Introduzione alla biochimica di Lehninger Settima edizione italiana a cura di Edon Melloni
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David L. Nelson è professore emerito di Biochimica presso la University of Wisconsin-Madison. Michael M. Cox è Evelyn M. Mercer Professor di Biochimica presso la University of Wisconsin-Madison.
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David L. Nelson Michael M. Cox
Introduzione alla biochimica di Lehninger Settima edizione italiana a cura di Edon Melloni
Ebook Settima edizione
a livello biochimico. Invece, le schede Metodi permettono di scoprire le metodologie per indagare le basi molecolari del funzionamento dell’organismo umano. Il testo è stato ampiamente aggiornato sul piano scientifico e riscritto per renderlo più comprensibile e facile da studiare; inoltre, sono state sostituite centinaia di figure per introdurre immagini e grafici relativi alla ricerca scientifica recente. Al termine di ogni capitolo, problemi ambientati basati su articoli scientifici ed esercizi che utilizzano le banche dati biologiche online usate nei laboratori di ricerca sono uno stimolo a confrontarsi con la realtà della disciplina. Numerosi video illustrano i processi biochimici, la struttura delle biomolecole, le tecniche di laboratorio e mostrano la risoluzione guidata dei problemi. Inquadrando con l’app Guarda! le icone poste nella prima pagina di ciascun capitolo, è possibile accedere con lo smartphone a tutti i video, gli esercizi interattivi e le soluzioni ai problemi proposti nel libro.
Introduzione alla biochimica di Lehninger
Introduzione alla biochimica di Lehninger fornisce le basi per comprendere i meccanismi molecolari che presiedono al funzionamento delle cellule e degli organismi. Deriva da I principi di biochimica di Lehninger (Zanichelli, 2022), il libro di biochimica per eccellenza, di cui conserva la struttura generale e rispetto al quale propone un percorso più essenziale. Per orientarsi più facilmente nella complessità dei processi biochimici, in apertura di ogni capitolo sono anticipati e spiegati brevemente i principi fondamentali dell’argomento trattato, poi approfonditi nel testo e richiamati in punti individuabili grazie alla presenza di frecce rosse numerate. In questo modo lo studio parte dalla costruzione di un’impalcatura di conoscenza che facilita la comprensione dei contenuti e la connessione tra i concetti. Le numerose ricadute della biochimica sulla salute umana sono trattate capillarmente e identificate nel testo dall’icona del caduceo. Le schede Medicina approfondiscono patologie e condizioni che influenzano lo stato di salute e illustrano le strategie terapeutiche che agiscono
David L. Nelson Michael M. Cox
David L. Nelson, Michael M. Cox
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BIOCHIMICA
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NELSON"COX*INTR BIOC LEHNING 7EDLUMK
ISBN 978-88-08- 89973-6
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BIOCHIMICA
Prefazione Introduzione alla biochimica di Lehninger, in questa settima edizione, conduce chi studia attraverso la complessità della materia con lo stile di scrittura chiaro e coerente noto fin dalla prima pubblicazione dell’opera. Il testo è organizzato attorno ai principi fondamentali, in modo da facilitare la comprensione dei contenuti della biochimica e l’orientamento tra essi. Le caratteristiche del testo e le risorse digitali enfatizzano il focus sui fondamenti disciplinari, mentre il racconto delle scoperte più recenti e di come opera la ricerca di frontiera fornisce un contesto affascinante per imparare la biochimica, una disciplina in continua evoluzione. Il testo è organizzato intorno ai principi fondamentali per migliorare la comprensione
• Questa edizione si snoda lungo un nuovo percorso di apprendimento che pone l’enfasi sui principi fondamentali della biochimica. L’insieme di questi principi costituisce un’impalcatura di conoscenza che facilita la comprensione dei singoli contenuti e la creazione di connessioni tra più concetti. • La prima pagina di ogni capitolo elenca questi principi affiancandoli a icone numerate ( P1 ), che compaiono anche nelle pagine successive, agevolando l’identificazione dei contenuti correlati a ogni singolo principio.
• Alcuni disegni sono stati semplificati e molti sono stati rielaborati per inserire al loro interno la descrizione passo passo dei processi, rendendo così più concise le didascalie. • I problemi di fine capitolo sono stati rivisti e rinnovati. Approfondimenti e schede per capire i risvolti medici della biochimica
L’icona che riproduce un caduceo indica le parti del testo che trattano argomenti di interesse medico, mostrando l’importanza della biochimica per la salute umana. Le schede Medicina approfondiscono patologie e condizioni che influenzano lo stato di salute e illustrano i meccanismi di azione di strategie terapeutiche che agiscono a livello biochimico; inoltre, permettono di scoprire strategie e metodi utilizzati per indagare le basi molecolari del funzionamento dell’organismo umano.
Le risorse digitali A questo indirizzo sono disponibili le risorse digitali di complemento al libro: online.universita.zanichelli.it/nelson-intro7e La struttura del testo è stata progettata per orientarsi meglio
• Sulla base dell’ampio numero di commenti e suggerimenti ricevuti nel corso degli anni, gli autori hanno perfezionato la spiegazione di ogni singolo argomento per enfatizzare i contenuti cruciali. • I principi fondamentali sono elencati e descritti in modo chiaro all’inizio di ogni capitolo e richiamati da icone numerate lungo il testo. • Numerose figure rendono la ricerca scientifica contemporanea facilmente accessibile. • Le didascalie delle immagini sono state riviste per consentire la comprensione delle figure in modo indipendente dal testo.
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XVIII Prefazione
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nel 1982, dove per otto anni è stato anche direttore del centro universitario che si occupa della formazione in biologia. Nel 2013 è diventato professore emerito. La sua attività di ricerca è incentrata sulla trasduzione del segnale che regola il movimento ciliare e l’esocitosi nel paramecio (un protozoo). Per 43 anni ha insegnato (con Michael Cox) in un corso intensivo di biochimica avanzata. Inoltre, ha tenuto corsi di approfondimento sulla struttura della membrana cellulare e di neurobiologia molecolare. Per i suoi meriti nell’insegnamento ha ricevuto diversi riconoscimenti, inclusi i premi Dreyfus e Atwood. Nel biennio 1991-1992 è stato visiting professor di chimica e biologia al college Spelman (Georgia). Il secondo amore di Nelson è la storia, infatti oggi insegna storia della biochimica e colleziona strumenti scientifici antichi. Michael M. Cox è nato a Wilmington nel Delaware. Dopo aver lavorato all’Università Brandeis (Massachusetts) con William P. Jenks e, come postdoc, a Stanford David Nelson Michael Cox con I. Robert Lehman, si è spostato all’Università di Wisconsin-Madison nel 1983, dove è diventato professore ordinario nel 1992. Michael Cox ha coordinato un gruppo di ricerca, ancora attivo, che studia funzione e meccanismo degli enzimi che agiscono all’interfaccia tra i processi di replicazione, Aaron Hoskins riparazione e ricombinazione del DNA. Per oltre trent’anni, Cox ha insegnato nei corsi introduttivi alla biochimica e ha tenuto diverse lezioni magistrali nei corsi avanzati. Ha ricevuto molti riconoscimenti per l’insegnamento e per la ricerca, tra cui il premio Eli Lilly per la chimica biologica, l’onorificenza AAAS Fellow e il premio Regents per l’eccellenza nell’insegnamento. David Nelson
Michael Cox
Aaron A. Hoskins, nato a Lafayette in Indiana, ha conseguito il BS in chimica all’Università di Purdue nel 2000 e il PhD in chimica biologica al MIT (Massachusetts). Aaron Hoskins Hoskins si è unito alla faGli autori coltà di biochimica dell’Università di Wisconsin-Madison David L. Nelson, nato a Fairnel 2011. mont in Minnesota, ha conLa sua attività di ricerca riguarda lo studio della bioseguito il BS (Bachelor of sintesi de novo delle purine e lo splicing dei pre-mRNA Science) in chimica e biolonegli eucarioti. Inoltre, ha messo a punto una tecnica di gia al college St. Olaf (Minmicroscopia a singola molecola per lo studio dello splinesota) nel 1964 e il PhD ceosoma. Michael Cox in biochimica alla Medi- David Nelson Hoskin ha ricevuto diversi riconoscimenti per la sua cal School di Stanford, lavorando con Arthur Kornberg. attività di ricerca, tra cui la nomina a Backman Young Nelson è entrato a far parte dell’Università di Wisconsin- Investigator and Shaw Scientist. Insegna in corsi introduttiMadison nel 1971 ed è diventato professore ordinario vi alla biochimica dal 2012.
Aaron Hoskins
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7
Carboidrati e glicobiologia
I
carboidrati sono le molecole più abbondanti sulla Terra. Ogni anno la fotosintesi converte più di 100 miliardi di tonnellate di CO2 e di H2O in cellulosa e in altri prodotti delle piante. Questi carboidrati di origine vegetale sono elementi fondamentali della dieta in molte parti del mondo e l’ossidazione dei carboidrati è la via principale di produzione di energia nella maggior parte delle cellule non fotosintetiche. I carboidrati agiscono come elementi strutturali e protettivi nelle pareti dei batteri, dei funghi e delle piante e nei tessuti connettivi degli animali. Alcuni di essi servono a lubrificare le articolazioni scheletriche e partecipano al processo di riconoscimento e di adesione tra le cellule. I carboidrati sono aldeidi o chetoni con almeno due gruppi ossidrilici legati; sono carboidrati anche le sostanze che per idrolisi generano questi composti. Molti, ma non tutti, hanno la formula empirica (CH2O)n; alcuni contengono anche azoto, fosforo o zolfo. Esistono tre classi principali di carboidrati: i monosaccaridi, gli oligosaccaridi e i polisaccaridi (il termine “saccaride” deriva dal greco sakcharon, “zucchero”). I monosaccaridi, o zuccheri semplici, sono costituiti da una sola unità di poliidrossi aldeide o di poliidrossi chetone. Il monosaccaride più abbondante in natura è uno zucchero a sei atomi di carbonio, il d-glucosio, talvolta chiamato anche destrosio. Gli oligosaccaridi sono formati da corte catene di unità monosaccaridiche, o residui, unite tra loro da caratteristici legami detti glicosidici. I più abbondanti sono i disaccaridi, formati da due unità monosaccaridiche. Il saccarosio (lo zucchero da tavola), per esempio, è formato dagli zuccheri a sei atomi di carbonio d-glucosio e d-fruttosio. I nomi di tutti i monosaccaridi e disaccaridi più comuni terminano con il suffisso “-osio”. I polisaccaridi sono polimeri di zuccheri che contengono più di 10 unità monosaccaridiche; alcuni ne contengono centinaia o migliaia. Alcuni polisaccaridi, come la cellulosa, sono catene lineari, mentre altri, come il glicogeno, sono ramificati. Questo capitolo descrive le principali classi di carboidrati e di glicoconiugati e fornisce alcuni esempi dei loro innumerevoli ruoli strutturali e funzionali. P1
I carboidrati possono avere più di un carbonio chirale; la configurazione dei gruppi intorno a ciascun atomo di carbonio determina il modo in cui il composto interagisce con altre biomolecole.
P2
Le subunità monomeriche, i monosaccaridi, sono i mattoni costitutivi di grandi polimeri saccaridici.
P3
Immagazzinare metaboliti a basso peso molecolare in forma polimerica evita l’elevata osmolarità che si produrrebbe se questi stessi metaboliti fossero conservati come singoli monomeri.
7.1 Monosaccaridi e disaccaridi 121 7.2 Polisaccaridi 127 7.3 Glicoconiugati: proteoglicani, glicoproteine e glicosfingolipidi 130 7.4 I carboidrati come molecole informazionali: il codice saccaridico 133 7.5 Lavorare con i carboidrati 135
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CAPITOLO 7 © 978-8808-89973-6
P4
Le sequenze dei polisaccaridi complessi sono determinate dalle proprietà intrinseche degli enzimi deputati alla loro biosintesi, che aggiungono ciascuna unità monomerica al polimero in crescita.
P5
I polisaccaridi assumono strutture tridimensionali caratterizzate dalle conformazioni con la minore energia, determinate da legami covalenti, legami idrogeno, interazioni tra cariche elettriche e fattori sterici.
P6
La complementarità molecolare è cruciale per la funzione.
P7
A partire da un piccolo numero di subunità monomeriche si può costruire una gamma quasi illimitata di strutture discrete.
7.1 Monosaccaridi e disaccaridi I carboidrati più semplici, i monosaccaridi, sono aldeidi o chetoni con due o più gruppi ossidrilici; il glucosio e il fruttosio, monosaccaridi a sei atomi di carbonio, hanno cinque gruppi ossidrilici. Molti degli atomi di carbonio ai quali sono legati i gruppi ossidrilici sono centri chirali che generano i molti stereoisomeri degli zuccheri che si trovano in natura. Negli zuccheri la stereoisomeria ha una grande rilevanza biologica in quanto gli enzimi che agiscono sugli zuccheri sono altrettanto stereospecifici e solitamente preferiscono uno stereoisomero a un altro con un’affinità fino a tre ordini di grandezza più elevata. Inizieremo descrivendo le famiglie dei monosaccaridi con scheletri formati da tre a sette atomi di carbonio, la loro struttura e le loro forme stereoisomeriche, compresi i sistemi con cui vengono rappresentate le loro strutture tridimensionali sul foglio di carta. Analizzeremo poi le diverse reazioni chimiche dei gruppi carbonilici dei mo-
Carboidrati e glicobiologia 121
nosaccaridi. In una di queste reazioni, un gruppo ossidrilico presente nella stessa molecola reagisce con il gruppo carbonilico formando strutture cicliche che contengono quattro o più atomi di carbonio (le forme predominanti in soluzione acquosa). P1 La chiusura dell’anello crea un nuovo centro chirale, aumentando la complessità stereochimica di questa classe di composti.
Le due famiglie dei monosaccaridi: gli aldosi e i chetosi I monosaccaridi sono solidi cristallini e incolori, facilmente solubili in acqua, ma insolubili nei solventi non polari. La maggior parte ha un sapore dolce (Box 7.1). Lo scheletro dei monosaccaridi è costituito da una catena di atomi di carbonio non ramificata in cui tutti gli atomi di carbonio sono uniti da legami singoli. Nella forma a catena aperta, uno degli atomi di carbonio è un gruppo carbonilico; tutti gli altri atomi di carbonio invece hanno come sostituente un gruppo ossidrilico. Se il gruppo carbonilico è a una delle estremità della catena carboniosa (cioè in un gruppo aldeidico) il monosaccaride viene detto aldosio; se il gruppo carbonilico è in qualunque altra posizione (cioè in un gruppo chetonico) il monosaccaride viene detto chetosio. I monosaccaridi più semplici sono due zuccheri a tre atomi di carbonio, detti triosi: la gliceraldeide (un aldotriosio) e il diidrossiacetone (un chetotriosio) (Figura 7.1a a p. 122). I monosaccaridi con uno scheletro covalente a quattro, cinque, sei e sette atomi di carbonio sono chiamati rispettivamente tetrosi, pentosi, esosi ed eptosi. Essi possono essere aldeidi o chetoni, qualunque sia la lunghezza della catena carboniosa; infatti avremo aldotetrosi e chetotetrosi, aldopentosi e chetopentosi e così via. Gli esosi, che comprendono l’aldoesosio d-glucosio e il chetoesosio d-fruttosio (Figura 7.1b a p. 122), sono i monosaccaridi più comuni in natura. Gli aldopentosi d-ribosio e 2-deossi-d-ribosio (Figura 7.1c a p. 122) sono componenti dei nucleotidi e degli acidi nucleici (Capitolo 8).
Box 7.1 MEDICINA
Che cosa rende dolce lo zucchero?
Il dolce è uno dei cinque sapori fondamentali che gli esseri umani sono in grado di percepire; gli altri sono l’acido (aspro), l’amaro, il salato e l’umami (che in lingua giapponese significa “saporito”, per indicare il sapore del glutammato). Il sapore dolce viene identificato da recettori proteici presenti sulla membrana cellulare delle cellule gustative localizzate nelle papille gustative sulla superficie della lingua. Quando una molecola con una struttura compatibile si lega a siti presenti sul dominio extracellulare di questi recettori delle cellule gustative, viene innescata una cascata di eventi all’interno della cellula che portano alla generazione di un segnale elettrico che viene inviato al cervello, dove è interpretato come “dolce”. Molti zuccheri semplici, tra i quali il saccarosio, il glucosio e il fruttosio, hanno un sapore dolce, ma ci sono anche altre classi di composti che si legano ai
recettori del dolce: gli amminoacidi glicina, alanina e serina hanno un blando sapore dolce. Molti prodotti naturali sono straordinariamente dolci: lo stevioside, un derivato dello zucchero isolato dalle foglie della pianta di stevia (Stevia rebaudiana Bertoni), è centinaia di volte più dolce di un equivalente quantitativo di saccarosio (il comune zucchero da tavola) e la piccola proteina brazzeina, isolata dalle bacche della pianta rampicante Oubli (Pentadiplandra brazzeana Baillon) in Gabon e in Camerun, è 17 000 volte più dolce del saccarosio su base molare. Nelle società in cui l’obesità è uno dei principali problemi di salute, i composti che conferiscono ai cibi un sapore dolce senza fornire le calorie presenti negli zuccheri sono comuni additivi alimentari. Il dolcificante artificiale aspartame è la dimostrazione dell’importanza della stereochimica nella biologia.
CAPITOLO 17
326 Catabolismo degli acidi grassi
(a)
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(C16) RO CH2 O CH2 O CH2 O C O S-CoA B (C16) RO CH2 O CH2 O CH2 O O C O S-CoA Palmitil-CoA B FADO Palmitil-CoA acil-CoA 2 e ETFFAD
(a)
deidrogenasi acil-CoA ETF FADH2 deidrogenasi
FADH2 H A HP C O C O S-CoA RO CH2 O C A A B trans- 2O RO CH2 C P C C O S-CoA HO O Enoil-CoA A B trans- 2H H O2O Enoil-CoA enoil-CoA idratasi enoil-CoA idratasi
H2O
OH A OH O CH2 O C O S-CoA RO CH2 O C B A RO CH2 O C C O S-CoA L- -IdrossiHO CH2 O O B A acil-CoA L- -IdrossiH ONAD acil-CoA -idrossiacil-CoA deidrogenasi NAD NADH H -idrossiacil-CoA
2 e EFT:ubichinone ossidoreduttasi EFT:ubichinone ossidoreduttasi Catena respiratoria Catena respiratoria NADH deidrogenasi NADH deidrogenasi
2 e 2 e
deidrogenasi
NADH H RO CH2 O C O CH2 O C O S-CoA B B RO CH2 OO C O CH2 O C OO S-CoA -Chetoacil-CoA B B
O -Chetoacil-CoA acil-CoA acetiltrasferasi acil-CoA (tiolasi) acetiltrasferasi (tiolasi)
O CoA-SH
CoA-SH
(C14) RO CH2 O C O S-CoA CH3 O C O S-CoA B B (C14) RO CH2 O O C O S-CoA CH3 O O C O S-CoA B B Acil-CoA Acetil-CoA O O (miristil-CoA) Acil-CoA Acetil-CoA (miristil-CoA)
(b) (b)
C 14
Acetil-CoA
C 14 12
Acetil-CoA
C 10 12
Acetil-CoA
C 810
Acetil-CoA
C 86
Acetil-CoA
C 46
Acetil-CoA
C4 Acetil-CoA
Acetil-CoA
Acetil Figura 17.7 La-CoA b-ossidazione degli acidi grassi. (a) A ogni
ripetizione di questa sequenza di quattro reazioni, viene staccata dall’estremità carbossilica della catena dell’acido grasso – in questo caso il palmitato (C16), entrato nella via come palmitil-CoA – un’unità acetilica (ombreggiata in rosa) sotto forma di acetil-CoA. Gli elettroni liberati dalla prima ossidazione passano attraverso la flavoproteina che trasferisce elettroni, ETF, e poi, tramite una seconda flavoproteina (EFT:ubichinone ossidoreduttasi), arrivano alla catena respiratoria. Gli elettroni che derivano dalla seconda ossidazione entrano nella catena respiratoria attraverso la NADH deidrogenasi. (b) Altri sei cicli di b-ossidazione producono ulteriori sette molecole di acetil-CoA; la settima deriva dagli ultimi due atomi di carbonio della catena di 16 atomi di carbonio. In tutto si formano otto molecole di acetil-CoA che può essere ossidato nel ciclo dell’acido citrico, donando altri elettroni alla catena respiratoria.
do lo stereoisomero l del b-idrossiacil-CoA (detto anche 3-idrossiacil-CoA). Questa reazione, catalizzata dall’enoil-CoA idratasi, è analoga a quella della fumarasi nel ciclo dell’acido citrico.
Nella terza tappa, l’l-b-idrossiacil-CoA viene deidrogenato a b-chetoacil-CoA per mezzo della b-idrossiacil-CoA deidrogenasi; il NAD1 è l’accettore di elettroni. Questo enzima è specifico per lo stereoisomero l dell’idrossiacil-CoA. Il NADH dona i suoi elettroni alla NADH deidrogenasi (Complesso I), un trasportatore di elettroni della catena respiratoria. P2 La reazione catalizzata dalla b-idrossiacil-CoA deidrogenasi è analoga alla reazione della malato deidrogenasi del ciclo dell’acido citrico. La quarta e ultima tappa del ciclo di ossidazione degli acidi grassi è catalizzata dall’acil-CoA acetiltrasferasi (più nota con il nome di tiolasi): il b-chetoacil-CoA reagisce con una molecola di coenzima A libero, che stacca un frammento a due atomi di carbonio sotto forma di acetil-CoA dall’estremità carbossilica dell’acido grasso originario. L’altro prodotto della reazione è un tioestere accorciato di due atomi di carbonio (Figura 17.7a). Le ultime tre tappe di questa sequenza a quattro reazioni sono catalizzate da due gruppi di enzimi a seconda della lunghezza delle catene degli acidi grassi: per gli acidi grassi con 12 o più atomi di carbonio, le reazioni sono catalizzate da un complesso multienzimatico associato alla membrana mitocondriale interna, la proteina trifunzionale (TFP, TriFunctional Protein). Quando la catena dell’acido grasso ha meno di 12 atomi di carbonio, le ulteriori ossidazioni vengono catalizzate da un gruppo di quattro enzimi solubili presenti nella matrice mitocondriale. P2 La sequenza delle reazioni della b-ossidazione è un efficace meccanismo per destabilizzare e rompere il legame COC. Le prime tre reazioni della b-ossidazione creano un legame COC molto meno stabile, in cui il carbonio a (C-2) è legato a due atomi di carbonio carbonilici (l’intermedio b-chetoacil-CoA). La funzione chetonica presente sul carbonio b (C-3) rende questo atomo un buon elettrofilo, tanto da subire l’attacco nucleofilo da parte del gruppo OSH del coenzima A catalizzato dalla tiolasi. Abbiamo già incontrato una sequenza di reazioni praticamente identica a questa che ossida gli acidi grassi nel ciclo dell’acido citrico, cioè le tappe che vanno dal succinato all’ossalacetato (vedi Figura 16.6). Una sequenza di reazioni quasi identica è presente anche nelle vie in cui gli amminoacidi a catena ramificata (isoleucina, leucina e valina) sono ossidati per ricavarne energia.
Le quattro reazioni della b-ossidazione si ripetono formando acetil-CoA e ATP L’equazione complessiva di un passaggio, a partire dal tioestere del palmitato, è: palmitil-CoA 1 CoA 1 FAD 1 NAD11 H2O 88n miristil-CoA 1 acetil-CoA 1 FADH2 1 NADH 1 H1 (17.2) Dopo la rimozione della prima unità di acetil-CoA dal palmitil-CoA, il nuovo tioestere del coenzima A contiene una catena acilica accorciata, a 14 atomi di carbonio (il miristile). Complessivamente sono necessari sette cicli della sequenza di reazioni della b-ossidazione per ossidare una molecola di palmitil-CoA, generando otto molecole di acetil-CoA (Figura 17.7b). L’equazione complessiva è: palmitil-CoA 1 7 CoA 1 7 FAD 1 7 NAD1 1 7 H2O 8n 8 acetil-CoA 1 7 FADH2 1 7 NADH 1 7 H1 (17.3)
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Catabolismo degli acidi grassi 327
Box 17.1
Una lunga dormita invernale: l’ossidazione dei grassi durante il letargo
Molti animali utilizzano le loro scorte di grasso per produrre energia durante il letargo, le migrazioni o in altre situazioni in cui si verificano cambiamenti metabolici radicali. Uno dei cambiamenti a cui va incontro il metabolismo dei grassi avviene durante il letargo nell’orso grizzly, che resta in uno stato di dormiveglia per circa sette mesi. L’orso mantiene la sua temperatura corporea su valori intorno ai 31 8C, vicino ai valori normali del periodo di attività (circa 40 8C). L’animale non mangia, non beve, non urina e non defeca per tutta la durata del letargo. Il suo battito cardiaco scende da 90 a 8 battiti al minuto e la respirazione scende dai normali valori di 6-10 atti respiratori a circa 1 atto respiratorio al minuto. Alcuni studi sperimentali hanno dimostrato che il griz-
zly usa il grasso corporeo come unica fonte di energia nel periodo di letargo. L’ossidazione del grasso produce una quantità di energia sufficiente a mantenere costante la temperatura corporea, ad attivare la sintesi di proteine e amminoacidi e a svolgere altre funzioni energia-dipendenti, come il trasporto attraverso le membrane. Il sonno invernale dell’orso è chiamato a volte torpore e differisce per molti aspetti dal letargo di animali più piccoli. In questi animali, la temperatura corporea si avvicina a quella ambientale, intorno agli 0 8C, per gran parte del tempo del letargo, ma sale raggiungendo livelli quasi uguali a quelli della preibernazione durante brevi periodi di veglia. Durante questi periodi, gli animali mangiano, bevono e defecano.
Negli animali in letargo l’ossidazione degli acidi grassi fornisce energia metabolica, calore e acqua, tutti essenziali per la sopravvivenza di un organismo che non mangia e non beve per un periodo molto lungo (Box 17.1). I cammelli riescono a integrare la scarsa quantità di acqua disponibile nel loro ambiente naturale tramite l’ossidazione dei grassi di riserva presenti nella gobba. La reazione complessiva dell’ossidazione del palmitil-CoA a otto molecole di acetil-CoA, compresi il trasferimento degli elettroni all’ossigeno e la fosforilazione ossidativa, è:
Combinando le Equazioni 17.4 e 17.5, possiamo ottenere la reazione complessiva di ossidazione del palmitil-CoA a diossido di carbonio e acqua:
palmitil-CoA 1 7 CoA 1 7 O2 1 28 Pi 1 28 ADP 88n 8 acetil-CoA 1 28 ATP 1 7 H2O (17.4)
L’acetil-CoA può essere ossidato ulteriormente nel ciclo dell’acido citrico P1 L’acetil-CoA prodotto dall’ossidazione degli acidi grassi può essere ossidato a CO2 e H2O nel ciclo dell’acido citrico. La reazione della seconda fase dell’ossidazione del palmitil-CoA, sommata alla fosforilazione ossidativa, è: 8 acetil-CoA 1 16 O2 1 80 Pi 1 80 ADP 88n 8 CoA 1 80 ATP 1 16 CO2 1 16 H2O (17.5)
palmitil-CoA 1 23 O2 1 108 Pi 1 108 ADP 88n CoA 1 108 ATP 1 16 CO2 1 23 H2O
(17.6)
Nella Tabella 17.1 è riepilogata la resa in molecole di NADH, FADH2 e ATP prodotte nelle varie tappe di ossidazione del palmitil-CoA. Poiché l’attivazione del palmitato a palmitil-CoA rompe entrambi i legami fosfoanidride dell’ATP (vedi Figura 17.4), corrispondenti a due molecole di ATP, il guadagno netto che si ha dall’ossidazione di una molecola di palmitato è di 106 molecole di ATP.
L’ossidazione degli acidi grassi insaturi richiede altre due reazioni Molti acidi grassi dei triacilgliceroli e dei fosfolipidi degli animali e delle piante sono insaturi, cioè possiedono uno o più doppi legami. Questi legami sono nella configurazione cis e sono resistenti all’azione dell’enoil-CoA idratasi, l’enzima che catalizza l’aggiunta di acqua al doppio legame trans del D2-enoil-CoA prodotto dalla b-ossidazione. P1 Sono necessari altri due enzimi per la b-ossidazio-
TABELLA 17.1 Resa in ATP durante l’ossidazione del palmitil-CoA a CO2 e H2O Enzima che catalizza la tappa ossidativa
Numero di molecole di NADH o di FADH2 formate
Numero di molecole di ATP prodottea
Acil-CoA deidrogenasi
7 FADH2
10,5
b-Idrossiacil-CoA deidrogenasi
7 NADH
17,5
Isocitrato deidrogenasi
8 NADH
20
a-Chetoglutarato deidrogenasi
8 NADH
20
b-Ossidazione
Ciclo dell’acido citrico
8b
Succinil-CoA sintetasi Succinato deidrogenasi
8 FADH2
12
Malato deidrogenasi
8 NADH
20
Totale a
108
Questi valori sono calcolati considerando che la fosforilazione ossidativa mitocondriale produca 1,5 molecole di ATP per ogni FADH2 ossidato e 2,5 molecole di ATP per NADH ossidato. b
Il GTP che si forma in questa tappa produrrà una molecola di ATP, tramite la reazione catalizzata dalla nucleoside difosfato chinasi.
CAPITOLO 23
472 Regolazione ormonale e integrazione del metabolismo nei mammiferi
Queste osservazioni suggeriscono alcuni possibili trattamenti per prevenire l’obesità modificando l’assetto della flora batterica intestinale. Questo risultato potrebbe essere ottenuto aggiungendo direttamente nell’intestino le specie microbiche (probiotici) che ostacolano l’adipogenesi, oppure aggiungendo nella dieta nutrienti (prebiotici) che favoriscono i microbi probiotici rispetto agli altri microrganismi. P4 L’interazione di microbi specifici con cellule endocrine del tratto intestinale potrebbe costituire il fattore di innesco per il rilascio dei peptidi PYY3-36, GLP-1 e grelina, che modulano l’assunzione del cibo.
SOMMARIO 23.4 Obesità e regolazione della massa corporea ■ Il tessuto adiposo produce la leptina, un ormone che regola il comportamento alimentare e il consumo di energia. ■ La leptina agisce sui recettori del nucleo arcuato dell’i-
potalamo, causando il rilascio di peptidi anoressigenici, tra cui l’a-MSH, che agiscono sul cervello inibendo l’assunzione di cibo. ■ L’adiponectina stimola la captazione e l’ossidazione degli acidi grassi e ne inibisce la sintesi. ■ L’azione dell’adiponectina è mediata dall’AMPK, che
viene attivata anche dallo stress metabolico (basse concentrazioni di AMP) e dall’esercizio fisico. ■ Il complesso mTORC1, con attività proteina chinasica,
regola il flusso di amminoacidi essenziali e di altri metaboliti. ■ I PPAR sono fattori di trascrizione che determinano la
velocità di sintesi di molti enzimi implicati nel metabolismo lipidico e nel differenziamento degli adipociti. ■ La grelina, un ormone prodotto dallo stomaco, agisce sui neuroni oressigenici (che stimolano l’appetito) nel nucleo arcuato, inducendo la fame prima di un pasto. Invece PYY3-36 è un ormone peptidico dell’intestino, che agisce riducendo lo stimolo della fame dopo un pasto. Gli endocannabinoidi segnalano la disponibilità di cibi dolci e grassi. ■ I simbionti microbici presenti nell’intestino generano
prodotti di fermentazione e acidi biliari secondari. Essi influenzano il rilascio da parte dell’intestino di ormoni che regolano la massa corporea.
23.5 Il diabete mellito Dal punto di vista clinico, ci sono due classi principali di diabete mellito: il diabete di tipo 1, o diabete mellito insulino-dipendente (IDDM, Insulin-Dependent Diabetes Mellitus), e il diabete di tipo 2, o non insulino-dipendente (NIDDM, Non-Insulin-Dependent Diabetes Mellitus), chiamato anche diabete insulino-resistente. La scoperta dell’insulina e del suo ruolo nel diabete ha portato al suo sviluppo come prodotto a uso terapeutico, salvando milioni di vite. ◗
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Il diabete mellito è provocato da un difetto nella produzione di insulina o nella sua azione Il diabete di tipo 1 insorge spesso in giovane età, si aggrava molto rapidamente e risponde alla somministrazione di insulina in quanto il difetto metabolico deriva dalla distruzione autoimmune delle cellule b del pancreas e dalla conseguente incapacità di secernere quantità sufficienti di insulina. L’IDDM richiede una terapia a base di insulina e un attento controllo della quantità di glucosio ingerito e della dose di ormone somministrata. I sintomi caratteristici del diabete non trattato (sia di tipo 1 sia di tipo 2) sono la sete e una frequente minzione (poliuria), che portano all’assunzione di grandi quantità di acqua (polidipsia). L’espressione “diabete mellito” (urina dolce) è dovuta all’escrezione di grandi quantità di glucosio nelle urine, una condizione nota con il nome di glicosuria. Il diabete di tipo 2 si sviluppa più lentamente (e di norma, ma non sempre, nelle persone adulte obese); i sintomi sono meno gravi e in qualche caso inizialmente non viene nemmeno riscontrato. Si tratta in realtà di un gruppo di malattie in cui viene a mancare l’attività regolatrice dell’insulina: l’ormone viene prodotto, ma il sistema che risponde all’insulina è difettoso e molte persone con l’NIDDM diventano insulino-resistenti. Il quadro clinico del diabete include patologie cardiovascolari, insufficienza renale, cecità e neuropatia. P5 Nell’una e nell’altra forma, le persone diabetiche non sono in grado di utilizzare in modo efficiente il glucosio del flusso sanguigno. Per la diagnosi e il trattamento del diabete sono essenziali alcune misurazioni biochimiche sul sangue e sulle urine. L’emoglobina monoglicata (HbA1c) rispecchia il valore medio della glicemia in un tempo relativamente lungo (vedi Box 7.2). Un’altra misurazione in grado di confermare la diagnosi di diabete è il test di tolleranza al glucosio, cioè la somministrazione di 100 g di glucosio sciolti in un bicchiere di acqua e la determinazione dello zucchero nel sangue prima della somministrazione e a intervalli di 30 minuti per qualche ora. Le persone con il diabete mostrano un marcato deficit nell’assimilazione del glucosio somministrato durante il test; la concentrazione di glucosio nel sangue aumenta oltre la soglia renale (circa 10 mm) e lo zucchero appare anche nelle urine. ◗ Nel diabete non trattato i corpi chetonici si accumulano nel sangue Con il glucosio non disponibile per le cellule, gli acidi grassi diventano il combustibile metabolico principale, il che porta a un altro cambiamento metabolico caratteristico del diabete: un’eccessiva ma incompleta ossidazione degli acidi grassi nel fegato. L’acetil-CoA prodotto dalla b-ossidazione non può essere ossidato completamente nel ciclo dell’acido citrico, a causa dell’inibizione del ciclo dovuta all’elevato rapporto NADH]/[NAD1] causato dalla b-ossidazione (si ricordi che il NAD1 viene convertito in NADH in tre delle tappe del ciclo). L’accumulo di acetil-CoA porta alla sovrapproduzione dei corpi chetonici acetoacetato e b-idrossibu tirrato, i quali non possono essere utilizzati dai tessuti extraepatici alla stessa velocità con cui sono prodotti
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Regolazione ormonale e integrazione del metabolismo nei mammiferi 473
nel fegato. Oltre all’acetoacetato e al b-idrossibutirrato, il sangue delle persone diabetiche contiene piccole quantità di acetone, che deriva dalla decarbossilazione spontanea dell’acetoacetato: O B H3C O C O CH2O COO H2O Acetoacetato
O B H3C O C O CH3 HCO 3 Acetone
La sovrapproduzione di corpi chetonici, condizione detta chetosi, porta a un forte aumento di questi composti nel sangue (chetonemia) e nelle urine (chetonuria) e alla liberazione di protoni nei fluidi circolanti con un abbassamento del pH ematico, condizione detta acidosi, o, in combinazione con la chetosi, chetoacidosi. ◗
Nel diabete di tipo 2 i tessuti diventano insensibili all’insulina P5 La causa principale del diabete di tipo 2 è lo sviluppo della resistenza all’insulina. Nella fase precoce della malattia le cellule b del pancreas secernono una quantità di insulina sufficiente a contrastare la minore sensibilità all’insulina delle cellule del tessuto muscolare e del fegato. In seguito, le persone affette perdono la capacità di regolare l’omeostasi del glucosio ematico. La fase successiva, che precede la condizione di diabete mellito di tipo 2, talvolta viene denominata sindrome metabolica. Questa fase è caratterizzata da obesità, specialmente addominale, ipertensione, dislipidemia (aumento dei TAG e delle LDL, diminuzione delle HDL), glicemia leggermente aumentata e ridotta capacità di rimuovere il glucosio dal sangue durante il test della tolleranza al glucosio. Un’eccessiva assunzione di calorie nelle persone obese può saturare la capacità degli adipociti di accumulare triacilgliceroli e il tessuto adiposo non riesce a immagazzinarne altri. Questi acidi grassi in eccesso entrano nelle cellule del fegato e del muscolo, dove vengono convertiti in TAG, che si accumulano poi sotto forma di goccioline lipidiche. Questa deposizione ectopica (dal greco ektopos, “fuori posto”) dei triacilgliceroli inibisce il movimento del trasportatore GLUT4 verso la membrana cellulare e ciò porta all’insensibilità all’insulina del fegato e del muscolo, tipica del diabete di tipo 2. Alcuni fattori di ordine genetico predispongono al diabete di tipo 2. Anche se l’80% delle persone affette da diabete di tipo 2 è obeso, la maggior parte delle persone obese non sviluppa la malattia. Oltre ai fattori genetici, vanno considerati anche quelli ambientali, compresi la dieta e lo stile di vita. ◗ Il diabete di tipo 2 viene trattato con la dieta, con l’esercizio fisico, ma anche con i farmaci e la chirurgia Un’ampia casistica ha dimostrato che almeno quattro fattori concorrono al successo del trattamento del diabete di tipo 2: la limitazione del cibo, l’esercizio fisico regolare, l’assunzione di farmaci che aumentano la sensibilità all’insulina o la produzione di insulina e la chirurgia volta a ridurre il passaggio di cibo attraverso il tratto gastrointestinale.
L’esercizio fisico consuma calorie e in questo modo contribuisce direttamente alla perdita di peso; esso incrementa anche il rilascio di irisina dal muscolo nel sangue, la quale a sua volta aumenta l’espressione dei geni UCP1 nel WAT e stimola anche lo sviluppo degli adipociti beige. L’esercizio fisico inoltre attiva l’AMPK, come fa l’adiponectina; l’AMPK sposta il metabolismo verso l’ossidazione dei grassi, mentre ne inibisce la sintesi. Nei casi di obesità estrema, una fortissima perdita di peso può essere ottenuta grazie alla chirurgia bariatrica, che modifica il percorso del cibo attraverso lo stomaco e nella parte superiore dell’intestino tenue (duodeno). ◗
SOMMARIO 23.5 Il diabete mellito ■ La sindrome metabolica, caratterizzata da obesità, ipertensione, aumento del livello dei lipidi nel sangue e resistenza all’insulina, è spesso il preludio del diabete di tipo 2. ■ Nel diabete, l’insulina non viene prodotta oppure non viene riconosciuta dai tessuti, e la captazione del glucosio ematico è difettosa. ■ La resistenza all’insulina che caratterizza il diabete di tipo 2 può essere la conseguenza di un abnorme accumulo di lipidi nel fegato e nei muscoli. ■ Le terapie efficaci del diabete di tipo 2 si basano sull’esercizio fisico, sulla dieta appropriata e sul trattamento farmacologico, finalizzato ad aumentare la sensibilità all’insulina o la produzione di questo ormone. Interventi chirurgici che modificano il percorso del tratto digerente portano a perdita di peso e spesso anche alla remissione del diabete di tipo 2. Termini chiave I termini in grassetto sono definiti nel glossario, disponibile all’indirizzo online.universita.zanichelli.it/nelson-intro7e acidosi 473 adipochine 455 adipocita 458 adiponectina 455 anoressigenico 468 autocrino 454 canali del K1 ATP-dipendenti 464 chetoacidosi 473 chetosi 473 cortisolo 467 diabete di tipo 1 472 diabete di tipo 2 472 diabete mellito 472, 473 endocannabinoidi 471 endocrino 454 epatocita 456 glucagone 464 grelina 455, 472 indice di massa corporea (BMI) 468 ionotropico 453
ipotalamo 454 leptina 455 metabotropico 453 miocita 459 mTORC1 (bersaglio meccanicistico del complesso 1 della rapamicina) 470 nucleo arcuato 468 oressigenico 468 ormone 453 ormone che stimola gli a-melanociti (a-MSH) 468 paracrino 454 PPAR (recettori attivati da proliferatori dei perossisomi) 471 prebiotici 472 probiotici 472, 474 proteina chinasi attivata dall’AMP (AMPK) 469
CAPITOLO 23
474 Regolazione ormonale e integrazione del metabolismo nei mammiferi
proteina disaccoppiante 1 tessuto adiposo bianco (UCP1) 459 (WAT) 458 proteine plasmatiche 462 tessuto adiposo bruno sindrome metabolica 473 (BAT) 459 sistema neuroendocrino 453 test di tolleranza termogenesi 459 al glucosio 473 tessuto adiposo beige 459
PROBLEMI 1. Assenza di glicerolo chinasi nel tessuto adiposo. Il glicerolo 3-fosfato è un intermedio chiave nella biosintesi dei triacilgliceroli. Gli adipociti, cellule specializzate per la biosintesi e la degradazione dei triacilgliceroli, non possono utilizzare direttamente il glicerolo perché sono privi della glicerolo chinasi che catalizza la reazione: glicerolo 1 ATP 88n glicerolo 3-fosfato 1 ADP In che modo il tessuto adiposo ottiene il glicerolo 3-fosfato necessario per la sintesi dei TAG? 2. Consumo di ossigeno durante l’esercizio fisico.
Una persona adulta sedentaria consuma circa 0,05 L di O2 in 10 s. Una persona allenata che corre i 100 m consuma circa 1 L di O2 nello stesso periodo di tempo. Dopo la corsa, l’atleta continua ad avere un respiro accelerato per alcuni minuti e in questo periodo consuma circa 4 L di O2 in più rispetto alla persona sedentaria. (a) Perché durante la corsa la richiesta di O2 aumenta così notevolmente? (b) Perché la domanda di ossigeno resta elevata anche dopo la corsa? 3. Differenze metaboliche nel muscolo e nel fegato
in una situazione “combatti o fuggi”. Durante una situazione in cui ci si prepara a un combattimento oppure alla fuga da un pericolo, il rilascio di adrenalina determina la demolizione di glicogeno nel fegato, nel cuore e nel muscolo scheletrico. Il prodotto finale della demolizione del glicogeno nel fegato è il glucosio libero. Al contrario, il prodotto finale nel muscolo scheletrico è il piruvato. (a) Perché nei due tessuti il prodotto della demolizione del glucosio è diverso? (b) In questa situazione, quale vantaggio ricava l’organismo dall’avere queste due vie metaboliche di demolizione del glicogeno? 4. Eccessiva secrezione di insulina: iperinsuli-
nismo. Alcuni tumori maligni del pancreas causano un’eccessiva produzione di insulina da parte delle cellule b. Le persone affette presentano tremore, debolezza, affaticamento, sudorazione e fame. (a) Qual è l’effetto dell’iperinsulinismo sul metabolismo dei carboidrati, degli amminoacidi e dei lipidi nel fegato? (b) Quali sono le cause dei sintomi osservati? Spiegate perché questa condizione, se protratta nel tempo, porta a danni cerebrali.
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5. Termogenesi causata dagli ormoni tiroidei. Gli or-
moni tiroidei sono coinvolti nella regolazione della velocità del metabolismo basale. Il fegato di animali a cui è stata somministrata tiroxina in eccesso presenta un aumento della velocità di consumo di ossigeno e un aumento del calore prodotto (termogenesi), ma la quantità di ATP nel tessuto è normale. Sono state proposte diverse spiegazioni per l’effetto termogenico della tiroxina. Secondo una di queste l’eccesso di tiroxina provocherebbe un disaccoppiamento della fosforilazione ossidativa nei mitocondri. Come potrebbe questa ipotesi spiegare le osservazioni fatte sul tessuto? Un’altra spiegazione prevede invece che la termogenesi sia dovuta a un aumento dell’impiego dell’ATP nei tessuti stimolati dall’ormone tiroideo. È una spiegazione plausibile? Perché? 6. Fonti del glucosio durante il digiuno prolungato.
Un essere umano adulto consuma in media circa 160 g di glucosio al giorno, di cui 120 destinati al cervello. La disponibilità di riserve di glucosio (circa 20 g di glucosio circolante e circa 190 g di glicogeno) può essere sufficiente per circa un giorno. Dopo che le riserve sono state consumate, durante il digiuno prolungato, come è possibile ottenere altro glucosio? 7. Una decisione sulla sicurezza di un farmaco.
Il farmaco Avandia® (rosiglitazone) è in grado di diminuire il livello di glucosio nel sangue in persone con diabete di tipo 2, ma pochi anni dopo l’inizio del suo utilizzo su larga scala, sembrò che il suo uso prolungato potesse ingenerare un aumento del rischio di infarto. Come risposta, la Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti ridusse notevolmente le condizioni in cui questo farmaco poteva essere prescritto. Due anni dopo, quando furono completati ulteriori studi, la FDA alleggerì le restrizioni, e oggi negli Stati Uniti Avandia® è disponibile sotto prescrizione, senza limitazioni particolari. Molti altri Paesi lo hanno vietato del tutto. Se aveste la responsabilità di decidere se il farmaco deve rimanere in commercio (pur con le dovute avvertenze sul possibile effetto collaterale indesiderato), quali sarebbero i fattori che terreste in considerazione?
8. Cura del diabete di tipo 2. I farmaci derivati
dall’acarbosio (Glucobay®) e il miglitolo (Glyset®), usati per il trattamento del diabete mellito di tipo 2, inibiscono le a-glucosidasi dell’orletto a spazzola dell’intestino tenue. Questi enzimi degradano gli oligosaccaridi derivati dal glicogeno o dall’amido a monosaccaridi. Indicate un possibile meccanismo dell’effetto di tali farmaci in persone affette da diabete. Quali potrebbero essere gli effetti collaterali, se ve ne sono, che derivano da questi farmaci? Perché? (Suggerimento: ripassate l’intolleranza al lattosio, p. 278.)
Indice generale
Prefazione Una nota sulla natura della scienza
XVII XIX
CAPITOLO 1
Fondamenti di biochimica 1.1 Fondamenti di biologia cellulare
1 2
Le cellule sono le unità strutturali e funzionali di tutti gli organismi viventi 2 Le dimensioni cellulari sono limitate dalla diffusione 2 Gli organismi viventi appartengono a tre distinti domini 3 Gli organismi si differenziano per le fonti di energia e per i precursori biosintetici 3 Le cellule dei batteri e degli archei presentano alcune caratteristiche comuni ma si differenziano per altri importanti aspetti 3 Le cellule eucariote possiedono organuli circondati da una membrana che possono essere isolati 3 Il citoplasma viene organizzato dal citoscheletro ed è molto dinamico 4 Le cellule producono strutture sovramolecolari 4 Gli studi in vitro possono non rilevare importanti interazioni tra le molecole 6
1.2 Fondamenti di chimica
6
Le biomolecole sono composti del carbonio con vari gruppi funzionali 6 Le cellule contengono un assortimento universale di piccole molecole 7 Le macromolecole sono i principali costituenti cellulari 7 La struttura tridimensionale può essere descritta in termini di configurazione e di conformazione 7 BOX 1.1 Il peso molecolare, la massa molecolare
8 e le loro unità di misura corrette Le interazioni tra le biomolecole sono stereospecifiche 10
1.3 Fondamenti di fisica
Per creare e mantenere l’ordine sono necessari lavoro ed energia L’accoppiamento energetico collega le reazioni biologiche
1.4 Fondamenti di genetica La continuità genetica dipende da singole molecole di DNA La struttura del DNA consente la sua replicazione e la sua riparazione con fedeltà quasi assoluta La sequenza lineare del DNA codifica proteine con strutture tridimensionali
1.5 Fondamenti di biologia dell’evoluzione
16 16 16 16 17
Le variazioni nelle istruzioni ereditarie sono alla base dell’evoluzione 17 Le biomolecole si sono formate per evoluzione chimica 17 Le molecole di RNA o i loro precursori potrebbero essere stati i primi geni e i primi catalizzatori 18 L’evoluzione biologica è iniziata più di tre miliardi e mezzo di anni fa 19 La prima cellula probabilmente utilizzò combustibili inorganici 19 Le cellule eucariote si sono evolute da precursori più semplici in diverse tappe 19 L’anatomia molecolare rivela le relazioni evolutive 19 La genomica funzionale permette di localizzare i geni associati a specifici processi cellulari 20 Il confronto fra i diversi genomi ha un’importanza crescente in medicina 20
Termini chiave
21
Problemi
21
PARTE 1
Struttura e catalisi
11
Gli organismi viventi si trovano in uno stato stazionario dinamico, mai in equilibrio con l’ambiente circostante 11 Gli organismi trasformano l’energia e la materia ottenuta dall’ambiente 11 BOX 1.2 Entropia: quando le cose vanno a rotoli
Keq e DG° sono una misura della tendenza di una reazione a procedere spontaneamente 14 Gli enzimi promuovono sequenze di reazioni chimiche 15 Il metabolismo è regolato per mantenere bilanciati gli intermedi e ottenere la massima economia 15
12 12 13
CAPITOLO 2
L’acqua, il solvente della vita
22
2.1 Interazioni deboli nei sistemi acquosi
22
I legami idrogeno conferiscono all’acqua proprietà insolite L’acqua forma legami idrogeno con i soluti polari L’acqua interagisce elettrostaticamente con i soluti carichi I gas non polari sono poco solubili in acqua
23 23 24 24
IV Indice generale
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I composti non polari causano variazioni energeticamente sfavorevoli nella struttura 25 dell’acqua Le interazioni di van der Waals sono attrazioni 25 interatomiche deboli Le interazioni deboli sono fondamentali per la struttura 25 e la funzione delle macromolecole I soluti concentrati determinano una pressione 27 osmotica
2.2 Ionizzazione dell’acqua, degli acidi deboli e delle basi deboli L’acqua pura è poco ionizzata La ionizzazione dell’acqua è espressa da una costante di equilibrio La scala del pH indica le concentrazioni degli ioni H1 e OH– Gli acidi e le basi deboli hanno costanti di dissociazione caratteristiche
28 29 29 29 30
BOX 2.1 MEDICINA Essere cavia di se stessi
(non provate questo esperimento a casa!)
2.3 I sistemi tampone contrastano le variazioni di pH nei sistemi biologici
31
Termini chiave
35
Problemi
35
CAPITOLO 3
Amminoacidi, peptidi e proteine
37
3.1 Gli amminoacidi
38 38 40 40
BOX 3.1 METODI Assorbimento della luce da parte
delle molecole: la legge di Lambert-Beer Gli amminoacidi non comuni possono avere funzioni importanti Gli amminoacidi possono comportarsi da acidi e da basi
3.2 I peptidi e le proteine I peptidi sono catene di amminoacidi I peptidi possono essere distinti in base alla loro capacità di ionizzazione I peptidi biologicamente attivi e i polipeptidi hanno dimensioni e composizioni molto variabili Alcune proteine contengono gruppi chimici diversi dagli amminoacidi
3.3 Lavorare con le proteine Le proteine possono essere separate e purificate
3.4 La struttura delle proteine: struttura primaria La funzione delle proteine dipende dalla loro sequenza amminoacidica Lo studio della struttura proteica sfrutta metodologie che si basano sulla chimica delle proteine La spettrometria di massa fornisce informazioni sulle masse molecolari, sulle sequenze amminoacidiche e su interi proteomi Piccoli peptidi e proteine possono essere sintetizzati con metodi chimici Dalle sequenze amminoacidiche si possono ricavare importanti informazioni biochimiche Le sequenze proteiche possono far luce sulla storia della vita sulla Terra
49 50 50
50 52 53 53
Termini chiave
54
Problemi
54
33
I tamponi sono miscele di acidi deboli e delle loro basi 33 coniugate L’equazione di Henderson-Hasselbalch mette in relazione il pH, il pKa e la concentrazione 33 del tampone Gli acidi o le basi deboli si oppongono nelle cellule 33 e nei tessuti alle variazioni di pH Il diabete non trattato provoca una grave acidosi 35
Gli amminoacidi hanno proprietà strutturali comuni I residui amminoacidici delle proteine sono tutti stereoisomeri l Gli amminoacidi possono essere classificati in base al loro gruppo R
Le proteine possono essere separate e caratterizzate mediante elettroforesi 47 Le proteine non separate sono rilevate e quantificate sulla base delle loro funzioni 48
41 42 42 43 43 43 43 44 44 44
CAPITOLO 4
Struttura tridimensionale delle proteine
56
4.1 Uno sguardo alla struttura delle proteine
57
La conformazione delle proteine è stabilizzata principalmente da interazioni deboli 57 Il raggruppamento degli amminoacidi idrofobi lontano dall’acqua favorisce il ripiegamento delle proteine 57 I gruppi polari contribuiscono al ripiegamento proteico con legami idrogeno e interazioni ioniche 57 Le singole interazioni di van der Waals sono deboli, ma prese nell’insieme favoriscono il ripiegamento 57 Il legame peptidico è rigido e planare 58
4.2 Struttura secondaria delle proteine L’a-elica è una struttura secondaria molto comune nelle proteine
59 59
BOX 4.1 METODI Come distinguere l’elica destrorsa
da quella sinistrorsa La sequenza amminoacidica influenza la stabilità dell’a-elica La conformazione b organizza le catene polipeptidiche in foglietti I ripiegamenti b sono frequenti nelle proteine Le strutture secondarie comuni hanno caratteristici angoli diedri
60
4.3 Struttura terziaria e quaternaria delle proteine
63 63
Le proteine fibrose sono adatte a ruoli strutturali
60 61 61 62
BOX 4.2 MEDICINA La ragione per cui durante
la navigazione, le esplorazioni e lo studio ci si dovrebbe nutrire con frutta e verdure fresche Nelle proteine globulari la diversità strutturale rispecchia la diversità funzionale La mioglobina ha rappresentato il primo esempio della complessità strutturale delle proteine globulari
BOX 4.3 La Banca dati delle proteine
Le proteine globulari hanno varie strutture terziarie Alcune proteine o alcuni segmenti di proteine sono intrinsecamente disordinati
65 65
65 65 66 67
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I motivi proteici vengono usati per classificare le strutture delle proteine Le strutture quaternarie variano da semplici dimeri a complessi molto più grandi
4.4 Denaturazione e ripiegamento delle proteine La perdita della struttura provoca la perdita della funzione delle proteine La sequenza degli amminoacidi determina la struttura terziaria I polipeptidi si ripiegano rapidamente secondo un processo a tappe Il ripiegamento di alcune proteine è un processo assistito I difetti nell’avvolgimento delle proteine sono la base molecolare di un vasto numero di malattie genetiche
Indice generale V
67 68 69 69 70 70 71
71
BOX 4.4 MEDICINA Morte per ripiegamento
non corretto: le malattie da prioni
72
4.5 Determinazione delle strutture proteiche e biomolecolari
73
5.2 Interazioni complementari tra proteine e ligandi: il sistema immunitario e le immunoglobuline La risposta immunitaria utilizza una serie di cellule e proteine specializzate Gli anticorpi hanno due siti identici per il legame dell’antigene Gli anticorpi si legano saldamente e specificamente agli antigeni Molte importanti tecniche analitiche si basano sulle interazioni antigene-anticorpo
5.3 Interazioni tra proteine modulate dall’energia chimica: actina, miosina e motori molecolari Le principali proteine del muscolo sono l’actina e la miosina Altre proteine organizzano i filamenti spessi e i filamenti sottili in strutture ordinate I filamenti spessi di miosina slittano sui filamenti sottili di actina
Termini chiave
86 86 87 88 88
89 89 90 90 92 93
La diffrazione dei raggi X di cristalli proteici produce mappe di densità elettronica 73 La risonanza magnetica nucleare permette di misurare le distanze tra gli atomi di una proteina 73 La criomicroscopia elettronica impiega migliaia di singole particelle per determinare grandi strutture macromolecolari 73
Enzimi
94
Termini chiave
74
Problemi
74
6.1 Introduzione agli enzimi
94
CAPITOLO 5
Funzione delle proteine 5.1 Legame reversibile di una proteina con un ligando: le proteine che legano l’ossigeno L’ossigeno si lega al gruppo prostetico eme Le globine sono una famiglia di proteine che legano l’ossigeno La mioglobina ha un solo sito di legame per l’ossigeno Le interazioni proteina-ligando possono essere descritte quantitativamente Il meccanismo di legame dei ligandi dipende dalla struttura delle proteine L’emoglobina trasporta l’ossigeno nel sangue Le subunità dell’emoglobina sono strutturalmente simili alla mioglobina Il legame dell’ossigeno provoca una variazione strutturale nell’emoglobina L’emoglobina lega l’ossigeno con un meccanismo cooperativo
76
77 77 77 78 78 80 80 80 81 81
BOX 5.1 MEDICINA Il monossido di carbonio:
un assassino furtivo Il legame cooperativo di un ligando può essere descritto quantitativamente Il legame cooperativo può essere descritto da due modelli L’emoglobina trasporta anche H1 e CO2 Il legame dell’ossigeno all’emoglobina è regolato dal 2,3-bisfosfoglicerato L’anemia a cellule falciformi è una malattia delle molecole emoglobiniche
83 83 83 84 84
Problemi
CAPITOLO 6
La maggior parte degli enzimi è costituita da proteine 95 Gli enzimi sono classificati in base alle reazioni che catalizzano 95
6.2 Come lavorano gli enzimi Gli enzimi modificano la velocità delle reazioni, non gli equilibri La velocità e gli equilibri delle reazioni hanno precise definizioni termodinamiche Il potere catalitico e la specificità degli enzimi dipendono da un limitato numero di principi Le interazioni non covalenti tra enzima e substrato diventano ottimali nello stato di transizione Interazioni covalenti e ioni metallici contribuiscono alla catalisi
6.3 La cinetica enzimatica, un approccio alla comprensione del meccanismo d’azione degli enzimi
95 96 97 98 98 99
100
La concentrazione del substrato modifica la velocità delle reazioni catalizzate dagli enzimi 101 La relazione tra concentrazione del substrato e velocità della reazione enzimatica può essere espressa in modo quantitativo 102 La cinetica di Michaelis-Menten può essere analizzata in modo quantitativo 102 I parametri cinetici possono essere utilizzati per confrontare le attività degli enzimi 103 Molti enzimi catalizzano reazioni a due o più substrati 104 L’attività enzimatica dipende dal pH 105 La cinetica dello stato pre-stazionario può fornire informazioni sulle specifiche tappe della reazione 105 Gli enzimi possono essere soggetti a inibizione reversibile o irreversibile 105 BOX 6.1 MEDICINA Curare la malattia del sonno
85
africana con un “cavallo di Troia” biochimico
108
VI Indice generale
6.4 Esempi di reazioni enzimatiche Il meccanismo d’azione della chimotripsina comporta l’acilazione e la deacilazione di un residuo di serina La comprensione dei meccanismi d’azione delle proteasi porta allo sviluppo di nuovi trattamenti delle infezioni da HIV L’esochinasi va incontro all’adattamento indotto, a seguito del legame del substrato Il meccanismo di reazione dell’enolasi richiede ioni metallici La comprensione del meccanismo d’azione degli enzimi produce utili antibiotici
6.5 Enzimi regolatori Gli enzimi allosterici vanno incontro a cambiamenti conformazionali in risposta al legame dei modulatori Le proprietà cinetiche degli enzimi allosterici non seguono il comportamento descritto dalla cinetica di Michaelis-Menten Alcuni enzimi sono regolati da modifiche covalenti reversibili I gruppi fosforilici modificano la struttura e l’attività catalitica degli enzimi Le fosforilazioni multiple permettono un accurato controllo della regolazione Alcuni enzimi e altre proteine sono regolati per proteolisi di un precursore enzimatico Una cascata di zimogeni attivati per via proteolitica porta alla coagulazione sanguigna Alcuni enzimi regolatori utilizzano meccanismi di regolazione diversi
Termini chiave Problemi
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108
108
109 110 110 110 111
112
112 113 113
115 116 117 118 118
120
7.1 Monosaccaridi e disaccaridi
121 121
BOX 7.1 MEDICINA Che cosa rende dolce
121 122 123 125 125
BOX 7.2 MEDICINA Determinazione della
concentrazione di glucosio nel sangue (glicemia) nella diagnosi e nel trattamento del diabete
7.2 Polisaccaridi
BOX 7.3 MEDICINA Difetti nella sintesi o nella
degradazione dei glicosamminoglicani solfati possono causare gravi malattie umane Le glicoproteine hanno oligosaccaridi legati covalentemente I glicolipidi e i lipopolisaccaridi sono componenti delle membrane
7.4 Carboidrati con molecole informazionali: il codice saccaridico Le strutture degli oligosaccaridi sono dense di informazioni Le lectine sono proteine che leggono il codice saccaridico e mediano molti processi biologici Le interazioni lectine-carboidrati sono altamente specifiche e spesso polivalenti
7.5 Lavorare con i carboidrati Termini chiave Problemi
132 132 133 133 133 133 134 135 137 137
CAPITOLO 8
Nucleotidi e acidi nucleici
138
8.1 Alcune nozioni di base
138
I nucleotidi e gli acidi nucleici contengono basi azotate e pentosi Nelle catene degli acidi nucleici i nucleotidi sono uniti da legami fosfodiestere Le proprietà delle basi dei nucleotidi determinano la struttura tridimensionale degli acidi nucleici
8.2 Struttura degli acidi nucleici
CAPITOLO 7
lo zucchero? I monosaccaridi hanno centri asimmetrici I monosaccaridi comuni hanno strutture cicliche Gli organismi contengono una grande varietà di derivati degli esosi Gli aldosi e gli zuccheri che possono formare aldeidi sono zuccheri riducenti
130
I proteoglicani sono macromolecole della superficie cellulare e della matrice extracellulare contenenti glicosamminoglicani 131
114
Carboidrati e glicobiologia Le due famiglie dei monosaccaridi: gli aldosi e i chetosi
7.3 Glicoconiugati: proteoglicani, glicoproteine e glicosfingolipidi
126 127
Alcuni omopolisaccaridi rappresentano una forma di riserva di combustibile 128 Alcuni polisaccaridi hanno ruoli strutturali 128 Fattori sterici e legami idrogeno influenzano il ripiegamento dei polisaccaridi 128 Il peptidoglicano rinforza le pareti cellulari dei batteri 129 I glicosamminoglicani sono eteropolisaccaridi della matrice extracellulare 129
139 141 142 142
Il DNA è una doppia elica in cui viene conservata l’informazione genetica 143 Il DNA può avere forme tridimensionali diverse 144 Alcune sequenze del DNA adottano strutture insolite 145 Gli RNA messaggeri codificano le catene polipeptidiche 145 Molti RNA hanno strutture tridimensionali più complesse 146
8.3 Chimica degli acidi nucleici
147
La doppia elica del DNA e dell’RNA può essere denaturata 147 I nucleotidi e gli acidi nucleici vanno incontro a trasformazioni non enzimatiche 148 Le sequenze dei geni possono essere amplificate utilizzando la reazione a catena della polimerasi 149 È possibile determinare la sequenza di lunghi tratti di DNA 150 BOX 8.1 Un’arma potente per la medicina forense 151
Le tecnologie per il sequenziamento del DNA stanno progredendo rapidamente 153
8.4 Altre funzioni dei nucleotidi
154
I nucleotidi trasportano energia chimica nella cellula 154 I nucleotidi adenilici fanno parte di molti cofattori enzimatici 154 Alcuni nucleotidi agiscono da molecole regolatrici 155
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I nucleotidi adeninici agiscono anche come molecole segnale
Termini chiave Problemi
Indice generale VII
156 156 156
10.2 I lipidi strutturali delle membrane
CAPITOLO 9
Tecnologie basate sull’informazione contenuta nel DNA
158
9.1 Lo studio dei geni e dei loro prodotti
159
I geni possono essere isolati tramite il clonaggio del DNA 159 Le endonucleasi di restrizione e le DNA ligasi permettono di ottenere il DNA ricombinante 159 I vettori di clonaggio permettono l’amplificazione dei segmenti di DNA inseriti 161 I geni clonati possono essere espressi per amplificare la produzione delle proteine 162 Per esprimere le proteine ricombinanti si utilizzano molti sistemi diversi 162 Le alterazioni nei geni clonati producono proteine modificate 163 Le etichette terminali forniscono i siti di legame nella purificazione per affinità 164 La reazione a catena della polimerasi offre molte possibilità per gli esperimenti di clonaggio 164 Le librerie di DNA sono raccolte specializzate di informazioni genetiche 164
9.2 Lo studio della funzione delle proteine nelle cellule o negli organismi Le relazioni tra le sequenze o le strutture forniscono informazioni sulla funzione delle proteine Sapere quando e dove una proteina è presente in una cellula può dare indizi sulla funzione proteica L’identificazione delle interazioni di una proteina può contribuire a definire la sua funzione L’inattivazione o la modifica di una proteina può rivelare la sua funzione Molte proteine devono ancora essere scoperte BOX 9.1 Sbarazzarsi degli insetti infestanti con il gene drive
9.3 La genomica e la storia degli esseri umani
166 166
166 168 169 169 169 171
Il genoma umano contiene molti tipi di sequenze 171 Il sequenziamento del genoma ci informa sulla nostra natura umana 172 La comparazione dei genomi aiuta a localizzare i geni coinvolti in una patologia 172 Il sequenziamento del genoma ci dà informazioni sul nostro passato e ci fornisce delle opportunità per il nostro futuro 174
Termini chiave Problemi
174 175
Lipidi
176
10.1 I lipidi di riserva
176 176 179 179
180
I glicerofosfolipidi sono derivati dell’acido fosfatidico 180 Alcuni glicerofosfolipidi hanno acidi grassi legati tramite legami etere 180 I galattolipidi delle piante e i lipidi-etere degli archei sono adattamenti all’ambiente 181 Gli sfingolipidi sono derivati della sfingosina 181 Gli sfingolipidi sulla superficie cellulare servono come siti per il riconoscimento biologico 183 I fosfolipidi e gli sfingolipidi vengono degradati nei lisosomi 183 BOX 10.1 MEDICINA Alcune malattie ereditarie umane derivano da un accumulo anormale 184 di lipidi di membrana nei tessuti Gli steroli sono formati da quattro anelli carboniosi fusi 184
10.3 I lipidi come segnali, cofattori e pigmenti Il fosfatidilinositolo e i derivati della sfingosina agiscono da segnali intracellulari Gli eicosanoidi trasferiscono il messaggio alle cellule vicine Gli ormoni steroidei trasmettono messaggi da un tessuto all’altro Le piante vascolari producono migliaia di segnali volatili Le vitamine A e D sono precursori ormonali Le vitamine E e K e i chinoni lipidici sono cofattori delle reazioni di ossidoriduzione I dolicoli attivano i precursori degli zuccheri per le biosintesi Molti pigmenti naturali sono dieni lipidici coniugati I polichetidi sono prodotti naturali con potenti attività biologiche
10.4 Lavorare con i lipidi L’estrazione dei lipidi richiede solventi organici La cromatografia per assorbimento separa i lipidi in base alla loro polarità La gascromatografia separa miscele di derivati lipidici volatili L’idrolisi specifica aiuta a determinare la struttura dei lipidi La spettrometria di massa rivela la struttura completa dei lipidi La lipidomica cerca di classificare tutti i lipidi e di identificare le loro funzioni
Termini chiave Problemi
185 185 185 186 187 187 187 188 188 188 189 189 189 190 190 190 190 191 191
CAPITOLO 11
Membrane biologiche e trasporto
CAPITOLO 10
Gli acidi grassi sono derivati degli idrocarburi I triacilgliceroli sono esteri del glicerolo con acidi grassi I triacilgliceroli sono una riserva energetica e fungono da isolamento termico
L’idrogenazione parziale degli oli per cucinare migliora la loro stabilità ma produce acidi grassi con effetti dannosi per la salute 179 Le cere fungono da riserve energetiche e da idrorepellenti 180
11.1 La composizione e l’architettura delle membrane Il doppio strato lipidico è stabile in acqua L’architettura del doppio strato è alla base della struttura e della funzione delle membrane biologiche Il sistema di endomembrane è dinamico e funzionalmente differenziato
193
193 194
194 195
VIII Indice generale
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Le proteine di membrana possono essere recettori, 196 trasportatori ed enzimi Le proteine di membrana differiscono tra loro per il modo in cui sono associate al doppio strato 196 della membrana La topologia delle proteine integrali di membrana spesso può essere prevista in base 197 alla sequenza amminoacidica I lipidi legati covalentemente funzionano da ancore 198 idrofobe per le proteine di membrana
11.2 Dinamica delle membrane
199
I gruppi acilici all’interno del doppio strato possono essere disposti in vari gradi di ordine 199 Il movimento dei lipidi attraverso il doppio strato 200 deve essere catalizzato I lipidi e le proteine si spostano lateralmente 200 nel doppio strato Gli sfingolipidi e il colesterolo si associano per formare 201 degli agglomerati detti zattere lipidiche Le curvature e la fusione della membrana sono 202 fondamentali per molti processi biologici Le proteine integrali della membrana cellulare intervengono nei processi di adesione superficiale, 203 di segnalazione e in altri processi cellulari
11.3 Trasporto di soluti attraverso le membrane
204 204
Il trasporto può essere passivo o attivo I trasportatori e i canali ionici hanno proprietà 204 strutturali simili ma meccanismi diversi Il trasportatore del glucosio degli eritrociti 205 media un trasporto passivo BOX 11.1 MEDICINA Il trasporto difettoso 207 di glucosio nel diabete Lo scambiatore cloruro-bicarbonato catalizza il cotrasporto elettroneutrale degli anioni 207 attraverso la membrana cellulare Il trasporto attivo trasferisce un soluto contro gradiente di concentrazione o contro 207 gradiente elettrochimico Le ATPasi di tipo P vengono fosforilate durante 208 i loro cicli catalitici Le ATPasi di tipo V ed F sono pompe protoniche 210 guidate dall’ATP I trasportatori ABC usano l’ATP per il trasporto attivo 210 di una grande varietà di substrati BOX 11.2 MEDICINA Un canale ionico difettoso 211 causa la fibrosi cistica I gradienti ionici forniscono l’energia per il trasporto 211 attivo secondario Le acquaporine formano canali transmembrana 212 idrofili per il passaggio dell’acqua I canali ionici selettivi permettono il movimento 212 veloce degli ioni attraverso la membrana La struttura del canale del K1 spiega 212 le basi molecolari della sua specificità
Termini chiave Problemi
213 214
CAPITOLO 12
Biosegnalazione 12.1 Caratteristiche generali della trasduzione del segnale I sistemi di trasduzione del segnale hanno caratteristiche comuni Negli animali il processo generale di trasduzione del segnale è universale
215
12.2 I recettori accoppiati alle proteine G e i secondi messaggeri
218
Il sistema recettoriale b-adrenergico agisce tramite un secondo messaggero, il cAMP 218 L’AMP ciclico attiva la proteina chinasi A 219 BOX 12.1 FRET: visualizzazione biochimica
di una cellula vivente Diversi meccanismi provocano la terminazione della risposta del recettore b-adrenergico Il recettore b-adrenergico viene desensibilizzato mediante fosforilazione e associazione all’arrestina L’AMP ciclico agisce da secondo messaggero per molte molecole regolatrici Le proteine G si comportano da interruttori autolimitanti in numerosi processi
221 221
222 222 223
BOX 12.2 MEDICINA I recettori con attività guanilil
223 ciclasica, il cGMP e la proteina chinasi G Il diacilglicerolo, l’inositolo trisfosfato e il Ca21 sono secondi messaggeri con funzioni correlate 225 Il calcio è un secondo messaggero limitato nello spazio e nel tempo 225
12.3 I recettori GPCR nei processi della visione, dell’olfatto e del gusto L’occhio dei vertebrati utilizza i classici meccanismi GPCR
228 228
BOX 12.3 MEDICINA Cecità ai colori:
229 l’esperimento di John Dalton dalla tomba Nei vertebrati la percezione di odori e sapori utilizza meccanismi simili a quelli della visione 229 Tutti i sistemi GPCR hanno caratteristiche universali 230
12.4 I recettori con attività tirosina chinasica
231
La stimolazione del recettore dell’insulina dà inizio a una cascata di reazioni di fosforilazione di proteine 231 Il fosfolipide di membrana PIP3 agisce a livello di una biforcazione della via di segnalazione dell’insulina 231 Lo scambio di informazioni tra i sistemi di segnalazione è frequente e complesso 233
12.5 Proteine adattatrici polivalenti e zattere delle membrane I residui fosforilati di Tyr, Ser o Thr sono legati da moduli proteici nelle proteine partner Le zattere di membrana e le caveole segregano le proteine di segnalazione
12.6 Canali ionici controllati I canali ionici sono alla base di una rapida segnalazione elettrica nelle cellule eccitabili I canali ionici controllati dal voltaggio producono potenziali d’azione nei neuroni I neuroni hanno canali recettoriali che rispondono a diversi neurotrasmettitori I canali ionici sono il bersaglio di molte tossine
12.7 Regolazione della trascrizione da parte dei recettori nucleari degli ormoni
234 234 235 235 235 236 236 237
237
216
12.8 Regolazione del ciclo cellulare da parte delle 238 proteina chinasi
216
Il ciclo cellulare si svolge in quattro fasi Nella cellula i livelli di proteina chinasi dipendenti dalla ciclina fluttuano
217
238 238
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Le CDK sono regolate mediante fosforilazione, degradazione delle cicline, fattori di crescita e inibitori specifici Le CDK regolano la divisione cellulare mediante la fosforilazione di specifiche proteine
12.9 Oncogeni, geni oncosoppressori e morte cellulare programmata
Indice generale IX
238 239
240
Gli oncogeni sono forme mutanti di geni per le proteine che regolano il ciclo cellulare 240 I difetti in alcuni geni rimuovono le normali limitazioni esercitate sulla divisione cellulare 240 L’apoptosi è un suicidio cellulare programmato 241
Termini chiave Problemi
242 242
I potenziali di riduzione standard consentono di calcolare la variazione di energia libera 261 Un numero limitato di coenzimi e proteine agiscono da trasportatori universali di elettroni 262 Il NAD ha altre funzioni importanti oltre al trasferimento di elettroni 263 Le flavoproteine contengono nucleotidi flavinici saldamente legati 263
13.5 Regolazione delle vie metaboliche
PARTE 2
Termini chiave
Bioenergetica e metabolismo
Problemi
CAPITOLO 13
Introduzione al metabolismo
244
13.1 Bioenergetica e termodinamica
245
Le trasformazioni biologiche dell’energia seguono le leggi della termodinamica 245 La variazione di energia libera standard è direttamente correlata alla costante di equilibrio 246 La variazione di energia libera reale dipende dalle concentrazioni dei reagenti e dei prodotti 247 Le variazioni di energia libera si possono sommare 248
13.2 Logica chimica e reazioni biochimiche più comuni Le reazioni biochimiche seguono meccanismi ricorrenti Le equazioni chimiche e quelle biochimiche non sono identiche BOX 13.1 Una panoramica sui nomi degli enzimi
13.3 Trasferimenti di gruppi fosforilici e ATP
248 249 251 252 253
La variazione di energia libera dell’idrolisi dell’ATP ha un valore molto elevato e negativo 253 Altri composti fosforilati e i tioesteri hanno un’energia libera di idrolisi molto elevata 254 L’ATP fornisce energia mediante trasferimenti di gruppi, non per semplice idrolisi 255 L’ATP dona gruppi fosforilici, pirofosforici e adenililici 256 La sintesi delle macromolecole informazionali richiede energia 257 BOX 13.2 I lampi emessi delle lucciole:
257 messaggi luminosi di ATP In tutti i tipi di cellule avvengono transfosforilazioni tra nucleotidi 258
13.4 Le reazioni biologiche di ossidoriduzione
258
Il flusso di elettroni può compiere un lavoro biologico 259 Le ossidoriduzioni possono essere descritte come semireazioni 259 Le ossidazioni biologiche avvengono spesso attraverso deidrogenazioni 259 I potenziali di riduzione sono una misura dell’affinità per gli elettroni 260
264
Le cellule e gli organismi mantengono una condizione di stato stazionario dinamico 264 È possibile regolare la quantità e l’attività catalitica di un enzima 265 I più comuni punti di regolazione nelle cellule sono le reazioni lontane dall’equilibrio 267 I nucleotidi adeninici hanno un ruolo speciale nella regolazione metabolica 267 267 268
CAPITOLO 14
Glicolisi, gluconeogenesi e via del pentosio fosfato
270
14.1 La glicolisi
271
Uno sguardo d’insieme: la glicolisi può essere divisa in due fasi 271 La fase preparatoria della glicolisi richiede ATP 273 La fase di recupero energetico della glicolisi genera ATP e NADH 274 Il bilancio complessivo comporta un guadagno netto di ATP 276
14.2 Vie di alimentazione della glicolisi Il glicogeno e l’amido endogeni vengono degradati per fosforolisi I polisaccaridi e i disaccaridi della dieta vengono idrolizzati a monosaccaridi
14.3 I destini del piruvato L’effetto Pasteur e l’effetto Warburg sono dovuti a una dipendenza esclusiva dalla glicolisi per la produzione di ATP BOX 14.1 MEDICINA L’elevata velocità della glicolisi nei tumori suggerisce alcuni bersagli per la chemioterapia e facilita la diagnosi Il piruvato è l’accettore terminale di elettroni nella fermentazione lattica L’etanolo è il prodotto ridotto della fermentazione alcolica BOX 14.2 Il catabolismo del glucosio in presenza di concentrazioni limitanti di ossigeno Le fermentazioni vengono usate per produrre sostanze alimentari di interesse industriale
14.4 La gluconeogenesi
276 276 277 279
279
280 280 281 281 282 282
Prima reazione di deviazione: la conversione del piruvato in fosfoenolpiruvato richiede due reazioni esoergoniche 283 La seconda e la terza deviazione sono semplici defosforilazioni catalizzate da fosfatasi 285 La gluconeogenesi è energeticamente dispendiosa, ma essenziale 285 I mammiferi non possono convertire gli acidi grassi in glucosio 286
X Indice generale
14.5 Regolazione coordinata della glicolisi e della gluconeogenesi
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286
Gli isozimi dell’esochinasi sono regolati in modo differente dal loro prodotto, il glucosio 6-fosfato 286 BOX 14.3 Isozimi: proteine differenti che catalizzano
la stessa reazione 287 La fosfofruttochinasi-1 e la fruttosio 1,6-bisfosfatasi si regolano reciprocamente 287 Il fruttosio 2,6-bisfosfato è un potente regolatore allosterico della PFK-1 e della FBPasi-1 288 Lo xilulosio 5-fosfato è un importante regolatore del metabolismo dei carboidrati e dei grassi 289 L’enzima glicolitico piruvato chinasi è inibito allostericamente dall’ATP 290 La conversione del piruvato in fosfoenolpiruvato nella gluconeogenesi è sottoposta a molti tipi di regolazione 290 La regolazione a livello trascrizionale della glicolisi e della gluconeogenesi modifica il numero delle proteine enzimatiche 290
14.6 L’ossidazione del glucosio attraverso la via del pentosio fosfato La fase ossidativa produce pentosio fosfato e NADPH La fase non ossidativa ricicla i pentosi fosfato in glucosio 6-fosfato
291 291 291
BOX 14.4 MEDICINA Perché Pitagora non avrebbe
mangiato i falafel di fave: deficit di glucosio 6-fosfato deidrogenasi Il glucosio 6-fosfato è ripartito tra la glicolisi e la via del pentosio fosfato Una carenza di tiammina causa il beriberi e la sindrome di Wernicke-Korsakoff
Termini chiave Problemi
292 292 293 293 295
Anche la glicogeno sintasi è regolata mediante 303 fosforilazione e defosforilazione Segnali allosterici e ormonali coordinano il metabolismo dei carboidrati a livello globale 303 Il metabolismo dei carboidrati e quello dei lipidi sono integrati da meccanismi ormonali 304 e allosterici
Termini chiave Problemi
CAPITOLO 16
Ciclo dell’acido citrico
Metabolismo del glicogeno negli animali
296
15.1 Struttura e funzione del glicogeno
296
I vertebrati hanno bisogno di una fonte energetica prontamente disponibile per il cervello e i muscoli I granuli di glicogeno hanno molti strati di catene ramificate di d-glucosio
15.2 Demolizione e sintesi del glicogeno
297 297 298
La demolizione del glicogeno è catalizzata dalla glicogeno fosforilasi 298 Il glucosio 1-fosfato può entrare nella glicolisi oppure, nel fegato, reintegrare il glucosio ematico 298 L’UDP-glucosio, uno zucchero legato a un nucleotide, dona il glucosio per la sintesi del glicogeno 299 BOX 15.1 MEDICINA Carl e Gerty Cori: i pionieri
del metabolismo del glicogeno e delle malattie associate 300
La glicogenina serve a iniziare la sintesi del glicogeno 300
15.3 Regolazione coordinata della sintesi e della demolizione del glicogeno La glicogeno fosforilasi è regolata mediante fosforilazione stimolata da ormoni e per mezzo di effettori allosterici
301
301
306
16.1 Produzione di acetil-CoA (acetato attivato) 307 Il piruvato viene ossidato ad acetil-CoA e CO2 Il complesso della PDH richiede tre enzimi e cinque coenzimi per ossidare il piruvato Il complesso PDH incanala i suoi intermedi attraverso cinque reazioni
307 307 308
16.2 Reazioni del ciclo dell’acido citrico
309
Nel ciclo dell’acido citrico la sequenza delle reazioni ha una logica chimica Il ciclo dell’acido citrico ha otto tappe
310 311
BOX 16.1 Proteine enzimatiche che fanno più
di un lavoro: le “proteine moonlighting”
312
L’energia delle ossidazioni che avvengono nel ciclo viene efficacemente conservata
314
16.3 Il crocevia del metabolismo intermedio
315
Il ciclo dell’acido citrico serve sia ai processi 315 catabolici sia a quelli anabolici Le reazioni anaplerotiche riforniscono di intermedi 315 il ciclo dell’acido citrico La biotina nella piruvato carbossilasi trasporta CO2 315
16.4 Regolazione del ciclo dell’acido citrico CAPITOLO 15
304 304
315
La produzione di acetil-CoA da parte del complesso della piruvato deidrogenasi è regolata 316 da meccanismi allosterici e covalenti Il ciclo dell’acido citrico è regolato a livello 316 delle tre tappe esoergoniche L’attività del ciclo dell’acido citrico risulta alterata 317 nei tumori Alcuni intermedi sono incanalati attraverso 318 i metaboloni
Termini chiave Problemi
318 318
CAPITOLO 17
Catabolismo degli acidi grassi
320
17.1 Digestione, mobilizzazione e trasporto degli acidi grassi
321
I grassi della dieta vengono assorbiti nell’intestino tenue Gli ormoni mobilizzano le riserve di triacilgliceroli Gli acidi grassi sono attivati e trasportati nei mitocondri
17.2 Ossidazione degli acidi grassi La b-ossidazione degli acidi grassi saturi avviene in quattro reazioni
321 322 323 325 325
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Le quattro reazioni della b-ossidazione si ripetono formando acetil-CoA e ATP
Indice generale XI
18.3 Vie di degradazione degli amminoacidi 326
BOX 17.1 Una lunga dormita invernale:
l’ossidazione dei grassi durante il letargo
327
L’acetil-CoA può essere ossidato ulteriormente nel ciclo dell’acido citrico
327
L’ossidazione degli acidi grassi insaturi richiede altre due reazioni
327
L’ossidazione completa degli acidi grassi con numero dispari di atomi di carbonio richiede altre tre reazioni
328
BOX 17.2 Il coenzima B12: una soluzione radicale
a un problema complesso
329
L’ossidazione degli acidi grassi è regolata rigidamente
330
I fattori di trascrizione attivano la sintesi delle proteine deputate al catabolismo dei lipidi
330
Difetti genetici negli enzimi acil-CoA deidrogenasi provocano gravi patologie
330
La b-ossidazione avviene anche nei perossisomi
331
L’acido fitanico subisce un’a-ossidazione nei perossisomi
17.3 I corpi chetonici
331 332
I corpi chetonici formati nel fegato sono esportati in altri organi come fonte di energia
332
Il diabete e il digiuno prolungato provocano una sovrapproduzione di corpi chetonici
333
Termini chiave Problemi
333 334
CAPITOLO 18
Ossidazione di amminoacidi e produzione di urea
335
18.1 Destino metabolico dei gruppi amminici
336
Le proteine della dieta vengono degradate enzimaticamente ad amminoacidi
337
Il piridossal fosfato partecipa al trasferimento dei gruppi a-amminici all’a-chetoglutarato
338
Il glutammato rilascia il suo gruppo amminico sotto forma di ammoniaca nel fegato
338
La glutammina trasporta l’ammoniaca nel torrente circolatorio
339
L’alanina trasporta lo ione ammonio dal muscolo scheletrico al fegato
339
L’ammoniaca è tossica per gli animali
340
18.2 Escrezione dell’azoto e ciclo dell’urea
340
L’urea viene prodotta dall’ammoniaca in cinque tappe enzimatiche
342
I cicli dell’acido citrico e dell’urea possono essere collegati
342
L’attività del ciclo dell’urea è regolata a due livelli
342
BOX 18.1 MEDICINA Valutazione di un danno
343 tissutale Le interconnessioni tra le vie metaboliche riducono i costi energetici della sintesi dell’urea 343
I difetti genetici del ciclo dell’urea possono essere letali 344
344
Alcuni amminoacidi contribuiscono alla gluconeogenesi, altri alla formazione dei corpi chetonici 344 Alcuni cofattori enzimatici hanno funzioni importanti nel catabolismo degli amminoacidi 345 Sei amminoacidi vengono degradati a piruvato 347 Sette amminoacidi vengono degradati ad acetil-CoA 348 In alcune persone il catabolismo della fenilalanina è geneticamente difettoso 348 Cinque amminoacidi sono convertiti in a-chetoglutarato 350 Quattro amminoacidi sono convertiti in succinil-CoA 350 Gli amminoacidi a catena ramificata non vengono degradati nel fegato 351 L’asparagina e l’aspartato vengono degradati a ossalacetato 352
Termini chiave Problemi
354 354
CAPITOLO 19
Fosforilazione ossidativa
355
19.1 La catena respiratoria mitocondriale
356
Gli elettroni sono incanalati verso accettori universali 357 Gli elettroni passano attraverso una serie di trasportatori legati alla membrana 357 I trasportatori di elettroni funzionano sotto forma di complessi multienzimatici 359 I complessi mitocondriali si associano in respirosomi 362 Altre vie cedono elettroni alla catena respiratoria tramite l’ubichinone 362 L’energia associata al trasporto degli elettroni viene efficientemente conservata in un gradiente protonico 363 Durante la fosforilazione ossidativa si generano specie reattive dell’ossigeno 364
19.2 La sintesi dell’ATP
365
Nel modello chemiosmotico, l’ossidazione e la fosforilazione sono necessariamente accoppiate 365 L’ATP sintasi ha due domini funzionali: Fo ed F1 366 L’ATP viene stabilizzato più dell’ADP sulla superficie dell’enzima F1 366 Il gradiente di protoni favorisce il rilascio di ATP dalla superficie dell’enzima 367 Ogni subunità b dell’ATP sintasi può assumere tre diverse conformazioni 367 La catalisi rotazionale è alla base del meccanismo di sintesi dell’ATP mediato dalla variazione del legame 369 L’accoppiamento chemiosmotico permette stechiometrie espresse da numeri non interi tra il consumo di ossigeno e la sintesi di ATP 369 La forza motrice protonica fornisce energia al trasporto attivo 370 Sistemi navetta (shuttle) trasferiscono indirettamente il NADH citosolico nei mitocondri per l’ossidazione 371
19.3 Regolazione della fosforilazione ossidativa La fosforilazione ossidativa è regolata dal fabbisogno energetico cellulare Una proteina inibitrice impedisce l’idrolisi dell’ATP durante l’ipossia
372 372 373
XII Indice generale
L’ipossia provoca la produzione delle ROS e diverse risposte adattative Le vie di produzione dell’ATP sono regolate in modo coordinato
19.4 Ruolo dei mitocondri nella termogenesi, nella sintesi degli steroidi e nell’apoptosi
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373 373 374
Nel tessuto adiposo bruno i mitocondri disaccoppiati producono calore 374 Le monossigenasi mitocondriali P-450 catalizzano l’ossidrilazione degli steroidi 374 I mitocondri hanno un ruolo primario nella fase iniziale dell’apoptosi 375
19.5 I geni mitocondriali: la loro origine e gli effetti 376 delle mutazioni I mitocondri si sono evoluti da batteri endosimbiotici 376 Le mutazioni nel DNA mitocondriale si accumulano durante l’intera vita degli organismi 376 Alcune mutazioni nei genomi mitocondriali causano malattie 376 Una rara forma di diabete può essere causata da difetti nei mitocondri delle cellule pancreatiche b 377
Termini chiave Problemi
377 378
CAPITOLO 20
Fotosintesi e sintesi dei carboidrati nelle piante
379
20.1 L’assorbimento della luce
380
Nelle piante i cloroplasti sono la sede del flusso di elettroni indotto dalla luce e della fotosintesi 380 Le clorofille assorbono l’energia della luce per la fotosintesi 382 La clorofilla incanala l’energia assorbita verso i centri di reazione tramite il trasferimento di eccitoni 383
20.2 I centri di reazione fotochimica
384
I batteri fotosintetici hanno due tipi di centri di reazione 385 Nelle piante vascolari, due centri di reazione agiscono in sequenza 385 Il complesso del citocromo b6f unisce i fotosistemi II e I, conservando l’energia del trasferimento elettronico 388 Il flusso ciclico degli elettroni permette una variazione del rapporto tra ATP e NADPH sintetizzati 388 Le transizioni di stato cambiano la distribuzione dell’LHCII tra i due fotosistemi 388 L’acqua viene scissa dal complesso che libera ossigeno 388
20.3 L’evoluzione di un meccanismo universale di sintesi dell’ATP Un gradiente protonico accoppia il flusso degli elettroni e la fosforilazione È stata determinata la stechiometria approssimativa della fotofosforilazione La struttura e il meccanismo dell’ATP sintasi sono quasi universali
20.4 Le reazioni di assimilazione del CO2 L’assimilazione del diossido di carbonio avviene in tre fasi La sintesi di ogni triosio fosfato dal CO2 richiede sei molecole di NADPH e nove di ATP
389 389 389 390 391 391 392
Un sistema di trasporto esporta triosi fosfato dai cloroplasti e importa Pi 393 Quattro enzimi del ciclo di Calvin sono indirettamente attivati dalla luce 394
20.5 La fotorespirazione e le vie C4 e CAM La fotorespirazione dipende dall’attività ossigenasica della rubisco Nelle piante C3 il fosfoglicolato è recuperato in un dispendioso gruppo di reazioni Nelle piante C4 la fissazione del CO2 e l’attività della rubisco sono spazialmente separate Nelle piante CAM la fissazione di CO2 e l’azione della rubisco sono separate nel tempo
20.6 La biosintesi dell’amido, del saccarosio e della cellulosa
394 394 395 396 396
397
L’ADP-glucosio è il substrato per la sintesi dell’amido nei plastidi delle piante e per la sintesi del glicogeno nei batteri 397 L’UDP-glucosio è il substrato per la sintesi del saccarosio nel citosol delle cellule delle foglie 397 La conversione dei triosi fosfato in saccarosio e amido è strettamente regolata 398 Il ciclo del gliossilato e la gluconeogenesi producono glucosio nei semi in germinazione 398 La cellulosa viene sintetizzata da strutture sopramolecolari nella membrana cellulare 399 Intermedi comuni collegano le vie metaboliche nei diversi organuli 400
Termini chiave Problemi
401 401
CAPITOLO 21
Biosintesi dei lipidi
402
21.1 Biosintesi degli acidi grassi e degli eicosanoidi 402 Il malonil-CoA si forma da acetil-CoA e bicarbonato 402 Gli acidi grassi vengono sintetizzati mediante una sequenza di reazioni ripetute 403 L’acido grasso sintasi dei mammiferi ha molteplici siti attivi 404 L’acido grasso sintasi riceve i gruppi acetilici e malonilici 405 Le reazioni dell’acido grasso sintasi si ripetono fino alla formazione del palmitato 405 Nella maggior parte degli eucarioti la sintesi degli acidi grassi avviene nel citosol, ma nelle piante si svolge nei cloroplasti 407 L’acetato viene trasportato fuori dai mitocondri sotto forma di citrato 408 La biosintesi degli acidi grassi è strettamente regolata 408 Gli acidi grassi saturi a catena lunga sono sintetizzati dal palmitato 409 La desaturazione degli acidi grassi richiede un’ossidasi a funzione mista 410 BOX 21.1 MEDICINA Ossidasi, ossigenasi,
gli enzimi citocromo P-450 e le overdosi 410 da farmaci Gli eicosanoidi si formano da acidi grassi polinsaturi a venti e ventidue atomi di carbonio 411
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21.2 Biosintesi dei triacilgliceroli
Indice generale XIII 412
I triacilgliceroli e i glicerofosfolipidi sono sintetizzati 412 a partire da precursori comuni Negli animali la biosintesi dei triacilgliceroli è regolata dagli ormoni
412
Il tessuto adiposo genera il glicerolo 3-fosfato mediante la gliceroneogenesi
414
I tiazolidindioni sono farmaci per il trattamento del diabete di tipo 2 che aumentano la gliceroneogenesi
414
21.3 Biosintesi dei fosfolipidi di membrana
414
Le cellule utilizzano due strategie per legare le teste polari ai fosfolipidi
414
Le vie per la biosintesi dei lipidi sono interconnesse 415 I fosfolipidi di membrana degli eucarioti sono soggetti 415 a rimodellamento La sintesi dei plasmalogeni richiede la formazione 416 di legami etere con alcoli a catena lunga Le vie di sintesi degli sfingolipidi e dei glicerofosfolipidi hanno precursori e alcuni meccanismi in comune 416 I lipidi polari vengono indirizzati a specifiche membrane cellulari
21.4 Colesterolo, steroidi e isoprenoidi: biosintesi, regolazione e trasporto
416
417
Il colesterolo è sintetizzato a partire dall’acetil-CoA 417 in quattro tappe Il colesterolo ha diversi destini metabolici
420
Il colesterolo e altri lipidi vengono trasportati dalle lipoproteine plasmatiche
421
L’HDL effettua il trasporto inverso del colesterolo
423
Gli esteri del colesterolo entrano nella cellula per endocitosi mediata da un recettore
423
La sintesi e il trasporto del colesterolo sono regolati 423 a diversi livelli Le alterazioni nella regolazione del metabolismo del colesterolo possono generare patologie cardiovascolari
425
L’azoto viene fissato dagli enzimi del complesso 432 della nitrogenasi L’ammoniaca viene incorporata nelle biomolecole 433 tramite il glutammato e la glutammina La glutammina sintetasi è il principale sito 433 di regolazione del metabolismo dell’azoto Diverse classi di reazioni hanno funzioni speciali nella biosintesi degli amminoacidi e dei nucleotidi 434
22.2 Biosintesi degli amminoacidi
435
Gli organismi possiedono vie molto diverse 435 per la sintesi dei 20 amminoacidi comuni L’a-chetoglutarato è il precursore del glutammato, della glutammina, della prolina e dell’arginina 436 La serina, la glicina e la cisteina derivano 436 dal 3-fosfoglicerato Tre amminoacidi non essenziali e sei amminoacidi essenziali vengono sintetizzati a partire 436 dall’ossalacetato e dal piruvato Il corismato è un intermedio chiave nella sintesi del triptofano, della fenilalanina e della tirosina 437 La biosintesi dell’istidina utilizza precursori 437 della biosintesi della purina La biosintesi degli amminoacidi è regolata 437 allostericamente
22.3 Molecole derivate dagli amminoacidi
438
La glicina è il precursore delle porfirine
438
BOX 22.2 MEDICINA Re e vampiri
439
La degradazione dell’eme ha diverse funzioni 440 Gli amminoacidi sono i precursori della creatina 441 e del glutatione I d-amminoacidi si trovano soprattutto nei batteri 441 Gli amminoacidi aromatici sono precursori 441 di molte sostanze prodotte dalle piante Le ammine biologiche sono prodotti della decarbossilazione ossidativa degli amminoacidi 441 L’arginina è il precursore della sintesi biologica 442 dell’ossido nitrico
22.4 Biosintesi e degradazione dei nucleotidi
442
La sintesi de novo delle purine inizia dal PRPP
443
La biosintesi dei nucleotidi purinici è regolata per inibizione a feedback
443
I nucleotidi pirimidinici sono prodotti a partire da aspartato, PRPP e carbammil fosfato
445
La biosintesi dei nucleotidi pirimidinici è regolata tramite inibizione a feedback
446
I nucleosidi monofosfato sono convertiti in nucleosidi trifosfato
446
I ribonucleotidi sono i precursori dei deossiribonucleotidi
447
Il timidilato deriva dal dCDP e dal dUMP
448
La degradazione delle purine e delle pirimidine produce rispettivamente acido urico e urea
448
Le basi puriniche e pirimidiniche sono riciclate mediante le vie di salvataggio
449
La sovrapproduzione di acido urico causa la gotta
450
Una rete ciclica globale dell’azoto ne mantiene una quantità disponibile per i processi biologici 430
Molti agenti chemioterapici colpiscono enzimi delle vie biosintetiche dei nucleotidi
450
BOX 22.1 Gli insoliti stili di vita di organismi
Termini chiave
Il trasporto inverso del colesterolo operato dalle HDL contrasta la formazione delle placche e l’insorgenza dell’aterosclerosi 425 Gli ormoni steroidei si formano per rottura della catena laterale e ossidazione del colesterolo
425
BOX 21.2 MEDICINA L’ipotesi dei lipidi e lo sviluppo
delle statine 426 Gli intermedi della sintesi del colesterolo possono 427 avere molti destini metabolici alternativi
Termini chiave Problemi
428 428
CAPITOLO 22
Biosintesi di amminoacidi, nucleotidi e molecole correlate
429
22.1 Una panoramica sul metabolismo dell’azoto 430
poco noti ma molto diffusi
430
Problemi
451 451
XIV Indice generale
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23.5 Il diabete mellito
CAPITOLO 23
Regolazione ormonale e integrazione del metabolismo nei mammiferi
453 453
Termini chiave
452
23.1 Gli ormoni: struttura e meccanismo d’azione 453 Gli ormoni agiscono attraverso specifici recettori cellulari ad alta affinità Gli ormoni sono chimicamente diversi Il rilascio di alcuni ormoni è regolato da una gerarchia “dall’alto verso il basso” di segnali ormonali e nervosi Sistemi ormonali “dal basso verso l’alto” inviano segnali al cervello e ad altri tessuti
23.2 Metabolismo tessuto-specifico
455
PARTE 3
456
Le vie dell’informazione
BOX 23.1 Creatina e creatina chinasi: preziosi aiuti
diagnostici e alleati di chi pratica culturismo
460
Il cervello utilizza energia per trasmettere impulsi elettrici Il sangue trasporta ossigeno, metaboliti e ormoni
461
L’insulina segnala alti livelli di glucosio nel sangue nello stato di buona nutrizione Le cellule b del pancreas secernono insulina in risposta a un aumento della concentrazione di glucosio nel sangue Il glucagone risponde a bassi livelli di glucosio nel sangue Durante il digiuno il metabolismo si modifica per rifornire il cervello di sostanze nutritive L’adrenalina segnala un’attività fisica imminente Il cortisolo segnala condizioni di stress, compresa una bassa concentrazione di glucosio
Problemi
473 474
454
Il fegato modifica e distribuisce le sostanze nutritive 456 Il tessuto adiposo immagazzina e distribuisce gli acidi grassi 458 I tessuti adiposi bruno e beige sono termogenici 459 I muscoli utilizzano l’ATP per compiere un lavoro meccanico 459
23.3 Regolazione ormonale del metabolismo energetico
472
Il diabete mellito è provocato da un difetto nella produzione di insulina o nella sua azione 472 Nel diabete non trattato i corpi chetonici si accumulano nel sangue 472 Nel diabete di tipo 2 i tessuti diventano insensibili all’insulina 473
462
CAPITOLO 24
Geni e cromosomi
475
24.1 Elementi cromosomici
475
I geni sono segmenti di DNA che codificano catene polipeptidiche ed RNA Le molecole di DNA sono molto più lunghe degli involucri che le contengono I geni e i cromosomi degli eucarioti sono molto complessi
24.2 Superavvolgimento del DNA 462 462
463 464 465 467
467
23.4 Obesità e regolazione della massa corporea 468 Il tessuto adiposo svolge importanti funzioni endocrine 468 La leptina stimola la produzione di ormoni peptidici anoressigenici 468 La leptina innesca una cascata di segnali che regola l’espressione genica 469 L’adiponectina agisce tramite l’AMPK e aumenta la sensibilità all’insulina 469 L’AMPK coordina il catabolismo e l’anabolismo in risposta allo stress metabolico 469 La via di segnalazione di mTORC1 coordina la crescita cellulare con il rifornimento di sostanze nutritive e di energia 470 La dieta regola l’espressione di geni fondamentali per il mantenimento della massa corporea 471 Il comportamento alimentare a breve termine è influenzato dalla grelina, dal PYY3-36 e dai cannabinoidi 471 I simbionti microbici dell’intestino influenzano il metabolismo energetico e l’adipogenesi 471
La maggior parte del DNA cellulare è sottoavvolto Il DNA sottoavvolto è definito topologicamente dal numero di legame Le topoisomerasi catalizzano le variazioni del numero di legame del DNA La compattazione del DNA richiede una speciale forma di superavvolgimento
24.3 Struttura dei cromosomi
475 476 477 479 480 480 481 482 482
La cromatina è costituita da DNA, proteine ed RNA 482 Gli istoni sono piccole proteine basiche 483 I nucleosomi sono le unità organizzative fondamentali della cromatina 483 I nucleosomi sono compattati in strutture cromosomiche altamente condensate 484 BOX 24.1 METODI Epigenetica, struttura
484 dei nucleosomi e varianti istoniche BOX 24.2 MEDICINA Curare le malattie inibendo 485 le topoisomerasi BOX 24.3 L’inattivazione del cromosoma X con un lncRNA: evitare che il “troppo stroppi” 486 Le strutture condensate dei cromosomi sono mantenute dalle proteine SMC 486 Anche il DNA batterico è altamente organizzato 487
Termini chiave Problemi
488 488
CAPITOLO 25
Metabolismo del DNA
489
25.1 Replicazione del DNA
490
La replicazione del DNA segue un insieme di regole fondamentali Il DNA è degradato dalle nucleasi Il DNA viene sintetizzato dalle DNA polimerasi
490 491 491
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Il processo di replicazione è molto accurato E. coli possiede almeno cinque DNA polimerasi La replicazione del DNA richiede numerosi enzimi e fattori proteici La replicazione del cromosoma di E. coli procede per fasi successive La replicazione nelle cellule eucariote è simile ma più complessa Le DNA polimerasi virali fungono da bersagli per la terapia antivirale
25.2 Riparazione del DNA Le mutazioni sono correlate al cancro Tutte le cellule possiedono sistemi multipli di riparazione del DNA
Indice generale XV 492 492 493 494 497 498 499 499 499
BOX 25.1 MEDICINA Riparazione del DNA e cancro 500
L’interazione di una forcella di replicazione con il DNA danneggiato può portare a una sintesi translesione soggetta a errori
25.3 Ricombinazione del DNA La ricombinazione omologa dei batteri ha la funzione di riparare il DNA La ricombinazione omologa negli eucarioti è necessaria per la corretta segregazione dei cromosomi durante la meiosi
503 504 504
504
BOX 25.2 MEDICINA Perché è importante
un’adeguata segregazione cromosomica Alcune rotture a doppio filamento vengono riparate mediante giunzione delle estremità non omologhe La ricombinazione sito-specifica determina riarrangiamenti del DNA in punti precisi
506
507 507
BOX 25.3 MEDICINA Come fa la rottura di un
filamento del DNA ad attirare l’attenzione? Gli elementi genetici trasponibili si spostano da una posizione all’altra I geni delle immunoglobuline si assemblano per ricombinazione
507
Termini chiave
510 511
Problemi
508 508
L’RNA catalizza lo splicing degli introni 521 Negli eucarioti lo spliceosoma svolge lo splicing 522 del pre-mRNA nucleare Lo splicing dei tRNA è catalizzato da proteine 522 Gli mRNA degli eucarioti hanno strutture particolari 523 all’estremità 39 Un gene può dare origine a prodotti diversi 523 a seguito di modifiche differenti dell’RNA BOX 26.2 MEDICINA Lo splicing alternativo e l’atrofia muscolare spinale 524 Anche gli RNA ribosomiali e i tRNA subiscono 524 modifiche post-trascrizionali Gli RNA con funzioni speciali vanno incontro 525 a diversi tipi di modifiche Gli mRNA cellulari vengono degradati 526 a velocità diverse
26.3 Sintesi dell’RNA e del DNA dipendente dall’RNA La trascrittasi inversa produce DNA a partire da RNA virale Alcuni retrovirus causano il cancro e l’AIDS Molti trasposoni, retrovirus e introni potrebbero aver avuto una comune origine durante l’evoluzione BOX 26.3 MEDICINA La lotta contro l’AIDS con gli inibitori della trascrittasi inversa dell’HIV La telomerasi è una trascrittasi inversa specializzata Alcuni RNA vengono replicati da RNA polimerasi dipendenti dall’RNA
526 527 528
528
528 528 529
26.4 Gli RNA catalitici e l’ipotesi del mondo a RNA 530 I ribozimi presentano caratteristiche comuni con gli enzimi proteici I ribozimi partecipano a un’ampia gamma di processi biologici I ribozimi forniscono indizi sull’origine della vita in un mondo a RNA BOX 26.4 METODI l metodo SELEX per generare polimeri di RNA con nuove funzioni
Termini chiave Problemi
530 531 531 532 533 533
CAPITOLO 26
Metabolismo dell’RNA
512
26.1 Sintesi dell’RNA dipendente dal DNA
513 513
Metabolismo delle proteine
534
515
27.1 Il codice genetico
535
L’RNA viene sintetizzato dalle RNA polimerasi La sintesi dell’RNA inizia a livello dei promotori La trascrizione è regolata a diversi livelli
515
BOX 26.1 METODI L’RNA polimerasi lascia
516 la sua impronta sul promotore Sequenze specifiche segnalano la terminazione della sintesi dell’RNA 516 Le cellule eucariote hanno tre tipi di RNA polimerasi nucleari 516 L’RNA polimerasi II richiede molti altri fattori proteici per la sua attività 517 Le RNA polimerasi sono il bersaglio di vari farmaci 519
26.2 Maturazione dell’RNA Gli mRNA degli eucarioti vengono “incappucciati” all’estremità 59 Gli introni e gli esoni vengono trascritti da DNA a RNA
520 521 521
CAPITOLO 27
Il codice genetico è stato decifrato utilizzando stampi di mRNA artificiali L’“oscillazione” permette ad alcuni tRNA di riconoscere più di un codone
535 536
BOX 27.1 Le eccezioni che confermano la regola:
le variazioni naturali del codice genetico 537 Il codice genetico è resistente alle mutazioni 537 Lo slittamento del quadro di lettura influenza 538 il modo in cui viene letto il codice Alcuni mRNA subiscono editing prima della traduzione 538
27.2 La sintesi proteica Il ribosoma è una complessa macchina sopramolecolare Gli RNA transfer hanno caratteristiche strutturali peculiari
539 539 539
XVI Indice generale
Fase 1: le sintetasi legano gli amminoacidi corretti ai rispettivi tRNA Fase 2: uno specifico amminoacido dà inizio alla sintesi proteica Fase 3: i legami peptidici si formano durante la fase di allungamento Fase 4: la terminazione della sintesi proteica necessita di uno specifico segnale Fase 5: le catene polipeptidiche neosintetizzate vanno incontro a ripiegamenti e modifiche La sintesi proteica è inibita da molti antibiotici e tossine
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541 544 546 548 549 550
27.3 Trasporto alla destinazione finale (targeting) 551 e degradazione delle proteine Le modifiche post-traduzionali di molte proteine eucariote cominciano nel reticolo endoplasmatico 551 La glicosilazione svolge un ruolo chiave nel trasporto alla destinazione finale delle proteine 552 Le sequenze segnale per il trasporto delle proteine nel nucleo non vengono eliminate 553 Anche i batteri utilizzano sequenze segnale per trasportare le proteine alla destinazione finale 554 Le cellule importano le proteine per endocitosi mediata da recettori 554 In tutte le cellule la degradazione delle proteine è mediata da sistemi specializzati 555
Termini chiave Problemi
556 557
CAPITOLO 28
Regolazione dell’espressione genica
558
28.1 Le proteine e gli RNA coinvolti nella regolazione genica
559
L’RNA polimerasi si lega al DNA in corrispondenza dei promotori L’inizio della trascrizione è regolato da proteine e dall’RNA Molti geni batterici sono raggruppati e regolati in operoni L’operone lac è soggetto a regolazione negativa Le proteine regolatrici hanno domini distinti che legano il DNA Le proteine regolatrici hanno anche domini di interazione proteina-proteina
559 559
28.2 Regolazione dell’espressione genica nei batteri
565
L’operone lac è soggetto a regolazione positiva 565 Molti geni per gli enzimi della biosintesi degli amminoacidi sono regolati mediante attenuazione della trascrizione 566 L’induzione della risposta SOS comporta la distruzione di repressori proteici 566 La sintesi delle proteine ribosomiali è coordinata con la sintesi degli rRNA 566 La funzione di alcuni mRNA è regolata in cis o in trans da piccoli RNA 567 Alcuni geni sono regolati per ricombinazione genetica 568
28.3 Regolazione dell’espressione genica negli eucarioti
568
La cromatina trascrizionalmente attiva è strutturalmente diversa dalla cromatina inattiva 568 La maggior parte dei promotori eucarioti è regolata positivamente 570 Gli attivatori e i coattivatori che si legano al DNA facilitano l’organizzazione dei fattori di trascrizione generali 570 Nel lievito i geni del metabolismo del galattosio sono soggetti a regolazione positiva e negativa 571 Gli attivatori della trascrizione hanno strutture modulari 572 L’espressione dei geni eucarioti può essere regolata da segnali intercellulari e intracellulari 572 La regolazione può essere il risultato della fosforilazione di fattori di trascrizione nucleari 573 Molti mRNA eucarioti sono sottoposti a repressione della traduzione 573 Il silenziamento genico post-trascrizionale è mediato dall’interferenza a RNA 574 Negli eucarioti la regolazione dell’espressione genica mediata dall’RNA avviene in molte forme 574 Lo sviluppo è controllato da una cascata di proteine regolatrici 575 Le cellule staminali hanno potenzialità di sviluppo che possono essere controllate 576
561
Termini chiave
561
Problemi
578 578
562
Appendice
579
563
Indice analitico
582
Edizione ridotta e adattata di I principi di biochimica di Lehninger, ottava edizione Titolo originale: Lehninger Principles of Biochemistry, 8th edition First published in the United States by W.H. Freeman and Company. Copyright © 2021, 2017, 2013, 2008 W.H. Freeman and Company. All rights reserved. © 2023 Zanichelli editore S.p.A., via Irnerio 34, 40126 Bologna [89973] www.zanichelli.it Traduzione: Silvia Cacciari Revisione e adattamento: Edon Melloni
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Redazione: Neri Studio Editoriale, Bologna Impaginazione: Garon, Cremona Indice analitico: Silvia Cacciari
Copertina: – Progetto grafico: Falcinelli & Co., Roma – Immagine di copertina: © Andriy Onufriyenko/Getty Images Prima edizione italiana: marzo 1985 Seconda edizione italiana: ottobre 1997 Terza edizione italiana: luglio 2003 Quarta edizione italiana: gennaio 2011 Quinta edizione italiana: gennaio 2015 Sesta edizione italiana: dicembre 2018 Settima edizione italiana: novembre 2023 Ristampa: prima tiratura 5 4 3 2 1
2023
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