’acuta crisi politica, culminata con le dimissioni dell’intero Esecutivo, ne ha condizionato lo sviluppo. Più di 30 miliardi di dollari di investimenti stranieri sono in arrivo nei prossimi anni. Il Perù di Alan Garcia, la cui popolarità è ai minimi storici (20%), per ora regge alle turbolenze finanziarie internazionali che in altre epoche avrebbero trascinato la piccola economia di un Paese emergente nel gorgo di una crisi profonda. Il vertice Apec, tenuto a Lima a fine novembre, si è trasformato in una straordinaria occasione di business per il Perù: il volano di una crescita vigorosa deriva dal trattato di libero scambio con la Cina. Garcia e Hu Jintao, presidente cinese, hanno annunciato la fine dei negoziati che porteranno a un trattato in grado di generare un interscambio, nel 2015, superiore a 20 miliardi di dollari rispetto agli attuali 5. L’accordo è arrivato dopo una gestazione di molti mesi e dopo sei round bilaterali. Il trattato tra Lima e Pechino includerá 11 accordi bilaterali. Tra questi i piú rilevanti sono: pesca, fitosanitario, energetico, logistico, forestale e agroindustriale. «Si apre al Perù – ha dichiarato Garcia alla tv peruviana – un mercato di 1,3 miliardi di persone». L’economia cinese nel 2008 ha favorito molto l’export di Lima, la cui crescita è stata del 32,8% nei primi nove mesi dell’anno. La delegazione di 104 imprenditori cinesi che ha seguito a Lima il presidente Hu Jintao ha giá incontrato rappresen-
tanti dell’industria peruviana con cui, nei prossimi mesi, verranno definiti i contenuti specifici degli accordi. Quello energetico-minerario rappresenta però uno dei settori maggiormente attraenti: nel prossimo triennio il Perù riceverà 35 miliardi di dollari di investimenti, di cui 24 solo nel settore minerario. Il ministro dell’Energia e delle miniere, Pedro Sanchez, pur lasciando intendere che i cinesi avranno un ruolo dominante, non ha specificato la provenienza degli investitori, ma ha ricordato che il Perù è il primo produttore, in America latina, di oro, zinco, stagno, piombo. E, a livello mondiale, è il primo produttore di argento e il secondo di rame. La scorsa settimana, sempre a Lima, sono stati presentati 15 megaprogetti in cerca di risorse: agricoltura, biodiesel, forestale, idrocarburi ed energia eolica sono i settori che offrono la maggior attrazione per gli investitori stranieri. Tra questi la scoperta di interessanti giacimenti petroliferi nella regione di Piura: si parla di riserve pari a 1,13 miliardi di barili di greggio. Molto entusiasmo, dunque, e qualche timore: ad esempio, quello generato dagli accordi con la Cina. A fianco di interessanti investimenti esteri diretti si potrebbero verificare scompensi nel mondo della produzione peruviana. In altre parole
molte imprese potrebbero essere spiazzate dalla concorrenza asiatica. «Il Perù si trova in una situazione congiunturale molto favorevole – ha tenuto a spiegare Garcia ai giornalisti presenti a Lima – ma gli accordi con la Cina, oltre che un’occasione, saranno anche uno stimolo per la creativitá dell’imprenditoria». Insomma grandi occasioni e qualche sfida per potersi affermare come piattaforma nei confronti di un’area, quella asiatica, con enormi potenzialità nel prossimo decennio. Un piano di lungo termine che Garcia dovrà poi cedere, nel 2011, al suo successore. È così, presidente Garcia? «Sia chiaro, a me piacerebbe ripresentarmi, e non escludo affatto di poterlo fare».
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Investire nell’oro e nello sviluppo del Perù intervista a Veronica Marsano
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e prime notizie su questa miniera risalgono ad Antonio Raimondi che fa espressa menzione del monte “El Gigante” e del sito di estrazione “Huacrachuco” da dove, segnala il saggio, si estraeva un’abbondante quantità di oro (1860). Il Dott. Andrés Marsano Porras, Presidente Esecutivo e principale azionista di MARSA era un ammiratore di Raimondi del quale aveva già letto profondamente le opere, quando gli fu offerta nel 1980 l’opportunità di acquisire alcuni giacimenti nella zona. Accettò l’offerta, ricordando quanto lesse al riguardo. Decise quindi di investire in lavori di prospezione ed esplorazione con l’ impresa Buenaventura Ingenieros S.A. (BISA). Il 15 aprile 1981 costituì l’impresa Minera Aurífera Retamas S.A. –MARSA. Gli azionisti fondatori erano gli stessi che continuano fino ad oggi. La crescita di questa impresa si realizza durante l’epoca più difficile della nostra storia per via del terrorismo, del Fenomeno del Niño e della crisi economica che avevano creato un clima di sfiducia ed inquietudine nel Paese. Grazie alla fede infrangibile del suo Presidente Esecutivo, il Dr. Andrés Marsano Porras, l’ impresa ha potuto portare avanti tale progetto minerario. Eventi imprevisti fanno che un’avvocatessa lasci l’attività per occuparsi di gestire l’impresa mineraria di famiglia. Scopre il settore minerario, un’attività tecnica e complessa, con certi tabù: non è un settore per donne. Le piace lavorare e studiare, il che le è servito per continuare ad imparare operativamente durante tale tragitto. Un cammino che ha realizzato, infatti, è Presidente del Comitato Aurifero della Società Nazionale del Settore minerario del Perù. Inoltre presiede il Comitato organizzatore del VIII Simposio dell’Oro 2008, il prossimo, si terrà a Lima nel 2010. Com’è il mondo minerario? Il settore minerario aurifero è abbastanza competitivo. Nel Perù abbiamo giacimenti minerari di ogni tipo, quelli aperti e quelli sotterranei. La mia impresa ha un giacimento sotterraneo che sfruttiamo da 27 anni, a livello di venature che si trovano all’interno delle miniere. Abbiamo oltre 3.000 persone che lavorano all’interno della miniera e ho una gran passione per questa attività. Ci sono altre grandi miniere molto importanti come Yanacocha, dove l’oro si trova in forma disseminata e che ha un altro metodo di estrazione. Nel nostro caso, è un’attività che richiede più
Veronica Marsano e José Maria Aznar nell’VIII Symposium Internazionale dell’Oro a Lima. lavoro di ricerca, bisogna studiare dove si trovano le faglie geologiche, le venature, e intensità di manodopera. Che prospettive ha la Miniera Retamas? Siamo soddisfatti delle esplorazioni realizzate. Abbiamo esplorato tutta la parte alta del nostro giacimento ed ora stiamo esplorando fino a 1.500 metri sotto il livello del mare, abbiamo scoperto che il minerale si trova anche in profondità, ciò vuol dire dieci anni in più di intenso lavoro per l’impresa. I prodotti sono oro e argento, a Pataz, nel distretto di La Libertad, a 4.400 metri nella Cordigliera delle Ande. Qual è l’habitat della miniera? Nella Cordigliera ci sono Comunità che vivono lì da sempre. La geografia è molto accidentata, non ci sono attività economiche per via dell’altitudine e non prospera l’agricoltura. Grazie alla miniera si sono sviluppate attività economiche che stanno favorendo gli abitanti.
Come si percepiscono le Comunità? Esistono frizioni con loro? È un tema di dialogo, vi sono rapporti umani sui quali bisogna saper lavorare e che bisogna saper sviluppare. Credo che ogni miniera abbia un gruppo umano, con necessità e complessità diverse, sul quale influisce. Ciò implica un avvicinamento, un buono rapporto, si parte da lì. Ci sono correnti anti-minerarie in Perù che hanno influenzato profondamente, Ong anti-miniere che si oppongono a che il settore prosperi e che cercano, con bassi
pretesti ambientali, di ostacolare la strada. Sostengono che questa attività non apporta né beneficio né sviluppo al Paese, ma i numeri dimostrano che non è così. Che benefici apporta all’economia? I benefici che il settore minerario procura al Paese sono dimostrati, apporta più del 40% dei tributi fiscali che il Paese percepisce, contribuiamo alla creazione di poli decentrati, paghiamo imposte, royalties minerarie e apporti volontari. E quanto le miniere realizzano come apporto sociale, ognuna dentro le sue possibilità, vediamo la forma di aiutare i villaggi vicini alle miniere. Contribuiamo con infrastrutture che la popolazione mineraria richiede: strade, elettricità ed appoggiamo settori come l’educazione e altri progetti di sviluppo.
Appena insidiato il Presidente García, sollecitò “l’apporto volontario” come fu ricevuta questa proposta? Il settore minerario comprese che eravamo in un’epoca elettorale, si discuteva l’applicazione di maggiori imposte al settore minerario, ritengo che fosse un tema che generava consenso ed è stata opportuna, da parte del Governo, la scelta di non creare maggiori imposte al settore minerario. Sarebbe stato dannoso, avrebbe sottratto competitività al settore che aveva un carico tributario molto grande in paragone con altri Paesi. La proposta del Governo aveva la finalità di un apporto per coprire necessità sociali. Allora, si stabilì, con il consenso tra il settore minerario ed il Governo, l’apporto volontario per cinque anni.
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Se ci fosse stato un aumento delle imposte, alcune imprese sarebbero andate via dal Paese:? Sicuramente. La proposta dell’”Apporto volontario” è stata molto opportuna, altrimenti avrebbe dato un brutto segno internazionale e avrebbe tolto competitività al settore. Già la regalia, unita al carico tributario, è stato un cambiamento alle regole del gioco alle quali eravamo abituati e in confronto ad altre imprese nel paese che pagano solamente l’imposta sul reddito. Potrebbe essere inteso come un’alterazione alla certezza giuridica? Nessun contratto fu distorto, tutti i contratti sottoscritti con lo Stato sono ancora in vigore, le leggi furono rispettate. L’apporto volontario è una proposta che abbiamo discusso con i minatori e che abbiamo visto come un appoggio addizionale al settore sociale. Chi amministra il “apporto volontario?” L’apporto volontario ha la virtù di non essere amministrato dal Governo, ma dalle stesse Imprese. Sono stati creati fondi e fedecommessi che sono amministrati da parte dell’impresa. Non volevamo che si ripetesse il tema del canone che è distribuito dallo Stato alle Regioni, ai Comuni, che per via di intoppi burocratici a volte non possono spendere il denaro. In questo caso si fece in modo che fossero le stesse imprese a spenderlo, dunque siamo molto efficienti nella spesa. Stiamo appena vedendo l’impatto di queste risorse che hanno iniziato ad essere impiegate da un anno.
In che opere ha utilizzato l’apporto volontario, la Miniera Retama? Ci sono due fondi, il fondo minerario locale ed il fondo minerario regionale. Il fondo minerario locale lo spende ogni impresa mineraria nella zona di influenza della sue attività. Il fondo minerario regionale è comune per le Imprese che lavorano nella stessa Regione, si crea un Comitato tecnico che decide come spendere i fondi. Per esempio, abbiamo deciso di spendere il Fondo Regionale Minerario di La Libertad nel mantenimento di una strada molto importante a favore dell’attività produttiva. Ogni anno continueremo a vedere le necessità e si sceglieranno i progetti più opportuni. L’Italia occupa uno dei primi posti nel mondo come esportatore di gioielli e noi siamo tra i principali esportatori di oro, cosa ne pensa? Mi sembra magnifico, magari potessimo contare sui migliori talenti e orafi italiani perché ci insegnino a sviluppare l’oreficeria. Abbiamo le risorse e desideriamo sviluppare quel maggior valore aggiunto che esula dal mondo minerario, è un altro tipo di business. Il lavoro del settore minerario è l’estrazione del minerale e senza dubbio ha un valore aggiunto. Sull’oro grezzo noi minerari dobbiamo applicare una certa tecnologia ed avere la destrezza di estrarre il minerale, di processarlo e venderlo in sbarre. Un altro business è l’oreficeria che ha un ancora maggiore valore aggiunto e che stiamo cercando di sviluppare in Perù, ma che deve svilupparsi di più. Ciò dato, dobbiamo conoscere il mercato ed avere i migliori maestri orafi, affinché condividano con noi le loro tecniche ed insegnamenti.
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Nella sessione conclusiva del VIII Simposio, Verónica Marsano ricordò quel magnifico spazio di discussione che si realizza ogni due anni in Perù, dove si riunisce il mondo minerario. Rilevò la crescita senza interruzione del Perù, il secondo posto che occupa nel ranking di Paesi competitivi in America latina, l’esplorazione di nuovi giacimenti auriferi. “Siamo un Paese minerario per eccellenza. In quanto a produzione aurifera siamo il primo Paese produttore di oro in America Latina e il quinto nel mondo, occupiamo per destinazione degli investimenti minerari il sesto posto nel mondo. Secondo il Ministero dell’energia e miniere, contiamo su un portafoglio di più di 200 prospezioni minerarie nel paese, il che significa 19 milioni di dollari in nuovi investimenti. Deve essere assicurata la sostenibilità dell’utilizzo delle risorse naturali mediante un settore minerario che generi utili da investire con l’attenzione ambientale richiesta per generare benessere sociale nei villaggi vicini alle attività e permettere di ottenere più riserve mediante l’esplorazione. Sebbene si stia attraversando un ciclo favorevole per i metalli, spinto dalle vigorose economie della Cina e dell’India - la crisi geopolitica e macroeconomica mondiale, la caduta del dollaro, l’incremento del prezzo del petrolio e le pressioni inflazionistiche a livello mondiale tra altri fattori- i margini di utili delle imprese minerarie a livello mondiale sono diminuiti, questo è successo soprattutto per via dell’incremento del costo degli input e della manodopera. Si è d’accordo sul fatto che la quotazione dell’oro richiede un piano minimo di 700 dollari l’oncia per sostenere gli attuali costi di produzione, i principali dirigenti minerari di Barrick, Newmont ed altri hanno segnalato che la complessità geologica dei depositi auriferi e la scarsità a livello mondiale, stanno elevando i costi di produzione. Quanto alle previsioni sulla quotazione dell’oro, gli specialisti hanno segnalato che l’oro si porrà in una fascia tra 850 e 1100 dollari l’oncia. Benché non possa pronosticarsi la quotazione dell’oro, la congiuntura attuale ci porta a concludere che la cosa più probabile è che la quotazione salga. A livello latinoamericano, come è il caso di Cile, Argentina e Messico possiamo segnalare alcuni somiglianze col Perù: tutti riconoscono che il settore minerario è funzionale allo sviluppo delle loro economie. In tutti questi Paesi esiste un potenziale geologico e sono consci dell’importanza di attrarre maggiori investimenti al settore minerario, di qui il fatto che la sicurezza giuridica, cioè la stabilità delle regole nel tempo, è di grande importanza.”
CaCIA-Camera di Commercio Italo Argentina Iscritta all'albo Unioncamere delle Camere di commercio Italo-estere ed estere in Italia (Numero Iscrizione n. 39 del 7.2.07 - D.M. 15.2.2000, n.96) Codice Fiscale 02131180396 - P.IVA2278000399 Sede operativa di Roma: Via D. Cimarosa, 13 - 00198 Roma Tel: +39-06-8558140 Fax : +39-06-85351514 - info@cacia.it Sede operativa di Faenza: Via Pasolini, 12 -48018- Faenza Tel: +39-0546-643824 Fax: +39-0546- 693014 presidenza@cacia.it www.cacia.it
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L’importanza della cultura nel disegno che perdura nel tempo di Marco Fasoli, Claudio Franchi e Stefano Ricci
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uando ci soffermiamo di fronte alle vetrine di un museo, il senso di rapimento si impossessa di noi per la forza del messaggio della storia che qualcuno che ci ha preceduto riesce a trasmettere. Di fronte a tali episodi l’uomo del terzo millennio non è solo rapito ma è inerme poiché sa di doversi confrontare con la propria incapacità di ripetere i percorsi dei nostri antichi progenitori. Ecco a cosa serve la storia: al confronto, alla conoscenza, come base di ogni futuro percorso. L’apprendimento della storia e lo studio della stessa dà senso alla vita degli uomini, dà valore a chi ha lasciato una traccia della propria esperienza, affinché a quella esperienza ci si possa riferire. L’evoluzione del pensiero e il progresso viene dopo, attraverso una nuova forma di progettualità del vivere contemporaneo e, grazie alla comunicazione di questi valori, passato e presente costituiranno le fondamentali basi per le future generazioni. Progettare e comunicare senza recepire il valore della storia significa aver reso nulla la vita di chi ora non c’è più: questa cesura ha come conseguenza l’inaridimento del pensiero e l’arretramento della cultura. Il gioiello merita lo stesso percorso: propedeuticamente bisogna apprendere i valori della nostra cultura, interpretarne i segni, le valenze della forma, che spesso si dichiarano molto più moderne della loro antica vita. Questo metodo di lavoro è alla base del gruppo integrato di specialisti che nasce nel 2002 e che ne sperimenta costantemente la validità quale soluzione alternativa all’omologazione che impera nell’attuale mercato della gioielleria. La squadra è formata da tre professionisti che in modo interdisciplinare pongono in atto la complessa strategia del prodotto, sia a livello formativo sia professionale: Claudio Franchi è esperto di tecniche di lavorazione orafa e storico e critico d’arte; Stefano Ricci è architetto e designer di gioielli; Marco Fasoli è esperto in Marketing e tecniche di vendita. La necessità di affrontare un mercato sempre più saturo di prodotto privo di anima e significato, la cui conseguenza è la disaffezione del pubblico; l’uso eccessivo di tecnologie innovative la cui finalità è solo il super-produrre; infine l’uso massiccio e improprio della comunicazione e del marketing giocato solo sul
logo e non sulle qualità e i contenuti del prodotto, ha indotto i tre professionisti ad intraprendere una strada di ricerca che ha già prodotto notevole risultati. La conseguenza di questa importante verifica dei ruoli della produzione, della progettazione e della comunicazione ha prodotto esempi di tangibile evidenza professionale. Le commissioni della Santa Sede dell’anello del Pescatore per Sua Santità Benedetto XVI e la composizione d’arte della Nuova Icona Acheropita, lavori che portano la firma congiunta di Claudio Franchi e Stefano Ricci, sono state la valida applicabilità della nuova teoria della qualità del prodotto nel settore di argenteria e gioielleria. Oggetti pensati con una profonda riflessione e ricerca di segni da trasferire nella forma; elaborati senza l’ausilio di tecnologie innovative ma grazie al sapiente uso della manualità, espletando addirittura la ricerca del recupero di tecniche antichissime riproposte come valori di linguaggio espressivo, hanno consentito di sperimentare la bontà di questi percorsi. Altri esempi non meno importanti sono la collezione di gioielli Kristal - Smolensk Diamonds, progettata a cura di Stefano Ricci, una collezione ricca di segni e di storia che si traducono in valori di forte comunicazione visiva. In ultimo, e non ultimo, la collezione del Centenario per la Gioielleria Fanuele di Roma, nella quale hanno interagito i valori della ricerca storica tradotti in forme moderne da Stefano Ricci e valorizzati dalla sapiente strategia di costruzione comunicativa di Marco Fasoli. In sintesi l’esperimento ha approdato ad una profonda convinzione, frutto dei risultati ottenuti dal successo dei prodotti succitati: il prodotto di gioielleria e argenteria ha bisogno di una profonda
valorizzazione a livello storico critico che ne costituisca la base per la costruzione del progetto e della strategia di comunicazione e vendita. Questi valori, che oggi non sono quasi mai presenti nel gioiello, contribuiscono alla realizzazione di progetti dalla profonda connotazione e personalizzazione, elementi che contribuiscono al senso emozionale del gioiello e dell’opera di argenteria. Di seguito la valorizzazione del progetto passa per la capacità manuale di saperne evidenziare la forza di messaggio: il primeggiare le diverse tecniche equivale alla scelta di strade diverse per la realizzazione dello stesso progetto con il vantaggio che ogni tecnica contribuisce a moltiplicare la potenzialità creativa. L’uso della macchina, della tecnologia innovativa è non solo un falso problema e diviene altresì fuorviante e limitante per la valorizzare del prodotto. L’ultima fase, la più importante perché il prodotto renda il fascino che progettualità e abilità hanno saputo trasferire nella forma significante, tocca alla comunicazione e alla strategia di vendita, percorsi che si mostrano strettamente correlati con la vita del prodotto. L’arte orafa mostra da sempre, negli esempi che hanno costruito le culture, la forte matrice intellettualistica e di ricerca. La presunzione più grande dell’uomo del presente è pensare che di tutto questo si possa fare a meno, che la tecnologia possa sostituire la complessa poesia del “fare”, che progetto significhi solo “schizzo” o “disegno”, che fare marketing sia semplicisticamente manipolare le menti con un logo. Quando si capirà che non è questa la strada da percorrere allora si potranno riconquistare le menti delle genti e riportarle al sogno del prezioso che sa ammaliare.
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La partecipazione bancaria nello sviluppo del settore di Serenella Cannova
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el 1866 nasceva nel cuore del Veneto la Banca Popolare di Vicenza. Dalla Provincia di Vicenza la rete di filiali si è gradualmente estesa prima nel Nord Est e in seguito in tutta Italia, grazie ad una serie di acquisizioni. Dal 2000 è stato realizzato un complesso ridisegno organizzativo che ha portato alla costituzione del Gruppo Banca Popolare di Vicenza, uno dei primi 10 gruppi bancari in Italia. E’ la Banca Popolare più grande non quotata in borsa e l’unica ad aver mantenuto la propria sede di banca capogruppo in Veneto. Oggi con oltre 5.400 dipendenti ed una rete di filiali in continua crescita, il Gruppo è riconosciuto come una delle realtà bancarie più solide e dinamiche nel panorama creditizio, non solo in Italia. La propensione all’internazionalizzazione delle imprese del Nord Est ha portato la Banca Popolare di Vicenza a specializzare particolarmente la sua attività con l’estero. In particolare sono previsti servizi di assistenza e finanziamento offerti tramite la controllata irlandese BPV Finance International di Dublino e servizi di assistenza alla costituzione ed amministrazione di entità giuridiche all’estero. Per accompagnare ed assistere al meglio le imprese nelle loro sfide globali il Gruppo Banca Popolare di Vicenza ha strutturato una partnership con il gruppo austriaco Volksbank, attraverso l’acquisizione di quote di minoranza di otto banche localizzate nei Paesi dell’Europa centro-orientale. Inoltre per agevolare i flussi di interscambio commerciale tra Italia e le nuove potenze economiche mondiali - Cina e India – assistendo le imprese italiane in ogni loro iniziativa commerciale, ha aperto uffici di rappresentanza a Hong-Kong, operativo fin dagli anni’80, a Shanghai e a New Delhi. Oltre ad essere un ponte commerciale tra Italia ed i mercati cinese ed indiano, gli uffici di rappresentanza offrono attività di prima consulenza per la creazione di joint ventures con operatori economici locali, per la ricerca di potenziali partners e per l’approfondimento di normative fiscali e societarie. Ma il nostro Gruppo ha sempre prestato giusta attenzione anche ad un’altra importante aerea geografica: l’America Latina. In questi ultimi anni ha perseguito una politica di ricerca di selezionati partner bancari di preferenza locali per siglare accordi di collaborazione finalizzati ad assistere reciprocamente, ognuno nel proprio territorio, la clientela non residente. Ad oggi, contiamo vari accordi in Argentina, Messico e in Cile, altri sono in fase di negoziazione. Grande attenzione e assistenza, in collaborazione con SIMEST, viene data alle aziende italiane,soprattutto PMI, interessate a quest’area per internazionalizzarsi. Le potenzialità dei paesi latinoamericani sono enormi, e fortunatamente vi è stata negli ultimi tempi una riscoperta di questi, in precedenza penalizzati forse dalla lontananza rispetto all’Europa, o forse anche da alcune
politiche poco favorevoli agli investimenti esteri. Ma ora in vari paesi, come il Perù, per esempio vi è un chiaro richiamo testimoniato dalle condizioni favorevoli prospettate e debite tutele degli investimenti. Da qualche anno, inoltre abbiamo siglato un accordo (TFFP-Trade Finance Facilitation Program) con il BID (Banco Inter-Americano de Desarrollo) di Whashington. L’intesa permette di coprire i rischi derivanti da operazioni finanziarie perfezionate nell’area latinoamericana e caraibica. Pensando poi alle preziose risorse minerarie dell’America Latina, soprattutto oro e argento, inevitabile non ipotizzare una perfetta sinergia con l’Italia, Paese con una famosa tradizione nelle imprese di trasformazione, con forti competenze settoriali e territoriali. Si pensi ai vari distretti industriali tra i quali emerge per fama ed importanza quello di Vicenza. Da sempre, il nostro Istituto, ha investito nel settore orafo, non poteva essere altrimenti. Fin dal suo esordio, il nostro Istituto si è attivato per affiancare l’imprenditore orafo nella gestione finanziaria tipica del ciclo produttivo e commerciale del suo settore. Ora si offrono gli stessi servizi e prodotti anche per chi lavora l’argento. La Banca Popolare di Vicenza si colloca, infatti, tra i primi Istituti di credito a livello nazionale nell’operatività e nell’intermediazione dell’oro e dell’argento destinati alla produzione industriale. I principali prodotti specifici e personalizzati sono: ORO • ACQUISTO/VENDITA: La Banca opera in qualità di contraente in proprio,cioè acquista e vende per proprio conto. La Banca nelle operazioni con la clientela,residente e non residente,applica i corsi dei mercati internazionali dei metalli preziosi • PRESTITO ORO IN USO: viene offerto agli imprenditori residenti e non residenti, così da ridurre sensibilmente gli oneri finanziari sia per il mantenimento che per l’accrescimento delle scorte di magazzino.Con l’assunzione di oro greggio in prestito d’uso,l’impresa orafa si riserva la facoltà di trasformare il contratto originario in acquisto a titolo definitivo o di restituire un’eguale quantità di metallo al mutuante, anziché acquistare subito la quantità d’oro da immettere in lavorazione. Questo strumento operativo può rivelarsi molto conveniente in quanto consente all’operatore orafo di posticipare l’acquisto di metallo a momenti
più favorevoli di mercato,senza dover immobilizzare subito grossi capitali • APERTURA DI CREDITO IN ORO FINO CON UTILIZZO ROTATIVO: per imprenditori residenti e no. Oltre al tasso d’interesse molto vantaggioso, questo servizio offre la possibilità all’imprenditore di poter disporre, in qualsiasi momento, di una certa quantità di metallo,pagando un canone periodico calcolato sull’effettivo utilizzo all’apertura del credito. Potrà in seguito pagare o restituire il metallo entro un termine temporale (30-60-90 giorni) che verrà stabilito all’atto della firma del contratto. • CONTRATTO DI LINEA DI CREDITO PER CESSIONE DI ORO CON PAGAMENTO DIFFERITO: l’impresa acquisisce immediatamente il quantitativo di metallo necessario per la produzione, ma si garantisce la possibilità di determinare il prezzo entro un termine di 30-60-90 giorni. • VENDITA ORO GREGGIO A SOGGETTI NON RESIDENTI PER LA CONSEGNA IN CONTO LAVORAZIONE AD AZIENDE ORAFE RESIDENTI: con l’acquisto diretto del metallo presso la Banca l’operatore non residente beneficia di un risparmio finanziario sui costi di trasporto, assicurazione, ecc, oltre al fatto che, consegnando la Banca in tempi brevissimi il metallo a fabbricante residente, potrà ricevere il prodotto finito in tempi altrettanto brevi • STRUMENTI DI COPERTURA SULL’ORO • CONTO METALLO IN ORO ARGENTO • LE AZIENDE ARGENTIERE POSSONO TRATTARE DIRETTAMENTE CON LA BANCA SIA OPERAZIONI DI ACQUISTO CHE DI PRESTITO, A BREVE O NELLA FORMA DEL PRESTITO D’USO. E’ PREVISTA INOLTRE LA POSSIBILITA’ DI CONCLUDERE CONTRATTI DI ACQUISTO O DI VENDITA A TERMINE, COME PURE L’OPERATIVITA’ TRAMITE IL CONTO METALLO ARGENTO
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Indaco - LA TINTURA AZZURRA DEL JIQUILITE di Lorenzo Amaya I - L’INDACO NEL NUOVO MONDO.
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onzalo Fernández di Oviedo (1526), cronologicamente il primo naturalista della scienza americana, nella relazione sulle “piante ed erbe” della “Natural Historia de las Indias”, conclude: “… siccome sono alla fine di questa relazione, voglio dire un’altra cosa, quello che gli indios fanno di certi gusci e cortecce e foglie di alberi che essi conoscono, per tingere e dare colori ai cespugli di cotone, che essi dipingono di nero e fulvo e verde ed azzurro e giallo o rosso, tanto vivi che non può esservi più perfezione”… Inizialmente i colonizzatori spagnoli non diedero l’importanza dovuta a queste risorse; ma esaurendosi le miniere, dovettero orientarsi ad un’economia agricola. Gli indigeni, all’arrivo degli spagnoli, estraevano l’indaco che necessitavano in pentole di legno. In queste collocavano il monte, lo pressavano, e probabilmente mettevano una pietra sul monte per mantenere il tutto sommerso. Ininterrottamente, gli versavano l’acqua fino a che copriva tutto il contenuto e lo lasciavano riposare per qualche tempo fino a che fermentava. Dopo, tiravano fuori il monte e mescolavano l’acqua fermentata, dandole possibilmente aria con un guacal, fino a che l’acqua cambiava il suo colore giallo in azzurro intenso, formando il grano de tinta. Arrivato a questo punto gli mettevano il cuajo - sostanza di foglie di cuajatinta – infine lasciavano riposare la tintura. Finalmente toglievano l’acqua dalla pentola, così sul fondo rimaneva il fango di indaco. Nel 1538 la regina della Spagna ordinò di realizzare esperimenti con dimostrazioni di pastel (indaco portato dalla Nuova Spagna) che, apparentemente, furono di successo, poiché il seguente anno la Corona autorizzò la coltivazione dell’ indaco nelle terre della Nuova Spagna (Casín de Montes). Nel 1548 gli spagnoli obbligarono gli indigeni a raccogliere in grandi quantità le foglie della pianta del Jiquilite – dalla quale si estrae l’indaco - poiché in America cresceva allo stato selvaggio, le foglie venivano colte man mano che erano necessarie (Macleod, M. p.151). Nel 1550, Bernardino di Sahagún, nella sua “Storia Generale
delle Cose della Nuova Spagna”, lasciò molte descrizioni sull’uso dell’indaco tra gli indigeni dell’epoca della conquista. Nel capitolo che tratta dei colori dice: “C’è un’erba nelle terre calde che si chiama Xiuhquilitl, pestano questa erba e spremono il succo, lo versano in alcuni bicchieri; lì si asciuga o si rapprende. Con questo colore si tingono le cose in azzurro oscuro e risplendente, è un colore pregiato” (Sahagún, tomo III, p.343, 1969).
II - MANUFATTI PER L’ESTRAZIONE DELL’INDACO. E’ probabile che gli spagnoli, vedendo che la quantità di tintura ottenuta con il sistema delle pentole era molto piccola, decisero di costruire grandi pile (obrajes) affinché la produzione fosse di maggior scala per soddisfare la domanda del mercato. Le prime pile furono conosciute come obrajes de pilón. Queste enormi pile erano costruite in pietra e realizzavano lo stesso processo che avveniva nelle pentole. Si mettevano enormi quantità di erba e, le persone che mescolavano l’acqua fermentata, dovevano entrare nelle pile estrarre la sansa. Dopo avere pulito l’acqua fermentata dai rami e dalle foglie, la mescolavano con tavolette stando all’interno la pila dove avveniva la fermentazione. L’invenzione del obrajes de pilón incrementò la produzione di indaco. Tuttavia, questo nuovo procedimento fu molto dannoso per la salute di chi vi lavorava. Nel 1550, la monarchia proibì che gli indigeni lavorassero nelle pile perché era convinta che ciò fosse dannoso per la salute. Gli indigeni erano suscettibili alla polmonite ed altre malattie respiratorie dopo tre o quattro ore di intenso lavoro fisico in condizioni inadeguate. Per gli indigeni portati dalle terre fredde, queste condizioni risultavano ancora peggiori (Cardenal, p.131). Nel 1563, le relazioni ufficiali locali ispirarono una legislazione che proibiva l’impiego a viva forza degli indios nelle tenute di indaco. Nonostante ciò i piantatori violavano queste leggi ogni volta che potevano (Browning, p.137). Questa legge del 1563 diceva: “Gli spagnoli che abitano la provincia della Guatemala, hanno scoperto, ed utilizzato le foglie di indaco che la terra calda produce in abbondanza; e per il fatto di essere oggetto di grande sfruttamento e per non esservi negri, utilizzano gli indios per beneficiarne e raccogliere; ed avendo capito la nostra Reale Udienza che era lavoro dannoso per essi tanto che finirebbero in pochi anni, provvide che non lavorasse in questo lavoro”, (El Puntero, p. XXVIII). Nel 1581 la Corona specificò che i manufatti di indaco risultavano dannosi alla salute degli indios e che dovevano essere proibiti (Macleod, M. p. 158).
Prodotti di El Salvador
U n a misura per n o n utilizzare indigeni nei lavori dell’indaco fu quella di comprare schiavi neri. Nel 1587 si menziona la probabile entrata in Guatemala di un “lotto” di 500 schiavi neri, affinché lavorassero nei manufatti invece degli indigeni (Amaroli, I-76). Ma gli schiavi neri erano cari e scarsi. Comprarli per solo uno o due mesi di lavoro all’anno risultava oneroso per la maggioranza degli añileros (produttori di indaco), ad eccezione dei più ricchi. Cosicché i proprietari delle pile dovettero continuare a dipendere dagli indigeni. A dispetto dei problemi di rifornirsi di manodopera, l’industria dell’indaco conobbe la sua prima auge tra 1580 e 1630, (Pinto, Soria. p. 135). Siccome l’indaco era un colorante straordinario le navi olandesi incominciarono a portarlo in Europa, dando vita ad una concorrenza con altri coloranti portati da altre parti del mondo. Benché non si conosca la regione esatta dove cominciò la prima coltivazione di indaco su grande scala in Centro l’America, si considera che le terre basse del Guatemala, El Salvador e Nicaragua fossero il posto adeguato, per via del clima caldo di quelle terre. Nel ogni caso, già nel 1575 esistevano campi coltivati di indaco in tutto il Centro America (Rubio Sánchez, 1976). La caratteristica principale dell’indaco era quella di essere estensivo e stagionale. Ciò implicava una costante e crescente necessità di terre e di manodopera. Secondo lo storiografo Escalante Arce, il Nicaragua fu la prima provincia centroamericana dove la produzione dell’indaco raggiunse livelli industriali. Ma presto questo primato passò a El Salvador ed ai suoi distretti, ciò che durò per tutta l’epoca coloniale. Nel 1590, la nuova industria si espanse rapidamente. Gli spagnoli acquisivano le terre dell’area e seminarono estese aree con jiquilite e si costruirono manufatti in grandi quantità (Macleod). In questo modo l’industria dell’indaco si espanse rapidamente. Nel 1600 la produzione di indaco costituiva la principale industria di esportazione del Centro l’America. Nei primi anni della colonizzazione il problema dell’indaco, come quello di altri prodotti dell’ Audiencia, fu il mercato. Il nuovo mondo non aveva sufficienti compratori per sostenere una grande industria delle tinte. Una piccola quantità si consumava localmente; un’altra quantità, altrettanto piccola, si vendeva sui mercati coloniali del Panama, Cartagena e L’Avana. Si esportò anche indaco al Virreinado del Perú. Anche il Messico riceveva grandi quantità di indaco dall’Audiencia, che in parte consumava e in parte esportava (Cardinal 133). Vásquez de Espinosa, nel 1620, ci dà un panorama della produzione di indaco in Centro America. Segnala che c’erano quaranta pile nel correjimiento di Escuintepec, e sessanta a Guazapán (ambedue in
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Guatemala). E nel distretto di San Salvador c’erano più di duecento pile. Fa riferimento, anche, alla ruota idraulica utilizzata per mescolare il fermento nelle pile di indaco: “… ci sono una ruota ed artificio di acqua o forza di una cavalcatura che continua a mescolare quell’acqua che col movimento delle sue tavolette alza grandi schiume gialle con venature azzurre, e quando quelli che la beneficano sembra loro che abbia raggiunto il punto, smettono di mescolarla affinché non passi di punto (Amaroli, p.I-83). La tecnologia dell’indaco, il manufatto a tre pile, passò dell’ India all’Europa, specificamente all’isola di Malta nel Mediterraneo, e di lì ai Caraibi e al Centro America (Fernández). Nel 1625 l’indaco era la principale entrata dell’erario reale tramite decime ed imposte, poiché si era trasformato nella principale attività economica di El Salvador e di parte del Guatemala (Amaroli, p.I-78). Nel 1738 fu proibito l’uso di lavoratori indigeni nella produzione di indaco, la Corona si limitò a riformulare le condizioni di lavoro (Browning, p.138). L’Alcalde Mayor di San Salvador informò, nel 1740, che nelle tre province della sua giurisdizione, San Salvador, San Miguel e San Vicente, esistevano 618 manufatture di indaco. Di queste, circa 227 avrebbero prodotto più di 70,000 libbre - stima fatta in base ai dati di tributo della decima di quell’ anno (Rubio Sánchez). Nel 1750 i prezzi dell’indaco si erano moltiplicati e questo prodotto si era trasformato in un’attività fondamentale dell’economia del regno di Guatemala. In El Salvador l’indaco si commercializzò, per molti anni, mediante le fiere dell’indaco. Le principali si tenevano nei nuclei urbani di Apastepeque, San Vicente, Chalatenango, San Miguel, Sensuntepeque e Zacatecoluca. Queste fiere permettevano che i piccoli produttori - di differenti prodotti - del resto di Centro America potesse scambiare in El Salvador i loro prodotti con merci europee. Allora l’indaco era molto lucroso. L’accumulazione di capitali facilitò, in Guatemala, la creazione del Montepío de Cosecheros de Añil nel 1782. Questo organismo è descritto da Rubio Sánchez (1976) come “l’unica istituzione nella sua specie in tutti i domini della Spagna”. Operava come un’associazione di risparmio e prestito per finanziare la produzione dell’indaco (Amaroli). I produttori salvadoregni, nella loro lotta contro il monopolio guatemalteco, crearono la Sociedad de Cosecheros de Añil, che prestava denaro per il raccolto e commercializzava l’indaco attraverso i porti di Acajutla e La Unión.
III - DECADENZA DELL’INDACO. Con i movimenti di indipendenza (1810-1818) la produzione di indaco entrò in decadenza, i prezzi scesero, diventarono instabili, ed alcune popolazioni stavano sostenendo già altri prodotti come il caffè ed il tabacco (Fernández). Ma è con l’indipendenza e le lotte posteriori, tra liberali e conservatori, che cadde tutto il sistema commerciale organizzato attorno all’indaco. Molte delle fiere añileras smisero di realizzarsi o tesero a minimizzarsi a partire da 1827, a causa dell’intervento politico dei liberali (Fernández). Orbene, uno dei principali fattori che causarono la decadenza definitiva dell’industria dell’indaco nei paesi centroamericani fu l’apparizione dell’indaco sintetico - tintura chimica inventata in Germania nella seconda metà del secolo XIX. In questa maniera, all’inizio del XX secolo, si può dire che la coltivazione dell’indaco in Guatemala, Honduras ed il Nicaragua era già parte della storia. E, benché in El Salvador si produceva ancora indaco, la produzione era poca e dispersa. Il maggiore numero di produttori si concentrava nei dipartimenti di Cabañas, Chalatenango, San Miguel e Cuscatlán. Nel 1940 si coltivavano, in El Salvador, 518 ettari che producevano 2.003 quintali di indaco. In questa decade due fiere di indaco si conservavano solo vigenti: la fiera di Todos los Santos in Chalatenango, la più famosa, e la fiera di Santa Lucía in Sensuntepeque, di minore importanza. Già negli anni ’50 gli ultimi bastioni della produzione di indaco, Chalatenango e Cabañas, smisero di produrre, finendo con ciò l’era della tinta azzurra del jiquilite.
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PanAL Prodotti di El Salvador
commercializzazione del prodotto l’indaco in el salvador Alla fine degli anni ’90 si sono generate aspettative di crescita nel mercato mondiale delle tinture e dei coloranti naturali, non solo per tingere ma anche per l’elaborazione di cosmetici, prodotti chimici ed alcuni prodotti medicinali. L’elemento che ha dato origine a questa situazione è stato l’incremento delle importazioni di tinture naturali da parte degli Stati Uniti fino ad un 70%, mentre l’Unione Europea tale incremento è stato del 46%.
Il principale canale di commercializzazione dell’indaco a livello nazionale è attraverso le imprese di tinture A livello internazionale, si esporta indaco in polvere a paesi come: Messico, Germania, Francia ed Italia. Nella creazione di nuovi commerci, come parte del processo di ripresa dell’indaco, un buon numero di persone in forma individuale o associata ha cominciato a combinare la tradizione “añilera”, con la creazione di nuovi commerci; creando un’opportunità di sviluppo. Tra i nuovi commerci vi sono attività ecoturistiche combinate con la riconquista culturale. Ne sono esempio le imprese “La Mora” e “Los Nacimientos”. Inoltre sono stati creati nuovi commerci specializzati in prodotti tinti, come nel caso dell’impresa “Uca Ruffati” che si dedica alla tintura di capi d’abbigliamento di cotone ed altri prodotti di cuoio, usando tecniche moderne, con design originali e funzionali. Questi prodotti sono commercializzati a livello locale in alcuni grandi magazzini ed a livello internazionale in paesi come la Spagna. Altra attività commerciale creata è quella di “Las Azulinas”, un gruppo di donne che si è specializzato in tecniche moderne di tinte con indaco ed altri coloranti naturali per l’elaborazione di capi d’abbigliamento e di borse. I prodotti di “Las Azulinas” sono in vendita nei grandi magazzini nazionali, in fiere e nel proprio locale di smercio, sono richiesti per via della qualità e dell’intensità dei colori. E’ stata creata l’impresa Econature che lavora l’indaco e altri coloranti naturali su articoli di cotone, generando pezzi
unici lavorati a mano, che sono commercializzati a livello nazionale e internazionale. I gruppi di produttori di indaco “Los Nonualcos” e “Adazoes” nella regione orientale, hanno compiuto incursioni nella tintura di capi d’abbigliamento a base di indaco. Per queste lavorazioni si sono avvalsi di una formazione ricevuta da volontari giapponesi. I prodotti tinti che queste iniziative stanno generando, sono venduti a livello locale e nazionale, in fiere ed attraverso contatti con alcune istituzioni. Un commercio che ha assunto importanza è l’elaborazione di sottoprodotti a base dell’indaco, come i fertilizzanti organici e vegetali. Il gruppo “Adazoes”, ha iniziato la commercializzazione di questi sottoprodotti, creando canali di vendita con imprese come i negozi di ferramenta e con gruppi di produttori a livello nazionale. Questi fertilizzanti sono applicati in una varietà di coltivazioni con molto buoni risultati. Questi nuovi commerci costituiscono scelte redditizie. In effetti, il servizio che stanno prestando è unico e differenziato, perché basato sulla cultura dell’indaco, il che risulta attraente per i potenziali clienti.
Italia - America Latina - Immigrazione
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HIV di Fredy Suter HIV/AIDS: un’epidemia senza controllo L’AIDS è stata la malattia emblematica del XX secolo e come nessun’altra mostra i successi della medicina moderna e le contraddizioni della nostra società. Inspiegabilmente in Italia si parla poco, troppo poco, di HIV/AIDS e questo nonostante i nuovi casi di infezione non si riducano e la malattia continui ad avere un rilevante impatto sociale, umano ed economico sui pazienti e sulle loro famiglie L’infezione da HIV (Human Immunodeficiency Virus) è causata da un virus appartenente alla famiglia dei Retrovirus, in grado di integrarsi negli acidi nucleici delle cellule umane e capace di distruggere un particolare tipo di globuli bianchi, denominati linfociti CD4+, responsabili della coordinazione del sistema immunitario dell’organismo umano contro infezioni e tumori. La malattia causata da questo virus si presenta attraverso diverse fasi: una prima fase di infezione acuta, che può passare inosservata o con sintomi aspecifici (disturbi simil influenzali, rash cutanei, ingrossamento dei linfonodi superficiali), una seconda fase di latenza (anch’essa in genere asintomatica e della durata di anni) fino alla malattia vera e propria (definita AIDS) nel momento in cui le difese immunitarie dell’organismo sono talmente compromesse da non poter più impedire l’insorgenza di gravi infezioni e neoplasie. Sieropositivi sono tutti coloro che hanno contratto l’infezione, mentre l’AIDS rappresenta la fase avanzata e conclamata di malattia. Pressoché tutti i sieropositivi, in assenza di terapie, evolvono in AIDS in un tempo variabile, mediamente di 5-10 anni. Il virus presente nel sangue, nel seme e nelle secrezioni vaginali si può trasmettere con relativa facilità attraverso il sangue e per via sessuale. La madre sieropositiva, in assenza di terapia, trasmette il virus al neonato in circa il 20% dei casi. DIFFUSIONE DELL’INFEZIONE DA HIV La pandemia associata alla diffusione dell’AIDS viene fatta risalire agli inizi degli anni ’80. Dal punto di vista epidemiologico molte cose si sono modificate nell’ultimo ventennio, anche se la svolta più significativa si è osservata a partire dal 1996, quando, grazie alla scoperta di farmaci efficaci, i nuovi casi e la mortalità per AIDS hanno iniziato a diminuire nel mondo industrializzato. Tuttavia la tendenza che si osserva nei Paesi sviluppati non è affatto rappresentativa della situazione mondiale. La pandemia da HIV, nel suo complesso, è tuttora in espansione, in particolare nelle nazioni in via di sviluppo. Si calcola che complessivamente siano già decedute per AIDS 25 milioni di persone e che 33-35 milioni vivano nel mondo con l’infezione da HIV. Nel solo 2007 la malattia ha causato oltre 2 milioni di morti e le nuovi infezioni si contano in 3 milioni per anno. In certe aree dell’Africa subsahariana, la prevalenza dell’infezione da HIV raggiunge il 20% nelle persone giovani sessualmente attive (complessivamente circa 23 milioni di persone infette). L’infezione, che si diffonde inarrestabile tramite contagi eterosessuali, decima le popolazioni
giovanili africane, riduce la forza lavoro, causa milioni di orfani e rallenta, di fatto, qualsiasi miglioramento o progresso sociale ed economico. L’epidemia non riguarda solo l’Africa: tutti i Paesi del Terzo mondo vivono l’esperienza drammatica della malattia. In Asia si contano oltre 5 milioni di sieropositivi e preoccupa l’espandersi dell’infezione nel Sudamerica, in India ed in Cina. Anche l’Est europeo e la Russia vedono una crescita progressiva dei nuovi contagi. L’Italia, come altri Paesi Europei, ha subito il pesante impatto della malattia, con una diffusione inizialmente prevalente tra i tossicodipendenti e tra gli omosessuali maschi. Negli anni più recenti i contagi eterosessuali hanno preso il sopravvento e costituiscono la vera minaccia attuale e futura. Dall’inizio dell’epidemia sono stati notificati nel nostro paese oltre 58.000 casi di AIDS – il 60% dei quali sono deceduti - e solo dalla seconda metà del 1996 è stata rilevata una riduzione dei casi di malattia conclamata e di decessi in rapporto all’impiego dei nuovi farmaci. A fronte di una diminuzione dei casi di malattia conclamata, non si registra un calo tangibile dei nuovi contagi, che sfuggono, di fatto, a qualsiasi controllo. È veramente preoccupante il fatto che in Italia si stima vivano non meno di 110-130 mila sieropositivi che, ignari della loro condizione, non accedono a controlli e cure e rischiano di trasmettere ad altri la malattia per via sessuale. LE TERAPIE ANTI-HIV Fino a dodici anni fa l’AIDS è stato un vero e proprio dramma per la sua evoluzione progressiva e invariabilmente fatale. Dal 1996, si sono resi disponibili farmaci efficaci a contrastare la progressione clinica della malattia, inibendo la replicazione dell’HIV e ricostituendo, più o meno completamente, le difese immunitarie distrutte dal virus. I risultati delle terapie di combinazione (si utilizzano insieme almeno tre composti antivirali) sono apparsi subito strabilianti e sono ormai sul mercato una trentina di farmaci antiretrovirali. I limiti del trattamento dipendono dalla necessità di assumere indefinitamente i farmaci antiretrovirali (e molti malati non si adattano a questa situazione), dalla tossicità non indifferente dei vari composti, dalla possibilità che il virus diventi resistente ai trattamenti e non ultimo dai costi elevati (una combinazione
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PanAL Dossier Italia - Peru
di 3 farmaci costa 600-900 euro per un mese di terapia). E’ vero peraltro che i trattamenti, inizialmente complessi e fastidiosi per l’elevato numero di pillole e di assunzioni giornaliere, si sono progressivamente semplificati e possono bastare 1 o 2 pillole al giorno in un’unica somministrazione. PROBLEMI E PROSPETTIVE La progressione dell’infezione da HIV nei Paesi in via di sviluppo costituisce un drammatico problema sanitario, sociale ed umano sia per le dimensioni della popolazione affetta, sia per le caratteristiche di questa popolazione (la metà circa delle nuove infezioni avviene nelle persone tra i 15 e i 25 anni,), sia perché la maggior parte di questi Paesi non dispone né di un adeguato sistema sanitario, né di sufficienti risorse per affrontare la terapia antiretrovirale e per svolgere campagne di prevenzione incisive. Questa situazione è peggiorata dal fatto che le terapie antiHIV hanno un impatto minimo sulle nazioni meno fortunate; infatti nonostante l’85 dei sieropositivi appartenga a nazioni a basso reddito, meno del 20% del denaro per la cura e la prevenzione dell’AIDS viene speso nelle nazioni povere più
colpite. E’ vero, peraltro, che la mobilitazione dei governi occidentali, l’istituzione di un Fondo Internazionale dedicato ed i massicci interventi di associazioni umanitarie (prima fra tutte la fondazione di Bill Gates), hanno consentito di avviare programmi terapeutici anche in molti Paesi dell’Africa e del Terzo mondo. Il futuro dell’HIV/AIDS sarà probabilmente condizionato dallo sviluppo di vaccini efficaci a prevenire il contagio e, forse, a controllare l’evoluzione clinica della malattia. Nonostante siano in corso ricerche e sperimentazioni in tutto il mondo circa lo sviluppo di vaccini, i risultati sono stati fino ad oggi deludenti. Per quanto riguarda il nostro Paese, bisogna continuare a temere la malattia, ridurre i contagi (contatti sessuali non protetti e occasionali possono essere a rischio per tutti!) ed è fondamentale estendere e diffondere l’esecuzione del test per HIV, specie tra coloro che hanno sperimentato comportamenti a rischio. Per ulteriori informazioni • www.unaids.org www.iss.it www.aidsinfo.nih.gov
www.hivatis.org
PERCHE’ E CHI DEVE ESEGUIRE VOLONTARIAMENTE IL TEST PER HIV In! Italia sono 100-150 mila le persone sieropositive che ignorano la loro condizione Oggi l’infezione da HIV si cura con farmaci assolutamente efficaci e le persone sieropositive conducono una vita del tutto normale. Essere sieropositivi non significa necessitare di cure farmacologiche, ma è una situazione che merita attenti e periodici controlli specialistici nel tempo. Il vero problema non è essere sieropositivi, ma ignorare la propria sieropositività. Questo è grave e pericoloso per sé e per gli altri. Pertanto è utile che chi in passato ha corso il minimo rischio si sottoponga volontariamente al test. In particolare il test è consigliabile in caso di: • assunzione anche remota di droghe per via endovenosa • esposizioni sessuali non protette, anche solo sporadiche • provenienza da Paesi ad alta endemia per HIV
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IX Foro di Biarritz
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El 9º Foro de Biarritz di Rodrigo Carazo Odio
Lo sviluppo passa attraverso un processo di concentrazione della ricchezza in pochi paesi. Oggi il mondo vive una crisi finanziaria globale, ma a questa si aggiunge il problema delle risorse che si esauriscono e degli squilibri ambientali. Il Foro di Biarritz si riunisce, quando questi problemi si fanno più acuti e quando negli Usa è eletto alla presidenza un discendente di quelli che vi furono portati con la forza. Il Foro di Biarritz, termina con un messaggio di speranza, perché il cambiamento può essere ostacolato, ma alla fine si realizza.
F
ue otra y muy positiva experiencia reunirse en el Foro de Biarritz. Lo hicimos por novena vez y desde hace 16 años. Lo primero que viene a la mente es el reconocer la perseverancia de los organizadores del Foro. Luego viene la consideración de lo cubierto en estos nueve encuentros… desde el inicio hasta hoy y felicitar a quienes tuvieron la visión que inspiró el evento: Didier Borotra, Alcalde de Biarritz y el Expresidente de Colombia, Ernesto Samper. Esta vez el Foro se realizó dejando atrás la realidad surgida de una difícil experiencia humana nacida de la idea de que el desarrollo pasa por este proceso doloroso de concentración del dinero en pocas manos, casi todas ellas localizadas en un muy reducido número de países. El planeta ha visto el revivir de la tragedia del Rey Midas, simultáneamente con el hundimiento de grandes sectores sociales en la pobreza extrema. La humanidad soñó con una organización capaz de poner orden en el manejo financiero, organización que adquirió fama y nombre olvidando para que fue constituida… y convirtiéndose en instrumento eficaz de la codicia planetaria. Si Bretton Woods llegó a dominar al mundo cuando surgió como esperanza y se convirtió en refugio de quienes inventaron la tesis de que la concentración del dinero era fuente de progreso y felicidad. Y, como siempre ocurre con el correr del tiempo, se
planeta no resiste la explotación sin límites, comprobamos con dolor que nuestras preocupaciones tenían fundamento y que el desarrollo basado en la explotación de recursos hace que estos se agoten al tiempo que la contaminación convierte en escenario de dolor humano el que siempre se soñó en llamar –por su belleza y riqueza- el Planeta Azul. Se reúne el Foro cuando resulta necesario insistir que los bienes de la naturaleza pueden agotarse. Cuando el flujo del dinero es libre y deseado y -grave contraste- cuando el traslado de la gente se enfrenta a complejos procesos legales que lo frena, haciendo imposible que el trabajo pueda moverse en un planeta que fue creado para el disfrute de las gentes. El Noveno Foro nos reúne cuando la fuerza del espíritu humano diluye los frenos que limitan la permeabilidad humana y cuando las generaciones jóvenes eligen libremente en la más poderosa nación del planeta, a un ser humano que desciende de quienes llegaron a la tierra prometida de las Américas no por su voluntad, sino que fueron traídos bajo la presión de las cadenas con las que se aprisionaba a los esclavos.
puede ser amo y señor de pocos por algunos años, pero nunca amo de todos por todo el tiempo. El Foro de Biarritz se reúne por novena vez cuando el género humano sufre las heridas del fracaso financiero que los “expertos” llamaron crisis…, una vez más reinventan nuevos enfoques y nuevas teorías que llevan a la práctica de todo lo que antes muchos criticamos que se había olvidado… Quienes hemos denunciado que la Creación no se hizo para unos pocos y que el
El cambio llega, puede que sea estorbado y desprestigiado por algunos, pero este planeta fue creado por mujeres y hombres que no pueden ser eternamente frenados con las amarras de la esclavitud ni de la avaricia. El 9º Foro de Biarritz terminó con un mensaje de esperanza surgido de la responsabilidad de seres libres que saben que todo lo negativo tiene su fin. El 9º Foro de Biarritz se reunió los días 3 y 4 de noviembre del 2008, 60 años después de la Aprobación de la Declaración Universal de los Derechos Humanos.
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PanAL IX Foro di Biarritz
El estado de salud de América Latina intervista a Ernesto Samper L’America latina sta vivendo varie crisi sovrapposte, che vanno utilizzate per costruire un progetto latinoamericano non solo come identità ma come azione di lavoro. L’integrazione va rafforzata, senza cadere nelle tentazioni dei trattati bilaterali con gli Stati Uniti. Questi trattati, in una certa misura, delimitano le nostre politiche economiche. Va piuttosto ricercata una prospettiva di regionalismo aperto, che vuol dire differenziazione, con l’area del Pacifico, con l’Europa. Tuttavia l’Europa, con la Direttiva sul rimpatrio, ha dato una sterzata preoccupante. Sembra che l’Europa non si renda conto del beneficio che l’immigrazione apporta. Ciò sorprende anche perché gli immigrati rappresentano l’1%-2% della popolazione attiva.
Ex Presidente de Colombia, alejado de la política local dedicado a la política internacional y global lo encontramos en Biarritz donde ha contribuido desde su inicio a la formación de este grupo de reflexión que año tras año aumentan sus participantes los cuales llegan de todas partes del mundo. El año próximo su reunión se realizará en Quito, Ecuador. Luego de dos días de debate y reflexión deseamos conocer sus conclusiones. ¿Cuál es el estado de salud de América Latina? El continente está en ebullición, tenemos una serie de crisis que están superpuestas. Estamos ahora en una crisis económica que tiene una repercusión inusitada, no sabemos dónde va a ir a parar. Tenemos igualmente una situación de crisis social, el continente está en ebullición social lo cual explica que la gente esté saliendo a las calles para pedir la reivindicación de sus derechos. Hay una crisis en el proceso de integración. Pero todo lo que parecería un panorama dantesco y sombrío termina acomodado en una gran posibilidad, en una gran oportunidad en la que si estas crisis se manejan bien saldrá un proyecto de Nación, un proyecto de América Latina, un proyecto distinto que nos permita volver a pensar como latinoamericanos, que no sigamos pensando en la latinoamericanización sólo en términos de identidad sino también en términos de acción, de trabajo. ¿Por qué para América Latina es más fácil sentirse unida fraternalmente incluso políticamente y no llega a concluir en lo más básico que es lo económico? Porque venimos de una época dura que fue la implantación del famoso “Consenso de Washington” que tenía más de Washington que de Consenso en la cual se nos impuso una receta fiscalista, fiscalizante, de recortar el gasto social, de aumentar los impuestos indirectos, de privatizar las empresas rápidamente, la conjugación de esos factores terminaron por producir la crisis que estamos confrontando. Hay que trabajar en un nuevo modelo, un modelo alternativo, en el cual hay dos palabras claves: competitividad en lo económico y la inclusión en lo social. Para ello se requiere voluntad política, se requiere de alguna manera un compromiso de los Países de respetar los acuerdos y en eso tenemos todavía que avanzar. A nivel Andino, entre nosotros mismos tenemos dificultad de integración Sí, y las tenemos en buena parte por el efecto demoledor que produjo la firma de los Tratados bilaterales
de libre comercio entre los Estados Unidos con Perú y lo que podría ser con Colombia. Esos tratados de libre comercio que fueron concebidos para integrar todas las Américas terminaron desbaratándonos y desbaratando todas nuestras posibilidades de integración. Pero, para el Perú es beneficioso ese Acuerdo Sí, en términos de comercio tal vez sí, pero yo tengo mis dudas que sea incluso benéfico para los países Andinos porque de alguna manera todos los países miembros con excepción de Venezuela tenemos los beneficios del ATPDEA, un beneficio de desgravación resultante de una especie de contraprestación que se nos dio por la lucha contra la droga. Pero, Colombia insiste mucho a fin que este acuerdo se ratifique con los Estados Unidos El Gobierno de Colombia más que Colombia. A mi me parece que hemos vendido la idea que el TLC es una panacea y lo que tenemos es que hacer la tarea de construir una agenda interna para la internacionalización independientemente de que aprueben o no el TLC. De alguna manera es sospechoso el interés de algunos Gobernantes porque se aprueben estos Tratados de libre comercio que en el fondo establecen unas restricciones en el manejo de la política, en las concesiones que se hacen desde el punto de vista macroeconómico, inaceptables. Entonces ¿Usted considera que debe haber una integración regional y negociar en bloque? Tenemos que fortalecernos regionalmente y negociar en bloque. Deberíamos haber negociado en bloque con los Estados Unidos y sobre todo hay que hacer una tarea para tener tecnología, infraestructura, puertos, comunicaciones, conectividad. Eso no lo estamos haciendo. En América Latina estamos pendientes que se firmen los tratados de libre comercio para tener ese tipo de desarrollo que son indispensables para la internacionalización. Pero, no hubiera sido posible que negociemos en bloque con los Estados Unidos, a Bolivia no le interesaba y Venezuela siempre se iba a oponer. De acuerdo, pero hubo un momento de coyuntura al inicio de los años ’90 en que hubiéramos podido haber realizado un gran tratado Americano, un verdadero tratado de integración en el cual estuvieran los temas que
IX Foro di Biarritz
nos interesan como los subsidios agrícolas, la reducción de las asimetrías sociales, esos temas no están ahí, solamente comercio, y un comercio en función de dirigir los flujos comerciales hacia los Estados Unidos. Lo que le digo es muy sintomático, nosotros en este momento con el TLC no avanzaríamos nada en materia de desgravación porque ya el 82% de los productos colombianos está desgravados ¿qué vamos a ganar? Solamente aceptar los productos norteamericanos que vengan al mercado colombiano sin pagar arancel lo que nos va a costar cerca de 800 millones de dólares, en el fondo estamos haciendo un mal negocio. Entonces, ¿Usted propugna la negociación con la Unión Europea? La Región debería hacer una propuesta de regionalismo abierto, eso significa que haya muchas regiones actuando simultáneamente, que reforcemos el comercio con los vecinos, que abramos un puente hacia el Pacífico, que diversifiquemos con Europa, que sigamos fortaleciéndonos con los Estados Unidos, no cerrarnos a una sola opción. ¿Usted ve perspectiva de crecimiento? Sin duda, aunque limitadas ahora por la crisis. Esta crisis económica nos va a afectar: 1) nos van a costar más los dólares con los cuales estamos pagando la deuda externa especialmente en entradas y servicios lo cual puede repercutir sobre las tarifas; 2) nos va a costar más trabajo conseguir los financiamientos externos que requerimos para desarrollarnos y a unas tasas superiores de interés; 3) van a disminuir las compras en los Estados Unidos de productos latinoamericanos, de productos básicos y de recursos naturales; y 4) las remesas que son muy importantes para algunos países latinoamericanos, en especial en Centroamérica se van a reducir. ¿Vamos a tener que reordenar algunas políticas? Así es, vamos a tener que apretarnos el cinturón, esperamos que no repercuta en una disminución de la inversión social porque hemos hecho grandes esfuerzos por lograr las condiciones de cobertura y calidad de vida y no podemos perder estas conquistas. ¿Qué piensa acerca de la Directivas del retorno y sobre la defensa de la misma por parte de representantes europeos? Primero, es un cambio de actitud de Europa muy preocupante, desde el 11 de septiembre el mundo cambio para mal con relación a los países en desarrollo. Lo que era una política de migración de puertas abiertas donde la gente llegaba, se integraba familiarmente, era asimilada, tenía una acogida favorable ha sido sustantivamente cambiada por una política de seguridad, de considerar prácticamente la migración como un delito, procedimientos inaceptables como la retención de hasta por 18 meses de los migrantes, la imposibilidad que se reunifique la familia, la cláusula del cerrojo para que quien se vaya no pueda regresar hasta por cinco años. Hay un cambio dramático en la percepción que es política, es muy negativa sobre quiénes son los migrantes, no se hizo ningún examen sobre los beneficios que producen los migrantes en Europa. Los migrantes permiten que los salarios suban, realizan labores que ya no las realizan los europeos, llegan con su cultura que enriquece la cultura europea, representan una sociedad multicultural, temas considerados como beneficios en el Tratado de Ámsterdam en 1992 fueron descartados con la nueva
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directiva. Es como el Guantánamo europeo donde prevé el confinamiento de la gente, es totalmente represiva. Pero, esta Directiva es el fruto de 8 años de trabajos parlamentarios ¿por qué la diplomacia latinoamericana en Bruselas no tuvo conocimiento? Pero ¿quién sabía hacia dónde iba? Había una percepción negativa alrededor de la migración, que se circunscribía a unos pocos partidos de derecha representados en el Parlamento pero hubo sorpresas. Personalmente me sorprendió muy desfavorablemente. Es posible que nos haya faltado presencia, no lo niego, no conozco qué gestiones se hicieron, estoy mirando los resultados. De los estudios que han dado lugar a la Directiva se estima una gran necesidad de migrantes no preparados, la migración es bienvenida, lo que quieren es que sea formalizada. Esa es una distracción. La verdad es que cuando una persona está necesitada por tragedias naturales, quienes tienen que migrar porque no tienen trabajo, no pueden someterse a un proceso burocrático de firmar un contrato de migración y conseguir un patrón desde Europa. La migración tiene que tener una cierta movilidad y ¿qué pasa con los que se quedaron en el limbo que no fueron legalizados y que viven acá? La verdad es que es una Directiva muy dura y no lo digo yo ni los gobiernos latinoamericanos, lo dicen las organizaciones de defensa de los derechos humanos de Europa, entidades que han analizado el tema. Pero, la gente europea se siente apoyada por esta Directiva. Sí, pero a la gente le han vendido la idea que los migrantes son los enemigos, ahí comienza el problema. Aquí ha habido un cambio en la opinión pública la cual está en contra de los migrantes, pero claro, si son ya tres años que están haciendo propaganda contra los migrantes es natural que la gente compre la idea que sus problemas son causados por los migrantes. Si mira las cifras, realmente no son tantos los migrantes, representan el 1-2% de la población económicamente activa, no es una invasión. Ellos están llegando a cumplir labores que no están siendo atendidas por los nacionales y es obvio si por un buen tiempo les dices que el problema es causado por esta gente y le echas la culpa a los migrantes. Es decir que para Usted este es un problema político falsamente creado A mi me parece que esto comenzó con una actitud xenófoba de unos pocos partidos de derecha y fue calando en la opinión pública creando hechos falsos, y terminaron donde estamos en la criminalización de la migración. El Presidente Berlusconi presentó una reforma al código penal donde establece que la migración ilegal es un delito, eso va contra todas las normas internacionales, contra los tratados de protección de los migrantes, de protección de las mujeres y de los niños. ¿Usted sabe que los Estados Unidos, Canadá y Panamá están negociando la exoneración de visados con la Unión Europea, no podría América Latina solicitar un trato similar? De ahí veníamos, es que el visado nos lo han puesto hace cinco años. Lo que Usted me dice no lo conocía pero confirma que cada día la globalización se ha convertido en un juego de perdedores y ganadores, nosotros no estamos en la parte de los ganadores.
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¿Qué cosa sucede en Bolivia? intervista a Elsa Guevara
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n Bolivia vi sono quattro partiti in Parlamento, al governo vi è il Movimiento Socialismo. La crisi economica si è inserita sulla precedente crisi politica. Questo Paese vive di risorse naturali e deve investire nel settore. La politica delle nazionalizzazioni ha “spaventato” l’investitore estero. Il presidente Morales ha chiesto l’uscita della Bolivia dalla Comunità Andina, finora ciò non è avvenuto, l’uscita la danneggerebbe. L’UE è la sola istituzione che può darle un aiuto. Il maggior problema della Bolivia è quello delle divisioni interne che aggravano le condizioni di povertà. Morales ha appoggi in tutte le regioni del Paese, ma mentre in quelle dell’Altiplano è alto in altre è piuttosto basso. ¿Cuál es la conformación política de los partidos existente en Bolivia? Las fuerzas políticas con presencia en el Parlamento son cuatro. La fuerza mayoritaria es la del partido de gobierno: el movimiento socialismo; la segunda fuerza política es la agrupación ciudadana o democrático social; la tercera fuerza es Unidad nacional y la cuarta es el Movimiento nacionalista revolucionario En la actualidad ¿qué está pasando en Bolivia? Estamos viviendo una crisis política que no es precisamente actual, data de algún tiempo y tiene que ver también con la crisis económica, con la inestabilidad de precios de la canasta de los productos básicos ayudado por una pelea regional, racial, económica, política y social que tiene que ver con un acumulo de cosas que necesariamente acaban por estar en-
frentadas en distintos sectores sociales o entre sectores sociales y en la mayoría de los casos también en enfrentamiento de la sociedad civil de distintas regiones por distintos temas y en diferentes regiones con el Gobierno nacional.
se han retirado pero no han hecho ningún tipo de inversión mayor, es decir terminarán su contrato y tendrán que salir.
Tengo entendido que el problema principal radica en como administrar los recursos naturales Este es el principal pues es fundamental para Bolivia porque vive de eso, no tiene un ingreso que le proporcione un diario mejor vivir. Todos los ingresos directos al País se generan con la venta de hidrocarburos, en este caso de la venta de gas, por medio de acuerdos con Países amigos que nos compran. Hoy la famosa “nacionalización” hace que se espante de alguna manera la inversión pública que necesitamos del extranjero. Bolivia no tiene la posibilidad económica de invertir para regenerar los recursos económicos y si no se ofrece la seguridad jurídica a los inversionistas, las empresas que aún no
No, no se han respetado. Se han dado casos de intervenciones, en la Empresa Yacimientos con relación a la explotación petrolera y en la Empresa Telefónicas la cual se militarizó. No hubo necesidad de hacerlo pero se hizo y se colocó un logo: nacionalización. Sin embargo en cuanto se refiere a la nacionalización no se realizó pero es el logo lo que cuenta y es el que le quita la seguridad jurídica a las empresas pues se las agredió. Hubo por ejemplo amenaza por parte de ENTEL de entablar juicio al Estado boliviano pero por una negociación se evitó el juicio. Se han anunciado otras acciones pero hasta el momento no se han verificado.
¿Se están respetando los contratos internacionales?
Que dice la legislación y qué significan los recursos naturales para el Presidente Morales y para su Gobierno? La actual Ley de explotación de hidrocarburos es una buena ley. Te fija porcentajes, propiedad, el Gobierno no la ha cambiado. Ha sido aprobada hace tres años. El Presidente y su Gobierno tienen el deseo de encontrar financiamiento para que Bolivia siga explotando los recursos naturales. No tenemos ninguna posibilidad real en este momento para que ello suceda. Hay una tendencia en Bolivia de repetir lo que se hizo hace muchos años: no vender el litio, durante la “era de los metales” con un costo muy alto. Esto ha producido que los mineros estén durmiendo sobre los minerales. Ojala no
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naturales sobre las cual dormimos, de nada significa tenerlas si su beneficio no llega a los más necesitados y en este caso a los más pobres ciudadanos de Bolivia. ¿Qué futuro ve para Bolivia?
¿Cuál es la relación de Bolivia con la Comunidad Andina y con la Unión europea?
Antes de todo debe salir de la crisis en la que vive, quitarse el fantasma del pasado, salir de la división interna que tiene que ver con lo regional, lo social, lo económico y lo político. El tinte político está poniendo demasiado odio a la relación interna del país. Bolivia es un país rico en recursos naturales hace falta que sus gobernantes tomen las decisiones más correctas, no ideológicas, no políticas sino relaciones económicas las que nos permitan cerrar esa brecha de diferencia entre pobres y ricos. Precisamente nadie se va a poder convertir en rico porque eso no se logra de la noche a la mañana. Luchar contra la pobreza no es matando a los ricos, es acercándose, cerrando esta brecha y creemos que es lo indispensable que debe suceder. Esto podría suceder si se llega a un acuerdo general pensando en que todos estamos bajo una bandera: rojo, amarillo y verde, olvidándonos de las regiones, de quienes tienen más y quienes tienen menos, luchando frontalmente contra el enemigo que tenemos dentro que es: la pobreza, la miseria, el analfabetismo, de no hacerlo Bolivia difícilmente resolverá su problema. El problema que tenemos no es de constitución no es de derecha ni es de izquierda, es el hambre que vive la ciudadanía. Cuando esa población tenga el estomago lleno y tenga la posibilidad de llevar una vida digna le van a importar otras cosas. Ahora es necesario responder a sus necesidades vitales.
Con relación a CAN su relación se ha visto afectada por el pedido de renuncia, por parte del Presidente Morales, al Secretario General de la CAN Freddy Elher, tengo entendido que ha sido enviada esta petición al Tribunal Andino. Esto sin duda afecta la buena relación entre los países miembros. El retiro de Venezuela, país miembro, por decisión de Chávez tuvo la intención de fracturar, debilitar la CAN y podemos decir que enhorabuena no logró el objetivo, es más se recuperó con la entrada de Chile como miembro asociado. Debemos decir que Chile desde que se retiró del Pacto Andino ha tenido un importante crecimiento y estamos muy satisfechos que con el éxito que tiene haya regresado a la CAN. Considero que la CAN tiene una sólida fortaleza y esta yendo bien. No se encuentra la explicación para evitar su avance en la negociación con la Unión europea, pues es la única institución que puede ayudar a Bolivia, sea con este gobierno sea con otro. Mi país tiene una gran precariedad en tantos sectores, tenemos riquezas
¿Cuáles son las regiones que apoyan al Presidente Morales y las que no lo hacen? La buena parte de la población del altiplano, es decir Potosí, Oruro y la Paz le apoya impresionantemente. Baja ese apoyo cuando llega a los valles es decir Tarija, Chuquisaca y Cochabamba, en este último en el Chapay Cochabambino se encuentra el Chapare: el principal productor de hoja de coca donde Evo Morales es líder desde hace muchos años y por ello llega al Gobierno. En el Oriente, la migración interna que ha tenido el país hace que se formen asentamientos con personas provenientes de los departamentos expulsores como son Oruro y Potosí que son centros mineros, la población ha llegado al Chapare a producir hoja de coca, soya, arroz. Podemos verificar que Evo Morales tiene apoyo en Bolivia y son las regiones las que se lo dan: en algunas muy bajo y en otras alto como es el altiplano.
tengamos en la actualidad ese mismo comportamiento para acabar durmiendo sobre el gas y sobre los hidrocarburos, son los pobres los que dormirían sobre ellos. Con una pobreza latente en un país productor: tenemos colas para tener gas, tenemos racionamiento para tener diesel. Debemos luchar para que los bolivianos podamos tener gas en la casa: por tubería o por balón, ya eso cambiaría la historia de Bolivia. Si los bolivianos que producen gas no pueden tener un balón de gas de diez litros en su casa para cocinar, es imposible pensar en hacer un negocio real con la economía que tenemos con otros países.
¿Quién es Quién? Lorenzo Amaya, Psicologo, Specialista dell’indaco ed altri coloranti naturali. Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione Europea e Commissario alla Giustizia e alla Sicurezza. Paolo Bruni, Ambasciatore italiano e Segretario dell’IILA. Serenella Cannova, Direzione Corporate – UO – Relazioni internazionali, Area Manager for Spain, Latin and North America Banca Popolare di Vicenza SCPA Carlo Corazza, Direttore della Rappresentanza a Milano della Commissione europea Roberto Da Rin, Giornalista de Il Sole 24 Ore, specialista in America Latina. Rosella Evangelisti, Direttrice dell’ICE – Lima Conrado Falco, Capo dell’Ufficio d’Informazione e Studi Economici, Proinversion. Marco Fasoli, Specialista di marketing. Formatore in Italia e all’estero del marketing del lusso. Benita Ferrero-Waldner, Commissario per le Relazioni Esterne e per la politica Europea di vicinato. Responsabile dell’Ufficio di cooperazione EuropeAid. Carlo Filippini, Professore ordinario di Economia politica del’Università Luigi Bocconi. Direttore dell’ISESAO - Istituto di Studi Economico-Sociali per l’Asia Orientale. Claudio Franchi, Designer, argentiere, orafo, restauratore, storico dell’arte Elsa M. Guevara Aguirre, Deputato Nazionale per Chuquisaca, Partito Unidad Nacional. Madre di due bambini. Nathalie Griesbeck, Europarlamentare, Professore in diritto pubblico all’Università di Metz. Enrique Iglesias, già Presidente del BID. È Segretario Generale del SEGIB - Spagna
Carlos Jarque, Principal Advisor to the President and Country Representative in the Office in Europe, IDB Office in Europe, effective on September 1, 2007. Veronica Marsano, Avvocato peruviano. Presidente del Comitato Aurifero della Società Nazionale Mineraria del Perù e Presidente del Comitato Organizzatrice dell’VIII Symposium dell’Oro 2008, Valentina Montesarchio, Responsabile dell’Unioncamere del Veneto Rodrigo de Rato Figaredo, é stato vicepresidente di Governo e Ministro di Economía Della Spagna. Cosi come il nono Direttore Gerente del Fondo Monetario Internazionale fino alla sua dimissione nel 2007. Isabel Recavarren Malpartida, Avvocato peruviana, PhD in Diritto Internazionale dell’economia, Dirige il CEFIAL e la Rivista Panoramica Latinoamericana. Enzo Scotti, Viceministro agli Affari Eteri. Ha ricoperto diverse cariche ministeriali, è stato eletto Sindaco della città di Napoli. Ha fondato, in collaborazione con il giudice Giovanni Falcone e il procuratore americano Rudolf Giuliani, la DIA (Direzione Investigativa Antimafia). Insegna economia dello sviluppo presso la LUISS di Roma. Adolfo Urso, Sottosegretario con delega al Commercio Internazionale d’Italia. Stefano Ricci, Architetto e designer. Lavora da oltre 30 anni nel settore del lusso. Si occupa anche di formazione come docente di Design del Gioiello, dell’Orologio e dell’Accessorio prezioso. Diego Vecchiato, Dirigente Regionale, Direzione Relazioni internazionali, Cooperazione internazionale, Diritti umani e Pari opportunità, Regione del Veneto. Professor di Monitoraggio dei diritti umani, osservazione elettorale e aiuto umanitario, Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Padova Javier Zuñiga, Professor Ordinario di Economia, Università di Lima
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¿Los retos futuros de América Latina y qué puede hacer la Unión Europea? di Rodrigo de Rato Dopo sei anni di forte crescita l’AL affronta la crisi da una posizione di forza. La stabilità fiscale monetaria dei paesi dell’AL permette ora più bassi tassi d’interesse perché è minore il rischio. L’AL dispone di un forte sistema finanziario che non ha commesso gli errori compiuti in Paesi più avanzati. Però deve anche guardare alla liberalizzazione degli scambi e sostenere il Doha Round. Comunque la priorità oggi è la riforma della finanza internazionale, perché è lì che si gioca il nostro futuro. Vi è un gran bisogno di coordinamento. L’Europa, proprio perché ha una moneta mondiale, deve svolgere tale ruolo con Cina, Giappone e Usa. Senza coordinamento macroeconomico tra questi quattro attori della globalizzazione i mercati finanziari non possono funzionare bene.
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rimero: La Región ha tenido 6 años históricamente buenos después de dos décadas históricamente malas. AL además de grandes esfuerzos propios, se ha beneficiado de un entorno internacional muy favorable. Casi todo lo que era importante para AL ha ido bien: el precio del dinero, el precio del riesgo, el alza del precio de las materias primas y el crecimiento de los mercados industriales sobre todo en los Estados Unidos. Ahora estamos yendo hacia un entorno menos fácil, y América latina se encuentra ante un cambio de escenario, ante una crisis que no debe su origen a ella misma, es una crisis de Estados Unidos. Pero independientemente de quien sea el responsable de la crisis, la realidad ha cambiado hoy. Vemos una America Latina mucho más fuerte, la crisis no la ha alcanzado hasta después de este verano, después de casi 12 meses de crisis en los Estados Unidos, la principal economía del mundo, y de la crisis en Europa durante la primera parte del 2008. La mayoría de las economías de América Latina no habían sufrido consecuencias en su economía real ni en su economía financiera. La tremenda oleada que se produce desde agosto de este año, que muchos consideran que se inicia con el caso de Lheman Brother, no ha alcanzado a América Latina como alcanzó también al resto de las economías emergentes. Por primera vez, vemos que América Latina, al inicio resiste relativamente bien la crisis y después cuando le afecta no es diferente de cómo afecta a Asia. Podemos pensar, que algunos de los importantes fundamentos macroeconómicos que le habían fallado a AL en los últimos 25 años han mejorado porque las circunstancias externas han sido buenas y además porque también muchos Gobiernos han sabido aprovechar sus ocasiones mejor que antes.
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egundo: desde agosto vemos que no todo es igual en AL hay países que sufren algunos incrementos del costo del riesgo, pero hay países que sufren incrementos del riesgo muy superiores a la media de los países emergente . Podemos tener buena o mala opinión del mercado, pero ahora hay Países que se pueden financiar sobre 500 puntos básicos y hay países que necesitan 22% y esa es una realidad , de la calidad macroeconómica que muchos países de AL han aplicado, y están dando resultados. Y es bueno que en tiempos en que las cosas no van a ser tan fáciles porque el precio del riesgo ha aumentado y el precio de las commodities ha bajado, es bueno recordar la necesidad de mantener políticas estables, en la política fiscal y monetaria, políticas efectivas desde el punto de vista fiscal. En el campo fiscal AL nunca se ha podido dar el lujo de una política anticíclica, siempre debía demasiado. En estos momen-
tos hay varios países en AL que pueden, pero no tiene recursos ilimitados y tiene que elegir que van ha hacer. AL tiene que ser muy cuidadosa con su política fiscal, los errores en política fiscal son mucho más caros de hace 12 meses. Independientemente de lo que piense cada uno sobre la economía financiera mas avanzada o mas especulativa, lo que no cabe duda es que hemos vivido un precio del riesgo que nunca habíamos vivido y que probablemente no vamos a volver a ver. Aunque algunos problemas que tenemos hoy provienen de la autorregulación del sistema financiero que ha sido un notable fracaso. AL va a tener desafíos que ya conoce, el desafío fiscal lo conoce y AL tiene el suficiente talento y suficientes experiencia y sabe cual es la política fiscal que le conviene y cual se puede permitir. La segunda cuestión, es que AL se ha beneficiado mucho de la libertad de comercio pero casi siempre fuera, los niveles de interrelación comercial dentro de AL son extraordinariamente pobres y no se trata de hablar de ¿por qué no hay una moneda única? sino ¿por qué no se tiene un mercado más o menos armonioso? porque para llegar a una moneda única hay que pasar por diferentes etapas. AL tiene muy bajos niveles de integración económica, porque las relaciones comerciales interregionales son muy pobres y ahí se están perdiendo puntos de crecimiento y eso no es responsabilidad de los demás, ni de los europeos, ni de los norteamericanos, ni de los asiáticos, es de exclusiva responsabilidad de los gobernantes de AL. Es una de las regiones menos integrada y eso les está perjudicando un crecimiento que en estos momentos no va a ser tan fácil como ahora..
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ercero: las cuestiones financieras, AL tiene un sistema financiero, en muchos países está bien regulado. Se han evitado las equivocaciones cometidas en países teóricamente más avanzados y AL tiene una oportunidad de continuar profundizando en su dinamismo y en su liberalización financiera. Sin embargo AL debe estar muy interesada en lo que se discute a nivel mundial, necesita ser parte en la discusión del nuevo sistema financiero internacional. Aún no conocemos el índice de lo que vamos a discutir, podemos intuir que ha entrado en crisis el sistema de autorregulación de la Banca al por mayor y también ha entrado en crisis el modelo de originar y distribuir internacional y esos van a ser temas de discusión. AL tiene gran interés de participar. Por eso creo que sea una buena noticia que la discusión no se haga en el G7. Creo que el G20 es una reunión donde AL tiene
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más oportunidad de influir, y en ese sentido AL debe apostar en la multilateralidad de la discusión. No son solo los países industriales los que deben discutir: primero porque muchos de ellos han demostrado cometer grandes fallos, y segundo porque el sistema financiero internacional es un bien publico que debe funcionar bien, en cualquier caso es importante esta discusión para AL. Por otro lado AL tendría que tener un mayor interés en Doha, debería de apostar mas claramente por la libertad de comercio a nivel internacional- En la siguiente fase de crecimiento seguramente no va a tener un precio del riesgo tan barato como hasta ahora y no sería totalmente racional que apostase solo por exportar materias primas sino debe apostar seriamente por entrar a exportar manufacturas y servicios por razones conocidas. Para ello un sistema multilateral es imprescindible para AL y mi opinión es que AL no está haciendo el esfuerzo final de cerrar la Ronda de Doha. El mundo tiene muy pocas buenas noticias económicas que darse en los próximos meses y cerrar la cumbre de Doha sería una de ellas. La Integración Regional Con relación a la integración regional, en muchas regiones hay países distintos de tamaño, me salen tres tipos: la Europea, que es la más avanzada, la más sofisticadas, la más antigua, las cosas empezaron en los años ’50 sobre un Acuerdo del acero y del carbón. El modelo europeo tiene un componente político, todos los europeos sabemos que tenemos que compartir direcciones políticas. Hay un componente de voluntad de integración política una de cuyas manifestaciones está en la misma moneda. Luego hay otros dos modelos: el Asiático y Nafta El asiático no tiene ningún componente político pero si tiene un gran componente económico, es una cadena comercial, las piezas se van produciendo en diferentes países y se van integrando en China, que se convierte en un gran hub. Además comienza un componente de integración financiera y un principio de ayuda financiera reciproca. Nafta es la más simple, es un acuerdo de libre comercio muy intenso. Los tres modelos han sido rentables para todos los países, todos han crecido más y en ese sentido AL no tiene excusas para no sentirse más comercialmente afectados . Lo que no cabe duda es que AL está perdiendo puntos de crecimiento y ¿se lo puede permitir?, yo creo que no se lo puede permitir. A partir de ahí cada Gobierno tiene su responsabilidad. La reforma financiera internacional, la Arquitectura financiera internacional, ya se reformó una vez cuando el dólar dejo de estar ligado al oro. No es la primera vez, que una crisis norteamericana produce una crisis mundial. Si vemos la reforma de las instituciones de Bretton Woods, como la creación de obligaciones, la discusión va a ser muy larga y no se si será positiva. Los países que pertenecen a Bretton Woods no pertenecen a un club voluntario, cuando pasan a hacer parte del FMI tienen obligaciones que necesitan de una determinada política para evitar la manipulación de sus moneda y precisamente por eso tiene derecho a pedir ayudas para crisis de balanzas de pago. Esa es la razón por la cual un país puede pedirle al Fondo que le de dinero de la comunidad internacional. El FMI ha ido evolucionando hacia misiones nuevas, hacía fórmulas de coordinación. Es ahí donde está el futuro de lo que debemos esperar en las reuniones, necesitamos más coordinación de la política económica mundial, en especial de aquellos que son más grandes. No todos los países son iguales, no son sistémicos todos . Muchos paises pueden tener crisis financiera, pero si los Estados Unidos, la Unión europea o China tiene una crisis financiera, tenemos lo que estamos viendo a nivel global. Por tanto la coordinación de políticas de estos países es indispensable y la armonización de reglas de mercado, esta es una crisis del sistema financiero privado y de una parte de él no regulado. Necesitamos armonizaciones de reglas
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de transparencia entre los grandes países y los grandes mercados. Considero que el FMI es una pieza clave. No olvidemos, que el mercado ha fallado no solo, también ha fallado la política macroeconómica. Independientemente de lo fuerte que sea un país y de la moneda que tenga, si tiene un déficit exterior superior al 5% por mucho tiempo entra en crisis. No hay excepción para que los desequilibrios macroeconómicos pasen desapercibidos y aunque se tenga la moneda reserva del mundo, un déficit exterior mantenido por muchos años acaba produciendo un desequilibrio financiero con consecuencias negativas para ese país y para sus vecinos. Es necesario en el espíritu de Bretton la coordinación de políticas macroeconómicas de los grandes paises, necesitamos que los grandes países se sometan periódicamente si queremos evitar la crisis como la que acabamos de vivir. Me gustaría mencionar algo más sobre la arquitectura financiera internacional, son los recursos. En un mundo en el que teníamos aproximadamente un trillón de reservas a principios de los ’90, dos trillones de reservas a nivel mundial a principios del 2000 y siete millones de reservas en la actualidad, no es por falta de recursos. Lo que va a pasar es que cuando se pide a los países emergentes que pongan su dinero en el FMI, algunos van a preguntar ¿cómo se gobierna el fondo? ¿cuanto pesa mi país? y esa va a ser una discusión política, dicho de otra manera ¿qué peso tiene cada país? .¿Qué puede hacer Europa? Europa tiene mucho que hacer en este momento, debe garantizar que la discusión financiera internacional se haga en foros multilaterales y debe entender que esto es en su interés y que estén presentes los países emergentes. La UE debe abanderar en estas circunstancias ,que puede necesitar las reservas de los países emergentes también va a necesitar dar más votos a los países emergentes. En esto Europa tiene responsabilidad y tiene ya una moneda mundial y puede garantizar una coordinación monetaria con armonizar con China, Japón y USA. El mundo no se puede permitir políticas monetarias divergente entre los grandes bloques y aquí otra vez no todos los países son iguales, muchos países que nosotros conocemos pueden cometer errores con su política monetaria y las van a apagar ellos solos. Una parte importante de la burbuja que hemos visto sobre los precios de las materias primas está relacionada con la depreciación excesiva del dólar. Por lo tanto USA, UE, Japón y en alguna medida China deben coordinar sus políticas monetarias. Por mucha responsabilidad que le pongamos a las agencias de rating, a los consejos de administración de los bancos a los reguladores , pero si tenemos una descoordinación de políticas monetarias y macroeconómicas de los grandes países , los mercados financieros no van a funcionar bien. La fuerza que se genera con esas descoordinaciones es muy fuerte, por eso necesitamos extraer lecciones de esta crisis y algunas de ellas van a requerir que los llamados países sistémicos pongan su responsabilidad encima de la mesa y un bloque sistémico en este caso es la Unión europea.
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PanAL Turismo Culturale
la rotta moche !
di MINCETUR PRIMA DEGLI INCA…IL PERÙ DEI MOCHE Scoperta una nuova tomba nella Huaca Rajada, nel nord del Perù, appartenente ad un governatore della civiltà Moche. Recenti scavi archeologici lungo la costa nord del Perù, hanno portato alla luce un’altra magnifica tomba reale, testimone di un’antica e ricca cultura antecedente gli Inca: la MOCHE Un prezioso dipinto ritrovato nel 1925 raffigurava quattro alti dignitari: il Signore di Sipán e due sacerdoti erano già stati identificati e ritrovati…La quarta figura era ancora sconosciuta… fino ad oggi. Quando si parla di Perù antico, siamo soliti associarlo alla civiltà Inca. In realtà, nonostante tutto il suo splendore, questa civiltà non è certamente stata l’unica, né la più ricca del Paese, né la più antica. Numerose culture precedenti, tra cui Chavín, Paracas, Sechín, Moche, Sicán, Chachapoyas e Chimu, vissero e prosperarono in Perù, lasciando un patrimonio di inestimabile valore, ancora non del tutto scoperto La civiltà Moche, la più famosa del Perù antico Negli ultimi 20 anni scavi archeologici, lungo la costa nord del Perù, hanno portato alla luce numerosi reperti della cultura Moche, la civiltà più famosa del Perù antico soprattutto per le sue produzioni artistiche. Diffusasi tra il 100 a.C. e l’800 d.C., nei territori compresi tra Piura, a nord, e la valle di Nepeña, a sud, la popolazione Moche è anche famosa per la costruzione di maestosi templi a forma di piramidi tronche, edifici che testimoniano le già notevoli conoscenze di architettura e ingegneria. Il complesso monumentale più grande, considerato la capitale dello Stato Moche, ubicato nei pressi di Trujillo, è costituito dalle Huacas del Sol y de la Luna, disposte l’una di fronte all’altra, rispettivamente centro amministrativo e centro cerimoniale. La piramide del Sole, o huaca del Sol, venne realizzata con milioni di adobes, mattoni di argilla, fango e paglia, ma non meno sorprendente è la piramide della Luna, o huaca de la Luna, composta da tre piattaforme, con ampi spiazzi destinati alle cerimonie. Sebbene i Moche si siano distinti nella produzione delle ceramiche, nella loro civiltà ebbero grande sviluppo anche l’arte della lavorazione dei metalli, l’oreficeria e la tessitura, oltre alla creazione di strumenti di lavoro, armi, oggetti rituali e monili. Testimonianza della ricchezza di cui si circondavano i signori del tempo è la famosa Tomba del Signore di Sipán. Risalente ad oltre 1700 anni fa e appartenente alla cultura Moche, la tomba venne ritrovata da Walter Alva nel 1987 nella zona archeologica della Huaca Rajada, nel dipartimento di Lambayeque. Considerata una delle scoperte più importanti del XX secolo, i lavori di scavo nella zona continuano ancora oggi, portando alla luce tesori di incredibile valore e bellezza, custoditi e visibili al pubblico presso il Museo Tumbas Reales de Sipán di Lambayeque, sorto a pochi chilometri da Chiclayo. Scoperto il quarto signore: si completa il murale rinvenuto nel 1925. Nella zona nord della Huaca Pepe Quiñones, a pochi metri dal settore dove vennero ritrovati il Signore di Sipán e altri 13 complessi funerari, è stato recentemente portato alla luce un nuovo personaggio dell’èlite Moche, risalente a 1.700 anni fa. A quasi quattro metri di profondità, un’equipe di archeologi specialisti,
tra cui Bruno Alva Meneses figlio di Walter Ava, capeggiati da Steve Bourget, ha trovato un sarcofago posto su un basamento di legno di carrubo, con oggetti ornamentali che fanno pensare appartenesse all’èlite della civiltà Moche. Oltre a corone in rame con rappresentazioni di felini, sono stati trovati orecchini, braccialetti, scettri e un notevole numero di ceramiche e vasi funerari, testimoni indiscussi di appartenenza ad un governatore, vissuto probabilmente nella stessa epoca del Signore di Sipán, ma a capo di una vallata differente. Le ossa, in buono stato di conservazione, corrispondono ad un uomo di circa 35 anni di età, alto 1.65 metri ed è proprio qui, che solo qualche mese prima, era stata identificata una statuetta a forma di gufo, con pupille turchesi e, sul dorso, la rappresentazione di un volatile con le ali aperte, quasi fosse il personaggio stesso ad essere alato. Questa figura andrebbe completare la sequenza di personaggi importanti rappresentati nel murale ritrovato nella Huaca de la Luna. Questo dipinto, denominato “La rebelión de los artefactos” mostra quattro figure che intimano ordine e pace tra i Moche. Solo tre di queste persone erano state identificate: il Signore di Sipán e due sacerdoti e l’ultimo ritrovamento sembrerebbe rappresentare la quarta persona, sia per l’abbigliamento che per gli ornamenti rinvenuti, andando così a svelare l’enigma del quarto personaggio mancante nel murale. La ceramica nella cultura Moche Le produzioni in ceramica della cultura Moche consistono principalmente in contenitori dalla base piatta, con un corpo spesso scolpito ed il collo a forma di manico. La perfezione nell’esecuzione delle diverse rappresentazioni fanno, di questa cultura, una delle maggiormente evolute del nuovo mondo. Le rappresentazioni più conosciute ritraggono scene di vita, persone che suonano strumenti musicali, scene nautiche, di guerra, di caccia, immagini di rituali religiosi, di atti sessuali (anche di tipo omosessuale), rappresentazioni di personaggi con deformazioni patologiche, mutilazioni e paesaggi con flora e fauna proprie di questa zona. I disegni delle ceramiche sono comunemente bicolore.
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