Con l'arrivo della primavera ci apprestiamo ad accogliere una nuova e ricca edizione de “I Tesori Veronesi”, un progetto ideato e promosso dall'assessorato ai Beni Ambientali della Provincia di Verona. Per il quarto anno consecutivo, l'iniziativa si propone di realizzare un perfetto connubio tra storia, architettura e natura, attraverso un viaggio alla scoperta del patrimonio storico-artistico e naturalistico che caratterizza i luoghi in cui viviamo e che rappresenta un'eredità unica e di inestimabile valore. Il tema e filo conduttore dei prossimi appuntamenti, proseguendo in linea temporale lungo il percorso che lo scorso anno ci ha condotti attraverso la Preistoria fino all'Età Romana, è “Alla scoperta delle nostre radici: il territorio veronese dopo la caduta dell'Impero Romano” e verrà sviluppato nel mese di maggio, nell'arco di tre fine settimana, in un luogo ogni volta diverso della nostra città e provincia. Si parte da Cavaion Veronese e dalle passeggiate naturalistiche sul monte San Michele alla scoperta del complesso dell'omonima Bastia, che condurranno il pubblico attraverso luoghi e scenari tra i più suggestivi dell'area Baldo-Garda. La seconda tappa si svolgerà, invece, a Bovolone, dove saranno organizzate visite guidate alla Pieve di San Giovanni Battista e passeggiate all'interno del Parco "Valle del Menago". Il viaggio alla scoperta del territorio veronese dopo la Caduta dell'Impero Romano si concluderà, infine, ad Erbezzo, con un approfondimento sulla vita rurale nelle "alte montagne" veronesi e con la passeggiata storico-naturalistica sui verdi sentieri della Lessinia. Anche per questa edizione, inoltre, le tre tappe saranno introdotte da una conferenza di apertura, tenuta da insigni esperti, e saranno accompagnate dagli attesi eventi culturali del sabato sera, quest'anno incentrati attorno ad un nuovissimo docufilm su Cangrande della Scala e la Signoria Scaligera. Il mio personale e doveroso ringraziamento è rivolto alle realtà che hanno collaborato in stretta sinergia con la Provincia di Verona, concretizzando la 4^ edizione del progetto, in particolare le amministrazioni dei Comuni coinvolti, la società Provincia di Verona Turismo per il supporto operativo, l'Università degli Studi di Verona - Dipartimento di Tempo, Spazio, Immagine e Società (TeSIS) per la consulenza storico-scientifica, la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto − Nucleo Operativo di Verona per le autorizzazioni concesse.
Marco Ambrosini Assessore ai Beni Ambientali Provincia di Verona
L'invito più sincero rivolto a tutta la cittadinanza è di accogliere questa nuova edizione de “I Tesori Veronesi” come un'ulteriore occasione per conoscere e imparare ad amare il nostro territorio, apprezzando sempre più i luoghi in cui viviamo e le loro straordinarie ricchezze che ci fanno riscoprire le tracce delle nostre origini e della nostra identità culturale.
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Alla scoperta delle nostre radici: il territorio veronese dopo la caduta dell’Impero Romano
Venerdì 10 Maggio 2013, ore 18.00 Sala Adige - Circolo Ufficiali di Castelvecchio Corso Castelvecchio, 4 - Verona Ingresso libero Anteprima “I Tesori Veronesi 2013” Incontro introduttivo per presentare, con parole e immagini, il nuovo programma di visite de I Tesori Veronesi. Uno sguardo ai cambiamenti culturali e territoriali che hanno modificato il paesaggio veronese dopo la caduta dell’Impero Romano. Presentazione a cura dell’Università di Verona, Dipartimento di Tempo, Spazio, Immagine e Società (TeSIS). Seguirà la proiezione del trailer del documentario sulla vita di Cangrande della Scala e sulla signoria scaligera diretto da Anna Lerario. Il filmato è prodotto da Video Cinema di Antonio Bulbarelli con il contributo della Provincia di Verona - Assessorato alla Cultura, Regione del Veneto e la collaborazione dell’Associazione Scaligeri.com. Le tappe in programma
Castelli, chiese e monasteri sul Garda: un lungo medioevo.
Le Pievi nella pianura: ordine e struttura sociale nel medioevo.
La vita rurale nelle "alte montagne" veronesi: le malghe della Lessinia.
11/12 Maggio 2013
18/19 Maggio 2013
25/26 Maggio 2013
CAVAION VERONESE
BOVOLONE
ERBEZZO
Sabato sera proiezione culturale.
Sabato sera proiezione culturale.
Sabato sera proiezione culturale.
Pag. 7 Monte Baldo/Lago di Garda
Pag. 13 Pianura Veronese
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Pag. 19 Lessinia
Verona dopo la caduta dell’Impero Romano Lo scorso anno si è ripercorsa la storia del territorio veronese dalle sue origini geologiche fino al consolidamento dell’Impero Romano. Un periodo lunghissimo, ma segnato da pochi eventi significativi. Al di là della formazione geologica e delle dinamiche morfologiche, le trasformazioni che hanno riguardato lo spazio, e di cui si sono rilevate le tracce, sono state poche, diffuse in aree limitate arealmente o lungo specifici itinerari; quelle più rilevanti per gli effetti territoriali correlati, e futuri, sono condensate in un periodo relativamente breve: quello della colonizzazione romana. Il periodo che segue la caduta dell’Impero Romano - che nel progetto pluriennale 2012-2014 per quest’anno copre il periodo che arriva alla scoperta dell’America - è un periodo storico lungo, difficile, articolato e complesso. Un periodo che attua la de-territorializzazione voluta e realizzata dai romani, ma che pone le basi della ri-territorializzazione successiva. Questo primo volumetto cercherà di delineare a grandi linee quanto accade a Verona e nel suo territorio veronese durante l’Alto Medio Evo.
non avendo ottenuto le terre promesse i soldati depongono l’imperatore ed eleggono al suo posto il loro comandante Odoacre: è il 476 d.C., data fatidica della fine dell’Impero Romano d’Occidente. Verona modifica il suo ruolo: mentre come città acquista importanza per il sito dove sorge e per la sua posizione di fondamentale nodo stradale, il suo territorio diventa spesso terreno di razzia o luogo di scontro tra eserciti nemici, per cui i centri posti lungo le strade decadono. Odoacre mosso dall’ambizione tentò la conquista della Dalmazia, ma l’imperatore d’oriente gli scatenò contro Teodorico, re degli Ostrogoti. Dopo un primo scontro sull’Isonzo, la battaglia definitiva si svolse alle porte di Verona: Teodorico vinse, occupando la città e, poco dopo, la pianura padana con Milano. Il conflitto finì qualche anno dopo quando, grazie ad un inganno, Teodorico riuscì ad avvicinare Odoacre e ad ucciderlo. Preso il potere Teodorico consolidò la posizione strategica di Verona, rafforzando le mura romane e ampliandole a ridosso di castel San Pietro. Pur mantenendo la capitale a Ravenna, elesse Verona come sede preferita. L’economia viveva momenti difficili perché l’amministrazione centrale gravava la popolazione di tasse per mantenere i conquistatori e l’apparato di governo. La mancanza di un potere forte in grado di controllare le popolazioni confinanti diede origine ad una serie di guerre e di instabilità politica. Alla fine Alboino re longobardo, riuscì a prendere il potere su buona parte d’Italia, eleggendo Verona, già fortificata e dotata di un palazzo regale, a sua capitale. Anni di anarchia, successivi alla morte di Alboino, alla fine portarono all’elezione di Autari il quale, sposando Teodolinda, figlia del re di Baviera, raggiunse l’obiettivo di suggellare una solida alleanza contro i Franchi. Teodolinda assecondata dal pontefice Gregorio Magno riuscì nell’intento di convertire al cattolicesimo il popolo longobardo. In questo periodo la città rimase sempre all’apice della vita politica e culturale. Attorno
Roma aveva conquistato vasti territori ed esteso il suo dominio su gran parte d’Europa e del bacino Mediterraneo. Aveva costruito strade, imposto leggi, lingua e cultura, ma l’impero era diventato troppo vasto per poter essere governato senza la forza dell’esercito e la coesione interna. Così ai suoi confini più lontani le incursioni delle popolazioni barbare per sfida, interesse o necessità divennero sempre più frequenti. Nel quarto secolo Teodosio divise l’impero tra i due figli perché potesse essere meglio difeso: ad Onorio, che trasferì la capitale a Ravenna affidò l’Impero d’Occidente, e ad Arcadio, che mantenne come capitale Costantinopoli, l’antica Bisanzio, quello d’Oriente. Ma le incursioni aumentarono: le popolazioni barbare agguerrite e spinte da necessità vedevano nelle ricche città romane facili obiettivi da razziare. Bastava seguire le strade consolari e si arrivava facilmente all’obiettivo. Nel 475 d.C. Oreste, capo di un forte esercito di Germani, scende in Italia, depone il debole imperatore Giulio Nepote e mette sul trono il proprio figlioletto Romolo Augustolo. L’anno seguente 2
Anche Berengario fu vittima di questo sistema di governo, fino ad essere vittima di una congiura che lo portò a morte proprio a Verona. L’anarchia politica in cui precipitò l’Italia vide la città esposta alle incursioni ungare, che colpirono soprattutto gli abitati esterni alle mura e i centri posti lungo la via Postumia. La successiva riorganizzazione territoriale attuata dal re Ugo di Provenza portò a staccare Verona dal Friuli e a costituire la marca veronese (con le città di Mantova e Trento) allo scopo di avere un secondo baluardo a difesa della pianura padana. Le lotte continuarono e Ottone I, diventato re d’Italia, congiunse la marca di Verona alla Baviera e puntò sulla collaborazione dei vescovi, ritenuti meno pericolosi dei feudatari. Verona ebbe un forte riconoscimento sia da Ottone I, che richiamò alla sede vescovile Raterio, sia dai suoi figli che la scelsero come sede delle diete e delle assemblee dell’impero. La città, per la posizione geografica rimase un centro di intensa vita economica, tanto che il mercato svolto anche nei giorni festivi fu all’origine di forti contrasti tra la popolazione e il vescovo. La crescita economica aveva favorito l’affermazione di nuove classi sociali: giudici, notai, avvocati, mercanti, artigiani, in grado di dare un forte impulso alla città, anche in termini di partecipazione alle decisioni sulla ‘res publica’. La fine degli Ottoni portò a nuova instabilità, anche se i nuovi re, Enrico II di Baviera prima, e Corrado il Salico, poi, si mostrarono particolarmente generosi con la città e gli ordini religiosi locali (Abbazia benedettina di San Zeno) nella concessione di proprietà e privilegi. La supremazia politica che l’imperatore cercava di instaurare sulla chiesa dette fastidio al Papa dando origine alla ‘lotta per le investiture’. A trarne beneficio furono le città del nord Italia che ne approfittarono per emanciparsi dal potere centrale e per darsi un nuovo ordinamento: stava per nascere il Comune.
all’attuale Duomo sorse la Capitolare, una delle biblioteche più importanti e antiche del mondo per i manoscritti conservati. Il successivo matrimonio tra Ermengarda, figlia del re longobardo Desiderio, e Carlo (poi Magno), figlio del re franco, sembrava aprire la strada ad un periodo di pace. In realtà nelle intenzioni di Desiderio il matrimonio doveva servire per estromettere i Franchi dall’Italia ed avere mano libera per sottometterla. Il papa chiese a Carlo Magno di intervenire in sua difesa. La sconfitta di Desiderio decretò la fine del regno longobardo e consentì a Carlo di diventare re ed imperatore di un vastissimo territorio. Preso dalla guerra per la conquista dei paesi del Nord Carlo Magno lasciò intatta l’organizzazione amministrativa esistente (leggi e tradizioni locali), limitandosi a sostituire il governatore nelle giurisdizioni di competenza. Verona continuò ad esercitare il suo ruolo di riferimento all’interno della struttura amministrativa, tanto da ospitare, secondo la tradizione, il trono e la tomba di Pipino. Ma se al potere centrale interessava la città, per posizione e immagine, il territorio era lasciato in balia dei funzionari reali. I feudatari (conti e marchesi) godevano infatti di ampi poteri nelle terre ottenute in beneficio: amministravano la giustizia, riscuotevano le imposte, assicuravano l’ordine pubblico, fornivano al sovrano le truppe in caso di necessità. L’azione di governo era supportata anche dall’azione della chiesa: i vescovi franchi si erano abilmente circondati del clero locale di origine longobarda e latina per non confliggere con la tradizione. Verona che faceva parte della Marca friulana aveva come caposaldo Aquileia, posta a difesa del confine orientale. La mancanza di una organizzazione statale basata su leggi condivise, in grado di garantire la continuità dell’amministrazione nel tempo e nello spazio, più che la carenza di una figura forte, carismatica, rese debole il ruolo dei singoli sovrani che si succedettero nel tempo. I dissidi interni, le fazioni, le partigianerie per contrapporre un re ad un altro, in modo da non obbedire a nessuno, o per sostenere qualcuno che, non risiedendo in loco, esercitava un’autorità solo nominale, resero instabile l’azione di governo, imponendo sempre più al re la ricerca di appoggi in cambio di privilegi. 3
Come partecipare alle giornate di visita
Accesso gratuito. Tutte le tappe presenti nel calendario de I TESORI VERONESI sono accessibili a titolo gratuito grazie al contributo dell’Assessorato ai Beni Ambientali della Provincia di Verona e alla disponibilità delle Amministrazioni Comunali, delle istituzioni, delle associazioni e degli esperti che hanno collaborato alla realizzazione delle giornate. Su prenotazione viene effettuato un servizio di trasporto da Verona, il viaggio di andata e ritorno ha un costo di 3.00€ (vedi Mezzi di trasporto).
Si prega di comunicare al momento della prenotazione al numero 0458068680 (IAT Verona) la modalità di accesso alle visite in programma. L’Assessorato ai Beni Ambientali mette a disposizione con partenza da Verona, Piazzale Romano Guardini (dopo la stazione di Verona Porta Nuova in Via delle Coste, dove si trovano le scuole Itis “G. Marconi” e l’Istituto “E. Fermi” di Verona) 2 bus al sabato e 2 bus alla domenica. I bus partiranno alle ore 14.00 un’ora prima dell’inizio della prima visita alle ore 14.00. Si ricorda di essere presenti almeno 15 minuti prima della partenza per le operazioni di controllo e biglietteria. Il piazzale offre una grande quantità di parcheggi gratuiti. Per chi arriva in Stazione Porta Nuova con i mezzi pubblici il bus effettuerà una sosta per la salita/discesa anche in via Città di Nimes, ore 14.05 c.a. - (fermata sul lato destro della via entrando in città verso piazza Simoni). Il costo del biglietto è di 3.00 € e sarà da corrispondere agli autisti dell’ATV al momento della partenza dal piazzale Romano Guardini e subito dopo la salita dalla fermata di via Città di Nimes. Rientro dei bus a Verona è previsto entro le ore 20.00.
Prenotazione. Per chiunque volesse aderire alle visite è obbligatorio contattare il numero 0458068680 (IAT Verona) per confermare la propria presenza, i posti sono limitati. La prenotazione va effettuata telefonando in orario d’ufficio (lun-ven, 9.00-13.00) allo 0458068680 (IAT Verona) o via mail consultando la pagina Partecipa all’interno del sito www.itesoriveronesi.it. La prenotazione deve essere eseguita entro il venerdì precedente le giornate di visita. In caso di sopravvenuta impossibilità di partecipare si prega di comunicare la disdetta entro le ore 13.00 del venerdì. Saranno accettate prenotazioni per un massimo di 4 persone per ogni richiedente.
Segnaletica. I luoghi di partenza degli itinerari verranno indicati con un’adeguata segnaletica posizionata lungo le principali strade di accesso.
Orari visite. Il sabato pomeriggio e la domenica pomeriggio sarà possibile effettuare due visite di circa un’ora e mezza: una d’interesse storico-monumentale e una di carattere naturalistico. Gli orari delle visite sono dalle 15.00 alle 16.30 primo turno, e dalle 16.45 alle 18.30 secondo turno. Per riuscire ad effettuare entrambe le visite è necessario arrivare in tempo e aderire al primo turno di visita (ore 15.00). Chi non dovesse essere presente al primo turno dovrà scegliere tra l’itinerario naturalistico o l’itinerario storico-monumentale. Attenzione! Alcune tappe saranno organizzate con un percorso unico di vista della durata di circa 3 ore, l’itinerario proposto comprenderà sia la parte storicomonumentale sia quella naturalistica con partenza alle ore 15.00. Mezzi di trasporto. Punto di partenza - Piazzale Romano Guardini. É possibile raggiungere i luoghi di visita con mezzi propri o attraverso il servizio bus dedicato.
Abbigliamento. Si raccomanda un abbigliamento e delle calzature idonee ai percorsi naturalistici in programma (scarpe da ginnastica) ed eventuali indumenti per l’evolvere delle condizioni atmosferiche. Informazioni. Ulteriori informazioni sono disponibili ai numeri evidenziati o sul sito web www.itesoriveronesi. it, inoltre si potranno richiedere informazioni all’indirizzo di posta elettronica info@itesoriveronesi.it. Variazioni. Eventuali variazioni ai programmi ed agli itinerari sono possibili per cause di forza maggiore.
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Punto di partenza servizio bus per raggiungere i luoghi di visita
Punto di sosta Via Città di Nimes h. 14:05 circa Punto di partenza Piazzale Romano Guardini h. 14:00
Attenzione!
Servizio di trasporto
Per le visite alla tappa di Cavaion Veronese dell’11 e 12 Maggio i posti sono limitati e la prenotazione è obbligatoria. > Vedi pag. 6.
Per tutte le tappe del primo ciclo sarà attivo un servizio di trasporto bus con biglietto di andata e ritorno al costo di soli 3,00€. Partenza alle ore 14.00 dal Piazzale Romano Guardini, dopo la Stazione di Verona Porta Nuova, in via delle Coste, di fronte all’Itis “Marconi” e all’Istituto Tecnico “E. Fermi” . Si ricorda di essere presenti almeno 15 minuti prima della partenza per le operazioni di controllo e biglietteria. Per prenotare il servizio chiamare dal lunedì al giovedì (ore 9.00 13.00) antecedenti le uscite in programma il numero 045 8068680 (IAT Verona). 5
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ERBEZZO
CAVAION VERONESE
BOVOLONE
Attenzione! Prenotazione delle visite guidate obbligatoria. Per partecipare alle visite guidate in programma a Cavaion Veronese sabato 11 e domenica 12 maggio è necessaria la prenotazione in quanto l’accesso sarà limitato ad un massimo di 180 persone al giorno come da accordi con la Soprintendenza Archeologica del Veneto. Prenotazioni aperte da lunedì 6 maggio 2013 (orario 9.00-13.00) al numero 0458068680. Ogni richiedente potrà iscrivere al massimo 3 partecipanti, per tutti la partenza è prevista alle ore 15.00 di fronte alla chiesa parrocchiale di Cavaion Veronese. 6
Comune di Cavaion Veronese
CAVAION VERONESE Castelli, chiese e monasteri sul Garda: un lungo medioevo.
Sabato 11 e Domenica 12 Maggio 2013 15.00
Percorso unico guidato alla scoperta di alcuni ritrovamenti archeologici del territorio di Cavaion Veronese. In programma un’escursione sul monte San Michele per ammirare i resti della Bastia e visita al Museo Civico Archeologico. Una giornata sulle tracce dei primi cambiamenti sociali avvenuti dopo la caduta dell’Impero Romano. Archeologi e guide naturalistiche ci accompagneranno alla scoperta di questo territorio. Difficoltà media. > Prosegue a pag. 8 e 10
21.00
Sabato sera evento culturale Cangrande della Scala, il Principe di Verona. Proiezione in anteprima del documentario sulla figura di Cangrande della Scala e sulla signoria scaligera. Sala Civica, Corte Torcolo, Via Vittorio Veneto, 1 (ingresso libero). > Prosegue a pag. 12
Visite guidate solo su prenotazione! > Vedi pag. 6 Punto di partenza Di fronte alla chiesa parrocchiale di Cavaion Veronese – Piazza Chiesa. Possibilità di parcheggio vicino alla piazza della chiesa e nel parcheggio del cimitero a pochi passi da Piazza Chiesa. > Indicazioni a pag. 12
Percorso storico - monumentale
Addossato alle pendici del Monte Moscal tra il lago di Garda e la valle dell’Adige sorge il comune di Cavaion Veronese. Abitato da epoca antichissima come testimonia il ritrovamento di un abitato dell’età del bronzo, il centro ebbe una continuità insediativa anche in epoca romana, di cui tuttavia sono rimaste poche tracce visibili, probabile effetto delle distruzioni barbariche. Recenti ricerche archeologiche hanno rilevato 1 numerosi siti d’età romana a testimonianza di un tessuto insediativo vivace e dinamico tra il I secolo d.C. e l’alto medioevo. Su alcuni di questi siti proprio in età medievale sono sorte piccole cappelle religiose (come nel caso di S. Faustino e della chiesetta di S. Croce), che in alcuni casi caratterizzano ancora oggi il paesaggio dell’area. L’organizzazione spaziale attuata dai Longobardi portò alla costituzione, attorno a S. Michele, di un’arimannia, un insediamento governato da un signore per conto del duca di Verona che aveva giurisdizione sul territorio. Con Berengario I il centro, dove era attiva un’economia curtense, venne fortificato ulteriormente con la costruzione della Bastia e della Torre. Un gastaldo gestiva le terre riscuotendo le decime dai contadini. L’origine del toponimo non è chiara, anche se l’ipotesi più accreditata, la vorrebbe legata alla morfologia del luogo simile ad un ‘pagliaio a due spioventi’ (Cabalione), divenuto nel Cinquecento simile al toponimo attuale per il riferimento alle numerose cave di pietra presenti in zona. Assegnato all’abbazia di San Zeno sul finire del Duecento il centro cambia nome e diventa Castenuovo dell’Abate. Con l’inizio del dominio veneziano la funzione difensiva, accentrata, dell’abitato si attenua. Corti e ville, espressione diretta del possedimento immobiliare e della capacità economica del proprietario si diffondono sul territorio. Un’articolata composizione sociale (agricoltori, artigiani e commercianti) ha così sviluppato e mantenuto a lungo un’economia dinamica,
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ma equilibrata. Mentre Il territorio, posto tra il lago e la valle dell’Adige, negli ultimi decenni è stato interessato da profondi mutamenti (l’autostrada con il casello di Affi ha generato un insediamento diffuso e caotico di centri commerciali, mentre il turismo ha favorito insediamenti turistici), il centro ha conservato la sua identità. Centro caratteristico anche dal punto di vista architettonico per la presenza di elementi peculiari, quali l’acciottolato di alcune strade secondarie, i muri in pietra che limitano i broli, le case elevate in altezza, che testimoniano la storia di un abitato che in alcuni elementi strutturali conserva ricche testimonianze del proprio passato, come la Bastia (vedi pagina seguente), la Torre e la chiesetta di S. Faustino e Giovita dell’XI secolo. La Torre eretta da Berengario I dopo il 1260 divenne sede del Comune. A tre piani disponeva di un ponte mobile di collegamento con un palazzo attiguo. Nel 1885 fu inglobata da Palazzo Trabucchi.
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Cavaion Veronese, 11-12 Maggio 2013
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La Bastia di San Michele La Bastia, fortificazione longobarda del IX secolo, fu affiancata da una chiesa dedicata a San Michele che nel XIV secolo ospitò un monastero di Olivetani. Di entrambe non resta quasi nulla: la prima fu distrutta durante la guerra della Lega di Cambrai (1509), la seconda dalle truppe napoleoniche e il materiale usato nella costruzione della nuova parrocchiale. Il sito della Bastia si colloca sulla sommità meridionale del Monte Moscal. Noto da tempo per le rovine della chiesa è stato indagato negli ultimi anni dalla Soprintendenza Archeologica del Veneto con scavi estensivi che hanno riguardato tanto l’edificio religioso quanto l’area sommitale, dove sono stati rinvenuti i resti della fortificazione; esso rappresenta quindi un interessante caso di abitato, castello e monastero medievale raccolti in un unico spazio. È oggi area protetta e in corso di valorizzazione.
Il Museo Archeologico Il Museo di Cavaion è una piccola, ma importante realtà archeologico-culturale dell’entroterra gardesano. Sorto negli anni ‘80 in seguito al rinvenimento del sito preistorico del laghetto intermorenico di Ca’ Nove, posto a qualche centinaio di metri dal centro del paese, su cui insisteva un importante abitato su palafitta, è oggi sede delle attività dell’Associazione Archeologica locale. Lo spazio espositivo è composto da 3 sale che vanno dall’Età del Bronzo sino alla Tarda Antichità e riguardano diversi siti dell’entroterra gardesano, tra cui, oltre all’abitato palafitticolo di Ca’ Nove, la necropoli romana di località Bossema.
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Percorso naturalistico
Collocato nell’entroterra gardesano, alle spalle del comune di Bardolino, in un territorio prevalentemente collinare il comune di Cavaion Veronese ingloba parte delle colline dell’anfiteatro morenico del Garda, le pendici meridionali del Monte Moscal, la valle del Tasso e un breve tratto del corso e della piana alluvionale dell’Adige. Pur nella sua modesta estensione territoriale (12,2 kmq) possiede particolari valenze naturalistiche e può contare numerose emergenze archeologiche, storico - artistiche ed architettoniche di rilievo, nonché numerosi esempi di arte ed architettura popolare.
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Lungo le pendici del monte alcune ville e palazzi fatti costruire dalla nobiltà e dai proprietari terrieri dal XVI al XIX secolo divennero luoghi di attrazione per nuove costruzioni spesso contornate da orti, broli, giardini e spazi verdi che, nel tempo, hanno formato l’attuale tessuto urbano del centro storico. Tra i palazzi spiccano le ville: Trabucchi, con la vecchia Torre civica; Ravignani, che nel cortile conserva ancora il pozzo, con le scuderie e una serra impreziosita da quattro statue; Bonazzo in stile neoclassicheggiante; Trombetta, imponente palazzo settecentesco posto sulle più alte propaggini del Monte San Michele e Cordevigo, un palazzo in stile rinascimentale, sorto nell’antica, omonima località, già insediamento
IIl centro abitato del capoluogo si trova sulle pendici meridionali del Monte San Michele che rappresenta la parte meridionale del Monte Moscal: rilievo originato per sedimentazione di materiali e organismi viventi che hanno formato i vari strati di roccia ricchi di numerosi fossili. Nelle formazioni più antiche si possono trovare fossili di Scutelle Pettinidi e Clypeaster, mentre in quelle più recenti di Lamellibranchi, Echinodermi, Foraminiferi e denti di pesce. Sono diffuse le conchiglie fossili di Pecten, mentre è più difficile trovare l’Echinolampas cavaionensis, un fossile di echinoderma che assomiglia al riccio di mare e che si chiama così proprio perché si trova sul monte San Michele. 10
Cavaion Veronese, 11-12 Maggio 2013
dell’attuale, ma gli agenti atmosferici e le glaciazioni del Quaternario li hanno erosi levigandoli e arrotondandoli. In particolare ciò è avvenuto durante la glaciazione del Riss (190.000 - 120.00 anni fa) quando nella zona di Cavaion si vennero ad incontrare i due ghiacciai provenienti uno dal solco del Garda e l’altro dalla Val d’Adige. I periodi di avanzamento e di arretramento del ghiaccio diedero origine alle colline moreniche della zona di Cavaion e non solo, formate da materiali diversi tra cui i “seregni” cioè ciottoli composti soprattutto da porfidi e quarziti di colore scuro, rosso o verde, trasportati a valle dall’Alto Adige e arrotondati dallo sfregamento sul fondovalle sotto la pressione della massa glaciale sovrastante.
romano, caratterizzato da un portale cinquecentesco e da due corpi laterali minori che racchiudono un ampio cortile. Tra gli edifici religiosi, oltre alla chiesa parrocchiale dedicata a S. Giovanni Battista, il comune annovera alcune chiesette in stile romanico-campestre. A completare la trama medioevale degli insediamenti del centro storico alcuni pregevoli esempi di edifici rinserrati tra stretti vicoli acciottolati che collegano tra loro trasversalmente le strade del paese.
Monte San Michele Le forme del paesaggio naturale che vediamo oggi sul territorio di Cavaion è il risultato di vicende geologiche complesse che si sono sviluppate in milioni di anni. Questo spiega come le formazioni rocciose del Terziario sul San Michele sono composte nella parte inferiore da rocce sedimentarie calcaree, formate da depositi del tipo arenaceo-argilloso, che hanno avuto origine nell’Oligocene inferiore (da 32 - 34 milioni di anni fa a 27 - 29 milioni di anni fa) e nella parte superiore da rocce calcaree di colore biancastro e giallo rosato dell’Oligocene Superiore (da 27 - 29 a 22 - 24 milioni di anni fa). La struttura morfotettonica ha avuto inizio già nel Mezozoico, con il deposito di rocce sedimentarie marine che sono andate in seguito a costituire i rilievi. Lo spezzettamento della superficie terrestre in blocchi soggetti a movimenti di sollevamento e abbassamento ha portato, nel Terziario, a fenomeni di compressione, dovuti al riavvicinamento tra Africa e Europa, e alla formazione delle Alpi, e nella zona che ci interessa delle dorsali e depressioni aventi andamento nord/ nord-est, sud/sud-ovest. Tra i 15 e i 12 milioni di anni fa emersero dal mare il monte San Michele e il Moscal con alcuni strati rocciosi ripiegati verso sud-ovest. Essi facevano parte di una dorsale che collegava il Baldo ai monti Lessini. L’altitudine dei due monti non era più elevata
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A pag. 7 foto di Roberto Pighi 1. Vista di Cavaion Veronese, foto di Gabriele Bernardi 2. Particolare Bastia del monte S. Michele, foto Benedetta Dallavalle 3. Foto di Cavaion Veronese di Diego Bortignon 4. Archivio Provincia di Verona Turismo
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Evento culturale
Sabato 11 Maggio 2013, ore 21.00 “Cangrande della Scala, il Principe di Verona” Presentazione e proiezione in anteprima assoluta del documentario sulla vita di Cangrande della Scala e sulla signoria scaligera realizzato con il sostegno della Regione del Veneto, con il contributo della Provincia di Verona – Assessorato alla Cultura e Identità Veneta e in collaborazione con l’associazione Scaligeri.com e la cantautrice Patty Simon che ha curato la colonna sonora. Presenterà la proiezione Anna Lerario che ha diretto il docufilm e il produttore Antonio Bulbarelli di Video Cinema. Alla serata saranno presenti il protagonista Yuri Castorani alcuni attori in abiti medievali, soci di Scaligeri.com, che hanno partecipato alla realizzazione del documentario. Sala Civica - Corte Torcolo Via Vittorio Veneto, 1 Ingresso libero Per maggiori informazioni e prenotazioni: IAT VERONA 0458068680.
Punto di ritrovo
CAVAION VERONESE | Piazza Chiesa, di fronte alla chiesa parrocchiale di Cavaion Veronese. Il comune di Cavaion Veronese si trova nell’entroterra gardesano tra Lazise e Bardolino. Si può raggiungere Cavaion attraverso l’autostrada A22 (Brennero) prendendo l’uscita di Affi poi seguire i cartelli stradali, il Municipio si trova a 5 minuti dall’uscita dell’A22. Da Verona si può prendere anche la SS 12, immettersi nella SP 5 che affianca l’A22 e quindi prendere la SS 450 (Castelnuovo - Affi), seguendo le indicazioni per Cavaion. Arrivati a Cavaion Veronese seguire i cartelli de I Tesori Veronesi.
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Comune di Bovolone
BOVOLONE Le Pievi nella pianura: ordine e struttura sociale nel medioevo.
Sabato 18, Domenica 19 Maggio 2013 15.00 e Visite guidate alla restaurata 21.00 16.45 Pieve di San Giovanni Battista in Campagna con annesso battistero. Accompagnati da alcune guide turistiche si potrà ammirare il complesso religioso della pieve e capire l’importante ruolo che le Pievi hanno ricoperto nel medioevo. > Prosegue a pag. 14. 15.00 e Percorso naturalistico all’interno del 16.45 Parco “Valle del Menago” I soci dell’Associazione “Valle del Menago” ci aiuteranno a capire come è cambiato il territorio delle grandi pianure. > Prosegue a pag. 16.
Sabato sera evento culturale Cangrande della Scala, il Principe di Verona. Proiezione in anteprima del documentario sulla figura di Cangrande della Scala e sulla signoria scaligera. Sala Civica, via Vescovado, 7 (ingresso libero). > Prosegue a pag. 18.
Punto di partenza Percorso storico - monumentale: dalla Pieve di San Giovanni Battista situata a 5 km dal centro di Bovolone, sulla via verso Concamarise, in Viale della Pietà. Percorso naturalistico: da Piazzale Mulino, Via Camillo Benso Conte di Cavour. Grande possibilità di parcheggio. I punti saranno riconoscibili dal posizionamento della segnaletica dedicata. > Indicazioni a pag. 18.
Percorso storico - monumentale
Bovolone è da sempre uno dei centri più importanti della bassa pianura veronese. Area agricola particolarmente fertile fu sede di insediamento fin dall’età del bronzo (Prato Castello). Gli scavi archeologici hanno portato alla luce significativi reperti che testimoniano la compresenza nel sito di resti umani bruciati e di inumati. Realtà marginale alla viabilità romana e agli interessi dei regnanti durante il periodo medievale ebbe nella chiesa e nei suoi rappresentanti un punto di riferimento. È qui, nel luogo degli antichi insediamenti, che si ritrovano pure le tracce di un villaggio sviluppatosi tra IX e X secolo: ‘il castello’, una sorta di villaggio fortificato cinto da un ampio fossato e probabilmente da una palizzata, che raccoglieva al suo interno edifici e strutture in legno, nonché la primitiva chiesa di San Fermo. Queste strutture vennero abbandonate tra XIII e XIV secolo, quando con ogni probabilità si consolidò e sviluppò ulteriormente l’abitato coincidente con il paese attuale. Il territorio su cui si estende il comune è attraversato dal Menago, fiume di risorgiva, che scorre in un’ampia depressione probabile paleoalveo dell’Adige in epoca remota. Area umida soggetta al facile ristagno d’acqua, l’avvallamento è stato interessato da interventi di bonifica idraulica sin dal periodo comunale. Con l’avvento del Comune i contrasti tra l’istituzione civile che mirava a riprendere il controllo pieno del territorio e il Vescovo che aveva estese proprietà, ed un proprio rappresentante che amministrava i possedimenti, divennero frequenti. Interventi più consistenti e risolutivi in campo idraulico si ebbero tuttavia durante la dominazione ve1 neziana, quando parte dei terreni acquitrinosi vennero acquisiti e riconvertiti in risaie da nobili e ricchi borghesi. Espressione degli interessi economici della città sono le numerose ville e le corti padronali che cominciano a diffondersi sul territorio e che in molti casi sono tuttora presenti. Accanto all’architettura civile spiccano alcuni edifici religiosi: la chiesa di S. Giovanni Battista in Campagna, di chiara origine romanica come testimoniano il campanile in cotto e ciottoli e alcuni tratti della muratura esterna, e il Battistero di S. Giovanni Battista decollato, costruzione ottagonale ampliata nel XVII secolo.
A pagina 13 foto di Luciano Zago 1. Particolare abside pieve di San Giovanni in Campagna, foto Pro Loco Bovolone. 2. Vista aerea complesso di San Giovanni in Campagna, foto Pro Loco Bovolone. 3. Villaggio preistorico, Parco “Valle del Menago”, foto di Ferruccio Dall’Aglio. 4. Scatto naturalistico, foto di Carmine Grimolizzi.
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Bovolone, 18-19 Maggio 2013
La Chiesa di S. Giovanni Battista in Campagna
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Qualche chilometro a sud del paese, sulla destra idrografica del Menago sorge la chiesa di S. Giovanni Battista in Campagna. Si tratta di una struttura campestre indagata dalla Soprintendenza Archeologica in occasione dei recenti restauri. Il complesso è costituito da tre edifici: la chiesa, una casa colonica e il battistero. Lo scavo ha rivelato l’esistenza di fasi antiche dell’edificio religioso, risalenti - nella prima fase - all’altomedioevo. In questo primo momento la chiesa risulta ad aula unica con abside semicircolare e con la presenza di due ulteriori ambienti laterali, uno dei quali pure dotato di una piccola abside con lacerti di affresco. Sembra che la chiesa fosse preceduta da un portico e da un atrio, e sempre a questo periodo si dovrebbe ricondurre la fondazione dell’impianto del Battistero, posto una trentina di metri ad ovest dalla chiesa stessa. La ricostruzione quasi integrale dell’edificio tra XI e la prima metà del XIII secolo avrebbe comportato importanti modifiche alla struttura originaria: la riduzione della superficie complessiva della chiesa, l’aggiunta di una piccola abside sull’ambiente meridionale, la scomparsa dell’atrio e del portico. Nuove trasformazioni furono apportate nel basso medioevo con il rifacimento di alcuni perimetrali e la ridefinizione funzionale di alcuni ambienti, mentre in età moderna l’edificio si ridusse a modesta chiesa campestre, sino ad essere destinato dal XVIII secolo a residenza e complesso rustico. L’importanza del complesso è evidente: al di là delle difficoltà esistenti nella datazione delle prime fasi edificatorie, si tratta al momento dell’unico esempio rimasto nell’area della pianura veronese di chiesa con impianto battesimale risalente all’altomedioevo. Per informazioni: Parrocchia di Bovolone 0457100063 Pro Loco di Bovolone 0457103585 15
Percorso naturalistico
Parco Valle del Menago Il Parco Valle del Menago è nato dal recupero della grande zona umida posta a ovest dell’abitato di Bovolone. Attualmente il Parco si estende su una superficie totale di 35 ettari, pari a 350 mila metri quadrati. Il Parco è dotato di attrezzature sportive, ricreative e didattiche con un percorso archeologico e uno botanico. Grazie al lavoro dei volontari dell’associazione Valle del Menago sono stati realizzati 3,5 km di piste ciclabili, 7 km di sentieri per le passeggiate, 2 km di percorso della salute oltre a ricreare due boschi con carpini, tigli, platani, querce e salici, denominati Bosco di Sopra e Bosco di Sotto. Entrando nell’oasi attraverso il sottopasso ferroviario di piazzale Mulino, ci si addentra subito in un paesaggio ricco di verde, ideale per trascorrere il proprio tempo libero a contatto con la natura. Il percorso di avvicinamento al Parco inizia con un viale alberato di pioppi e piccoli cipressi seguito dall’area pic-nic creata all’ombra di un gruppo di robusti pioppi, il percorso naturalistico si snoda in due diverse direzioni, che conducono tutte verso la collinetta di osservazione e verso il laghetto. Dalla collinetta si può ammirare gran parte dell’oasi naturalistica, in particolare il laghetto dove si sono stabiliti gli animali acquatici per vivere e riprodursi indisturbati. I maggiori avvistamenti di volatili si possono fare in primavera, quando si può assistere al passaggio delle numerose nidiate di anatroccoli che nuotano dietro alle proprie madri. Nell’isoletta al centro del laghetto è stato allestito un villaggio preistorico ricostruito secondo gli studi archeologici effettuati nella zona di Bovolone. Proseguendo verso sud si arriva all’area destinata ai daini e l’impianto di fitodepurazione delle acque di scarico, superata questa area, verso sud, si arriva al ponte dei Restei e al ponte della Cascata, caratteristici manufatti che risalgono al 1600 quando lungo il corso
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del Menago erano in attività numerosi mulini. Nel parco, gli spazi interamente ricoperti da fitta vegetazione si alternano alle radure, create con lo scopo di favorire gli animali che necessitano di spazi più ampi e liberi dove vivere e riprodursi. Una vasta area viene poi coltivata a grano e lasciata a disposizione degli animali che vivono di preferenza in quel habitat, come lepri e fagiani.
La fauna del Parco Sono tantissimi gli animali che hanno potuto trovare un habitat idoneo alla riproduzione nel Parco del Menago. La fauna presente nella valle è quella tipica della pianura veronese, anche se con qualche eccezione rappresentata da animali non autoctoni come i daini, che comunque si sono adattati bene all’ambiente. Gli uccelli sono il gruppo preponderante. Gli uccelli stanziali tipici della pianura padana veronese sono rappresentati da fagiani, merli, passeri, tortore, cardellini, cinciallegre, germani reali, gallinelle d’acqua, 16
Bovolone, 18-19 Maggio 2013
Tra i rettili si possono incontrare tartarughe di palude e bisce d’acqua, mentre tra gli anfibi sono ben rappresentate le rane verdi, le rane di Lataste e i rospi comuni. Infine le acque del Menago, i fossati e il laghetto ospitano lucci, scardole, alborelle, carpe, cavedani e pesci gatto.
La flora del Parco Il recupero della valle del Menago ha visto la messa a dimora di migliaia di piante. Sono state scelte tutte le piante che sono attualmente presenti nella pianura veronese, con particolare attenzione alle specie che meglio si adattano al microclima umido della valle. In particolare, si possono trovare l’acero campestre, l’albero di giuda, l’azzeruolo, il biancospino, il caprifoglio rosso, il carpino bianco e quello nero, il ciliegio selvatico, il corniolo, il frassino maggiore, il nocciolo, il noce comune e quello nero, l’olmo campestre, l’ontano bianco, nero e napoletano, l’orniello, il pallon di maggio, il pioppo bianco e quello nero, il platano, il prugnolo, la robinia, la roverella, il sambuco nero, la sanguinella, il tiglio selvatico e vari tipi di salice. Per le erbacee sono presenti i carici, la cannucia, il convolvolo, gli equiseti, il dipsaco, il non ti scordar di me, la menta acquatica, l’iris, la dulcamara. Sulla superficie dei diversi corsi d’acqua che attraversano il Parco, si possono incontrare le nifee, il nannufero, il ranuncolo di fiume, la lenticchia d’acqua e la felce d’acqua.
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gazze. Negli ultimi anni sono arrivate anche specie che fino a qualche tempo fa erano considerate delle vere e proprie rarità ornitologiche per le nostre zone, come il martin pescatore, la nitticora, il tarabusino, il picchio, l’airone bianco, l’airone rosso e l’airone cenerino la garzetta, il pendolino che erano scomparsi dalle nostre campagne a causa della distruzione del loro habitat naturale. È possibile infine ammirare la beccaccia, il beccafico, la cannaiola, la capinera, il cavaliere d’Italia, il colombaccio, la marzaiola. Il grande numero di uccelli che nidificano ha riportato anche ad un aumento delle specie rapaci tra i quali: civette, gufi, falchi e le poiane che erano scomparse dalla zona Il laghetto ospita anatre, cigni, oche, mentre nell’area riservata ai daini è possibile ammirare anche alcuni pavoni. I mammiferi sono inferiori come numero di specie rispetto gli uccelli. La specie più diffusa è la lepre comune, che qui ha trovato i luoghi adatti alla riproduzione senza essere preda dei cacciatori (ricordiamo che nel Parco la caccia è vietata). Inoltre sono presenti ricci, donnole, faine e volpi.
Il Parco Valle del Menago è visitabile a piedi e in bicicletta. L’ingresso del parco è situato nelle vicinanze di Piazzale Mulino, 37051 Bovolone (Verona), a circa 30 minuti dalla città di Verona. Per informazioni scrivi a: info@associazionevalledelmenago.it o telefona a Luciano Zago (339 7321322). 17
Evento culturale
Sabato 18 Maggio 2013, ore 21.00 “Cangrande della Scala, il Principe di Verona” Presentazione e proiezione in anteprima del documentario sulla vita di Cangrande della Scala e sulla signoria scaligera realizzato con il sostegno della Regione del Veneto, con il contributo della Provincia di Verona – Assessorato alla Cultura e Identità Veneta e in collaborazione con l’associazione Scaligeri.com e la cantautrice Patty Simon che ha curato la colonna sonora. Presenterà la proiezione Anna Lerario che ha diretto il docufilm e il produttore Antonio Bulbarelli di Video Cinema. Sala Civica, Via Vescovado, 7 - Bovolone Ingresso libero. Per maggiori informazioni e prenotazioni: IAT VERONA 0458068680.
Da visitare
Cantine del Vescovo, Palazzo Vescovile di Bovolone (Municipio). Percorso tra gli stili del Mobile dal XVI al XX secolo.
Il distretto del mobile d’arte Situato nell’operosa pianura veronese, è caratterizzato da una professionalità antica che si tramanda da generazioni. Un tessuto imprenditoriale diffuso e molto specializzato lungo tutte le fasi della produzione eseguita dalle abili mani di ebanisti e falegnami, lucidatori, tappezzieri, intagliatori e laccatori, restauratori che ricreano splendidi capolavori con le originali tecniche produttive. Ampie aree espositive sono aperte tutti i week end in ogni stagione.
Un’antica tradizione d’arte e cultura nella lavorazione del legno per l’arredo classico. Dal mobile in stile, al mobile d’arte, all’arredo classico. Anelli di congiunzione con il passato, la continuità della tradizione, la storia della scuola e delle Botteghe artigiane. Visitabile tutti i giorni lavorativi. Informazioni tel. 045 6995265 (Biblioteca di Bovolone)
Punto di ritrovo
BOVOLONE | Il Comune di Bovolone dista da Verona 25 km. Per raggiungerlo si può percorrere la Strada Provinciale 2 in direzione Legnago-Rovigo oppure la SS 434 (Transpolesana), uscita Ca’ degli Oppi, oppure Oppeano, oppure Vallese e seguire le indicazioni. Arrivati in centro a Bovolone seguire la segnaletica dedicata all’iniziativa. Percorso storico-monumentale: Pieve di San Giovanni Battista in Campagna - via San Giovanni, direzione Concamarise - Viale della Pietà (a 5 km dal centro di Bovolone). Percorso naturalistico: si parcheggia in Piazzale Mulino, si prende il sottopasso della ferrovia e si entra nel Parco “Valle del Menago”, nel centro di Bovolone.
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Comune di Erbezzo
ERBEZZO La vita rurale nelle "alte montagne" veronesi: le malghe della Lessinia.
Sabato 25 e Domenica 26 Maggio 2013 15.00
Percorso storico-naturalistico alla scoperta di alcune malghe della Lessinia. Accompagnati da guide naturalistiche esperte si potrà immergersi in una visita tra natura e storia per ragionare insieme sulle problematiche del vita nelle alture della Lessinia durante il medioevo. Verrà evidenziata la particolare suddivisione degli ambienti della malga e ci sarà la possibilità di ammirare spettacolari scenari paesaggistici. Difficoltà medio-facile. > Prosegue a pag. 20 e 22.
21.00
Sabato sera evento culturale Cangrande della Scala, il Principe di Verona. Proiezione in anteprima del documentario sulla figura di Cangrande della Scala e sulla signoria scaligera. Sala Ciclamino, via Roma (ingresso libero). > Prosegue a pag. 24
Punto di partenza Area di manovra dei bus in località Dossetto, lungo la strada per Bivio del Pidocchio - Monte Castelberto. > Indicazioni a pag. 24.
Percorso storico - monumentale
A ridosso di uno sprone che nell’alto bacino della Valpantena separa il Vaio dell’Anguilla e dei Falconi, Erbezzo è un piccolo centro dell’alta Lessinia. L’altitudine (è posto a oltre 1000 m di quota) e la posizione isolata ne hanno marginalizzato lo sviluppo economcio, da sempre orientato allo sfruttamento del bosco e del pascolo. La colonizzazione dell’area sembra risalire al XIII secolo quando comunità d’origine germanica vennero ad insediarsi nell’area dei cosiddetti Tredici Comuni. Queste genti, abili nel taglio del bosco, ottennero dai Della Scala e da Venezia ampi privilegi per lo svolgimento della loro attività. Il legname, faggio e abete, di cui sono ricchi i versanti dell’area, era fondamentale per le attività navali e le costruzioni urbane. L’insediamento di queste popolazioni portò alla diffusione dell’allevamento sui prati ottenuti col diboscamento e sui pascoli in quota, nonché allo sviluppo della relativa industria casearia. Caratteristica del paese sono le costruzioni, che per gran parte utilizzano il lastame calcareo, e l’insediamento accentrato; l’unica frazione è Cappella Fasani posta a 871 m di quota, abitata da alcune decine di residenti. Negli ultimi anni il benessere economico dei veronesi e di chi dopo la seconda guerra era stato costretto all’emigrazione ha favorito il recupero delle abitazioni del centro, e non solo, come seconde case destinate al soggiorno estivo.
La malga
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La malga viene identificata comunemente con la stalla dove si allevano gli animali in montagna: in realtà la malga costituisce una struttura agricolo-pastorale sistemica e autosufficiente. La malga è caratterizzata da un ambito territoriale definito (la superficie agraria), da edifici residenziali e produttivi, da annessi rurali e da infrastrutture di servizio e supporto per lo sfruttamento estivo del pascolo in quota. La superficie agraria. La malga aveva confini molto precisi, sia perché costituiva un bene immobile soggetto a trasmissione ereditaria, sia perché gli animali da monticare erano contabilizzati sulla base dell’estensione pascoliva della malga stessa. La superficie di competenza, delimitata diversamente a seconda del contesto in cui sorgeva, poteva essere individuata da limiti fisico-naturali (bosco, torrenti, strapiombi) o da recinzioni appositamente costruite (lastre di pietra, fili sostenuti da pali conficcati nel terreno). Le malghe erano attrezzate da edifici per il soggiorno in quota dei malgari e del bestiame, oltre che per la lavorazione del latte e la stagionatura dei prodotti. La forma e la struttura delle costruzioni è strettamente
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Erbezzo, 25 - 26 Maggio 2013
I locali, sobri, erano dotati di poche e razionali suppellettili. La casèra o casara, costituiva l’ambiente più significativo della malga, dove veniva depositato e fatto stagionare il formaggio. Non sempre faceva parte integrante del nucleo della malga: poteva essere dislocata anche a un centinaio di metri. L’interno era suddiviso in due locali di cui il primo, all’entrata, era sempre più piccolo e serviva per la periodica salatura del formaggio; l’altro aveva una volta perlopiù a botte ed era il locale in cui si conservava il formaggio sino alla fine dell’alpeggio. La stanza dove si conservavano i prodotti caseari è rimasta intatta nella composizione: su tre lati sono disposte le ‘scalere’, gli scaffali per la stagionatura delle forme di formaggio. Talora al centro del locale esisteva una vasca riempita di acqua per la conservazione del burro. La stalla costituiva una struttura a sé, e poteva avere dimensioni variabili a seconda della posizione della malga: a quote basse ospitava pochi animali poiché il grosso della mandria dormiva all’aperto, dove la temperatura non si abbassava comunque mai sotto lo zero; in quota era eventualmente più grande per dare riparo al bestiame durante la notte. La porcilaia, formata da tanti piccoli vani paralleli che ospitavano i maiali allevati in malga con la ‘scota’, cioè il siero che rimaneva dalla produzione della ‘puina’ (ricotta).
connessa alle opportunità e ai limiti offerti dal luogo: geomorfologia del sito, esposizione solare, venti, presenza dell’acqua, pedologia del suolo. Pur con dizioni diverse, ma molto simili, luoghi essenziali all’azienda erano: il baito. Si trattava in genere di una costruzione di forma rettangolare, generalmente non molto ampia, costituita da un unico piano diviso in due locali: ‘logo del fogo’ e ‘logo del late’; quasi sempre in posizione più elevata rispetto alla stalla. Era l’ambiente dove pastori o malgari vivevano: veniva usato per mangiare, dormire la notte o riposarsi (peraltro raramente) durante il giorno. Una stanza era detta ‘logo del fogo’: il nome deriva dalla presenza di un grande camino ( la ‘foghèra’) a forma semicircolare che serviva ad ospitare un grande paiolo di rame (la ‘caldèra’) usato per la cagliatura del latte. La caldera era appesa ad un braccio di legno (la ‘mussa’) che poteva ruotare poiché il piantone che lo sosteneva poggiava, in basso, su un perno girevole e, in alto, era tenuto fermo da un anello metallico. Poichè la produzione di un buon formaggio dipende dalla temperatura cui si deve portare il latte, fondamentale era la possibilità di poterla togliere rapidamente, o rimetterla all’occorrenza sul fuoco. Una seconda stanza era adibita a deposito del latte in attesa di lavorazione (‘logo del late’). Si trovava sempre sul lato in pendio della malga, quindi in posizione inferiore rispetto al luogo del fuoco, più caldo, per facilitare il flusso d’aria all’interno dell’edificio: piccole finestre sbarrate da paletti di legno o feritoie in pietra, consentivano una migliore aerazione del locale destinato a deposito del latte nelle tinozze (‘mastèle’) per far affiorare la parte grassa (‘panna’) con cui produrre il burro. Nello stesso locale, ben ventilato, venivano poste ad asciugare le forme di formaggio prima di venir sistemate nella ‘casara’ per la stagionatura. Sotto i due ‘loghi’ si trovava talora una piccola stanza, con copertura a volta, che serviva per ricoverare il bestiame appena nato o ammalato.
A pagina 19 malga Dardo, foto di Gianmarco Lazzarin. 1. Malga Campedel, foto di Mariateresa Zampieri. 2. Malga Dardo, foto di Mariateresa Zampieieri. 21
Percorso naturalistico
Il comune di Erbezzo è situato nella Lessinia centrale e si4dispone longitudinalmente dall’alta collina fino agli oltre 1700 metri di Monte Castelberto; il territorio nella sua parte centrale e meridionale si sviluppa lungo la dorsale che separa il Vajo dell’Anguilla ad Est, dal Vajo dei Falconi ad Ovest, confinando rispettivamente con Bosco Chiesanuova e Sant’Anna d’Alfaedo, mentre nella parte settentrionale degli alti pascoli il territorio è meno impervio ed è da secoli caratterizzato dalla presenza di numerose malghe d’alpeggio. A separare le aree abitate della media e bassa montagna dalle zone di malga si innalza la rotondeggiante mole del Monte Busimo, ben visibile sin dalla pianura, che ha nei grandi faggi secolari la peculiarità più nota. Erbezzo ha segnato nei secoli il limite occidentale della colonizzazione cimbra, popolazione di origine bavarotirolese che, ha partire dal XIII secolo, si è insediata in diverse località delle prealpi venete e trentine tra cui la Lessinia centrale e orientale. La presenza cimbra è ancora riconoscibile per alcuni toponimi di località (lo stesso capoluogo era noto con la nomea cimbra Ran Bisan) e per le forme architettoniche delle “tede”, stalle con fienile che in zona presentano la doppia pendenza del tetto così come in tutta la Lessinia centro-orientale; questa peculiarità permetteva, in luoghi noti per l’accentuata permeabilità dei terreni e quindi di assenza di acque superficiali, di rallentare lo scioglimento delle nevi che stazionavano nel cambio di pendenza sul tetto e quindi di riuscire a conservare in apposite cisterne la maggior quantità possibile d’acqua.
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3. Veduta aerea, foto di Ferruccio Dall’Aglio. 4. Giassara malga Campedel, foto di Gianmarco Lazzarin. 5. Faggi monte Busimo, foto di Gianmarco Lazzarin.
Erbezzo, 25 - 26 Maggio 2013 5
Itinerario
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Dal paese di Erbezzo si prosegue per alcuni chilometri lungo la strada per Bivio del Pidocchio-Monte Castelberto, antica arteria militare costruita dal Genio Militare in meno di due mesi sul finire dell’estate del 1915, fino a raggiungere l’area di manovra dei bus in località Dossetto; da qui inizia il percorso a piedi, che prevede di proseguire lungo la strada asfaltata per alcune centinaia di metri fino a raggiungere il bivio per Malga Campedello.
della media Lessinia fino al Monte Baldo, al Lago di Garda, 6 alla media Pianura Padana e, in lontananza, alla catena dell’Appennino Tosco-Emiliano. Gli edifici di Malga Busimo, purtroppo in stato di abbandono, conservano le caratteristiche di quelle zone di malga di bassa quota, con una schiera comprendente la stalla, il vecchio “baito” per la produzione del formaggio e la “casara” per la stagionatura; della sezione di caseggiato si distinguono ancora il “logo del late”, con le caratteristiche finestre orizzontali, e il camino del “logo del fogo”, dove avveniva la trasformazione del latte in formaggio. Poco distante è presente la porcilaia, mentre a poche decine di metri, dentro una valletta, vi è la piccola “giassara”, parzialmente interrata. Lasciato il nucleo di manufatti, prima di ridiscendere verso Erbezzo, è d’obbligo una sosta sotto gli enormi faggi del Monte Busimo, esemplari monumentali visibili ad occhio nudo anche da alcuni quartieri di Verona e dall’alta pianura. Il percorso prosegue a ritroso fino al passaggio tra le malghe Busimo e Dardo, per poi deviare a destra e seguire una recente strada forestale, che scende in un bosco di faggio in via di conversione verso una gestione “ad alto fusto”. Lo stradello termina in un’altra strada sterrata ben più antica, la vecchia strada comunale che permetteva di collegare il paese e le contrade vicine agli alti pascoli lessinici; il percorso, ancora limitato ai lati da muri a secco e lastre di pietra infilate “a cortel” nel terreno, scende affiancando la piccola, ma caratteristica contrada Pontare, per poi raggiungere la strada asfaltata e quindi il bus per il rientro a Erbezzo.
I pascoli e gli edifici di questa malga si raggiungono rapidamente risalendo a sinistra uno stradello pavimentato; particolarmente interessante è la “giassara” della malga, manufatto con tetto in pietra eretto a copertura di una cavità artificiale, scavata per contenere il ghiaccio che si estraeva d’inverno da una vicina pozza e poi veniva riposto nella “giassara”. Il prezioso ghiaccio veniva estratto durante la stagione d’alpeggio, che a queste quote iniziava tra la fine di maggio e l’inizio di giugno per terminare alla fine di settembre, e veniva utilizzato per la produzione del burro e per la conservazione degli alimenti. Proseguendo lungo la strada che da qui diviene sterrata, si attraversa in breve il cancello d’ingresso a Malga Dardo, ampio alpeggio frazionato in due 5 proprietà; il percorso rimane sulla dorsale e affianca il nuovo Rifugio Dardo, sorto recuperando e ampliando un vecchio baito, mentre poche decine di metri più avanti, sulla sinistra, si può ammirare la grande mole del faggio gigante di Malga Dardo, enorme esemplare di Fagus sylvatica. Si oltrepassa una nuova recinzione che alterna informi reticolati a bei muretti a secco, per attraversare un particolare pascolo con numerosi bassi affioramenti di Rosso Ammonitico, che ricordano una piccola “città di roccia”; da questa zona si inizia a scorgere un panorama magnifico che si apre dalle vicine dorsali sottostanti 23
Evento culturale
Sabato 25 Maggio 2013, ore 21.00 “Cangrande della Scala, il Principe di Verona” Presentazione e proiezione in anteprima del documentario sulla vita di Cangrande della Scala e sulla signoria scaligera realizzato con il sostegno della Regione del Veneto, con il contributo della Provincia di Verona – Assessorato alla Cultura e Identità Veneta e in collaborazione con l’associazione Scaligeri.com e la cantautrice Patty Simon che ha curato la colonna sonora. Presenterà la proiezione Anna Lerario che ha diretto il docufilm e il produttore Antonio Bulbarelli di Video Cinema. Sala Ciclamino, via Roma Ingresso libero Per maggiori informazioni e prenotazioni: IAT VERONA 0458068680.
Da visitare
Malga Derocon
Il Formaggio Monte Veronese D.O.P.
Nel territorio di Erbezzo merita una visita l’Area FloroFaunistica di Malga Derocon, un’area di circa 55 ettari, 30 dei quali recintati in cui sono stati introdotti esemplari di cervo, capriolo e camoscio; inoltre sono osservabili marmotte e, in una piccola radura poco distante dal ben ristrutturato baito oggi adibito a rifugio alpino, alcune gabbie in cui sono rinchiusi perlopiù uccelli rapaci trovati feriti e custoditi presso il centro per essere curati in vista della successiva liberazione in natura.
Diversi sono i caseifici che nel territorio di Erbezzo producono, secondo le diverse stagionature previste, il sempre più pregiato Formaggio Monte Veronese D.O.P.; per promuovere e far conoscere ulteriormente questo pregiato prodotto della nostra montagna proprio a Erbezzo, l’ultima domenica di Maggio, viene organizzata la Festa del Formaggio Monte Veronese D.O.P., con banchetti per gli assaggi, stand enogastronimici e prodotti tipici e manifestazioni turistico culturali legate a questo simbolo della montagna veronese.
Punto di ritrovo
ERBEZZO | Provenendo da Verona, quindi sulla SP14a, tenere il centro di Erbezzo sulla destra e al bivio vicino al parcheggio comunale prendere a sinistra (SP13) verso Passo delle Fittanze – Sant’Anna D’Alfaedo. Proseguire per questa strada per alcune centinaia di metri ed imboccare la salita sulla destra direzione Castelberto – Malga Lessinia. Provenendo da Sant’Anna D’Alfaedo, SP13, la salita sarà sulla sinistra poco prima di raggiungere il centro di Erbezzo. Attenzione la strada verso Castelberto è stretta, il punto di ritrova sarà evidenziato lungo questa strada. Il parcheggio sarà da trovare lungo i lati della strada seguendo le indicazioni degli organizzatori in loco.
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