Alimentazione per lo sport e il benessere 1 Principi di nutrizione
Prefazione
Questo testo fa parte di un’opera in due volumi dedicata agli studenti dei Corsi di studio universitari (Lauree e Lauree Magistrali) nell’ambito delle Scienze Motorie e a tutti i lettori interessati ad approfondire la relazione tra corretta alimentazione, attività fisica e stile di vita. I Corsi di studio nell’ambito delle Scienze Motorie sono caratterizzati da un’ampia multidisciplinarietà. Lo studente affronta discipline tra loro molto diverse, quali anatomia, fisiologia, diritto, psicologia, sociologia, pedagogia ecc., oltre a quelle più strettamente sportive, quali teoria, tecnica e didattica degli sport. Questa multidisciplinarietà è indispensabile per la figura professionale che si vuole formare e per i ruoli che il laureato potrà svolgere nel mondo del lavoro. Tuttavia, per lo studente universitario ciò richiede il saper affrontare materie anche molto complesse senza aver avuto la possibilità di costruire una buona base di conoscenze in un particolare ambito.
Questa è stata la sfida che ci siamo posti nel progettare e realizzare quest’opera: scrivere un testo di livello universitario che, specialmente per il primo volume, pur non addentrandosi in modo approfondito in problematiche tipiche del settore biomedico, aiutasse il lettore a comprendere le basi nutrizionali del funzionamento del corpo umano nonché le specifiche esigenze nutrizionali indotte dall’attività motoria.
Nutrizione e alimentazione sono argomenti trattati in molti contesti e ambiti diversi, le fonti di informazione non mancano; quello che questo testo vuole fornire è un solido bagaglio di conoscenze di base con il quale poter filtrare in modo critico la massa delle informazioni circolanti.
Nella prima parte del primo volume (I nutrienti) vengono trattati i nutrienti, le loro principali fonti e i loro effetti sul metabolismo umano. Nella seconda parte (Elementi di fisiologia della nutrizione) vengono illustrate le basi di fisiologia necessarie alla comprensione dei processi di digestione degli alimenti, di assorbimento dei nutrienti in essi contenuti e di regolazione dell’assunzione dei nutrienti
in funzione della variazione della spesa energetica. Nella terza parte (Bioenergetica) vengono richiamati i principi della termodinamica e i principali concetti biochimici alla base del metabolismo energetico e le metodiche per il loro studio. Nell’ultima parte (Alimentazione applicata), vengono presentati alcuni argomenti di approfondimento, in particolare l’alimentazione nei diversi periodi della vita e i principi di alimentazione per lo sport.
Il secondo volume è dedicato soprattutto agli studenti dei Corsi di Laurea Magistrale e ai professionisti del settore dello sport. Partendo dallo stato di nutrizione del soggetto (Parte A, Stato di nutrizione), si indirizza il lettore ad analizzare i dettagli dell’alimentazione specifica per lo sport (Parte B, Alimentazione per lo sport), con approfondimenti dedicati sia a sportivi di alto livello sia a sportivi che seguono regimi nutrizionali particolari, come la dieta vegetariana, o con specifiche patologie, quale il diabete. Si prosegue (Parte C, Alimentazione per la salute) verificando la stretta correlazione relazione esistente tra stile di vita, alimentazione e salute. Pur nelle differenze strutturali tra i diversi ordinamenti delle Lauree Magistrali nell’ambito delle Scienze Motorie in Italia, si può affermare che in tutti i casi le relazioni tra nutrizione e sport e tra nutrizione e salute rappresentano il punto nodale. Pertanto, il lettore potrà approfondire le proprie conoscenze sulle migliori strategie nutrizionali per ottenere la massima efficienza atletica e sul ruolo della nutrizione nella salute per impostare uno stile di vita più corretto, contribuendo così a educare una società che attualmente insegue per lo più stili di vita che favoriscono l’insorgenza di malattie come arteriosclerosi, diabete e cancro.
Nelle società occidentali appare sempre più evidente che per migliorare la salute pubblica, più che chiedere alla medicina continui miracolosi progressi, è fondamentale modificare lo stile di vita, tenendo bene a mente che i due capisaldi di questo cambiamento sono: un’adeguata attività fisica e una corretta alimentazione.
I Curatori
Indice generale
2 .2.3
2 .2.4
2 .2.7
4 .3.1 Proteine alimentari a rilascio lento e veloce
.3.2 Digeribilità delle proteine
4.4 Qualità delle proteine e metodi di misura
4 .4.1
4.5 Fabbisogni proteici
4 .5.1 Avvicendamento proteico e bilancio azotato
4.6 Assunzione dietetica raccomandata (RDA) 60
4 .6.1 Proteine richieste per l’attività fisica
4 .6.2 Fonti proteiche a confronto
4 .6.3 Problemi associati al consumo eccessivo di proteine
BOX 4.2 – Attività fisica e disturbi del comportamento alimentare
4.7 Fabbisogni di amminoacidi
4 .7.1 Attività fisica e fabbisogni dei singoli amminoacidi
4 .7.2 C onsiderazione finale: analisi della digestione e del metabolismo
.2.2
.2.3
.2.4
5 .2.6 Vitamina H (biotina)
5 .2.7 Vitamina B 9 o acido folico
5 .2.8 Vitamina B12 (cobalamina)
5 .2.9 Vitamina C
5.3 Vitamine liposolubili
5 .3.1 Vitamina A (retinolo)
5 .3.2
5 .3.3
5 .3.4
CAPITOLO 6 ■ Nutrienti di origine inorganica
Antonio Di Giulio
6.1 Acqua
6 .1.1 Caratteristiche dell’acqua
6 .1.2 Acqua corporea
6 .1.3 Acqua e alimenti
6 .1.4 Acqua potabile e acque minerali
6.2 Sali minerali
6 .2.1 Macroelementi
6 .2.2 Microelementi e oligoelementi
6 .2.3 Altri minerali
CAPITOLO 7 ■ Bevande alcoliche e nervine
Antonio Di Giulio
7.1 Introduzione
7.2 Alcoli nell’alimentazione umana 117
7.3 Gradazione alcolica o titolo alcolometrico 119 BOX 7.1 – Il “french paradox” 120 BOX 7.2 – Effetti dell’alcol sulla guida 120
7.4 Assorbimento e metabolismo dell’alcol 122
7.5 Alcol e pratica sportiva, un binomio perdente 124
7.6 Bevande nervine: caratteristiche generali 126
7.7 Caffè, tè e bevande a base di cola 126
7.8 Caffeina 128
7.9 Caffeina e attività sportiva 131
CAPITOLO 8 ■ Conservazione e trasformazione degli alimenti 13 3
Barbara Ballotta
8.1 Introduzione 133
8.2 Principi di microbiologia degli alimenti 134
8.3 Shelf-life e profilo tecnologico 137
8.4 Metodi di conservazione degli alimenti a basse temperature 137
8 .4.1 Refrigerazione 137
8 .4.2 Congelamento 139
8 .4.3 Surgelazione 140
8 .4.4 Alterazioni degli alimenti congelati/surgelati 141
8.5 Metodi di conservazione degli alimenti ad alte temperature 143
8 .5.1 Pastorizzazione 143
8 .5.2 Sterilizzazione 146
8.6 Metodi di conservazione degli alimenti per sottrazione di aria
8 .6.1 Sottovuoto 148
8 .6.2 Atmosfera modificata 148
8.7 Metodi di conservazione degli alimenti per essiccazione 150
8 .7.1 Liofilizzazione 151
8.8 Metodi di conservazione degli alimenti con tecnologie atermiche 152
8 .8.1 Conservazione tramite alta pressione (HPP) 152 BOX 8.1 – Salmonella e salmonellosi 153
8 .8.2 Omogeneizzazione ad alta pressione 154
8.9 Active packaging 154
PARTE B – ELEMENTI DI FISIOLOGIA DELLA NUTRIZIONE
CAPITOLO 9 ■ Funzioni dell’apparato digerente 159
Giorgio Aicardi9.1 Elementi di anatomia funzionale 160
9.1.1 Il canale alimentare e gli organi ghiandolari associati 160
BOX 9.1 – Struttura del canale alimentare 161
9.1.2 Il sistema circolatorio dell’apparato digerente 162
9.2 Funzioni motorie del canale alimentare 16 3
9.3 Meccanismi di regolazione dell’apparato digerente 165
9.3.1 Regolazione nervosa delle funzioni dell’apparato digerente 165
9.3.2 Regolazione endocrina e paracrina delle funzioni dell’apparato digerente 166
9.4 Fasi della digestione 167
9.4.1 Fasi cefalica e orale 167
9. 4.2 Deglutizione 170
9.4.3 Fase gastrica 171
9.4.4 Fase intestinale 176
BOX 9.2 – Regolazione della secrezione gastrica di HCL 177
9.5 Meccanismi di digestione e assorbimento 185
9.5.1 Digestione e assorbimento dei glucidi 185
9.5.2 Digestione e assorbimento dei protidi 188
9.5.3 Digestione e assorbimento dei lipidi 189
9.5.4 Digestione e assorbimento degli acidi nucleici 192
9.5.5 Digestione e assorbimento delle vitamine 192
9.5.6 Assorbimento dell’acqua 193
9.5.7 Assorbimento dei sali minerali 194
9.6 Il microbiota dell’apparato digerente 195
CAPITOLO 10 ■ Regolazione dell’assunzione dei nutrienti 19 9
Fiorenza Stagni
10.1 Fame, appetito e sazietà 199 10.2 Meccanismi centrali che regolano l’assunzione dei nutrienti 199
10.3 Meccanismi periferici che regolano l’assunzione dei nutrienti 202
10.3.1 Segnali periferici a breve termine 202
10.3.2 Segnali periferici a lungo termine 204
10.4 Meccanismo della sete 204
PARTE C – BIOENERGETICA
CAPITOLO 11 ■ Cenni di bioenergetica 209
Marco Malaguti
11.1 Cenni di termodinamica 209
11.2 Il lavoro nei sistemi biologici 210
11.3 Forme di energia nei sistemi biologici 211
11.4 L’organismo ottiene energia dai nutrienti 213
11.4.1 Reazioni di ossidoriduzione 213
11.4.2 Produzione di ATP dall’ossidazione dei macronutrienti 214
11.4.3 Relazione tra il metabolismo lipidico e quello glucidico 215
11.5 Valore energetico dei nutrienti 216
11.5.1 Limite della bomba calorimetrica: il coefficiente di digeribilità 217
11.6 Metabolismo energetico nell’esercizio fisico 218
11.6.1 Attività di brevissima durata ed elevatissima intensità 218
11.6.2 Attività di breve durata ed elevata intensità 219
11.6.3 Attività di lunga durata e media intensità 219
11.7 Tipologie di fibre muscolari e utilizzo preferenziale delle diverse vie metaboliche 220
11.7.1 Fibre lente e veloci: differenze di composizione in funzione del tipo di attività 221
CAPITOLO 12 ■ Metodiche di valutazione del dispendio energetico 223
Marco Malaguti12.1 Fabbisogno energetico 223
12.2 Dispendio energetico 224
12.2.1 Metabolismo basale 224
12.2.2 Termogenesi da alimenti 227
12.2.3 Dispendio energetico da attività fisica 227
12.3 Tecniche di misurazione del dispendio energetico 227
12.3.1 Calorimetria diretta 227
12.3.2 Calorimetria indiretta 228
12.3.3 Metodi non calorimetrici: sensori indossabili, acqua doppiamente marcata, frequenza cardiaca 230
12.3.4 Metodo fattoriale per il calcolo del dispendio energetico: TAF, IEI, LAF e MET 231
PARTE D – ALIMENTAZIONE APPLICATA
CAPITOLO 13 ■ Alimentazione equilibrata e piramide alimentare
Cinzia Ferraris, Monica Guglielmetti
13.1 Alimentazione e salute
13.2 Fabbisogni e standard nutrizionali 241
13.3 Linee guida per una sana alimentazione 244
BOX 13.1 – Sintesi delle 13 linee guida per una sana alimentazione 245
13.4 Obiettivi nutrizionali e strategie di applicazione 247
13.5 Dieta mediterranea e piramide alimentare 249
CAPITOLO 14 ■ Alimentazione nei diversi periodi della vita 255
Antonello Lorenzini
BOX 14.1 – A qualsiasi età, vale sempre la pena migliorare la propria alimentazione
14.1 Gravidanza
14.1.1 Toxoplasmosi e listeriosi
14.1.2 Sindrome alcolica fetale
14.1.3 Diabete gestazionale
14.2 Allattamento
14.3 Bambini e ragazzi in età scolare (fino a 12 anni)
14.3.1 Obesità infantile
14.3.2 Sviluppo del senso di fame, di sazietà e del gusto
14.4 Adolescenti
14.5 Relazione tra sviluppo, patologie e longevità
14.6 Menopausa
14.7 Anziani
14.7.1 Anziani e dieta vegetariana
CAPITOLO 15 ■ Principi di alimentazione per lo sport 273 Cristina Angeloni
15.1 Macronutrienti ed energia
15.2 Carboidrati
15.3 Proteine
15.4 Lipidi
15.5 Mantenimento dell’equilibrio idrosalino
15.6 Integratori alimentari
15 .6.1 Nitrati
15 .6.2 Creatina
15 .6.3 Caffeina
15 .6.4 Integratori con effetto tampone
15.7 C onsiderazioni sull’alimentazione dell’atleta donna 291
APPENDICE
Gli OGM, organismi geneticamente modificati 299 Antonello Lorenzini
A.1 Naturale vs artificiale
A.2 Breve storia dell’agricoltura
A.3 L’avvento delle modificazioni genetiche consapevoli
A.4 Necessità di consapevolezza
analitico
CAPITOLO 1 Nutrizione: sfide moderne per una scienza antica
L’attenzione che l’essere umano ha rivolto alla scelta del cibo è iniziata in tempi antichi. Già Ippocrate, nato nel 460 a.C., diceva: «Fa che il cibo sia la tua medicina, e che la medicina sia il tuo cibo». Da allora, lo sviluppo delle tecniche agricole e di allevamento ha cambiato radicalmente il nostro modo di alimentarci. Grazie al più recente sviluppo delle scienze biomediche − e soprattutto dell’epidemiologia (la scienza che studia la distribuzione delle patologie nelle popolazioni) − oggi siamo molto più consapevoli − o almeno dovremmo esserlo − di quale cibo sia per noi “medicina” e quale lo sia invece meno.
Non c’è dubbio che uno studioso come il padre della medicina invidierebbe le nostre conoscenze sulla nutrizione, anche se probabilmente avrebbe non poche difficoltà a comprendere il motivo delle contraddizioni che ancora dobbiamo fronteggiare. Queste contraddizioni sono spesso legate non tanto alla mancanza di studi, quanto alla loro abbondanza e alla difficoltà che gli esperti hanno nell’integrare le conoscenze acquisite. Basti pensare che nei 6 anni precedenti la pubblicazione di questo capitolo sono stati pubblicati ogni anno circa 75 000 articoli scientifici riguardanti argomenti di nutrizione.
Gestire queste conoscenze è sempre più necessario in virtù dell’aumento della popolazione mondiale e del fatto che si stima che i fattori di rischio dietetici siano responsabili di 11 milioni di decessi e 255 milioni di DALY (anni di vita corretti per la disabilità, una misura della gravità globale di una malattia) all’anno (Global Burden of Disease Study, 2017).
In questo breve capitolo di apertura sarà presentata una panoramica delle principali problematiche e contraddizioni di questa scienza in continua evoluzione.
1.1 Obesità e denutrizione
Il sovrappeso e l’obesità dilagano sempre più rapidamente nel mondo occidentale. Nel 2016, più di 1,9 miliardi di adulti (età > 18 anni) erano in sovrappeso, corrispondenti al 39% degli adulti. Di questi, oltre 650 milioni erano obesi. Complessivamente, nel 2016 circa il 13% della popolazione adulta mondiale (11% degli uomini e 15% delle donne) era obeso. Dati del 2020 relativi ai bambini sotto i 5 anni riportano che 38,9 milioni fossero in sovrappeso od obesi. La prevalenza mondiale dell’obesità è quasi triplicata tra il 1975 e il 2016. Le stime della World Obesity Federation prevedono che, entro il 2030, un miliardo di persone nel mondo soffrirà di obesità (Figura 1.1).
Questi dati stridono fortemente con quelli relativi alle stime mondiali sulla denutrizione. Nel 2020 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stimato che a livello globale più di 460 milioni di persone fossero sottopeso, 149 milioni di bambini sotto i 5 anni fossero rachitici (troppo bassi per l’età, in inglese stunted ), 45 milioni
BOX 1.1
NUTRIZIONE PALEOLITICA
Vengono qui confrontati alcuni parametri della nostra dieta occidentale con i presunti parametri di quella che poteva essere l’alimentazione umana prima dell’avvento dell’agricoltura e dell’allevamento, cioè oltre 10 000 anni fa. Dai reperti, ovviamente, non è possibile stabilire l’incidenza di possibili malattie croniche legate a questo tipo di alimentazione e, anche avendo una macchina del tempo a disposizione, trasportare un dottore al Paleolitico per fargli valutare lo stato di salute dei sessantenni dell’epoca sarebbe del tutto inutile, perché semplicemente non ne troverebbe.
È infatti ragionevole stimare che la longevità delle popolazioni umane nel Paleolitico fosse di 25–30 anni, perché indipendentemente dalla relativa abbondanza dei diversi alimenti (per es., prevalenza di alimenti animali su quelli vegetali, prevalenza di alcuni vegetali su altri ecc.), i principali fattori che limitavano
Dieta “paleolitica”
la vita umana erano verosimilmente la discontinuità nell’approvvigionamento del cibo e le malattie infettive. Qual è allora il motivo di tanto interesse del mondo accademico – ma anche di quello non accademico – nel determinare qual era l’alimentazione paleolitica e i suoi possibili effetti sulla nostra salute?
L’evoluzione della specie agisce in tempi molto lenti e mentre 10 000 anni sono un tempo molto breve agli occhi della selezione naturale, i cambiamenti subiti in questo periodo dall’alimentazione umana sono stati drastici. Alcune delle domande alle quali si cerca risposta sono: siamo biologicamente più adattati all’alimentazione paleolitica o a quella attuale? Quale dei due stili alimentari si associa a una minore incidenza di cancro e malattie cronico-degenerative e quindi a una maggiore aspettativa di vita? Questi argomenti sono tuttora oggetto di approfondite ricerche.
Dieta occidentale
Assunzione calorica
Concentrazione calorica
Massa del bolo alimentare
Apporto di carboidrati
Apporto di zuccheri aggiunti e carboidrati raffinati (pasta e pane bianco)
Carico glicemico
Apporto di frutta e verdura
Capacità antiossidante
Apporto di fibre
Rapporto tra fibre solubili e insolubili
Apporto proteico
Apporto totale di grassi
Grassi che innalzano il colesterolo ematico
Grassi polinsaturi
Rapporto ω6:ω3
Acidi grassi essenziali a lunga catena
Apporto di colesterolo
Apporto di micronutrienti
Elettroliti
Più alta
Molto bassa
Più alta
Minore
Scarsissimo
Relativamente basso
Doppio
Maggiore
Maggiore
Quasi uguale
Maggiore
Equivalente
Minori
Maggiori
Quasi uguali
Maggiori
Maggiore
Maggiore
Molto più potassio
Produzione endogena acida netta (NEAP) Alcalina
Prodotti lattiero-caseari
Cereali
Apporto di acqua semplice
Modificata da Eaton et al., 2010.
Solo latte materno
Scarsi
Maggiore
Minore
Alta
Minore
Più alto
Molto superiore
Alto
Metà
Minore
Minore
Maggiori le insolubili
Minore
Equivalente
Maggiori
Minori
Molto maggiori gli ω6
Minori
Minore
Minore
Più sodio
Acida
Molto superiore
In quantità elevate
Minore
CAPITOLO 2 Glucidi
2.1 Glucidi
I glucidi (dal greco glykys, dolce) più semplici sono anche chiamati saccaridi (dal latino saccharum, zucchero) a causa del loro sapore dolce.
Il termine carboidrati significa “idrati del carbonio” ed è equivalente ai termini glucidi o saccaridi poiché descrive la struttura chimica della stessa categoria di molecole. I carboidrati costituiscono le molecole più abbondanti in natura e rappresentano una fonte di energia notevole, ma sono anche componenti strutturali importanti, per esempio si trovano nella cellulosa e nella chitina, nei glicolipidi, nelle glicoproteine e negli acidi nucleici. I carboidrati svolgono svariate funzioni, tra cui quella energetica è senza dubbio preponderante, in quanto dal catabolismo di queste molecole si ricava più della metà dell’energia nell’ambito di una dieta normocalorica.
■ 2.1.1 Natura chimica dei glucidi o carboidrati
La formula bruta dei carboidrati è, nella maggior parte dei casi, (CH2O)n con n = 3–8. Dal punto di vista chimico sono derivati aldeidici o chetonici di alcoli e classificati in tre categorie: monosaccaridi, oligosaccaridi e polisaccaridi.
I monosaccaridi sono le unità molecolari più piccole e non legate ad altre molecole. I gruppi funzionali presenti sono il gruppo carbonilico e molti gruppi ossidrilici grazie ai quali sono tutti solubili in acqua. Si distinguono in aldosi o chetosi a seconda se il gruppo carbonilico risulti aldeidico o chetonico. I monosaccaridi costituiti da cinque (pentosi) e da sei (esosi) atomi di carbonio sono i più abbondanti in natura e fondamentali dal punto di vista nutrizionale. In soluzione acquosa questi zuccheri sono presenti in forma ciclica e non in forma lineare, in quanto il gruppo carbonilico reagisce con un gruppo ossidrilico formando un emiacetale o emichetale. Dopo la ciclizzazione il carbonio carbonilico diventa un centro chirale e si chiama anomerico Il gruppo ossidrilico del carbonio anomerico può essere situato verso il basso α-glucosio o verso l’alto β-glucosio (Figura 2.1). Tra i monosaccaridi quello selezionato dalle cellule animali come fonte energetica eletta è il glucosio, costituito da sei carboni e contenente un gruppo aldeidico (aldoesoso). L’energia estratta dal glucosio può derivare dal catabolismo aerobico, ma anche da quello anaerobico nel muscolo striato e negli eritrociti. Il fruttosio è un monosaccaride chetoesoso, isomero del glucosio. La fonte principale del fruttosio è il disaccaride saccarosio, che ha un potere dolcificante più alto e quindi può essere impiegato meglio come dolcificante. Il fruttosio, come anche il monosaccaride galattosio, può essere trasformato in glucosio. Il fruttosio si trova nella dieta anche come monosaccaride libero perché è contenuto in grandi quantità nella frutta, nel miele e nello sciroppo di granturco.
Il legame tra il carbonio anomerico di un’unità monosaccaridica e un gruppo ossidrilico di un’altra unità si chiama legame glicosidico e caratterizza tutti gli oli-
Gruppo carbonilico o carbonile
Gruppo funzionale formato da un atomo di carbonio e uno di ossigeno legati da un doppio legame (C=O).
Emiacetale o semiacetale
Composto organico derivante dalla reazione fra un gruppo aldeidico e un gruppo alcolico. Ha una grande rilevanza per la formazione della forma ciclica degli aldosi, la classe di glucidi caratterizzata dalla presenza di una funzione aldeidica.
Legame glicosidico
Legame fra il gruppo emiacetalico di uno zucchero con un atomo di ossigeno, di azoto o (più raramente) di zolfo. I legami che ne derivano sono detti rispettivamente
O -glicosidici, N-glicosidici e S-glicosidici. La molecola che si forma è detta glucoside.
Figura 2.1 Struttura di α-glucosio e β-glucosio.
Catena principale
Maltosio
Saccarosio
Lattosio
Amilosio Amilopectina
2.3 Struttura dell’amido e della cellulosa.
Glicosidasi
Enzimi appartenenti alla classe delle idrolasi deputati alla scissione per idrolisi del legame glicosidico.
Cellulosa
gosaccaridi e i polisaccaridi; l’idrolisi di questo legame è catalizzata dagli enzimi glicosidasi. Per oligosaccaridi si intendono per convenzione i carboidrati costituiti da più unità monosaccaridiche (fino a un numero di 10–12), mentre i polisaccaridi sono polimeri complessi ad alto peso molecolare.
I disaccaridi sono costituiti da due unità monosaccaridiche e i più comuni sono il maltosio, il saccarosio e il lattosio (Figura 2.2). Il maltosio, costituito da due molecole di glucosio legate con un legame α(1,4) glicosidico, è il prodotto di idrolisi enzimatica dei due polisaccaridi amido e glicogeno. È abbondante nella birra, nei cereali e nei germogli. Il saccarosio (il comune zucchero da tavola) è il disaccaride più abbondante presente in tutto il regno vegetale, costituito da un’unità di glucosio legata a una di fruttosio. Viene estratto dalla canna da zucchero o dalla barbabietola. Il lattosio è lo zucchero contenuto nel latte costituito da glucosio legato a galattosio da un legame β(1,4) glicosidico; è il meno dolce dei disaccaridi e può essere prodotto anche artificialmente. Questo zucchero è scisso nei due monosaccaridi dall’enzima lattasi contenuto nei villi intestinali, che è abbondante nei neonati; alcuni adulti ne sono privi e sono quindi intolleranti al lattosio. I polisaccaridi sono carboidrati che contengono più di dieci unità monosaccaridiche legate con legami glicosidici (Figura 2.3). Tre importanti polisaccaridi sono
Funzioni dell’apparato digerente 9
L’apparato digerente è costituito essenzialmente dal canale alimentare , che comprende la cavità orale, la faringe, l’esofago, lo stomaco e l’intestino, e dagli organi ghiandolari a esso associati che riversano le loro secrezioni all’interno del canale stesso (Figura 9.1). Questo apparato svolge le funzioni fondamentali di digerire gli alimenti, assorbire nel sangue i nutrienti in essi contenuti ed eliminare i prodotti di scarto. Poiché molti degli alimenti ingeriti:
• sono in forma solida, è necessaria l’azione meccanica della masticazione per ridurli in dimensioni tali da poter essere deglutiti, e la triturazione più fine operata dalle contrazioni gastriche e intestinali;
• sono costituiti da molecole che non sono in grado di attraversare le membrane cellulari per essere assorbite nel sangue, è necessaria anche un’azione chimica/chimico-fisica (svolta da molte molecole tra cui in particolare gli enzimi
Cavità orale
Ghiandole salivari maggiori:
• parotide
• sottolinguale
• sottomandibolare
Fegato
Cistifellea (o colecisti) Esofago
Intestino tenue
Milza
Pancreas
Intestino crasso
Figura 9.1 Disposizione anatomica degli organi dell’apparato digerente. La figura mostra il canale alimentare (cavità orale, faringe, esofago, stomaco, intestino tenue e intestino crasso) e gli organi ghiandolari ad esso associati (ghiandole salivari maggiori, fegato e pancreas).
Nel loro complesso, le secrezioni esocrine dell’intestino tenue (meno di 5 mL/ora) hanno un ruolo prevalentemente lubrificante e di protezione dalla mucosa. Poiché comprendono anche gli enterociti che si sfaldano, contribuiscono anche alla digestione in quanto gli enzimi di membrana possono continuare ad agire per un po’ di tempo all’interno del lume. Le secrezioni sono stimolate dal sistema parasimpatico e da riflessi locali indotti da stiramento, sostanze chimiche, acidità e aumento di osmolarità (come nel riflesso peristaltico di Bayliss e Starling).
Nell’intestino tenue si attua la maggior parte dei processi di digestione degli alimenti e di assorbimento dei nutrienti. Oltre agli enzimi che si trovano nell’orletto a spazzola degli enterociti e che continuano ad agire anche dopo lo sfaldamento della mucosa, sono indispensabili per questi processi anche gli enzimi e l’HCO3 secreti dal pancreas e la bile secreta dal fegato.
Secrezione pancreatica esocrina
Il pancreas si trova posteriormente allo stomaco e si estende lateralmente dal duodeno alla milza (Figura 9.13). È una ghiandola mista, cioè a secrezione sia endocrina sia esocrina. La parte endocrina è costituita dalle cellule delle isole di Langerhans, che producono insulina, glucagone, somatostatina e polipeptide pancreatico. La parte esocrina, che occupa circa il 99% del volume pancreatico, è costituita dalle cellule degli acini pancreatici, che secernono enzimi e proenzimi, e dalle cellule dei dotti pancreatici, che secernono ioni, tra cui è particolarmente importante l’HCO3 per neutralizzare l’acidità del chimo; la componente acquosa della secrezione pancreatica esocrina proviene soprattutto dalle cellule dei dotti. La secrezione raggiunge il duodeno attraverso due dotti: il dotto pancreatico principale (di Wirsung), che sbocca a livello della papilla duodenale maggiore, e il dotto pancreatico accessorio (di Santorini) che sbocca nella papilla duodenale inferiore (Figura 9.13).
Dotto epatico destro
Fegato
Dotto epatico comune
Dotto cistico
Cistifellea (o colecisti)
Dotto biliare (o coledoco)
Papilla duodenale minore
Papilla duodenale maggiore
Duodeno
S ntere di Oddi
Dotto epatico sinistro
Endotelio
Dotto pancreatico principale
Dotto pancreatico accessorio
Canalicolo biliare
Dotto biliare intralobulare
Ramo della vena porta (v. interlobulare)
Ramo dell’arteria epatica (a. interlobulare)
Lamina cellulare
Epatocita
Sinusoidi
centrale (v. centrolobulare)
Figura 9.13 Fegato, cistifellea e pancreas. A sinistra è illustrata la disposizione anatomica del fegato, della cistifellea, del pancreas e dei relativi dotti, che sboccano nel duodeno. A destra è illustrata la struttura di una parte di un lobulo epatico; le frecce bianche indicano la direzione del flusso del sangue e della bile.
CAPITOLO
Cenni di bioenergetica 11
Con il termine “bioenergetica” si intende quell’insieme di reazioni biochimiche che compongono il metabolismo energetico cellulare analizzate dal punto di vista delle variazioni di energia libera. Con riferimento agli organismi eterotrofi, la bioenergetica studia le reazioni che portano a estrarre energia dai nutrienti per utilizzarla nei processi di sintesi di nuove macromolecole e nello svolgimento di tutte le altre funzioni cellulari. Dal punto di vista macroscopico, si tratta quindi dei meccanismi che permettono agli organismi animali non solo di compiere le azioni quotidiane, ma anche di svilupparsi, crescere e mantenere una condizione di omeostasi durante la vita adulta. Le reazioni biochimiche che intervengono nell’estrarre energia dai nutrienti e nel suo utilizzo da parte dei tessuti sono numerose e complesse; obiettivo di questo capitolo sarà richiamare alcuni concetti di termodinamica e biochimica per descrivere questi processi.
11.1 Cenni di termodinamica
Le reazioni bioenergetiche devono chiaramente sottostare alle regole imposte dalla termodinamica, di cui possiamo richiamare qui le due leggi fondamentali.
La prima, nota come primo principio della termodinamica, ci dice che l’energia non si crea e non si distrugge, ma piuttosto si può trasformare in forme differenti ed essere trasferita da una zona all’altra. Per esempio, l’energia immagazzinata sotto forma di legami chimici nei combustibili fossili può essere trasformata in calore attraverso una reazione di combustione; allo stesso modo, a livello della cellula animale, i nutrienti possono essere ossidati per fornire l’energia necessaria allo svolgimento di lavoro meccanico, o per sostenere la crescita, lo sviluppo e il trofismo dell’organismo stesso.
Il secondo principio della termodinamica ci dice che una macchina termica non può convertire in lavoro tutta l’energia che essa assorbe, ma sicuramente una parte di essa sarà trasferita all’ambiente sotto forma di calore. Si introduce così il concetto di rendimento di una macchina, inteso come il rapporto tra l’energia convertita in lavoro rispetto a quella assorbita. Queste considerazioni ci permettono quindi di dedurre che sicuramente una macchina termica avrà sempre un rendimento inferiore a 1, poiché assorbirà più energia di quanta ne riesca a convertire in lavoro e la differenza sarà ceduta all’ambiente e dispersa sotto forma di calore.
Oltre a questo assunto, discende dal secondo principio della termodinamica anche un altro concetto, quello di entropia. In termodinamica classica l’entropia è una grandezza che quantifica l’indisponibilità di un sistema a produrre lavoro. In base a questa definizione si può dire, in modo non rigoroso ma esplicativo, che, quando un sistema passa da uno stato ordinato a uno disordinato, la sua entropia aumenta; questo fatto fornisce indicazioni sulla direzione in cui evolve spontaneamente un
Tabella 12.5 IEI di alcune attività discrezionali da applicarsi per il calcolo del fabbisogno energetico di adolescenti, adulti, anziani.
IEI
Cure personali
Igiene personale 2,50
Pasti 1,50
Dormire e riposo 1,00
Attività produttive
Istruzione 1,50
Cura della casa 2,50
Cura dei figli 3,00
Acquisti, spesa 2,50
Tempo libero
Attività sportive 6,00
Attività religiosa, civile, politica 1,80
Camminate 4,00
Lettura 1,10
TV,
Tabella 12.4 Formule predittive per il calcolo del metabolismo basale.
Formule di Harris-Benedict (kcal/giorno)
Uomini 66,5 + 13,75 [peso (kg)] + 500 [statura (m)] 6,75 [età (anni)]
Donne 655 + 9,56 [peso (kg)] + 185 [statura (m)] 4,67 [età (anni)]
Bambini 22,1 + 31,05 [peso (kg) + 116 [statura (m)]
Modificata da Harris & Benedict, 1919.
Età (anni)
Formule di Schofield (kcal/giorno)
Maschi
Femmine < 3 59,512 [peso (kg)] 30,4 58,317 [peso (kg)] 31,1
Modificata da FAO/WHO/UNU, 2001. Formule di Mifflin-St
Jeor (kcal per giorno)
Modificata da Mifflin et al.,1990.
Per chiarire l’utilizzo del TAF facciamo un esempio: un soggetto adulto che ha un metabolismo basale di 1704 kcal cammina a ritmo sostenuto per 2 ore: quanta energia consuma nelle 2 ore di camminata sapendo che il TAF di questa attività è 4?
• Per prima cosa sarà necessario risalire al metabolismo basale orario: 1704 kcal/ 24 h = 71 kcal/h.
• A questo punto possiamo calcolare l’energia spesa durante la camminata, che sarà ottenuta moltiplicando il metabolismo basale orario per l’IEI per il tempo dedicato a questa attività: 71 kcal/h × 4 × 2 h = 568 kcal.
Nell’esempio il soggetto spenderà 568 kcal camminando per 2 ore. La Tabella 12.5 descrive gli IEI di alcune semplici attività quotidiane, mentre la Tabella 12.6 descrive i TAF di alcune attività sportive.
* Espresso come multiplo del metabolismo basale. Modificata da FAO/WHO/UNU, 2001.
CAPITOLO Principi di alimentazione per lo sport 15
L’importanza della nutrizione nel migliorare la prestazione sportiva era già nota ai tempi dell’antica Grecia. Gli atleti olimpici, infatti, seguivano particolari regimi alimentari sotto la guida di speciali allenatori privati chiamati “pedotribi ”. Si narra che nel 500 a.C. il leggendario lottatore Milone, dominatore della scena olimpica per 24 anni consecutivi, dovesse la sua forza a un crono-programma alimentare perfettamente studiato. Più di dieci chili di carne al giorno e abbondante vino erano le basi della sua alimentazione attentamente seguita da un nutrizionista d’eccezione, Pitagora. Da allora la nutrizione sportiva ha fatto passi da gigante e, oltre ad avere come obiettivo il miglioramento delle prestazioni atletiche promuovendo l’adattamento all’allenamento, favorendo un recupero rapido dopo ogni sessione di allenamento e ottimizzando le prestazioni durante la competizione, ha l’ulteriore obiettivo di promuovere la salute dell’atleta. Nella stesura di un piano alimentare per uno sportivo i fattori essenziali che devono essere tenuti in considerazione sono quindi la sua storia sanitaria, la bioenergetica dello sport praticato, il tempo dedicato all’allenamento e alle gare, la disponibilità di cibo, l’organizzazione della sua giornata, e, non meno importante, le sue preferenze alimentari.
Purtroppo, nonostante sia ormai dimostrata l’importanza dell’alimentazione nell’ottimizzare la prestazione sportiva e nel mantenere un buono stato di salute, molti atleti non si rivolgono a professionisti specializzati quali dietologi, nutrizionisti o medici sportivi, ma si affidano a figure professionali non competenti che, prive delle appropriate conoscenze scientifiche, possono compromettere non solo la performance atletica, ma la salute stessa dell’atleta.
15.1 Macronutrienti ed energia
Durante l’attività fisica si ha un incremento del dispendio energetico che può variare da poche kcal a migliaia di kcal in atleti d’élite che competono in gare lunghe ed estenuanti. Per questa ragione uno degli obiettivi primari della nutrizione per ottimizzare la prestazione sportiva è assicurare un apporto calorico che compensi la spesa energetica. Allenamenti di 30–40 minuti al giorno per 3 volte alla settimana non richiedono un incremento di calorie rispetto a una normale dieta. Quando però il livello di allenamento aumenta, per frequenza, intensità e durata (per es., 2–3 ore al giorno di esercizio intenso eseguito 5–6 volte alla settimana), il fabbisogno calorico può raggiungere le 40–70 kcal/kg di peso corporeo al giorno (2000–7000 kcal/die per atleti di 50–100 kg). Per gli atleti d’élite, durante un allenamento particolarmente intenso o durante una competizione, questi valori possono addirittura essere superati. Per esempio, è stato osservato che i ciclisti impegnati nel Tour de France possono avere una spesa energetica fino a 12 0 00 kcal al giorno. Spesso è molto difficile assumere il quantitativo di cibo sufficiente per soddisfare le richieste energetiche, soprattutto
15.6 Integratori
alimentari
Il Decreto legislativo 169/2004 («Attuazione della direttiva 2002/46/CE relativa agli integratori alimentari») definisce gli “integratori alimentari” come prodotti alimentari che hanno l’obiettivo di integrare una dieta normale. Possono essere fonti concentrate di nutrienti o di altre sostanze come vitamine, minerali, amminoacidi, acidi grassi essenziali, fibre e vari estratti di piante ed erbe con un effetto nutrizionale o fisiologico, da soli o in combinazione. Questi prodotti sono commercializzati in forme predosate come capsule, pastiglie, compresse, pillole, bustine, ampolle di vetro ecc. ma, nonostante ciò, non sono farmaci. Proprio perché non appartengono a quest’ultima categoria, non vi è alcun obbligo di sottoporli a rigorosi controlli prima di commercializzarli. Rispetto alla produzione di un normale alimento, un integratore alimentare può essere immesso in commercio solo dopo che l’etichetta è stata comunicata al Ministero della Salute che si limita a valutarne la conformità in relazione alla tipologia di ingredienti e al rispetto di determinati livelli di dosaggio. Gli integratori alimentari per sportivi sono prodotti utilizzati dagli atleti per migliorare le prestazioni, favorire il recupero e sostenere l’adattamento all’allenamento. Negli ultimi anni il loro consumo in ambito sportivo è notevolmente incrementato, spingendo la ricerca scientifica a valutarne efficacia e sicurezza d’uso. La prevalenza dell’uso di integratori alimentari da parte degli atleti a livello internazionale è stata stimata variare tra il 40 e il 90%, con una maggiore prevalenza riportata tra gli atleti di élite. Mentre alcuni integratori sono supportati da solide evidenze scientifiche riguardo la loro capacità di promuovere le prestazioni sportive, il recupero o avere, in generale, un effetto positivo sulla salute dell’atleta, per altri vi sono ancora numerosi dubbi e incertezze non solo relativamente all’efficacia, ma anche alla loro sicurezza. Tra i diversi integratori per sportivi solo pochi sono supportati da studi scientifici robusti che ne dimostrano un reale effetto, tra cui la caffeina, la creatina, i nitrati, la β-alanina, il bicarbonato di sodio, i carboidrati e le proteine.
Sebbene gli integratori alimentari non siano farmaci, è comunque fondamentale prestare attenzione alle indicazioni di dosaggio e ai tempi di assunzione o timing e ai potenziali effetti collaterali. Per esempio, una dose di 20 g di proteine ha un effetto maggiore nell’attivare la segnalazione mediata da mTOR nel muscolo scheletrico rispetto a 10 g, mentre dosi troppo elevate di bicarbonato di sodio (> 300 mg/kg) possono causare fastidi gastrointestinali.
Per quanto riguarda il timing, come sottolineato nel paragrafo 15.3, la sintesi proteica muscolare può essere maggiore con l’assunzione di proteine dopo esercizi di forza e potenza rispetto all’assunzione prima dell’esercizio. Si ricordi inoltre che gli integratori, oltre a presentare possibili effetti collaterali, potrebbero interagire con i farmaci modificandone l’efficacia.
Un altro aspetto da non trascurare è la potenziale presenza di contaminanti o ingredienti non dichiarati in etichetta, che potrebbero comportare il rischio di violazioni accidentali delle regole antidoping. Per ridurre questo rischio sarebbe opportuno che gli atleti utilizzassero integratori prodotti da aziende serie e affidabili, evitando il fai da te e rivolgendosi a esperti del settore quali medici, nutrizionisti sportivi e farmacisti. Per tutelare gli atleti da questo punto di vista, sono nati enti che testano in maniera indipendente l’eventuale presenza negli integratori della maggior parte delle sostanze vietate, rilasciando una certificazione a quegli integratori che non ne contengono. Uno tra questi è l’NSF’s Certified for Sport ® (www.nsfsport.com).
Infine, anche se gli integratori alimentari possono svolgere un ruolo significativo nell’aiutare gli atleti a consumare la giusta quantità di calorie, macronutrienti e micronutrienti, deve essere sempre ricordato che questi non possono sostituire una dieta sana.
Di seguito verranno presi in considerazione solo gli integratori alimentari per sportivi la cui sicurezza ed efficacia sono supportate da chiare evidenze scientifiche; non verranno trattati proteine e carboidrati, ampiamente discussi in precedenza.
■ 15.6.4 Integratori con effetto tampone
Gli integratori appartenenti a questa classe agiscono andando a contrastare l’acidità muscolare che si verifica in risposta a un’attività contrattile intensa in cui il muscolo fa principalmente affidamento sulla glicolisi anaerobica per la produzione di energia con conseguente accumulo di lattato e ioni H+. In queste condizioni, il muscolo perde temporaneamente gran parte della sua capacità di generare forza e potenza in un processo definito come affaticamento. Sebbene le cause esatte della fatica a livello muscolare continuino a essere oggetto di dibattito, si ritiene che l’acidosi muscolare sia un importante fattore contributivo per l’insorgere della fatica a causa degli effetti inibitori degli ioni H+ sugli enzimi glicolitici e sulla sensibilità al Ca 2+ .
Bicarbonato di sodio
Il bicarbonato (HCO3 ) è un tampone extracellulare che regola il pH del sangue. In particolare, in presenza di un acido forte, gli ioni bicarbonato agiscono come una base debole, reagendo con gli ioni idrogeno rilasciati dall’acido e formando acido carbonico.
Sebbene i meccanismi ergogenici del bicarbonato di sodio non siano ancora stati del tutto chiariti, la sua azione come tampone extracellulare è un meccanismo ampiamente accettato. Agisce a livello extracellulare poiché HCO3 non riesce ad attraversare il sarcolemma. Il bicarbonato si accumula, quindi, nel sangue determinando un aumento di pH. L’aumento del pH extracellulare porta a un maggior gradiente di concentrazione di H+ tra il muscolo e il sangue, favorendo il co-trasporto di H+ e lattato fuori dalle cellule muscolari in esercizio (Figura 15.5).
Gli studi dimostrano che il bicarbonato di sodio può essere particolarmente efficace nel migliorare le prestazioni in attività anaerobiche intense e di durata tra 1 e 7 minuti. Va inoltre sottolineato che l’efficacia del bicarbonato di sodio può variare tra gli individui e in base al tipo di attività sportiva. Alcuni atleti possono trarre maggiori benefici dal bicarbonato di sodio rispetto ad altri, a seconda delle loro caratteristiche fisiologiche e del metabolismo dell’acido lattico. Pertanto, è importante che gli atleti sperimentino il bicarbonato di sodio in allenamento prima di utilizzarlo in una competizione per valutarne la sua efficacia individuale.
Per quanto riguarda la dose ottimale di bicarbonato di sodio, dagli studi emerge che la dose di 0,1 g di bicarbonato di sodio per kg di peso corporeo sia una dose
fluenzato da fattori come il ciclo mestruale, l’uso di contraccettivi e la gravidanza. L’apporto energetico è spesso ridotto nelle atlete, e questo può essere dovuto a diverse cause. Gli ormoni sessuali femminili, come gli estrogeni e il progesterone, hanno un impatto significativo sull’utilizzo dei substrati energetici e sulla cinetica del glucosio, influenzando la risposta all’esercizio fisico e l’equilibrio proteico. Anche l’idratazione delle atlete può essere influenzata dagli ormoni sessuali, con effetti sulla sensibilità osmotica della sete e del rilascio di vasopressina. Le donne hanno anche un volume di acqua totale inferiore rispetto agli uomini, rendendole più suscettibili agli effetti della disidratazione indotta dall’esercizio. Inoltre, le atlete sono a rischio di carenze di micronutrienti, in particolare di ferro. Ulteriori ricerche in questo campo sono necessarie per migliorare la comprensione delle esigenze nutrizionali delle atlete e fornire linee guida più precise e adeguate.
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Antonio Di Giulio Antonello LorenziniMarco Malaguti
Alimentazione per lo sport e il benessere 1
Principi di nutrizione
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Organizzato in due volumi, Alimentazione per lo sport e il benessere è un testo pensato soprattutto per chi studia Scienze Motorie, un corso la cui caratteristica principale è la multidisciplinarietà. Vi si affrontano infatti discipline tra loro molto diverse – anatomia, fisiologia, diritto, psicologia, sociologia, pedagogia, oltre a svariate discipline motorie e sportive –, indispensabili per la figura professionale che il corso intende formare, per ognuna delle quali è difficile, tuttavia, poter avere buone basi di conoscenza su cui costruire.
Quest’opera aiuta a comprendere le basi nutrizionali del funzionamento del corpo umano e le modificazioni funzionali indotte dall’attività motoria, anche con riferimento alle condizioni ambientali nelle quali si svolge, evitando però di addentrarsi troppo nelle problematiche tipiche del settore biomedico. Il primo volume, Principi di nutrizione, introduce alle conoscenze fondamentali relative alla nutrizione. La prima sezione analizza le differenti classi di macro- e micronutrienti, con attenzione al loro utilizzo e a come influenzano l’esercizio fisico; la seconda tratta la fisiologia della nutrizione e la regolazione dell’assunzione dei nutrienti; la terza affronta gli aspetti bioenergetici e il dispendio d’energia nell’esercizio fisico; la quarta e ultima è dedicata alle strategie per un equilibrio nutrizionale e una corretta alimentazione nei diversi periodi della vita, e ai principi di alimentazione per il wellness e lo sport. Il secondo volume, Nutrizione applicata per lo sport e la salute, affronta gli aspetti più specifici della nutrizione per chi fa sport ad alto livello e per l’esercizio fisico in particolari condizioni di salute.
Antonio Di Giulio è professore di Biochimica presso l’Università degli Studi dell’Aquila.
Antonello Lorenzini è professore di Biochimica presso l’Alma Mater Studiorum Università di Bologna.
Marco Malaguti è professore di Biochimica presso l’Alma Mater Studiorum Università di Bologna.