Index / Indice Introduzione 1. Progetto Ambientale e Paesaggi costieri
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2. Paesaggio Del Budonese
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2.1Sistema Insediativo
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2.1 Sistema Ambientali
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2.3 Sistema Idrografico
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3. Progetto Idraulico di Riassetto idrogeologico
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3.1 Inquadramento normativo
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3.2 Progetto Idraulico e azioni di intervento
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4. Dal Progetto Idraulico al progetto urbano 4.1 Progetto urbano della Borgata di Budoni
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4.1.1 Dimensione idraulica del progetto
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4.1.2 Dimensione rigenerativa degli spazi pubblici
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4.1.3 Dimensione ambientale del progetto
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Introduzione Il seguente lavoro, relazione finale del Master “Waterscape, Designing settlements for sustainable coastal territories”, prende in esame alcune problematiche connesse al paesaggio costiero di Budoni, al fine di proporre una ipotesi combinata che tenga in considerazione molteplici aspetti. Il sottofondo teorico di riferimento è quello del Progetto Ambientale, e del suo approccio multidisciplinare. Lo sviluppo dell’argomentazione procede per gradi, muovendo i suoi passi dalla scuola del Progetto Ambientale e dal suo approccio ai sistemi costieri (capitolo 1). La riflessione si sposta in seguito verso l’oggetto specifico del lavoro, ossia il paesaggio del Budonese. Il sistema è considerato sotto tre punti di vista: l’insediativo, l’ambientale e l’idrografico (capitolo 2). Il terzo capitolo, dopo un breve inquadramento normativo, tratteggia gli interventi ingegneristici ideati per l’agglomerato urbano di Budoni, al fine di porsi in linea con le direttive nazionali nell’ambito della prevenzione del rischio idrogeologico. Tali soluzioni pongono le basi per rimodellare l’approccio multidisciplinare, elemento centrale della tesi, che caratterizza il quarto e ultimo capitolo. In esso si mostra la validità di un approccio sistemico, e la possibilità di giungere a risultati validi per l’intero sistema territoriale, con azioni mirate e puntuali. Si delineano tre dimensioni fondamentali: la prima, quella idrologica, e il modo in cui i problemi ad essa connessi possano essere risolti in maniera differente rispetto a quanto descritto precedentemente; la seconda, quella degli spazi pubblici, nella definizione di un progetto urbano qualificante mostra quale sia la reale validità delle medesime azioni messe in campo per prevenire il rischio idrogeologico anche in ambito prettamente urbano; l’ultima chiude le fila, esplicando l’efficacia della strategia anche dal punto di vista ambientale. In quest’ultima, forse più che nelle due precedenti, il progetto si mostra per l’ambizione che reca in sé, ossia quella di comprendere nell’insieme delle sue soluzioni la totalità di un sistema territoriale.
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1. Progetto ambientale e Paesaggi costieri Il lavoro di ricerca qui illustrato è esito del percorso sviluppato all’interno del Master “Waterscape, Designing settlements for sustainable coastal territories”1. Tale percorso, con l’obiettivo di costruire competenze e capacità interdisciplinari sul progetto dei paesaggi dell’acqua in riferimento ai territori e agli ecosistemi acquatici costieri, ritrova il proprio fondamento teorico nel filone di ricerca sul Progetto Ambientale. I rapidi mutamenti a cui è soggetta la città contemporanea esito della crisi del modelli spaziali, ha spostato il centro del dibattito architettonico dai contenuti fondanti della disciplina - quali il dato tipologico, la centralità dello spazio, il rapporto con la storia, il dialogo tra misura e forma, la tettonica, l’uso dei materiali - a temi che evidenziano una progressiva autoreferenzialità del progettista, quali la centralità dell’immagine e della forma, le prestazioni energetiche del manufatto e i sistemi tecnologici. Negli ultimi decenni, la progressiva e inarrestabile diffusione dei mezzi di comunicazione ha determinato, nella disciplina architettonica, una consistente divulgazione dell’immagine come icona preferenziale di ogni pratica progettuale del nostro tempo. L’internazionalizzazione dei sistemi e delle procedure costruttive si riflette in un’omogeneizzazione di linguaggi tendente all’imposizione di un modello astratto, capace di ridurre il campo di indagine della disciplina architettonica dalla scala territoriale alla scala del manufatto. In questo senso i metodi di lettura della città e delle dinamiche che concernono il sistema urbano sembrano aver perso la volontà di ricercare dati propedeutici e conoscitivi a una lettura territoriale d’insieme, indirizzando l’approccio progettuale verso analisi sempre più settorializzate e specifiche che non riconoscono la matrice di un modello trasmissibile come dato formale di riferimento. Le regole di costituzione e ampliamento della città sembrano aver parzialmente disconosciuto un’ipotesi di modello come dato precedente a una teoria del progetto (Russo 2002). A questo proposito appare evidente la necessità di un ripensamento e ridefinizione dei metodi di rappresentazione del territorio a partire dalle questioni legate a processi di spopolamento, abbandono delle lavorazioni agricole e dai processi insediativi legati al fenomeno del dissesto idrogeologico su tutto il territorio nazionale (Russo 2002). Alla luce di tali presupposti, la tesi riflette sul vuoto problematico e
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1. L’esperienza è stata portata avanti dall’Università degli Studi di Sassari – Dipartimento di Architettura, Design e Urbanistica, e dall’Universitè Laval, Faculté d’Aménagement, d’Architecture, d’Art e Design – École d’Architecture.
irrisolto prodotto dalla cultura autoreferenziale del nostro tempo e dal progressivo imporsi di prese di posizione individualistiche riconducibili prevalentemente a specifiche figure, piuttosto che a movimenti culturali o scuole di pensiero. Partendo dalla lettura e dall’appropriazione dei temi sviluppati dalla scuola del Progetto ambientale2, l’intero lavoro si fonda sul concetto di “Potenziale urbano del territorio”3, essendo quest’ultimo il luogo in cui città e natura si incontrano, quindi spazio di un possibile riorientamento della città, un “luogo denso di natura e storia” (Maciocco 2010). La validità di un approccio progettuale volto a proporre futuri scenari urbani partendo dal territorio, si dimostra nell’interdipendenza ambientale che vi è tra città densa e territorio che ne caratterizza le relazioni che sono alla base della qualità ambientale della vita urbana. Intendendo la città come un sistema operativo valevole e sviluppabile in ogni luogo, nella città come nelle campagne, nei villaggi come nelle periferie (Choay 1994) il lavoro qui presentato scardina l’idea di separazione tra città compatta e altre morfologie urbane a favore di una costruzione di un nuovo scenario che affida le sue prospettive possibili al necessario “coinvolgimento di territori senza voce” (Maciocco 2011). Il lavoro incentrato sulla conoscenza dell’esistente, come riferimento costante dell’atto progettuale, ha delineato un’organizzazione dello spazio tendente a rivelare l’operato dell’attività antropica nel territorio. Lo studio delle colture, dei caratteri ambientali e delle identità dei luoghi per il quale si è mostrata una collaborazione sinergica tra tutti i saperi relativi al territorio ha definito i limiti per una nuova interpretazione estetica delle caratteristiche del sito in grado di coniare una nuova immagine territoriale in linea con la sua storia. L’azione compositiva di selezione dei tracciati generatori “dominanti ambientali del territorio” (Maciocco 2011) ha consentito una rappresentazione in grado di fornire una nuova immagine del suo paesaggio aprendo quindi l’interpretazione a nuovi scenari di sviluppo. In questo periodo caratterizzato da continui cambiamenti l’architettura propone oggetti totalmente estranei al contesto di riferimento. In particolare i paesaggi costieri mettono in evidenza un profondo distacco tra progetto e territorio, mostrandosi come spazi fuori dall’”ordinario e ambienti a tema” in cui i paesaggi sono prodotti, commercializzati e consumati (Maciocco 2010).
2. La costituzione di tale filone di ricerca risale agli studi di Fernando Clemente intorno alle relazioni tra Università e territorio pubblicati rispettivamente nei volumi a cura di: F. Clemente: Università e Territorio; La regione culturale e i contenuti formativi della città ambientale. Per gli sviluppi più recenti sul Progetto Ambientale si fa riferimento: F.Clemente G. Maciocco (1980) Rapporto sullo schema di assetto del territorio regionale, Pizzi,Milano; F. Clemente G. Maciocco(1990) I luoghi della città,Tema, Cagliari; G.Maciocco (1991), le dimensioni ambientali della pianificazione urbana,Angeli, Milano; G. Maciocco la pianificazione ambientale del paesaggio; G.Maciocco (1995) Ritorno ad ithaca in AA.VV territorio,sito,architettura, Lybra, Milano; G.Maciocco (1995), Dominanti ambientali e progetto dello spazio urbano. Urbanistica n.104. G.Maciocco (2006),Il progetto ambientale in Aree di bordo.Angeli, Milano.. G.Maciocco (2008)“The territorial future of the city”. In: Maciocco G. (Ed.), The Territorial Future of the City, Springer, Berlin/Heidelberg/ New York ,pp 1-30. 3. Il concetto di Potenziale urbano del territorio fa riferimento a una serie di ricerche svolte all’interno della Facoltà di Architettura di Alghero, pubblicate nel volume “The urban Potential of External Territories”, Franco Angeli (2011) a cura di G. Maciocco,G. Sanna,S. Serreli.
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In questo senso la commercializzazione dei paesaggi costieri, che risponde a logiche di mercificazione del fenomeno turistico, ha fatto sì che il fine ultimo della progetto dello spazio in questi luoghi fosse la sola creazione di un’immagine e nel quale lo stesso paesaggio fosse assunto solo relativamente ai suoi aspetti estetici. Tale ragionamento appare chiaro nelle parole di Luigi Vietti, architetto incaricato da Karim Aga Khan IV per la realizzazione del progetto dell’insediamento turistico nella Costa Smeralda4 .Vietti propone un insediamento a partire dall’immagine del centro che si può osservare dall’acqua e considera i luoghi del progetto come “luoghi senza storia”. È pertanto evidente come spesso in questi territori le modalità di progettazione dello spazio non passino attraverso il rapporto con l’ambiente e i suoi significati più profondi, ma attraverso l’importazione di modelli e forme urbane che conducono ad una trasfigurazione superficiale del linguaggio costruttivo e determinano un’immagine di estraneità che tuttavia si è imposta nel tempo (Maciocco 2010). In tale prospettiva i paesaggi costieri, che per le loro qualità ambientali sono spesso attrattori turistici, sono diventati negli ultimi decenni oggetto di trasformazioni attraverso le quali beni di indiscussa valenza ambientale (promontori, litorali, sistemi dunari, aree umide lagunari, sistemi fluviali, ecc.) sono stati occupati da urbanizzazioni estese, principalmente di seconde case, creando così nuovi paesaggi attrattivi, parchi del tempo libero o distretti del piacere, esito di significativi investimenti pubblici e privati (Serreli 2010). Lo sviluppo turistico legato al tema della vacanza, fa sì che tali spazi siano quelli nel quale è possibile liberarsi dal lavoro, prendere la distanza dalla realtà, aprirsi al desiderio. Si tratta di spazi che mascherano le condizioni reali della vita urbana e che negano a questi luoghi la possibilità di configurarsi secondo una dimensione urbana a favore di un’organizzazione privatistica dello spazio. I paesaggi costieri sono divenuti un “simulacro” (de Azua 2003) di città, una città leggera, finta, consumabile, del desiderio, in cui l’assenza di rapporto con la struttura ambientale ha determinato una sostanziale scissione tra il territorio, con le proprie dinamiche e processi, e quella che chiamiamo ancora città (Maciocco 2010). A partire da queste premesse, le politiche urbane dominanti tentano di mettere in relazione strategie per evitare processi di spopolamento con strategie per attrarre flussi di visitatori. Proprio in questa
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4. La regione turistica,con il nome di Costa Smeralda si trova nel territorio comunale di Arzachena,e si estende su un tratto di costa di circa venti chilometri. La costa è caratterizzata dalla presenza di numerose insenature, piccole spiagge, e poco distante da numerose isole fra cui l’arcipelago di La Maddalena. Il territorio prevalentemente disabitato fino a tutta la prima metà del XX secolo, nel 1962, viene interessato da una serie di fenomeni di urbanizazzione per mano del Consorzio Costa Smeralda guidato dal principe ismaelita Karim Aga Khan. I nuovi insediamenti turistici sono diventati nel tempo luogo di elezione del jet set internazionale, grazie alla presenza di locali di estremo lusso. il cuore della Costa Smeralda è l’abitato di Porto Cervo nel quale si condensano i servizi principali di tutto il territorio.
prospettiva numerose città e regioni hanno investito intensamente su azioni di marketing o branding per comunicare l’attrattività del proprio territorio come luogo di vita urbana. Alle tradizionali forme di turismo caratterizzate da attività legate alla balneazione (la cosiddetta legge delle 3S - Sun, Summer, Sea) si stanno attualmente sostituendo forme di turismo che vedono il profilo del turista come un soggetto in cerca di esperienze autentiche, capaci di favorire il superamento delle difficoltà della vita quotidiana. Si definisce pertanto il profilo di un turista interessato a conoscere il territorio nelle sue dinamiche, norme, valori, abitudini e cultura. Alla luce di quanto precedentemente illustrato il progetto urbano degli insediamenti costieri turistici può indirizzare le proprie prospettive verso un processo di risignificazione dello spazio ricercando il proprio fondamento nella territorialità dell’intervento. In Sardegna la dimensione territoriale appare dominante, quasi pervasiva, al punto tale che la città perde quasi rilevanza, o meglio, deve le ragioni della sua esistenza e della sua evoluzione alle dominanti ambientali che strutturano lo spazio (Maciocco 2010). In questa prospettiva il progetto territoriale permette di definire un nuovo “spazio pubblico contemporaneo”, lontano dalla standardizzazione delle esperienze spaziali (Maciocco 2010), tipiche degli insediamenti costieri. Si tratta di uno spazio pubblico che emerge dalla rivelazione della dimensione ambientale e dai processi che ne fanno parte. Pertanto il territorio si offre come uno spazio aperto a molteplici possibilità per il ripensamento del progetto di paesaggio dei territori costieri, in quanto favorisce una concezione interpretativa del senso urbano delle forme spaziali e rappresenta il luogo della compresenza, stratificazione e testimonianza materiale della storia dell’insediamento umano (Maciocco 2010). Appare quindi fondamentale tentare di interpretare i luoghi costieri, capirne i significati, le relazioni che vi intercorrono e che formano la realtà ambientale-territoriale, con l’obiettivo di convertire ogni esperienza progettuale in un’azione capace di far emergere il “senso della territorialità” a partire da una complessa trama di relazioni insite nel territorio (Maciocco 2010).
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2. Paesaggio del Budonese L’intero territorio del Budonese, con uno sviluppo complessivo di 5590 ettari, si presenta come l’area di transizione tra la Gallura e le Baronie. Il centro di Budoni si inserisce nel tratto orientale di costa sarda che da Punta la Batteria procede verso nord sino a Punta Ottiolu. Tale ambito si presenta come una sequenza in cui strutture insediative diffuse entrano in relazione con elementi ambientali di grande rilevanza. Nella fascia compresa tra i rilevati granitici e la costa vi è la piana alluvionale del Rio Budoni, che attraversa il territorio lambendo il centro abitato e sfociando nei suoi pressi. L’ampia piana alluvionale è delimitata a nord dal promontorio di Punt’Aldia e a sud dal promontorio di Monte Longu. È inoltre interrotta dal sistema collinare di Monte Piluccas che si estende nell’entroterra fino al complesso orografico di Monte Nieddu dominato da Punta Maggiore (970 metri). I terreni ubicati nei pressi del fiume e della foce risultano in gran parte bonificati, ma in caso di forti piogge presentano rilevanti criticità idrauliche.
2.1 Sistema insediativo Il centro di Budoni5 confina a nord con San Teodoro (da cui dista 12 km), a ovest con il comune di Torpè (14 km) e a sud con Posada (10 km). Questi centri risultano collegati con i capoluoghi di provincia di Olbia e Tortolì attraverso la direttrice infrastrutturale SS125 (Orientale Sarda), a cui si è affiancato recentemente il percorso più agevole e rettilineo della SS131bis che permette di raggiungere in tempi rapidi Olbia, Nuoro, Cagliari e Sassari, nonché tutti i principali porti e aeroporti dell’isola. Oltre al centro urbano di Budoni la popolazione è dispersa nelle 23 frazioni che ricoprono l’intero territorio comunale: Agrustos, Berruiles, Birgalavò, Limpiddu, Li Troni, Ludduì, Lu Linnalvu, Luttuni, Lutturai, Maiorca, Malamurì, Muriscuvò, Nuditta, Ottiolu, San Gavino, San Lorenzo, San Pietro, San Silvestro, S’Iscala, Solità, Strugas, Tanaunella, Tamarispa. La storia del territorio di Budoni ritrova le proprie origini nel 4000 a.c. Lo dimostrano le testimonianze delle domus de janas, di periodo neolitico, ancora rilevabili sul territorio e i nuraghi da riferirsi all’età del bronzo.
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5. Il comune di Budoni, situato al confine tra la Baronia e la Gallura, si inserisce all’interno della Provincia Olbia-Tempio. È stato costituito come comune autonomo nel 1959, mentre precedentemente rappresentava una frazione del Comune di Posada. In Foto: La Piana Alluvionale di Budoni e il suo rapporto con Iil sistema collinare circostante
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La presenza di queste antiche popolazioni è legata alla presenza del fiume Salamaghe che rendeva fertile il territorio circostante, consentendo agli abitanti di procacciarsi il necessario per la sopravivenza. L’arrivo dei romani nell’area, non anteriore alla data del III secolo a.c., segna la creazione del Portus Luguidonis che aveva ubicazione nell’area di Santa Lucia e poco distante dall’attuale Budoni sorgeva lo scalo di Augustus Populus, oggi conosciuta come Agrustos, una piccola borgata vicino al nucleo principale del centro6. Risale all’epoca romana il centro demico di Coclearia, che sorgeva nell’attuale sito di San Teodoro, tra i colli di Citai, Lu Casteddu e lo stagno, lungo la strada litoranea Karalibus – Olbiam per oram, che ricalcava in gran parte il tracciato dell’odierna SS125, Orientale Sarda7. Durante il periodo Giudicale l’agro di Budoni appartenne al Giudicato di Gallura (1000-1420) (curatoria di Posada), che ereditò la giurisdizione e il territorio del Municipio di Olbia, definito in età romana. Molti siti importanti ne facevano parte: Olbia, Cochlearia (San Teodoro), Pheronia (Posada), Portus Luquidonis o Liguidonis (San Giovanni di Posada), Fanum Carisii (Orosei)8. Le sorti dell’agro di Budoni sono, quindi, legate alla villa di Posada e ne subirono le alterne vicende sia durante il dominio aragonese sia durante quello spagnolo e sabaudo9. Nel Liber Fondachi10 sono ricordate varie ville del territorio posadino come tributarie del fisco pisano, tra cui quelle ricadenti nell’attuale territorio di Budoni: la villa di Sortinissa, che lo storico Panedda suppone coincidere con l’attuale frazione San Pietro e quella di Tamarispa nei pressi dell’odierna frazione11. Nel 1308, Genova si impadronì con i Doria del Giudicato di Gallura, rendendo la sua posizione ancora più influente dinanzi al re di tutta l’isola. Preparato quindi il terreno, tra il 1323 ed il 1326 la Gallura fu invasa dalle truppe della Corona di Aragona al seguito dell’infante Alfonso, che insieme alle truppe di Arborea si occuparono di scacciare gli ultimi pisani che vi si trattenevano. Il Castello della Fava, ancora in mano ai pisani, resistette all’assedio del 1323 e solo l’anno seguente fu reso al Re di Aragona. Intorno alla metà del 1600 alcuni nuclei familiari emigrarono dalle campagne dell’Alta Gallura (Nuchis, Aggius, Tempio, Calangianus e Buddusò) nelle desolate e spopolate campagne della Bassa Gallura, fra le campagne di Terranova e quelle di Posada. Questi pastori che
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6. D. Panedda,(1954) L’agro di Olbia nel periodo presistorico, punico e romano. L’Erma, Roma. 7. P. Meloni(1991), La Sardegna romana. Dessi, Sassari. 8. A. Mastino,(2001) La Gallura. L’età punica e romana: percorso storico e archeologico, in AA.VV., La Gallura. Una regione diversa in Sardegna. Cultura e civiltà del popolo gallurese, a cura di S. Brandanu, San Teodoro 2001, pp. 37-109. 9. S.I. Deledda(1997), Posada e i territori storici di Torpè Lodè e Siniscola. Devilla, Nuoro 10. Il Liber fondachi (libro del fondaco) è un registro fiscale pisano risalente al XIII secolo che riportava le entrate fiscali dei possedimenti pisani in Sardegna. La repubblica marinara di Pisa infatti ebbe una forte espansione al principio dell’XI secolo e, dopo aver sconfitto insieme a Genova il condottiero arabo Mujahid al-Amir, si radicò in Corsica e nell’isola sarda, Il Liber contiene informazioni di natura censuaria ed una sorta di bilanci di previsione relativi a futuri ricavi tributari principalmente riferiti ai territori della curatoria di Posada. Il documento è conservato a Barcellona, nell’Archivio della Corona d’Aragona, regno che a partire dal XIV secolo dominò l’isola. 11. D. Panedda(1979), Il giudicato di Gallura, Curatorie e centri abitati. Dessi,Sassari. 12. S. Brandanu(2001), Contributi per una Storia della Gallura e dei galluresi, in AA.VV S.Brandanu, La Gallura. Una regione diversa in Sardegna. Cultura e civiltà del popolo gallurese, a cura di S. Brandanu, San Teodoro 2001. 13. Archivio arcivescovile di Nuoro, Registri parrocchiali S. Antonio, Posada. Anni 1688- 1744. 14. Registri parrocchiali di San Teodoro, Liber mortuorum, Anni 1776- 1841. Nella pagina adiacente: Schemi dell’evoluzione urbana dei borghi del Budonese rispetto alle aree umide.
esercitarono per circa 200 anni soltanto la pastorizia praticando la transumanza montano-costiera, si trasferivano temporaneamente da novembre a marzo con il bestiame dalla montagna (dove disponevano di insediamenti stabili) creando degli insediamenti provvisori sulla costa12. Queste residenze stagionali sono testimoniate dai registri parrocchiali della chiesa di S. Antonio Abate di Posada, dove compaiono, esclusivamente in corrispondenza dei mesi invernali, battesimi, matrimoni e funerali relativi a persone di provenienza esterna13. Nel 1660, stante una grave situazione di miseria del territorio l’area era preda dei balentes che vivevano di grassazioni locali. Questo, unitamente alla riduzione della produzione seguita alla pestilenza, rese assai difficile praticare le attività agricole. Nel 1718 il Regno di Sardegna venne ceduto ai duchi di Savoia, principi del Piemonte. Carlo Emanuele III successe al padre Vittorio Amedeo (del quale in zona si ricorda la privatizzazione delle miniere, fra le quali le pur esigue miniere d’oro di Torpe’) e dotò l’isola di un servizio di collegamento con la terraferma, oltre a munire le coste di una squadriglia di fregate, di cui una o forse due di pattuglia al largo di Posada, per contrastare le non ancora eliminate scorrerie piratesche che continuavano dal 1660. A partire dagli ultimi anni del 1700 nel Salto di Posada (comprendente gli attuali territori di Budoni e San Teodoro) i tempi di permanenza nel periodo di transumanza degli animali nella fascia costiera si allungarono sempre più, finché anche la residenza dei pastori divenne da temporanea a permanente. Dai registri parrocchiali della chiesa di San Teodoro, emerge questa realtà: infatti il luogo di morte dei defunti che sino a fine 1700 è indicato “tugurium” ossia pinnetto, ricovero a pianta circolare con copertura precaria costituita in tronchi secchi di ginepro sovrastati da una coltre di frasche viene sostituito da domo che indica la struttura dello stazzo14. Dopo l’”editto delle chiudende” del 1820, che cercava di ordinare il territorio sotto l’aspetto della proprietà privata un Regio Decreto del 21 maggio 1831 sanciva, definitivamente, la fine dell’esercizio della “baronale giurisdizione” e dei diritti connessi nel territorio del regno. Fu istituita quindi una regia delegazione incaricata di valutare le rendite dei feudi. Il Regio Decreto 15 gennaio 1869, n. 1146, con cui il regno affrancava finalmente il popolo del feudo baroniese, chiuse per sempre, dopo 438 anni, la storia della Baronia di Posada.
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La liquidazione del feudalesimo portò però ad un contenzioso sui cosiddetti terreni usurpati, cioè quei terreni che ufficialmente appartenevano al demanio dello Stato, ma in realtà erano in possesso dei privati. Per risolvere la questione il Comune di Posada, che continuava a pagare le imposte per beni non più posseduti, impiegò diversi anni. Attraverso atti di sottomissione, con cui i privati usucapivano i terreni in cambio di un rimborso per imposte non liquidate in precedenza, si arrivò ad una chiusura dei contenziosi negli anni ‘20. A cavallo tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, le frazioni facenti capo a Budoni e San Teodoro, iniziarono a rivendicare l’autonomia dal Comune di Posada ma solo nel 1959 riuscirono definitivamente ad ottenere il distacco amministrativo. Questo evento, contribuirà allo sviluppo economico del territorio che, grazie ad una migliore riorganizzazione e ad una maggiore coerenza sociale, culturale ed economica, crescerà cogliendo le grandi opportunità offerte dal turismo. A livello provinciale, intanto,nel 1927, in epoca fascista, questa terra gallurese – baroniese veniva inclusa nell’ambito della nuova Provincia Littoria di Nuoro, condizione che permane fino al 2003, quando il comune viene annesso alla nuova provincia gallurese di Olbia-Tempio. Attualmente, l’insediamento, costituito generalmente da nuclei diffusi lungo la costa, legati prevalentemente allo sviluppo di zone turistiche F, per gran parte con edificazioni abusive, assume forme di ibridazione diffusa lungo la direttrice della strada Orientale sarda (SS125). Quest’ultima si sviluppa in questo tratto parallela alla grande arteria della SS131DCN e assume da Budoni fino a Olbia, caratteri di strada di attraversamento urbano a servizio dei numerosi piccoli centri insediativi della costa gallurese. La maggior parte delle frazioni, sviluppatesi intorno a tenute agricole assumenti la tipologia dello stazzo gallurese, sono antecedenti all’insediamento urbano di Budoni. Questo è riscontrabile, sia da considerazioni urbanistiche quali la presenza dell’unica zona A nella frazione di San Pietro, sia dall’analisi dei dati ISTAT relativamente alla data di realizzazione degli edifici ad uso abitativo. Il fenomeno turistico, sviluppatosi principalmente negli anni ‘70-80 si configura oggi come la principale fonte economica sostituendo l’agricoltura, quella che storicamente era la principale fonte di reddito. Se durante la stagione invernale si contano 5000 residenti, nell’alta stagione si superano le 50.000 presenze, dislocate
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In Foto: Urbanizazzioni a ridosso del sistema umido retrodunale (© 2015 Evoluta srl)
in gran parte nei numerosi villaggi turistici che, ancorandosi alla SP1 occupano la porzione di piana che da Budoni si estende a nord sino a Porto Ottiolu.
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2.2 Sistema ambientale Il sistema ambientale costiero, caratterizzato da estesi tratti di costa rocciosa, intervallati da piccole spiagge di fondo baia e da ampie falcate sabbiose, presenta numerose depressioni umide salmastre di limitata estensione, le quali generalmente tendono a prosciugarsi per evaporazione nella stagione estiva. In linea generale, il carattere geomorfologico dominante delle spiagge di Budoni è rappresentato dalla presenza di una stretta fascia di avanspiaggia, e da un cordone di spiaggia il più delle volte in continuità strutturale con le formazioni eoliche di retrospiaggia. Queste, benché non abbiano un apprezzabile sviluppo in altezza, occupano un’ampia fascia di territorio, tale da rappresentare la parte dominante dei compendi sabbiosi. Questo carattere geomorfologico dei corpi dunari è da ricercare prevalentemente nell’assetto morfologico della fascia costiera di riferimento, caratterizzato dalla presenza dominante di superfici piane o debolmente inclinate e dalla non abbondante disponibilità detritico-sedimentaria che non consente l’accrescimento dei corpi sabbiosi stabilizzati e la formazione di corpi dunari mobili. In quasi tutti i compendi sabbiosi si assiste ad un generale scalzamento dei corpi dunari stabilizzati ad opera dei frangenti d’onda, aspetto che suggerisce un forte disequilibrio tra i processi di apporto o ripascimento naturale delle spiagge e quelli di dispersione sedimentaria
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In Foto: La Baia di Budoni e lo stagno di salamaghe (© 2015 Evoluta srl)
che avvengono nel settore sommerso ed in quello emerso. Le cause di tale fenomeno possono essere diverse e congiunte, ma la riduzione degli apporti idrici e detritici legate alla presenza antropica, specie in riferimento alla diffusione degli insediamenti nell’immediato retroduna sembra essere la causa principale. Una delle caratteristiche peculiari nell’ambito costiero del comune di Budoni, è la presenza di numerosi aree lagunari di origine fluviale. Si tratta di bacini idrici, generalmente temporanei, di limitata estensione non utilizzati a fini produttivi. Infatti, a causa dei ridotti apporti fluviali e della forte evaporazione, le acque (sempre molto basse e in estate pressoché prosciugate) raggiungono un livello di salinità tale da impedire la sopravvivenza di qualsiasi specie ittica. I corsi d’acqua immissari aventi bacini di modeste dimensioni presentano a loro volta un reticolato idrografico ad elevata densità che si sviluppa trasversalmente verso l’entroterra. Proprio la loro divagazione nel retrospiaggia e il loro sbarramento da parte dei cordoni sabbiosi ha generato le zone umide, che un tempo erano probabilmente più estese e continue e che, a seguito del progressivo interramento, si sono suddivise in piccoli stagni temporanei, tali da caratterizzare la piana retrolitorale con un’alternanza di superfici d’acqua e pianure di terra che accompagnano con continuità la fascia costiera a ridosso delle spiagge. Nel territorio del Comune di Budoni non sono compresi Siti di Importanza Comunitaria (SIC) e Zone di Protezione Speciale (ZPS). Tuttavia, lungo la fascia costiera sono presenti habitat inseriti nella Direttiva 92/43/CEE (Direttiva Habitat)15 che rivestono particolare importanza soprattutto a livello di rete, in quanto rappresentano ambienti faunistici rilevanti per la sosta di numerose specie di uccelli che migrano lungo la fascia costiera orientale della Sardegna e che frequentano i limitrofi Siti di Interesse Comunitario (Berchida e Bidderosa, San Teodoro, Isole di Tavolara, Molara e Molarotto). Sotto il profilo ambientale il territorio di Budoni ospita una varietà di ambienti che vanno dalla costa sabbiosa a quella rocciosa, dalle formazioni di macchie e garighe agli stagni e alle fasce peristagnali. A partire dalla costa sabbiosa si osserva la prima fascia di vegetazione pioniera che si insedia sui depositi delle berme in ambito di spiaggia e retrospiaggia. Nel sistema dunare è invece possibile, anche se solo parzialmente, riconoscere la conformazione tipica costituita dalle formazioni dunari embrionali, mobili e semistabilizzate. Per quanto riguarda gli stagni costieri laddove i fenomeni di urbanizzazione sviluppati negli ultimi decenni non abbiano occupato
15. La Direttiva Habitat (Direttiva n. 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche) è una direttiva approvata il 21 maggio 1992 dalla Commissione Europea che ha lo scopo di promuovere il mantenimento della biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali nel territorio europeo.
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l’area16, si ritrova una fascia peristagnale costituita in gran parte da giuncheti e canneti. Adiacente ad essa si trova un’ampia area agricola specializzata nella coltura di foraggio. Le aree collinari, in gran parte ad uso pascolo, presentano una struttura vegetazionale che alterna ad ampi tratti di macchia mediterranea aree di pascolo arborato con presenza di leccete e quercete.
2.3 Sistema Idrografico L’intero territorio Budonese presenta nella sua configurazione un complesso sistema idrografico. Il bacino afferente al sistema costiero di Budoni occupa una superficie totale di circa 70 km2, estesa in direzione est-ovest, corrispondente, nella sua parte occidentale, al bacino imbrifero del Rio di Budoni. Quest’ultimo è caratterizzato da un bacino sotteso di 42,5 km2, che sfocia in mare nel settore mediano della Baia di Budoni. La morfologia del territorio, composta da diversi e importanti rilievi collinari a poca distanza dal litorale, è caratterizzata da un notevole numero di torrenti di carattere stagionale caratterizzati da bacini idrografici molto piccoli (generalmente< di 5 km2) con tempi di corrivazione brevissimi il cui deflusso idrico occasionale confluisce nelle depressioni retrodunali dei sistemi di spiaggia. Le zone umide presenti nel settore costiero devono quindi la loro genesi ed evoluzione alle divagazioni fluviali invernali all’interno di ampie depressioni retrodunali. Tali depressioni si configurano come bacini di accumulo idrico e di cattura sedimentaria per il sistema dunale ad essi adiacente. Alcune di queste realtà ambientali, come stagni, dune, spiagge e aste fluviali, in questi ultimi anni sono state oggetto di un’eccessiva antropizzazione che ne ha modificato l’assetto originario creando una serie di problematiche ad essa correlate. In primo luogo il tombamento di molti corsi d’acqua per la realizzazione di villaggi turistici a ridosso delle aree d’esondazione ha fatto sì che durante gli ultimi fenomeni di piena siano stati riportati ingenti danni a persone e cose. A sua volta le dinamiche evolutive a cui è stato sottoposto negli ultimi anni il sistema idrografico superficiale hanno modificato significativamente anche il sistemai della spiaggia. Ai caratteri qualitativi e quantitativi dei deflussi idrici che, da un lato, definiscono i caratteri 14
16. Per approfondire meglio l’argomento si veda G. Maciocco,S. Serreli (2010) Paesaggi costieri e progetti del territorio, FrancoAngeli, Milano.
della risorsa sedimentaria in termini di apporti detritici, si aggiungono le componenti qualitative delle acque che ne condizionano il corretto funzionamento ecologico delle zone umide. Gli scarichi di reflui urbani all’interno del sistema idrico, hanno inoltre alterato il naturale regime idrico dei corsi d’acqua e delle zone umide connesse. Per avere un quadro più chiaro e dettagliato del complesso sistema idrografico è stata effettuata una classificazione dei vari rii che attraversano l’intero territorio definendo per ognuno di essi le caratteristiche e le relative criticità. Partendo da Nord si possono individuare: Rio Ottiolu-Porto, Rio Ottiolu, Rio Agrustos-li Cucutti, Rio Budoni, Rio Budoni Centro, Rio Pedra e Cupa, Rio Lu Trainu, Rio Porto Ainu.
In Foto: La Baia di Budoni e il complesso sistema umido retrodunale.
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1 Rio Ottilolu Porto 2 Rio Ottiolu 3 Rio Agrustos-LiCuccutti 4 Rio Budoni 5 Rio Budoni Centro 6 Rio Pedra e Cupa 7 Rio Lu Trainu 8 Rio Porto Ainu
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1. Rio Ottiolu-Porto La frazione di Ottiolu è interessata fondamentalmente dalla presenza di due torrenti che la attraversano. Il Rio Ottiolu denominato Rio Ottiolu-Porto vista la posizione della sua foce nasce nel complesso collinare di Straulas a ridosso del centro abitato di Ottiolu. Dopo un primo tratto, caratterizzato da un notevole dislivello, il rio si immette nel centro abitato, prima interessando un’area di nuova espansione e inserendosi successivamente nel tessuto urbano compatto per poi sfociare nell’attuale porto ricavato sul terreno precedentemente occupato dallo stagno di Ottiolo. Di carattere prettamente stagionale il Rio Ottiolu Porto ha un bacino di 1 km2, ma considerata l’elevata pendenza dell’asta fluviale che aumenta la potenza con cui le acque giungono a valle, causa numerose problematiche durante i fenomeni di piena. Il Rio risulta tombato per lunghi tratti, tanto da essere stato inglobato in un locale seminterrato di un edificio prima di sfociare, tramite una sezione tubolare sottodimensionata, nel porto turistico. Il tratto tombato determina notevoli criticità in quanto assolutamente insufficiente al deflusso delle portate ordinarie e con tempi di ritorno di soli 50 anni17 si potrebbero avere ingenti danni 2. Rio Ottiolu Il Rio Ottiolu interessa la porzione sud della frazione di Ottiolu e sfocia all’interno del cantiere navale presente nel porto turistico. Il Rio Ottiolu, con un bacino idrografico di circa 3 km2, assume i connotati di un torrente stagionale. Nascendo nell’area collinare di Punta Ultia, il Rio si sviluppa lungo la vallata dell’Avro Mannu nella quale incrocia la SP1 (Ottiolu-Budoni) per poi inserirsi, dopo un piccolo tratto su un’area agricola, all’interno del tessuto residenziale. L’alveo del fiume è generalmente insufficiente per smaltire le portate in un orizzonte di temporale di 50 anni. La situazione è inoltre aggravata dalla presenza di alcuni attraversamenti realizzati con sezione insufficiente e dalla presenza di un tratto scatolare all’interno dell’abitato. L’intensa urbanizzazione ha ristretto notevolmente la sezione utile dell’alveo e nell’ultimo tratto vi è un’area destinata a parcheggi
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con il deflusso dell’alveo incanalato in due tubolari di diametro da 80 cm. Questo tratto con tubolari è stato poi eliminato in seguito al recente evento alluvionale del settembre 2009. Permane comunque un tratto scatolare di circa 40 metri nella parte terminale in prossimità del porto turistico. 3. Rio Agrustos-li Cucutti Il Rio Agrustos con un bacino idrografico di circa 3 km2 sorge nei pressi dell’abitato di Ludduì e nell’area collinare a nord del borgo di Agrustos. Dopo aver attraversato l’abitato in direzione nord-ovest sud-est si dirige verso l’area umida retrodunale di Li Cucutti attraversando un territorio occupato prevalentemente da villaggi turistici. Il torrente presenta un alveo abbastanza incassato nella parte collinare, ma con il cambio di morfologia del terreno che avviene all’interno dell’abitato di Agrustos, l’alveo modifica la propria conformazione diventando meno inciso e più ampio, causando quindi una serie di problematiche dovute all’esondazione dello stesso. Nel corso dell’evento del 2009 il torrente ha esondato in diversi tratti, abbattendo anche muri di cinta realizzati a ridosso dell’alveo e danneggiando la rete acquedottistica e fognaria. L’evento è stato inoltre caratterizzato da un consistente trasporto solido nella parte collinare, con forti depositi dove l’alveo presenta cambiamento di pendenza tra la parte collinare e la parte valliva. Lungo il corso del rio sono presenti diversi attraversamenti pedonali e stradali, in parte demoliti nel corso degli interventi post-alluvionali. L’attraversamento sulla strada provinciale risulta assolutamente insufficiente a smaltire le portate ordinarie, anche perché è interrato per buona parte della sezione utile. A valle di Agrustos, all’interno dell’ex depuratore, il torrente risulta tombato con sezione insufficiente. Il tratto finale del torrente attraversa un’area densamente urbanizzata con un alveo insufficiente e interrotto dalla presenza di attraversamenti pedonali o stradali che ostruiscono ulteriormente il libero deflusso delle acque. Nel tratto finale, all’interno di uno dei villaggi turistici, sono stati realizzati degli interventi di ampliamento dell’alveo dopo gli eventi alluvionali del 2009.
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17. in statistica il periodo di ritorno di un evento, definito anche come tempo di ritorno, è il tempo medio intercorrente tra il verificarsi di due eventi successivi di entità uguale o superiore ad un valore di assegnata intensità o, analogamente, è il tempo medio in cui un valore di intensità assegnata viene uguagliato o superato almeno una volta. Il Piano di Assetto Idrogeologico della Regione Sardegna prevede una classificazione delle aree a rischio di alluvione basata su tempi di ritorno di 50, 100, 200, 500 anni. Di conseguenza le aree di pericolosità idraulica sono definite come le zone soggette ad esondazione per le portate con tempo di ritorno relativo ai quattro livelli di pericolosità Hi1,Hi2,Hi3,Hi4, in ordine crescente di pericolosità.
4. Rio Budoni Il Rio Budoni con un bacino idrografico di 42 km2 è il principale corso d’acqua dell’intero territorio comunale. Sviluppandosi in direzione est-ovest, il rio si compone di due principali affluenti il Rio San Pietro e il Rio Berruiles. Il Rio San Pietro è da considerarsi dal punto di vista delle portate il principale affluente del Rio Budoni. Sorgendo nell’arcata collinare di La Tirrutta, il Rio si sviluppa in prossimità dell’abitato di San Pietro (da cui ne prende il nome) e della nuova area artigianale per confluire nell’abitato di Budoni nel quale avviene l’unione con il Rio Budoni. Sviluppandosi principalmente in aree agricole il corso d’acqua presenta criticità solo in prossimità di attraversamenti stradali, in particolare nel ponte posto lungo la strada di collegamento tra la frazione di san Pietro e l’abitato di Budoni in prossimità dell’area artigianale. Il Rio Budoni trova la sua origine nel complesso granitico di Monte Nieddu e dopo aver superato un primo tratto caratterizzato da forti pendenze il rio si incanala nella vallata di Miriacheddu. Successivamente si sviluppa parallelamente alla SS131 e in questo tratto avviene la confluenza di alcuni rii minori tra cui il Rio Berruiles. Solo dopo l’incontro con il Rio San Pietro, adiacente al abitato di Budoni, il Rio aumenta la sua sezione per sfociare nelle aree lagunari di Sa Gambitta e dello Stagno Morto. Il Rio scorre a Nord dell’abitato che si sviluppa in buona parte lungo le sponde, in particolar modo lungo la sponda destra. Dopo la confluenza con il Rio San Pietro, che risulta il suo principale affluente, troviamo lungo la SS125 un ponte ad arcata unica che interseca il Rio. Tale ponte nel caso di portate con tempi di ritorno di 500 anni entra in pressione senza comunque venire sormontato dall’onda di piena. Questo fenomeno comporta notevoli velocità in uscita dal ponte con conseguenti fenomeni erosivi e di scalzamento delle opere di difesa spondale presenti in riva destra e sinistra che hanno causato nelle ultime alluvioni problemi di notevole importanza. Il successivo ponte posto lungo la SP1, di collegamento con la frazione di Agrustos, viene sormontato da piene con tempo di ritorno di 500 anni, così come avvenuto nel corso dell’evento alluvionale del 2009. A valle del ponte abbiamo un’area di esondazione naturale in sponda sinistra che si espande tra la
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foce di Rio Budoni e lo “stagno Morto”. Il Rio Budoni è inoltre caratterizzato da un elevato trasporto solido di materiale grossolano fino alla confluenza con il Rio San Pietro e di materiale più fino a valle del ponte sulla SS125. Negli ultimi anni a seguito degli eventi di piena sono state realizzate delle opere di arginatura del Rio Budoni a protezione dell’abitato. Quest’ultimo durante questi eventi è stato inondato con lame d’acqua di circa 30 cm. 5. Rio Budoni Centro Il centro abitato di Budoni è attraversato da ovest verso est da un torrente dotato di un modesto bacino imbrifero di meno di 1 km2, ma che per le sue caratteristiche torrentizie e soprattutto per gli interventi di urbanizzazione che ne hanno modificato il percorso in lunghi tratti crea notevoli problematiche. Il rio che sorge nei pressi di Montigu Mannu, un’area collinare ad ovest del centro abitato, risulta essere uno dei principali apporti idrici per le aree lagunari di Sa Gambitta e di Pedra e Cupa. All’interno del centro abitato di Budoni il rio risulta tombato per lunghi tratti del suo percorso. Il tratto che è stato tombato per una lunghezza maggiore parte in prossimità dell’edificio comunale e arriva fino a un’area stagnale posta a distanza di circa 300 metri dall’imbocco del tratto tombato. Sono inoltre presenti lungo il percorso che conduce allo stagno e costituisce il corpo recettore del torrente numerosi attraversamenti stradali sottodimensionati idraulicamente. Dopo le recenti alluvioni che hanno causato allagamenti nell’intero centro abitato, l’area stagnale corpo recettore di tale rio è stata connessa tramite una condotta a sezione ovoidale con il Rio Budoni in prossimità del ponte Salamaghe. Tale condotta consente di smaltire parzialmente le portate che giungono nell’area stagnale di Sa Gambitta causandone problemi dal punto di vista ecologico. La presenza dello stagno e del canale ovoidale infatti costituisce una disconnessione di tipo idraulico e di tipo ecologico tra la parte a monte e la parte a valle del bacino del fiume. Occorre evidenziare come l’esondazione del torrente nel corso degli eventi del 2007, 2008 e 2009 abbia provocato notevoli problemi lungo la via nazionale e le strade da esso intercettate, comportando anche la totale chiusura
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della strada principale del centro. 6. Rio Pedra e Cupa Il Rio Pedra e Cupa con un bacino di circa 4 km2 sorge nell’area collinare di Cuileddu-Sa Pedra Bianca adiacente all’abitato di Limpiddu. Dopo una prima parte in cui attraversa la piana agricola a monte dell’abitato di Budoni, il rio entra nella parte sud del centro abitato attraversandolo in direzione ovest-est per poi sfociare nel corpo recettore dello stagno di Sant’Anna. Il suo bacino, pur di modeste dimensioni, dà luogo, in occasione di precipitazioni importanti, come quelle verificatesi più volte tra il 2007 e il 2009, a piene repentine. L’alveo del Rio Pedra e Cupa risulta generalmente insufficiente al contenimento delle piene con tempi di ritorno superiori a 50 anni. Ma le maggiori criticità si manifestano nel tratto finale compreso tra il ponte sulla SS125 e lo stagno. Proprio la scarsa pendenza e la presenza dello stagno incidono sulla velocità dell’acqua e pertanto sulla capacità di deflusso dell’alveo, che avendo sezioni inadeguate esonda allagando i quartieri adiacenti.Tale situazione è aggravata inoltre dalla presenza, proprio in prossimità della foce, di un campeggio che sviluppandosi nell’antica area di espansione del rio contribuisce in maniera notevole al rallentamento dei flussi. A differenza del Rio Budoni Centro, il Rio Pedra e Cupa mantiene ancora oggi all’interno del centro abitato la sua conformazione originaria nonostante l’urbanizzazione avvenuta negli ultimi anni abbia sottratto al rio molti spazi di espansione. 7. Rio Lu Trainu Il Rio Lu Trainu costituisce il principale torrente posto a sud dell’abitato di Budoni e lambisce le frazioni di San Gavino, Limpiddu e Solità per poi sfociare nello stagno di Sant’Anna di cui ne è il principale affluente. Con un bacino di circa 8km2 il rio è per dimensione il secondo più grande su tutto il territorio Budonese e risulta essere uno dei corridoi ecologici più importanti del territorio collegando la aree collinari poste più ad ovest con i sistemi umidi retrodunali costieri. Dopo un tratto montano con pendenze abbastanza elevate e un alveo inciso nel terreno, il rio si presenta nel tratto vallivo con pendenze più dolci e sezioni dell’alveo meno incise. Le principali criticità di
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tale torrente, sviluppandosi in gran parte su aree agricole, sono dovute agli attraversamenti stradali idraulicamente insufficienti, tra cui anche il ponte sulla SS125, e in particolare ai numerosi accessi ai terreni agricoli costituiti da tubolari. Nel tratto vallivo la sezione del canale risulta insufficiente a contenere le portate di piena con tempi di ritorno di 50 anni. 8. Rio Porto Ainu La località di porto Ainu è interessata dalla presenza di un piccolo torrente che scorre da sud verso nord e sfocia nel “Golfo dell’Asino”. Il Rio, con carattere prettamente stagionale, ha un bacino di circa 2 km2 e nasce nell’arcata collinare di Monte Longu per poi svilupparsi lungo la piana agricola che dalla SS125 si estende sino all’insediamento turistico di Porto Ainu, dove alimenta una piccola area stagnale a carattere stagionale. Sviluppandosi principalmente su un’area agricola il rio non presenta rilevanti criticità. Nel tratto collinare posto a monte dell’intersezione con la SS125 il torrente però risulta essere incanalato e tombato per un lungo tratto, passando anche al di sotto di alcune abitazioni. L’attraversamento della SS125 risulta inoltre di sezione inadeguata. Altre problematiche sorgono sempre per la presenza di diversi attraversamenti nel tratto vallivo che risultano idraulicamente insufficienti poiché realizzati con semplici tubolari di sezione ridotta.
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3. Progetto Idraulico di Riassetto Idrogeologico 3.1 Inquadramento Normativo Il progetto idraulico, posto alla base del presente lavoro, ritrova la propria origine nell’adeguamento da parte del Comune di Budoni del Piano Urbanistico Comunale (PUC) alle prescrizioni imposte dal Piano di Assetto Idrogeologico (PAI). L’introduzione di questo strumento di pianificazione è legata al susseguirsi in questi ultimi anni di disastri idrogeologici quali l’alluvione del 1994, i fatti di Sarno, le alluvioni dell’autunno del 1998 e del 2000 e la tragedia di Soverato. Questi recenti eventi hanno portato all’evidenza della pubblica opinione la fragilità del territorio italiano in relazione al legame tra i suoi caratteri fisici e i processi di antropizzazione. Queste catastrofi hanno fatto crescere nella collettività la domanda di sicurezza urbana e la consapevolezza della necessità di intervenire in maniera organica e complessiva per garantire la stabilità dei versanti e il mantenimento del corretto regime idraulico. La legge n 267 del 3 agosto 1998, in funzione di quanto precedentemente detto, prevede che “le autorità di bacino adottino, ove non si sia già provveduto, piani stralcio di bacino per l’assetto idrogeologico [...] che contengano in particolare l’individuazione delle aree a rischio idrogeologico e la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di salvaguardia nonché le misure medesime”. Il Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI) si configura quindi come uno strumento che attraverso criteri, indirizzi e norme consente una riduzione del dissesto idrogeologico e del rischio ad esso connesso. Il PAI ha come obiettivo la messa in sicurezza delle aree antropizzate attraverso azioni strutturali e non strutturali che definiscono una serie di norme d’uso del territorio. Il primo obiettivo del Piano è la perimetrazione delle aree a rischio affinché su esse vengano adottate idonee misure di salvaguardia atte a ridurre gli effetti di eventi eccezionali. Il metodo per la valutazione del rischio dipendente da fenomeni di carattere idrogeologico viene indicato dal D.P.C.M 29.10.98. In particolare per valutare il rischio viene fatto riferimento a tre fattori: - pericolosità: la probabilità di accadimento di un evento calamitoso; - valore degli elementi a rischio: cioè delle persone, dei beni localizzati, del patrimonio ambientale; - vulnerabilità degli elementi a rischio: dipendente sia dalla capacità di sopportare le sollecitazioni esercitate dall’evento sia dall’intensità
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dell’evento stesso. Una volta individuate le aree soggette a rischio idrogeologico tramite l’acquisizione delle informazioni disponibili si procede alla perimetrazione delle stesse e all’assegnazione delle relative norme di salvaguardia. Nel caso del rischio idraulico il PAI distingue 4 zone a seconda della pericolosità di alluvione presente in quella determinata area, così denominate: Hi1 (aree a pericolosità moderata), Hi2 (aree a pericolosità media), Hi3 (aree a pericolosità elevata), Hi4 (aree a pericolosità molto elevata). Le N.A. del PAI (art. 4 comma 6) prevedono che in sede di adozioni di nuovi strumenti urbanistici i comuni adottino e valutino le indicazioni di appositi studi di compatibilità idraulica, geologica e geotecnica, riferiti a tutto il territorio comunale e qualora ve ne sia bisogno analizzino le possibili “alterazioni dei regimi idraulici e della stabilità dei versanti”, collegate alle nuove previsioni di uso del territorio, con particolare riguardo ai progetti di insediamenti residenziali, produttivi, servizi e infrastrutture.
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In Foto: Danni Causati dall’alluvione del 2009 all’edificato adiacente al rio Budoni
3.2 Progetto idraulico e azioni di intervento Come precedentemente illustrato, il lavoro di tesi pone le basi a partire dallo studio idraulico effettuato in aggiornamento alle norme previste dal PAI. Lo studio, esteso all’intero territorio comunale di Budoni con l’individuazione dei torrenti maggiormente significativi sia come estensione del bacino imbrifero sia per le eventuali interazioni con i centri, si è basato su un’indagine circa le aree interessate dagli eventi alluvionali del novembre 2008 e del settembre 2009 a cui è seguito un prolungato lavoro di verifica sul campo dei vari torrenti di significativa importanza presenti all’interno delle aree urbanizzate e non urbanizzate. Una volta individuate le caratteristiche idrologiche dei singoli bacini, in conformità con le linee guida per la realizzazione del Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico, sono state sviluppate delle modellazioni idrauliche secondo le ipotesi del moto permanente17 che hanno portato alla definizione delle aree di esondazione, individuate per le portate aventi tempi di ritorno di 50, 100, 200 e 500 anni (Hi4, Hi3, Hi2, Hi1)18. Queste ultime sono state quindi riportate sulla cartografia di base 1:10000 per l’intero territorio comunale e sulla cartografia di base 1:2000 in corrispondenza dei centri abitati indicando i vari gradi di pericolosità idraulica. Infine per avere una quadro maggiormente dettagliato lo studio si è dotato di una scheda di intervento per ogni singolo rio che, oltre a fornirne un quadro delle principali criticità, ha individuato le tipologie di interventi necessari per la risoluzione dei problemi idraulici. A partire dalle aste fluviali poste a nord vengono qui riportati di seguito gli interventi previsti dal progetto: 1. Rio Ottiolu-Porto Adeguamento della sezione dell’alveo con risagomatura dell’esistente e con la realizzazione di alcuni tratti arginati. Demolizione e rifacimento di alcuni attraversamenti pedonali ed eliminazione di tratti tombati in particolare nell’area a ridosso del porto. 2. Rio Ottiolu Adeguamento della sezione dell’alveo con risagomatura dell’esistente e con la realizzazione di alcuni tratti arginati.
17. La definizione moto permanente è riferita ai fluidi, ed tale per cui il campo di velocità è indipendente dal tempo. Questo vuol dire che qualsiasi moto, anche turbolento, può essere permanente, a patto che in ogni punto il vettore velocità non vari nel tempo. 18. Il modello idraulico utilizzato in questo studio, de-
nominato HEC-RAS, è stato sviluppato dall’US Army Corps Of Engineers. Esso è in grado di effettuare simulazioni di tipo monodimensionale del fenomeno di propagazione dell’onda di piena su corsi d’acqua. Il modello presuppone che siano fornite le geometrie di un numero sufficiente di sezioni trasversali. Il programma inoltre consente di inserire sezioni trasversali fittizie, interpolando quelle rilevate, in modo da assicurare che il passo di discretizzazione spaziale non ecceda un assegnato valore limite.
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Demolizione e rifacimento di alcuni attraversamenti pedonali ed eliminazione dei tratti tombati a ridosso dell’abitato e dei parcheggi. Realizzazione di una connessione tra il Rio Ottiolu e la vicina area stagnale di “Guastafogliu” per permettere all’area stagnale di svolgere la sua funzione di cassa di espansione, soprattutto nei momenti in cui l’espansione al mare non è consentita dalle condizioni meteo-marine. 3. Rio Agrustos-li Cuccuttii Adeguamento della sezione dell’alveo con risagomatura dell’esistente e con la realizzazione di alcuni tratti arginati. Realizzazione di briglie e soglie di fondo nella parte collinare a monte dell’abitato per dissipare l’energia della piena e contenere il trasporto solido. Demolizione e rifacimento di alcuni attraversamenti pedonali e stradali ed eliminazione di tratti tombati. Realizzazione di un canale diversivo nel tratto finale per evitare l’attraversamento dei villaggi turistici esistenti. 4. Rio Budoni Realizzazione di nuovi argini nel tratto compreso tra la il ponte lungo la SS125 e la foce, interventi ad oggi già realizzati. Adeguamento delle dimensione del ponte sulla SP per Agrustos. Realizzazione di briglie nel tratto compreso tra Berruiles e il ponte lungo la SS125, al fine di diminuire il trasporto solido a valle verso l’abitato. Rinalveamento del Rio San Pietro tra la zona artigianale e la confluenza con il Rio Budoni, rifacimento del ponte lungo la strada comunale presso l’area artigianale. 5. Rio Budoni Centro Eliminazione dei tratti tombati realizzando dei canali prevalentemente a cielo aperto. Costruzione di ponti di adeguata luce in corrispondenza degli attraversamenti esistenti. Realizzazione di un canale diversivo di collegamento dell’area stagnale posta all’interno dell’abitato con il Rio Budoni tale da consentire lo smaltimento dell’intera portata proveniente dal bacino imbrifero del tratto a monte dell’area stagnale. Con tale intervento non sarebbe necessario adeguare la sezione e i ponti del tratto vallivo del torrente che smaltirebbe esclusivamente la portata del bacino residuo, in mancanza di tale diversivo occorre invece prevedere l’adeguamento del canale e dei ponti esistenti anche nel tratto vallivo.
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6. Rio Pedra e Cupa Adeguamento della sezione dell’alveo con risagomatura dell’esistente e con la realizzazione di alcuni tratti arginati. Demolizione e rifacimento di alcuni attraversamenti pedonali e stradali presenti in prossimità dello stagno di Sant’Anna. 7. Rio Lu Trainu Demolizione e rifacimento del ponte stradale sulla SS125 e del ponte di accesso alla frazione di Solità. Risagomatura dell’alveo nel tratto in prossimità della frazione di Limpiddu e ripristino dell’andamento naturale del torrente che è stato modificato nel corso degli anni e obbligato ad un percorso non naturale con curve a 90 gradi. 8. Rio Porto Ainu Realizzazione di nuovi argini a protezione degli insediamenti turistico esistente, realizzazione di nuovi ponti sia lungo la SS125 che in corrispondenza delle strade di urbanizzazione presenti. Dall’analisi delle indicazioni proposte su ogni singolo rio è possibile individuare sei rilevanti tipologie di intervento che si ripresentano con frequenza: - Adeguamento della sezione dell’alveo con risagomatura dell’esistente Questo tipo di intervento prevede la pulizia da eventuali ostruzioni dell’alveo e, ove ve ne sia la necessità, l’allargamento dello stesso tramite operazioni di scavo. Inoltre si prevede il ripristino del percorso originario dell’asta fluviale dove nel corso del tempo vi sia stata una modifica nell’andamento (Rio Lu Trainu). - Creazione di nuove arginature L’intervento prevede la creazione di tipiche arginature in calcestruzzo armato nei centri abitati e in gabbie di materiale lapideo nelle aree agricole. Queste, aumentando l’altezza utile dell’alveo fluviale e quindi la portata, impediscono l’esondazione del fiume durante eventi di piena. - Risistemazione degli attraversamenti stradali L’intervento prevede la creazione o l’adeguamento dei ponti stradali posti nelle intersezioni con i rii. Si prevede inoltre l’adeguamento dei tubolari posti ai confini delle proprietà agricole alle portate di piena.
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- Eliminazione dei tratti tombati Questo intervento localizzato principalmente all’interno dei centri abitati prevede l’eliminazione delle parti tombate dei rii con la creazione di canali a cielo aperto. L’apertura di tali canali consentirebbe una migliore manutenzione dell’alveo oltre all’eliminazione del rischio di esplosione della copertura del canale qualora vi fossero eventi alluvionali di notevole intensità. - Diversioni di canali Previsto nel Rio Budoni-Centro e nel Rio Agrustos, tale intervento prevede la creazione di un nuovo canale che passando fuori dalle aree urbanizzate intercetti l’attuale percorso dei rii per farli defluire in aree non a rischio. Nel caso del Rio Budoni-Centro il canale diversivo è presente e risulta in connessione con il Rio Budoni. Attualmente tale canale risulta però sottodimensionato e il progetto ne prevede un adeguamento in modo tale da far defluire le intere portate del rio Budoni-Centro nel Rio Budoni. - Realizzazione di briglie e soglie di fondo L’intervento prevede la realizzazione di muri generalmente a sezione trapezia posti in posizione trasversale all’alveo che riducono l’energia di piena e il trasporto di materiale solido di fondo creando un deposito a monte dello stesso muro. Si può notare come la risagomatura degli alvei e la creazione di nuove arginature assumano un ruolo predominante tra le azioni proposte. L’eccessiva prossimità dei percorsi fluviali alle abitazioni ha fatto sì che in alcune situazioni, come quella del Rio Budoni Centro, venissero privilegiate soluzioni come la diversione dei fiumi rispetto alla creazione di nuove arginature. In tutti i casi proposti appare trascurata l’idea di possibili vasche di laminazione poste a monte dell’abitato, che, funzionando da aree di espansione durante gli eventi di piena, rallenterebbero il deflusso delle acque nei rii. È opportuno specificare inoltre che la creazione di vasche di laminazione sarebbe possibile solo in alcuni dei tanti rii presenti all’interno del territorio Budonese. Alcuni di questi, occupando territori caratterizzati da elevate pendenze e a diretto contatto con gli insediamenti abitati non consentirebbero l’utilizzo di tale soluzione. Più attinente e maggiormente valida in questi ultimi casi appare invece la soluzione di creazione di briglie e soglie di fondo (prevista per il Rio Budoni e per il Rio Agrustos) che, riducendo l’energia di piena e la pendenza dell’asta fluviale, eliminerebbero il
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problema delle esondazioni e degli apporti detritici nella parte a valle del Rio.
4. Dal Progetto Idraulico al Progetto Urbano L’eccessivo utilizzo del territorio, avvenuto a seguito delle politiche turistiche di massa, ha fatto in modo che si creassero destinazioni urbane decontestualizzate, simulacro di altre città (de Azua 2003). Inoltre tale processo, cancellando il rapporto di interdipendenza tra insediamento urbano e sistema ambientale, ha dato origine a situazioni in cui il sistema ambientale è stato messo in secondo piano rispetto alle esigenze di uno sviluppo edilizio incontrollato. Gli esiti di questo approccio si presentano oggi in tutta la loro evidenza e il problema rischio idrogeologico ne è una delle più visibili manifestazioni. La deviazione di numerosi canali, nonché il tombamento degli stessi per la creazione di nuove aree di espansione ha fatto sì che, con i recenti eventi alluvionali, si manifestassero una serie di criticità direttamente correlate al tema della sicurezza urbana. Appare pertanto prioritario mettere in atto una serie di azioni per mitigare il rischio idrologico. In linea con altri centri anche Budoni è stato dotato di un progetto per il riassetto idrologico del territorio. Il progetto sviluppato da un equipe di ingegneri idraulici propone soluzioni che, seppur risolvendo efficacemente il problema idraulico, offrono una visione estremamente tecnicistica e monodisciplinare. Alle soluzioni prettamente tecnicistiche proposte nelle schede d’intervento idraulico, il lavoro proposto associa una serie di interventi che, oltre alla risoluzione del problema idraulico, favoriscono la creazione di nuove spazialità pubbliche. Il progetto tenta quindi, tramite un approccio multidisciplinare, di creare un nuovo scenario di sviluppo del territorio che, tenendo conto dei fattori ecologici e sociali, trasformi il complesso sistema idrografico nel vero spazio pubblico urbano in cui, sicurezza, socialità e dinamiche ecologiche si mescolano dando vita a forme di urbanità. Partendo dalle soluzioni proposte nel progetto idraulico, il lavoro si configura attraverso la riorganizzazione dell’intero territorio Budonese. In questo senso la riorganizzazione e risignificazione dei centri urbani avviene attraverso il sistema ambientale e in particolare quello idrografico che in queste aree assume una notevole rilevanza.
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La costruzione di questi nuovi scenari di trasformazione alternativi agli attuali modelli di sviluppo nasce dal confronto con le relazioni ambientali “strutturali” della città e del territorio. Nel caso di Budoni, le numerose problematiche idrauliche legate al sistema idrografico hanno fatto sì che lo stesso si offrisse come strutturante di un intero progetto di paesaggio che potesse includere non solo le aree urbane consolidate ma la dimensione ambientale nel complesso. Si può dunque affermare che l’approccio proposto mira a una riorganizzazione dell’urbano a partire dalle strutture generative dell’acqua.
In Foto: Il sistema ambientale della Piana del Budonese.
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4.1 Progetto Urbano della Borgata di Budoni Partendo dalle indicazioni previste dallo studio idraulico di tutto il territorio Budonese il progetto si è sviluppato principalmente nell’area del centro abitato di Budoni. L’area caratterizzata dalla presenza di 3 rii che si sviluppano all’interno del centro abitato risulta essere infatti una delle più critiche dell’intero territorio. Il lavoro progettuale configurato tramite una serie di interventi di interfaccia tra il sistema ambientale (aree umide, rii e lagune) e quello urbano è divenuto parte costituente di questi stessi sistemi facilitandone quindi la lettura e la conoscenza degli stessi. L’azione di risistemazione idraulica degli argini fluviali si è unita al recupero ecologico-ambientale delle aree umide e alla risistemazione degli spazi urbani attualmente privi di identità e qualità urbana. L’idea di migliorare la relazione tra le aree umide e la città ha proposto una nuova visione di utilizzo dello spazio pubblico in cui una rilocalizzazione dei fatti urbani nelle aree di margine ha consentito una riorganizzazione dell’intero insediamento. In questo senso, nel progetto sono diventati protagonisti fondamentali i canali che attraversano la città in maniera trasversale e che tramite l’azione progettuale si sono configurati come una concatenazione di spazi pubblici, di connessione tra quartieri situati nei margini, di percorsi pedonali e ciclabili. Il tentativo di creare nuovi spazi pubblici partendo dalla centralità dei sistemi fluviali ha prodotto la generazione di spazi altamente dinamici caratterizzanti una nuova policentralità urbana. Il progetto si compone quindi di tre grandi temi di riferimento e orientamento strategico: - la dimensione idraulica del progetto - la dimensione rigenerativa degli spazi pubblici - la dimensione ambientale del progetto
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4.1.1 Dimensione idraulica del progetto La prima problematica da prendere in considerazione riguarda la risoluzione delle criticità idrauliche. È già stato presentato il sistema di soluzioni elaborato e proposto dall’equipe di ingegneri idraulici che ha studiato il progetto di adeguamento al PAI. Esso prospetta senza ombra di dubbio soluzioni efficaci dal punto di vista strettamente tecnico. Una sua corretta applicazione renderebbe il sistema idrografico “sicuro” e preserverebbe i centri abitati da un eventuale fenomeno alluvionale. Tuttavia, nella prospettiva di un approccio multidisciplinare, questa strategia si rivela incompleta. È limitata alle sole problematiche idrauliche, e non prende in considerazione le possibili conseguenze in campo ecologico e rispetto alla prospettiva di rigenerazione urbana. L’intento progettuale, come già accennato, mira invece ad una soluzione coordinata, muovendo i suoi passi dalle intuizioni ingegneristiche, per conciliare contemporaneamente la salvaguardia del patrimonio ecologico e la contemporanea creazione di spazi pubblici integrati al sistema urbano. Le indicazioni fornite dal progetto di adeguamento al PAI consistevano, per l’area d’interesse del progetto, fondamentalmente in due azioni: risagomatura dell’alveo da una parte, e creazione di nuove arginature dall’altra. A queste si aggiunge una strategia specifica per il Rio Budoni Centro, che prevede un ampliamento della sezione del canale di diversione verso il Rio Budoni, già esistente. Queste due azioni necessarie nel progetto assumono una nuova forma. La prima e principale azione svolta nell’elaborazione di una strategia per la mitigazione del rischio idrogeologico è stata quella di riassegnare al percorso fluviale le aree umide limitrofe, riconsiderandole come parte integrante del sistema idrico, ma che attualmente sono considerate aree di urbanizzazione. Quest’azione appare come un “farsi spazio” del fiume, in un gesto che ridefinisce le pertinenze fluviali all’interno del tessuto urbano. Il Rio è rivestito così di una nuova importanza, e ritrova la sua forza quale elemento strutturante del territorio. Si rende di conseguenza necessario lo studio di nuove arginature, che si discostano dalla sezione tipo a favore di soluzioni alternative. Le nuove arginature, spostandosi dal tracciato del fiume e ancorandosi alle geometrie urbane, possono tenersi su un’altezza media di 1,50
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m. È evidente che tale operazione è resa possibile dall’ampliamento del letto del fiume, che nell’eventualità di un’esondazione avrebbe a disposizione più spazio per il deflusso delle portate di piena - lo spazio ritagliato da quelle che erano precedentemente considerate aree di urbanizzazione. Emerge qui un concetto fortemente differente di argine, rispetto a quello prospettato dalle soluzioni ingegneristiche. Nel progetto l’argine è inteso come bordo urbano, e si configura come un sistema di spazi pubblici interconnessi: trovano spazio piste ciclabili, percorsi pedonali, aree di sosta, aree ricreative e strutture ricettive di vario genere. Sotto quest’ottica è chiaramente percepibile dove stia la differenza sostanziale con l’approccio tecnicista, che considera l’argine unicamente come strumento di difesa idraulica. Se per la ridefinizione dell’argine il progetto muove i suoi passi dalle intuizioni ingegneristiche, modificandole, per quanto riguarda l’ampliamento del canale di diversione del Rio Budoni Centro si propone una soluzione alternativa. Considerare la diversione del fiume come una soluzione alle problematiche di rischio idrogeologico denota una mancanza di attenzione nei confronti del sistema complesso dell’area di progetto. Un intervento di questo tipo, risolvendo le problematiche di tipo idraulico, ignora completamente le prevedibili conseguenze sul
In Foto: Simulazione fotografica delle nuove arginature
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sistema ecologico. Innesca, sul lungo periodo, una serie di processi che comprometterebbero le dinamiche del sistema umido retrodunale. La soluzione alternativa proposta prevede la creazione di vasche di laminazione a monte dell’abitato, ottenute tramite modeste opere di risagomatura dei terreni agricoli. Le vasche, fungendo da sacche di espansione durante gli eventi di piena, ridurrebbero i deflussi dei rii che attraversano il centro abitato, evitando esondazioni all’interno delle aree urbanizzate. Ciò è reso possibile, in un’azione combinata, dagli argini ampi, che qui svolgono un ruolo fondamentale: essi infatti sono capaci di contenere le portate residue che le vasche non riescono a stoccare. Infine, nella considerazione delle soluzioni adottate per ridurre il rischio idrogeologico, è importante soffermarsi sulla risistemazione
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In Foto: Planimetria dell’abitato in caso di possibile alluvione
dell’argine del Rio Budoni. Ad oggi risulta l’unico intervento effettivamente realizzato fra quelli in programma. Come le altre strategie elaborate dagli ingegneri idraulici, anch’esso assolve appieno esclusivamente la sua funzione di mitigazione del rischio di esondazione. Alla luce dell’approccio multidisciplinare sulle quali il progetto si fonda, ci si trova di fronte ad un caso specifico in cui l’opera già realizzata deve essere modificata, al fine della contemporanea creazione di una nuova spazialità pubblica. Si rimanda al paragrafo successivo, in cui saranno delineati nello specifico gli interventi del caso. 4.1.2 Dimensione rigenerativa degli spazi pubblici L’approccio all’area di progetto, come accennato poco sopra, mostra con evidenza l’assenza di una qualità urbana degli spazi pubblici. Ciò ha reso necessaria una riconfigurazione degli stessi, nell’ottica di recuperare elementi latenti all’interno dell’organizzazione del territorio, per proporli come addensanti rispetto al progetto di riqualificazione complessiva (Filindeu 2010). Nell’agglomerato urbano si palesa una scarsa presenza di spazi pubblici e, laddove siano presenti, non vengono percepiti come tali dalla collettività. Sembra lecito sostenere che non si tratti di spazi pubblici identitari, e da questo ne consegue una non-affezione: Budoni è un chiaro esempio di città-simulacro, così come intesa da De Azua. “[…] Sono spesso considerati luoghi dove è possibile liberarsi dal lavoro, prendere la distanza dalla realtà, aprirsi al desiderio e i paesaggi della vacanza diventano una proiezione dei desideri, in un certo senso un simulacro, un mascheramento delle condizioni reali della vita urbana, che è del tutto una mera invenzione onirica” (De Azua 2003). Essendo l’agglomerato urbano in questione una realtà con tutte le caratteristiche sopra descritte, la proposta di fruizione turistica ha valorizzato quasi esclusivamente la possibilità di godere di una permanenza “privata”: l’utente medio è maggiormente interessato a un ritrovato senso di privacy, al distacco dai ritmi normali della vita in città, alla possibilità di godere della sua permanenza da solo. Venendo a mancare la necessità di creare spazi pubblici in funzione della proposta turistica, è stata automaticamente ignorata la qualità degli spazi stessi, in un processo che ha snaturato l’identità storicosociale dell’agglomerato urbano.
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I paesaggi costieri diventano scenari senza territorio in cui scompaiono le memorie, i tratti distintivi, le matrici che sono costitutive del concetto stesso di processo storico e di luogo come risultato di questo processo. Il luogo diventa simulacro (Maciocco 2009). Unica eccezione positiva in questo non-sistema di spazi pubblici è rappresentato dalla strada principale del paese, l’Orientale Sarda. Essa è matrice in sé, definisce profondamente il territorio, ne conserva la memoria. Per queste caratteristiche è riconosciuta come spazio pubblico vivibile, e di fatto è l’unico luogo in cui è possibile ritrovare situazioni di urbanità. Il progetto crea nuovi spazi pubblici, nel riconsiderare gli argini ampi di cui si è trattato nel precedente paragrafo come luoghi privilegiati di qualità per la vita urbana. Il fatto stesso che gli argini siano ancorati al sistema fluviale li rende spazi pubblici di qualità, essendo il sistema fluviale matrice identitaria e generante del territorio. Il riposizionare lo spazio pubblico (attualmente dislocato nelle aree più disparate, in seguito a fenomeni di urbanizzazione indifferenti alla creazione di spazi urbani collettivi) accanto ad una forte matrice ambientale conferisce senso allo spazio stesso, facendo sì che la collettività lo percepisca come tale. Per rafforzare il riconoscimento degli spazi pubblici come tali, gli argini si strutturano con una consequenzialità in cui ai percorsi pedonali, le piste ciclabili, le aree di sosta, si alternano diverse tipologie di servizi per la cittadinanza e l’utenza turistica. Nella nuova definizione dello spazio pubblico non è possibile escludere gli elementi che attualmente regolano la vita pubblica nel quotidiano. Altresì, è impensabile includerli nel nuovo sistema così come sono: per queste ragioni il progetto li considera alla luce delle considerazioni sopra espresse. A loro è assegnato un ruolo all’interno del nuovo sistema urbano: la piazza del Comune è ridisegnata tenendo conto del sistema fluviale adiacente; il nucleo storico composto dalla Casa Cantoniera, dalla Parrocchia e dalla casa parrocchiale entra anch’esso a far parte del sistema, così come avviene nelle aree limitrofe al campo sportivo, in cui accanto a esso vengono create delle strutture pubbliche a servizio della collettività, che ridefiniscono l’accesso al centro. Per quanto riguarda la risistemazione dell’argine del Rio Budoni, citato nel precedente paragrafo e che allo stato attuale assolve unicamente alla funzione idraulica, è ora necessario soffermarci sulle condizioni
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dell’area compresa tra l’argine e l’edificato. Attualmente si tratta di un’area degradata che non assolve a nessuna funzione urbana. L’intervento previsto dal progetto è quello di realizzare un parco urbano che, sfruttando la pendenza degli argini esistenti, migliori il collegamento fra il tessuto urbano e la dominante ambientale del Rio Budoni. L’insieme di queste azioni definisce una nuova regola insediativa per l’agglomerato urbano di Budoni. Ad esse si aggiunge l’esistenza di una maglia urbana che connette il Rio Budoni Centro e il Rio Pedra e Cupa (ossia i nuovi spazi pubblici derivati dalla ridefinizioni degli argini), e anch’essa è integrata nella nuova regola insediativa. In questa regola è ovviamente prevista la possibilità di un’espansione urbana. Qualora ve ne fosse la necessità, il progetto prevede delle aree, attualmente libere dall’edificazione, che potrebbero essere destinate
In Foto: Il Sistema di spazi pubblici e di servizi ancorati alle nuove arginature.
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a questo scopo. Il progetto evita di porsi come una costruzione razionale di risposte operative per presentarsi, rispetto al territorio, piuttosto come un dispositivo “interrogativo” ed una struttura flessibile d’indagine. I gradi tracciati, le organizzazioni spaziali urbane e territoriali, pur nella necessaria chiarezza formale, non possono discendere esclusivamente dalle categorie convenzionali del progetto architettonico. Assorbendo la volontà di dare forma a fenomeni e processi che latitano nella loro espressione spaziale si pongono rispetto ad essi come la loro conseguenza spaziale (Filindeu 2010). 4.1.3 Dimensione ambientale del progetto Il presente paragrafo, che conclude l’argomentazione riguardo alla strategia progettuale, ha come scopo primario quello di porre sotto una luce particolare gli interventi sopra esposti. Si cercherà di mostrare la valenza che un progetto come questo possa avere sul piano ecologico-ambientale. Attualmente il sistema ambientale risulta degradato a causa di molteplici fattori, tutti riconducibili a una pressione antropica smodata, principalmente dovuta ai fenomeni del turismo di massa.
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In Foto: Simulazione fotografica delle nuove arginature
L’eccessiva urbanizzazione, volta a sopperire alle esigenze dell’offerta turistica, si lega al sovraffollamento antropico stagionale proprio di quest’offerta. La coesistenza di questi due fattori ha determinato una serie di problematiche. In primo luogo si è assistito ad una parziale bonifica delle aree limitrofe ai sistemi stagnali, volta alla strutturazione di spazi utili per l’edificazione: sono così venuti a mancare gli spazi di transizione fra il sistema agricolo e gli spazi stagnali stessi. Il tombamento dei fiumi, ponendo le condizioni per la creazione di nuove aree edificabili, ha nel contempo disconnesso i sistemi ecologici collinari, caratterizzati dalla presenza di vegetazione tipica della macchia mediterranea, dai giuncheti e i canneti tipici dei sistemi umidi retrodunali. Lo stessa criticità è in parte dovuta anche alla diversione dei fiumi; ma quest’azione ha generato ulteriori scompensi ecosistemici, modificando in maniera sostanziale gli apporti idrici e sedimentari che normalmente avrebbero alimentato le aree stagnali. I reflui urbani prodotti dalla normale attività dell’agglomerato di Budoni, hanno trasformato gli stagni da stagionali a permanenti e il massiccio afflusso turistico nella stagione estiva accentua notevolmente il fenomeno. Infine, l’installazione di servizi a supporto dei flussi turistici (quali ad esempio l’area parcheggi adiacente allo stagno di Sant’Anna) nelle aree retrodunali ha amplificato ulteriormente la pressione antropica in quella porzione di territorio, aumentando i fenomeni di erosione delle aree dunali. Il progetto, nell’insieme delle sue azioni di mitigazione del rischio idrogeologico e di miglioramento della qualità urbana, contemporaneamente interviene positivamente sul sistema ambientale. La strategia di ampliamento degli argini riassegna al fiume aree che gli appartengono da sempre: in questo modo si pongono le condizioni per la proliferazione e lo sviluppo di un sistema caratterizzato dalla presenza di vegetazione riparia. Il fiume, ancorandosi ad esso, diventa corridoio ambientale preferenziale per la connessione dei sistemi collinari con quelli stagnali. Nel paragrafo sulle problematiche idrauliche, erano stati accennati i rischi connessi alla diversione del fiume, sul piano ecologico. Si verifica una modifica dei flussi idrici per la quale gli apporti sedimentari nei
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bacini a valle vengono modificati e i parametri ecologici subiscono alterazioni tali da compromettere la sopravvivenza di specie florofaunistiche endemiche. Le vasche di laminazione suppliscono a questa problematica complessa, e immettono nel sistema territoriale ulteriori benefici: la loro presenza a monte dell’abitato genera degli spazi dell’acqua temporanei, che fungono da addensatori ecologici. Infine, lo spostamento dei servizi nelle aree più prossime all’urbano (e nello specifico verso gli argini ampi che, come già visto, diventano nuovi assi attrezzati), sposta il carico antropico verso il centro abitato, avviando una serie di processi di rinaturalizzazione delle aree retrodunali. Tuttavia l’offerta turistica in questo modo non viene danneggiata, ma modificata nella sostanza: l’installazione di passerelle pedonali e ciclabili, punti utili a svolgere l’attività di birdwatching, pontili per il noleggio delle canoe, modifica la modalità di fruizione turistica, passando da un turismo di massa a uno sostenibile - attento all’identità del luogo e alle sue peculiarità ambientali.
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In Foto: Planimetria di progetto e vegetazione riparia
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