Guerra e Prigionia di Giovanni Riboldi

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“Guerra e Prigionia di Giovanni Riboldi”

La sera del 30 gennaio 2012 all’età di quasi 92 anni si è spento serenamente Giovanni Riboldi classe 1920 ex artigliere ed ex P.O.W. n° 170181 di Zonderwater. Come nipote voglio riassumere in breve la sua storia affinché il ricordo di uno dei tanti ragazzi di 20 anni che partirono per la guerra sia sempre vivo dentro di noi e per tutti coloro che come me hanno nonni e parenti coinvolti in vicissitudini di guerra e prigionia. Nato a Seregno (MI) il 13-04-1920 Giovanni si trasferì a Pontecurone in provincia di Alessandria all’età di 14 anni presso la sorellastra Pizzi Agnese in quanto orfano di entrambi i genitori. Fece il soldato di leva “classe 1920” con la matricola n° 8026 presso il distretto di Tortona “Caserma Passalacqua”.

Foto del 1941

Fu chiamato alle armi presso il 38° Reggimento Fanteria compagnia cannoni da 47/32 anticarro il 14-03-1940. Dichiarato in stato di guerra presso il 38° Regg. Fanteria mobilitato fu trasferito a Limone Piemonte e a Colle di Tenda il 10-06-1940, dove partecipò a operazioni di guerra sul fronte Alpino-Occidentale (guerra lampo contro i Francesi dal 20-06-1940 al 26-06-1940).

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Limone Piemonte Giugno 1940

Colle di Tenda 8-09-1940 Elio, Giovanni, Carlo

Limone Piemonte Giugno 1940

Colle di Tenda 8-09-1940 Giovanni, Guglielmo, Elio

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Giovanni sulla tomba di un caduto del 38° Regg. Fanteria

Cannone Anticarro 47/32

Il 6-10-1940 cessò di essere mobilitato e fu trasferito a Napoli (Caserma Principe di Piemonte) presso l’85° Regg. Fanteria “Divisione Sabrata” 160° compagnia cannoni 47/32 anticarro in attesa di imbarco.

Napoli 25-12-1940 Riboldi al centro in piedi con Tizzoni, Terraneo, Pozzi, Cavalleri, Destefani

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Imbarcato a Napoli sul “Conte Rosso” il 26-12-1940 fu sbarcato a Tripoli presso l’85° Regg. Fanteria mobilitato il 28-12-1940. Fu operativo nel gennaio del 1941 nella zona di Mechili e catturato prigioniero nel fatto d’armi di Agedabia il 7-02-1941 durante la ritirata della “Decima Armata” comandata dal Gen. Graziani che ripiegava da Bengasi per l’improvvisa controffensiva Britannica (operazione Compass). I soldati Italiani furono intercettati da una colonna motorizzata Australiana che tagliò la strada costiera il 5-02-1941 a nord di Agedabia impedendone la ritirata. A nulla valse la resistenza della Brigata corazzata del Gen. Babini a Beda Fomm dove si chiuse il cerchio sui resti della “Decima Armata”. Fu trasferito prigioniero a Barce. Poi liberato da Italiani e Tedeschi il 5-04-1941 durante la controffensiva di Rommel che in 30 giorni riconquistò tutta la Cirenaica sfruttando la sorpresa dei mezzi corazzati dell’Asse e l’impiego delle Divisioni italiane “Brescia e Ariete”. Si presentò al centro di raccolta prigionieri di Tagiura il 6-04-1941.

Il 12-06-1941 fu inviato prima a Bengasi e poi a Tripoli presso il 55° Regg. Fanteria “Savona” operante nella difesa costiera di Tripoli.

Porto di Tripoli giugno 1941

Tripoli giugno 1941

Il 16-10-1941 fu nuovamente trasferito al 16° Regg. Fanteria 267° Battaglione da 65/17 operante sulla linea di difesa al confine Libico – Egiziano. 4


Nel novembre del 1941 durante la seconda controffensiva inglese (operazione Crusader) fu fatto prigioniero a Sidi Omar il 22-11-1941 da reggimenti Africani e Indiani che militavano nell’esercito britannico (primi nuclei della futura “Ottava Armata� Inglese).

Lettera scritta da Riboldi pochi giorni prima di essere preso prigioniero

Retro busta lettera

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Portato in Egitto nel campo di Alessandria, fu poi trasferito a Kassassin campo 309 (le famose “gabbie d’Egitto” in cui era appena stata debellata un’epidemia di tifo) dove gli fu assegnato il n° di matricola 170181 e nel quale rimase fino al giugno del 1942.

Cartolina di notifica prigionieri

Retro cartolina

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Lettera spedita il 26-06-1942 dal campo n° 309 e arrivata l’11-08-1942 7


Nel campo 309 gli fu consegnato da un cappellano militare il Libro di Preghiere con la “preghiera del prigioniero “ di sotto riportata.

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Sempre nel giugno del 1942 fu imbarcato a Suez e sbarcò nel mese di luglio a Durban. Fu portato prima a Pietermarisburg, disinfestato dai pidocchi venne poi trasferito in treno a Zonderwater (45 Km a nord - est di Pretoria) . Per quanto riguarda i primi tempi trascorsi in campo di prigionia ricordava la fame, i parassiti e i terribili temporali con fulmini che incombevano nella zona. Arrivato in campo, molto affamato, durante la distribuzione del primo pasto a base di polenta liquida trovò nella gavetta qualcosa che ricordava una grossa patata e quando cominciò a mangiare si rese conto che non era altro che un grumo di farina. Le tende circolari in cui dormivano i prigionieri erano sorrette da un albero centrale in ferro che spesso attraeva i fulmini durante le tempeste mettendo in grave pericolo chi era all’interno. Solitamente in otto per tenda dormivano con i piedi verso il sostegno al centro e la testa rivolta all’esterno. Come giaciglio erano provvisti di sacchi che riempivano con erba del posto. Soltanto durante il terzo anno di prigionia furono costruite le baracche dotate di un parafulmine rudimentale. Il terreno era ricco di ferro e i sassi erano ben più pesanti del normale, infatti lui ed altri compagni li utilizzavano per cacciare con fionde artigianali. Almeno nel periodo iniziale di prigionia dovettero cercare di procurarsi viveri in più di quelli che venivano normalmente messi a disposizione anche costruendo piccole trappole per catturare tortore e altri uccelli. Con l’arrivo del Colonnello Prinsloo nel 1943 la vita in campo cambiò; ci fu un vero e proprio miglioramento delle condizioni di vita, una migliore gestione dei viveri e dei lavori da svolgere da parte dei prigionieri. Il Colonnello riuscì ad impegnare il loro tempo nel migliore dei modi sfruttando le capacità di molti e la creatività degli italiani che realizzarono cose grandiose come si può vedere dai libri su Zonderwater. Fra i ricordi positivi del campo diceva di essere stato uno dei primi ad avere i buoni per lo spaccio (primo acquisto due scatole di marmellata di pomodori) e ricordava un compagno di Brescia che faceva le scope con il quale collaborava procurandogli il materiale. Queste scope venivano poi vendute e mio nonno percepiva una percentuale sul guadagno. Un prigioniero di Carate Brianza che prima della guerra faceva lo “stagnino” costruiva le valige con i barattoli di latta chiamate “valige millecolori”. Questi sono piccoli esempi di come i prigionieri sfruttavano e trasformavano i materiali a disposizione per costruire cose utili per tutti e trarne un profitto.

Il campo di cui parlava spesso fu quello di Warmbaths, detto paese dei bagni caldi, dove ricordava il responsabile della cucina, un maresciallo friulano che faceva rigorosamente rispettare le dosi di cibo per i prigionieri. Inoltre a Warmbaths le guardie erano molto più permissive e la sera talvolta lasciavano che lui e altri prigionieri uscissero per andare a pescare presso una diga che si trovava li vicino. Nel mese di dicembre del ‘44 in questa località fu ricoverato in ospedale in seguito ad un infortunio in un campo di lavoro.

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Cartella personale ammalati dell’ospedale

Foglio dimissioni 11


Riguardo ai campi di lavoro esterni trascorse in una fattoria vicino a Worcester (Città del Capo) due anni, forse due stagioni; lì trovò calda accoglienza e umanità presso la famiglia proprietaria. Il capo famiglia era sordomuto di origine olandese, aveva un figlio che si occupava delle lavorazioni nei campi ed una figlia che faceva l’insegnante. La moglie era molto affezionata a Giovanni e si rivolgeva spesso a lui chiedendo notizie dell’ Italia. Il desiderio più grande per questa donna era di poter vedere Roma e il Papa. Sia la figlia che la mamma invitavano spesso mio nonno a prendere il thè con biscotti in giardino. Tutti loro in famiglia avevano fiducia in lui al punto da prestargli il fucile per andare a caccia alle tortore (Giovanni è sempre stato appassionato di caccia e di pesca). Lavorò anche in altri campi senza però dare indicazioni precise di località e ricordando che in molti posti i prigionieri non erano affatto trattati bene. Delle attività che si svolgevano nel campo n° 10 ricordava gli incontri di boxe, le partite di calcio, la scuola di scherma e quella di musica dove si tenevano concerti veramente belli. Partecipò anche ad una colletta di gruppo fatta con altri prigionieri affinché un loro compagno potesse acquistare un mandolino. Parlava sempre dell’esistenza, all’ingresso del campo 10, di un orologio funzionante ad acqua costruito dai prigionieri. Un ingegnoso meccanismo di ruote e ingranaggi sulle quali erano montate lattine vuote della carne; quando queste si riempivano d’acqua al punto giusto la ruota faceva scattare 5 minuti nell’orologio. Fu cooperatore degli Inglesi dal 12-01-1945.

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Zonderwater 6 ottobre 1945 Riboldi è il secondo in piedi da sinistra con Molinari, Biancotti, Albertassi, Cogliati

Resoconto individuale del P.O.W.

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Per il rimpatrio fu imbarcato a Durban sulla motonave “Maloja“ il 10-12-1946 e sbarcò a Napoli il 28-12-1946. Fu mandato in licenza di 60 giorni con assegni (£ 10.000).

Il ritorno da Napoli fu su vagoni carro per bestiame fino a La Spezia dove in attesa del ”treno dei fiori” lui e diversi compagni si fermarono in una trattoria. La proprietaria, saputo che erano prigionieri, preparò loro un abbondante e buonissimo piatto di pasta che mio nonno ha sempre ricordato con le lacrime agli occhi. Da quel lontano1940 passarono sei lunghi anni ma alla fine il soldato Riboldi tornò a casa. E dovete sapere che quando mio nonno ricevette la cartolina di precetto per il militare di leva il messo comunale che la recapitò disse: “Sei proprio fortunato! Vai a fare il soldato a Tortona a 9 km da casa”. Purtroppo le cose andarono diversamente.

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Si presentò al Distretto Militare di Tortona il 4-01-1947.

Foglio notizie n°1 di Tortona

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Foglio notizie n째2 di Tortona

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Libretto paga e foglio liquidazione assegni dovuti

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Foglio matricolare di Giovanni Riboldi

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Fu poi assunto al cotonificio “Bustese” a Pontecurone (AL) dove lavorò come addetto alla manutenzione delle macchine per la filatura del cotone fino alla pensione.

Questa è in sintesi la storia di mio nonno che io e mia madre siamo riusciti a ricostruire sulla base di documenti, racconti sentiti e del materiale reperito anche grazie alle preziose indicazioni fornite dal prof. Enzo Bonzi, dall’ ing. Emilio Coccia e dalla sig.ra Monica Deambrosis ai quali va un sentito ringraziamento. Tale ringraziamento è anche per la sig.ra Letizia Bulleri che ha preso tanto a cuore questa ricerca aiutandoci a trovare molti contatti senza i quali non sarebbe stato possibile avere tante notizie.

Marco Gemme e Franca Riboldi

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