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Indagine per Covid-19 in alcuni impianti di macellazione in Italia
Si è tenuto il 29 settembre, organizzato dall’Istituto superiore di sanità, un webinar indirizzato alle Regioni e ai Dipartimenti di Prevenzione interessati, che ha riguardato uno scambio di informazioni e conoscenze sui focolai di Covid-19 registrati in Italia in impianti di macellazione e sezionamento.
Il tema centrale è stato trattato partendo da alcune domande qualificanti alla luce delle evidenze estere: cosa caratterizza gli stabilimenti di lavorazione carni rendendoli, a parità di dimensioni aziendali e intensità di ritmi di lavoro, più suscettibili alla diffusione del virus rispetto ad altri comparti lavorativi? Esiste la possibilità di fornire alle imprese e agli stessi operatori dei Servizi Asl e Ats linee di indirizzo finalizzate alla migliore conoscenza del rischio e alla prevenzione della diffusione del contagio in questi stabilimenti? Ferme restando le esigenze produttive del singolo stabilimento o della stessa filiera, esistono criteri condivisi che consentano un approccio che rispetti l’esigenza primaria della tutela della salute pubblica e del singolo individuo?
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Nel corso del webinar sulle attività di indagine per Covid-19 in alcuni impianti di macellazione si è voluto illustrare l’obiettivo finale: proporre a livello nazionale un piano mirato di prevenzione con attuatori i Dipartimenti di Prevenzione delle Asl e Ats, in quanto il settore in questione appare strategico e al contempo fragile per garantire un accesso sicuro alla risorsa alimentare.
A livello di impianti industriali, caratterizzati anche da una forza lavoro soggetta ad ampio turnover, non ci si può permettere l’introduzione di Sars-CoV-2, in quanto le condizioni microclimatiche possono favorire il contagio in ambito lavorativo. La ridotta differibilità della macellazione, prioritariamente nel settore avicolo e a seguire nei suini e bovini, può comportare uno spreco di risorsa alimentare per un eventuale aumento degli animali morti in attesa di essere macellati oltre il termine di vita commerciale, laddove l’impianto di macellazione dovesse lavorare a ritmo ridotto o essere temporaneamente chiuso e non ci fossero adeguati impianti vicarianti. Da notare che 6-7 impianti di macellazione in Italia coprono il 90% della produzione di broiler, e per il territorio veneto, la filiera avicola è a maggiore rischio.
L’iniziativa, su invito, è stata presa per il perfezionamento degli strumenti di lavoro destinati alle associazione datoriali come schema per l’autocontrollo e per i dipartimenti di prevenzione, attraverso un questionario per la sensibilizzazione (il termine tecnico è “advocacy”) delle potenziali criticità impianto per impianto, senza generalizzare e associare in modo immediato e non dimostrabile le evidenze Covid-19 in Italia nel settore della macellazione. Tale iniziativa è il seguito delle attività di un gruppo di lavoro tra Iss, Inail e Asl Bari-Dipartimento prevenzione, che ha proposto al tavolo tecnico interregionale sulla sicurezza sul lavoro gli strumenti sopra citati.
Dalla consultazione di tale tavolo tecnico, presieduto dalla Regione Lombardia – dottoressa Nicoletta Cornaggia, è scaturita la proposta di un Piano mirato di prevenzione, strutturato secondo l’approccio indicato nel Piano nazionale della Prevenzione 2020-2025, ovvero “…come un modello territoriale partecipativo di assistenza e supporto alle imprese nella prevenzione dei rischi…”, allo scopo di verificare e meglio individuare gli interventi non farmacologici efficaci a contenere la trasmissione del contagio nei luoghi di lavoro. Il piano è incentrato e contestualizzato sul territorio e vi vengono disegnati i criteri alla base delle priorità di intervento; inoltre non è disgiunto da un’attività di formazione/informazione alle imprese del settore.
Tale proposta ha raccolto il consenso della dottoressa Francesca Russo, Regione Veneto, coordinatrice del Coordinamento interregionale prevenzione (CIP), che ha sottolineato gli aspetti di collaborazione con il mondo produttivo per risolvere insieme i problemi evitando gli aspetti sanzionatori.
Le evidenze salienti portate alla conoscenza sono state le seguenti:
Esiste la possibilità di un’azione preventiva efficace lavorando in maniera organica su vari fattori di rischio: a) gestionali, b) strutturali, c) lavorativi (mercato del lavoro); socio-culturali (etnie presenti e loro abitudini sociali).
In questo, le esperienze maturate da Ats Valpadana per i primi focolai in provincia di Mantova, e da Regione Emilia-Romagna per i primi focolai tra Modena e Reggio Emilia sono state risolutive per capire lo sforzo alla base di un’opera di prevenzione e tracciamento dei casi. In particolare la Regione Emilia-Romagna si è attivata con un depistaggio molecolare (tampone e RT-PCR) a tappeto di tutti gli operatori nel settore ATECO 10.1, insieme alla logistica, in seguito a tempestiva ordinanza regionale. Monitorati in maniera preventiva anche i flussi lavorativi da aree non Shengen, accompagnati da opportuna verifica dell’isolamento fiduciario, in accordo con le aziende del settore.
Analoga per intensità ed efficacia l’azione dell’Ats Valpadana che, potendo contare su schede di controllo del Nucleo ispettivo Covid delle Prefetture Mantova e Cremona e sulla verifica dei contenuti in base alla scheda regionale e anagrafe zootecnica con la collaborazione dei servizi veterinari, ha effettuato oltre 4.000 tamponi sui lavoratori e interventi di prevenzione in un’area a fortissima densità di attività ATECO 10.1 (20% delle imprese nazionali). Dai sopralluoghi, le criticità che hanno generato una richiesta di interventi sono state: aspetti organizzativi, aspetti strutturali, microclima, aspetti igienico-sanitari (pulizia/sanificazione), utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, aspetti informativi/formativi. Anche qui sono state evidenziate le modalità legate al mercato del lavoro e le cause socio-economiche e culturali di base.
Dopo i casi di inizio estate si è passati alla descrizione di quanto riscontrato in provincia di Trento, da Apss, e in provincia di Treviso, da Regione Veneto. Questi casi tardivi hanno tuttavia evidenziato meglio alcune criticità. In provincia di Trento, le dimensioni “non industriali” degli impianti interessati riconoscono appunto una circolazione di forza lavoro “non stanziale”, con i 2 casi indice sintomatici che di fatto hanno determinato focolai secondari in almeno altri 4 stabilimenti. Anche qui la componente etnica ha rappresentato un fattore determinante. A Treviso è stata effettuata una valida strategia di screening dei lavoratori basata su tamponi rapidi, ripetuti serialmente su tutti gli individui risultati negativi al primo screening. Di fatto l’impianto, che ha sostenuto anche una produzione più elevata rispetto all’atteso, nonostante la riduzione del conferimento al settore Ho.Re.Ca, si è trovato a utilizzare forza lavoro “non stanziale” dopo le ferie di agosto, pari a circa il 50% degli effettivi a pieno regime sulle linee di macellazione e sezionamento.
Inail, tramite il dottor Sergio Iavicoli, ha illustrato l’analisi di rischio, che viene incrociata con le denunce di infortunio per Covid-19 che l’Ente riceve dai medici competenti. La matrice è basata sui fattori esposizione/prossimità/ aggregazione; a questo scopo si è rivelato necessario un focus particolare su attività ricomprese nel codice ATECO 10.1, considerando anche le differenze nei cicli produttivi delle varie specie animali. Il problema di manodopera giovane e asintomatica può rendere difficile la prevenzione, se riferita alla sola sintomatologia. Sono stati sottolineati anche i fattori legati agli ambienti di lavoro (basse temperature, umidità, superfici di acciaio, rumorosità, ventilazione), al corretto distanziamento, all’utilizzo di DPI adeguati, alle modalità di raggiungimento del posto di lavoro e ai determinanti socio-demografici legati anche al reclutamento della forza lavoro. Sono stati indicati anche i cardini per una riapertura in sicurezza, basata su una strategia multifattoriale per la mitigazione dei rischi. Si è auspicato infine una collaborazione con le Regioni per fare tesoro dei casi studio attraverso l’approfondimento sui focolai, la comprensione dei processi, l'analisi di rischio e quali strategie di gestione adottare.
Le associazioni di categoria invitate hanno manifestato interesse all’iniziativa in modo collaborativo, segnalando la scarsa prevalenza di casi negli impianti in fase di picco pandemico, la sensibilizzazione degli assistiti, la necessità di una prevenzione anche attraverso un accesso prioritario alla vaccinazione anti-influenzale e il fatto che la situazione italiana sia diversa da quella che si è verificata in altri Stati.
Per concludere
Le schede e il questionario non sono stati resi disponibili, in quanto oggetto di revisione in base alle risultanze del webinar. Tali schede, d’altra parte, sono risultate valide in quanto sperimentalmente applicate all’interno di impianti di macellazione industriali. La regione Umbria le ha già adottate in una prima versione e attivato i Dipartimenti di Prevenzione competenti.
Si è concluso che prevenire i focolai all’interno dei macelli si può, anche se richiede impegno e trasversalità nelle azioni. Le realtà territoriali che per prime sono entrate in contatto con la problematica, in base a strumenti legislativi e organizzativi, sono state in grado di prevenire ulteriori focolai. Tuttavia, i recenti casi in provincia di Trento, Treviso e Napoli, non permettono di abbassare la guardia, anche considerando le modalità di organizzazione della forza lavoro.
I servizi veterinari sono chiamati a una forte collaborazione istituzionale, anche per la profonda conoscenza delle filiere e di come lavora un macello, condividendo peraltro il rischio lavorativo.
L’organizzazione del webinar è il risultato dei quesiti posti al Comitato tecnico scientifico per l’emergenza Covid da Sivemp Veneto: di sicuro avere sollevato il problema sulla sicurezza lavorativa e sulla gestione dei focolai in ambito macelli, che pone la salute come driver principale e trasversale ad altre politiche sociali, culturali, economiche, lavorative fa onore a Sivemp, che ha i piedi nella realtà di ogni giorno e che quindi può rilevare e proporre in modo propositivo e professionale interventi migliorativi.
Fonte: Sivemp Veneto