In uscita il 31/3/2017 (14, 0 euro) Versione ebook in uscita tra fine mrzo e inizio aprile 2017 (2,99 euro)
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ISABELLA LIBERTO
ANIME DI CARTA
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ANIME DI CARTA Copyright © 2016 Zerounoundici Edizioni ISBN: 978-88-9370-084-5 Copertina: immagine Shutterstock.com
Prima edizione Marzo 2017 Stampato da Logo srl Borgoricco – Padova
Alla mia famiglia
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CAPITOLO 1
Gli occhi stentavano ad abituarsi al buio. Il luogo le era estraneo e, provando a non fare rumore, cercava una via d’uscita, strisciando per terra e toccando i vari ostacoli di quello stretto magazzino. Per alcuni istanti, che parvero lunghissimi, l’unico rumore assordante era il proprio respiro, affannoso e terrorizzato; ma d’un tratto lui arrivò. «Samanta, so che sei qui» disse con tono tranquillo e sicuro di sé. Lei trasalì, l’aveva trovata e di lì a poco l’avrebbe afferrata e solo Dio sa cosa sarebbe successo. «Voglio solo parlare tesoro. Esci.» Pronunciò l’ultima parola come un comando. Samanta trattenne a stento un urlo quando, toccando il muro per cercare di orientarsi, si tagliò con una lama affilata che sbucava da lì; ma questo bastò per farsi trovare dal suo aggressore. Due braccia possenti l’afferrarono per i capelli e per un braccio. La ragazza iniziò a strillare e a dimenarsi, nel tentativo di sfuggirgli. «Lasciami!» cominciò a gridare, ma lui aveva altri programmi per lei. «Cerca di stare buona amore. Non voglio farti del male.» Quella storia, durata mesi, stava per concludersi. Lui l’avrebbe uccisa, perché accecato dall’odio. Lei lo aveva lasciato e lui aveva perso la testa, non riusciva a sopportarlo. «Ti prego lasciami!» continuava a supplicare la ragazza tra le lacrime, ma lui continuava a strattonarla, nel tentativo di farla cadere. D’un tratto lei si ricordò della mano ferita e insanguinata e allora capì. Si gettò a terra in direzione della lama che sbucava dal muro, sicura che lui si sarebbe gettato al suo fianco per non lasciarla scappare; ma proprio in quell’istante, lei si spostò bruscamente e la lama appuntita recise il collo dell’uomo
6 mortalmente. Non vi furono grida, né di dolore né di orrore. L’aggressore morì all’istante e Samanta vide la vita lasciare quegli occhi che un tempo aveva amato. Il suo incubo era finito. Lui era morto, e proprio in quell’attimo capì che il dolore che si portava dentro da mesi sarebbe morto con lui proprio quella notte. Lei sarebbe rinata, la sua anima di carta, che si era piegata su se stessa troppe volte e aveva bruciato sotto il fuoco della paura, della rabbia e dell’odio, sarebbe rinata dalle sue stesse ceneri.
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CAPITOLO 2
Il telefono squillò poco prima dell’alba. La mano di un uomo assonnato cercò il cellulare facendo cadere un flacone di aspirine quasi vuoto vicino a una bottiglia di birra della sera prima. «Mudson» rispose senza aprire gli occhi. «Tenente, abbiamo trovato un cadavere. Una giovane donna, sulla riva del fiume, la scientifica sarà qui a momenti.» «Va bene, arrivo.» Chiuse la comunicazione e si passò una mano sul viso, nel tentativo di levare il sonno dagli occhi. Andò in bagno e si guardò allo specchio, due occhiaie profonde incorniciavano i suoi occhi verde muschio, la barba incolta gli conferiva un’aria trasandata, ma a lui non importava. “Sì, hai un aspetto di merda” pensò guardandosi. L’autunno era alle porte e l’aria pungente del mattino lo aiutò a svegliarsi completamente. La sera prima la sua ex era passata a riprendere le ultime cose che aveva lasciato nel suo appartamento. Finalmente si era decisa. Non stavano più insieme già da diversi mesi, ma lei era sempre in viaggio per lavoro e non aveva tempo per pensare a quelle cose e neanche a tutto il resto. Era stato lui a decidere di chiudere quella storia. Lei era una donna incostante e con la testa sempre per aria. Era stata una relazione breve, ma, nonostante tutto, rivederla di nuovo, dopo tutto quel tempo, era stato troppo per lui. Aveva deciso di farsi un paio di birre e adesso se ne pentiva. La strada proseguiva fredda e solitaria fino al fiume, gli alberi sembravano guardie del bosco che osservavano le macchine sfilare una dietro l’altra in una zona che sembrava non appartenere all’uomo. Un’area fredda e oscura, che non invitava a
8 stare lì troppo a lungo. Parcheggiò l’auto vicino al furgoncino della scientifica, mostrò il distintivo prima di raggiungere la scena del delitto. Inspirò l’aria umida intrisa dell’aroma dei pini e proseguì dritto verso l’area segnata dal nastro rosso e bianco della scientifica. La ragazza giaceva distesa mezza nuda, le braccia insanguinate e gli occhi spalancati in un’aria terrorizzata. “Cazzo, eccone un’altra” pensò guardandola. La scientifica stava lavorando sulla scena del crimine. Era presente anche il sergente Matt Pine. «Che mi dici Bono?» chiese il tenente con un cenno della testa al capo della scientifica, Walter Bonowick, chinato a ispezionare il corpo della ragazza. «Niente di buono Chris. È presto per calcolare l’ora del decesso, ma direi che è successo tra le sette e le dieci ore fa.» «Aveva documenti? Sappiamo chi è?» chiese rivolgendosi al sergente. «La ragazza si chiama Angela Lorenz, 25 anni. Per ora non sappiamo altro» rispose Pine. Chris gli fece un cenno con la testa, poi continuò a fare domande al medico legale. «Causa del decesso?» «È stata strangolata, ci sono segni evidenti sul collo e gli occhi presentano emorragie petecchiali» rispose mostrando il collo della ragazza e girandole la testa per permettere all’assistente di fotografare bene il corpo. Il sergente Pine mostrò una cordicella blu vicino al corpo dela ragazza. «Hanno usato quella per ucciderla, sembra uno di quegli spaghi per alimenti.» Chris annuì, poi si rivolse al suo collega: «Pensi che sia successo qui?» Il sergente gli riferì quello che gli aveva detto il medico poco prima del suo arrivo: «Ci sono tracce di sangue fresche nel terreno, quindi non post-mortem, probabilmente i graffi che ha sulle braccia sono dovuti a una colluttazione violenta con il suo aggressore e non c’è nessun segno di trascinamento. Quindi sì, pensiamo sia successo qui.» Chris annuì pensieroso, poi tornò a guardare la ragazza, aveva la
9 maglietta e la gonna strappate. «Hanno abusato di lei?» Il medico rispose senza guardarlo: «Non ci sono segni di violenza.» Chris rimase in silenzio per alcuni istanti, cercando di fare il quadro della situazione. Poi guardò il suo collega: «Allora, io sono l’assassino, voglio violentare la ragazza e la porto vicino al fiume, dove non ci sono occhi indiscreti, ma non vado fino in fondo. Forse perché lei reagisce cominciando a lottare e urlare.» Pine annuì in silenzio, concordando sulla versione, poi aggiunse: «Però non sono un idiota, so che se il mio piano fallisce non posso lasciarla andare, quindi mi porto dietro lo spago e, appena la situazione si fa pericolosa, la uccido.» «Giusto. Io direi che funziona.» «Già lo credo anch’io.» «Bono, voglio un rapporto completo non appena sei pronto» disse Chris al medico legale che rispose continuando a lavorare: «Certo capo.» «D’accordo. Pine, torniamo in ufficio, vediamo di scoprire chi era la ragazza e che diavolo ci faceva qui.» «Bene capo» disse il sergente avviandosi verso la sua auto. Mentre si versava il caffè appena fatto, una voce richiamò la sua attenzione. «Ci sono novità sulla ragazza» disse l’agente Eleonora Lake, sventolando un foglio con aria soddisfatta. «Bene, cosa abbiamo?» chiese Chris sorseggiando il suo caffè. «La ragazza è Angela Lorenz, 25 anni, era una studentessa di architettura all’ultimo anno. Dal database risulta che aveva denunciato il suo ex fidanzato per stalking e aggressione più di un anno fa. Mi sa che è il caso di fargli una visita, capo.» Chris guardò il profilo e la foto della ragazza. «Sì, direi che è il caso di fargli qualche domanda. Prendi Pine e portatelo qui, io voglio andare a casa sua a dare un’occhiata. Dove abitava?» chiese mentre andava a prendere la giacca e il distintivo nel suo ufficio. «Niente da fare capo» disse Lake scuotendo la testa. «Come sarebbe niente da fare?»
10 «La ragazza non viveva più con la famiglia da quattro anni e non risulta nessuna stanza a suo nome negli alloggi universitari, né tanto meno un indirizzo di residenza a suo nome.» Chris rimase in silenzio per alcuni secondi, cercando di capire. «E allora dove viveva? Con qualche amica? Qualche parente?» «Stiamo cercando di scoprirlo, andremo a parlare con la famiglia non appena possibile.» «Beh sappiamo chi è l’ex fidanzato, lo chiederemo direttamente a lui.» Chris stava per rientrare nel suo ufficio, quando Pine arrivò con un foglio in mano. «Dal database risulta una segnalazione di scomparsa per Angela Lorenz, è appena arrivata.» «Chi ha segnalato la scomparsa?» chiese Chris. «Un centro anti violenza collegato alla rete della polizia, non hanno notizie della ragazza da ieri sera.» L’agente Lake e Chris si guardarono per un istante, finalmente la situazione era chiara. «La ragazza viveva in un centro anti violenza» disse Lake pensierosa. «Io andrò a parlare con i responsabili del centro, voi portate qui il suo ex. Andrò io a parlare con la famiglia.» «D’accordo capo» disse Pine facendo cenno alla collega di seguirlo.
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CAPITOLO 3
«Vedrai che andrà tutto bene Veronica, devi solo aver fiducia.» «Sì, lo spero. Ma se poi non riescono ad arrestarlo?» chiese la ragazza singhiozzando disperatamente. Lei le mise una mano sul viso e continuò a confortarla: «Non devi disperare, sono già sulle sue tracce. Vedrai che lo prenderanno», ma il pianto della ragazza non cessava. La guardò a lungo e stava per aggiungere qualcosa, ma la sua segretaria la fermò prima che potesse farlo: «Samanta, c’è di là un detective della omicidi, ha detto che vuole parlare con te.» Samanta fissò a lungo la sua segretaria con aria preoccupata. «La omicidi?» chiese allarmata. «Sì, ha detto che è piuttosto urgente.» «Va bene, accompagna Veronica nella sua stanza e dalle qualcosa per calmarsi» disse alzandosi e lasciando la ragazza alle cure della sua collaboratrice. Mentre percorreva il lungo corridoio che la portava al suo ufficio, la mente di Samanta andò in subbuglio, cercando di capire per quale motivo un detective della omicidi volesse parlare proprio con lei. “È impossibile che mi abbiano scoperta. I miei metodi sono assolutamente infallibili… non possono aver capito” pensò tra sé preoccupata, ma poi un’idea terrificante la invase all’improvviso: “e se fosse successo qualcosa ad Angela?” Arrivò nel suo ufficio e prima di aprire la porta, si sistemò in fretta i capelli e tirò un profondo respiro. «Salve, sono la dottoressa Samanta Wallace» disse sorridendo e tendendo la mano al detective che le stava di fronte. Chris si alzò e le andò incontro per stringerle la mano. La squadrò rapidamente. Aveva i capelli castani ramati e gli occhi color miele scuro, nel complesso era una bella donna, pensò. Ma non fu il suo
12 aspetto a colpirlo. Mentre le stringeva la mano, notò una profonda cicatrice che le solcava la mano destra. «Tenente Christian Mudson.» Samanta studiò per qualche istante il detective, era un uomo piuttosto affascinante, anche se aveva l’aria trasandata e stanca. Non sapeva perché volesse parlare con lei, ma decise di mostrarsi tranquilla. Andò a sedersi dietro la sua scrivania e gli chiese gentilmente: «Allora tenente, cosa posso fare per lei?» Chris tirò fuori dalla tasca una copia del profilo di Angela che gli aveva dato Eleonora Lake poco prima. «Mi dispiace disturbarla dottoressa, sono qui per parlarle di Angela Lorenz, so che avete segnalato la sua scomparsa ieri sera» disse mostrandole il foglio. Samanta lo prese e con aria preoccupata disse: «Sì, abbiamo segnalato la sua scomparsa alla polizia ieri sera. Teniamo un registro per controllare le presenze delle donne che sono sotto la nostra tutela e ieri sera ci siamo accorti che Angela non c’era…» Si fermò alcuni istanti prima di proseguire, continuava a guardare il foglio come se non capisse cosa ci fosse scritto, poi lo guardò preoccupata. «La prego non mi dica che è successo qualcosa ad Angela.» Chris riprese il foglio e se lo rimise in tasca, abbassò lo sguardo deluso e poi tornò a concentrarsi sulla donna che gli stava di fronte. «Mi dispiace dottoressa, è stata trovata morta stamattina.» Samanta sgranò gli occhi e, senza volerlo, le lacrime iniziarono a rigarle il viso. “Non puoi salvarle tutte…” pensò tristemente. Chris vide che Samanta non riusciva a parlare per lo shock, così continuò: «Dal nostro database risulta che la ragazza aveva denunciato il suo ex fidanzato per aggressione e per stalking, circa un anno fa.» Samanta annuì e con la voce incrinata dalla tensione disse: «Sì, era venuta qui da noi perché la situazione era diventata insostenibile.» Poi scosse la testa. «Le avevo assicurato protezione e che presto la polizia lo avrebbe arrestato.» «Lei crede che il suo ex abbia scoperto il luogo in cui lei era
13 nascosta e l’abbia rapita?» Samanta lo guardò allarmata: “dannazione… resta calma”. «Lo trovo alquanto improbabile. Posti come il nostro esistono proprio per garantire protezione alle donne in casi come quello di Angela. Dubito fortemente che l’abbia scoperto.» «Angela le aveva mai confessato di voler tornare insieme al suo ex?» Samanta lo guardò confusa: “dove vuole arrivare?”. «No, questo era escluso. Le donne che vengono da noi, lo fanno perché si sono lasciate la loro storia alle spalle.» Chris non ne era sicuro, qualcosa in quella donna e in quella storia, non lo convincevano del tutto. «Perché me lo chiede?» «Vorrei soltanto capire come sia possibile per una ragazza che è sotto la vostra protezione, scomparire senza la sua volontà. Se lei mi sta dicendo che voi garantite protezione alle donne che vengono qui e che quindi nessuno dei loro aggressori può avvicinarsi alla struttura, devo immaginare che sono le donne a decidere di andare via.» Samanta sentì come un senso di pesantezza al petto. “Sei furbo sbirro…” «Crede che Angela abbia intenzionalmente deciso di rivedere il suo ex?» chiese incredula. «Non ne sono ancora del tutto convinto. Dovrò fare delle indagini, i miei uomini stanno portando il suo ex in centrale.» Samanta parve sollevata dalla risposta, il che mise in Chris ancora più dubbi su di lei. «Le sarei grata se mi facesse sapere come procedono le indagini, tenente» disse Samanta con un lieve sorriso. Chris la scrutò a lungo, poi sorridendole di rimando disse: «Ma certo, anzi, potrei avere ancora bisogno di parlare con lei. Le lascio il mio numero.» Tirò fuori dalla tasca della giacca un bigliettino da visita che Samanta prese senza guardare. «La ringrazio detective, conti pure sul mio aiuto.» Gli sorrise e si alzò per accompagnarlo alla porta. «Grazie a lei per la collaborazione… posso chiamarla Samanta?» «Ma certo» rispose lei abbassando lo sguardo. «Allora a presto Samanta.»
14 «Buona giornata…» Il nome di lui le morì in gola, non riusciva a pronunciarlo senza sembrare troppo nervosa. “Questo sbirro ci darà filo da torcere…”
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CAPITOLO 4
«Ve l’ho già detto, non la vedevo da più di due mesi.» «Allora diccelo di nuovo. Hai del sangue sotto le unghie e i vestiti sporchi di fango. Credo che sia un po’ meno di due mesi, Manny.» Matt Pine e Eleonora Lake stavano interrogando Manny Hernandez da più di quattro ore ormai. L’avevano trovato che giaceva ubriaco e drogato su una panchina al parco, con gli abiti incrostati di fango e le mani sporche di sangue. Non aveva fatto in tempo a fuggire lontano e a far sparire le tracce del suo omicidio che aveva incontrato un compagno di bevute e insieme si erano fatti una dose di eroina. Era troppo sballato anche per rispondere alla polizia che lo stava mettendo sotto torchio, ma di lì a poco sarebbe crollato. «Angela non ti voleva più Manny, ti aveva lasciato… questo non ti stava bene, lo sappiamo» disse Pine restando calmo e guardando dritto negli occhi il ragazzo. Manny ebbe un’improvvisa crisi di pianto. «Quella puttana aveva detto di volermi vedere morto, capite?» disse urlando tra le lacrime. Lake e Pine si guardarono compiaciuti, poi Lake rincarò la dose: «È per questo che l’hai uccisa prima tu, vero? L’hai rapita e hai cercato di farla ragionare. Ma lei ha perso la testa e allora l’hai strangolata.» Manny piangeva e scuoteva violentemente la testa. «No, non è andata così per un cazzo, d’accordo?» «E allora dicci tu com’è andata e facciamola finita!» disse Pine alzando la voce. Christian era appena rientrato in centrale, aveva parlato con i familiari di Angela, informandoli dell’accaduto. I genitori non
16 sapevano niente della storia di Angela con Manny e della denuncia per stalking che lei aveva sporto nei confronti del ragazzo. Per loro era stato un vero shock venire a scoprire che la figlia non solo si era trovata in una situazione come quella, ma adesso era morta e loro non avrebbero potuto aiutarla in alcun modo, anche se avessero voluto. Non appena gli era stato comunicato che Manny Hernandez, l’ex fidanzato violento di Angela Lorenz, si trovava in sala interrogatori, Chris decise di andare a guardare la scena da dietro il vetro. «Voi non capite… non capite… io l’amavo» disse Manny singhiozzando e scuotendo la testa. «Sappiamo tutti che l’amavi, Manny. Ma per Angela non era la stessa cosa. Lei voleva di meglio, voleva di più. Questo a te non stava bene, è per questo che l’hai fatta finita.» Pine restava calmo, cercando di far crollare il ragazzo, ma lui continuava a negare. «Vaffanculo! Tu non sai niente, non sai quello che provavo per lei… Era lei che voleva vedermi morto!» Da dietro il vetro Chris guardava la scena chiedendosi, per un momento, se il ragazzo non stesse dicendo la verità. Sì, era un violento, alcolizzato e drogato, e quasi certamente aveva ucciso lui Angela, ma se fosse stata davvero lei a chiedere di incontrarsi con lui? Diede un colpo al vetro e decise di entrare in sala interrogatori. «Va bene così Pine» disse sedendosi di fronte a Hernandez. I colleghi di Chris si alzarono e si allontanarono dal tavolo, lasciando al tenente la possibilità di parlare col ragazzo. «Allora, perché non mi racconti cos’è successo, Manny?» chiese con tranquillità, mentre il ragazzo continuava a piangere. «Ehi amico, vaffanculo! Ho già detto tutto a queste due teste di cazzo, sono qui da più di quattro ore.» «Modera il linguaggio ragazzo, non sei in una bella situazione. Hai già detto tutto a loro? Beh adesso dirai tutto a me. Forza, non ho tempo da perdere.»
17 Manny scosse la testa frustrato e al limite della sopportazione. «Quella puttana era completamente pazza d’accordo? Mi voleva vedere morto, amico.» «Ma a quanto pare è lei a essere morta… amico. Perché non ci spieghi che è successo con Angela?» «Non la vedevo da più di due mesi, va bene? Quando stavamo insieme un paio di volte ci ho dato dentro più del solito ed è capitato che l’ho picchiata…» disse scuotendo la testa. «Lei mi aveva denunciato e io mi sono incazzato. Cristo, per colpa di quella denuncia ho perso il lavoro!» Chris annuì annoiato. «Le sappiamo già tutte queste cazzate, andiamo a ieri sera. Perché l’hai contattata?» Manny scosse la testa. «No, amico, non è così che è andata. È stata lei a contattarmi. Mi aveva denunciato per stalking dopo la denuncia per aggressione. Solo perché un paio di volte l’ho seguita in quell’università del cazzo e le ho gridato dietro che era una troia e che mi aveva rovinato. Dopo la denuncia lei è come se fosse sparita nel nulla.» Chris sbattè le mani violentemente sul tavolo, facendo trasalire Manny. «Non raccontare stronzate, si era rivolta a un centro anti violenza perché tu non la lasciavi respirare. Non si finisce in un posto del genere per un paio di visite indesiderate Manny.» Il ragazzo scosse la testa rassegnato e chiuse gli occhi, prima di proseguire: «E va bene… è stato più di un paio di volte. Diciamo che la chiamavo e le mandavo anche dei messaggi…» «Ora va bene Manny. Arriviamo a ieri sera.» «Mi chiama e dice che vuole vedermi… io quasi non ci credo, pensavo che fosse morta, era come sparita nel nulla. Dico che va bene, ovviamente, e lei dice che possiamo vederci al lago a mezzanotte.» «È stata lei a chiamarti?» chiese Chris mantenendo la calma. «Sì amico, è stata lei ok? A mezzanotte vado al lago e la trovo lì.» Abbassò la testa e non riuscì a proseguire. Chris lo incalzò: «Avanti che è successo dopo?» Manny si mise nuovamente a piangere. «Mi dice che io sono la causa della sua rovina e che per
18 questo dovevo morire.» Lake e Pine, da dietro il tavolo, si guardarono intuendo come fosse andata. «Io ero sballato e ubriaco, mi sono messo a ridere e poi ho cercato di baciarla, ma lei mi ha preso a schiaffi, piuttosto forte…» «Continua.» «Mi sono incazzato e allora le ho strappato la maglietta… e ho provato di nuovo a baciarla.» Una nuova crisi di pianto lo inondò. «Cos’è successo dopo, Manny?» «Lei si è spaventata e mi ha spinto, poi ha visto che ridevo e allora si è incazzata… ha tirato fuori dalla tasca uno spago per alimenti e si è fiondata su di me per strangolarmi, cazzo!» Chris capì… Samanta gli aveva mentito… «L’ho graffiata nelle braccia e lei ha urlato… sono riuscito a bloccarla e allora ho preso lo spago e l’ho stretto intorno al suo collo e…» Non riuscì a continuare, diede libero sfogo a un pianto disperato, ma a Chris serviva la sua confessione completa. «E…? Cos’hai fatto Manny?» «L’ho uccisa cazzo… Non respirava più. Ma non volevo ucciderla giuro, volevo che la smettesse di fare la stronza.»
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CAPITOLO 5
Il suono del microonde la informò che la cena era pronta. Samanta si tolse l’asciugamano dai capelli e andò a versare le lasagne nel piatto. Si sentiva terribilmente stanca quella sera, apprendere della morte di Angela l’aveva scossa e, adesso, un terribile senso di colpa si stava impossessando di lei. Credeva davvero che ce l’avrebbe fatta, ma Angela non era come tutte le altre, era fragile, impulsiva. Avevano ripassato il piano milioni di volte: lei lo avrebbe contattato, sarebbero andati al lago e avrebbe cercato di provocarlo per innescare la sua reazione violenta. A quel punto lei avrebbe tirato fuori lo spago e tutto sarebbe finito. Per la polizia si sarebbe trattato di un incidente, di legittima difesa, un tentativo di fuga finito male. Lui voleva strangolarla, ma lei era riuscita a fuggire e lo spago si era incastrato su un ramo spezzato. Lui era finito lì durante la colluttazione e nel tentativo di non farla scappare. Ma Angela non era all’altezza, doveva aspettarselo. Inoltre, c’era quel detective. Aveva fatto le domande giuste e temeva che, ben presto, avrebbe scavato a fondo in quella storia, soprattutto dopo aver parlato con Manny. Poteva puntare tutto sull’instabilità del ragazzo, dovuta al suo passato di droghe e alcol, ma lui a chi avrebbe creduto? Decise che avrebbe mantenuto un profilo basso per un po’, finché le acque non si fossero calmate, anche se sapeva bene che in un mondo marino popolato da squali, le acque non sono mai del tutto tranquille. Aveva in ballo altri due o tre piani, non erano collegati con Angela, questo era indubbio, ma tutti riconducevano a lei in un modo o nell’altro e questo era pericoloso. Sapeva di non poter abbandonare le ragazze e decise che, in qualche modo, avrebbe
20 portato a termine la “missione”, ma doveva stare attenta. Finito di cenare, stava per andare a letto, quando d’un tratto bussarono alla porta. L’inconfondibile stretta al cuore si ripresentò puntuale. “Chi sarà a quest’ora?”. Guardò dallo spioncino e vide il tenente Christian Mudson. Si guardò in giro in preda al panico e poi, dopo essersi ravvivata i capelli appena asciugati, si strinse bene addosso la vestaglia e aprì la porta. «Tenente Mudson» disse sorpresa. «Samanta, mi rincresce presentarmi così a quest’ora. Spero di non disturbare» disse dando un’occhiata furtiva all’appartamento. La ragazza lo scrutò a lungo, poi sorrise senza gioia e lo invitò a entrare. «Certo che no, si accomodì… È successo qualcosa?» chiese mentre Chris le dava le spalle guardandosi attorno e notando come fosse tutto compulsivamente in ordine e pulito. Non c’era neanche un libro fuori posto, il che pensò fosse un po’ strano per una donna che passa la maggior parte del tempo fuori casa. L’appartamento non era particolarmente grande, non vi erano giocattoli sparsi per casa, e questo gli fece capire che non aveva figli. Non c’erano foto di lei in abito da sposa e non portava nessun anello al dito. Non aveva nessuna relazione. Quando tornò a guardare la ragazza, lei sembrava preoccupata. «Abbiamo arrestato Manny Hernandez, ha confessato l’omicidio.» Samanta inarcò le sopracciglia sorpresa e visibilmente sollevata. «Davvero? L’avete arrestato? Beh mi sembra un’ottima notizia» disse sedendosi sul divano, senza smettere di guardarlo. Chris si sedette sulla poltrona di fronte a lei, mantenendo il contatto visivo, cercando di leggere qualcosa nella sua espressione imperscrutabile. Quella donna rappresentava un mistero per lui, l’istinto gli suggeriva di stare attento e qualcosa gli diceva che lei in quella storia c’era dentro fino al collo. «Sa è strano, quando Manny ci ha raccontato che cosa era successo tra lui e Angela, ha detto che era stata lei a contattarlo perché loro si vedessero ieri sera al lago.» Il cuore di Samanta
21 perse un battito, decise di fingersi più che sorpresa, sperando che lui non fosse bravo a leggere le menzogne nei volti della gente. «Era stata Angela a contattarlo?» Chris parve convinto dalla sua reazione, e forse un po’ deluso, era sicuro di leggere colpevolezza e complicità nel volto di lei. «Già, a quanto pare lei era intenzionata a vendicarsi di tutto il male che il ragazzo le aveva fatto passare in quei mesi, così l’aveva contattato. Solo che il piano è andato storto, la cosa è degenerata e Manny l’ha uccisa.» Samanta abbassò lo sguardo e scosse la testa, pensando a quanto aveva appena detto Chris. “Lei non era all’altezza… sapevo che non ce l’avrebbe fatta, non dovevo mandarla”. «Lei è davvero sicura che Angela non avesse mai detto nulla riguardo al fatto di vendicarsi del suo ex?» Chris la distolse dai suoi pensieri con quella domanda. Samanta lo guardò come se lo vedesse per la prima volta. «No, certo che no, non sapevamo nulla, altrimenti l’avremmo fatta desistere…» sembrava voler aggiungere altro, ma si fermò. Chris però capì. «Qualcosa non va?» chiese inclinando la testa e studiando la sua espressione. «No è solo che… potrebbe biasimarla?» chiese timidamente evitando il suo sguardo. Chris non capì. «Che vuole dire?» Samanta sorrise tristemente. «Tenente io non biasimo le mie ragazze se vogliono vendicarsi del dolore causato dai loro aggressori, anzi, cerco sempre di spingerle a canalizzare quel sentimento in forza e lavorare su se stesse, sulla propria autostima per arrivare, in qualche modo, alla loro “rinascita”, per quanto sia possibile… ma… il punto è che voi spesso fallite nel vostro compito.» Chris inarcò un sopracciglio. «Noi spesso “falliamo”? Questo cosa vorrebbe dire?» Samanta lo guardò intensamente, aspettò alcuni istanti prima di parlare. «Se le ragazze si rivolgono a noi, è solo perché voi non siete stati in grado di arrestare subito i loro persecutori.» Chris scosse la testa. «Lei sa bene che non è
22 facile, questo però non giustifica il comportamento di Angela. Il suo gesto le è costato la vita, non serve a nulla farsi giustizia da soli.» Samanta sorrise tristemente e distolse lo sguardo dal detective. “Che razza di idiota presuntuoso… grazie a me oggi molte donne vivono felici e libere”. «Lei non è d’accordo?» chiese Chris cercando nuovamente gli occhi della ragazza. Samanta sorrise con gentilezza. «Sì, certo… ha ragione lei tenente.» Chris lesse accondiscendenza nel tono di voce di Samanta, capì che voleva farlo contento e questo lo insospettì, magari era solo in disaccordo con lui, forse fare quel lavoro l’aveva resa dura e cinica e non fiduciosa nel lavoro delle forze dell’ordine… oppure, aveva suggerito proprio lei ad Angela di “risolvere da sola la questione”. Decise che avrebbe approfondito, ma non voleva dare l’impressione di starle col fiato sul collo o si sarebbe insospettita a sua volta. Le avrebbe dato libertà e tranquillità, così che lei potesse agire e comportarsi come aveva sempre fatto, in modo tale da scoprire se e cosa stesse nascondendo. Se la sarebbe fatta amica… «Ti prego chiamami Christian» le disse con un lieve sorriso. Samanta non era sicura di aver capito il suo gioco: o era davvero il classico sbirro da ufficio, oppure era più furbo di quanto pensasse. A ogni modo l’avrebbe tenuto a bada e sarebbe stata attenta alle sue mosse, non doveva permettere a quell’uomo di scavare nel suo passato più a fondo di quanto desiderasse. Anche lei, se lo sarebbe fatto amico… «Va bene, Christian» gli concesse il suo sorriso più dolce e seducente e, per un momento, credette di aver fatto “colpo”, lo sguardo del detective si addolcì a sua volta. «Mi dispiace se sono piombato così a quest’ora, sarai stanca immagino» disse mentre si alzava. Samanta gli sorrise gentilmente e scosse la testa. «No certo, nessun disturbo. Sono contenta di sapere che avete arrestato Manny. Adesso Angela potrà riposare in pace.» «Sì è vero.» Abbassò lo sguardo e stava per salutarla, quando
23 all’improvviso le disse: «Sai, parlando con i genitori di Angela è venuto fuori che loro erano all’oscuro della sua storia con Hernandez e del fatto che la ragazza fosse vittima di stalking.» Samanta annuì tristemente. «Già beh, spesso le ragazze intraprendono relazioni con uomini che la famiglia non approverebbe, quindi non ne fanno parola con loro, cercano di tenere la cosa nascosta.» «Già, immagino… proprio non capisco cosa ci facesse una ragazza come Angela con un tipo come Manny.» Samanta non aveva una risposta precisa, sapeva che la psiche femminile spesso è attratta dal tipo di uomo considerato oscuro e ribelle. Nel caso di Angela, forse, si era fatta raggirare nel modo peggiore e non era riuscita a venirne fuori in tempo. «Purtroppo è una cosa che vediamo spesso col nostro lavoro. Non abbiamo la presunzione di sapere perché certe donne scelgano certi uomini. Forse hanno la speranza di cambiare quello che non va bene, forse credono che col loro aiuto e col loro “amore”, gli uomini possano migliorare e cambiare vita… non ho una risposta. So solo come va a finire nel novanta percento dei casi» disse sconfitta. Chris annuì e la guardò a lungo, si sentiva un po’ in imbarazzo per quello che stava per fare, non credeva fosse professionale e, di certo, si sarebbe messo nei guai, ma lui doveva sapere. «Senti, forse non dovrei chiederlo, ma, visto che già abbiamo risolto il caso, non ci vedo nulla di male se qualche volta andiamo a prendere un caffè insieme… ti andrebbe?» Samanta sgranò gli occhi sorpresa. “Lo sbirro mi sta chiedendo di uscire? Di sicuro mi vuole tenere a guinzaglio stretto… se rifiuto lui sospetterà…” «Scusa forse non dovevo chiederlo, magari avrai pure un fidanzato» disse agitando la mano come per cancellare la proposta di poco prima, ma Samanta lo tranquillizzò: «No no, nessun problema. Mi farebbe piacere, davvero» disse sorridendo dolcemente. Chris parve soddisfatto e sorrise anche lui. «Beh, allora ti chiamo, va bene?» «Certo, quando vuoi.»
24 Si avviarono alla porta e Samanta lo salutò: «Allora a presto Christian, grazie della visita e buona notte.» «Grazie a te, buona notte e a presto.» La donna chiuse la porta e trasse un profondo respiro. La situazione non stava volgendo a suo favore, ma non c’era ancora pericolo. Avrebbe aiutato le sue ragazze in tutti i modi possibili, di questo era certa. C’era solo un ostacolo da superare, ma era altrettanto certa che sarebbe riuscita a tenere Mudson a bada. Quella notte, avrebbe sognato i profondi occhi verdi del detective che scrutavano i suoi, in cerca di una risposta.
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CAPITOLO 6
Era una serata piovosa, i tergicristalli oscillavano velocemente per consentirle di vedere bene la strada. La pioggia scorreva copiosa sui vetri della macchina e i boati dei tuoni si alternavano alla luce accecante dei fulmini. Arrivata a casa, entrò nel vialetto e parcheggiò la macchina sotto la tettoia. Prese la borsa e, mentre cercava le chiavi di casa, una voce fin troppo familiare la fece sobbalzare. «Ciao Cristina… ti stavo aspettando.» Lui era lì, di nuovo. La stava aspettando da ore davanti alla porta di casa, la casa che un tempo aveva condiviso con lei… sua moglie e con i loro figli. Cristina si immobilizzò a pochi metri da lui, terrorizzata. Sembrava ubriaco e il ghigno sulla sua faccia non faceva presagire nulla di buono. «Ti prego vattene o chiamo la polizia» gli intimò la donna, spaventata. «Voglio vedere i miei figli, non puoi impedirmelo e lo sai.» Si avvicinò a lei e Cristina fece un passo indietro. Il suo pensiero andò subito ai bambini, quella sera per fortuna non erano in casa. «Non sono qui. Devi andartene subito.» Il volto dell’uomo si indurì e una furia violenta attraversò i suoi occhi. «Sei solo una stronza. Voglio vedere i miei figli adesso!» urlò facendo trasalire la povera donna. «Vattene Mark. Questa storia deve finire, vattene o chiamo la polizia» e senza pensarci due volte, prese il cellulare da dentro la borsa, ma lui si avventò su di lei. «Oh non pensarci nemmeno.» Le cinse i polsi con le mani e con uno strattone le scaraventò il cellulare per terra, che finì sotto la pioggia battente. Cristina iniziò a dimenarsi per sfuggire alla sua presa, ma lui era più forte. Le stringeva i polsi con una violenza tale che la donna trasalì per il dolore. «Lasciami Mark!
26 Lasciami!» iniziò a gridare. L’uomo la guardò divertito, non aveva intenzione di lasciarla andare. «Sei proprio una stronza» disse ridendo e prendendole la testa con una mano per portarla vicino alle sue labbra. Cristina capì che voleva baciarla e istintivamente si scostò cercando di evitarlo, ma lui era più forte. Le prese il viso tra le mani e la baciò con violenza, trattenendola a lui, in modo che non potesse fuggire, ma d’un tratto… sentì la gola chiudersi e si staccò da lei cercando di respirare. Cristina lo vide accasciarsi a terra tenendosi la gola con le mani, come per poter allentare la presa che gli stava rubando l’aria. «Mark!» gridò all’uomo che annaspava. Ma lui non potè rispondere, continuava ad aprire e chiudere la bocca cercando di far entrare ossigeno nel suo corpo, ma il tempo passava e le sue labbra cominciavano a diventare blu. «Mark! Aiutatemi vi prego!» gridò ancora Cristina, nella speranza che qualche vicino di casa che avesse sentito il loro litigio potesse chiamare l’ambulanza e la polizia. Passarono ancora un paio di minuti e Mark spirò alla ricerca disperata dell’ossigeno che non sarebbe più arrivato nei suoi polmoni. «Cristina, stai tranquilla ho chiamato l’ambulanza» le gridò da lontano una vicina che si accingeva a raggiungerla per prestarle soccorso. Non appena vide l’uomo a terra, privo di vita, si lasciò sfuggire un grido sommesso e, coprendosi la bocca per trattenere altre grida, tornò a casa per chiamare suo marito, lasciando Cristina sola, seduta sotto la pioggia accanto all’ex marito defunto. Lei, senza capire bene cosa stesse provando in quell’istante, vide la pioggia cadere sul suo cellulare, poi si guardò intorno con aria smarrita, come se si fosse appena svegliata da un lungo torpore. Si alzò e andò alla cabina telefonica che distava un isolato dalla sua abitazione, camminando sotto la pioggia. Da lontano la vicina era tornata con suo marito e la stavano chiamando, ma lei non si voltò. Arrivata alla cabina, compose un numero e al primo squillo ottenne una risposta: «Pronto?»
27 «La linea è sicura?» «Parla pure.» «È fatta… lui è… è morto…» «Bene. Ottimo lavoro.» Senza attendere un’ulteriore risposta, la sua interlocutrice interruppe la chiamata. La vicina di casa di Cristina nel frattempo l’aveva raggiunta. «Cristina ehi, sta calma, abbiamo già chiamato noi l’ambulanza. Vieni con me tesoro» le disse prendendo la cornetta e rimettendola sopra il ricevitore. Cristina la vide appena, aveva un’aria catatonica, non si era ancora resa conto di quanto era appena successo. Sapeva solo una cosa e stentava a crederci: lei e i suoi figli erano finalmente liberi. )LQH DQWHSULPD &RQWLQXD