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BARBARA CUCINI
DIARIO DI MATTEUCCIA
ZeroUnoUndici Edizioni
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DIARIO DI MATTEUCCIA Copyright © 2018 Zerounoundici Edizioni ISBN: 978-88-9370-289-8 Copertina: immagine Shutterstock.com
Prima edizione Marzo 2019 Stampato da Logo srl Borgoricco – Padova
'È uno scherzo. È uno scherzo, è tutto uno scherzo!' (Elsa Morante 'La Storia')
A mia madre
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PREFAZIONE CRONACA DIVERSAMENTE STORICA DI UNA STORIA POSSIBILE
Risulta in generale difficile scrivere di donne, specialmente quelle che hanno vissuto in epoche passate. Il tempo di Matteuccia di Francesco è un trapassato remoto. Siamo agli inizi del XV secolo, l'ultimo tratto del Medio Evo, segnato dalla riformulazione delle unità territoriali in territori generalmente più vasti, dalla costituzione di regni su basi più ampie della città, in cui la città mantiene comunque la sua centralità e il suo peso. La ridefinizione degli spazi territoriali procede di pari passo con la ridefinizione dei rapporti di potere, che riguarda da vicino anche la Chiesa, dopo la conclusione dello Scisma d'Occidente con l'elezione a papa di Oddone Colonna, Papa Martino V. Lo Stato della Chiesa si inserisce pienamente in questa riformulazione degli spazi e si vede costretto a riprogrammarsi con un aggancio più forte al territorio, con azioni di controllo e rinforzo della propria presenza in loco, per la quale si avvale di un apparato burocratico pienamente strutturato e gerarchizzato, attraverso il quale si posiziona all'interno dello scacchiere politico economico in cui si muovono i soggetti politicoterritoriali allora maggiormente in espansione: Venezia, Firenze, Milano e il Regno di Napoli, con re Ladislao prima e, alla sua morte la regina Giovanna D' Angiò-Durazzo1. 1 AAVV Storia Medievale, Donzelli, Roma 1998.
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In uno scenario assai fluido in cui gli assetti al termine di ogni battaglia non sono mai definitivi, emergono le figure dei condottieri di professione, che nel XV secolo sono perlopiù italiani. L'arte della guerra diventa per i capi delle 'condotte' il percorso privilegiato per acquisire territori, privilegi, signorie personali. Muzio Attendolo Sforza, Francesco Bussone da Carmagnola, Iacopo dal Verme, Braccio da Montone sono alcuni dei protagonisti di questo periodo storico. Essi seppero influenzare pesantemente lo scenario politico del loro tempo. Andrea Fortebracci da Montone entra a pieno titolo nella storia che andremo a raccontare, assieme ad altri uomini conosciuti e riconosciuti dalla Storia con la S maiuscola. Niccolò Piccinino è uno di questi. Il rogo della 'strega' Matteuccia di Francesco avviene nel periodo immediatamente successivo alla morte in battaglia di Braccio da Montone, alla cui corte la donna è senz'altro legata, come si desume dagli stessi atti del processo2. Processo che viene condotto alla presenza del capitano di giustizia Lorenzo de Surdis, arrivato a Todi da Roma due anni prima, nel 1426, con una modalità che sembra far ravvisare per Todi il passaggio di rango da quelle comunità mediate subiectae a immediate subiectae3, sottoposte cioè alla diretta giurisdizione della Santa Sede. I due anni di presenza del De Surdis a Todi coincidono, per quanto attiene all'archivio storico della città umbra, con una strana assenza dei libri delle Riformagioni, peraltro presenti per il periodo precedente. Questa assenza risulta strana e suscita interrogativi ovvi, anche per chi, come me, non è uno storico. Essa è verosimilmente in primo luogo un segno della centralizzazione del potere dello Stato della Chiesa e della 2 Candida Peruzzi, Un processo di stregoneria a Todi nel '400, Olschki, Firenze, 1955. 3 AAVV Soria Medievale, Donzelli, Roma pp 635.
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conseguente diminuzione del potere delle magistrature cittadine. Di fatto, per i due anni precedenti il rogo di Matteuccia Francisci, mancano informazioni importanti circa le attività e le azioni intraprese dal De Surdis, salvo poi ritrovare quel lasso di tempo citato puntualmente nei capi di imputazione sul processo alla donna. Il 1426 è un anno cruciale per l'impianto del processo. Esso coincide con l'arrivo di San Bernardino da Siena in terra umbra e nella stessa città di Todi. È durante questa fase della predicazione bernardiniana che vanno fissandosi schemi e temi ricorrenti nelle accuse di stregoneria, che andranno a elaborare un quadro di riferimento per tutti i processi futuri. A portare sul rogo Matteuccia di Francesco compare, di fianco alle accuse circostanziate e 'locali', per la prima volta in atto giuridico il noce di Benevento, o meglio la noce di Benevento, l'albero del sabbah delle streghe4. Matteuccia di Francesco, ungendosi con unguenti diabolici, avrebbe intrapreso trasformazioni mirabolanti e raggiunto il luogo di incontro delle streghe a cavallo di un caprone, come si converrà, d'ora in avanti, a qualunque fattucchiera non dilettante. Una donna, della quale si sa, pertanto, come unica certezza veramente certa, che purtroppo, come avvenuto per molte altre, e in maniera sistematica proprio e soprattutto a partire dal XV secolo, è morta bruciata viva con l'accusa di stregoneria. Che è molto poco per riscriverne la storia di persona perché una storia non c'è, per la Storia una persona non c'è, oltre questo rogo. Questa assenza di traccia sulle storie delle donne è un fatto 4 P. Portone 'Il noce di Benevento: la stregoneria e l'Italia del sud', Xenia, Milano 1990.
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incontestabile, di donne nella Storia si parla là dove esse siano mogli, o fidanzate di uomini potenti, come presenze di sfondo di vite altrimenti degne di memoria. Fanno eccezione, nel mondo occidentale le poche regnanti dei secoli passati, e le Sante. Altrimenti si parla in prima persona delle donne al momento in cui vengono uccise, giustiziate, che è comunque qualcosa di più di quel silenzio che caratterizza la vita, le vite, delle donne 'non colpevoli' o non, in qualche modo 'eccezionali'. Ho voluto raccontare, scrivendo, la storia possibile di Matteuccia, all'interno di una cornice che comunque mi dava dati certi per un inquadramento storico e mi forniva, nei silenzi di realtà dei capi di imputazione, la sua plausibilità. Ho utilizzato lo stereotipo appiccicato per secoli alla donna, per tirar fuori un motivo per quell'omicidio, che è lo stesso per mille altri omicidi, di ieri e di oggi. Matteuccia non è la pulzella di Orléans, ma è ugualmente una donna che ha dato fastidio. Nell'esercizio della propria libertà personale, in una certa autodeterminazione ed esposizione personale in contrasto con gli schemi sociali della sua epoca. La non aderenza, la non conformità è già un atto fortemente rivoluzionario, perché inceppa in un punto preciso gli ingranaggi del sistema. Pur quando avviene nel silenzio, nel privato di un'esistenza piccola, al confronto con quella dei grandi nomi della storia, esso si pone come sovversivo già per il fatto stesso della sua messa in atto. Ho inventato una storia, perché lei potesse parlare attraverso la mia voce, e raccontare, una vita da persona. È una storia inventata, ma una storia plausibile, una fiction da romanziere, che tenta di dare un senso e quindi una realtà propria, agli eventi certi della cronaca. Nella ricerca del senso delle cose, da linguista e sociolinguista quale sono, per formazione, è il ribaltamento di uno stereotipo e la trasformazione dello stigma
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nel suo contrario, un'alchimia linguistica, a suo modo una 'magia', a interessarmi maggiormente. È l'uso dell'invenzione CONTRO l'altra invenzione, quella evidente nei trenta ridicoli capi di imputazione del processo. Che però lasciano leggere tra le righe indizi sulle reali 'colpe' di Mattecuccia. Molte delle accuse vertono su rimedi e pozioni approntati per aiutare donne in difficoltà, battute, picchiate, maltrattate. Su questa interpretazione è stata impostata la bella rappresentazione teatrale dell'agosto 2013 a Todi , che ha visto Ornella Muti vestire i panni di Matteuccia di Francesco. Una discrepanza fra le date riportate negli atti del processo e la Storia, quella vera, mi hanno permesso di trovare un punto di partenza. È il 1426 quando si afferma che Matteuccia commissiona il recupero di un cadavere dal Tevere a un tale alle dipendenze di Braccio, per farne degli unguenti. Braccio era già morto due anni prima. Chi era il tale che recupera il corpo? Chi era il Cortona? E Trincio, che figura in un altro processo seguito dal De Surdis, che viene punito per un reato fiscale, diventa un personaggio di questo romanzo, in cui mi sono permessa la libertà di far interagire con la protagonista non solo Braccio da Montone, ma anche il Piccinino, senza che questi interventi possano ovviamente convergere collidendo con i fatti storici. Intermezzi di presenze e contatti immaginati fra una campagna di guerra e l'altra. Personaggi, come il morto nel Tevere, sconosciuto, a cui ho dato un nome e una storia. Un capitano di ventura, Bernardo da Borgo San Michele, nella Storia non è mai esistito. La tradizione orale, ciò che si racconta a Todi su Matteuccia, la vuole compagna di un uomo della condotta di Braccio. È lui Bernardo. Maestro Isaac, medico ebreo, nato dalla mia penna e dalla mia fantasia, insieme ad altri, avrà un peso importante in questa storia plausibile. La sua figura nasce nel romanzo per due
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motivi, uno culturale, l'altro casuale. L'assimilazione dei simboli sabbatici alla stregoneria e all'ebraismo, lo stigma comune, che si avvale per secoli degli stessi nomi (il sabbah appunto, ma anche la teoria dell'infanticidio rituale) dello stesso colore, il giallo, per streghe, ebrei, prostitute ed eretici, è stata per me una tentazione potente, per prendere lo stigma e ribaltarlo di segno. E mentre scorrevo una serie per me, che non sono uno storico, infinita di documenti d'archivio mi è caduto l'occhio su un episodio riportato da una cronaca rinascimentale, che parla di un bambino ebreo che risponde a una sassaiola effettuata dai cristiani alla sua casa nella processione del Venerdì Santo. L'ho presa, ho dato un nome al bambino, e l'ho inserita nel testo. È Jacob, il figlio più grande di maestro Isaac. Riporterò delle brevi schede di presentazione dei personaggi storici che interagiscono con la mia Matteuccia in questo romanzo, per agevolare un inquadramento di questa mia 'diversamente storia' nel contesto storico del periodo interessato. Una serie di coincidenze, di cui la prima è un sogno particolare che ho fatto una notte, durante un viaggio in motocicletta con mio marito proprio a Todi, mi hanno condotta da Matteuccia. Mi piace pensare che dal trapassato remoto della sua storia tragica, sia stata lei a chiamarmi. È l'unica magia, quella che unisce le persone al di là dello spazio e del tempo, alla quale mi permetto di credere.
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TODI, 29 MARZO 2013
Torniamo, torniamo sempre E tu davvero vuoi rinunciare ai tuoi sogni? Quale strana e malefica forza trattiene l'amore che hai dentro e lo blocca? Davvero senti di non poter avanzare di un passo? Dove nasce la tua immobilità?È così forte la sofferenza da inchiodarti dentro te stesso? Io, Matteuccia, non riesco a star ferma. E sono tornata infatti. Io voglio vivere e ammetto di avere un grande dono, la vita dentro di me è più potente di ogni altra forza. Basterà per tutti e due? O brucerò di nuovo sul rogo? Nel silenzio cadranno le mie parole. Se davvero strega fui, esse saranno magia. Altrimenti ne farò compagne di strada, fra sogno e realtà, per non tradire la vita e non bruciare invano. Il mio avversario è potente. Non accetterò le sue armi quando me le offrirà. E chiederò aiuto al cielo, per riconoscerle.
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IL GIOCO DEL TEMPO SCOMPARSO, UNA CITTÀ
Mi hai chiamata in un giorno che sembrava un gioco Per gioco mi hai condotta sulla strada fino a te io che avevo già la mia città e nessun'altra patria mi serviva hai dissolto il tempo hai mostrato i volti sulla strada i loro passi di un tempo in cui non ero ripercorro intreccio di destini sono anche i passi miei e non è un gioco Non smetti di chiamarmi e io non so perché ti seguo e io non ho paura anche se non è un gioco. (SPQB 13/07/2017)
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ASSIDERAMENTO/SPQS
Bussa alla porta l'estate nuova si avvicina in un batter di ciglia sarà qui Eppure io ti vedo sotto bianco di ghiaccio non hai per letto la neve morbida, ma cristalli pungenti e freddi che neanche senti più Svegliati ti prego, svegliati! Ma lo sai, lo sai! Che è un sonno fasullo, una quiete apparente, un falso conforto! E noi dov'eravamo? Ciarlatani ci hanno ingannati due volte, mentre credevamo di svegliarti Qualcuno aveva già compreso la mala e finta cornice del risveglio apparente ed è rimasto fermo in silenzio, senza pace, a guardarti scivolare via Noi dove siamo, adesso? Ognun da sé a chiamarti nella propria solitudine. Svegliati, ti prego....Son le sette... E piango B.C 17/06/2016 – venerdì
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I VOLTI DELLA NOSTRA STORIA di Sabrina Brunetti
Abbiamo voluto dare un volto alla protagonista, realmente esistita, e ai personaggi frutto di fantasia che animano e integrano questa nostra storia diversamente storica. Fra le tante, troppe esistenze che nella Storia non hanno volto nÊ traccia: gli affetti, le relazioni, senza le quali nessuna storia di vita è possibile. Nell'ordine: Matteuccia Maestro Isaac Nana, la balia Bianca Serafina Bernardo Giovanni
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MAESTRO ISAAC
AD 1400. La peste portava via buoni e cattivi, poveracci e signori. Moriva la dama di Compagnia dei Chiaravalle, Annuccia di Ripabianca, che undici anni prima era divenuta madre di una florida bambina, in circostanze equivoche. Voci malevole indicavano il padre in uno dei Chiaravalle, Matteo, che, con buona pace della moglie, aveva inizialmente tenuto dama e creatura presso il suo palazzo. Questo nonostante Annuccia fosse degnamente accasata con un buon uomo, Messer Francesco di Ripabianca. Matteo e la moglie erano lontani da Todi a causa di dissapori e screzi con alcuni membri della nobiltà locale che avrebbero potuto pregiudicarne l'incolumità. Fra i sopravvissuti alla peste tre dei loro sette figli, accuditi dal fidato consigliere di famiglia nonché validissimo medico chimico e cerusico Isaac di Abraham da Rieti, pure lui scampato alla morte. La famigliola del dottore purtroppo non si era salvata: era morta Gentile, sua moglie, erano morti Jacob, di dieci anni, Esther di otto e Rachele di tre. Lui ci era andato vicino, dopo dieci giorni di febbri altissime che lo avevano fatto considerare ormai spacciato. La figlia di Annuccia, Matteuccia, si era salvata dal morbo che le aveva portato via la madre. E che per poco non si era portata via Isaac. Assieme a suo padre Francesco, Isaac era uno dei suoi affetti più cari. La tragedia della perdita aveva unito i destini di Matteuccia e di Isaac, che avevano trovato immediato rifugio l'uno nell'altra. Per Isaac quella ragazzina vivace era la figlia inaspettata che il destino aveva voluto lasciargli accanto. Egli era assolutamente
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convinto che il destino degli uomini non fosse affidato al caso. Quella vicenda, pur nel dolore immenso che aveva portato con sé, conteneva sicuramente una strada che lui avrebbe dovuto individuare e seguire. La sua volontà gli avrebbe permesso di scegliere, una volta che tutti i segni fossero stati disposti nell'ordine giusto e avessero indicato senza possibilità di errore quale fosse la via da seguire. Matteuccia lo chiamava maestro e fin da piccolina aveva mostrato una naturale simpatia per lui. Era una bambina estremamente curiosa e maestro Isaac conosceva tante cose. Lei lo seguiva nel grande palazzo di Messer Matteo, ogni qualvolta venisse convocato per un consulto. C'era una stanza tutta per lui nel palazzo, il gabinetto la chiamavano, con un grande tavolo di legno, c'erano tanti pestelli di pietra, di diverse misure. E poi vasi, albarelli, orciuoli, versatoi, dai quali il maestro prendeva foglie e sciroppi, polveri bianche o del colore del sangue, che mischiava per preparare le medicine. Un composto rosso scuro si chiamava “sangue di drago”, ma i draghi esistono solo nel mondo della fantasia, questo le aveva detto maestro Isaac. Dracena fragrans. A Matteuccia piaceva vedere le erbe appese al soffitto a seccare, gli odori di quella cucina particolare, le piacevano i colori dei vasi, che arrivavano tutti dalle operose botteghe degli artigiani di Deruta. Il maestro non portava mai con sé i suoi figli a raccogliere le erbe spontanee o le bacche nel bosco, li teneva lontani dal giardino, dove coltivava i semplici, mentre Matteuccia spesso lo accompagnava. Jacob era geloso del loro sodalizio, che anche a Matteuccia pareva un privilegio. Maestro Isaac sembrava non pensarla allo stesso modo. Un giorno avevano incontrato un frate del convento di San Francesco sulla strada che portava al bosco dove maestro Isaac solitamente raccoglieva le felci e l'erba di San Giovanni. Il
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frate gli si era parato davanti e gli aveva chiesto, in modo decisamente poco cortese, cosa stesse facendo da quelle parti. Matteuccia non aveva udito le prime parole di risposta del dottore, aveva sentito chiaramente però la fine del discorso. «Io sono medico, cerusico e fisico, nonché speziale, ho facoltà e licenza di recarmi nei luoghi che reputo necessari a svolgere correttamente il mio mestiere. Non credo che la cosa possa risultare di vostro riguardo». Il frate aveva borbottato qualcosa a mezza voce. Maestro Isaac si era fatto scuro in volto, Matteuccia aveva provato un senso di angoscia e le era tornato alla mente Jacob, la sua gelosia per le passeggiate con suo padre, che a lui erano negate. Matteuccia aveva intuito quel giorno che doveva esserci un buon motivo per quella esclusione e che quel motivo aveva a che fare con i frati. Non era riuscita a star zitta, non le era possibile per natura, e aveva dunque chiesto a maestro Isaac perché fosse preoccupato e se ci fosse un legame fra questa sua preoccupazione e il fatto che Jacob e Esther non fossero mai invitati ad andare con loro. Il maestro non volle risponderle direttamente. Le disse soltanto che il venerdì Santo, durante la processione della via Crucis per le strade del paese, gli ebrei dovevano rigorosamente tenere porte e finestre chiuse al passaggio dei fedeli, perché i fedeli erano autorizzati a tirar sassi verso le case degli ebrei e a deriderli. Le disse che gli ebrei non potevano opporsi in alcun modo. Jacob invece, durante le ultime festività pasquali dei cristiani, aveva risposto al fuoco con una sassaiola altrettanto potente. Aveva raccolto una balla di sassi di fiume e, dal terrazzo di casa, aveva risposto al fuoco. Padre e figlio erano stati convocati dal capitano di giustizia, avevano dovuto pagare una grossa multa ed effettuare una cospicua donazione al convento dei francescani per espiare la colpa davanti a Dio. Il frate che avevano incontrato veniva da
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quel convento ed era stato testimone del fattaccio. Isaac le disse che non perdeva occasione per danneggiarlo, ma Matteuccia non capiva in che modo potesse farlo, a parte essere arrogante col dottore come quella mattina. Matteuccia conosceva parecchi dei fedeli che partecipavano alla via Crucis, il cui percorso si snodava davanti alla casa del dottore, e le pareva inverosimile che quelle stesse persone, solitamente gioviali, pronte a darsi una mano gli uni con gli altri, si fossero potute rendere protagoniste di un'azione così brutta e squallida. Ma anche nel caso in cui non fosse stato qualche suo conoscente ad aver materialmente messo mano alla sassaiola, non riusciva ad accettare che nessuno si fosse opposto. «Maestro Isaac, quelle stesse persone che poi vengono da voi a chiedere aiuto, perché degli altri medici non si fidano... osano deridervi. E voi continuate a dar loro aiuto...». «Io sono un medico, curo le persone, non mi interessa cosa loro facciano della loro vita...». Le aveva insegnato molto, il suo buon maestro. Matteuccia aveva sviluppato una capacità notevole nella diagnosi ed era eccellente nella preparazione delle medicine. La ragazzina si fidava completamente di lui, ammirava l'acume del maestro, avrebbe voluto essere come lui. Padroneggiare anche l'arte del silenzio. Matteuccia era troppo rumorosa ancora, era giovane, maestro Isaac le diceva sempre che una buona cura è fatta di poche parole, un'ottima cura è fatta di silenzio. Matteuccia voleva sapere, voleva scoprire. Aveva le capacità per divenire un ottimo medico. Essendo donna non avrebbe potuto esercitare la professione pubblicamente. Ma questa non era una buona ragione per soffocare la sua intelligenza, né per concedere vittoria a stupide e mortifere leggi dell'uomo, presuntuosamente affermate come dettami divini. Ciò che gli uomini chiamano Dio non parla, si rivela. E l'unica parola che
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lo può rappresentare, per assenza, è un simbolo, qualcosa che apra la strada alla comprensione di ciò che è innominabile. L'essere che non si può nominare... Su queste riflessioni maestro Isaac prese la coraggiosa decisione di avviare la sua allieva alla pratica cerusica. Anche quello che la legge non consentiva e che lui da anni praticava di nascosto, pure contro i precetti della sua legge, della sua religione, che gli vietava il contatto con il sangue umano: lo studio dei corpi, la dissezione dei cadaveri. Addentrarsi dentro i corpi ormai privi di vita, a osservare quali forme i morbi avessero assunto al loro interno. Esercitarsi a praticare fori e suture, perché la vita non potesse più fuggire dai sofferenti più gravi. Conosceva maestro Isaac, la superstiziosa e pericolosa 'Accusa del sangue', che molte volte, da secoli ormai, era stata mossa dal papato contro i suoi correligionari ed era stata la giustificazione per numerose soppressioni. Al dottore questo non importava, sapeva che se avesse comunque cessato le proprie ricerche e i propri studi, questo sarebbe stato ininfluente. Se ci fosse stata la volontà di danneggiare o eliminare la sua persona, non erano necessarie prove particolari, l'arbitrio dei potenti era più che sufficiente. Matteuccia aveva quattordici anni quando fece il suo primo ingresso nella stanza anatomica del suo insegnante, situata nei sotterranei del castello dei Chiaravalle. Alla luce delle candele, in piena notte, maestro Isaac ricevette una consegna da un contadino dei dintorni, un ragazzo alto e magro, con il viso e i capelli scuri, il naso affilato, gli occhi così neri che non si distingueva la pupilla all'interno dell'iride. Era sordomuto. Matteuccia lo conosceva, anche se non ne sapeva il nome, perché era il nipote della sua balia, Nana. Lui consegnava al maestro i corpi di persone morte per malattia, che gli venivano affidate per la sepoltura. In molti casi le famiglie delle persone
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di umili condizioni avevano paura di toccare il morto o di occuparsene. C'era molta superstizione e molta paura della morte per contagio. Si temeva soprattutto la peste, anche in periodi non sospetti. Questo rendeva abbastanza facile il reperimento dei cadaveri per studio. Il costo era comunque alto a causa dei rischi che si correvano se si fosse stati scoperti. La punizione, sia per chi gestisse la fornitura che per chi la utilizzasse per studio, era la condanna a morte per impiccagione o sul rogo. Maestro Isaac aveva parlato a lungo con Matteuccia, le aveva voluto spiegare dettagliatamente il progetto che aveva per lei. Le aveva fornito tutte le informazioni che le permettessero di scegliere consapevolmente se voler proseguire o fermarsi. «Dovrai prendere del tempo, il tempo necessario per decidere è esattamente quello al termine del quale sentirai che c'è il silenzio dentro di te, nessuna domanda fatta di parole che abbia bisogno di parole per chiarirsi. Allora verrai da me a dirmi la tua decisione e io la accetterò. Ci sono due fatti che devi considerare a fondo, figlia mia. Il primo è l'effetto che provoca la vista delle carni aperte, dei fluidi, delle ossa. Dovrai prepararti a percepire odori nauseabondi che neppure il più potente balsamo riuscirà a nascondere. Ma soprattutto, una volta abituata a questo, capirai che noi non siamo più delle foglie sugli alberi, che marciscono a terra d'autunno; che la vita passa attraverso mille abiti diversi, destinati a logorarsi col tempo, a prescindere da noi. Che noi siamo e non siamo allo stesso tempo. Questo non è facile da capire né da accettare. Se ci riuscirai, sarai in grado di alleggerire il passaggio della vita nelle persone che si affideranno alle tue cure, sapendo che anche queste cure non sono cosa tua. Il secondo elemento è esterno a te: è la paura degli uomini. La paura genera ignoranza. L'ignoranza genera la morte ed è il male più difficile da curare. Fra gli uomini ci sarà qualcuno
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che ti ucciderà se scoprirà che hai profanato l'integrità dei corpi. Ti ricordi, Matteuccia, il frate che incontrammo nel bosco? Lui è una persona in preda alla paura, per questo è pericoloso. Sospetta di me, non è solo per la storia della sassaiola che è così arrogante e che cerca ogni pretesto per incolparmi. Se affidassi la mia rabbia alle parole, per il suo comportamento ingiusto, questo gli aprirebbe soltanto una strada verso di me, senza che nessuno dei due possa trarne vantaggio. Questo farebbe soltanto male a entrambi. Matteuccia cara, sono convinto che, se deciderai di proseguire, riuscirai perfettamente a sviluppare i tuoi talenti senza sforzo. Dovrai però applicarti molto nell'esercitare l'arte del silenzio. Dovrai imparare a respirare in modo nuovo. Allora io sarò felice di insegnarti». Matteuccia aveva ascoltato le parole di Isaac con estrema attenzione. A un certo punto aveva avuto l'impressione che quelle parole l'avessero agganciata come una musica potente, vi aveva aderito fisicamente, come in una danza. «Mi fate respirare l'energia dei boschi, del mondo, delle creature. Mi nutrono le vostre parole e i vostri silenzi, in egual modo, come il latte che Nana mi ha generosamente donato da piccola. Io voglio bene a voi, come voglio bene al mondo. E non provo timore». )LQH DQWHSULPD &RQWLQXD
INDICE
Prefazione Cronaca diversamente storica di una storia possibile 7 Todi, 29 marzo 2013 ................................................................... 13 Il gioco del tempo scomparso, una città...................................... 14 Assideramento/SPQS .................................................................. 15 I volti della nostra storia ............................................................. 16 Maestro Isaac .............................................................................. 24 AD 1407 ...................................................................................... 31 L'accusa del sangue ..................................................................... 34 25 gennaio 1422 .......................................................................... 38 Bianca di Mastro Giacomo ......................................................... 42 Ripabianca 13 marzo 1422 ......................................................... 45 Giovanni del Rione San Silvestro ............................................... 49 Se fosse ....................................................................................... 57 La morte nel fiume ...................................................................... 60 26 febbraio 1423 ......................................................................... 61 27 febbraio 1423, Notte .............................................................. 67 28 febbraio 1423 ......................................................................... 73 Il viaggio di Bianca ..................................................................... 80 1 marzo 1423 .............................................................................. 89 1 maggio 1423, La partenza di Fortebraccio ............................ 104 Addio comandante .................................................................... 107 27 settembre 1424 ..................................................................... 110 28 settembre 1424 ..................................................................... 116 L'altra faccia .............................................................................. 118 Ripabianca, 17 dicembre 1426.................................................. 123 22 gennaio 1428 ........................................................................ 128 C'era una volta una strega – 1 ................................................... 133 C'era una volta una strega – 2 ................................................... 138
C'era una volta una strega - 3 .................................................... 145 Sera, quadro familiare – interno nobile..................................... 148 Epilogo diversamente epilogo................................................... 153 20 marzo 1428 .......................................................................... 155 Bianca ....................................................................................... 158 Ra/Ăˆ quasi Natale...................................................................... 159 Postfazione ................................................................................ 161 Quell'anno avvenne ................................................................... 165 Ringraziamenti .......................................................................... 173