Andrea Rodighiero
Sabina Mazzoldi Dino Piovan
Civiltà letteraria della Grecia antica
INDICE GENERALE
Prefazione IX
Trasmissione e conservazione dei testi greci 1
DALL’ETÀ ARCAICA AL V SECOLO
Inquadramento storico 4
1. L’orizzonte politico e geografico della Grecia pre-storica, 4; 2. Dalla prima colonizzazione all’età della pólis, 5
Le origini. Cultura e scrittura prima di Omero 8
1. La cultura dei palazzi, 8; 2. Una lingua senza letteratura: dalla Lineare A alla Lineare B, 8; 3. Verso Omero, 9
Epica
Omero 10
1. La tradizione epica, 10; 2. Omero fra realtà e fantasia, 10; 3. Le origini orali dei poemi omerici, 11; 4. Dall’oralità alla scrittura: aedi e rapsodi, 13; PERCORSI La questione omerica, 14; 5. Archeologia e storia, 15; 6. Temi e strutture dell’Iliade e dell’Odissea, 16; TEMI E TRAME L’Iliade, 17; TEMI E TRAME L’Odissea, 18; 7. Gli eroi e la loro etica, 19; 8. Le donne dell’epos, 21; 9. Dèi ed esseri umani, 22; 10. La lingua e il metro, 23; LE PAROLE DELLA
CRITICA L’«eroe mortale», 24
Omero ‘minore’ 25
1. Agone, Epigrammi, Batracomiomachia e Margite, 25; 2. Gli Inni omerici, 25; 3. I poemi del Ciclo, 27
Esiodo • Un poeta e la sua identità
1. Il poeta dice ‘io’ , 28; 2. La poesia esiodea e il suo pubblico, 29; 3. Fondare il mondo, ordinare il cosmo: la Teogonia, 30; TEMI E TRAME La Teogonia, 32; 4. Il Catalogo delle donne: genealogie mitiche, 32; 5. L’etica e le stagioni: Opere e giorni, 33; TEMI E TRAME Opere e giorni, 34; 6. Altre opere attribuite a Esiodo, 35; LE PAROLE DELLA CRITICA Esiodo: crisi agraria o indebolimento dell’aristocrazia?, 35
Lirica
La poesia lirica e le sue forme
1. Nascita di un genere: il nome, il poeta e il suo pubblico, 36; PERCORSI Il simposio nella cultura greca, 38; 2. Problemi di classificazione, 39; LE PAROLE DELLA CRITICA Generi dai confini labili, 40; 3. Le forme e i temi della lirica, 41; 4. Una poesia per musica, 43; PERCORSI Gli strumenti musicali dell’antica Grecia, 44
■ Giambo ed elegia
za scudo, 45; 3. ‘Il più omerico’ dei poeti, 46; PERCORSI L’iscrizione di Mnesiepes, 47
Semonide • La satira
1. Una biografia di difficile ricostruzione, 48; 2. La produzione e i destinatari, 48; 3. Lingua, stile, metro, 49
Ipponatte • L’invettiva
1. Identità di Ipponatte tra invettive, biasimo e parodia, 49; 2. Originalità di metri, stile e lingua, 50
Callino e Tirteo • L’elegia guerriera
1. Canto e combattimento, 50; 2. Callino e la parenesi, 51; 3. Tirteo e la propaganda, 51; PERCORSI Il dialetto ionico a Sparta, 52
Solone • Atene, la politica, la poesia
1. Atene e la politica, 53; 2. Elegie simposiali e pubbliche, 53; 3. Le forme: una scelta di equilibrio, 55
Mimnermo • Giovinezza e vecchiaia
1. Biografia di un auleta, 55; 2. La modernità di un canto antico, 55
Teognide e Focilide • Poesia e simposio
1. Identità di Teognide, poeta a simposio, 56; 2. Focilide: un poeta che si firma, 58
Senofane • Versi ‘sapienziali’
1. Biografia di un ‘saggio’, 58; 2. Una produzione varia, 59
48
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■ Canto corale e canto solista tra VII e VI secolo a.C. 60
Alcmane • Cori di giovani
1. Uno ionico a Sparta, 60; 2. Parteni e altri componimenti, 60
Stesicoro • Cori epici e cori pretragici
1. Stericoro, un ‘Omero lirico’, 62; 2. Cantare gli eroi: temi, forme ed esecuzione, 62; 3. Lingua e stile, 64
Alceo • Poesia tra Lesbo e l’esilio
1. Alceo a Lesbo, 64; 2. Il simposio, la politica e l’eros; il mito e la religione, 64; PERCORSI Poesia e musica a Lesbo, 66; 3. Aspetti di lingua e di stile, 66; LE PAROLE DELLA CRITICA La nave stato, 67
60
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45
Archiloco • Un poeta senza scudo 45
1. Aristocratico o mercenario?, 45; 2. Un poeta sen-
Saffo • La decima Musa 68
1. Saffo a Lesbo, 68; 2. Poesia e raffinatezza: i temi del canto, 69; 3. Le edizioni di Saffo e le ultime scoperte, 70; PERCORSI Saffo nel tempo, 71; 4. Aspetti di lingua e di stile, 72
■ Canto corale e canto solista tra VI e V secolo a.C. 73
Ibico • L’encomio, l’amore e il simposio 73
1. La vita di un poeta di corte, 73; 2. Una produzione lirica e simposiale, 73; 3. La lingua, lo stile e il metro, 74
Anacreonte • Una poesia ‘leggera’?
1. Poeta cortigiano e itinerante, 74; 2. I temi della poesia di Anacreonte, 75; 3. Uno stile raffinato, 76
74
Simonide • Poesia e politica culturale 76
1. Il poeta e i suoi committenti, 76; 2. Un professionista della poesia, 76; 3. La poesia di un poeta stipendiato, 77; PERCORSI Epinici e giochi panellenici, 78; 4. Lingua, stile e metri, 79
Pindaro • Una poesia per Tebe e per la Grecia 79
1. Un aristocratico al servizio dei potenti, 79; 2. Una poesia per Tebe e per la Grecia, 80; PERCORSI Corinna, una poetessa ‘regionale’, 82; 3. L’arte di Pindaro, 83
Bacchilide • Canto e racconto 83
1. La vita, la committenza e l’opera, 83; 2. L’arte di Bacchilide, 85; PERCORSI Il ditirambo: breve storia di un genere, 86
Favola
Esopo • Storie esemplari di animali 87
1. La favola come genere letterario, 87; 2. Esopo, 87; 3. Le favole ‘esopiche’, 88
Filosofia e prosa scientifica
I Milesi e Pitagora • La nascita della filosofia 89
1. Indagare il mondo: i pensatori milesi, 89; 2. Talete, Anassimandro e Anassimene, 90; 3. Pitagora, 92; LE PAROLE DELLA CRITICA Lo sviluppo dell’attività intellettuale milesia, 93
Ecateo • La geografia e la storia 94
1. Il viaggiatore Ecateo, 94; 2. Le opere: Genealogie e Descrizione della Terra, 94
Storiografia
La storiografia 96
1. Origini e caratteristiche di un genere, 96
Erodoto • L’Omero della storia 98
1. Salvare le imprese degli uomini, 98; 2. Una biografia al crocevia tra due mondi, 98; 3. La genesi delle Storie: un’opera dai molti strati?, 99; TEMI E TRAME Le Storie, 100; 4. La pubblicazione delle Storie: dalle conferenze al libro, 101; 5. Nell’officina di Erodoto, 102; 6. Il senso della storia, 103; 7. Esseri umani e dèi, libertà e necessità, 104; 8. Greci e barbari a confronto, 106; 9. Lingua e stile, 107; PERCORSI La fortuna di Erodoto, 108
L’ETÀ CLASSICA
Inquadramento storico 110
1. Le guerre persiane, 110; 2. Atene, l’impero, la democrazia, 111; PERCORSI I diritti nella democrazia ateniese, 112; 3. La guerra del Peloponneso, 113; 4. Lotte tra póleis e ascesa della Macedonia nel IV secolo a.C., 114
Letteratura e pólis democratica 116
1. Orale e scritto: teatro, storiografia, oratoria, 116; 2. Tramonto dell’epica e diffusione di altri generi: teatro e ditirambo, 118
Filosofia
I percorsi della filosofia • Tra VI e V secolo a.C. 119
1. Verso Atene, 119; 2. Eraclito l’oscuro, 119; 3. La scuola di Elea, 120; 4. Empedocle, 121; 5. Un filosofo ad
Atene: Anassagora, 122; 6. Gli atomisti Leucippo e Democrito, 122; 7. Un’antica cosmogonia da Derveni, 123
La tragedia
Alle origini del teatro greco 124
1. Il teatro, 124; 2. Dove (e come) nasce il teatro tragico greco, 124; 3. Satiri e ‘satiresco’: il dramma satiresco, 126; 4. Un teatro per la città: funzione sociale e politica, 127; 5. Festival e messa in scena: l’organizzazione degli spettacoli, 128; 6. Lo spazio e il pubblico del teatro greco, 130; 7. Attori e coro, 131; PERCORSI Il Teatro di Dioniso ad Atene, 132; PERCORSI Come è fatta una tragedia greca, 134; 8. I primi poeti tragici e i poeti minori del V secolo, 135
Eschilo • Sperimentare oltre l’arcaismo 137 1. Eschilo fra Atene e la Sicilia, 137; 2. Eschilo drammaturgo, 137; 3. La storia sulla scena: i Persiani, 139; TEMI E TRAME Persiani, 139; 4. I Sette contro Tebe: la guerra, l’individuo, la stirpe, 140; TEMI E TRAME Sette contro Tebe, 140; 5. Le Supplici, un’’eroina collettiva’, 142; TEMI E TRAME Supplici, 142; 6. La trilogia della colpa e della vendetta: l’Orestea, 143; TEMI E TRAME Agamennone, 144; TEMI E TRAME Coefore, 145; TEMI E TRAME Eumenidi, 146; 7. Il Prometeo incatenato e il problema dell’autenticità, 147; TEMI E TRAME Prometeo incatenato, 147; 8. Temi della tragedia eschilea, 149; 9. Lingua e densità dello stile, 150
Sofocle • Fra tradizione letteraria, filosofia e politica 152
1. Biografia (e ideologia) di un intellettuale, 152; 2. I drammi superstiti, 152; 3. Eroi da epici a tragici: Aiace ed Eracle, 153; TEMI E TRAME Aiace, 153; TEMI E TRAME Trachinie, 154; 4. Tragedia e carattere: Antigone, Edipo, Elettra, 155; TEMI E TRAME Antigone, 156; TEMI E TRAME Edipo re, 157; TEMI E TRAME Elettra, 159; 5. L’ultimo Sofocle: Filottete ed Edipo a Colono, 159; TEMI E TRAME Filottete, 160; TEMI E TRAME Edipo a Colono, 161; 6. Temi della tragedia sofoclea, 162; 7. Sofolce conosce a memoria Omero: lingua e stile, 164
Euripide • Il ‘rivoluzionario’ e la tragedia nel IV secolo a.C. 165
1. Biografia e biografie di Euripide: aneddoti e false verità, 165; 2. Tecniche di drammaturgia: innovazioni fra testo, scena e orchestra, 165; 3. Eroine tragiche: Alcesti, Medea, la Fedra dell’Ippolito, 167; TEMI E TRAME Alcesti, 167; TEMI E TRAME Medea, 168; TEMI E TRAME Ippolito, 169; 4. Le tragedie del ‘ciclo troiano’: Troiane, Ecuba, Andromaca, 170; TEMI E TRAME Troiane, 170; TEMI E TRAME Ecuba, 171; TEMI E TRAME Andromaca, 171; 5. Euripide l’ateniese: Eraclidi (ed Eretteo), Supplici, 172; TEMI E TRAME Eraclidi, 172; TEMI E TRAME Supplici, 173; 6. Il confronto con la tradizione: Elettra, Oreste, Eracle, 173; TEMI E TRAME Elettra, 174; TEMI E TRAME Oreste, 174; TEMI E TRAME Eracle, 175; 7. Quasi come un romanzo: l’intreccio (Ione, Ifigenia in Tauride, Ifigenia in Aulide, Elena, Fenicie), 175; TEMI E TRAME Ione, 176; TEMI E TRAME Ifigenia in Tauride, 176; TEMI E TRAME Ifigenia in Aulide, 177; TEMI E TRAME Elena, 178; TEMI E TRAME Fenicie, 178; 8. Le Baccanti, 179; TEMI E TRAME Baccanti, 179; LE PAROLE DELLA CRITICA Euripide, un innovatore del mito, 180; 9. Il Ciclope e le tragedie frammentarie (e il Reso pseudo-euripideo), 181; TEMI E TRAME Ciclope, 182; TEMI E TRAME Reso, 182; 10. La lingua e lo stile, 183; 11. La tragedia nel IV secolo a.C., 184
La commedia
Origine e forme
1. Il mimo e la commedia siciliana, 185; 2. I poeti della Commedia archáia, 186; PERCORSI Come è fatta una commedia greca, 188
Aristofane e la Commedia di Mezzo
1. Vita e arte del comico Aristofane, 189; 2. Strutture e temi delle commedie: tra coerenza e innovazione, 189; TEMI E TRAME Le commedie, 190; 3. Commedia e democrazia: un’ideologia in evoluzione, 191; 4. Carnevale e utopia, 192; PERCORSI Paesi di cuccagna e mondi alla rovescia, 193; 5. Un poeta per la città: il caso delle Rane, 194; 6. Uomini (politici) e dèi alla berlina, 195; 7. Come parlano i personaggi di Aristofane: lingue, stili, dialetto, 195; 8. La Commedia detta ‘di Mezzo’, 196; PERCORSI Misoginia e ginecofobia nell’antichità, 197
Poesia e musica
Nuova poesia e nuova musica
1. Poeti epici di epoca classica, 198; 2. La poesia elegiaca, 199; 3. Il ditirambo ‘nuovo’ e Timoteo, 200; 4. Damone di Oa, 201
Filosofia e scienza
Sofisti e medici
185
189
198
Andocide • 3. Vita tormentata di un aristocratico ateniese, 234; 4. Una fonte storica importante ma non imparziale, 235
Lisia • Un’oratoria per la democrazia 236
1. Biografia accidentata di un meteco ateniese, 236; 2. Il corpus lisiaco: le orazioni giudiziarie, 237; 3. Una memoria pubblica post traumatica: le orazioni sulle catastrofi di Atene, 238; 4. La lingua e lo stile, 239
Isocrate • Una scuola per la politica 240 1. Isocrate fondatore dell’educazione umanistica, 240; 2. Una vita per la scuola, 240; 3. Discorsi per la pólis, 241; 4. Educazione, retorica e politica, 243; LE PAROLE DELLA CRITICA I lógoi di Isocrate e il genere epidittico, 245; 5. Armonia e proporzione: la lingua e lo stile, 246
Demostene e gli oratori minori del IV secolo 247 1. Un modello di oratoria, un politico contestato, 247; 2. Una vita per Atene, 247; 3. Il corpus demostenico: discorsi pubblici e privati, 248; 4. Una politica democratica in tempi difficili, 249; 5. La lingua e la varietà dello stile, 250; 6. Eschine, 251; 7. Iperide, 251; 8. Licurgo, 252; 9. Iseo, Dinarco e altri oratori, 252; PERCORSI La democrazia ateniese, 252
202 I Sofisti e Socrate 203
1. Mito e ragione: nascita del pensiero sofistico, 203; 2. Protagora, 204; 3. Gorgia e l’arte del lógos, 205; 4. Prodico e Ippia, 205; 5. Crizia, Antifonte, i Dissói lógoi e altri Sofisti, 206; 6. Socrate sofista?, 207
Ippocrate • Un corpus che fonda la medicina 209
1. Nuove tendenze della scienza medica, 209; 2. Ippocrate e la sua ‘scuola’: il Corpus Hippocraticum, 209
Storiografia
Tucidide • Il legislatore della storia
1. La storia come possesso per sempre, 211; 2. L’enigma biografico, 211; 3. Un’opera sempre in fieri, 212; TEMI E TRAME Le Storie, 213; 4. Una storiografia fra tradizione e innovazione, 214; 5. Tucidide e la cultura del suo tempo, 215; 6. Pericle, la democrazia e l’imperialismo ateniese, 216; 7. Lingua, stile e tecniche narrative, 218; PERCORSI La fortuna di Tucidide, 218; PERCORSI L’immagine di Pericle nel tempo, 220
211
IL IV SECOLO a .C.
Inquadramento storico
IV secolo: una messa a fuoco
1. Un’epoca di transizione, 254
Una filosofia della città
1. Filosofia e politica, 255; 2. Oltre le utopie: il realismo aristotelico, 256
Filosofia del IV secolo
L’eredità Socratica • La ricerca filosofica dopo Socrate
1. Megarici e Cirenaici, 257; 2. Diogene e altri Cinici, 259 Platone
1. La filosofia come ricerca dialogica, 259; 2. Tra ricerca e delusioni politiche, 259; 3. Gli scritti di Platone e la loro cronologia, 260; 4. La scelta del dialogo, 262; 5. La lezione del maestro, 262; 6. Una filosofia per la politica, 263; 7. Lingua e stile, 266; 8. L’Accademia antica, 266; PERCORSI Platone politico nel Novecento, 267
254
254
255
257
259
Senofonte e la storiografia minore del IV secolo a.C. 221
1. Oltre la pólis, verso l’Ellenismo, 221; 2. Vita atipica di un cavaliere ateniese, 221; 3. Tra memorie di guerra e storiografia: l’Anabasi, 222; 4. Racconto dei fatti e ricerca di verità morali: le Elleniche, 224; 5. Educare e governare uomini e popoli: la Ciropedia e le altre opere minori, 225; 6. In difesa di Socrate: gli scritti socratici, 227; 7. La lingua e lo stile, 228; 8. La storiografia minore del IV secolo a.C., 228
Oratoria
Origini e sviluppi dell’oratoria 230
1. Le origini dell’oratoria, 230; 2. L’oratoria giudiziaria, 231
Antifonte e Andocide • I primi oratori attici 233
Antifonte • 1. Una vita tra retorica, logografia e politica, 233; 2. Tra esperimenti intellettuali e orazioni forensi, 233
Aristotele • La filosofia come scienza
1. Un nuovo tipo di intellettuale, 268; 2. Una vita per la scienza, 268; 3. L’architettura del sapere, 269; 4. Dimenticare Platone, 270; 5. I saperi antropologici: filosofia pratica e scienze poietiche, 271; 6. Lingua e stile, 273; 7. Teofrasto e il Liceo, 274
L’ETÀ ELLENISTICA
Inquadramento storico
1. L’età ellenistica: confini storici, 276; 2. Alessandro alla conquista di un impero, 276; 3. Ascesa e caduta dei regni ellenistici, 278; 4. Il greco lingua comune, 278; 5. L’Ellenismo come fenomeno di ibridizzazione, 279
Tra erudizione e filologia
1. Un nuovo modo di concepire la letteratura, 281; 2. La scienza ellenistica come scienza del testo: criti-
268
276
281
ca ed erudizione, 284; 3. La scuola di Alessandria, 285; 4. La filologia a Pergamo, 287; 5. Grammatica e linguistica, 287
Il teatro
Teatro e spettacolo
1. Il teatro ellenistico, 288; 2. La Commedia Nuova, 289; 3. Il teatro tragico ellenistico, 290
Menandro • Un artista ritrovato
1. I papiri di Menandro, 292; 2. La nuova commedia: struttura, trame, personaggi, 293; TEMI E TRAME Le Commedie, 294; 3. Etica e società, 296; 4. Drammaturgia e stile, 297
Poesia
Il rinnovo dell’antica poesia
1. Classificare la poesia alessandrina, 298; 2. Temi e forme del testo, 298
Callimaco • Profilo di un uomo dotto
1. Da Cirene ad Alessandria, 299; 2. Una produzione variegata e complessa, 299; 3. Ripensare la tradizione: gli Inni, 300; TEMI E TRAME Inni, 301; 4. Cosa sono gli Aitia, 302; 5. Teseo e l’anziana ospite: l’Ecale, 303; LE PAROLE
DELLA CRITICA L’eziologia in Callimaco, 304; 6. I Giambi e gli Epigrammi, 305; 7. L’antico rinnovato: la colta poetica callimachea, 306
Teocrito • Tra la corte e la campagna
1. Da Siracusa ad Alessandria, 307; 2. Il corpus di Teocrito e gli Idilli, 307; TEMI E TRAME Gli Idilli, 308; 3. L’‘invenzione’ della poesia bucolica, i mimi urbani e gli epilli, 310; PERCORSI Il lessico della poesia bucolica, 312; 4. La poetica teocritea, la lingua e lo stile, 312
Apollonio Rodio • Ritorno all’epos
1. Apollonio ‘di Rodi’, 314; 2. Le Argonautiche e il rapporto con il modello, 314; 3. Narrazione, intreccio, caratteri: un poema ellenistico, 315; TEMI E TRAME Le Argonautiche, 316; 4. La lingua, lo stile e il metro delle Argonautiche, 319; 5. Resistenza del genere e fortuna delle Argonautiche, 320; 6. Riano, le tradizioni locali e altri epici, 320
Epigramma • Dalla pietra al libro
1. Fioritura ed evoluzione di un genere, 321; 2. Antologizzare e trasmettere, 321; 3. Le ‘scuole’ epigrammatiche, 322; 4. Le poetesse dell’Antologia, 323; 5. I poeti dell’Antologia, 324; PERCORSI La ‘scoperta’ di Posidippo, 325
Elegia • Variazioni su un genere antico
288
292
ma, 333; 2. Ermagora e l’argomentazione, 334; 3. Il trattato di Demetrio, 334; 4. Retorica e filosofia, 334; 5. Tendenze, scuole e oratori, 335
Storiografia • 6. Gli storici di Alessandro, 336; 7. Gli storici dell’età dei diadochi, 336; 8. Storiografia di popoli non greci, 337; 9. La storia di Roma, 337
Polibio • Un intellettuale greco a Roma 338
1. Un greco di fronte all’ascesa di Roma: tra politica e storiografia, 338; 2. La storia organica: tra eventi globali e riflessione costituzionale, 338; 3. Lezioni di metodo storico, 340; 4. Sobrietà e rigore: lingua e stile di Polibio, 341
La storiografia dopo Polibio • 5. Uno stoico di fronte al potere di Roma: Posidonio, 341; 6. Una storiografia universale di matrice stoica: Diodoro Siculo, 342
298
299
307
Scienza e filosofia
Il sapere della scienza • Una rivoluzione mancata 344
1. Quasi una rivoluzione, 344; 2. La matematica di Euclide e Archimede, 345; 3. Nuove prospettive astronomiche, 346; 4. Nuove mappe, 347; 5. I medici e la medicina, 347; 6. Trattatistica militare e applicazioni ‘pacifiche’, 348
Epicurei, Scettici e Stoici • Alla ricerca della vita felice 349
1. Vecchie e nuove tendenze nella filosofia di età ellenistica, 349; 2. Epicuro e la sua scuola, 349; 3. Pirrone e gli Scettici, 352; 4. Nascita e diffusione dello Stoicismo, 353
314
L’ETÀ IMPERIALE E TARDOANTICA
Inquadramento storico
1. Ascesa e caduta dell’impero romano, 358
Un impero bilingue
321
326 1. L’elegia alessandrina, 326; 2. Filita di Cos, ‘fondatore’ dell’alessandrinismo, 326; 3. Ermesianatte di Colofone, 326; 4. Alessandro Etolo e Fanocle, 327; 5. Partenio di Nicea, 327
Un universo di saperi • Poesia fra tragedia, mimo e scienza
1. L’Alessandra di Licofrone, 328; 2. La popolarità del mimo: Eroda, 329; 3. La poesia didascalica di Arato e Nicandro, 330; 4. Euforione, Fenice di Colofone, Cercida, Sotade e Melinno, 331
Retorica e storiografia
Tra imitazione e definizione di nuovi confini
Retorica • 1. La trasformazione della retorica in siste-
328
1. Dominio romano e identità greca, 361; 2. La lingua greca tra koiné e Atticismo, 361; 3. Grecità e Cristianesimo, 362
Geografia
358
361
333
Strabone e Pausania • Geografia ed esplorazione 364
1. Strabone, 364; 2. Pausania il periegetés (‘guida’), 365
Trattatistica
Retorica • Una disciplina senza confini
367
1. L’onnipresenza della retorica, 367; 2. Il greco e i Greci a Roma, 368; 3. Roma guarda ad Atene: Atticismo e Asianesimo, 368; 4. Una riflessione sullo stile: Dionigi di Alicarnasso, 369; 5. Il trattato Sul Sublime, 370; 6. Le scuole retoriche, i progymnásmata e le melétai, 371 Medicina e altre scienze • Rinnovare la tradizione ippocratica 372
1. La medicina in epoca imperiale, 372; 2. Tra medicina e filosofia: Galeno, 373; 3. Tra medicina e superstizione: Artemidoro di Daldi ed Elio Aristide, 375; 4. La manualistica scientifica, 375
Letteratura erudita • Saperi sopravvissuti al naufragio
1. La manualistica, 377; 2. I lessici, 377; 3. Le opere compilative come fonti della tradizione letteraria, 378; 4. Altre raccolte erudite, 379
Tra biografia e storia
377
Plutarco e gli storici imperiali 380
1. L’incarnazione della grecità, 380; 2. Ridefinire l’identità greca: le Vite parallele, 380; 3. La filosofia come esercizio spirituale: i Moralia, 382; LE PAROLE DELLA CRITICA Ritorno a Plutarco, 384; 4. La lingua, lo stile, il dialogo, 385
Storici imperiali • 5. Roma caput mundi: l’impero e gli storici greci, 385; 6. Dionigi di Alicarnasso e l’‘archeologia romana’, 385; 7. Arriano e le imprese di Alessandro, 386; 8. Storie romane: Appiano, Cassio Dione, Erodiano, 386
Seconda sofistica
Sofisti di ‘seconda generazione’ • Tra prestigio sociale e letteratura 388
1. La Seconda Sofistica, 388; 2. Dione di Prusa, Elio Aristide e Flavio Filostrato, 389; 3. Luciano tra apostasia e travestimenti letterari, 391; 4. Il primo viaggio sulla Luna: la Storia vera, 393
Filosofia di età imperiale
Esercizi per l’anima • La filosofia come modo di vivere 394
1. Tendenze generali, 394; 2. Le scuole filosofiche, 394; 3. Epitteto, 395; 4. Marco Aurelio, 397; 5. Il Neoplatonismo, 397; 6. L’Ermetismo, 398
Letteratura di evasione
Storie da leggere • Novella, romanzo, epistolografia fittizia 399
1. Una letteratura di massa? Il genere ‘novella’ e il genere ‘romanzo’, 399; 2. I romanzi superstiti: autori, trame e temi, 401; 3. Caritone di Afrodisia, 402; 4. Senofonte Efesio, 402; 5. Achille Tazio, 403; 6. Longo ‘Sofista’, 405; 7. Eliodoro, 406; 8. Babrio e l’ininterrotta tradizione della favola, 407; 9. L’epistolografia: Alcifrone, Aristeneto e altri autori, 407
Tra Ebraismo e Cristianesimo
Letteratura giudaico-ellenistica • Tra Atene, Roma, Alessandria e Gerusalemme 408
1. Giudaismo e grecità fra assimilazione e resistenza, 408; 2. La traduzione dell’Antico Testamento: la Settanta e la Lettera di Aristea, 408; 3. Storie ebraiche in forme greche: la Exagogé di Ezechiele e la Storia di Giuseppe e Aseneth, 409; 4. Filosofia ed esegesi: Aristobulo e Filone di Alessandria, 410; 5. Tra Roma e Israele: la storiografia di Flavio Giuseppe, 411
Nuovo Testamento • Il Cristianesimo delle origini 413 1. Il Nuovo Testamento e la formazione del canone, 413; 2. I Vangeli sinottici e Giovanni, 413; 3. Storia della Chiesa nascente: gli Atti degli Apostoli, 414; 4. Le Lettere di Paolo tra esigenze comunitarie e sistemazione dottri-
nale, 415; 5. Una rivelazione delle cose ultime: l’Apocalisse di Giovanni, 415; 6. Fuori dal canone: gli apocrifi neotestamentari, 416
Letteratura cristiana • La lezione dei ‘Padri’ prima e dopo Costantino 417
1. La nascita della letteratura cristiana, 417; 2. I Padri apostolici, 417; 3. Gli apologisti, 418; 4. Atti dei martiri e Passioni, 418; 5. La scuola esegetica di Alessandria: Clemente e Origene, 419; 6. La lotta contro le eresie, 420; 7. I Padri Cappadoci: Basilio, Gregorio di Nissa e Gregorio di Nazianzo, 421; 8. Giovanni Crisostomo, Teodoro di Mopsuestia, Cirillo di Alessandria, 422
Letteratura tardoantica
Prosa di tarda età imperiale • Retorica, filosofia e storia 423
1. La retorica: Imerio, Libanio, Temistio; la scuola di Gaza, 423; 2. La resistenza filosofica pagana: Giuliano imperatore (ed Eunapio), 424; 3. Sinesio di Cirene, 425; 4. Storie cristiane e pagane: Eusebio di Cesarea, Zosimo, Procopio di Cesarea, 426
Poesia di tarda età imperiale • Continuità dei generi fino all’età bizantina 428
1. La poesia epigrammatica, 428; 2. L’innodia pagana, 429; 3. Un ‘nuovo’ Anacreonte, 430; 4. L’epica di Quinto di Smirne, Trifiodoro e Colluto, 430; 5. Le Dionisiache e la Parafrasi di Nonno di Panopoli, 431; 6. L’Ero e Leandro di Museo, 433; 7. Poesia didascalica ed ecfrastica, 433
Indice dei nomi 434
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PREFAZIONE
«Mentre l’antichità esiste per noi, noi per l’antichità non esistiamo. Non siamo mai esistiti, né mai lo saremo. Questo stato di cose alquanto particolare rende la nostra presa sull’antichità un poco malferma. […] La caratteristica assolutamente definitiva dell’antichità è la nostra assenza». Sono parole del poeta Iosif Brodskij1 che fotografano bene il punto di osservazione dal quale abbiamo mosso lo sguardo per mettere a fuoco in modo il più oggettivo possibile i contenuti di questo libro, e anche le direttive di metodo che lo hanno sostenuto nella fase di elaborazione e selezione. Nel volume, ordinato diacronicamente, il materiale di studio muove, a partire da Omero, dalle prime testimonianze letterarie delle autrici e degli autori calati nel variegato e mutevole contesto culturale della grecità, fino ad arrivare all’età tardoantica, grossomodo al V secolo d.C. Scandiscono questa storia lunga circa 1300 anni alcune delle tappe fondamentali di quella che è anche la nostra evoluzione intellettuale e letteraria: dalla formazione dei generi propri dell’età arcaica (epica, lirica), alla nascita della filosofia, della storiografia e della pratica teatrale (tragedia e commedia), alla diffusione della medicina e delle scienze, della retorica, della cultura del libro presso la Biblioteca di Alessandria e non solo, fino all’affermarsi della letteratura di intrattenimento e del romanzo in età tardoantica, ma anche alla diffusione dei testi sacri della cristianità e alla ripresa dei modelli più antichi. La cornice storica di riferimento è una società (non ancora uno Stato in senso moderno), quella ellenica, che si estese nel corso dei secoli oltre che in Grecia continentale e nel Peloponneso anche lungo le coste dell’Asia Minore, fino all’Italia meridionale, e poi all’Egitto e al Vicino Oriente. Come ideale atto di fondazione identitario i Greci scelsero il passato mitico della guerra contro Troia, videro poi susseguirsi le città-stato e l’età delle tirannidi, e dopo le guerre
contro la Persia (a inizio V secolo a.C.) l’emergere del primato della città di Atene. Al tramonto della cosiddetta epoca classica, con l’avvento di Alessandro Magno e dei regni nati dopo la sua morte durante l’Ellenismo, mutano profondamente i principi identitari su cui si fonda la grecità. Sono infine il sempre maggior peso di Roma – specie dopo l’avvento dell’impero – e la diffusione del Cristianesimo a offrire lo scenario delle ultime pagine.
Al di là di questo tentativo di sintesi, le linee che disegnano la letteratura greca sono difficilmente comprimibili dentro i confini di un solo volume. Esso può al limite proporsi, appunto, come un profilo storico della Civiltà letteraria della Grecia antica. Questo aspetto consegna inevitabilmente a chi legge un compito e uno sforzo ulteriore, e cioè quello di andare (o di tornare) ai testi. Il nostro lavoro aspira quindi – non senza un certo azzardo – a fare da guida per la lettura parallela di passi in traduzione o in originale, ma anche a essere un necessario punto di partenza per affrontarli. In entrambi i casi, si tratterà di continuare o avviare un percorso di conoscenza che eviti il più possibile facili travisamenti modernizzanti, spesso in agguato quando ci confrontiamo con le civiltà antiche. È per questo che autori e opere sono sempre calati nei rispettivi contesti di appartenenza, alla cui ricostruzione concorrono le numerose introduzioni storiche e quelle ai singoli generi letterari. Un non meno importante obiettivo è quello di proporre un’idea di unità e di continuità tra gli autori attraverso una fitta rete di rinvii interni, in modo da sottrarli proprio alla frammentazione per generi mantenendo al contempo l’evidenza, per ciascuna figura, di caratteristiche peculiari (di temi e forme, di lingua e stile). In considerazione della destinazione universitaria di queste pagine, abbiamo cercato di offrire uno strumento che risultasse completo, sotto il profilo degli 1
aggiornamenti delle scoperte e dei metodi di analisi, anche per chi abbia già alle spalle una formazione classica (per esempio attraverso la selezione di contributi critici). Ci siamo nel contempo sforzati di rivolgerci anche a quella comunità sempre più numerosa di studentesse e studenti che si avvicina per la prima volta con entusiasmo e curiosità all’antica civiltà letteraria greca e alla lingua che l’ha veicolata (come mostrano le numerose schede: Percorsi, Temi e trame, Le parole della critica). La continuità fra il primo manifestarsi della cultura
greca, con la civiltà micenea e in seguito con Omero, e la tarda antichità è costituita da un sentiero mai interrotto il cui principale elemento unificante è la lingua. Potremo allora ritenere almeno un poco riuscite le pagine che seguono se instilleranno in alcune e in alcuni il desiderio di saperne di più, e di affrontare (o riprendere) con il necessario impegno lo studio del greco antico. Chi scrive ha la certezza che non esiste una chiave migliore della lingua per entrare con sempre maggiore consapevolezza in questo universo di capolavori.
Andrea Rodighiero, Sabina Mazzoldi, Dino Piovan, con Nadia Baltieri, Marcella Farioli, Francesco Lubian, Francesco Lupi
L’ETÀ CLASSICA
Demokratia incorona Demos
In questo rilievo su una stele ateniese (337-336 a.C.) Demos – seduto e con la barba – viene incoronato da una figura femminile, Demokratia. La figura è un omaggio alla centralità del ruolo del démos di Atene (il ‘popolo’, il corpo civico di cittadini liberi): l’immagine accompagna infatti il testo di un’epigrafe, un decreto che condanna la tirannide offrendo immunità al tirannicida e garanzie contro sovvertimenti dello stato democratico. È, questa, una preoccupazione che attraversa il mondo greco e in particolare ateniese del V e del IV secolo a.C., costantemente in bilico tra aspirazioni di ‘governo del popolo’ (krátos + démos) e timore o desiderio del governo dei pochi (l’aristocrazia e le sue tendenze oligarchiche) o di uno solo. La cultura di quest’epoca ha al suo centro Atene, e nei generi maggiori tematizza il motivo delle tensioni politiche (cioè letteralmente ‘della pólis’), del potere e dei rischi delle sue derive. La stele è conservata al Museo dell’Agorà, ad Atene.
Inquadramento storico
L’età classica L’età classica è il periodo storico compreso tra le guerre persiane (490-479 a.C.) e la morte di Alessandro Magno (323 a.C.). Si estende quindi per quasi tutti i secoli V e IV a.C., ed è segnata da tre grandi eventi: lo scontro tra mondo greco e impero persiano, alla fine del quale Atene si impose come potenza egemone; il conseguente conflitto tra Atene e Sparta e i rispettivi alleati (Guerra del Peloponneso: 431-404 a.C.); l’espansionismo macedone ai danni delle città greche indebolite dal conflitto.
1 Le guerre persiane
La rivolta ionica Il V secolo a.C. si apre all’insegna della contrapposizione tra i Persiani e i Greci. Tutto ha inizio con la rivolta delle città greche dell’Asia Minore (499 a.C.), in particolare quelle ioniche guidate da Mileto, contro l’impero persiano che le controllava da quando Ciro il Grande aveva conquistato il regno di Lidia. I Greci chiedono aiuti, ma solo due città li inviano: Atene ed Eretria. Nel giro di qualche anno la rivolta viene sedata e Mileto punita in modo terribile.
La prima spedizione persiana contro la Grecia Contro gli alleati greci degli insorti, Dario, il re di Persia, organizza una spedizione punitiva via mare, riuscendo a
incendiare Eretria. Nella piana di Maratona, invece, gli opliti ateniesi, assieme a quelli della piccola città di Platea, riescono a respingere il tentativo di sbarco dei Persiani (490 a.C.). È un evento di limitata importanza dal punto di vista persiano, che però gli Ateniesi celebrano a lungo.
La seconda spedizione persiana I Persiani preparano con molta accuratezza e grande dispendio di mezzi la spedizione successiva, unendo con un ponte di barche le due sponde dell’Ellesponto (l’odierno stretto dei Dardanelli). Nel 480 a.C. un esercito enorme, proveniente da tutto l’impero, si raduna in Asia Minore sotto gli ordini del re Serse, figlio e successore di Dario, accompagnato da un’imponente flotta via mare. L’invasione ha inizialmente successo fino alle Termopili, il passo che controlla l’accesso alla Grecia centrale, difeso strenuamente dal re spartano Leonida e dai suoi trecento soldati; superato anche questo ostacolo, i Persiani invadono l’Attica e incendiano Atene. In estate avviene lo scontro decisivo tra le due flotte nei pressi dell’isola di Salamina; le navi greche, guidate dall’ateniese Temistocle, riescono a bloccare l’avversario nello stretto e a ottenere una schiacciante vittoria. Serse fugge in Asia ma lascia sul posto l’esercito di terra sotto il comando di Mardonio. L’anno successivo, nel 479 a.C., la coalizione greca guidata dallo spartano Pausania annienta a Platea l’esercito nemico. In con-
di Senofonte
di Isocrate
▲ William Spencer Bagdatopoulos, L’assemblea ateniese decide il destino della città di Mitilene dopo la rivolta del 427 a.C., litografia tratta da History of the Nations di W. Hutchinson, Londra 1915. Collezione privata.
temporanea una flotta greca vince le navi persiane a Micale, un promontorio a nord di Mileto; la Ionia viene così definitivamente liberata. Da questo momento in avanti l’Egeo ritorna a essere del tutto controllato dai Greci, e nessun re persiano cercherà più di conquistare la Grecia.
Celebrazioni ideologiche della vittoria La vittoria viene celebrata in molti modi. Uno dei più rilevanti è ancora oggi visibile nella decorazione del nuovo tempio dedicato alla dea Atena sull’Acropoli di Atene: il Partenone. Le sue metope illustrano le lotte dei Greci contro le Amazzoni e contro i Troiani, gli dèi dell’Olimpo contro i Giganti, i greci Lapiti contro i Centauri. I quattro episodi mitici contengono un messaggio coerente: raffigurano lo scontro tra maschi e femmine, Occidente e Oriente, ordine e caos, civiltà e barbarie, secondo un’opposizione valoriale in cui il positivo è rappresentato dai Greci e
397 Morte di Tucidide
Morte di Euripide e di Sofocle
Spedizione ateniese in Sicilia 411 Colpo di stato oligarchico ad Atene
Morte di Socrate
Spedizione dei Diecimila 415-413
dagli dèi dell’Olimpo, il negativo da Amazzoni, Troiani, Giganti, Centauri. Si tratta di una lettura ideologica della guerra tra Greci e Persiani che attraversa anche un testo medico incluso nel corpus ippocratico, il trattato Arie acque luoghi, dove si sostiene la tesi della diversità biologica tra europei e asiatici (▸p. 210). È anche contro tesi di questo tipo che si erge l’opera di Erodoto, che intende trattare con imparzialità le gesta grandi e meravigliose sia dei Greci sia dei barbari.
L’interpretazione fortemente ideologica dello scontro tra Greci e Persiani permea tuttavia in profondità il discorso pubblico, tanto da costituire un pilastro della retorica di Isocrate a distanza di ben un secolo dall’invasione di Serse, e da fornire una giustificazione ideale alle campagne in Asia promosse da Filippo II di Macedonia e da suo figlio Alessandro, quasi centocinquant’anni dopo Salamina.
2 Atene, l’impero, la democrazia
La lega di Delo Un’altra conseguenza delle guerre persiane è la nascita della lega di Delo, un’alleanza tra Atene e le città e le isole dell’Egeo e dell’Asia Minore liberate. È un’alleanza che si ripromette sia di mantenere la ritrovata libertà sia di rinsaldare gli antichi legami tra Atene e gli Ioni. La vittoria dei Greci sui Persiani si conferma con un altro schiacciante successo in mare presso Cipro (449 a.C.). Poco dopo sembra venga conclusa una pace, detta di Callia dal nome del negoziatore ateniese; l’accordo riconosce l’autonomia greca dai Persiani chiudendo a questi ultimi l’accesso al Mare Egeo.
La nascita dell’impero ateniese Gli Ateniesi continuano comunque a raccogliere i tributi per la flotta dagli Ioni e da altri isolani, che finiscono per assomigliare più a sudditi di una arché (‘dominio’, ‘impero’) che ad alleati di una symmachía (‘alleanza’). Si calcola che almeno 428 póleis nel corso del V secolo versino un tributo alla città attica. Il tesoro della lega inizialmente ha sede
di Ippocrate
di Isocrate
Battaglia di Cheronea 336-323 Regno di Alessandro
di Demostene e di Aristotele
300 a.C.
LA TRAGEDIA
ALLE ORIGINI
DEL TEATRO GRECO
1 Il teatro
Un’idea di teatro Oggi la parola ‘teatro’ evoca anzitutto uno spazio chiuso e coperto, architettonicamente concepito in modo tale da distinguere la zona destinata a chi guarda e ascolta dalla zona più circoscritta destinata a coloro che recitano nel ruolo di un personaggio, suonano o cantano. La Grecia del V secolo a.C. costituisce il luogo preciso e definisce il tempo nei quali per la prima volta possiamo osservare forme teatrali evolute come la tragedia e la commedia nella loro fase matura. A questa altezza la tragedia e la commedia sono diventate oramai generi a sé stanti, strutturati e composti secondo precise regole formali e destinati a uno spazio scoperto e aperto dedicato esclusivamente alle rappresentazioni. Questo spazio – che ad Atene è consacrato al dio Dioniso – prende il nome di théatron, il ‘luogo della visione’ (da associare a théa, ‘vista’, e a theáomai, ‘guardare’).
Una cultura performativa: le ‘azioni sceniche’ prima del teatro La cultura greca è mossa da un forte impulso alla performance: dagli aedi e rapsodi che celebrano sulla lira storie di eroi, ai canti per il simposio, alle coreografie della lirica per coro, i Greci fin dalle origini hanno ‘messo in scena’ testi poetici attraverso la loro esecuzione cantata e il più delle volte anche danzata (▸Orale e scritto: teatro, storiografia, oratoria, p. 116). A guardare e ad ascoltare la performance, in qualità di spettatori, stavano di volta in volta le comunità cittadine, i signori dell’aristocrazia che assoldavano gli aedi, i compagni di simposio, coloro che prendevano parte al rito e così via. Già queste sono primitive forme di spettacolo e d’intrattenimento, ma non possiamo ancora parlare di teatro in senso moderno. Un conto, infatti, è cantare la storia di un eroe o di un dio, un altro conto è fingere di essere quell’eroe diventando personaggio, recitandone la par-
te dandogli corpo e voce. Gli studiosi di antropologia e di storia delle religioni tendono a far scaturire questo passaggio da una pratica rituale: in un contesto di festa religiosa qualcuno si mise ad agire impersonando una figura mitica o una divinità, inscenandone la vicenda –magari con una maschera – davanti ad altri partecipanti al rito che fungevano da spettatori.
Tragedia, dramma satiresco, commedia Nel corso del tempo da questa scintilla si giungerebbe alla ben più complessa forma dei dialoghi fra personaggi, e in Grecia ai generi propriamente teatrali: tragedia, dramma satiresco e commedia come ‘somma’ di parti dialogate e di parti cantate. Per nessuno dei tre generi possiamo stabilire una data di nascita e un’origine chiara; nelle pagine che seguono proveremo a inserire gli indizi che possediamo dentro una cornice di massima plausibilità.
2 Dove (e come) nasce il teatro tragico greco
I ‘cori tragici’ di Sicione e i páthe di Dioniso In un passo delle Storie (V 67) Erodoto riferisce che a Sicione – sul Golfo di Corinto – all’inizio del VI secolo a.C. e sotto il tiranno Clistene, si sarebbero celebrati dei ‘cori tragici’. È la più antica attestazione dell’aggettivo tragikós Durante l’esecuzione di questi cori, i páthe – cioè le ‘vicende’ – del dio Dioniso vennero cantati in sostituzione di quelli in onore di un altro eroe. Così facendo il tiranno «restituì i cori a Dioniso». Tali cori tragici erano probabilmente canzoni di una certa estensione narrativa, danzate nel contesto di feste sacre, che celebravano le gesta di un eroe o di un dio per mantenerne vivo il culto. L’aspetto religioso sembra avere giocato un ruolo fondativo, non solo in questa fase più antica. Quelle di Sicione sono inoltre manifestazioni pubbliche, come pubblici e destinati alla cittadinanza ateniese saranno gli spettacoli comici e tragici. Verso Sicione conduce anche un ulteriore aneddoto: le fonti riferiscono che un certo Epigene (prima metà del VI secolo a.C.) durante le locali feste per Dioniso avrebbe messo in scena un dramma
di argomento non dionisiaco, sostituendolo ad antiche composizioni dedicate a Dioniso chiamate satyriká. Di fronte alla novità, il pubblico contrariato esclamò una frase divenuta proverbiale: «Niente a che fare con Dioniso!» (▸Capri e satiri: il problema del satyrikón, p. 126).
La testimonianza di Aristotele su ditirambo e tragedia Nel IV secolo a.C., molto dopo la nascita del genere, Aristotele aggiunge un tassello ulteriore. In Poetica 1449a 9-21 scrive che la tragedia «nata da un principio di improvvisazione […] da parte di coloro che intonavano il ditirambo […] crebbe a poco a poco […]. La grandezza della tragedia, inoltre, da piccoli racconti e da un linguaggio scherzoso per il fatto che era un’evoluzione dal satiresco, raggiunse tardi la sua solenne dignità». Un ruolo fondamentale è perciò svolto da coloro che danno inizio all’esecuzione di un genere corale – il ditirambo – dai contenuti narrativi e consacrato a Dioniso. Aristotele prova a spiegare la nascita dell’esecuzione della tragedia (un solista che intona e inizia il canto e altri che seguono in coro) senza dire nulla della composizione del testo e di chi per primo mise insieme un dramma secondo caratteristiche poi condivise e ripetute.
Arione di Metimna Secondo Erodoto (Storie I 23), fu il poeta Arione di Metimna il primo a organizzare cori ditirambici, in genere eseguiti con danze circolari e accompagnati dall’aulós, strumento a fiato che divenne tipico dei cori teatrali (▸Tramonto dell’epica e diffusione di altri generi, p. 118). Attivo sotto il tiranno Periandro a Corinto tra VII e VI secolo a.C. (dunque anteriore sia ai ‘cori tragici’ di Sicione che a Epigene), Arione avrebbe composto ditirambi contenenti la narrazione di una sezione di un mito, e sarebbe stato l’‘inventore’ del genere tragico. La coincidenza non è fortuita: forme originarie di azioni drammatiche eseguite da un coro si poterono staccare dal ditirambo cantato e danzato, al punto da diventare segmenti autonomi. Sotto il nome di Arione sembrano essere convogliate molte delle forme esecutive elencate fin qui, come mostra la voce che gli dedica il lessico di
epoca bizantina Suda (α 3886 Adler): «Si dice anche che fu l’inventore del modo tragico, che istituì per primo un coro, cantò un ditirambo e affidò al canto un nome tratto dal coro, e introdusse satiri che si esprimevano in versi».
L’etimologia della parola ‘tragedia’ Il termine tragodía è da ricondurre a un contesto musicale, ma non solo: ‘tragedia’ indicherebbe letteralmente il ‘canto (odé) del capro (trágos)’, e tragodói ‘coloro che cantano per il capro’ e più tardi genericamente ‘membri del coro tragico’ nel dialetto attico del V secolo a.C. Ma la presenza dell’animale non aiuta a fare chiarezza. Questo canto corale serviva per ottenere il capro, o era in onore del capro? Veniva intonato per il sacrificio del capro? Oppure (meno probabilmente) veniva intonato al posto del capro, cioè indossando costumi fatti di pelli caprine?
Tespi e il concorso ‘per il capro’ L’ottenimento del capro risulta essere in effetti lo scopo di una gara che avrebbe visto il poeta Tespi – originario del demo attico di Icaria – come primo vincitore. Lo riferisce un’epigrafe da Paro risalente alla metà del III secolo a.C.: il Marmor Parium (= TrGF I DID D 1, A 43). Se smontiamo in tre brevi sezioni questa informazione epigrafica, vi leggiamo che all’altezza della 61esima Olimpiade (535-532 a.C.) 1. il poeta Tespi per primo recitò un dialogo, 2. rappresentò un dramma (dráma) in città e 3. venne posto come premio il capro (trágos). Da altre fonti sappiamo che un capro veniva sacrificato in onore del dio in occasione di semplici azioni teatrali nei villaggi (non in città): ogni primavera uomini con il volto coperto sacrificavano l’animale a Dioniso, e da quelle azioni teatrali si sarebbe generata la tragedia. Del resto Tespi, uomo di teatro che avrebbe introdotto l’uso del lino per le maschere (▸La maschera, il costume, le calzature, p. 131), sarebbe stato attivo anche in contesti rurali, prima di approdare alla festa istituzionalizzata in città, e avrebbe allestito i suoi drammi su un carro (così Orazio, Arte poetica 275-277).
Nascita del dialogo drammatico La prima notizia trasmessa dal Marmor Parium sorprende: «Il poeta Tespi per primo recitò un dialogo»; il dráma dialogico nascerebbe dunque con Tespi e si imporrebbe ad Atene sotto il governo della famiglia del tiranno Pisistrato e dei suoi discendenti in occasione di una gara cittadina consacrata a Dioniso (▸Festival e messa in scena, p. 128). Con lui si andò probabilmente definendo un ‘prototipo’ tragico: ciò che finora mancava era infatti l’interazione tra coro e attore. Secondo la dibattuta etimologia di hypokrités, in principio l’attore doveva essere un ‘rispondente’, oppure ‘colui che spiegava’: in ogni caso qualcuno in grado di interloquire con il gruppo corale. Tespi avrebbe quindi introdotto una nuova modalità di interagire – da solista – con il coro, in due modi: 1 una premessa al canto (il prólogos, un ‘discorso che sta prima’, informativo); 2. una rhésis, un ‘discorso’ recitato in dialetto attico. Si
zione opposta (antistrophé, ‘evoluzione in senso contrario’), ma la questione è controversa. Talvolta la coppia strofica può essere preceduta da un preludio (proodós) o seguita da un epodo (epodós); più raramente tra strofe e antistrofe troviamo un ‘canto mediano’ (mesodós). In tutti questi casi si tratta di canti ritmicamente e musicalmente autonomi, svincolati dalla responsione. Il coro può anche eseguire canti astrofici (ástropha: non articolati in coppie strofiche) o ‘coppie a distanza’, quando strofe e antistrofe sono separate da sezioni di dialogo con (o tra) gli attori.
PERCORSI
COME È FATTA UNA TRAGEDIA GRECA
Il prologo
La tragedia si apre con un prólogos, secondo la definizione di Aristotele «tutta la parte di tragedia che precede l’ingresso del coro» (Poetica 1452b 19-20). Alcuni drammi iniziano direttamente con l’ingresso del coro (per esempio Persiani e Supplici di Eschilo) e ne sono pertanto privi.
◾ Nelle tragedie eschilee il prologo è costituito da uno o più discorsi lunghi (rhésis) e ha generalmente la funzione di esporre gli avvenimenti precedenti all’azione, e la introduce.
◾ Nelle tragedie più antiche di Sofocle il prologo presenta ancora gli antefatti; in quelle più tarde avvia l’azione drammatica. La novità dei prologhi sofoclei consiste nel portare in scena i personaggi stessi che dialogano tra loro, fornendo così uno spaccato dei loro caratteri.
◾ Nella produzione euripidea il prologo è spesso costituito da un monologo – affidato a volte a personaggi secondari – in cui sono evocati avvenimenti anche molto lontani nel tempo, e poi da un dialogo che fornisce informazioni sulla situazione in cui versano i protagonisti nel ‘qui e ora’ del dramma.
La parodo
La párodos è «tutto il primo intervento verbale del coro» (Aristotele, Poetica 1452b 22-23). Significa ‘ingresso’ (pará + hodós) e dà il nome anche alle vie di accesso all’or chestra (le párodoi). In alcune tragedie è aperta da una sezione in metri anapestici eseguita in recitativo (in parakatalogé, una tecnica di esecuzione simile a quel la impiegata nei melodrammi e nelle opere); il coro avanza in ‘anapesti di marcia’ al suono dell’aulós assenza di essa, gli studiosi hanno ipotizzato che il coro prendesse posto nell’orchestra in silenzio, for se con un sottofondo musicale, e che a quel punto iniziasse il canto danzato. Una particolare forma di parodo è la parodo commatica, che prevede l’instau rarsi tra il coro (nell’orchestra) e l’attore di un dialogo cantato, in versi lirici (l’amebeo, ▸p. 135). Euripide si spinge a sperimentare nuove forme di relazione tra prologo e parodo, trasferendo sezioni cantate nell’uno (con monodie degli attori) e sezioni dialogiche nell’al tra (con amebei lirico-epirrematici, ▸p. 135); tali spe rimentazioni hanno lasciato traccia anche nella pro duzione tarda di Sofocle (per esempio nell’Elettra
La funzione del coro Il coro è a volte il protagonista, come nelle Supplici di Eschilo, ma più spesso il suo ruolo è legato all’ammonimento, alla partecipazione emotiva, alla solidarietà, talora alla complicità. Può pregare gli dèi, esprimere paura, presentire il funesto esito dell’azione o, viceversa, ingannarsi ed esultare non comprendendo che l’azione sta precipitando verso la catastrofe (come in Sofocle, Aiace e Trachinie). Altra funzione fondamentale del coro è quella di rievocare il passato mitico al quale si raccordano gli avvenimenti portati in scena, o di proporre episodi appartenenti ad altri miti
L’epiparodo
Può accadere che durante l’azione drammatica il coro lasci l’orchestra (si parla di metástasis) per rientrarvi successivamente in quella che è chiamata epiparodo; accade nelle Eumenidi di Eschilo – dove Apollo caccia il coro delle Erinni dal tempio di Delfi e poi, con un cambio di scena, il luogo dell’azione si sposta ad Atene – e nell’Aiace di Sofocle. In quest’ultima tragedia il coro esce a cercare l’eroe che, con un cambio di scena e a orchestra vuota, recita sulla spiaggia il suo ultimo monologo, dopo il quale il coro tornerà alla vista del pubblico diviso in due semicori. In questi due casi l’uscita del coro coincide con un cambio di luogo; nell’Alcesti e nell’Elena di Euripide il coro esce dall’orchestra e vi rientra più tardi insieme a un attore.
Gli episodi
Gli epeisódia, in numero variabile, sono le parti comprese tra un canto corale (stasimo) e l’altro. Si tratta delle sezioni – prevalentemente in trimetri giambici – recitate dagli attori, con l’eventuale partecipazione del corifeo. Vi possono essere anche sezioni in metri recitativi (anapesti e tetrametri trocaici) e parti cantate (amebei lirici) o miste di recitato e di canto (amebei lirico-epirrematici). parti in trimetri giambici possono svilupparsi in varie forme: è il discorso di un attore, di una certa lunghezza, che può costituire un monologo o inserirsi all’interno di un dialogo. rhéseis il personaggio dà espressione al proprio pensiero impartendo ordini, ammonimenti, esortazioni, oppure riflettendo sulla propria condizione o su quella di altri, sulle scelte da compiere, sulle responsabilità delle scelte già compiute. Emerge così il carattere del personaggio e maturano le premesse per lo sviluppo dell’azione. Nelle tragedie euripidee, a causa dell’influenza crescente della retorica, il dibattito tra i personaggi si sviluppa attraverso discorsi simmetricamente strutturati – sia nel numero di versi sia nella puntuale ripresa delle argomentazioni – che formano l’agone. Funzione informativa ha la rhésis angeliké affidata a un messaggero ángelos), di norma impiegata per riferire eventi accaduti fuori scena o nel retroscena. Spesso le rhéseis angelikái sono utili a raccontare eventi cruenti come assassini, suicidi e mutilazioni. Talvolta all’interno delle rhéseis sono inseriti dei discorsi diretti, come nell’epica; sticomitia è l’alternarsi di singoli versi affidati a due (più raramente a tre) attori, che dialogano in modo ser-
che presentano situazioni analoghe o esemplari, assumendo toni gnomici e didascalici.
Il coro secondo Aristotele In un passo della Poetica (1456a 25-32) Aristotele raccomanda che il coro tragico partecipi all’azione drammatica come fosse un attore, citando come esemplari le tragedie sofoclee e lamentando una degenerazione della sua funzione in Euripide. L’osservazione rispecchia la tendenza – inaugurata da Agatone ed evidente nella tarda produzione euripidea – a sviluppare le parti corali in modo svincolato dall’intreccio.
rato o concitato; talvolta il confronto verbale è così incalzante che il verso, in coincidenza con la pausa metrica, risulta diviso tra due o anche tre attori (antilabé).
Le parti cantate dagli attori (talvolta con il contributo del corifeo o del coro) si distinguono in:
◾ monodia, il canto solista dell’attore ‘dalla scena’ con l’accompagnamento dell’aulós. Può essere strutturato in forma responsiva o astrofica. Il canto solista, espressione di un momento di grande tensione emotiva, dava la possibilità all’attore di mostrare il proprio virtuosismo vocale; dagli anni ’20 del V secolo a.C. – quindi nella più recente produzione euripidea, e negli ultimi drammi di Sofocle – si assiste a un aumento delle sezioni cantate ‘dalla scena’, a testimonianza dell’importanza crescente degli attori, che diventano sempre più anche cantanti (e a volte danzatori);
◾ amebeo lirico è uno scambio cantato tra due attori o tra un attore e il coro; un caso unico è costituito dai Sette contro Tebe di Eschilo, dove l’amebeo è tra i due semicori. Generalmente si sviluppa in strutture antistrofiche (talvolta con epodo). Si chiama kommós un amebeo di carattere funebre, che riprende le forme e i temi del lamento rituale tradizionale, con un attore che lo avvia e il coro che risponde;
◾ amebeo lirico-epirrematico (o kommós lirico-epirrematico se di carattere funebre) è uno scambio cantato tra un attore (o due attori) e il coro, che comprende parti cantate, in metro lirico (lyriká), seguite da parti in trimetri giambici (più raramente in anapesti) in recitativo (epirrémata, letteralmente ‘detti dopo’), anch’essi generalmente in responsione. Secondo alcuni la struttura lirico-epirrematica sarebbe stata all’origine sia della tragedia sia della commedia. La diversa esecuzione delle due parti diventa essa stessa espressione dei diversi stati d’animo degli elementi via via coinvolti nell’amebeo: il canto e la musica esplicitano sentimenti intensi (di dolore come di gioia), il recitativo marca una maggiore razionalità e fermezza.
Lo stasimo
Gli stasimi (stásima) sono i canti corali che dividono gli episodi. Il loro numero può variare. Un’errata interpretazione etimologica fece pensare ai commentatori tardoantichi che il termine indicasse un ‘canto da fermo’, ma lo stasimo prevede un canto generalmente articolato in coppie strofiche in responsione metrica, sulla musica dell’aulós e accompagnato dalla danza (▸Canto e danza, p. 133).
L’esodo (éxodos)
È «la parte di tragedia dopo la quale non c’è canto del coro» (Poetica 1452b 21-22). Si tratta della parte conclusiva, dopo l’ultimo stasimo: attori e coro lasciano scena e orchestra, gli uni generalmente entrando nel retroscena attraverso le porte del fondale;
8 I primi poeti tragici e i poeti minori del V secolo
Cherilo di Atene Contemporaneo e rivale di Eschilo e di Pratina, fu noto autore di drammi satireschi; iniziò la sua carriera poco dopo Tespi, se prestiamo fede alla notizia di una sua partecipazione alla gara poetica tra il 523 e il 520 a.C. A lui si dovrebbero innovazioni relative ai costumi e alla maschera, ed era considerato un poeta piuttosto oscuro. Avrebbe scritto 160 drammi e vinto 13 volte: ci rimane il titolo di una sola tragedia, Alope.
l’altro uscendo dalle éisodoi, al suono dell’aulós che accompagna gli ‘anapesti di marcia’ eseguiti in recitativo. L’esodo può assolvere a varie funzioni, spesso compresenti: – ha funzione didascalica, quando il dramma è già giunto al suo ‘punto di svolta’, alla katastrophé, o ‘rovesciamento’; di questo cambio di situazione – in genere in peggio – viene dato un resoconto spesso attraverso un ‘discorso del messaggero’; nella parte esodica il poeta può poi proporre una riflessione sulla vicenda stessa e talvolta vi si trova anche una scena di lamento funebre; – può concludere l’azione drammatica, quando proprio nell’esodo – in un crescendo di tensione – la vicenda trova il suo epilogo; nella prima e nella seconda tragedia di una trilogia gli esodi non chiudono l’azione, che prosegue nel dramma successivo;
– può prevedere un deus ex machina, quando si assiste allo scioglimento dell’azione (giunta a un’impasse) da parte di una divinità o di un personaggio eroico divinizzato e carismatico (come Eracle nel Filottete di Sofocle). L’intervento di un elemento esterno permette il ripristino dell’ordine e il riallineamento dell’azione con il mito, che implica una certa conclusione: ne emerge che scelte umane e volontà divina non sono compatibili, e il destino dell’essere umano si compie in modo incomprensibile e talvolta ingiusto se valutato con criteri terreni; – può contenere una profezia o un motivo eziologico, quando sono presenti vaticini che alludono al futuro dei personaggi oltre l’azione drammatica; o quando vi sono riferimenti a pratiche religiose, nomi, credenze o istituzioni che appartengono alla contemporaneità e trovano la loro origine (il loro áition, ‘causa’) nella vicenda rappresentata. Le Eumenidi di Eschilo, per esempio, si concludono con la trasformazione delle terribili Erinni, preposte alla vendetta, in dee benevole (Eumenidi) e con l’istituzione dell’Areopago.
Due momenti chiave
Indipendentemente dalla loro collocazione anagnórisis e peripéteia (cfr. Aristotele, Poetica 1452a) giocano un ruolo importante, perché possono determinare un cambio di direzione degli eventi. La anagnórisis (‘riconoscimento’) coincide con l’istante in cui due personaggi, prima separati, si ritrovano grazie al pieno disvelamento delle loro identità (un «cambiamento dall’ignoranza alla conoscenza»).
Nel lessico di Aristotele la peripéteia segna il ‘mutamento improvviso’, un ‘evento inaspettato’ ma verisimile, un rovesciamento dei fatti nel loro contrario, determinato per esempio dalla morte di qualcuno, o da una scoperta. Il migliore riconoscimento, afferma il filosofo lodando la trama dell’Edipo re, è quello simultaneo al rovesciamento.
Pratina di Fliunte e il dramma satiresco Originario di una cittadina della parte nord-orientale del Peloponneso, Pratina prese parte alle gare poetiche insieme a Eschilo e Cherilo intorno al 499-496 a.C.; la sua carriera si dovette concludere intorno al 467 a.C. «Poeta di tragedia», secondo il lessico bizantino Suda (π 2230 Adler), «compose per primo drammi satireschi»: a lui si attribuisce l’inserimento alle Grandi Dionisie dell’elemento del satyrikón che a questa altezza doveva avere raggiunto la forma a noi nota (▸Satiri e ‘satiresco’: il dramma satiresco, p. 126).
Una tradizione vuole che anche suo figlio Aristia ne fosse autore. Le fonti gli attribuiscono 50 drammi (di cui 32 satireschi: ma se essi andavano in scena ogni tre tragedie i conti non tornano). Con Pratina probabilmente il satiresco divenne una precisa sezione dello spettacolo accanto alle tre tragedie previste per ciascun poeta, e assunse una struttura affine a quella della tragedia stessa (parti recitate + parti cantate da un coro). È di difficile classificazione un frammento che descrive satiri danzanti che fanno baccano e invocano Dioniso ‘ditirambo’: forse è parte di un dramma satiresco, ma per altri è un ditirambo o un iporchema (un canto sfrenato: TrGF I 4 F 3 = fr. 708 Page).
Frinico e la Presa di Mileto La prima vittoria di Frinico risalirebbe al 511-508 a.C., e vinse per certo nel 476 a.C. con le perdute Fenicie (il tema, incentrato sulla battaglia di Salamina del 480, è in parte quello dei Persiani di Eschilo). È ricordato per la bellezza delle sue danze e per avere introdotto il tetrametro trocaico. Frinico portò in scena – cosa che divenne inusuale – anche un’altra tragedia di argomento storico: nella Presa di Mileto (493-492 a.C.) aveva rappresentato gli abitanti della città ionica costretti a piegarsi ai Persiani nel 494 a.C. Il poeta scatenò un’inaspettata reazione emotiva nel pubblico, colpito dalla visione di sofferenze di greci come loro. Riferisce Erodoto che «tutto il teatro scoppiò in lacrime» (VI 21).
Lo storico aggiunge che fu inflitta al poeta una multa di mille dracme, «per aver ricordato agli Ateniesi mali che li riguardavano (oikéia kaká)», sancendo l’impossibilità di una replica del dramma. È a suo modo una forma di censura: la città democratica stabilisce ciò che è bene e ciò che non è bene mostrare al pubblico.
Altri tragici del V secolo Pur non appartenendo per cronologia ai primordi del genere, consideriamo qui alcuni autori di cui si conservano solo frammenti. È difficile dire se le tragedie di questi o di altri tragediografi meno noti, come Acheo (e Neofrone, forse del IV secolo a.C.), fossero effettivamente meno riuscite rispetto a quelle preservate dei tre poeti maggiori.
Ione di Chio Originario dell’isola omonima, è uno dei pochi tragici non ateniesi di cui abbiamo notizia per il
V secolo a.C. Conserviamo un discreto numero di frammenti da tragedie e drammi satireschi, senza riuscire a ricavare un’immagine nitida della sua produzione. Attivo dalla metà del secolo, l’unica partecipazione attestata alle Grandi Dionisie è del 428 a.C., dove risultò battuto da Euripide e Iofonte. Vinse almeno una volta e morì prima del 421 a.C. Fu autore versatile: scrisse elegie, inni e ditirambi, opere storiche e d’impianto filosofico. Negli Appunti di viaggio (Epidemíai) narrava di incontri con figure insigni del suo tempo.
Agatone È il poeta tragico più noto dopo Eschilo, Sofocle ed Euripide; le notizie che lo riguardano forniscono di lui un ritratto abbastanza completo, nonostante i pochi frammenti superstiti. Ottenne la prima vittoria alle Lenee nel 416 a.C. (▸Le Lenee, p. 129) e Platone descrive nel Simposio la festa che si sarebbe celebrata per l’occasione, restituendoci l’immagine di un giovane raffinato ed elegante. Finì la sua breve carriera – dopo il 405 a.C. – alla corte di Archelao in Macedonia, dove anche altri si erano trasferiti in quegli anni (Euripide, Timoteo). Aristofane nelle Tesmoforiazuse (411 a.C.) lo descrive come effemminato e vanitoso, e il suo stile sarebbe caratterizzato da una leziosa sovrabbondanza barocca.
Fu tra gli innovatori del genere tragico: il suo perduto Anteo non riscriveva una storia tradizionale ma creava dal nulla eventi e personaggi di fantasia, ‘demitizzando’ il repertorio classico (un caso unico); a lui si dovrebbe l’introduzione di embólima, canti slegati dal contenuto del dramma, ridotti a semplici interludi musicali, sintomo del forte influsso esercitato sul finire del secolo dalla cosiddetta Nuova Musica e dal ditirambo nuovo (Aristotele, Poetica 1451b 19-23 e 1456a 28-30, e ▸Il ditirambo ‘nuovo’, p. 118).
Crizia Nato intorno al 460, parente di Platone, Crizia fu una delle figure più in vista dell’aristocrazia ateniese della seconda metà del secolo. Noto uomo politico, il suo nome è legato alla sanguinosa vicenda dei Trenta tiranni, di cui egli stesso fu guida: pagò un anno dopo con la morte il sostegno al governo filospartano oligarchico e violento instaurato ad Atene nel 404 a.C. Il suo nome è associato anche al movimento della Sofistica (▸p. 202), benché il suo profilo non sia riducibile al semplice statuto di sofista (non insegnò su compenso l’arte della parola).
Compose drammi, elegie, esametri, e opere in prosa di tema politico. Titoli di tragedie perdute sono Tennes (di attribuzione incerta), Radamanto e Piritoo, e specialmente Sisifo – dramma satiresco o tragedia – di cui possediamo un frammento: è una critica alla religione tradizionale, introdotta per limitare la libertà, e la divinità che vede, giudica e punisce sarebbe un’invenzione per indurre gli uomini ad avere paura (TrGF I 43 F 19).
Sperimentare oltre l’arcaismo
Eschilo fra Atene e la Sicilia
Etna
Gela
politiche. È certo, però, che il partito conservatore di Cimone negli agoni del 468 a.C. gli preferì Sofocle, a cui attribuì la vittoria con una procedura del tutto anomala.
MAR
IONIO
Siracusa
Un poeta soldato Le guerre persiane, che aprono l’‘età classica’, non si esauriscono nella vittoria delle piccole greche sul gigante asiatico, ma costituisco no una tappa fondamentale nel processo di maturazione che porterà i Greci alla con sapevolezza della propria identità. Le battaglie di Maratona, Salamina e Pla tea sono il paradigma della distinzione e del confronto tra greco e barbaro, e segnano definitivamente il prevalere di un sistema di valori ereditato da tutto il mondo occidentale. La resistenza delle – prima fra tutte Ate ne – all’impero persiano, dove il cittadino è suddito, assume presto i contorni del mito, ed esso diventa memoria collettiva e condivisa. Eschilo com batté a Maratona insieme al fratello Cinegiro – morto gloriosamente –, a Salamina e forse a Platea: essere stato patriota e soldato gli sembrò più importante che essere stato drammaturgo (e insieme attore, produttore e coreografo), secondo una tradizione che lo vuole autore del suo stesso epitafio: «Questa tomba della fertile Gela racchiude Eschilo, figlio di Euforione, ateniese: il suo valore potrebbero dirlo l’illustre bosco di Maratona e il Medo dalle lunghe chiome, che lo sa bene» (test. 162 Radt).
MAR
Maratona
Eleusi
MEDITERRANEO
Cirene
I viaggi in Sicilia Dopo i primi successi teatrali, Eschilo fu invitato a Siracusa, presso la corte di Ierone I, raffinato mecenate che si circondò di poeti della statura di Pindaro e Bacchilide; non è semplice datare i viaggi – almeno due – del tragediografo in Sicilia. Forse Eschilo fu chiamato a Siracusa una prima volta 476-475 quando Ierone fondò Etna, per celebrare la quale egli scrisse e mise in sce; poi di nuovo dopo il succes, rappresentati ad Atene nel 472 e replicati a Siracusa; ma forse le due occasioni coincidono, e le Etnee non sarebbero state rappresentate alla fondazione della città ma qualche anno dopo. In Sicilia Eschilo tornò definitiva(458 a.C.) e in seguito alla caduta della tirannide si trasferì a Gela, dove morì nel 456 a.C. Intorno alla sua morte fiorì una leggenda: un oracolo gli aveva predetto che sarebbe morto per un dardo caduto dal cielo e un’aquila avrebbe lasciato cadere sulla sua testa calva – scambiandola per un sasso – una tartaruga, per romperne il guscio e cibarsene.
2 Eschilo drammaturgo
Eschilo e Atene Nacque a Eleusi, demo a una ventina di chilometri da Atene, verosimilmente intorno al 525 a.C. Una certa tradizione lo vuole iniziato ai mi steri eleusini, i riti religiosi segreti che si cele bravano tra il locale santuario di Demetra e Atene. Suo padre Euforione proveniva dalla prestigiosa famiglia degli Eupatridi, gli aristocratici della città. Da ragazzo as sistette alla cacciata di Ippia, l’ultimo ti ranno dei Pisistratidi, e alla riforma delle istituzioni ateniesi da parte di Clistene (508 a.C.), che aprì la strada alla democrazia. Non è chiaro il ruolo svolto dal poeta nella vita politica. Nonostante le origini aristocratiche, egli sembra mostrarsi incline al partito democratico, ma di fronte al prevalere di correnti radicali che portarono, per esempio, alla riforma dell’Areopago di Efialte (462 a.C.), è difficile stabilire se la sua posizione fu moderata e conservatrice o aperta alle nuove proposte
Oltre l’arcaismo Per noi il primo dei grandi poeti tragici ateniesi, Eschilo appare austero e monolitico. I suoi personaggi sono compatti, inflessibili, mossi da un pathos incondizionato ed esclusivo, spinti al compimento del loro destino da forze inesorabili. I loro impulsi sono spesso riconducibili a un mondo ancestrale, misterioso e irrazionale, frequentato da dèi antichi e regolato dalle leggi del sangue, del castigo e della vendetta. D’altra parte, non sono tanto individui la cifra del suo teatro, quanto i grandi temi della cultura arcaica: il ruolo degli dèi nel destino dell’essere umano; la giustizia, in termini di relazione tra colpa e punizione; l’ereditarietà della colpa; il conflitto all’interno del génos e tra génos e pólis. Il dramma eschileo si sostanzia della tensione tra divino, terreno e ctonio, le tre dimensioni di un sistema religioso che si riflette nella drammaturgia e nella messa in scena. Ma nell’esito dei conflitti emerge una concezione del divino più alta e più razionale: gli dèi dell’Olimpo prevalgono sugli dèi della prima generazione; i tribunali della pólis sulla ‘legge
del taglione’. La tragedia eschilea è forse la più evidente testimonianza della fase di passaggio al razionalismo ‘illuministico’, che segnerà la cultura successiva, e della complessa ricerca di un equilibrio su cui fondare la nuova città.
Rappresentazioni e successi La prima partecipazione di Eschilo agli agoni drammatici è da datare al 499 o 496 a.C., in occasione della 70esima Olimpiade, quando il drammaturgo aveva 26 anni; la prima vittoria sembra del 484. In vita vinse altre 12 volte e i suoi drammi ebbero l’onore di essere rappresentati anche postumi, riportando ulteriori vittorie. Alcune fonti gli attribuiscono 73 tragedie; raccogliendo testimonianze e citazioni varie si arriva a circa 90 titoli.
Una parte importante della sua produzione – peraltro molto apprezzata dagli antichi – era costituita dai drammi satireschi; un papiro ci ha restituito un’estesa sezione de I pescatori con le reti, che metteva in scena il mito di Danae e Perseo. Per intero ci sono giunte quattro tragedie e una trilogia, tutte appartenenti alla fase più matura della sua produzione: Persiani, Sette contro Tebe, Supplici, Orestea (Agamennone, Coefore, Eumenidi) e poi Prometeo incatenato.
Coro e attore: una nuova idea di tragedia Eschilo è considerato il primo grande drammaturgo ateniese, ma è difficile stabilire se la sua importanza sia la causa o l’effetto della perdita di quasi tutta la produzione precedente. Se è vero che la tragedia nasce come sviluppo del coro ditirambico, che interagisce progressivamente con una voce recitante dal ruolo sempre più marcato (▸La testimonianza di Aristotele su ditirambo e tragedia, p. 125, e ▸Nascita del dialogo drammatico, p. 125), secondo alcuni studiosi fu proprio Eschilo a trasformare la tragedia primitiva in un ‘dramma’ dotato di azione. Secondo la testimonianza di Aristotele (Poetica 1449a 15-18) «fu il primo a portare il numero degli attori da uno a due», affiancando al protagonistés un secondo attore maschio, il deuteragonistés. Ma è solo nell’Orestea che quest’ultimo incarna un personaggio autonomo e in grado di contrapporsi al primo: nelle tragedie precedenti, il secondo attore ricopre la funzione di Messaggero (Persiani e Sette contro Tebe) o di interprete degli eventi (lo Spettro di Dario nel terzo episodio dei Persiani).
L’importanza attribuita agli attori e al dialogo sembra comportare la riduzione del ruolo drammatico del Coro, che prima di Eschilo (e forse anche nella sua produzione giovanile) era preponderante. D’altra parte, nelle Supplici il Coro è il vero protagonista del dramma e questo elemento strutturale ha portato a erronee conclusioni sulla datazione (▸Datare i drammi superstiti, p. 139). Evidentemente lo sviluppo del genere tragico nella produzione eschilea è un lungo processo di maturazione. Dopo che Sofocle ebbe introdotto il terzo attore, Eschilo se ne servì, ma in modo molto limitato e senza che sulla
scena si instauri un vero e proprio dialogo a tre (a eccezione del Prometeo incatenato).
La trilogia Alle Grandi Dionisie i poeti gareggiavano con tre tragedie e un dramma satiresco: forse fu proprio Eschilo a concepire la trilogia come una sequenza di tragedie incentrata su un’unica vicenda (che spesso coinvolge le diverse generazioni di un génos), della quale poi il dramma satiresco sviluppava uno spunto legato al tema principale.
A esclusione dei Persiani (che andarono in scena insieme a Fineo, Glauco Potnieo e Prometeo Pyrkaeus), tutte le tragedie di Eschilo conservate (quelle sottolineate) erano parte di una trilogia seguita da un dramma satiresco: Laio, Edipo, Sette contro Tebe e Sfinge; Supplici, Egizi, Danaidi e Amimone; Agamennone, Coefore, Eumenidi (Orestea) e Proteo; Prometeo incatenato, Prometeo liberato e Prometeo portatore di fuoco (non è sicuro che la successione sia questa e non si conosce il titolo del dramma satiresco). L’Orestea è l’unica trilogia giunta integra. Tale innovazione permetteva di seguire le fasi concatenate di un mito e sviluppare riflessioni – centrali nel pensiero eschileo – in un’ottica morale e religiosa: il destino dell’essere umano e il suo dispiegarsi in una scala di tempo dilatata; l’ereditarietà della colpa in relazione al génos; il rapporto tra il divino e la responsabilità dell’individuo.
Sembra che lo svolgimento della trilogia permettesse al poeta lo scioglimento positivo del nodo tragico: così è nella trilogia del Prometeo, dove pare che il protagonista alla fine si riconciliasse con Zeus, e forse anche in quella delle Danaidi, dove le Supplici avverse alle nozze fondavano la stirpe di Argo. Ma se l’Orestea ci permette di
comprendere in modo compiuto il disegno complessivo del poeta, nel caso delle tragedie che ci sono pervenute singole il significato globale più profondo risulta compromesso.
Effetti drammaturgici e scelte scenografiche La drammaturgia di Eschilo, che fu anche attore e regista, si fonda su scene di grandioso impatto, che sfruttano gli effetti scenografici ma anche la forza stessa della parola. Di tragedia in tragedia emerge lo sforzo innovativo di Eschilo nelle soluzioni registiche adottate, come l’apparizione dello Spettro di Dario nei Persiani e dell’Ombra di Clitemestra alle Erinni nelle Eumenidi, oppure l’irrompere sconvolto delle giovani tebane che compongono il Coro dei Sette contro Tebe, che poi si mettono a danzare.
Nei Sette come nelle Supplici l’assenza di skené apriva la prospettiva: nel primo caso veniva a crearsi uno spazio scenico ‘di guerra’ contrapposto allo spazio dei nemici, evocato dalle parole del Messaggero, dove essi giurano con orrendo rito e si schierano alle sette porte; nel secondo caso lo spazio scenico si connotava come ‘sacro’, per la presenza degli altari e delle statue degli dèi, e costituiva visivamente il luogo di protezione per le Danaidi, empiamente profanato dagli Egizi. Nell’Agamennone e nelle Coefore la reggia degli Atridi, che costituisce la skené, è il punto focale di tutta la vicenda: dietro la skené, cioè dentro la reggia – un interno sinistro e dominato dal dáimon (‘entità divina’) e dalle Erinni – si erano consumati e si consumavano gli orrendi assassinii del génos, i cui esiti risultavano visibili, in modo spettacolare, alla fine delle tragedie. Nelle Eumenidi Eschilo sperimentò, forse per la prima volta, un cambio di scena all’interno del dramma stesso, con un effetto di sorpresa facilmente immaginabile.
Datare i drammi superstiti La data di rappresentazione di cinque fra le tragedie conservate può essere fissata con precisione: i Persiani sono del 472 a.C., i Sette contro Tebe del 467 a.C., l’Orestea del 458 a.C. Per caratteristiche linguistiche e metriche e per il ruolo centrale attribuito al Coro, le Supplici furono ritenute il dramma eschileo più antico fino al 1952, quando fu pubblicato un papiro (P.Oxy. 2256, fr. 3) in cui si legge che Eschilo vinse su Sofocle con la trilogia delle Danaidi – di cui le Supplici costituivano la prima tragedia – e vi è il nome dell’arconte eponimo di cui, tuttavia, si legge solo la prima sillaba. Dato che Sofocle esordì nel 468 a.C., le Supplici saranno da collocare dopo tale data, forse nel 463, se le proposte di integrazione per il nome proprio dell’arconte sono giuste. La datazione del Prometeo incatenato è incerta e legata alla questione della paternità stessa della tragedia. Se eschilea, la tragedia andrà datata all’ultima fase, ma sono numerosi i caratteri formali che hanno spinto i filologi a proporre di collocarla negli anni Trenta del V secolo a.C. (▸La questione dell’autenticità, p. 149).
3 La storia sulla scena: i Persiani
TEMI E TRAME
PERSIANI
personaggi Regina (Atossa), Messaggero, Spettro di Dario, Serse; Coro di anziani della corte luogo Susa, di fronte alla reggia trama La tragedia, priva di prologo, si apre con la parodo: il Coro è incerto e preoccupato per la spedizione intrapresa dal persiano Serse, figlio di Dario, contro la Grecia. Nel primo episodio la regina Atossa, madre di Serse, racconta i presagi e il sogno profetico che l’ha turbata nella notte – quando le è apparsa l’ombra di Dario – e chiede al Corifeo informazioni su Atene. Sopraggiunge un Messaggero che riferisce la sconfitta dei Persiani a Salamina. Serse si è messo in salvo, ma l’esercito – sia la flotta sia le truppe di terra – è stato distrutto. Nello stasimo il Coro esprime angoscia per la stabilità del regno. Nel secondo episodio la regina, vestita a lutto, offre libagioni ai morti sulla tomba di Dario; il re defunto nel terzo episodio appare come uno Spettro e, nel corso di un dialogo con Atossa, incolpa il figlio Serse di hýbris e gli attribuisce la responsabilità del disastro, annunciando ulteriori perdite nella battaglia di Platea. Nello stasimo seguente il Coro celebra la Persia di un tempo, florida e potente; poi arriva Serse a piedi e con le vesti lacere, piangendo la sorte tremenda, e intona con il Coro un lunghissimo kommós che costituisce l’esodo della tragedia.
Spazio e tempo nella tragedia dei vinti I Persiani sono costruiti su alcune intuizioni geniali. La prima è ambientare l’azione a Susa, la capitale del regno dei Persiani achemenidi: una lontananza geografica che funziona in modo similare alla lontananza temporale delle vicende mitiche generalmente portate in scena. Questa scelta permette di inquadrare la vicenda dal punto di vista dei nemici: il Coro degli anziani della corte; la regina Atossa, turbata da funeste premonizioni; il Messaggero, che racconta nella sua rhésis angeliké la sconfitta di Salamina; lo Spettro del re Dario, che interpreta gli eventi secondo l’ordine etico di Zeus; Serse, finalmente (a meno di duecento versi dalla fine della tragedia), che appare lacero e canta disperato la sorte che si è abbattuta su di lui e sulla stirpe persiana. Il kommós conclusivo, un vero canto funebre musicato e danzato, è la cifra di questa tragedia dei vinti il cui significato va cercato non tanto nel trionfo del valore greco, quanto in una hýbris sconfitta da Dike, la Giustizia, e castigata dagli dèi. La seconda intuizione è quella di collocare il giorno tragico nel mezzo delle guerre persiane: nel ricordo la sconfitta di Maratona, nel presente la disfatta di Salamina, nel futuro – presagito dallo Spettro di Dario – la nuova sconfitta di Platea. Così il tempo si dilata e la riflessione si allarga (come accadrà nelle trilogie), complicando l’interpretazione di un testo che si sviluppa su diversi registri e accosta presagi e profezie al resoconto autoptico di una battaglia navale che ha segnato la storia.
Saggezza vs tracotanza Alla luce di Salamina, Dario e Serse, benché sconfitti, sono proposti in chiave diver-
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La strutturazione e l’organizzazione generali dell’opera sono frutto di un lavoro di ricerca e riflessione comune, del quale le Autrici e gli Autori si assumono congiuntamente la responsabilità. La stesura dei testi è stata curata come segue: Andrea Rodighiero Trasmissione e conservazione dei testi greci (pp. 1-2), Dall’età arcaica al V secolo: Inquadramento storico (pp. 3-7), Le origini, Cultura e scrittura prima di Omero (pp. 8-9), Omero e Omero ‘minore’ (pp. 10-28), Canto corale e canto solista tra VII e VI secolo a.C. (pp. 60-72), Alle origini del teatro greco (pp. 124-131), I primi poeti tragici e i poeti minori del V secolo (pp. 135-136), Euripide (pp. 165-184), La commedia: Origine e forme, Come è fatta una commedia greca (pp. 185-188), La Commedia detta ‘di Mezzo’ (pp. 196-197), Callimaco (pp. 299-306), Teocrito (pp. 307-313), Apollonio Rodio (pp. 314-320), Il sapere della scienza (pp. 344-348), Retorica (pp. 367-371), Medicina e altre scienze (pp. 372-376).
Sabina Mazzoldi
Esiodo (pp. 28-35), Giambo ed elegia (pp. 45-59), Attori e coro (pp. 131-132), Il teatro di Dioniso ad Atene (pp. 132-133), Come è fatta una tragedia greca (pp. 134-135), Eschilo (pp. 137-151), Sofocle (pp. 152-164), Teatro e spettacolo (pp. 288-291), Menandro (pp. 292-297), Epigramma (pp. 321-325), Elegia (pp. 326-327), Un universo di saperi (pp. 328-332).
Dino Piovan
La storiografia (pp. 96-97), Erodoto (pp. 98-108), L’età classica: Inquadramento storico (pp. 109-115), Storiografia (pp. 211-229), Oratoria (pp. 230-252), Il IV secolo a.C.: Inquadramento storico (pp. 253-256), Platone, Aristotele (pp. 259-274), L’età ellenisti-
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ca: Inquadramento storico (pp. 275-280), Retorica e storiografia (pp. 333-343), L’età imperiale e tardo-antica: Inquadramento storico (pp. 357-360), Un impero bilingue (pp. 361-363), Geografia (pp. 364-366), Tra biografia e storia (pp. 380-387), Filosofia di età imperiale (pp. 394-398), Prosa di tarda età imperiale (pp. 423-424, par. 1).
Nadia Baltieri
La poesia lirica e le sue forme (pp. 36-44), Canto corale e canto solista tra VI e V secolo a.C. (pp. 73-86), Letteratura e pólis democratica (pp. 116-118), Poesia e musica (pp. 198-201), Tra erudizione e filologia (pp. 281-287), Il rinnovo dell’antica poesia (pp. 298-299), Letteratura erudita (pp. 377-379), Letteratura di evasione (pp. 399-407).
Francesco Lupi
Favola (pp. 87-88), Filosofia e prosa scientifica (pp. 89-95), I percorsi della filosofia tra VI e V secolo a.C. (pp. 119-123), Filosofia e scienza (pp. 202-210), L’eredità socratica (pp. 257-259), Epicurei, Scettici e Stoici (pp. 349-356), Seconda Sofistica (pp. 388-393).
Marcella Farioli
Aristofane e la Commedia di Mezzo (pp. 189-196), Misoginia e ginecofobia nell’antichità (p. 197).
Francesco Lubian
Tra ebraismo e cristianesimo (pp. 408-422), Prosa di tarda età imperiale (pp. 424-427, par. 2), Poesia di tarda età imperiale (pp. 428-433).
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Copertina: – Progetto grafico: Falcinelli & Co., Roma – Immagine di copertina: L’Auriga di Delfi (particolare della testa), scultura in bronzo, 180 cm, 475 a.C. circa. Museo Archeologico di Delfi © Foto: Luisa Ricciarini/Bridgeman Images
Prima edizione: febbraio 2025
Ristampa: prima tiratura 5 4 3 2 1 2025 2026 2027 2028 2029
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Andrea Rodighiero, Sabina Mazzoldi, Dino Piovan
Civiltà letteraria
della Grecia antica
Civiltà letteraria della Grecia antica segue lo sviluppo della letteratura greca lungo i secoli che vanno da Omero alla tarda età imperiale (VIII sec. a.C.-V sec. d.C. circa) ripercorrendo un sentiero mai interrotto, lungo il quale le figure che emergono sono presentate non solo nella loro specificità in termini di temi e forme, lingue e stili, ma anche nel rapporto reciproco e in riferimento al contesto storico-culturale.
Il materiale è organizzato diacronicamente in cinque sezioni, ciascuna introdotta da un inquadramento storico e geografico: Dall’età arcaica al V secolo, L’età classica, Il IV secolo a.C., L’età ellenistica, L’età imperiale e tardoantica. All’interno delle singole sezioni, le informa-
Andrea Rodighiero è professore ordinario di lingua e letteratura greca all’Università di Verona. È autore e curatore di contributi e monografie dedicati alla tragedia greca, a Sofocle e a Omero, alla traduzione e alla ricezione dei classici. Si segnalano Generi lirico-corali nella produzione drammatica di Sofocle (Narr Verlag, Tübingen 2012) e La tragedia greca (il Mulino, Bologna 2013).
Sabina Mazzoldi è docente presso l’IIS Giotto Ulivi di Borgo San Lorenzo (Firenze). È autrice di articoli scientifici e monografie sul mito classico e sul teatro greco, tra cui un commento all’Aiace di Sofocle (Marsilio, Venezia 1999) e Cassandra, la vergine e l’indovina. Identità di un personaggio da Omero all’Ellenismo (Istituti editoriali e poligrafici internazionali, Pisa-Roma 2001).
Dino Piovan svolge attività di ricerca presso l’Università di Bologna, Campus di Ravenna. È autore di saggi e monografie dedicati in particolare all’oratoria, alla storiografia e al pensiero politico della Grecia classica e alla storiografia moderna sul mondo antico, tra cui Memoria e oblio della guerra civile (Edizioni ETS, Pisa 2011) e Tucidide in Europa (Mimesis, Milano 2018).
RODIGHIERO*CIV LETT GRECIA ANT LUM IS BN 978 -88- 08 - 52018-0
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zioni su autrici e autori sono accompagnate da schede dedicate a Temi e trame delle opere e da cornici sui generi letterari: epica, lirica, filosofia, storiografia, teatro, prosa scientifica, retorica e oratoria, romanzo. I Percorsi, schede di approfondimento su temi di storia sociale e culturale, insieme a Le parole della critica, che raccolgono la critica più recente e autorevole, invitano a un approccio analitico, consapevole e attento.
Ne risulta una storia letteraria vivida, completa e aggiornata: ausilio indispensabile per la lettura dei testi, in originale o in traduzione, e strumento essenziale per introdurre alla civiltà letteraria della Grecia antica e ai mutevoli contesti della sua produzione intellettuale.
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