Economia delle arti
Seconda edizione
Contributi di Francesco Angelini, Piero Attanasio, Giulia Avanza, Paola Borrione, Massimiliano Castellani, Roberto Cellini, Tiziana Cuccia, Bruno Giancarli, Isidoro Mazza, Anna Mignosa, Ilde Rizzo, Laura Vici, Roberto Zanola
1.3
Indice generale
1.1
Beni search, experience e credence 22
2.2 La valutazione critica dei 100 migliori film degli Stati Uniti nel 1998 e nel 2007 26
2.3 Successo e ciclo di vita delle opere liriche al Metropolitan Theatre di New York 30
d’arte
3.4 Il tempo, la formazione di abitudini e la coltivazione del gusto 41
3.5 Le interrelazioni sociali, le mode, l’aura dell’originale e il capitale culturale 46
3.6 L’analisi empirica della domanda di beni e servizi d’arte 48 Bibliografia 53 L’Ape
3.1 Unicità e riproducibilità delle opere d’arte 36
3.2 Consumo ostentativo e arte primitiva 39
L’Architetto
3.1 Il consumo del bene d’arte non durevole e non modulabile 41
3.2 Il consumo e la formazione di abitudini di bene d’arte non durevole e modulabile 44
3.3 Consumo e investimento del bene d’arte 47
3.4 Le esternalità sociali nel consumo d’arte 48
4 L’offerta d’arte e i mercati 54
4.1 L’offerta di beni d’arte semplici e complessi 54
4.2 L’incertezza nella produzione 55
4.3 La conservazione 58
4.4 La commercializzazione e la valorizzazione 59
4.5 Il mercato e i prezzi dei beni d’arte irriproducibili e riproducibili 61
4.6 Potere di monopolio e discriminazione di prezzo 63
4.7 Le vendite collegate 65
4.8 La funzione “produttiva” del critico 66
4.9 Le copie 67
4.10 I falsi 69
Bibliografia 73
L’Ape
4.1 L’idea di restauro 58
4.2 Nuovi materiali e conservazione nell’arte visiva contemporanea 60
4.3 Il prezzo dell’opera e il prezzo dell’expertise 66
4.4 Critica ed empatia 67
4.5 Copie e falsi nella pittura e nella scultura 68
4.6 Edizioni legali e contraffazioni nell’industria libraria francese nell’età dell’Illuminismo
4.7 L’efficienza nella falsificazione dei dipinti 70
4.8 Il sottile confine fra il vero e il falso 71
4.9 La storia del CD fra falsificazione e nuova società 72
L’Architetto
4.1 Il prezzo del bene d’arte unico 62
4.2 Il prezzo del bene d’arte riproducibile 64
5 Il lavoro e il reddito degli artisti 74
5.1 Gli artisti e il loro reddito 74
5.2 Motivazioni, sacrificio e soddisfazione nel lavoro dell’artista 76
5.3 La remunerazione degli artisti 78
5.4 La tutela giuridica degli artisti indipendenti e il diritto d’autore 84
5.5 Alcuni fondamenti della teoria economica dei contratti 87
5.6 I contratti degli autori 89
5.7 I contratti dei maestri 91
5.8 Il maestro e il diritto di seguito 93 Bibliografia 95
L’Ape
5.1 Sindacati e conflitti nell’arte 75
5.2 Asger Jorn e il mercato 76
5.3 L’educazione artistica in Italia 79
5.4 Il diritto d’autore e il caso emblematico della fotografia 86
5.5 La vendita una tantum dei repertori musicali 92
5.6 Il diritto di seguito 94
L’Architetto
5.1 La motivazione degli artisti 77
5.2 Il modello delle superstar 81
5.3 Il diritto d’autore 85
5.4 I diritti economici e morali degli artisti dipendenti 88
5.5 I contratti di autori e maestri 90
6 Interventi pubblici e privati nell’arte
6.1 Motivazioni e obiettivi dell’intervento pubblico nelle arti
6.2 I limiti dell’intervento pubblico 101
6.3 Gli strumenti della politica economica per le arti 103
6.4 La regolamentazione degli scambi delle opere d’arte 105
6.5 Il sistema fiscale delle arti 107 6.6 Interventi privati nel mercato dell’arte
6.1 La cancel culture e il consumo politico della cultura
6.2 Il distretto culturale di Benin City 99
6.3 Effetti incerti della notifica 103
6.4 Spoliazioni, furti e saccheggi nel mercato dell’arte visiva 106
6.5 I diversi regimi IVA nelle arti visive in Italia 109
6.6 I diversi regimi IVA nell’editoria 110 L’Architetto
6.1 L’efficacia dei sussidi alle imprese dello spettacolo 100
6.2 Gli effetti di mercato del veto all’esportazione per i dipinti d’arte moderna e contemporanea 104
6.3 Tre formule implicite dell’Iva sui dipinti 108
6.4 Il sostegno privato alla cultura e le agevolazioni fiscali dell’Art Bonus 111
6.5 Le Fondazioni di origine bancaria e il finanziamento delle arti e della cultura in Italia 112
6.6 Pubblicità e sponsorizzazione 114
Parte II – Gli strumenti delle arti 117
7 I distretti artistici 119
7.1 I distretti artistici: genesi ed evoluzione del concetto 119
7.2 Caratteristiche dei distretti artistici 122
7.3 I distretti artistici urbani 123
7.4 I distretti artistici nelle aree interne 124
7.5 Il modello dei centri indipendenti di produzione artistica 126
7.6 Politiche di sviluppo dei distretti artistici 128
7.7 Promuovere sviluppo e qualità sociale 130
Bibliografia 130 Sitografia 131
L’Ape
7.1 La Rete delle Città Creative dell’UNESCO 123
7.2 Una Boccata d’Arte 127
7.3 Centrale Fies 128
7.4 Il Distretto Culturale Sud Est 129
L’Architetto
7.1 Quattro tipologie di distretti culturali 121
7.2 I quozienti di localizzazione 126
8 Le aste di beni d’arte e da collezione 132
8.1 Un’introduzione alla teoria economica delle aste 132
8.2 Le aste di beni d’arte e da collezione 138
8.3 Una simulazione di una vendita tramite l’asta inglese 140
8.4 Comportamenti anticompetitivi e accordi nelle aste 142
8.5 Le aste online 146
8.6 I principali tipi d’asta online 148
8.7 Comportamenti e accordi nell’asta online 148
Bibliografia 150
L’Ape
8.1 Alcune “briciole” di storia delle aste 132
8.2 Una storica collusione tra compratori 143
8.3 La finanziarizzazione dell’arte visiva 144
8.4 L’evoluzione delle modalità di presentazione delle offerte, dal telefono a Internet 147
L’Architetto
8.1 Cenni di teoria economica delle aste 137
8.2 La vendita sotto il prezzo di riserva 140
8.3 Le performance dell’asta 141
9 L’economia delle arti digitali
9.1 Arti digitali: dalla computer art all’intelligenza artificiale generativa 151
9.2 Crypto art, blockchain e Non-Fungible Token 153
9.3 Il mercato degli NFT, aspetti giuridici ed economici 156
9.4 Piattaforme digitali per l’arte 160
9.5 Marketplace per NFT
Atelier e gallerie d’arte digitali
Gli NFT, la commissione del creatore e il diritto di seguito 162
9.2 L’affidabilità delle banche dati
L’Architetto
Gli NFT nel mercato dell’arte
9.2 Aspetti giuridici degli NFT
Le attività per i beni culturali
10.3 Il patrimonio culturale mondiale: l’UNESCO 174
• Il patrimonio culturale intangibile 177
• Quanto conta l’iscrizione nella World Heritage List? 178
10.4 La protezione del patrimonio culturale in Italia: una breve storia 179 10.5 Il valore dei beni culturali 180
10.6 I musei da custodi a promotori del patrimonio culturale 182
• L’evoluzione storica dei musei 183
• Il contenuto dei musei 184
• La natura giuridico-organizzativa dei musei 185
10.7 Le funzioni dei musei 188 10.8 L’analisi economica delle attività museali 188
• La domanda di fruizione museale 188
• L’offerta di musei e attività museali 191
10.9 Le scelte dei musei: politiche di prodotto e politiche di prezzo 193
• Le politiche di prodotto 193
• Le politiche di prezzo: il costo del biglietto 194
• Le altre fonti di finanziamento dei musei 196
10.10 Le reti museali 196
10.11 I musei superstar 197
10.12 I musei nell’era digitale 198
• I musei e i social media 198 • I musei nel metaverso 199
Bibliografia 200
L’Ape
10.1 La collocazione geografica delle opere 173
10.2 I siti nella World Heritage List 176
10.3 Il patrimonio culturale intangibile: alcuni esempi 178
10.4 La legge Ronchey 180
10.5 I musei in Italia 187
L’Architetto
10.1 Rivalità ed escludibilità nei beni pubblici e privati 172
10.2 La domanda individuale di fruizione museale 190
11 Il libro 202
11.1 Il mercato del libro 202
11.2 Tempi, formati, prezzi 204
11.3 Formati digitali e differenziazione dei prezzi 205
11.4 La filiera produttiva e distributiva del libro 206
11.5 La struttura competitiva del mercato 210
11.6 L’innovazione digitale nell’editoria libraria 213
11.7 La lettura in Italia 215
Bibliografia 219
Sitografia 219
L’Ape
11.1 I libri e le arti figurative 203
11.2 Le dinamiche economiche del mercato degli audiolibri 206
11.3 Dal libro alle altre arti 208
11.4 Le vendite di libri in Italia per canale commerciale 212
11.5 Il diritto di resa 213
L’Architetto
11.1 La concentrazione nel mercato italiano del libro 211
11.2 La politica del prezzo fisso: un caso atipico di politica della concorrenza 214
11.3 Ratio e impatto economico del diritto d’autore 217
La musica nel corso del tempo
La musica come bene economico
Il lavoro nel settore della musica
12.4 Le superstar della musica
12.5 La musica riprodotta, registrata o digitale, nel nuovo contesto di mercato
12.6 La musica dal vivo nel nuovo contesto di mercato
12.7 Il diritto d’autore nell’industria
Periodi e cicli del mercato della musica riprodotta
Il contratto discografico
I diritti e le remunerazioni nella musica digitale
12.4 Swiftecononomics
12.5 La gestione collettiva dei diritti d’autore 231 12.6 Happy birthday
La power
L’offerta : dalla preproduzione alla proiezione
Caratteristiche della produzione
Progettazione e finanziamento
Distribuzione e proiezione
13.3 La domanda: modalità di fruizione e preferenze dei consumatori
• Complementarità vs sostituzione
• L’analisi empirica della domanda di film
Motivazioni e strumenti dell’intervento
13.1 Opportunità e rischi dell’Intelligenza
13.2 Sequel, remake e serie cinematografiche
13.3 Festival e premi
13.4 Il cineturismo
13.5 La domanda “politica” di prodotti cinematografici
13.6 Finanziamento pubblico nei Paesi europei
13.7 Le altre misure pubbliche a sostegno del settore in Italia 260
L’Architetto
13.1 Informazione e contratti nel cinema
13.2 Opportunismo e modello principale-agente
14 L’arte visiva
14.1 L’arte visiva
14.2 I mercati dell’arte visiva
14.3 L’azione delle case d’asta
14.4 L’azione delle gallerie
14.5 L’azione dei collezionisti
14.6 Convenzioni nel mercato dell’arte visiva
14.7 I prezzi delle opere d’arte visiva
L’Ape
14.1 Dalle strade al mercato dell’arte
14.2 Furto, assicurazione e rischi nel mercato dell’arte
14.3 Arte e contenziosi giudiziari
14.4 Collaborazioni tra collezionisti e musei
14.5 Art flipping
14.6 Le regole del prezzo nelle gallerie di scoperta
L’Architetto
14.1 Il falso nel mercato dell’arte
14.2 Gli indici dei prezzi delle opere d’arte visiva
14.3 La biffatura della matrice e la congettura di Coase
15.1 Gli spettacoli
15.2 La domanda
15.3 L’offerta
15.4 Processo produttivo e costi
15.5 Il progresso tecnico, costi e i redditi nell’arte dal vivo
15.6 La performance delle imprese dello spettacolo
15.7 Le strategie di prezzo
I festival
L’Ape
15.1 La lirica e il paradosso della democrazia rappresentativa
15.2 Il settore dello spettacolo in Italia 293 15.3 L’effetto della pandemia Covid-19 sui lavoratori degli spettacoli dal vivo
15.4 Le condizioni di lavoro degli artisti dello spettacolo
15.5 I monster concert
15.6 Paga quanto vuoi!
15.7 L’opera camion
L’Architetto
15.1 La domanda di spettacoli
15.2 Il morbo di Baumol
15.3 Le nuove sfide per l’arte dal vivo
dei nomi
Le risorse digitali
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Prefazione
Agli inizi del XVI secolo il cardinale Giulio de’ Medici, che nel 1523 divenne papa Clemente VII, commissionò una Trasfigurazione a Raffaello Sanzio. Sapendo dell’abitudine del Maestro – a causa dei suoi molteplici impegni – di non rispettare i tempi di consegna e di far terminare le opere ai pittori della sua bottega, il cardinale lo mise in esplicita competizione con Sebastiano del Piombo, cui chiese una Resurrezione di Lazzaro. Questo contratto con incentivo produsse i suoi effetti in quanto, come testimoniato da Giorgio Vasari, Raffaello «di sua mano continuamente lavorando la ridusse a ultima perfezione».
Agli inizi del XVII secolo, i Palafrenieri del Palazzo Apostolico rifiutarono la Madonna del serpe che avevano commissionato a Caravaggio. Sembra che dietro il rifiuto possa esserci stata l’azione del cardinale Scipione Borghese, che convinse lo zio Camillo Borghese, dal 1605 papa Paolo V, a fare pervenire alla confraternita un giudizio negativo sull’opera, perché di «scarso decoro» (Calvesi, 1990). L’opera, liberata dalla committenza, venne messa in vendita e fu acquistata dal cardinale per la sua personale collezione. L’aggiotaggio di Scipione Borghese riuscì solo in parte poiché il prezzo di acquisto fu 100 scudi contro 75 inizialmente stipulati nella commissione.
Nel 1797, per cercare di accrescere i suoi introiti, Johann Wolfgang von Goethe mise in vendita i diritti di pubblicazione del poema epico Hermann e Dorothea , attraverso un peculiare meccanismo contrattuale (Moldovanu e Tietzel, 1998). L’artista lasciava all’editore Vieweg di Berlino l’onere di proporre un’offerta per l’acquisizione dei diritti, nel contempo depositando in una busta chiusa presso un intermediario il proprio “prezzo di riserva”, al quale sarebbe stato disposto a vendere i diritti. In seguito, si sarebbero confrontati l’offerta dell’editore e la richiesta del poeta. Nel caso di un’offerta inferiore alla richiesta,
Goethe si sarebbe rivolto a un altro editore. Nel caso di un’offerta superiore al prezzo di riserva, il contratto sarebbe stato chiuso con il pagamento da parte dell’editore della somma richiesta dal poeta. Anche per una probabile fuga di notizie riguardo all’ammontare richiesto da Goethe, l’offerta dell’editore risultò esattamente pari al prezzo minimo richiesto (1000 talenti).
Questi e tanti altri esempi, se mai ce ne fosse bisogno, testimoniano l’attenzione che artisti, intermediari e collezionisti hanno da sempre rivolto agli aspetti economici.
L’interesse degli economisti per l’arte è coevo alla nascita della moderna economia politica. Infatti, fin dal 1776, nella Ricchezza delle nazioni, Adam Smith esamina il lavoro di chi dipinge, recita, scrive, balla o canta reputandolo “anomalo”, se non improduttivo. L’economia ha spesso considerato i beni d’arte come differenti rispetto ai beni agricoli e industriali, e il mercato dell’arte come una peculiare eccezione agli usuali meccanismi di funzionamento delle moderne economie. È invece importante riconoscere ai beni e ai servizi culturali e d’arte un ruolo cruciale nella formazione dei valori delle società e nel processo di crescita degli individui, andando oltre le dimensioni di puro consumo e produzione. Tale riconoscimento ha portato allo sviluppo dell’economia dell’arte come disciplina. Già vent’anni fa, nell’introduzione al nostro libro, scrivevamo di un «avvenuto raggiungimento di un elevato grado di autonomia di questa parte della scienza economica, in primo luogo la vastità di pubblicazioni di saggi, monografie e raccolte» (Candela e Scorcu, 2004).
Dopo un quinto di secolo, è opportuno ripensare all’oggetto e ai contenuti della disciplina. Riguardo all’oggetto, era necessario rivedere a fondo gli argomenti per dare conto dell’evoluzione dei processi creativi che hanno modificato contenuti e mezzi del-
le arti, anche tramite le trasformazioni tecnologiche che hanno segnato il nuovo Millennio. Riguardo ai contributi è apparso opportuno ricorrere a studiose e studiosi qualificati e accomunati dall’interesse verso questi temi. Il libro è frutto di una comunanza di pensiero esito anche di posizioni critiche. Ogni autore ha sviluppato le sue scelte espositive, ed è evidentemente responsabile di eventuali errori e omissioni della propria parte. I curatori hanno ovviamente la responsabilità completa di tutto il testo.
Confermando nel titolo la declinazione al plurale, Economia delle arti , la nuova edizione mantiene la prospettiva di analisi sviluppata nel 2004, rispettosa delle peculiarità di ciascuna arte – si pensi alle diversità di produzione, consumo e struttura di mercato tra un dipinto unico e irriproducibile e un romanzo riproducibile e distribuito in tante copie.
Il libro si compone di tre parti e quindici capitoli. Come nel 2004, la Parte I, Gli aspetti economici delle arti, pur riconoscendo le specificità delle diverse arti, utilizza un’unica struttura di analisi (talvolta ricorrendo a concetti di economia d’azienda, storia dell’arte, sociologia e giurisprudenza).
Si introduce la disciplina connettendo gli ambiti (► Capitolo 1), apparentemente lontani, dell’economia e dell’arte. I capitoli dal 2 al 6 sviluppano specifici aspetti di base dell’analisi economica delle arti: il mercato (► Capitolo 2), la domanda (► Capitolo 3), l’offerta e i prezzi (► Capitolo 4), il lavoro degli artisti (► Capitolo 5), l’intervento pubblico e privato nelle arti (► Capitolo 6).
I tre capitoli della Parte II, Gli strumenti delle arti, analizzano temi particolari peraltro ancora trasversali alle diverse arti. Questa parte tratta della dimensione spaziale dei distretti artistici, nelle loro diverse tipologie e del loro collegamento con le politiche culturali territoriali (► Capitolo 7), dello scambio di mercato tramite le vendite all’asta di beni d’arte e da collezione (► Capitolo 8), delle nuove espressioni artistiche legate all’utilizzo delle tecnologie digitali, dalla computer art ai Non Fungible Token (► Capitolo 9).
La Parte III, I mercati delle arti, si compone di sei capitoli, uno per ogni specifica arte. Si parte dai musei, rilevanti per molte e diverse arti (► Capitolo 10). Il museo ordina e valorizza le arti del passato, del presente e, forse, del futuro. Nella prospettiva di analisi proposta, il museo è uno strumento di trasmissione dell’arte ma anche un’impresa con peculiari caratteristiche di gestione, di organizzazione, di relazioni e di politica dei prezzi di accesso. Mentre l’edizione precedente trattava le arti riproducibili (libro, disco e cinema) in un unico capitolo, ora ogni arte viene proposta in un capitolo specifico. Nei capitoli successivi, infat-
ti, sono trattati il mercato del libro, gli autori e le case editrici (► Capitolo 11); la musica registrata, la musica dal vivo e i relativi mercati (► Capitolo 12); l’offerta e la domanda di cinema e il sostegno connesso (► Capitolo 13); il mercato dell’arte visiva, l’azione di collezionisti, gallerie e case d’aste (► Capitolo 14) e, infine, gli spettacoli di teatro e il mercato delle arti dal vivo (► Capitolo 15).
La scelta di distinguere tra musei, libri, musica, cinema, spettacoli e arti visive facilita l’analisi, ma è convenzionale e limitativa, poiché sono tante le interrelazioni e le commistioni tra le diverse arti. Molte espressioni artistiche, e i connessi mercati, non possono essere ricondotti a una rigida schematizzazione. Per questa ragione non mancano (anzi, sono necessarie) alcune sovrapposizioni tra gli argomenti dei diversi capitoli. I libri d’artista, i video d’artista, le performance e le installazioni sono solo richiamati nel testo. La fotografia riceve riferimenti espliciti, seppure in assenza di una trattazione specifica, mentre l’architettura è assente, un’ospite costretta a parlare da lontano per la tirannia dello spazio che comanda anche nella carta stampata.
I capitoli della Parte III sono (quasi) autonomi rispetto al resto del libro, dunque chi ha un interesse specifico per una particolare arte può leggere direttamente quel capitolo. Una caratteristica del libro è la presenza di citazioni, alcune inserite nel testo, altre poste fuori testo. Le citazioni precedute dal punto fermo devono essere intese come rafforzative di quanto appena esposto. Queste citazioni, che sono apparse particolarmente “ispirate”, consentono di farsi un’idea diretta di alcuni aspetti della letteratura (almeno di quelli a noi noti). Le citazioni precedute dai due punti sono invece funzionali al ragionamento che si sta svolgendo.
Una scelta radicalmente differente rispetto all’edizione precedente è l’esclusione delle note dal testo, al fine di privilegiare la continuità di lettura, cercando di bilanciarla con una puntuale informazione sulle fonti. Per questo, abbiamo inserito direttamente nel testo i riferimenti bibliografici, indicando autori, anno e – se necessario – la pagina, rinviando l’informazione completa alla bibliografia riportata in chiusura di ogni capitolo. Se il libro citato ha avuto più edizioni, richiamiamo l’edizione di riferimento. Come nella prima edizione, sono presenti le schede L’Ape e L’Architetto , due inserti che richiamano la distinzione tra pratica e teoria di Karl Marx: «l’ape fa vergognare molti architetti con la costruzione delle sue cellette di cera. Ma ciò che fin da principio distingue il peggiore architetto dall’ape migliore è il fatto che egli ha costruito la celletta nella sua testa prima di costruirla in cera» (Marx, 1964). Quindi, L’Ape illustra dei contenuti pratici, mentre
L’Architetto tratta in modo più formale le argomentazioni presentate discorsivamente nel testo e richiede minime conoscenze di economia, statistica e matematica.
La struttura del libro permette una lettura “libera”, personalizzabile secondo gli interessi di chi legge. Il libro sviluppa un percorso di studio dell’economia dell’arte e può fungere da testo di riferimento per insegnamenti sull’argomento, in ambito economico e non. Alle lettrici e ai lettori con un background umanistico, storico o sociologico, chiediamo talvolta di supportare con l’intuizione gli argomenti trattati. Per insegnamenti monografici brevi riguardanti, per esempio, l’arte visiva o l’editoria, il capitolo specifico può essere preceduto dalla lettura dei capitoli 1 e 2. All’interno di un corso monografico non breve possono trovare spazio anche le trattazioni di argomenti affini; per esempio, l’arte visiva può coniugarsi con la trattazione delle aste o la digital art, mentre i musei trovano un naturale complemento nella trattazione dei distretti artistici. Per un corso generale di economia dell’arte, ai capitoli dall’1 al 6 della Parte I si possono affiancare uno o più capitoli della Parte III. Una lettura “veloce” (ma non necessariamente riduttiva) si limita al solo testo principale. Una lettura “completa” introduce gli argomenti proposti nell’Ape Una lettura “completa e analitica” pone attenzione anche agli aspetti formali trattati nell’Architetto Questi inserti possono essere letti in modo autonomo dal testo principale. È quindi possibile una lettura “curiosa” che approfondisca i soli temi d’interesse. Viene data esplicita indicazione se gli inserti sono di autori diversi da quelli del capitolo. Nella mediazione tra continuità del discorso e indipendenza delle parti, alcuni concetti ricorrono sia nei diversi capitoli della prima parte, sia fra le diverse parti. Queste ripetizioni appesantiscono certamente la lettura ma sono proprio queste che - secondo noi - consentono di identificare quella comunanza di argomenti che attribuisce all’Economia delle arti una sua struttura.
L’introduzione dell’edizione del 2004 prospettava un campo di ricerca: «tradurre [il] paradigma dell’economia dell’arte significa riuscire a comporre gli obiettivi di benessere e di profitto con il rispetto delle norme proprie, e a volte peculiari, della produzione, della conservazione e della fruizione dell’arte. Per questa ragione il libro è dedicato agli economisti che, ottimizzatori razionali, considerano la tutela e lo sviluppo dell’arte come parte del problema economico e che, quindi, amano sia la loro professione sia la creatività degli artisti». Nel 2024 possiamo affermare che l’interesse dell’economia verso l’arte si è diffuso e rafforzato; non a caso, la nuova struttura dell’Economia delle arti è frutto di uno sforzo e di un’elaborazione collettivi.
Se l’economia dell’arte è una disciplina autonoma e consolidata, appare ora opportuno sviluppare legami con altre discipline. In molti campi l’approccio interdisciplinare ha portato a importanti risultati – l’allungamento della vita media è frutto della collaborazione tra medicina e biologia, la migliore vivibilità delle città è basata su competenze ingegneristiche e architettoniche. La ricerca di fruttuose sinergie tra economisti, storici e critici d’arte rimane invece un campo aperto.
Gennaio 2025
Guido Candela Antonello E. Scorcu
Bibliografia
Calvesi M. (1990). La realtà del Caravaggio, Einaudi, Torino. Candela G. e Scorcu E.A. (2004). L’economia delle arti, Zanichelli, Bologna. Marx K. (1964). Il capitale, libro I, Editori Riuniti, Roma. Moldovanu B. e Tietzel M. (1998). Goethe’s Second‐Price Auction. Journal of Political Economy, vol. 106(4), pp. 854-859. doi.org/10.1086/250032
Guido Candela
Antonello E. Scorcu
Il mercato delle arti
2.1 Beni e servizi d’arte
L’economia delle arti studia quell’insieme di beni (materiali) o servizi (immateriali) che sono identificati proprio per il loro elemento artistico. Davanti all’ampia e mutevole varietà delle arti, il problema è individuare ciò che fa assumere a un bene o un servizio una specifica connotazione artistica, differenziandolo così dagli altri beni.
Il tema è comune a tutte le espressioni artistiche e può essere utile considerare quattro esempi riferiti a scultura, pittura, musica e cinema.
a. Nel 1883, il Congresso degli Stati Uniti stabilisce un dazio all’importazione del 30% sul valore delle opere d’arte, per favorire la crescita di movimenti artistici domestici. Parallelamente alla nascita delle grandi collezioni americane, l’Aldrich Act del 1909 introduce una franchigia totale per le opere con più di 100 anni. Nel 1913 la franchigia viene estesa a tutte le opere d’arte originali. Nell’ottobre del 1926 a New York, Marcel Duchamp organizza una mostra dello scultore franco-romeno Constantin Brancusi. Tra le diverse sculture, Uccello nello spazio è un bronzo che esalta l’idea artistica del volo, ma che non ha le sembianze di un uccello. Le dogane, negando la natura artistica, lo considerano un prodotto industriale e applicano il corrispondente dazio sulle merci importate. Brancusi si rifiuta di pagare e il giudice gli dà ragione perché l’oggetto «a dispetto di una certa difficoltà nell’assimilarlo a un uccello, è pur tuttavia piacevole a vedersi».
b. Nel 1957 a Cosio d’Arroscia, in Liguria, i rappresentanti di alcuni movimenti artistici europei (il Movimento Cobra, l’Internazionale Lettrista, il Movimento internazionale per una Bauhaus Immaginista)
fondano l’Internazionale Situazionista, con l’obiettivo di opporsi al mercato e alla mercificazione dell’arte. Per togliere valore economico alle opere in circolazione e distruggere il mercato, il movimento promuove la produzione di massa di arte. Mettendo in pratica tale proposito, Pinot Gallizio dipinge rotoli di tela utilizzando una tecnica meccanica. All’inizio, chiunque poteva tagliare uno o due metri di pittura, pagandola come un normale tessuto, a 10 000 lire al metro. L’offerta viene percepita da collezionisti e mercanti come la possibilità di accumulare opere d’arte a basso prezzo. In seguito, con l’aumento della domanda, il prezzo dei rulli venduti aumenta di molto, vanificando gli obiettivi dell’Internazionale Situazionista.
c. Il penultimo pezzo in programma di un concerto per pianoforte tenuto la sera del 29 agosto 1952 alla Mayerick Concert Hall di New York, è una composizione in tre parti di John Cage dal titolo 4’33’’. Il pianista David Tudor entra in scena, si siede al pianoforte, prende il cronometro che è accanto allo spartito, chiude il pianoforte e fa partire il cronometro, cominciando l’esecuzione della composizione. Rimane immobile, in silenzio, per 30 secondi. Poi ferma il cronometro. L’esecutore risolleva il coperchio del pianoforte, lo richiude, fa ripartire il cronometro e rimane immobile. La seconda parte della composizione è un silenzio che dura 2 minuti e 23 secondi, un tempo interminabile in cui il pianista non fa altro che girare gli occhi e alcune pagine della partitura. Infine, il pianista ferma il cronometro. Nella terza parte, l’esecutore riapre il pianoforte, lo richiude dopo aver fatto ripartire il cronometro ed è ancora silenzio per 1 minuto e 40 secondi. Per l’ultima volta il pianista chiude il pianoforte e ferma il cronometro. Il pezzo è finito: «l’opera appare come uno scherzo, una provocazione, uno choc creato apposta per suscitare scandalo e
ottenere notorietà» (Bonfante, 2019, p. 53). Se la musica rompe il silenzio, con John Cage il silenzio diviene musica in una partitura scritta senza note. Cage fa suonare il silenzio, incorniciandolo. La musica sconfina in pièce teatrale, in una performance visiva.
d. Febbre da cavallo, del 1976 per la regia di Steno, nasce con intenti puramente commerciali. All’uscita ottiene critiche negative e tiepidi incassi, ma col tempo si ritaglia un proprio spazio nella commedia italiana. Con la crescita dell’audience, nei primi anni 1990 il film comincia a essere trasmesso da emittenti televisive locali e nazionali. Febbre da cavallo, proponendo gag e scene rimaste nell’immaginario collettivo, è ora considerato un cult della commedia all’italiana.
Questi esempi mostrano come non sia facile definire un bene d’arte. La produzione (specie per l’arte moderna e contemporanea) può infatti confinare con quella dei beni manufatti (caso a); molti manufatti si connotano come opere d’arte, magari a dispetto delle intenzioni dell’autore (caso b); l’arte può svuotarsi di ogni contenuto tradizionale (caso c); infine, il bene nasce come “altro”, un prodotto commerciale e può divenire arte passando il test del tempo (caso d). Ciò non deve sorprendere, perché in ogni tempo l’arte imita ma anche innova, provoca e fa pensare chi la consuma. Tra i tanti esempi si pensi allo stile rivoluzionario di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, incompreso e osteggiato dai suoi contemporanei; al contenuto artistico dei ready made (come la ruota di bicicletta, una delle sculture provocatorie di Marcel Duchamp); alla Factory di Andy Warhol, il laboratorio artistico in cui dal 1962 si produceva arte visiva, popolare (pop art) e di strada (street art) ma anche musica e performance.
Il core di tante diverse attività, siano esse artigianali o industriali, è la natura artistica. Se alla base di Cent’anni di solitudine c’è l’atto creativo di Gabriel García Márquez, è invece la filiera editoriale che produce un bene fisico fruibile dai lettori con differenti supporti fisici (cartaceo, ebook o audiolibro). L’intreccio tra elemento creativo e industriale è altrettanto forte anche per film e musica. Nel 1965, all’insaputa degli interpreti, il duo Simon & Garfunkel, la casa discografica propone una versione con un arrangiamento folk rock del brano Sound of Silence, che gli artisti avevano proposto due anni prima senza successo.
Nell’industrial art (come avviene anche in campo pubblicitario) la creatività si connette fin dal principio con la produzione di massa: iconici design rendono gli oggetti industriali delle opere d’arte, come per lo spremiagrumi di Philippe Starck del 1988, prodotto da Alessi, e per la macchina da scrivere Lettera 22
lanciata nel 1950 dall’Olivetti su disegno di Marcello Nizzoli, entrambi esposti al Museum of Modern Arts (MoMA) di New York. Si ricorre all’arte per differenziare un prodotto industriale come nel caso della Artlight Collection della Targetti Sankey, e della Illycaffè, che ha creato una nicchia sul mercato dell’arte, la Illy Art Collection, producendo tazzine da caffè disegnate da artisti di fama. Da metà degli anni 1970, la Collezione Cassina , promossa da un’impresa di arredamento, ha riunito le opere dei più importanti maestri, architetti e designer tra cui Le Courbusier, Charlotte Perriand e Gerrit Rietveld (Mietton, 2023).
La difficoltà di distinguere tra beni d’arte e beni pratici è resa esplicita dalla fragilità delle regole empiriche che dovrebbero individuare l’opera d’arte. Secondo il giudice del caso Brancusi il bene d’arte deve essere:
• “in-utile”, non utile nel senso pratico e funzionale, dunque deve avere una «finalità senza scopo», secondo la definizione di Immanuel Kant;
• originale e non un multiplo, dunque un oggetto unico, non standardizzato e non prodotto industrialmente;
• realizzato direttamente dall’artista (a mano, nel caso di un bene fisico), dato che il lavoro dell’artista è la componente principale, irrinunciabile e non sostituibile del bene d’arte, a differenza di quanto avviene per i manufatti industriali.
Ma non è sempre così. Fin dai tempi di Giotto era presente una specializzazione del lavoro tra il maestro e i lavoranti della sua bottega, per cui il primo eseguiva personalmente solo disegni, volti e tutti i particolari che caratterizzavano la qualità dell’opera. Per permetterne la fruizione, a volte, l’opera veniva completata da un terzo. Tuttavia, anche in questo caso il core dell’artista deve essere riconosciuto: nel 1926, alla prima esecuzione della Turandot musicata da Giacomo Puccini su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni, il direttore d’orchestra Arturo Toscanini a un certo punto interrompe l’esecuzione dell’opera dicendo: «Qui finisce l’opera perché a questo punto il Maestro è morto». La partitura dell’opera era stata completata da Franco Alfano, proprio su indicazione di Toscanini.
Innumerevoli altri controesempi dimostrano che i criteri proposti dal giudice sono imprecisi e limitanti. Un’opera d’arte può essere il risultato dello sforzo creativo di molti artisti e dell’impiego di lavoratori “non-artistici”, come avviene usualmente nel cinema e nel teatro. In questo caso non è semplice dare una gerarchia ai diversi partecipanti al processo di produzione individuando un eventuale “artista dominante”. Anche se non ci sono dubbi riguardo alla loro natu-
pendenze di un nobile, con la notevole eccezione delle corti tedesche, mentre emerge un mercato per la musica sinfonica e lirica, con l’aumento d’importanza dei compositori e musicisti che traggono il loro reddito da una domanda di mercato. In Italia si consolida il mercato delle opere liriche (Scherer, 2001; King, 2001). Nel XVIII secolo a Londra emerge una forte domanda di concerti da parte della borghesia, sono consumatori facoltosi che vogliono vedere riconosciuta la propria affermazione sociale. Nel 1720, la domanda di musica era tale che a Londra esistevano oltre 100 sale da concerto (McGuinness, 2002). La fruizione dei concerti è percepita come una nuova ed esclusiva forma di consumo che riflette il posizionamento sociale di questi nuovi consumatori e che dà la possibilità di notare ed essere notati. L’offerta musicale a pagamento si ampliò con esecuzioni pubbliche in sale da concerto da parte di musicisti che spesso avevano un passato di esecuzioni private su commissione.
Produttori e intermediari soddisfano la domanda potenziale e accrescono la dimensione del mercato,
Nel 1600, il “secolo d’oro” dei Paesi Bassi, ad Amsterdam il benessere è elevato, crescente e anche meno concentrato rispetto al resto d’Europa. Alla tradizionale domanda di dipinti da parte della nobiltà, si aggiunge quella della borghesia. Alla crescita della domanda si associa una modifica dell’offerta di dipinti, poiché numerosi pittori accrescono la loro produzione specializzandosi nei soggetti più richiesti, per esempio i paesaggi o le nature morte. Peraltro, chi dipinge spesso non ha il tempo, le conoscenze dei canali distributivi e (in genere) il talento commerciale per vendere al meglio la propria produzione. Questo compito viene delegato ai mercanti di pietre preziose, ceramiche e oggetti rari che così diversificano la loro attività. In altri casi i mercanti sono i pittori stessi, probabilmente quelli con un talento artistico relativamente limitato. I mercanti acquistano dipinti nelle fiere locali delle diverse città olandesi o nelle vendite all’asta tenute con cadenza più o meno regolare – aste che accrescono la liquidità dello stock di dipinti dei dealer. I dipinti vengono poi rivenduti ad Amsterdam o all’estero. Inoltre, avendo sperimentato quali siano le specifiche tipologie di dipinti gradite al mercato, i mercanti commissionano più dipinti di quel tipo e i pittori e le pittrici si specializzano. Con l’ampliamento dei prodotti il mercato si differenzia sia a livello orizzontale sia nella qualità.
Il mercato dei dipinti acquisisce rapidamente una specifica struttura. Tipicamente i termini del contratto tra mercanti e pittori definiscono il numero dei dipinti, i tem-
utilizzando tecniche di marketing che potevano dirsi sofisticate se non disinvolte: per esempio, affermando che il tal concerto era stato richiesto da un membro della famiglia reale, oppure promettendo, oltre all’esecuzione musicale, anche l’allestimento di banchetti luculliani. Già nel 1759 lo scrittore e intellettuale inglese Samuel Johnson sosteneva infatti «promesse, promesse; questa è l’anima della pubblicità».
Il mercato ha di norma importanti capacità di auto organizzarsi, individuando regole formali e pratiche informali che lo rendono trasparente ed efficiente e che quindi favoriscono l’ampliamento degli scambi. Per esempio. le regole di conduzione delle aste inglesi codificate nel XVII secolo sono rimaste quasi immutate fino ai giorni nostri. Edward Peter Stringham richiama come esempi di un’efficace autoorganizzazione proprio il mercato d’asta (Stringham, 2015), ma lo sono anche gli scambi in gallerie e fra collezionisti e, più recentemente, i sistemi di pagamento digitali e l’uso del cyberspazio: «Il mercato dell’arte funziona grazie a regole universalmente condivise» (Facchinet-
pi di consegna e il compenso (► Paragrafo 5.7 ). Spesso i mercanti forniscono la materia prima (tele, colori ecc.) e un anticipo sul valore pattuito della produzione. I rapporti tra pittori e mercanti possono essere temporanei – una tantum durante una fiera – oppure di lunga durata, con commissioni che riguardano un numero rilevante di opere. Non è dato sapere se i mercanti contribuiscono a forgiare i gusti del pubblico, proponendo opere e artisti “innovativi”, oppure se, più probabilmente, si limitano a registrare i gusti della domanda, selezionando le tipologie di dipinti più apprezzati. Oltre a valutare il merito artistico, i commercianti creano un legame forte tra valore artistico e valore economico: in alcune controversie legali, ad alcuni mercanti con elevata reputazione venivano affidate le expertise, valutazioni “ufficiali” del prezzo dei dipinti. Alcuni pittori, tra cui Rembrandt, nella commercializzazione dei loro dipinti privilegiano certi mercanti (Montias, 2002). La segmentazione rende ancora più difficile ai pittori la conoscenza dei mercati di sbocco e accresce l’importanza del mercante. Questa strutturazione del mercato si rivela efficiente e non a caso coincide con la scomparsa delle corporazioni dei pittori. All’inizio del XVII secolo «i maggiori pittori riuscivano in genere a diventare estremamente ricchi, e anche per gli artisti meno noti era possibile raggiungere il tenore di vita di lavoratori qualificati come argentieri e notai» (Frey e Pommerehne, 1991). Peraltro, già nel 1620 l’incremento dell’offerta supera quello della domanda e il reddito medio dei pittori si riduce.
ti, 2023, p. 15). Nella prospettiva dell’economista, il prevalere dello scambio di mercato si può quindi giustificare dalla sua efficienza rispetto ad altre forme di scambio. Il mercato, allora, favorisce l’arte perché permette di destinarvi un considerevole ammontare di risorse (► L’Ape 2.3).
Descritta la natura dello scambio di beni d’arte, è opportuno illustrare le sue principali caratteristiche economiche. In questa prospettiva gioca un ruolo fondamentale l’assetto informativo, che determina le caratteristiche e l’esito dello scambio.
2.3 Merito artistico e valutazione economica nello scambio
Per la maggior parte dei manufatti, il prezzo di un’unità di bene è legato al costo diretto unitario di produzione cui si aggiunge un markup, un ricarico che ingloba gli altri costi e il profitto del produttore, a sua volta dipendente dalle specifiche condizioni e dal grado di concorrenza prevalente nel mercato.
Nel caso dei beni d’arte irripetibili e unici come i dipinti, la quantità offerta q del bene è fissa e pari a uno, q ≡ 1, per cui il valore economico dell’opera coincide col suo prezzo di scambio, p. Il merito artistico del bene si connette al prezzo, che è del tutto indipendente dai costi di produzione, peraltro molto bassi (con l’eccezione delle sculture che vanno in fonderia). Allora, pur nella relatività dell’arte, un prezzo di scambio elevato riflette in primis il merito artistico dei dipinti e, in generale, dei beni d’arte irripetibili e unici
Il solo caso eccezionale in cui il valore è completamente determinato dalla domanda è il caso della merce la cui quantità è fissa, come per esempio i quadri di Raffaello. Il loro prezzo dipende dal desiderio che la gente prova per questi dipinti e dai mezzi che ha a disposizione per acquistarli. […] In questo caso eccezionale in cui l’offerta è fissa, il prezzo è determinato unicamente dall’utilità del bene: la domanda è l’esclusivo regolatore del valore (Marshall e Marshall, 1975, p. 122).
Questo stesso legame vale, con gli opportuni aggiustamenti, anche per gli spettacoli dal vivo e i beni producibili in quanto ripetibili come i libri e i file musicali. Il valore economico di un libro è il prodotto ( p × q), tra il prezzo di copertina p e il numero delle copie vendute q. Il prezzo è stabilito in base alle vendite previste e al costo di edizione, distribuzione, promozione più un certo ricarico, il profitto dell’impresa. Allora, l’ammontare delle vendite misura in primis il merito artistico degli spettacoli e in generale dei beni riproducibili
Spesso i giudizi individuali sul merito artistico non convergono perché le preferenze individuali sono soggettive e differiscono tra agenti, così come le capacità di spesa: ad alcuni un dato brano musicale piace, ad altri no. Nel mercato, diversi venditori possono proporre opere “simili” a prezzi diversi oppure diversi compratori sono disposti a pagare somme molto diverse per lo stesso bene, pur assegnandogli lo stesso merito artistico. Per esempio, chi guarda solo alla funzione di arredamento di un dipinto ha una valutazione artistica “bassa” dell’opera, ma può essere disposto a pagare un prezzo elevato perché ha un alto reddito, come il collezionista russo Sergej Ivanovič Ščukin che relegò un Picasso in un corridoio della sua casa, essendosi accorto che gli rovinava l’appetito se esposto nella sala da pranzo. Col tempo Ščukin divenne un appassionato collezionista di Picasso. Analogamente come spiegare, se non come fenomeni di percezione, i prezzi diversi per i Concetti Spaziali, tagli su tele di diverso colore, di Lucio Fontana. Parimenti, molti acquistano un libro (che magari non leggono) perché di moda o perché vincitore di un premio letterario. Inoltre, non tutte le caratteristiche del bene d’arte sono osservabili, misurabili. Quindi, sono rilevanti le informazioni disponibili a ciascun agente. Se, come può avvenire, offerenti e acquirenti non sono informati riguardo alla qualità artistica del bene, lo scambio avviene in una condizione che chiamiamo di disinformazione simmetrica . In numerosi altri casi le informazioni disponibili agli agenti differiscono e, tipicamente, l’acquirente ha uno svantaggio informativo rispetto all’offerente (una situazione di informazione asimmetrica). Solo in alcuni particolari casi, i diversi agenti sono pienamente informati e utilizzano un criterio condiviso di valutazione del merito artistico, una condizione di informazione perfetta completa e simmetrica.
Per illustrare i meccanismi di scambio, consideriamo una rappresentazione semplificata del mercato dei dipinti. Nel mercato sono presenti due compratori, Alef e Bet, ciascuno dei quali può acquistare un solo dipinto, e un solo venditore, Cam, che offre due dipinti. Nella situazione che esaminiamo i due dipinti hanno una diversa qualità artistica, alta o bassa. Per esempio, la qualità alta è un dipinto di Tiziano originale e quella bassa una copia dello stesso dipinto, copia che il maestro autorizzava, fornendo i cartoni, per far circolare il nome e ampliare le dimensioni del suo mercato. Tiziano, infatti, permetteva la realizzazione di una copia “quasi” perfetta perché richiedeva al copista di modificare un particolare del dipinto originale. Nell’esempio, l’esperto distingue subito la qualità alta da quella bassa.
L’Architetto 2.3 • Successo e ciclo di vita delle opere liriche al Metropolitan
Theatre di New
York
Il Metropolitan Theatre (MET) di New York è uno dei più importanti palcoscenici mondiali per la musica classica, il balletto e l’opera lirica, fin dalla sua fondazione nel 1883. Nel lungo intervallo 1883-2020 nel MET sono state rappresentate 302 opere per 29 076 spettacoli; ciascuna opera è lo 0,33% del totale. La media di 96 rappresentazioni per opera è però un numero di scarso significato, poiché alcune opere si incontrano di frequente nei cartelloni, mentre molte altre sono state dimenticate. Le 15 opere più eseguite, il 4,97% del totale dei titoli, coprono il 43% delle rappresentazioni e il lungo ciclo di vita di queste opere non si è ancora esaurito (Tabella 2.1)
All’altro estremo, sono state eseguite una sola volta cinque opere, appartenenti sia al periodo d’oro della lirica (1900, 1904, 1917), sia ad anni più recenti (1965 e 1967). Un ciclo di vita brevissimo (una o poche settimane) caratterizza anche le sei opere eseguite appena due volte. Questa concentrazione riflette un processo di selezione pressochè concluso. Le opere di successo sono poche e composte nel periodo d’oro della lirica che ha termine con la morte di Giacomo Puccini nel 1924. Queste opere sono ben conosciute e rientrano anno dopo anno nel repertorio del MET e dei principali teatri d’opera mondiali. La Figura 2.5 mostra il grado di concentrazione delle rappresentazioni nella scelta delle opere presentate dal MET. L’asse delle ascisse riporta la quota (da 0 al 100%) sul totale delle opere rappresentate, in ordine decrescente, dalla più rappresentata a quelle opere rappresentate
solo una volta. L’asse delle ordinate riporta la corrispondente quota del numero di rappresentazioni. Quindi il 20% delle opere di maggior successo costituisce circa l’80% del numero totale di rappresentazioni. È riportata inoltre la curva di equidistribuzione, il caso teorico di uguale popolarità di ogni opera, per cui il 20% delle opere pesa per il 20% delle rappresentazioni e il 60% delle opere pesa per il 60% del totale delle rappresentazioni. La distanza verticale tra le due curve esprime il grado di concentrazione nella distribuzione delle rappresentazioni, cui corrispondono altrettanto marcate differenze nel ciclo di vita delle opere.
La concentrazione delle rappresentazioni operistiche
Metropolitan Theatre, New York, 27 ottobre 1884 - 11 marzo 2020
Quota opere Quota effettiva Equidistribuzione
Figura 2.5 Rappresentazioni operistiche al Metropolitan Theatre (1884-2020).
nella proiezione di un film, a parte quello, previsto e voluto dal regista, tra il primo e il secondo tempo.
Con il passaggio al digitale cambia il ruolo della fotografia. Se la fotografia d’autore rimane ancorata al supporto cartaceo e le stampe vintage rimangono parte di collezioni d’arte, la digitalizzazione ha portato alla chiusura dei tradizionali negozi di stampa fotografica: le immagini riprese con lo smartphone in ogni momento e in ogni luogo possono essere istantaneamente pubblicate nel web.
Anche i festival, non più costretti negli spazi fisici dei luoghi che li ospitano, hanno cambiato natura e organizzazione. Mentre alcuni vecchi riti sopravvivono, come la presenza dal vivo sui red carpet dei festival del cinema, la partecipazione a un festival o un evento può essere solo virtuale.
Se con la digitalizzazione cambia il rapporto tra artista, opera e fruitore, si trasforma anche la natura stessa del bene o del servizio d’arte. In questa prospettiva, alcuni dei tradizionali confini tra le arti perdono rilievo: visione, lettura e ascolto si intrecciano in uno stesso prodotto artistico. Per esempio, un’innovativa commistione tra performance e arti visive è quella di Banksy che, il 6 ottobre 2018 a Londra, penetra (anonimo) nella sede della casa d’aste Sotheby’s e, subito dopo la vendita della sua opera Ragazza con palloncino per un milione di sterline, distrugge quasi totalmente l’opera tramite una lama inserita nella cornice, azionata con un comando a distanza. Questa ibridazione è apprezzata dal mercato: il quadro a brandelli, che testimonia la performance, viene rivenduto al prezzo record di 19 milioni di euro.
2.6 I beni pubblici e l’arte
Fino a ora abbiamo considerato dei beni privati che circolano senza alcuna restrizione, rivali nel consumo ed escludibili nell’uso. Queste loro caratteristiche definiscono i mercati, con i relativi prezzi e quantità scambiate. Tuttavia, numerosi beni e servizi d’arte ricadono nella categoria dei beni pubblici, caratterizzati da non rivalità e non escludibilità. Per questi beni è difficile parlare di mercati, scambi e prezzi. L’esempio usuale di beni pubblici è quello dell’illuminazione stradale, non rivale (tutti beneficiano dell’illuminazione) e non escludibile (il consumo dell’uno non limita il consumo dell’altro). In campo artistico, questa condizione può riferirsi agli spettacoli diffusi via etere, ai concerti bandistici, agli spettacoli di strada, ad alcuni festival, ai monumenti e alle sculture posti in spazi pubblici e alle città d’arte stesse, se non si manifestano fenomeni di congestione.
In un’economia di mercato popolata da agenti egoisti (selfish), le caratteristiche di non rivalità e
non escludibilità fanno sì che i consumatori non siano disposti a pagare per i beni pubblici, poiché possono consumarli senza pagarli. Ciascun consumatore è interessato solo a massimizzare il proprio benessere personale e, convinto del fatto che la spesa ricadrà sugli altri, non manifesta alcuna domanda per il bene pubblico non rivale, come fa il free rider che non paga il biglietto quando usufruisce del trasporto pubblico. Poiché un bene non escludibile non avrebbe acquirenti, non ci sarebbero imprenditori privati disposti a produrre e offrire questo tipo di beni. Non c’è allora alcun mercato privato per il bene pubblico. Dal punto di vista della società, un simile esito non è soddisfacente. Dunque, l’iniziativa di dotare una comunità di beni pubblici d’arte deve essere sostenuta da un’autorità esterna.
Sarebbe ottimale produrre e consumare il bene pubblico (d’arte o meno) ripartendo il costo di produzione in base all’effettivo consumo di ogni agente. Una simile strategia incontra però due problemi. In primo luogo, è necessario che l’autorità esterna identifichi i bisogni che il bene pubblico soddisfa, ne organizzi la produzione nel modo più efficiente, minimizzando i costi. In secondo luogo, è necessario finanziare la produzione, predisponendo un affidabile meccanismo di rivelazione delle preferenze dei consumatori, che invece hanno un incentivo a mentire per non pagare il contributo. Sono problemi che richiedono adeguati meccanismi di enforcement, di norma affidati allo Stato o ad altro ente territoriale dotato di potere di comando. Peraltro, non è chiaro come far rivelare le preferenze ai consumatori e quindi a chi chiedere il contributo – i soli fruitori diretti o un bacino più esteso. In pratica, quindi, lo Stato copre i costi di produzione ricorrendo alla fiscalità ordinaria. Una soluzione migliorativa è la richiesta di contributi specifici, ove possibile e giustificabile, identificando chi più di altri trae beneficio dal consumo del bene pubblico, seguendo il cosiddetto principio di controprestazione. In questo modo si ridurrebbe il peso del finanziamento che grava sulla fiscalità ordinaria.
Nel caso specifico dei beni d’arte, l’autorità pubblica può essere sostituita, o affiancata, da un mecenate privato che, per ragioni etiche o di convenienza economica, finanzia in tutto o in parte la produzione del bene. Agenti privati potrebbero inoltre sponsorizzare la produzione del bene (► L’Ape 2.5).
2.7 Il ciclo di vita delle opere d’arte
La metafora della gerla di Plutone ricorda che si può entrare, uscire o rimanere nello spazio dell’arte. Il valore economico riflette lo status di bene d’arte: «La fonte di rischio maggiore per chi investe in arte sono
specifico periodo creativo, l’artista tende a creare opere simili, pur nella loro unicità. Le opere appartenenti a periodi diversi, spesso lontani nel tempo, tendono invece a essere dissimili. L’artista vive spesso la sua creatività in un’affannosa ricerca, muta tecnica, strumenti, materiali e risultati (► L’Ape 2.6).
Molti maestri passano dal figurativo all’astratto, all’informale: Picasso, in modo provocatorio affermava infatti che i periodi blu e rosa derivavano dal basso prezzo di questi colori. Bob Dylan è dapprima cantante folk che propone canzoni come Blowin’ in the Wind (1962) o Masters of War (1963), brani politici, espressione del disagio e della protesta giovanile dei primi anni Sessanta del secolo scorso. A livello musicale sono semplici ballate accompagnate dalla sola chitarra acustica. Dopo un lungo e sofferto processo di trasformazione musicale, nel 1965 si compie la svolta “elettrica” a livello musicale e intimista a livello di testi. Con brani quali Like a Rolling Stone (1965) e Forever Young (1984) Dylan raggiunge, e mantiene negli anni, un successo planetario. Altri artisti cambiando ispirazione cambiano arte, per esempio fra i futuristi e i surrealisti alcuni passano dalla pittura al cinema.
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Coordinamento editoriale: Daniele Bonanno
Redazione: Barbara Ravagli
Impaginazione: Exegi, Bologna
Indice analitico: D&L servizi editoriali, Milano Loghi delle schede L’ape e L’architetto: Gabriele Corvi
Copertina:
– Progetto grafico: Falcinelli & Co., Roma
– Immagine di copertina: © MicroStockHub/iStockphoto
Prima edizione: febbraio 2004
Seconda edizione: gennaio 2025
Ristampa: prima tiratura 5 4 3 2 1 2025 2026 2027 2028 2029
Realizzare un libro è un’operazione complessa, che richiede numerosi controlli: sul testo, sulle immagini e sulle relazioni che si stabiliscono tra essi. L’esperienza suggerisce che è praticamente impossibile pubblicare un libro privo di errori. Saremo quindi grati ai lettori che vorranno segnalarceli. Per segnalazioni o suggerimenti relativi a questo libro scrivere al seguente indirizzo: Zanichelli editore S.p.A. Via Irnerio 34 40126 Bologna fax 051293322
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Stampa:
per conto di Zanichelli editore S.p.A. Via Irnerio 34, 40126 Bologna
Guido Candela, Antonello E. Scorcu
Economia delle arti
Seconda edizione
Contributi di Francesco Angelini, Piero Attanasio, Giulia Avanza, Paola Borrione, Massimiliano Castellani, Roberto Cellini, Tiziana Cuccia, Bruno Giancarli, Isidoro Mazza, Anna Mignosa, Ilde Rizzo, Laura Vici, Roberto Zanola
Inquadra e scopri i contenuti
L’economia dell’arte è una disciplina giovane. Sono passati circa cinquant’anni da quando è stata riconosciuta l’utilità di ricorrere alla tradizionale cassetta degli attrezzi dell’economia nello studio dei beni e dei servizi d’arte, che pur nella loro particolarità rispondono alle usuali logiche economiche tanto quanto i beni di altro genere. L’esito di questo processo è stato l’emergere di una disciplina dove l’incrocio di filoni di ricerca legati alle singole arti esprime una visione unitaria del mercato dell’arte.
Questa seconda edizione di Economia delle arti è divisa in tre parti:
• Gli aspetti economici dell’arte (capitoli 1-6) sviluppa gli elementi di base dell’analisi economica delle arti, come la domanda, l’offerta, i prezzi, il lavoro degli artisti e l’intervento pubblico e privato;
• Gli strumenti delle arti (capitoli 7-9) analizza temi particolari ma trasversali alle singole arti, quali la dimensione spaziale dei distretti artistici, le loro tipo-
Guido Candela, già docente ordinario di Politica economica, è stato professore Alma Mater presso il Dipartimento di Scienze economiche dell’Alma Mater Studiorum Università di Bologna. È stato preside della Facoltà di Economia, sede di Rimini, e membro del Senato accademico dal 2001 al 2006.
Antonello E. Scorcu è professore ordinario di Politica economica dell’Alma Mater Studiorum Università di Bologna, dove insegna Economia della cultura ed Economia e Politica monetaria. È stato cofondatore dell’European Workshop on Applied Cultural Economics (EWACE).
logie e il collegamento con le politiche culturali territoriali, lo scambio di mercato di beni da collezione tramite l’asta, le nuove espressioni artistiche legate all’utilizzo delle tecnologie digitali;
• I mercati delle arti (capitoli 10-15) dedica un capitolo a ogni specifica arte, cominciando con i beni culturali e i musei quali strumenti di trasmissione dell’arte e anche come imprese, per continuare con il mercato del libro, della musica, del cinema, dell’arte visiva e dello spettacolo.
La struttura del libro permette una lettura personalizzabile, sia perché i capitoli della terza parte sono ampiamente indipendenti, sia perché le due tipologie di schede presenti nel testo, L’Ape e L’Architetto, costituiscono ulteriori livelli di approfondimento: la prima illustra contenuti operativi, la seconda propone argomenti più formali che richiedono minime conoscenze di economia, statistica e matematica.
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