Aldiqua

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In uscita il /2014 (14, 0 euro) Versione ebook in uscita tra fine QRYHPEUH e inizio GLFembre 2014 ( ,99 euro)

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COSIMO RAVIELLO

ALDIQUA

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ALDIQUA Copyright © 2014 Zerounoundici Edizioni ISBN: 978-88-6307-800-8 Copertina: Immagine Shutterstock.com

Prima edizione Ottobre 2014 Stampato da Logo srl Borgoricco – Padova


Se della morte è l’ora, saluta la Signora. Stefano Benni, “La compagnia dei Celestini”



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Prologo

“In principio era il nulla. Poi qualcosa andò storto.” Il polemico cartello si leggeva in lingua primordiale, a caratteri cubitali, vicino all’ingresso di un maestoso palazzo. In realtà il messaggio originale prevedeva solo la prima parte. L’altra era stata aggiunta in un secondo momento da anonimi artisti incompresi, denominati “vandali” dai più. Tre misteriosi tizi a cavallo apparvero dal nulla, scesero dagli animali, li legarono e si avviarono verso l’entrata dell’imponente costruzione che si ergeva di fronte a loro. «Un’altra riunione, non ne posso più. Era meglio quando eravamo solo in quattro. Ci organizzavamo tra di noi e ci vedevamo a nostro piacimento. Poi tutte quelle formalità, continuano a chiamarci con i vecchi nomi di lavoro. Senza contare che i nuovi arrivati non li sopporto» disse il più alto dei tre, mentre salivano la lunga rampa di scale. «Li chiami ancora nuovi arrivati? L’ultimo è qui già da un centinaio di anni» rispose uno degli altri due. «Ma non capisci? Affermano che siamo superati, che loro hanno più lavoro di noi.» «Be’, dei quattro che eravamo all’inizio tu sei l’unico ad avere questo problema. Bene o male noi lavoriamo tutti come prima» disse il terzo, che non aveva fino ad allora proferito parola.


6 «Certo, è semplice per voi, sono millenni che avete lavoro facile! Io invece sono costretto continuamente a fare corsi di aggiornamento e a creare nuove malattie infettive, ma non appena il lavoro prolifera, puntualmente trovano una cura e io devo ricominciare da capo. Vorrei vedere voi al posto mio. È snervante!» rispose il tizio alto. «Dici sempre le stesse cose» disse uno dei altri due. «Già» convenne l’altro. Il tizio alto sbuffò senza aggiungere altro. Giunti davanti a una spessa porta, la aprì ed entrò per primo nella stanza. Al centro c’era un tavolo dov’erano sedute una dozzina di persone. «Pestilenza! Finalmente! Sei solo?» chiese la figura a capotavola. «No, ci sono anche gli altri.» «Carestia, Guerra entrate!» disse la figura a capotavola, scorgendo gli altri due alla porta. «Siete in ritardo vecchi!» gridò uno dei tipi seduti al tavolo. «Dovrebbero rottamarvi!» aggiunse un altro. «Maledetti ragazzini, venite qui che vi insegno le buone maniere!» sbottò il tizio alto, chiamato Pestilenza. «La finite?» intervenne la figura a capotavola «giovani, vecchi, che discorsi fate? Vorrei ricordarvi che qui non hanno alcun senso. Pestilenza siediti. In quanto a voi, Disoccupazione e Depressione, portate rispetto!» Nessuno osò replicare. «Siamo tutti?» chiese la figura a capotavola. «Manca uno» rispose il tizio alto, chiamato Pestilenza. «Chi?» «Il solito, ma non credo verrà, quindi possiamo cominciare.» «Possibile che manchi ogni volta?»


7 «Dai, non è colpa sua. È al lavoro. Come sempre.» Il sole apparve dalle montagne, cercando di rischiarare con i suoi raggi la città ancora immersa nel buio della notte. Tra lui e il suo scopo si frapposero nubi minacciose, riuscendo magistralmente a sabotargli il piano. Per festeggiare la vittoria, dopo qualche ora scaricarono tutta la loro furia sulla città, che si bloccò come era solita fare tutte le volte che pioveva; il fatto era che lì accadeva spesso. Erano rare le giornate di sole. Il cielo nuvoloso si alternava a lievi pioggerelline e acquazzoni. I meteorologi chiamavano questo fenomeno atmosferico “piovoso variabile”. Nonostante ciò la città non si era mai preparata adeguatamente alle piogge che la colpivano in continuazione. I tombini non riuscivano a trattenere l’acqua e le strade erano continuamente allagate. Il problema c’era sempre stato. Autorevoli storici affermavano che, senza ombra di dubbio, era per quello che in passato la città venne chiamata Acquamelma. A contribuire alla causa ci pensava il fiume Pantano, un corso d’acqua torbido e fangoso che attraversava tutta la città e spesso straripava unendosi alla strada anche essa fangosa, rendendo quasi impossibile per un passante distinguere dove finiva la strada fangosa e dove iniziava l’acqua fangosa del fiume fangoso. Su una strada che costeggiava il fiume, a una delle fermate dell’autobus, un discreto numero di persone imprecava verso il grigio cielo. I due precedenti mezzi non erano passati, pertanto tutti attendevano con impazienza quello in ritardo. Ovviamente non sarebbero riusciti a salire tutti, il che spiegava il silenzio di tomba che aleggiava nell’aria, le occhiatacce che si scambiavano l’un con l’altro e perché ognuno considerasse


8 nemico capitale la persona al proprio fianco. Tra di loro, in piedi, a debita distanza dal gruppo, Grim guardava preoccupato il panorama paludoso di fronte a lui. Per un attimo venne distratto da una piccola imbarcazione che si era arenata nel bel mezzo del fiume, poi però tornò subito alla realtà e ai suoi problemi. Aveva dimenticato il suo orologio e quindi non sapeva l’ora, ma presumeva che fosse tardi, molto tardi. Aveva un appuntamento di lavoro e tutto sembrava dirgli che non ce l’avrebbe fatta ad arrivare in tempo. Da quando era partito, ogni cosa era andata storta. Il suo solito e lungo “ferro del mestiere” si era inspiegabilmente rotto e aveva perso del tempo prezioso nel cercare di aggiustarlo. Non riuscendoci l’aveva sostituito con un coltellino svizzero dalla dubbia utilità. Mucca, il suo abituale mezzo di trasporto, si era sentito male. Un po’ era colpa sua: sapeva che dar da mangiare a un cavallo cibo in scatola non era un’idea geniale - non che chiamare “Mucca” un cavallo lo fosse - e che prima o poi ne avrebbe pagato le conseguenze. Aveva chiesto aiuto ad alcuni colleghi, che gli avevano dato un passaggio fino a un certo punto e spiegato che avrebbe dovuto proseguire con i mezzi pubblici. Chiarito per bene come prenderli e dove scendere, erano andati via. Prima però Grim aveva incaricato i colleghi di avvisare i superiori del disguido, in modo che potessero affidare i suoi successivi clienti della giornata a un sostituto. Dopo quel maledetto lavoro poteva godersi un raro giorno di riposo, cosa che non accadeva da tempo. Peccato che i mezzi pubblici, anche nelle giornate di sole, avevano la triste e fondata reputazione di ritardatari. Aveva atteso a lungo l’arrivo dell’autobus che finalmente spuntò all’orizzonte. I brusii di sollievo delle persone si trasformarono in brusii di disperazione nel momento in cui


9 l’autobus, a pochi metri dalla fermata, restò bloccato nel fango e non partì più. Grim non poté fare altro che correre verso il luogo dell’appuntamento. Nulla di ciò che stava accadendo sarebbe interessato ai suoi superiori, che non gli avrebbero di certo perdonato il ritardo. L’ordine era preciso: appuntamento con il cliente alle ore 11:53 nella piazza centrale di Acquamelma. Giunto finalmente sul luogo sentì un gran fracasso. C’era una folla che circondava un punto preciso. Non riuscì a vedere cosa vi fosse oltre quel muro umano. Tutti quegli ombrelli aperti non semplificavano la situazione. D’improvviso venne distratto dal discorso di alcuni astanti, capendo subito che parlavano del suo cliente. «Incredibile, cadere da quell’altezza e non farsi nemmeno un graffio. Che fortuna!» Fortuna. Già. Quella che gli era mancata dall’inizio della giornata. Distante da lui, confondendosi col rumore della pioggia e il fastidioso vociferare delle persone, il vecchio campanile della vicina chiesa suonò dodici rintocchi.



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Capitolo 1

“Sei licenziato”. Queste le uniche parole scritte su un foglio che Grim trovò poco dopo nella sua tunica. Riceveva spesso dai suoi superiori fogli simili a quello, ma dai contenuti ben diversi: liste di nomi, luoghi e orari in cui doveva recarsi per prendere le anime dei malcapitati di turno. Rimase sorpreso da quella notizia. Cosa significava? Uno come lui poteva essere licenziato? Alzò lo sguardo verso il cielo che faceva da tetto ai palazzi del vicolo dove si era rifugiato, non sapendo poi perché, considerato che non poteva essere visto da nessuno. Aveva smesso di piovere, ma le nuvole grigie continuavano a coprire la città. Cosa avrebbe fatto adesso? Non aveva avuto delucidazioni su come comportarsi né su come tornare a casa. Era lì, tipo un fantasma. Certo, era abituato a essere ignorato e a volte, tra una brevissima pausa di lavoro e l’altra, si divertiva a spaventare la gente. Ma un conto era farlo come diversivo, un altro come unica fonte di svago. Una voce fece da sottofondo ai suoi confusi pensieri: «Mi scusi, potrebbe gentilmente indicarmi la strada per la stazione?» Grim, convinto che stessero parlando con qualcun altro, non badò alla cosa. «Scusi? Non mi ha sentito?»


12 Grim si guardò intorno, rendendosi conto che non c’era nessuno in quel vicolo, oltre lui e il proprietario di quella voce. «Allora stai parlando con me? Tu puoi vedermi?» chiese Grim. Il signore non rispose e andò via, borbottando tra sé frasi sugli ubriachi mattutini e sulla pericolosità di chiedere informazioni in vicoli deserti. Grim rimase stupito, non sapeva se più per il fatto che potesse essere visto o che quegli assurdi esseri umani non rabbrividissero a parlare con una figura come lui. Era sicuro che la sua immagine avrebbe dovuto incutere parecchio timore. Accadeva spesso alle anime appena trapassate che lo vedevano. E invece nulla. Che senso aveva avuto restare invisibile fino a quel momento se a nessun essere in vita importava del suo aspetto? Nell’attimo esatto in cui si poneva quel quesito, il suo sguardo si posò casualmente sull’estremità dei suoi arti superiori. Non le solite bacchette bianche prive di carne, ma un paio di mani a tutti gli effetti. Aveva unghie, muscoli, pelle, persino una leggera peluria. Si tastò il busto e il viso. Anche lì sentiva la presenza di qualcosa di nuovo. Poca roba, certo, ma sicuramente di più rispetto a ciò che c’era in precedenza. Questo spiegava quello strano senso di pesantezza che lo accompagnava da un po’. Il che gli parve strano, considerato che il corpo umano, come ogni altra cosa nell’universo, era composto da atomi, che per il 99,9% della loro massa erano vuoti e che di conseguenza anche lui ora era fatto quasi totalmente di vuoto. La cosa lo turbò. Cos’era quel cambiamento? Perché aveva quel corpo mortale?


13 Lo spavento in seguito fece spazio alla curiosità. L’unico pensiero, sicuro, forte, deciso che aveva, era trovare uno specchio. Doveva assolutamente vedersi. La sua nuova situazione però gli impedì di uscire in strada. Provava timore e paura, anche se non poteva riconoscerli, non avendo mai provato né l’uno né l’altra. Si guardò intorno per cercare qualcosa di utile. A terra c’era una pozzanghera. Non era granché, ma sarebbe bastata per specchiarsi. Al posto della faccia abituale vi era un viso bianco e magro, talmente magro che si potevano distinguere chiaramente le fattezze delle ossa sotto alla pelle. Gli zigomi e le sopracciglia sporgevano in fuori, e assieme facevano da contorno a dei veri e propri solchi, dove al posto del solito nulla c’erano due piccoli bulbi che sembravano quasi perdersi nelle orbite. Non aveva barba, sopracciglia poco visibili ed era completamente calvo. “Non è che sia cambiato molto” pensò. Uriel corse con tutta la forza che possedeva. Magari avesse avuto davvero le ali, come gli umani immaginavano degli esseri simili a lui. Niente ali, niente aureola, niente di niente. Svoltò l’ultimo angolo e salutò le due guardie che sorvegliavano il gigantesco portone che portava alle stanze in cui era diretto. «Sir Uriel, cosa ci fa qui?» «Devo parlare con sua Eccellenza.» «Be’, solitamente non lasciamo passare nessuno senza un permesso, ma per lei faremo un’eccezione.» Uriel fece un cenno col capo alle due guardie e si fece largo tra di esse.


14 Attraversò il lungo corridoio ornato di statue e dipinti, che raffiguravano principalmente battaglie tra angeli e demoni, e bussò all’ulteriore porta che lo divideva dalla sua meta. Una voce profonda disse di farsi avanti. Uriel entrò, si inchinò di fronte alla sagoma nascosta nell’ombra e appena ebbe il consenso prese parola. «Eccellenza, abbiamo una novità. Sulla Terra è accaduto un evento eccezionale. Forse riuscirà a interrompere la sua fastidiosa routine» disse porgendo alcuni documenti. La sagoma nell’ombra raccolse i fogli. «Questo sì che è interessante!» Grim si stava tastando la testa nella parte posteriore, che non poteva osservare nel riflesso della pozzanghera, quando sentì una voce familiare: «Ehm… signore…?» Si girò di scattò. Malocchio, il suo assistente, era lì di fronte a lui. A differenza sua aveva l’aspetto di sempre: il solito vestito da giullare a quadri viola, rosso e nero, il cappello con le tre punte alla cui estremità c’erano dei campanellini dall’aria familiare a forma di teschio e ovviamente la solita faccia da ebete tutta bianca a mo’ di pagliaccio, che le due linee a forma di sorriso ai lati della bocca contribuivano a evidenziare. «Dannato Malocchio, dove eri finito? Cosa sta succedendo? Che ci faccio con questo corpo umano? Cos’è questa storia del licenziamento? Basta, torniamo a casa, ho delle lamentele da fare e subito!» «Ehm… signore… avrei qualcosa da dirle…» «Non ora Malocchio, voglio assolutamente andare via da qui. Rivoglio il mio non-corpo!»


15 «Ehm… signore… anche se siamo in un vicolo non gridi… la gente comune non può vedermi… se qualcuno la sente parlare da solo rischia di essere scambiato per un pazzo…» «Ma cosa vuoi che mi interessi della gente comune! Non mi hai sentito? Voglio andare via!» «Ehm… le stavo dicendo… dovrei informarla di alcune cose signore… però prima abbassi la voce…» Grim capì che quel gioco non sarebbe terminato se non avesse acconsentito a quella stupida richiesta. «Senti Malocchio, mi sto stufando, dimmi quello che devi e torniamo a casa» disse bisbigliando. «Ehm… ecco appunto… quello non credo sia possibile signore…» Grim lo guardò con aria tanto interrogativa quanto minacciosa. «Ehm… vede signore… lei non è stato solo licenziato… il consiglio ha deciso di bandirla dall’aldilà per punizione…» «Cosa?» «Ehm… in pratica deve restare qui… per sempre…» «Cosa?» «Ehm… non si preoccupi… hanno mandato me in suo soccorso…» «Cosa?» «Ehm… sono pratico di questioni burocratiche… il suo contratto prevedeva una clausola che l’assicurava in casi come questi… sarà coperto…» Grim restò a lungo interdetto. Non riusciva a credere che quella storia potesse essere vera. Chiese altre spiegazioni al suo assistente, ma non ne ebbe. La situazione era quella e non c’era alcun modo di tornare indietro.


16 «Ehm… come le dicevo… sarà coperto… ho qui per lei una nuova identità… ecco i documenti…» riprese Malocchio. «Identità? Un’altra? Con tutti i nomi che ho, devo utilizzarne uno nuovo?» «Ehm… non può certo andare in giro a farsi chiamare “Morte” o roba simile…» «Certo che no idiota, intendevo un nome tipo Grim.» «Ehm… ah… il suo preferito signore… temo non sia possibile… non esistono nomi simili qui… ma sono certo gradirà anche il nuovo…» «Purché sia da uomo. Ti avverto. Già fin troppe culture mi vedono o chiamano come una donna.» Malocchio mostrò a Grim una grossa busta nera contenente diversi fogli. Il suo stato confusionale si trasformò ben presto in rabbia. «Dai! Ma ti pare? Oltre il danno la beffa! Eros D’Amato?» «Ehm… non le piace?» «Assolutamente no! Voglio cambiare!» «Ehm… la prego signore… non mi metta in difficoltà…» «Non se ne parla, ne voglio un altro!» «Ehm… e va bene signore… qualcosa dovrebbe esserci… controllo…» disse sottomesso Malocchio. «Vedi se c’è un cognome tipo Di Muoio, piuttosto» ordinò Grim ancora infuriato. Malocchio cacciò dal nulla un foglio che srotolato doveva essere lungo almeno un paio di metri. «Ehm… vediamo… nuove identità libere… pianeta Terra… ecco… ci sarebbero i signori De Vita o De Vivo…» «Vada per D’amore…» disse amareggiato Grim.


17 «Ehm… un’altra cosa signore… non può andare in giro con quella tunica tutta nera… darebbe nell’occhio…» «Hai ragione» affermò Grim, afferrando la tunica dal basso con l’intento di denudarsi. «Ehm… non intendevo quello… ho dei vestiti adatti a lei…» Malocchio cominciò a estrarre, ancora una volta dal nulla, degli indumenti e man mano che li porgeva al suo padrone, li elencava. «Ehm… felpa con cappuccio nero… jeans neri… anfibi neri…» «Vorrei sapere dov’è la differenza. Già che ci siamo, al posto del pantalone dammi una gonna lunga nera.» «Ehm… come vuole sign…» «Deficiente!» lo interruppe Grim mentre si cambiava «meno male che almeno tu sei qui. Conosci questi stupidi esseri meglio di me. Dammi un minuto, poi mi dirai che dobbiamo fare!» «Ehm… deve signore, non dobbiamo…» «Cosa vorresti insinuare?» «Ehm… lei… non insieme…» «Non hai detto che eri venuto in mio aiuto?» «Ehm… soltanto per darle delle dritte signore…» «Avresti il coraggio di lasciarmi qui da solo?» «Ehm… non io… disposizioni dall’alto…» «Dannato!» «Ehm… ma tornerò…» «Disgraziato!» «Ehm… signore non si arrabbi… vorrei essere io al suo posto…» «Certo, a te divertono questi idioti, a me nemmeno un po’!»


18 «Ehm… sarà come essere in vacanza… inoltre si trova in una situazione privilegiata… nonostante il corpo materiale può continuare a interagire con l’aldilà…» «Vuoi dire che posso contattarli?» chiese speranzoso Grim. «Ehm… parlavo di me… come le dicevo prima… lei è l’unico che può vedermi e toccarmi…» disse Malocchio, non sapendo che l’ultima parte di quella rivelazione gli sarebbe costata cara in futuro. «Ma se hai detto che stai andando via! Stai cercando solo giustificazioni. In realtà te ne lavi le mani, mentre io non so che fare né dove andare.» «Ehm… giusto… quasi dimenticavo… tenga…» disse porgendo uno zaino nero al suo padrone. «Cosa dovrei farmene?» «Ehm… dentro ci sono alcuni oggetti e degli appunti che potrebbero tornarle utili… nonché delle indicazioni sulla prima cosa da fare… è un regalo personale questo… nell’aldilà l’avevano lasciata allo sbando… se si accorgono che la sto aiutando finisco nei guai… fortunatamente sono impegnati con le “sostituzioni” dei suoi turni… ma non c’è bisogno che mi ringrazi… è il mio dovere…» In realtà Grim non voleva ringraziarlo per nulla. «Ehm… si faccia coraggio signore… la speranza è l’ultima a morire…» Fu in quell’istante che Grim collegò la parola di Malocchio “toccarmi”. Cosa che avrebbe fatto con violenza, vista l’ultima infelice frase detta, se Malocchio non fosse scomparso. Grim si trovò solo. Venne pervaso da uno strano senso di smarrimento. Oltre quel vicolo lo aspettava la vita. “Brutta parola” pensò. E si avviò verso il mondo.


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Capitolo 2

Grim si stava pentendo amaramente di non aver studiato di più gli esseri umani, come facevano meticolosamente i suoi colleghi, o almeno di averli osservati per divertimento, come Malocchio. Per lavoro li aveva dovuti studiare a livello anatomico, ma dal punto di vista sociale no, per nulla. Non li riteneva degni delle sue attenzioni. Non sapeva quindi in che modo vivevano né cosa facessero solitamente. Si trovava in un mondo completamente diverso dal suo, che non aveva mai frequentato al di fuori del lavoro e che di conseguenza conosceva pochissimo. Ma ormai era tardi per i rimpianti, non poteva far altro che darsi da fare, così si sedette su una panchina e aprì lo zaino che Malocchio gli aveva lasciato. Il primo oggetto che estrasse fu un ombrello con un piccolo foglietto giallo attaccato con su scritto “Questo le servirà di sicuro”. Continuando a guardare nello zaino trovò anche il suo speciale orologio digitale; un gesto carino di Malocchio per farlo sentire un po’ a casa. Nell’aldilà il tempo non esisteva, dunque solo Grim e i pochi che per lavoro avevano a che fare con il mondo degli umani erano interessati a esso. Tra tutti però Grim era l’unico a possedere un orologio, perché di tutti era anche l’unico a non aver capito il legame temporale tra l’aldilà e la Terra. Quando


20 gli dissero che sebbene nell’aldilà il tempo fosse inesistente, sulla Terra esso scorreva normalmente, Grim aveva pensato che una volta tornato a casa egli sarebbe riapparso nel mondo dei mortali nel momento in cui era andato via. Avevano provato a spiegargli che non era così e come funzionasse veramente la cosa, ma lui non ci aveva capito niente, il che era preoccupante, considerato il ruolo che ricopriva. Gli avevano quindi costruito quell’orologio per fargli sapere in ogni momento l’ora esatta sulla Terra e potersi regolare. L’orologio aveva due quadranti; uno indicava le ore di tutte le principali città del mondo, l’altro l’ora dell’aldilà. Grim osservò il suo amato ed esclusivo oggetto. Il primo quadrante indicava un sacco di orari diversi, l’altro, per ovvie ragioni, era spento. Rovistò ancora nello zaino. La cosa successiva che estrasse gli fece storcere il naso di cui era entrato recentemente in possesso. Si trattava di un grosso numero di fogli. Grim non era un’amante della lettura, ma in quel frangente non aveva scelta. I fogli contenevano spiegazioni sul modo di vivere degli esseri umani. Lesse che tutto girava intorno ad alcuni pezzi di carta, in cambio dei quali si potevano ottenere cibo, vestiti, un posto dove dormire e altro, il che gli sembrò molto stupido. Nello zaino ce n’erano un po’. Li prese tra le mani. A lui non sembravano tanto preziosi, erano normalissimi pezzi di carta. Come mai avessero quel grande valore, non riusciva a spiegarselo. Si chiese quanti potessero essere. Sicuramente non gli sarebbero bastati per vivere per sempre. Non c’erano nemmeno i dettagli per sapere in che modo procurarsene degli altri. Per adesso non gli importava in quanto, come lesse in seguito su altri fogli, il suo trapasso alla vita sarebbe avvenuto in modo


21 progressivo. Aveva sì un corpo, ma non era ancora completamente umano. La fame, la sete e la stanchezza avrebbero tardato ad arrivare. I suoi superiori erano stati “magnanimi” in questo. Il problema comunque non era risolto, solo rimandato. Più che altro avrebbe trovato difficoltà nel riconosce i “sintomi”. In passato li aveva studiati tutti, ma mai provati realmente. I fogli terminavano con degli appunti scritti a penna da Malocchio, sotto un grosso “P.S.” C’erano delle indicazioni. Grim doveva raggiungere una grossa struttura in costruzione chiamata “centro commerciale” che si trovava alla periferia della città e incontrare una persona anziana. Per raggiungere quel posto doveva prendere di nuovo l’autobus. Persona anziana. Aveva capito: quello era il suo prossimo lavoro, la punizione era finita. Solo che arrivare all’appuntamento per la seconda volta senza poter volare sul suo possente cavallo gli pesava e non poco. Aveva circa un’ora per raggiungere il luogo, visto che aveva perso un sacco di tempo a leggere le istruzioni. Stupido Malocchio, mettere quelle cose così importanti negli ultimi fogli. Seguendo le indicazioni Grim raggiunse la fermata. Chiese a una delle tante persone in attesa a che ora sarebbe passato l’autobus. «Alle dieci e trenta, ma devi sperare che si fermi. Spesso essendo già pieno continua la sua corsa» disse l’uomo. Erano le dieci e un quarto. Se Grim aveva capito una cosa, era che, se anche quell’autobus fosse passato, non l’avrebbe fatto in orario. Si perse d’animo, ma presto lo vide apparire. Allora lì non tutto andava storto. Era un caso che quello precedente avesse fatto tardi e il vecchio era solo pessimista. Grim non


22 poteva sapere che quell’autobus era quello delle nove e trenta che passava con quasi un’ora di ritardo. L’autista, come da previsione, non sembrava intenzionato a fermarsi. Ma un cane, incurante del pericolo, si mise al centro della carreggiata costringendo l’autobus a inchiodare. Le persone iniziarono a spingersi ancor prima che il mezzo si fosse fermato. Grim si trovò sbalzato a destra e manca, ma fortuna volle che si trovasse proprio davanti a una delle porte dell’autobus quando si aprirono. Ci fu un assalto simile a quello dei pirati su una nave da abbordare, solo che il muro umano che si era creato sull’autobus non sembrava intenzionato a far salire nessuno. Grim non poteva aspettare il prossimo, pertanto cercò in qualche modo di farsi spazio. Fu uno dei pochi fortunati a riuscirci. Il mezzo infatti ripartì con pochissime delle persone che erano alla fermata. Sopra Grim apprese presto cosa fosse l’oppressione. I passeggeri si trovavano gli uni sugli altri e tra di essi volavano spintoni e insulti. La cosa peggiore era che per via del traffico, l’autobus procedeva a passo d’uomo. Doveva aspettare cinque fermate per scendere, ma alla quarta, nel notare fuori dal finestrino un signore anziano che camminava più veloce dell’autobus, decise che avrebbe proseguito a piedi. Una volta in strada cercò di capire dove andare. Il grosso edificio che cercava era blu. Se ne vedeva uno in lontananza, era l’unico con quel colore, doveva essere per forza quello. Grim si mise a correre con tutta la forza che aveva in corpo. Percepì subito la differenza rispetto alla corsa precedente. Dovette fermarsi due volte a riprendere fiato prima di arrivare lì e vedere che non c’era niente e nessuno, a parte un grosso cartello con su scritto


23 “lavori sospesi”. Guardò l’orologio. Sette minuti di ritardo. Ancora. Si portò le mani alla testa; se avesse avuto dei capelli, li avrebbe strappati. Camminò senza meta per parecchie ore, finché non fece buio. Aveva fallito il suo secondo tentativo, non sarebbe più tornato a casa. D’un tratto sentì dei tuoni e alzò gli occhi al cielo. Gli restava poco tempo per cercare un luogo dove ripararsi, sicuro del fatto che il piccolo ombrello in suo possesso non sarebbe servito a nulla. Il temporale promesso ci mise poco ad arrivare. Ne seguì una nuova corsa che terminò quando notò molte persone entrare in una struttura chiusa. Fece lo stesso. All’interno c’era un viavai frenetico, sebbene lì non piovesse. Sentì un rumore assordante e una voce metallica che annunciava il ritardo di qualcosa. C’era un grosso tabellone con degli orari. Forse dovevano essere autobus. Guardando meglio si rese conto che a volte era stato in luoghi simili per prelevare alcuni clienti, soprattutto nei mesi invernali. Si sforzò di ricordare il nome di quel luogo che spesso leggeva sui fogli, ma nulla. Alzando la testa lo vide su un cartello: “Stazione di Acquamelma”. Riabbassando lo sguardo Grim concentrò l’attenzione su alcune persone diverse dalle altre presenti nel posto. Erano vestiti in malo modo, tutte sporche e sdraiate su dei cartoni. Erano loro i suoi clienti. Si sedette a debita distanza e poggiò la testa al freddo muro dietro di lui. Iniziò a pagare lo sforzo dovuto a tutte quelle corse. Le forze gli vennero meno, le palpebre si fecero pesanti e senza accorgersene si addormentò. Vlad si svegliò in tarda mattinata. Ancora assonnato passò la mano tra i capelli biondi arruffati. I suoi occhi azzurri


24 cercarono la sveglia sul comodino. La bocca si inarcò verso l’alto, disegnando un sorriso sul suo volto. Da quanto tempo era che non dormiva in quel modo? Finalmente una notte senza incubi e preoccupazioni. Si alzò dal letto. Aveva voglia di uscire, di incontrare gente, insomma voglia di vivere. Aprì la finestra e si godette quell’odore di terra bagnata. Concentrò l’attenzione sui rumori delle auto che aveva sempre odiato e che ora trovava gradevolissimi. Ogni singola cosa che prima giudicava insignificante, aveva più valore adesso. La vita poteva davvero mutare da un momento all’altro. Il giorno precedente aveva preso la decisione di farla finita; poi quel miracolo aveva cambiato tutto. Adesso era lì, euforico e con la speranza di ricominciare. Ora era padrone di una forza che poteva cambiare le cose. Ovviamente non esteriormente. Egli non poteva modificare il mondo intorno a sé, ma all’interno sì, lì aveva potere. La chiave della felicità era in lui, non doveva far altro che trovarla. «Ehm… signore…?» Grim si svegliò, sobbalzando per lo spavento. «Dannato Malocchio vuoi farmi venire un infarto? Non dimenticarti che adesso ho un cuore. Ma cosa è accaduto? Mi sono seduto un attimo e successivamente… non saprei spiegarti. È accaduto qualcosa di strano. Forse ho viaggiato nel tempo. Era buio e adesso vedo la luce…» «Ehm… signore… si è semplicemente addormentato… solo che l’ha fatto nel posto sbagliato… qui è pericoloso… potrebbe venir derubato…» «Addormentato? Quindi è questo il sonno. Meno male che il trapasso doveva avvenire lentamente. Che ore sono?»


25 «Ehm… è mattina signore…» «Questo l’avevo capito stupido!» «Ehm… le ricordo di parlare a bassa voce… le ho già spiegato che solo lei può vedermi… eviti di strillare se si trova in luoghi affollati… a proposito che ci fa qui?» «Ho avuto problemi con la persona» disse Grim, incurante della raccomandazione di Malocchio. «Ehm… che problemi? Quale persona?» «Quella che dovevo incontrare, razza di idiota!» «Ehm… ah sì! …ha seguito le mie indicazioni?» «Sono arrivato tardi. Di nuovo.» «Ehm… ma signore… non sa cosa ho dovuto fare per entrare negli archivi e consultare in segreto il fascicolo della persona in questione...» «Vuoi dire che era una tua iniziativa sul serio?» «Ehm… sì… perché?» «Lasciamo perdere. Ma se non si trattava di un’anima da prelevare, allora chi era quel vecchio? Per quale motivo avrei dovuto incontrarlo?» «Ehm… vede… quel signore anziano è abbastanza ricco… tra non molto morirà e non ha eredi a cui lasciare le sue proprietà… lei avrebbe dovuto soccorrerlo a seguito di un’aggressione… un po’ di gentilezza e il gioco era fatto…» «Che gioco? Non ti seguo!» «Ehm… l’eredità signore… l’avrebbe lasciata a lei… diverse case e un bel gruzzoletto…» «Dannazione, per soli sette minuti di ritardo!» «Ehm… in realtà avevo già considerato il suo ritardo signore… senza offesa…» «Che vorresti insinuare?»


26 «Ehm… niente… era solo una precauzione…» «Guarda che non è stata colpa mia. E nemmeno l’altra volta. Solitamente sono puntuale.» «Ehm… c’è una cosa che non le ho mai detto signore…» «Cioè?» «Ehm… vede… ho sempre posticipato i suoi appuntamenti…» «Cosa? Come hai osato?» «L’ho fatto per lei… ma solo per evitare che arrivasse in ritardo… lei è la Morte o meglio lo era… nelle due ultime occasioni però non è dipeso soltanto da lei… non avevo calcolato questi fattori…» «Dunque è colpa tua se sono stato licenziato!» «Ehm… ma signore… senza di me sarebbe già capitato da tempo…» «Ed è colpa tua se non avrò l’eredità!» «Ehm… anche se il piano non è andato a buon fine dovrebbe ringraziarmi… non accusarmi…» «A ogni modo parleremo delle tue colpe in un secondo momento. C’è qualcosa che non mi torna. Sì, ero in ritardo, ma stiamo parlando di pochi minuti. Perché non c’era nessuno? È andato via da solo?» «Ehm… una persona anziana aggredita… in un posto isolato… dubito sarebbe andata lontano…» «Sarà stato aiutato da qualcuno!» «Ehm… ho controllato signore… nessun essere vivente sarebbe dovuto essere nei paraggi…» «E come ti spieghi il fatto che non c’era?» «Ehm… non so che pensare signore…» «Dai un’altra occhiata al suo fascicolo e controlliamo dov’è finito.»


27 «Ehm… con quello che ho rischiato? Non sono stato scoperto solo per fortuna… non mi andrebbe bene allo stesso modo…» «E allora inventati qualcos’altro!» «Ehm… purtroppo quello era l’unico modo per farle avere tanti soldi e senza sforzo…» «E ora che farò?» «Ehm… stia tranquillo signore… solo alla morte non c’è rimedio…» Malgrado l’asserzione, Grim respirò profondamente e cercò di restare calmo. Non era il caso di eliminare l’unico essere che poteva dargli suggerimenti su cosa fare. Non ancora. «Esiste qualche altro modo per fare soldi in questo dannato mondo?» «Ehm… certo che esiste… dovrebbe trovarsi un lavoro…»


28

Capitolo 3

Perplesso, Grim era molto perplesso. Aveva da sempre svolto un solo mestiere, pertanto non sapeva fare altro ed era palese che non poteva fare niente di simile dove si trovava ora. Ovviamente lui non aveva mai lavorato per soldi, considerato che nell’aldilà nessuno ne aveva bisogno per vivere, forse perché nessuno era vivo, almeno non nel senso comune del termine. Per quale motivo svolgesse il suo ruolo dunque non lo sapeva e in realtà non se l’era mai chiesto. In passato nessuno aveva toccato l’argomento, tranne una volta, quando un’anima durante il tragitto gliel’aveva chiesto e lui, non sapendo che rispondere, disse che era un modo per ammazzare il tempo. “Più che altro per ammazzare gente” aveva risposto il cliente, considerato che il tempo non esisteva nell’aldilà. Grim non aveva badato alla cosa, né pensato sul serio a come mai facesse quel lavoro. Da lui era tutto più facile, nessuno si poneva domande o si creava problemi, come quei dannati esseri umani. Però, ritrovandosi lì, effettivamente si chiese per quale ragione avesse svolto il suo lavoro in precedenza. Gli piaceva, quello era sicuro, eppure non gli sembrava una motivazione plausibile, tanto da giustificare millenni passati a fare la stessa cosa. Il quesito lo spaventò; stava diventando uno di loro a tutti gli effetti.


29 Avrebbe potuto deprimersi, ma in quel momento non era il caso. Aveva altro di più urgente a cui pensare: doveva trovarsi un impiego prima che la fame, il freddo o una delle altre debolezze umane si manifestasse. Guardò di nuovo l’orologio. Malocchio, prima di sparire come suo solito, gli aveva dato appuntamento dopo un paio di ore, dicendo che avrebbe cercato di aiutarlo. Intanto però l’ora era giunta e passata da ben sei minuti e di Malocchio non c’era alcuna traccia. Se c’era una cosa che lui odiava, erano i ritardatari. Fortunatamente nell’aldilà non esisteva nulla che arrivasse fuori orario, sempre per la questione che il tempo non esisteva. Nel momento esatto in cui stava per andare via, riapparve il suo assistente. «Ehm… eccomi signore… puntuale come la morte!» Grim cominciava a chiedersi se quelli di Malocchio fossero dei chiari riferimenti al suo fallimento precedente, delle battute di cattivo gusto o se il suo assistente fosse semplicemente un idiota. Per l’ennesima volta cercò di calmarsi. «Trovato qualche lavoro?» «Ehm… no signore… non sono andato a cercarle un lavoro… in che modo potrei dall’aldilà?» «E che diamine sei andato a fare?» «Ehm… a prendere questa signore…» disse porgendo un’altra pila di fogli a Grim. «Altre istruzioni? Basta, non voglio più leggere!» «Ehm… non sono istruzioni… è una laurea signore… grazie a questa può trovare facilmente un lavoro gratificante e ben retribuito… per giunta senza stancarsi troppo…» asserì soddisfatto «prenda anche questo cellulare… deve pur lasciare un recapito se vuole essere richiamato…»


30 Grim non sapeva di cosa Malocchio stesse parlando. «Ehm… non si preoccupi… le lascio anche delle istruzioni sulle quali potrà leggere l’utilità della laurea e di come funziona il cellulare…» «Ecco, mi sembrava strano non mi dessi qualcosa da leggere. Non puoi darmi una mano tu piuttosto?» «Ehm… no signore… io non dovrei nemmeno essere qui… a proposito… meglio sparire prima che mi scoprano…» Sparire era una frase che si usava metaforicamente, ma non per Malocchio che tendeva a farlo sul serio. Grim si arrabbiò. Quel maledetto non solo lo riempiva di squallide battute, inoltre non faceva nulla di pratico per lui. Cosa aveva da fare nell’aldilà ora che il suo padrone era lì sulla Terra? Tornando ai suoi problemi, non capiva come quel pezzo di carta potesse servigli. Diede uno sguardo. In alto, sopra al nome e cognome, si leggeva la scritta “Laurea in Scienze della Vegetazione”. Lesse anche le istruzioni riguardanti l’oggetto chiamato cellulare, che trasmetteva la voce di un umano da un luogo a un altro. Era un oggetto sorprendente, doveva ammetterlo. Posò la laurea, il cellulare e i fogli vari nello zaino e nel vedere un passante gli si avvicinò cercando di essere cortese, per quanto gli era possibile ovviamente. «Cerco un lavoro.» L’uomo si allontanò senza rispondere. Grim odiava essere ignorato. Era quindi tentato di inseguire quel maledetto, ma non aveva tempo da perdere. Qualche secondo dopo ci provò con un altro. «Sono in cerca di un lavoro.»


31 «Be’, come tutti» rispose quello senza fermarsi e sorridendo. Grim non riuscì a replicare che già il tizio si era allontanato. Non aveva capito il senso di quelle parole, ma non si perse d’animo. Appena avvistò un terzo passante, provò a spiegarsi meglio. «Mi puoi dire dove posso trovare un lavoro?» Grim conosceva poco le persone per notare la differenza tra un individuo gentile, disposto a scambiare qualche parola con uno sconosciuto, e un burbero che non voleva avere nulla a che fare col mondo. La risposta fu secca e sgarbata. Con gli altri non andò meglio. Momenti di silenzio, dovuto a persone che fingevano di non ascoltarlo, si alternavano a risposte simili tra loro tipo “che diamine vuole?”. Grim era lì da pochissimo tempo e già era stanco e irritato da quegli esseri. Per un attimo pensò alla sua falce e al buon uso che ne avrebbe fatto. Stava per perdere le speranze ma un ultimo signore, sebbene avesse risposto non meglio degli altri, gli diede involontariamente un indizio: «Per chi mi ha preso? Per un centro per l’impiego?» Per l’ennesima volta Grim vide un uomo voltargli le spalle. Però aveva scoperto qualcosa. Evidentemente quel “centro” era alla ricerca di personale. Se Grim avesse avuto più stima degli esseri umani e meno di se stesso, avrebbe capito che il problema era lui. La cosa non gli passò nemmeno per l’anticamera del cervello, eppure provò a spiegare la questione con più calma. Essendo superiore, stava a lui adeguarsi. «Sto cercando lavoro. Mi hanno detto che da qualche parte c’è un centro che può darmelo» disse all’ennesimo passante. E infatti la risposta fu più garbata.


32 «Sta parlando del centro per l’impiego?» «Esatto! Sai dirmi dov’è?» «È proprio dietro all’angolo, anche se temo che andarci non le servirà a nulla» disse l’uomo a Grim, che nuovamente non colse il significato della frase. Raggiunto il posto vide che c’erano tantissime persone. Sembrava stessero aspettando qualcosa. «Sei tu che dai lavoro?» chiese a un individuo dietro a un tavolo che sembrava saperla lunga. «Prenda il numero, non vede quanta gente c’è prima di lei?» disse l’uomo, mentre alle spalle di Grim prendeva vita un gran mormorio. Grim si guardò intorno. Tutta l’attenzione era concentrata su di lui. I presenti lo scrutavano con aria contrariata. Non sapeva cosa stesse facendo di male. D’un tratto un signore di mezza età gli indicò uno strano aggeggio vicino alla porta. L’uomo gli spiegò che doveva prendere un fogliettino e aspettare il suo turno. Grim lo prese e osservò il numero che c’era sopra: 314. Chiese al signore gentile a che numero fossero arrivati e lui gli indicò il tabellone. 40. Con un istinto nuovo Grim capì che qualcosa non andava. Per nulla. Qualche mente attenta da poco trapassata poteva accorgersi che molti degli oggetti e delle costruzioni che erano sulla Terra, si potevano trovare anche nell’aldilà. Il motivo di ciò, almeno ufficialmente, era che in un lontano passato alcuni defunti erano apparsi in sogno ai proprio cari, indicando loro come


33 costruire o creare sulla Terra alcune delle cose che si trovavano nell’aldilà. Molti scettici invece dicevano che erano dall’aldilà ad aver copiato dagli umani qualunque sorta di oggetto degno di nota. Qualunque fosse la verità, nessuno si spiegava per quale motivo il fenomeno fosse terminato da diversi secoli terrestri. La tecnologia nell’aldilà non era mai arrivata. Vi si potevano trovare palazzi ma non ascensori, macchine da scrivere ma non computer. C’era l’abitudine di usare animali defunti, come i cavalli, di conseguenza si potevano trovare carrozze ma non automobili. Non c’era ovviamente la televisione e ciò era un bene, perché questo permetteva la proliferazione dei libri, ovviamente cartacei e non in formato elettronico. Il che era scomodo se ci si trovava di fronte a testi lunghi, tipo quello che stava leggendo Malocchio. Era ormai a pagina 976˙416˙382˙732 eppure non era nemmeno lontanamente vicino alla conclusione. Si fermò per una pausa. “Studio anatomico e sociale dell’essere umano” era un manuale davvero impegnativo. Malocchio conosceva bene gli esseri umani, ma su di loro c’erano sempre nuove cose da imparare. Non poteva aiutare materialmente il suo padrone, ma almeno poteva dargli informazioni utili se andava a trovarlo di nascosto. Sarebbe stato più facile consegnargli il libro, però il suo padrone non avrebbe mai letto tutte quelle pagine. Fosse dipeso da lui si sarebbe trasferito sulla Terra, ma i superiori erano stati categorici: nessun aiuto. Punizione era e punizione doveva restare. Nelle altre città solitamente il centro per l’impiego restava aperto solo mezza giornata, ma ad Acquamelma la situazione era disastrosa e tali uffici facevano spesso orario continuato.


34 Grim era su tutte le furie, aveva passato metà della sua giornata lì dentro. Dalle sue parti non esisteva che qualcuno dovesse aspettare tanto per usufruire di un servizio. Lui non aveva mai fatto aspettare i suoi clienti, tranne l’ultima volta naturalmente. Per tale motivo, quando venne il suo turno, fu meno garbato di quanto non fosse di solito. «Dammi subito un lavoro» disse Grim, aggiungendo un “per favore” nel vedere lo sguardo minaccioso dell’impiegato. «Assumerete tutta la gente che è stata qui?» chiese ancora Grim. «Noi non assumiamo nessuno. Cerchiamo lavoro per voi, non lo diamo direttamente.» «E dov’è la differenza?» «È la prima volta che si iscrive vero?» sospirò l’uomo porgendo un foglio a Grim. Grim si fermò su ogni punto per almeno tre minuti, chiedendo spesso all’impiegato cosa scrivere, scatenando l’ira dei già poco quieti presenti. Alla fine consegnò il tutto ed ebbe la ricevuta. «Mi chiamerete sul cellulare?» «Sì, se è quello il recapito che ha lasciato sul foglio.» «OK. Chiamate in giornata o devo aspettare domani?» «Lei è molto simpatico, ora però vada, c’è la fila!» Grim non capì che avesse detto di divertente, ma cominciava ad abituarsi alla cosa. Doveva solo portare pazienza. La comunicazione con degli esseri inferiori non era cosa facile. )LQH DQWHSULPD &RQWLQXD


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