Il simbolo di mosè

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In uscita il /2014 (1 0 euro) Versione ebook in uscita tra fine QRYHPEUH e inizio GLFembre 2014 ( ,99 euro)

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CLAUDIO FELICI

IL SIMBOLO DI MOSÈ

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IL SIMBOLO DI MOSÈ Copyright © 2014 Zerounoundici Edizioni ISBN: 978-88-6307-803-9 Copertina: Illustrazione di Claudio Felici

Prima edizione Ottobre 2014 Stampato da Logo srl Borgoricco – Padova


A mia madre e ai miei fratelli, che mi hanno trasmesso e condividono con me la passione per questo genere.



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Capitolo 1

Il Professor Aldo Levi era sovrappensiero. Il piccolo bar di fronte all’università di Bologna nel quale si recava ogni giorno era un miscuglio di odori e rumori ormai familiari, un delizioso sottofondo fatto di tazzine che schioccavano contro piattini di ceramica e sbuffi di vapore che fuoriuscivano dalla grande macchina per il caffè DC Pro, motivo d’orgoglio del proprietario del bar che la elogiava spesso come la miglior macchina per caffè del mondo. Mentre si gustava la sua solita colazione, una brioche integrale al miele con un bel bicchiere di caffelatte bollente che ormai da trent’anni era diventato una specie di rito scaramantico del mattino, quasi non si sentisse in grado di affrontare la giornata senza, uno studente del secondo anno del corso di Archeologia e Culture del Mondo Antico del quale lui era docente interruppe bruscamente quel suo momento di beatitudine, uno dei pochi che l’esimio professore decideva di dedicare unicamente a se stesso senza dover pensare a niente e a nessuno, come se tutto il mondo si fermasse per il breve lasso di tempo che lui impiegava a consumare quel fugace pasto. Davide Berselli, uno dei suoi studenti meno brillanti, era entrato in quel momento nel bar in maniera chiassosa, senza minimamente pensare che alcune delle altre persone intorno a lui probabilmente si erano recate in quel luogo non solo per soddisfare un semplice bisogno fisico come quello di sfamarsi al mattino per acquisire così le energie da spendere durante la giornata, ma anche e soprattutto per godersi un po’ di relax in un luogo, quello del bar, visto universalmente come il simbolo dello stacco, dell’intermezzo quotidiano tra le attività lavorative e la frenesia prettamente umana di dover a tutti i costi svolgere milioni di attività nell’arco della giornata. Aldo sapeva già quello che sarebbe successo: non appena il ragazzo si fosse accorto di lui, lo avrebbe incalzato con una miriade di domande assurde su degli strani articoli letti navigando su internet e scritti da fantomatici esperti egittologi o santoni che si elevavano a profeti virtuali rivelando oscure trame ordite da organizzazioni segrete - che poi tanto segrete non erano, dato che il web era pieno di articoli dedicati a loro - per la conquista e il dominio del mondo.


6 Il professore aveva commesso lo sbaglio una volta di voler dimostrare al ragazzo che quegli articoli avevano poco di fondato e di come l’archeologia spesso fosse molto più semplice e noiosa di quello che i vari Indiana Jones o altri kolossal hollywoodiani davano a intendere. Si era fatto dare il link del blog di questo nuovo “esperto” svelatore - o sollevatore - di misteri ed era andato a leggere quegli articoli portando poi l’argomento il giorno dopo a lezione e mettendo in guardia tutti gli studenti da quello che circolava in rete, che molto spesso era opera di persone in cerca di notorietà che semplicemente costruivano intorno a fatti reali delle storielle fantastiche del tutto fuori dalla verità storica e comprovata dei fatti. Ricordava benissimo quella lezione tenuta ai ragazzi quando ancora frequentavano il primo anno del suo corso di studi, molto probabilmente perché era stata una delle lezioni più apprezzate e che i ragazzi seguirono con più interesse rispetto a tutte le altre che aveva tenuto fino a quel momento. Si era accorto che il mondo era cambiato, che anche se tutti quei ragazzi erano lì per amore dell’antico, alla fine era il moderno quello che inconsciamente li attirava di più e, anche se nessuno lo avrebbe mai ammesso, una teoria su internet li avrebbe attirati di più di una prova scoperta sul campo magari in una antica tomba sumera. Aldo buttò giù tutto d’un sorso il mezzo bicchiere di caffelatte che gli era rimasto con aria seccata e malvolentieri, poi si mosse in direzione della cassa del bar per poter pagare e lasciare indisturbato il punto di ristoro cercando di non essere notato dal giovane seccatore. Era quasi riuscito nel suo intento, aveva pagato i soliti due euro a Mario, il ragazzo della cassa del bar, e silenzioso e furtivo come un ladro che tenta di entrare in un appartamento stava scivolando fuori dalla porta passando dietro a un gruppetto di quattro studenti, tutto ingobbito che sembrava fosse vittima di un tremendo mal di schiena, camminando sulla punta dei piedi per tentare di fare meno rumore possibile. Aveva messo il primo piede fuori dalla porta e un senso di soddisfazione lo stava pervadendo convinto com’era di essere sfuggito alla solita valanga di domande inutili e fuori luogo, ma la sua gioia venne interrotta sul nascere quando dall’interno del bar sentì il suo nome pronunciato a gran voce, quasi fosse stato colto a commettere qualche reato. «Professor Levi!» si sentì chiamare da una voce squillante e fastidiosa che purtroppo aveva imparato a riconoscere fin troppo bene. Il suo corpo si bloccò di colpo, poi come in preda a una sconcertante rassegnazione chinò la testa sbuffando e si girò verso la persona che lo aveva chiamato. Davide Berselli era un ragazzo di venticinque anni, i capelli rossi crespi e le lentiggini che gli ricoprivano il viso.


7 Portava un paio di occhiali spessi come fondi di bottiglia e aveva i denti sporgenti che conferivano al suo viso una sembianza equina. «Professor Levi, buongiorno! Ha un minuto da dedicarmi?» Il professore cominciò a balbettare qualche frase cercando di inventarsi una qualsiasi scusa per togliersi in fretta da quel pasticcio, ma prima che potesse esprimere una qualunque parola di senso compiuto il giovane studente lo stava già travolgendo di chiacchiere. «Volevo dirle che la sua lezione di giovedì scorso è stata davvero interessante. Tutta quella storia incredibile sugli egizi, sulla Bibbia, sul fatto che sacro e profano spesso si intrecciano… è stata davvero una lezione che mi ha insegnato molto!» Aldo rimase per un momento sorpreso da quell’affermazione. La settimana precedente infatti il professor Levi aveva tenuto una particolare lezione ai suoi studenti. Aveva spiegato loro di come alcuni testi sacri di varie teologie potessero contenere elementi fondamentali per la ricerca e lo sviluppo del loro percorso di studio e di come fossero tante le cose ancora da scoprire, i misteri da svelare e sui quali far luce e di come lo studio della Bibbia e dei fatti in essa riportati fosse uno dei campi più intriganti e ricchi di fascino per un archeologo. La più vecchia Bibbia disponibile risaliva a svariati secoli dopo i fatti riportati al suo interno, quindi era molto probabile che il testo come noi lo conosciamo oggi fosse del tutto diverso da come era in antichità, dato che molti racconti sopravvissero negli anni grazie alla sola tradizione orale, e che ogni singolo libro, ogni singola parola scritta nella Bibbia potesse essere di fatto soltanto parte di una delle più grandi leggende sopravvissute al tempo per secoli e secoli alle quali centinaia di milioni di persone nel mondo credevano ancora oggi. Ma era anche vero che alla base della maggior parte delle leggende spesso si nascondeva un fondo di verità, e che era compito loro, degli archeologi, trovare le prove di quelle verità analizzando reperti, facendo continue ricerche ed esaminando ogni scoperta fino a trovare la soluzione ai grandi enigmi che ancora la Storia riservava. “Pensate” aveva concluso la sua lezione “la Bibbia ci descrive Mosè come l’uomo che fuggì dall’Egitto liberando gli ebrei e facendosi beffe del potente faraone; una storia fantastica, quasi assurda, eppure come la mettereste se scopriste che in realtà quella storia contiene un fondo di verità e che questa verità, seppur diversa da come la conosciamo noi oggi, stia per essere finalmente svelata? L’archeologia può fornirci risposte a tutte le domande sul nostro passato… bisogna solo saperle cercare!”. Aldo ricordava benissimo quella lezione. Solamente la sera prima infatti era stato contattato da un’importantissima rivista scientifica inglese che aveva accettato di pubblicare alcuni suoi studi ai quali il professore stava lavorando da anni. Si trattava appunto di una serie di ricerche che Aldo


8 aveva compiuto per dimostrare l’esistenza di Mosè, l’Esodo degli ebrei e tutti i fatti riportati nella Bibbia, seppure con alcune incongruenze: Mosè, in effetti, non era come si credeva un ebreo trovato nel fiume e adottato dal faraone, ma un vero e proprio faraone egizio, una figura bizzarra, ribelle, che portò grandissimi cambiamenti alla sua epoca caratterizzando uno dei periodi più strambi dell’intera storia egiziana. Sebbene i suoi studi stessero quasi per essere pubblicati, il professore non poteva rivelare più di tanto ai suoi studenti - anche se si trattava di teorie già ipotizzate da altri studiosi - ma l’entusiasmo che gli aveva donato quella risposta positiva da parte della rivista inglese lo avevano portato a fare quella piccola considerazione, quasi morisse dalla voglia di urlare al mondo tutta la sua felicità causata da quella grandiosa scoperta. Sebbene Davide Berselli fosse un gran seccatore, il professor Levi era comunque il suo insegnante e l’apprendere che il suo lavoro riusciva a suscitare qualcosa di buono anche a studenti del genere lo riempiva di soddisfazione. «Ti ringrazio per i complimenti» rispose il professore, quasi imbarazzato per aver pensato male di quel ragazzo che in fin dei conti voleva solo confessare il suo apprezzamento per la lezione tenuta «in effetti la soddisfazione di uno studente è per me motivo di immenso orgoglio e mi spinge ad andare avanti nel mio lavoro con gioia e passione.» Il professore aveva appena sfoderato uno dei suoi sorrisi migliori. Se fino a pochi secondi prima si ritrovava a camminare ingobbito per sfuggire a uno studente molesto adesso era in piedi di fronte a lui, ben dritto sulla schiena e con la testa alta assomigliando sempre di più a un gallo che fa sfoggio del suo splendore gonfiando il petto in mezzo a tutte le sue galline. Lui si era sempre ritenuto un professore equo e giusto, ma in quei pochi attimi gli venne quasi da chiedersi se la sua riluttanza verso quello studente non avesse in passato in qualche modo compromesso i suoi canoni di giudizio andando a influire negativamente su alcune valutazioni. Gli veniva giusto in mente un ventidue dato forse con troppa leggerezza solo qualche settimana prima, e pensava che la prossima volta che il ragazzo si sarebbe presentato da lui, magari avrebbe potuto essere un po’ più clemente, mostrandosi un po’ più di “manica larga” e alzandogli il voto di un paio di punti. Aldo si stava talmente tanto crogiolando in quelle lodi da ignorare completamente quello che il ragazzo stava continuando a dirgli e quando riportò finalmente l’attenzione su di lui gli parve di aver capito solo due parole di tutte quelle che Davide gli aveva propinato: Internet e blogger. Di fronte a lui Davide lo guardava con occhi spalancati e un’espressione da ebete dipinta sul volto come se stesse aspettando una risposta a qualcosa che gli aveva appena chiesto e che lui, chiaramente, non aveva ascoltato.


9 Quelle due parole captate però gli facevano intendere che non doveva trattarsi di nulla di buono e che probabilmente avrebbe dovuto pentirsi di tutti i buoni pensieri appena fatti su di lui. «Ti chiedo scusa, mi ero distratto a pensare a una cosa urgente. Mi stavi parlando di qualche blog o qualcosa del genere, giusto?» Davide annuì vistosamente. «Non di un blog, ma del blog! Deve assolutamente darci un’occhiata, è comparso su internet da non molto e il tipo che lo cura, un certo Gabriel - o almeno così si firma nel suo blog - spiega alcuni ritrovamenti e alcuni misteri che TV, giornali e riviste specialistiche spesso non possono trattare. Questo Gabriel sostiene che il nostro mondo fu influenzato da una razza superiore proveniente da un altro pianeta e che antiche civiltà, come quella egizia, si siano sviluppate proprio grazie a questi esseri extraterrestri lasciandoci le tracce di un glorioso e misterioso passato.» Il professor Levi alzò gli occhi al cielo. Quella degli antichi visitatori era una teoria scoppiata da qualche decennio che aveva visto il suo apice dopo lo sviluppo di internet. Alcuni fatti a tutt’oggi misteriosi come lo sviluppo culturale e scientifico di alcune civiltà e il ritrovamento di oggetti e iscrizioni misteriose fecero sì che si attribuisse tutto quello che la scienza ancora non era riuscita a spiegare agli alieni, anche se con il passare del tempo queste teorie venivano man mano distrutte e sbugiardate. Aldo aveva la nausea di certi discorsi, non trascorreva anno senza che qualche studente o qualche conoscente non gli chiedesse il suo parere sugli antichi colonizzatori del nostro pianeta e sul loro contributo allo sviluppo di civiltà come quella egizia. A chiunque gli ponesse certe domande Aldo amava sempre rispondere che per quanto lo riguardava potevano esistere anche il mostro di Loch Ness e gli gnomi, ma fino a quando qualcuno non gli avesse messo davanti il cadavere di un gigantesco dinosauro rinvenuto in scozia o degli omini alti quindici centimetri, allora avrebbe continuato a sostenere che si trattava di leggende senza credito. «Caro Berselli» disse il professore con aria di sopportazione «credevo che dopo l’ultima volta io avessi chiarito una volta per tutte la mia opinione verso quello che si legge su internet. Gli archeologi, gli studiosi importanti e famosi non tengono dei blog, non scrivono sulla rete inventandosi dei nomi altisonanti per darsi una importanza maggiore agli occhi dei loro lettori. Esistono delle riviste scientifiche serie e rinomate che pubblicano tutte le scoperte e le teorie degne di merito dopo averne accertato le fonti e la veridicità dei fatti. Dovreste leggere più quelle e un po’ meno fidarvi di ogni cavolata giri su internet.»


10 «Ma professore, questa volta è diverso! Insomma, questo tizio sembra saperne davvero tanto, e sostiene di essere un ricercatore, tanto che inserisce molte prove sia sotto forma di immagini che di testi a sostegno delle sue teorie. Io credo che quest’uomo sia un genio e che un bravo studioso debba prima di tutto prendere in considerazione qualsiasi possibile verità prima di scartarne a priori qualcuna.» La pazienza del professore stava per essere messa a dura prova. «Forse sarà come dici, ma di sicuro non ti laureerai grazie alle informazioni trovate su una pagina internet, ma grazie agli studi pubblicati sui libri da grandi professori e scienziati, che di certo non firmano le loro ricerche con nomi strambi.» Il ragazzo continuava a scuotere la testa mostrando il suo totale disaccordo. «Eppure durante le sue lezioni le ho sentito esprimere dei concetti del tutto identici a quelli riportati sul blog di Gabriel. È una cosa davvero curiosa, anche perché io avevo letto alcune teorie molto prima che lei ne parlasse a lezione.» «Cosa intendi dire?» chiese Aldo leggermente irritato dalle velate insinuazioni che percepiva nascoste nelle affermazioni del ragazzo. «Oh be’, niente di che. Dico solo che alcuni potrebbero anche pensare che proprio lei professore per primo cerchi su internet molti dei concetti che rappresentano il fulcro delle sue lezioni.» A quelle parole il sangue risalì all’interno del corpo di Aldo che si fece subito rosso in viso. «Stai forse insinuando che io mi serva di buffonate prese dalla rete per preparare le mie lezioni?» Il ragazzo capì che il professore si stava infuriando e prese leggermente le difensive. «No professore, non insinuerei mai niente del genere. Solamente dico che come lei esistono molte altre persone al mondo che hanno studiato e promosso delle tesi avvalendosi di dati raccolti sul campo e che alcune di queste persone potrebbero essersi leggermente modernizzate andando a utilizzare il mezzo più efficace per arrivare a ogni persona sulla faccia della terra: il web!» Anche se nelle ultime parole del ragazzo non c’era effettivamente niente di offensivo, ormai il professore si era abbastanza innervosito per via delle sue insinuazioni e desiderava sapere quali fossero questi fantomatici argomenti trattati nelle sue lezioni che qualche altro sedicente esperto avrebbe esposto via web. Davide cominciò allora a elencare una serie di tematiche e di argomenti toccati dal professore in diverse lezioni, sostenendo che il misterioso Gabriel avesse già trattato quegli argomenti prima di lui fornendo addirittura delle


11 spiegazioni più convincenti ad alcuni misteri storici rimasti irrisolti, ultima tra tutte era la questione di Mosè. Davide sosteneva infatti che sul più volte citato blog fosse spiegata per filo e per segno la storia del grande patriarca ebraico, l’uomo che aveva liberato gli schiavi d’Egitto e attraversato il Mar Rosso e di come Gabriel sostenesse una grandiosa e innovativa teoria: secondo il misterioso blogger, Mosè non era in effetti un ebreo, ma un egiziano a tutti gli effetti e niente di meno che il faraone in persona! Il professore rimase di stucco sentendo quelle affermazioni. Gli studi che aveva affrontato nell’ultimo periodo infatti riguardavano proprio Mosè, e recenti approfondimenti lo avevano portato a contatto con una scoperta entusiasmante che rivelava infatti proprio le origini dell’uomo identificandolo con uno dei più grandi faraoni della Storia. Quell’argomento fece adirare ancora di più il professore; erano anni infatti che Aldo seguiva quella pista e solo per pura fortuna era riuscito a fare una scoperta che gli avrebbe probabilmente cambiato la vita, non voleva accettare quindi che dei buffoni informatici divenissero famosi solo per aver pubblicato qualche riga riguardo argomenti a loro quasi del tutto sconosciuti sui quali invece lui aveva speso tanto tempo e sudore. «Non tollero sentire oltre. Ti chiedo gentilmente di non occupare più il mio tempo con argomentazioni del genere. Tra non molto probabilmente capirai da solo che tutte quelle fandonie che circolano su internet altro non sono che fumo negli occhi per gente di scarso livello intellettivo. Per me il discorso finisce qui.» Il professore si girò dall’altra parte come per andar via ma fu di nuovo fermato dalla voce del ragazzo. «Questa volta non è come crede. Mi faccia un favore, vada su quel sito stasera. Se anche questa volta riuscirà a provarmi che la persona che scrive quegli articoli non è altro che un buffone che racconta delle frottole, allora le giuro che non la disturberò più con argomenti del genere.» «Dici davvero? Mi stai dicendo che se ti proverò che questo tizio è solo un altro mitomane racconta balle non verrai più da me a parlare di omini verdi e strani esseri che vivevano nell’antichità?» «Ha la mia parola, e i miei amici qui di fianco ne sono testimoni.» Aldo ci pensò un minuto. Effettivamente sprecare una mezz’ora del suo tempo per esaminare quel sito avrebbe potuto fargli evitare decine di interruzioni per domande stupide e perdite di tempo. Per un momento la proposta del ragazzo gli risultò essere parecchio allettante. «Ci penserò su. Adesso però devo andare, la mia lezione inizia tra poco.» L’uomo salutò i ragazzi e tornò all’interno del complesso universitario.


12 Non si poteva dire che quella giornata fosse cominciata nel migliore dei modi. C’era qualcosa in quel ragazzo che riusciva a turbare il professore piÚ di qualsiasi altra cosa al mondo. Non era solamente il fatto che lui credesse o meno a delle ridicole teorie su internet, quanto il suo atteggiamento - quasi di sfida - verso di lui, il suo insegnante, come se il ragazzo intendesse insegnargli qualcosa, dimostrargli di essere piÚ sveglio e intelligente di lui o cose simili. Le ore di lezione non servirono a mandar via il fastidio causato dalle parole di quel ragazzo, per tutto il giorno Aldo rimase con la luna storta, cinque minuti di conversazione erano bastati per mandare all’aria una tranquilla giornata di lavoro.


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Capitolo 2

Il dolce profumo del tè aromatizzato alla vaniglia aveva invaso tutta la stanza. Ogni sera Aldo si preparava una tisana o qualche infuso rilassante da sorseggiare mentre leggeva un libro o mentre preparava la lezione per il giorno successivo. Se ne stava seduto sulla poltrona del suo studio, una bellissima poltrona in pelle marrone scuro sulla quale amava passare almeno un’ora al giorno di meritato relax. Quella sera aveva messo l’acqua nel bollitore elettrico e nel frattempo si era diretto verso la sua imponente libreria, alta fino al soffitto e che ricopriva due intere pareti. L’aveva disegnata lui stesso alcuni anni prima, e l’aveva commissionata a un falegname di sua conoscenza, un vecchio artigiano che si occupava per lo più di restauri di antichi mobili in legno ma che, date le volte che il professore lo aveva raccomandato a vari musei o collezionisti d’arte che volevano risistemare i loro oggetti antichi, aveva accettato di buon grado di mettersi al lavoro per il professore. La causa poi era delle migliori: sapeva benissimo che quella libreria avrebbe contenuto un pozzo di scienza e una piccola ma ricercata collezione di libri antichi da fare invidia a ogni collezionista. L’aveva vista lui stesso quando un giorno il professore lo chiamò a casa sua per sistemare un vecchio manufatto indigeno regalatogli da un rappresentante del governo africano quando nel ‘99 grazie ad alcune sue scoperte aveva contribuito alla creazione di un museo in una piccola cittadina sperduta del Continente Nero portando così molti turisti grazie anche alla pubblicità di cui godette l’evento in Europa e contribuendo al riempimento parziale delle casse comunali. I libri allora erano sparsi per tutta casa, i più importanti e costosi messi dentro a una piccola libreria di un metro per cinquanta centimetri comprata probabilmente all’Ikea, i restanti ammassati dentro a scatoloni polverosi che invadevano ogni angolo della casa. Dopotutto il professore era un single incallito, e si vedeva dallo stato di disordine che regnava dentro a quasi tutte le stanze.


14 Fu proprio allora che il vecchio artigiano, al quale saltarono subito agli occhi i preziosi volumi riposti sui ripiani di quella indegna sottospecie di scaffalatura, suggerì ad Aldo di comprarsi una bella libreria di quelle buone e di trasformare quella stanza nell’elegante studio di un esimio professore. L’idea piacque molto ad Aldo che tempo due giorni aveva portato il progetto all’anziano falegname e gli aveva chiesto il favore di costruirla per lui. La libreria era sapientemente suddivisa: in alto vi si trovavano i volumi enciclopedici con le loro eleganti coste tutte uguali e dai toni scuri e seri; sul lato sinistro invece si potevano trovare i saggi storici, i manuali, i libri d’arte e tutto quello che riguardava la sua materia di studio, l’archeologia. La parte destra era dedicata ai romanzi, anche quelli per lo più storici, gli unici che attirassero l’attenzione di Aldo oltre quelli a sfondo religioso. La parte centrale invece era racchiusa in una vetrina, protetta da una serratura e con gli scaffali illuminati da alcune luci al neon che ne percorrevano i bordi. Dentro a quella vetrina era racchiusa la sua collezione di testi antichi, alcuni dei quali gli erano stati donati da ricchi collezionisti, mercanti d’arte o altri individui ai quali aveva reso qualche favore. Però il suo pezzo forte non era custodito nella libreria, ma a circa un metro di distanza da essa. Una piccola teca posta poco distante dalla libreria nell’angolo a nord della stanza; era sollevata a un’altezza di circa un metro e trenta da una base in finto granito e anche questa illuminata tramite neon all’interno della sua urna di vetro. Si trattava di una bellissima Bibbia in latino del sedicesimo secolo, con le copertine di pelle di vitello e gli angoli e i fermagli metallici. Era il suo tesoro più prezioso, l’aveva acquistata appena laureato pagandola una fortuna per la quale dovette firmare alcune cambiali che avrebbe saldato più avanti grazie ai primi lavoretti. Ogni tanto Aldo amava aprire la teca, infilarsi un paio di guanti bianchi e cominciare a sfogliare con attenzione e delicatezza quelle pagine antiche che erano sopravvissute miracolosamente fino ai giorni nostri. Spesso vi passava le sue giornate libere a tradurre interi passi e a confrontarli con le attuali versioni delle moderne bibbie e notava che molti particolari differivano dalle due edizioni, spesso perché adattati in maniera conveniente dalla Chiesa. La religione lo aveva sempre affascinato. Difatti aveva cominciato a studiare la Storia e ad appassionarsi all’archeologia proprio grazie a essa. I genitori di Aldo erano molto religiosi, lui aveva ricevuto una ferrea educazione cattolica e andava a messa tutte le domeniche. La prima volta che sentì parlare di religione unita alla Storia fu durante il catechismo.


15 Aldo doveva ricevere la prima comunione, aveva circa dieci anni e il suo insegnante era qualcosa di più di un semplice religioso che ripeteva ai bambini la solita favoletta del serpente che tentò Eva nel giardino dell’Eden. Don Alfio voleva che i suoi bambini si appassionassero a Dio e alle storie contenute nella Bibbia, per questo cercava di narrarle in modo diverso e di mostrare ai bambini come quello di cui parlava appartenesse a questo mondo più di quanto loro stessi immaginassero. Per lo più Don Alfio riportava fatti e storie del Nuovo Testamento, passaggi narrati dagli evangelisti che si potevano facilmente documentare e che esercitavano parecchio fascino su quei bambini. Don Alfio mostrava loro dei documentari, portava degli articoli di giornale e pagine di libri fotocopiate che dimostravano come molti studiosi, alcuni dei quali rigorosamente atei, dovessero confermare la veridicità di alcuni fatti descritti nei quattro libri sacri. I bambini risultavano così colpiti da quelle storie che rimanevano loro impresse. Non erano favolette di Babbo Natale alle quali uno era libero di credere o meno, ma fatti realmente accaduti e documentati che dimostravano come bella e appassionante poteva essere la storia del nostro mondo. Iniziò così ad appassionarsi di Storia e a ricercare risposte riguardanti le centinaia di domande che la lettura della Bibbia gli suscitava, leggendo libri, passando ore e ore in biblioteca alla ricerca di qualche opera dei grandi studiosi e teologi dei nostri tempi. Ma ben presto capì che quelle nozioni non gli bastavano. Col passare degli anni si accorse che tutto quello che leggeva era spesso prettamente di parte, volto a screditare o a esaltare il valore dei testi sacri. Se l’autore del libro o del saggio era difatti ateo allora scartava a priori ogni possibilità che ci potesse essere del divino in quello che studiava, se al contrario era una persona credente tendeva spesso a dare delle spiegazioni scientifiche di molti fatti - come per avvalorare il suo lavoro - per poi concludere sempre con qualcosa di mistico reso troppo fantastico e surreale per sottolineare l’esistenza di Dio e la sua onnipotenza. Il giovane Aldo decise quindi che gli altri avevano fatto abbastanza per lui e che le risposte sul glorioso passato del mondo le avrebbe scoperte da solo, contando solo sulle sue forze e sulla sua intelligenza e non attraverso le parole e i resoconti di sconosciuti. E così si iscrisse all’università, si laureò con il massimo dei voti, cominciò i suoi primi studi, le sue prime ricerche sul campo, i primi scavi, le prime scoperte, le gioie, le soddisfazioni ma anche le delusioni e il duro lavoro che spesso si dimostrava anche noioso e improduttivo. In tutta la sua vita però c’era sempre stato qualcosa che lo spingeva ad andare avanti, e questo qualcosa era la sua speranza di poter fare prima o poi


16 qualche scoperta in grado di chiarire anche una sola delle tante domande che si poneva ogni qual volta leggeva alcuni tratti della Bibbia. Dopo tanti anni di sogni, studi e di duro lavoro finalmente quel sogno sembrava si stesse per realizzare; finalmente aveva trovato qualcosa, un documento importante che cambiava le carte in tavola rispetto a come erano state mostrate fino ad allora, una scoperta che avrebbe rivoluzionato la visione dei testi sacri così come si conoscevano fino a quel momento, un ritrovamento paragonabile solo a quello dei rotoli del Mar Morto intorno ai primi anni cinquanta. Alcune scoperte però erano anche molto pericolose. Quando si andavano a intaccare i capisaldi delle religioni si rischiava di vedersi sottrarre il proprio lavoro e di venire screditati agli occhi della comunità scientifica, così doveva prima assicurarsi che le prove del suo lavoro venissero rese pubbliche e ben documentate, solo allora sarebbe uscito allo scoperto e avrebbe permesso a colleghi e studiosi vari di esaminare i fatti. Doveva trattarsi di una serata come tutte le altre, Aldo avrebbe preso un libro dalla sua bellissima e fornitissima libreria, si sarebbe seduto sulla sua poltrona preferita e in tutto relax avrebbe cominciato a leggere sorseggiando il buon tè aromatizzato che si era preparato. Ma c’era qualcosa che non andava quella sera. Forse si trattava solo dell’agitazione dovuta all’imminente pubblicazione del suo articolo, forse la delusione avuta la mattina quando uno dei suoi allievi, Davide Berselli, lo aveva prima osannato facendolo sentire una specie di celebrità solo per poi propinargli la storia di uno stupido articolo letto sul web a opera di qualche buffone con troppa fantasia e poca voglia di studiare. L’incontro della mattina gli aveva proprio rovinato la giornata e adesso rischiava di rovinargli anche la serata! Non solo sommerso dai pensieri com’era non riusciva a capire un accidente di quello che stava leggendo tornando indietro ogni quattro cinque righe perché si rendeva conto di essere andato avanti automaticamente con una lettura visiva senza aver appreso nulla e non ricordandosi una sola delle parole che gli erano passate davanti agli occhi, ma aveva anche lasciato raffreddare il suo tè aromatizzato alla vaniglia che aveva finito per perdere tutto il suo sapore. Non ce la faceva più, così non poteva andare avanti. Aldo chiuse di colpo il libro e, alzandosi dalla poltrona, ve lo tirò sopra e si diresse verso un mobiletto per computer sul quale era adagiato un elegante MacBook di ultima generazione. Accese l’apparecchio e con fare nervoso e mugugnando qualcosa aprì la pagina del motore di ricerca e cominciò così la sua crociata contro i buffoni cibernetici. Era convinto che in meno di mezz’ora avrebbe distrutto qualsiasi


17 teoria che avesse letto su quel sito, soprattutto per quanto riguardava l’argomento Mosè. La sua sensazionale scoperta riguardava proprio il patriarca ebraico e ultimamente grazie ai suoi studi era divenuto uno dei massimi esperti sull’argomento, non lo avrebbe spaventato di certo un vecchio e grasso pantofolaio con una mano sul mouse del computer e l’altra in un sacchetto di patatine che rubava pezzi di articoli da Wikipedia unendoli a tutto quello che trovava in rete per dare credito alle sue teorie. Digitò quindi le parole chiave “Mosè”, “Faraone” e “Blog” e aspettò di vedere cosa ne uscisse fuori. Nella prima pagina di risultati purtroppo non trovò nulla di utile. Si poteva trovare di tutto, dall’episodio di un cartone animato basato sui racconti biblici alla trascrizione della parte della Bibbia riguardante l’esodo, dai blog di religiosi che facevano confronti tra l’antico Egitto e la società malata di oggi a domande di gente poco sveglia che chiedeva se Mosè avesse mai ucciso il faraone ponendo fine alla stirpe egizia. Internet era qualcosa di magnifico, potevi trovare al suo interno una infinità di conoscenza ma al contempo anche altrettanta stupidaggine e false notizie messe in giro dai più disparati mitomani, per questo ogni notizia doveva essere presa con le pinze e ad Aldo non piaceva molto collegarsi alla rete. Quel mezzo informatico aveva la tendenza di creare dipendenza; non erano poche le persone che conosceva che erano completamente sottomesse all’uso continuo e incontrollato della rete. Suo padre ne era l’esempio più lampante: un simpatico vecchietto di quasi ottant’anni che da quando aveva scoperto il computer non faceva altro che passare le giornate sul web alla ricerca dei sintomi delle più stravaganti malattie. Ad Aldo venne in mente quando un annetto prima suo padre lo aveva chiamato nel cuore della notte… Appena lesse il nome sul display del cellulare cominciò a preoccuparsi data l’ora, poi quando rispose e sentì il padre così agitato farfugliare frasi senza senso subito temette il peggio dato che comunque i suoi genitori erano entrambi anziani e non aveva ancora sentito la voce della madre che solitamente faceva da sottofondo a tutte le telefonate del padre. Dopo che Aldo si fu assicurato che non fosse capitato nulla all’anziana madre e che ai due non era successo nessun incidente grave, cercò di calmare suo padre e di farsi spiegare il motivo della chiamata. Il vecchio Gianmaria Levi allora con voce bassa e seria confessò al figlio di aver contratto una malattia seria: l’Ascaridiasi! Il professore, non avendo mai sentito di una malattia simile, staccò per un attimo dall’orecchio il suo iPhone, regalatogli dalla sorella per il suo


18 ultimo compleanno ma che non aveva mai saputo o voluto usare appieno, e impostando il vivavoce, mentre suo padre continuava a ciarlare di come la sua vita era ormai volta al termine e di come non avesse rimpianti o rimorsi di tutto quello che aveva fatto, cominciò una ricerca sul web per capire di che malattia si trattasse, abbastanza preoccupato date le frasi che sentiva pronunciare dal padre. Quando aprì una pagina che spiegava di che malattia si trattasse per poco non gli venne voglia di andare a uccidere il padre con le proprie mani. «Papà, ti dispiace se ti faccio una domanda?» aveva esordito interrompendo la cantilena funebre del genitore. «Dimmi figliolo, se posso esserti utile in qualcosa in questi ultimi momenti ne sarei estremamente felice» rispose il padre con un tono triste e rassegnato. «Per caso negli ultimi tempi hai fatto qualche viaggio in Africa, o in America Latina, o in qualunque paese tropicale?» Il vecchio Gianmaria esitò un po’. «No, certo che no. Alla mia età non mi metterei mai in testa di fare dei viaggi così lunghi. E poi se fossi partito per qualche parte io e tua madre te lo avremmo detto!» «Be’, allora devi spiegarmi in che modo hai contratto quella malattia, dato che è un virus tipico di quelle zone!» Il padre allora cominciò a balbettare sconcertato. «Ma… i sintomi…» «I sintomi» replicò subito Aldo «sono dolori addominali, nausea vomito e diarrea nei casi più comuni.» «Esatto! Sono proprio quelli che ho io!» disse allora il padre, quasi contento di aver ragione. «Papà questi sono i sintomi di decine di patologie, nonché di una semplice e banalissima influenza intestinale che, guarda caso, la settimana scorsa ha colpito anche me!» rispose Aldo irritato alzando un po’ la voce. «Quindi dici che non mi devo preoccupare?» «No, puoi stare tranquillo! Adesso mettiti a dormire e domani mattina vai dal tuo medico e fatti prescrivere qualcosa per farti star meglio. E la prossima volta che avrai qualcosa che non va non chiamarmi se prima qualche dottore non ti avrà diagnosticato qualcosa di veramente grave, soprattutto a quest’ora della notte!» Il padre allora si scusò per il disturbo e salutò il figlio. Episodi del genere erano frequenti, e non solo con il padre perché Aldo conosceva molte altre persone che a causa di internet erano diventate ipocondriache e si convincevano di volta in volta di avere qualche malattia


19 terminale quando invece stavano attraversando un semplice periodo di stress. Come la scoperta del fuoco aveva portato agli uomini infiniti vantaggi ma anche grandi pericoli per chi non sapeva usarlo con le dovute precauzioni, così internet si rivelava essere un’arma a doppio taglio. Aldo continuò la sua ricerca, andava avanti con le pagine cercando di individuare quella giusta. Purtroppo non si era fatto dire l’indirizzo giusto del blog e non riusciva a ricordare nessun altro dettaglio che potesse aiutarlo nella sua ricerca. Continuava ad andare avanti, ogni tanto gli sembrava di aver individuato il blog giusto ma poi andando ad aprire la pagina si accorgeva che non c’entrava nulla con quello che il ragazzo gli aveva descritto. Stava quasi per desistere quando improvvisamente gli venne in mente il nome del blogger; se non sbagliava, Davide gli aveva detto essere Gabriel. Anche qui comparirono diversi risultati, i più dei quali non c’entravano nulla con quello che stava cercando. Diverse voci di Wikipedia, un sito su Nostra Signora di Anguera che non capiva cosa avesse a che fare con i criteri di ricerca selezionati e altri risultati inutili. Voleva chiudere e mettersi a dormire, quando alla fine una specie di impulso, come se il suo istinto lo stesse indirizzando verso qualcosa, gli fece selezionare il tasto per controllare la seconda pagina di risultati. «Guardo questa e poi a nanna» aveva detto tra sé. Anche lì i primi risultati erano tutta aria fritta, però verso la fine della pagina venne attirato da alcune frasi: …il mondo come lo conoscete è solo una facciata, i misteri della scienza e della fede non sono mai stati così… Il discorso terminava così, per leggere il seguito bisognava entrare nella pagina. Cliccò sul link e si aprì la pagina principale di un blog: in alto sullo sfondo nero c’era l’immagine di un angelo dall’aria forte, quasi si capisse che fosse un guerriero, con le ali spiegate e la luce che lo illuminava da dietro. Sotto l’immagine erano inseriti in ordine cronologico gli articoli inseriti dal blogger, il gestore del sito, e sembravano tutti affrontare tematiche religiose, screditando molte teorie promosse dalla chiesa e portando alla luce fantomatici complotti orditi da alcune sette segrete che dominavano il mondo nell’ombra. Trovò la frase che lo aveva colpito e la lesse per intero. “La Chiesa per anni ha celato al mondo la verità. Ci sono questioni che meritano di essere approfondite, il mondo come lo conoscete è solo una


20 facciata, i misteri della scienza e della fede non sono mai stati così vicini dall’essere svelati. Attraverso queste pagine e rischiando l’esilio - se non qualcosa di più - vi metterò al corrente di fatti che secondo alcuni l’umanità non dovrebbe conoscere. Vi parlerò di come molti secoli fa una razza aliena proveniente da un mondo simile al nostro sia atterrata sul nostro pianeta, di come abbia creato l’uomo mischiando i propri geni con quelli degli uomini preistorici e creando così una razza ‘a loro immagine e somiglianza’ che in breve tempo si riprodusse e dominò il pianeta. Vi parlerò di come civiltà antiche fossero a conoscenza dei segreti dell’astrologia, della chimica, della fisica e dell’ingegneria e vi svelerò segreti che la Chiesa non ha mai voluto ammettere, dalla vera identità di Mosè, faraone egizio, alla discendenza di Gesù Cristo che ancora oggi cammina in mezzo a noi. Se sarete fedeli e continuerete a seguirmi, presto tutto vi sarà chiaro e la vostra esistenza, finalmente, acquisirà un senso. Io sono la mano Sinistra del Verbo, sono la forza di El, sono l’annunciatore di liete novelle. Io sono… Gabriel!” Stavolta aveva fatto Bingo! Era quello che stava cercando, il blog del quale Davide gli aveva parlato come fosse puro vangelo, la verità suprema. Aldo decise che avrebbe passato parte della nottata a leggere gli articoli di quel mitomane e a screditarne ogni teoria, seppur valida, trovando qualche punto in cui attaccarla, solo per spiegare ai suoi studenti come loro, da studiosi, dovessero attenersi a qualcosa di più concreto che semplici chiacchiere da lavandaia spesso non provate da una seria e meticolosa ricerca. Rilesse il messaggio iniziale con più attenzione, solo per avere più chiaro con chi avesse a che fare. Le informazioni date in quella paginetta erano tutte cose abbastanza semplici, delle semplici nozioni che chiunque, girando un po’ su internet o leggendo qualche libro, avrebbe trovato facilmente. La teoria che una razza aliena avesse creato gli uomini era qualcosa di cui si parlava da anni. Su di essa erano stati scritti molti libri; tra i vari scrittori anche l’italiano Mauro Biglino con i suoi libri aveva toccato quelle stesse ipotesi che già in precedenza molti ricercatori stranieri avevano avanzato. In effetti la Bibbia, in gran parte del Vecchio Testamento, riportava delle informazioni e dei fatti che facevano ben pensare a Dio, gli angeli e compagnia bella come esseri in carne e ossa provenienti dallo spazio, o dal “cielo” come più volte riportato.


21 Era anche plausibile come questi esseri potessero sembrare dei veri dei agli occhi degli uomini e di come tutto il culto del paradiso, il cosiddetto “regno dei cieli” altro non fosse che un luogo di fantasia dove gli esseri umani immaginavano che Dio e i suoi angeli vivessero, dato che prima del 1900 la maggior parte delle persone non immaginava minimamente che un uomo potesse in qualche modo volare. Se la Bibbia fosse stata redatta in tempi odierni, magari le cose sarebbero cambiate. Gli uomini sono più inclini alla tecnologia e sanno che la scienza permette cose inimmaginabili fino a pochi anni fa, e che con la velocità di evoluzione scientifica alla quale l’umanità sta viaggiando dall’ultimo secolo - in meno di cento anni si è passato all’impossibilità di librarsi a un metro di altezza a camminare sulla superficie lunare; dalla fotografia in bianco e nero alle immagini 3D e agli ologrammi; dal primo trapianto di reni nel 1954 alla creazione di organi artificiali, alla clonazione e a tutti i progressi medici raggiunti - chissà tra cento o duecento anni quale livello di conoscenza verrà raggiunto. Forse sarà possibile colonizzare lo spazio, superare la velocità della luce, raggiungere parti dell’universo a noi sconosciute e, chissà, incontrare altre forme di vita. Altre forme di vita più evolute della nostra potrebbero aver raggiunto questo livello di tecnologia, è un’ipotesi plausibile, ma fino alla sua dimostrazione rimane sempre e comunque un’ipotesi. Anche il fattore che Gesù Cristo possa aver avuto degli eredi è qualcosa di cui già si era parlato molto, soprattutto dopo il celebre romanzo di Dan Brown, “Il Codice da Vinci”, dove appunto si indagava sulla presunta discendenza del figlio di Dio. La presenza però della teoria secondo la quale Mosè fosse in realtà un faraone egizio lo lasciò un po’ perplesso. Mentre le altre erano teorie e nozioni facilmente rintracciabili e note ormai a parecchie persone perché avevano riscontrato un enorme successo mediatico soprattutto grazie a romanzi e film per il cinema, quella di Mosè era sì una teoria ormai esposta da diversi studiosi e ricercatori, ma non era certo commerciale quanto le altre. Gli sembrava strano quindi che una persona normale si fosse imbattuto in una notizia del genere se non fosse andato a cercarla direttamente. Cominciò a leggere gli articoli. Doveva ammettere che alcuni erano ben elaborati e trattavano i temi in maniera molto esaustiva, fornendo delle documentazioni abbastanza importanti e non di facilissima reperibilità. Da quello che il professore stava leggendo non si trattava, come aveva ipotizzato inizialmente, quasi stizzito per l’affronto che gli era stato recato, di uno studentello in cerca di cinque minuti di notorietà mediatica, ma di


22 qualcuno appassionato all’argomento, che si era impegnato a fondo per effettuare ricerche meticolose che lo avevano portato a entrare in possesso di documenti di non facile reperibilità. C’erano perfino alcuni testi in latino che il professore riconobbe perché vi aveva avuto a che fare alcuni anni prima. Si trattava di alcuni scritti risalenti alla metà del diciottesimo secolo, a opera di alcuni appartenenti a una strana setta, un particolare culto religioso del quale non si conosceva quasi niente e che sembrava essere scomparso nel nulla così come era apparso. Si facevano chiamare “I figli dei Nefilim”, una particolare setta della quale si ritrovarono alcune tracce risalenti alla seconda metà del novecento, che sembrava avere delle teorie rivoluzionarie per l’epoca sulla verità contenuta nella Bibbia e celata agli uomini. Gli scritti vennero trovati nell’abitazione di una ricca famiglia armena. Metà della casa era stata distrutta nel 1940 da un incendio nel quale morirono tutti i componenti della famiglia, altre parti invece dalla guerra. Non era chiaro se l’incendio fosse stato di natura dolosa o se fosse scoppiato per cause naturali, così come apparve strano che tutti i componenti della famiglia fossero morti quella notte, senza che nessuno riuscisse a salvarsi. Il terreno su cui sorgeva la casa venne acquistato subito dopo la seconda guerra mondiale da un imprenditore che decise di abbattere le macerie carbonizzate e pericolanti dell’abitazione. Proprio durante i lavori di demolizione vennero ritrovate delle stanze segrete, dei luoghi di cui anche chi aveva frequentato in vita quella famiglia non aveva mai sentito parlare. Sotto la casa, attraverso un’entrata nascosta nel pavimento, si trovava l’ingresso a un’area segreta, alcune stanze da letto e una specie di sala riunioni che doveva essere il centro di incontri di qualche associazione segreta. Subito si sarebbe potuto pensare a un centro operativo segreto creato per complottare contro i nazisti e per dare rifugio ai ribelli, non fosse per l’assenza del classico materiale che veniva ritrovato in queste sorte di bunker come cartine geografiche della zona, generi alimentari, armi, carte contenenti piani o informazioni. Quello che trovarono fu invece del tutto diverso. Il posto aveva tutta l’aria di essere il luogo d’incontro di una setta religiosa. Sebbene mancassero idoli o simboli magici vennero ritrovati alcuni scritti in latino, custoditi in apposite teche, che sembravano delle copie di testi più antichi. Questi scritti parlavano dei Nefilim, esseri considerati mitologici dei quali Aldo aveva già letto in passato.


23 I Nefilim erano - secondo alcuni passi della Bibbia e altri scritti come il Libro di Enoch o altri testi ritenuti apocrifi dalla Chiesa - il risultato dell’unione tra i figli di Dio e le figlie degli uomini. Nella Bibbia era riportato: 1 Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero loro figlie, 2 i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli quante ne vollero (Genesi 6:1-2) Secondo la leggenda Dio creò dapprima l’universo, poi gli angeli e infine la Terra e l’uomo. Dopo la cacciata di Adamo ed Eva dal giardino dell’Eden, essi ebbero figli e figlie e cominciarono a popolare il mondo. Per molti anni, probabilmente per secoli, Dio sembrò non avere più niente a che fare con l’uomo, se non acquisendo la funzione di semplice spettatore verso quello che aveva creato, probabilmente per vedere se sarebbe sopravvissuto anche senza il suo aiuto. A un certo punto però successe qualcosa: quando la Terra fu abbastanza popolata - probabilmente si parla di poche migliaia di individui - i figli di Dio, Elohim per alcuni o semplicemente angeli per altri, notarono la bellezza delle donne terrestri e ne furono a tal punto attratti da decidere di disubbidire agli ordini di non interferenza impartiti dal Padre Celeste, e di unirsi a loro creando così una stirpe a metà tra esseri divini e uomini, i cosiddetti Nefilim, meglio conosciuti con il nome di giganti. 4 C’erano sulla terra i giganti (Nefilim) a quei tempi - e anche dopo quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell’antichità, uomini famosi. (Genesi 6:4) Molti studiosi sostenevano che questi esseri semidivini fossero realmente esistiti e li identificava con alcuni eroi della mitologia come Ercole o Sansone, individui dalle sembianze pressappoco umane ma dotati di forza e qualità del tutto fuori dal comune. La creazione di questi esseri incise molto sul processo di evoluzione umana, tanto che Dio si adirò, scacciò gli angeli ribelli dal paradiso e decise di distruggere la Terra e tutti i suoi abitanti: fu così che ebbe origine il Diluvio Universale.


24 Nella Bibbia non c’erano molte tracce dei Nefilim; essi comparivano con maggior frequenza in scritti apocrifi come Il Libro di Enoch ed erano stati, come molte altre questioni, oggetto di studi, romanzi e fantasticherie varie. Aldo però era convinto che il ritrovamento delle tracce di quella particolare setta era qualcosa di veramente particolare e bizzarro. Primo perché nessuno, che lui sapesse, aveva mai sentito parlare di quella specifica setta; secondo perché anche gli scritti in latino ritrovati risultavano essere qualcosa di singolare e misterioso. Dopo il loro ritrovamento, erano stati custoditi in un archivio insieme a tanti altri reperti storici ed erano considerati solo come gli scritti privi di valore di una setta religiosa. A lui erano stati mostrati anni prima da un suo collega e amico, il professor Vladimir Demchenko, famoso storico ucraino trasferitosi in Armenia da ormai quasi vent’anni e responsabile delle attività dell’archivio. Qualche anno prima Vladimir aveva chiesto la sua consulenza in veste di archeologo e di appassionato di temi religiosi, ma anche con l’aiuto di Aldo non riuscirono a ricavare di più di quello che già sapevano. Era molto strano che qualcuno sapesse dell’esistenza di quei documenti. Aldo provò quindi a fare una ricerca su internet per vedere se in rete circolavano delle informazioni al riguardo ma, come si aspettava, non trovò nulla. Quel fastidioso saputello che si faceva chiamare Gabriel doveva essere venuto a conoscenza di quei documenti leggendo qualche rivista specializzata dove magari era comparsa qualche intervista rilasciata dal suo amico Vladimir, e doveva poi essersi recato direttamente lì, in Armenia, dove era custodito l’archivio, e in qualche modo aveva avuto accesso ai testi riuscendo anche a ottenere alcune immagini del documento, fornitegli da qualcuno o fotografandole lui stesso. Il fatto che parlasse di quei documenti, rivelandone alcuni passaggi ed elaborandoci intorno una sua teoria, lasciò il professore molto sorpreso. Continuò a leggere e arrivò finalmente al punto che gli interessava di più: la parte relativa a Mosè. “Pochi personaggi hanno attraversato i secoli mantenendo un fascino e un interesse sempre costante. Se chiedessi a tutti voi di elencarmi cinque nomi di personaggi esistiti almeno mille anni prima della nascita di Cristo, nella quasi totalità dei casi tra questi sarebbe presente il nome di Mosè. La Bibbia, il catechismo, le messe la domenica in chiesa o solo i racconti ascoltati dai nostri nonni, dalla televisione, dai libri ci hanno sempre parlato di una figura, quella di Mosè, figlio di ebrei che per sfuggire alla morte ordinata dal faraone per tutti i figli maschi degli ebrei venne messo in


25 un cesto e abbandonato nel fiume Nilo, nella speranza che qualcuno, trovandolo, avesse cura di lui. Venne poi trovato proprio dalla figlia del faraone che decise di tenerlo e di allevarlo. Una volta cresciuto, Mosè uccise una guardia per difendere uno schiavo ebreo e di conseguenza fu costretto a fuggire dalla terra nella quale era cresciuto. Si rifugiò a Madian e lì continuò la sua vita come pastore fino a quando non incontrò Dio sotto forma di un roveto che ardeva con insistenza ma che nello stesso tempo non si consumava mai. Dio lo fece suo portavoce, e Mosè tornò in Egitto per liberare gli ebrei dalla schiavitù e dall’oppressione. Dopo aver parlato con il faraone e aver inviato sul popolo del Nilo le famose sette piaghe, egli riuscì a portar via il suo popolo dall’Egitto e a condurlo verso la terra promessa. Questo è bene o male quanto riportato nella Bibbia e del quale tutti noi siamo a conoscenza. C’è però un’altra verità che merita di essere menzionata. Mosè non era affatto un ebreo trovato dalla figlia del faraone in una cesta sul bordo del fiume, ma un egiziano a tutti gli effetti, figlio di egizi e discendente da egizi. Anzi, in realtà lui non era un semplice egizio come gli altri, bensì il più potente fra loro, il figlio di un faraone destinato a diventare a sua volta il capo incontrastato di quel popolo, l’uomo più potente di tutto l’Egitto: il faraone!” L’articolo continuava con una serie informazioni che avrebbero in qualche modo dovuto dimostrare la tesi dell’autore. Si trattava di un miscuglio bizzarro di verità storiche, vecchie leggende e spezzoni di articoli fantascientifici presi da internet. Fino a quel momento Aldo si stava quasi ricredendo sul conto del fantomatico Gabriel; ma tutte quelle informazioni attaccate così l’una all’altra, molte delle quali erano l’esatto opposto di quanto rivelato dai suoi studi, fecero cadere l’interesse che il professore stava cominciando a nutrire verso il curatore di quel sito. Ormai era chiaro, si trattava del classico esaltato che aveva letto troppe cose su internet senza capirne appieno il significato. Magari un ricco annoiato con il pallino per il misticismo che aveva i mezzi e i fondi adatti per spostarsi per il mondo a caccia delle sue verità, come le informazioni raccolte sulla setta dei figli dei Nefilim poteva far intuire; sarebbe bastato pagare abbastanza una delle guardie o uno degli addetti all’archivio per farsi


26 consegnare delle fotografie dei documenti, dopodiché farseli tradurre da qualcuno sarebbe stato abbastanza semplice. Quando giunse al punto in cui Gabriel affermava che Mosè fosse in realtà il faraone Ramses II capì di essere giunto al dunque. Quel tipo non aveva capito o scoperto nulla, era come molti altri un fanatico dei misteri e dei complotti e cercava di fornire alla gente delle spiegazioni all’apparenza plausibili ma che un esperto avrebbe potuto benissimo screditare. Erano in molti a farsi pubblicità in quel modo e alcuni riuscivano anche a diventare famosi. Avrebbe voluto chiudere al volo la connessione ma decise comunque di scorrere velocemente la pagina con lo scroll del suo mouse. Le notizie viaggiavano davanti a lui, ogni tanto si fermava su qualche frase che rafforzava la sua convinzione che il blogger fosse solo un buffone. Arrivato a fondo pagina decise che ne aveva avuto abbastanza e puntò la freccetta del mouse sul quadrato rosso con la X in mezzo posto in alto a destra. Nel momento esatto in cui premette il pulsante i suoi occhi catturarono per una frazione di secondo un’immagine a lui familiare che aveva per quel microscopico lasso di tempo catturato tutta la sua attenzione. «Non è possibile!» esclamò sorpreso subito dopo che la finestra si chiuse «devo per forza aver visto male!» Gli era parso di vedere quell’immagine con la coda dell’occhio e solo per una frazione di secondo. Era praticamente convinto che di essersi sbagliato, che fosse stata qualche altra cosa e che la sua suggestione al momento l’avesse indotto a riconoscere qualcosa al posto di altro. Rimase per qualche secondo immobile davanti al computer, indeciso se tornare o meno su quel blog. Poi capì che se non si fosse tolto il dubbio dalla testa, quella notte non avrebbe chiuso occhio. Non aveva memorizzato l’indirizzo corretto del blog, quindi rifece tutta la procedura iniziale, andò sul motore di ricerca e digitò le parole chiave “Mosè”, “faraone”, “blog” e “Gabriel” e diede l’avvio alla ricerca. In meno di un secondo comparvero di nuovo i molteplici link che aveva visto poco tempo prima. Andò alla seconda pagina della ricerca e apparve di nuovo lo spezzone di discorso introduttivo al blog, questa volta con il titolo sopra di colore rosso per evidenziare la pagina come già visitata. Aprì la pagina, di nuovo gli comparve davanti l’immagine dell’angelo con le ali spiegate, l’aria minacciosa e avvolto dalla luce. Cominciò a scorrere le notizie fino a trovare di nuovo il pezzo su Mosè. Appena aperto si diresse subito con il mouse verso la fine della pagina cercando di tornare al punto dove gli sembrava aver visto l’immagine che lo aveva colpito.


27 Arrivato alla fine dell’articolo c’era una serie di tre pulsanti, uno a forma di casetta per tornare alla Home Page, la pagina iniziale del blog, posto esattamente al centro della pagina, un altro a forma di freccia a sinistra per accedere all’articolo precedente e uno a forma di freccia a destra per andare all’articolo successivo. Di fianco alle frecce c’era come una piccola anteprima della pagina alla quale si avrebbe avuto accesso cliccandoci sopra e proprio lì, nell’angolo inferiore destro dello schermo, fissò con incredulità la piccola immagine contenuta nella pagina successiva. Con la bocca semiaperta e gli occhi spalancati ad Aldo sembrò di riconoscere senza ombra di dubbio l’immagine che effettivamente non si sarebbe mai aspettato di trovare lì dentro. Con la mano tremante spostò il mouse fino al pulsante a forma di freccia, esitò qualche secondo come se avesse timore ad accedere a quella pagina. Poi, deglutendo rumorosamente, cliccò con il dito sul tasto sinistro e la pagina si aprì davanti a lui mostrando l’immagine, bella in evidenza al centro della pagina. Aldo non riusciva davvero a credere ai suoi occhi. Anni di ricerca venivano messi in discussione da una singola immagine pubblicata su di un sito internet.


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Capitolo 3

Il professor Vladimir Demchenko venne svegliato bruscamente dallo squillo insistente del telefono. Così come era attivo e instancabile sul lavoro, Vladimir era assurdamente pigro e svogliato nella vita privata. Dapprima imprecò nella sua lingua senza neanche alzare la testa dal cuscino, poi si girò leggermente in direzione del telefono pregando che quel maledetto seccatore desistesse dall’intento di rovinargli il sonno. Alla fine, data l’insistenza degli squilli che non accennavano neanche lontanamente a smettere, decise di alzarsi e rispondere, minacciando di dirne quattro a chiunque fosse il seccatore che aveva interrotto il suo sonno ristoratore. Rispose alla telefonata con voce scocciata, pronto a mangiarsi verbalmente il fastidioso disturbatore che cominciò a comunicare con lui in inglese con un forte accento italiano. «Vladimir, amico mio, scusa se ti disturbo. Sono Aldo Levi, dall’Italia.» «Aldo? Ma cosa diavolo ti salta in mente di chiamarmi a quest’ora di notte? Sei forse impazzito?» In quel momento Aldo si rese conto che in Armenia erano due ore in avanti con l’orologio rispetto all’Italia e che quindi lì doveva essere l’una di notte. «Ti chiedo scusa Vladimir, hai perfettamente ragione, non avevo tenuto conto del fuso orario. Scusami, è che ho appena visto una cosa che mi ha letteralmente sconvolto!» Dal tono di voce Vladimir capì chiaramente che il suo amico era parecchio agitato; d’altronde non lo avrebbe disturbato se non fosse stato per qualcosa di serio. «Ok, ok, non preoccuparti. Ma dimmi piuttosto, cosa è successo?» chiese l’ucraino preoccupato. Aldo stava per cominciare il suo racconto, da quando la mattina aveva saputo del blog dal suo studente a quando la sera gli era venuta la curiosità di andare a controllare cosa ci fosse davvero scritto al suo interno fino alle notizie lette, alcune interessanti ma altre completamente fuori da ogni verità storica, fino alla cosa che più lo aveva scioccato, la visione di un’immagine che fino a pochi mesi fa non avrebbe significato quasi nulla per lui ma che in quel momento gli sembrava impossibile si trovasse pubblicata su quel


29 sito. Aldo socchiuse le labbra per parlare ma improvvisamente sembrò come se le parole, una volta che ebbero cominciato a uscire dalla sua bocca, si fossero bloccate del tutto strozzandosi in gola. La preoccupazione di Vladimir in quel momento divenne ancora maggiore, sembrava come in quei film dove al protagonista stanno per rivelare al telefono l’identità dell’assassino ma poi la persona al telefono se lo trova improvvisamente davanti ed è costretta a tacere per la paura. «Aldo, va tutto bene?» domandò l’ucraino, più per assicurarsi che il suo interlocutore fosse ancora dall’altra parte della cornetta che per ricevere una qualsiasi risposta. «Sì… cioè no, non va affatto bene. Solo… non voglio parlarne per telefono. È una questione delicata e a pensarci bene sia io che tu potremmo in qualche modo essere controllati.» Vladimir sobbalzò un poco alla sorpresa suscitata in lui dalle parole dell’amico. «Aldo stai cominciando a spaventarmi. Di qualsiasi cosa si tratti adesso credo di avere il diritto a una spiegazione» replicò il professor Demchenko a metà tra l’impaurito e lo stizzito. «Ti spiegherò tutto, ma dobbiamo incontrarci. Verrò da te domani stesso. Chiederò un permesso speciale all’università e se non me lo accorderanno mi darò malato. Prenderò il primo volo del mattino per l’Armenia. Ci vediamo presto.» Sempre più incapace di capirci qualcosa nell’intrigato groviglio di parole che gli aveva propinato il suo amico a quell’ora della notte, Vladimir Demchenko rimase con la bocca aperta e gli occhi spalancati a parlare con una cornetta muta, senza accorgersi che Aldo aveva già chiuso la conversazione subito dopo aver affermato che si sarebbero presto incontrati. Sbigottito, Vladimir tornò a camminare verso il suo letto. La notte era ancora lunga e l’indomani sarebbe sicuramente stata una giornata impegnativa, ma dopo quella telefonata prendere sonno sarebbe stata una vera impresa.


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Capitolo 4

Anche se erano solo le sei del mattino, l’aeroporto Guglielmo Marconi di Bologna era già gremito di gente. Aldo era da sempre affascinato dalla quantità di persone che ogni giorno decideva di prendere un volo per raggiungere le mete più disparate. Qualsiasi volo avesse preso nella sua vita, aveva trovato sempre l’aereo quasi completamente pieno, anche in periodi dell’anno non troppo gettonati per il turismo e anche verso mete non molto richieste. Dopotutto lui si muoveva quasi esclusivamente per lavoro e gli sembrava strano che tutte quelle persone avessero scelto quello stesso aereo, per quella stessa destinazione a quella stessa ora in cui lui aveva bisogno di viaggiare. Sembrava come se le compagnie aeree pagassero delle comparse messe apposta sui loro voli per tappare i buchi e far sembrare le loro linee sempre superaffollate. Centinaia di persone facevano avanti e indietro intorno a lui creando uno stato di confusione e di agitazione. C’era la famiglia con i bimbi che non la smettevano di urlare e correre a destra e a sinistra, uomini d’affari in giacca e cravatta che procedevano a passo veloce con il telefonino in mano accostato all’orecchio e nell’altra un piccolo trolley con dentro esclusivamente i documenti necessari per i loro affari e un cambio di vestiti d’emergenza, coppie di giovani innamorati che si concedevano il lusso di pochi giorni in qualche capitale europea da visitare in fretta e furia, turisti in viaggio di ritorno dopo la visita al nostro bel paese e famiglie o singoli immigrati che facevano ritorno ai loro paesi d’origine per trovare i loro amici e famigliari. In tutto quel frenetico caos fatto di persone che giravano di continuo, rumore di rotelle che scorrevano da sotto le valigie e scenate da film comico al controllo bagagli a mano perché la gente non capiva - o non voleva capire che esisteva un limite di spazio e peso da poter portare con sé, ad Aldo era scoppiata una fortissima emicrania dovuta anche al fatto che quella notte aveva dormito sì e no un paio d’ore. Sperava almeno di riuscire a riposare un po’ in aereo, ammesso e non concesso che anche lì non si ritrovasse dei compagni di viaggio troppo rumorosi o invadenti come alcune volte gli era capitato. Per fortuna il volo trascorse in tutta tranquillità.


31 Ci vollero cinque ore per arrivare a destinazione; fortunatamente subito dopo il decollo Aldo riuscì ad addormentarsi senza problemi recuperando così le energie e le ore di sonno perse. Ma la dormita non gli portò solamente riposo e conforto: mezz’ora prima dell’atterraggio infatti Aldo si svegliò di soprassalto, la fronte sudata e l’aria agitata. I fatti della sera prima lo avevano scosso a tal punto che un terribile incubo aveva rovinato quel breve periodo di riposo. Una volta giunto a Yerevan, la capitale Armena, entrò nella sede dell’archivio storico e archeologico del quale il suo amico Vladimir Demchenko era direttore. Stranamente nella piccola reception non trovò la solita segretaria un po’ anzianotta ad accoglierlo. Gli sembrò molto strano. Aspettò un paio di minuti, ma poi capendo che nessuno sarebbe arrivato si incamminò lungo il piccolo corridoio che portava all’ascensore. La maggior parte dei reperti era conservata nei piani interrati, a una decina di metri di profondità, e proprio lì si trovava la stanza dove era custodito il documento della setta dei Figli dei Nefilim che era stranamente capitato in mano al misterioso blogger. L’ascensore terminò la sua corsa; le porte si aprirono e Aldo si trovò di fronte al lungo corridoio che passava in mezzo alle sei stanze dove erano contenuti i reperti. Anche in quel luogo, come nella reception, Aldo non trovò nessuno. La cosa era molto strana, perché alcuni di quei reperti valevano una fortuna e non era possibile che una persona avesse così tranquillamente accesso alle stanze senza che nessuno se ne accorgesse e senza essere controllato. A quel punto una delle due guardie dell’archivio avrebbe già dovuto bloccarlo per cercare di identificarlo. Le aveva viste una volta in azione le guardie armene; erano ex militari, tutt’altro che gentili quando si trattava di far rispettare gli ordini ricevuti. Aveva quasi timore ad addentrarsi di più perché il suo vagare furtivo poteva essere frainteso e, dato che non parlava la lingua armena, prima che i soldati lo avessero identificato e avessero capito le sue buone intenzioni gli avrebbero fatto passare alcuni minuti non molto piacevoli. Continuò il suo cammino a passi lenti attraverso il corridoio. A ogni passo sentiva la tensione crescere, come se captasse in qualche modo che quella situazione non fosse per nulla normale e che doveva essere accaduto qualcosa. Arrivato in prossimità delle ultime due stanze, Aldo si girò verso quella di sinistra, dove sapeva essere contenuto il documento di suo interesse.


32 Stranamente la porta era socchiusa. La spinse delicatamente, quasi per non disturbare chiunque si fosse trovato all’interno. La fessura che si allargava sempre di più gli mostrò qualcosa di raccapricciante: i piedi di un uomo sdraiato per terra in posizione supina, come fosse a terra privo di conoscenza. A quel punto il professore spalancò la porta e una visione assurda e raccapricciante gli gelò il sangue nelle vene. Il suo amico Vladimir Demchenko disteso a terra, esanime, la pelle di uno strano bianco tendente al grigio, gli occhi spalancati in un’espressione di terrore e immerso in una pozza di sangue che gli circondava la testa e le spalle. In piedi, ritto di fianco a lui, un essere spaventoso, un essere che nessuno aveva mai visto o che non era vissuto a lungo per raccontarlo; era alto, dal fisico imponente e lo sguardo fiero e minaccioso. Da dietro alla sua schiena partivano due ali dal piumaggio tetro ma nello stesso tempo affascinante che l’essere dispiegò non appena si accorse di non essere più solo nella stanza, come un animale che rizza il pelo per sembrare più minaccioso. Aldo sentì per un attimo il fiato mancare e il cuore fermarsi in petto. Mai avrebbe pensato che un qualcosa di simile potesse esistere. D’un tratto il suo sguardo cadde su qualcosa che quella specie di angelo spaventoso teneva in mano. Inizialmente non riusciva a capire cosa fosse, sembravano dei fogli, un testo di qualche tipo, poi lo riconobbe: si trattava del documento ritrovato dopo la Seconda Guerra Mondiale in quella villa distrutta dall’incendio, il testo sacro di quella setta, i Figli dei Nefilim; lo stesso di cui misteriosamente si parlava in quel blog. Allora guardò la creatura negli occhi e cercando di contrastare il terrore che lo aveva afferrato tentò di parlargli. «Cosa sei tu?» L’angelo allora alzò di più la testa, gonfiando il torace come un gallo che mostra la sua virilità. Le ali si alzarono, le spalle si allargarono e una voce bassa e potente pronunciò alcune frasi. «Io sono la mano Sinistra del Verbo, sono la forza di El, sono l’annunciatore di liete novelle. Io sono Gabriel!» Appena pronunciò quel nome una forte luce lo avvolse partendo da dietro alla sua schiena, come arrivasse da un’altra dimensione, e investì Aldo con una potenza mistica, una forza che sembrava quella di un’esplosione nucleare. Aldo sentì le carni bruciare e istintivamente portò le mani davanti al viso gridando terrorizzato.


33 Proprio in quell’istante aprì gli occhi, sconvolto, sentendo ancora addosso la sensazione sgradevole di quella luce abbagliante. Si guardò intorno, gli occhi spalancati e la fronte sudata, il cuore a mille e il respiro affannato; ci mise qualche secondo prima di accorgersi di essere sull’aereo diretto a Yerevan e che quello che aveva appena fatto era soltanto un incubo. Dopo pochi minuti la voce di un assistente di volo comunicò in inglese che stava iniziando la fase di discesa e che in meno di trenta minuti sarebbero atterrati all’aeroporto di Yerevan. Ancora mezzo sconvolto, Aldo si sistemò la cintura di sicurezza appoggiandosi al poggiatesta. Il breve sonno che avrebbe dovuto riposarlo e recargli un po’ di sollievo lo aveva agitato più di quanto già non fosse.


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Capitolo 5

Il professor Vladimir Demchenko era un uomo di una certa stazza: alto più di un metro e ottanta, pesava centoventi chili e aveva due mani enormi con le quali sembrava potesse romperti le ossa a ogni stretta di mano. Al contrario di come appariva, un tipo grande e minaccioso, con la folta barba grigia e i capelli lunghi legati dietro con un elastico che gli davano l’aria di uno sbandato che girava le città in groppa alla sua Harley Davidson per cercare la rissa nei bar più malfamati, il professore era un pacatissimo uomo di studi che non avrebbe mai fatto del male a una mosca. Erano le tre e mezza del pomeriggio quando l’interfono suonò all’interno del suo ufficio posto al primo piano della sede dell’archivio storico di Yerevan. La sua segretaria, Lusinè, una donna armena di cinquantasette anni che lavorava per lui da dieci, lo avvertì che c’era qualcuno all’ingresso che chiedeva di lui. Vladimir saltò giù dalla sedia agilmente, come se il suo peso non fosse per lui di nessun disturbo, e si precipitò per le scale per incontrare la persona che lo attendeva. Un metro e settantasei, sui cinquantacinque anni, i capelli neri corti leggermente mossi, il fisico asciutto e i lineamenti distesi che lo facevano sembrare molto più giovane della sua età. Vestiva un abito spezzato, la giacca marroncino chiaro, una camicia bianca, i pantaloni beige e un paio di mocassini marrone scuro. Era girato di spalle con le braccia conserte ma Vladimir riconobbe subito il professor Aldo Levi e a gran voce cominciò i suoi saluti a qualche metro di distanza, spalancando le braccia sembrando quasi un grosso orso mentre con passo deciso si dirigeva verso di lui. «Aldo, amico mio! Non sai che piacere mi fa rivederti dopo tutto il tempo trascorso!» Il professore italiano si girò, e con un bel sorriso andò incontro al suo collega concedendogli un abbraccio e una vigorosa stretta di mano. Tra gli studiosi funzionava così: tu fammi un favore che può aiutarmi a sbrogliare una complicata matassa e io ti sarò riconoscente a vita, e anche se ci dovessimo incontrare una volta ogni dieci anni sarà come se avessimo cenato insieme fino al giorno prima.


35 Era da qualche anno che i due non si vedevano, ma intrattenevano una fitta corrispondenza nella quale si informavano a vicenda di quello al quale stavano lavorando o su importanti scoperte fatte da amici e colleghi di tutto il mondo. Vladimir presentò l’amico a un paio di suoi collaboratori, descrivendolo come uno dei più grandi studiosi italiani, se non il migliore archeologo che avesse mai conosciuto. Aldo si sentì un po’ imbarazzato da quelle affermazioni. Sapeva che il suo amico stava esagerando, ma gli faceva comunque piacere sentire quelle parole di stima nei suoi confronti. «Vieni, andiamo ad accomodarci nel mio studio!» esclamò il mastodontico professore. Salirono con l’ascensore al piano superiore e si diressero verso una porticina bianca con su scritto il nome dell’ucraino e subito sotto la parola “direttore” scritta in armeno e inglese. L’ufficio non era molto grande: la scrivania del professore si trovava in fondo, davanti a una grande vetrata oscurata che permetteva la vista verso l’esterno ma l’impediva verso l’interno. Era completamente ricoperta di carte buttate sopra senza un apparente senso logico, come se una grossa folata di vento avesse preso una manciata di fogli impilati e li avesse sparsi lì sopra alla rinfusa. Ai lati della scrivania c’erano due grandi piante grasse e un paio di ventilatori che, uniti alle pale attaccate al soffitto, portavano un po’ di refrigerio al povero professore che, da quanto Aldo ricordava, aveva sempre sopportato poco il caldo. Sulla parete destra c’era un grande libreria, anche questa molto disordinata, e pile di libri invadevano lo spazio dietro alla scrivania, accatastati sul pavimento come in attesa di essere catalogati e riposti nel proprio ripiano del mobile. Ai muri erano attaccate delle cornici a giorno con all’interno degli articoli di giornale che parlavano dell’archivio o di qualche ritrovamento importante al quale Vladimir aveva partecipato. L’ucraino fece segno ad Aldo di sedersi su una delle due poltroncine in pelle semi consumata di fronte alla scrivania e si diresse verso un piccolo frigorifero posto in un angolo a sinistra dell’ufficio. «Qualcosa da bere?» chiese Vladimir da bravo ospite. «Grazie, sono a posto così» rispose Aldo continuando a guardarsi intorno nell’ufficio. Il grosso ucraino prese una bevanda che dal colore sembrava tè freddo e se ne versò un bicchiere.


36 «Con questo caldo l’idratazione è importante. Io se non ingerisco almeno tre litri di liquidi al giorno mi sento male. Sicuro che tu non vuoi niente? Un po’ di tè, uno scotch, un bicchiere d’acqua…» Aldo fece segno di no con la testa. «Allora» riprese l’ucraino «quanto tempo è passato dall’ultima volta che ci siamo visti? Sei? Sette anni?» Aldo ci pensò su un attimo. «Se non sbaglio l’ultima volta è stata nel 2006» rispose. «2006… ma certo, quando ti mostrai quello strano testo latino attribuito a quella fantomatica setta, “i Figli dei Nefilim”. Uno dei libri più misteriosi che mi siano mai capitati di analizzare. Pensa che ancora oggi non riusciamo a capire se sia stato scritto da un gruppo di sbandati che si era messo in testa di creare un nuovo culto o se veramente sia esistita una setta con quel nome, della quale tutta l’umanità è rimasta all’oscuro fino al ritrovamento di quel documento.» Al sentire quelle parole Aldo si fece improvvisamente serio, come se gli fosse appena tornato in mente il motivo della sua visita al collega. «È proprio a causa di quel testo che sono venuto fin qui per parlarti» esclamò Aldo con espressione cupa. Anche Vladimir aveva per un attimo rimosso il ricordo della strana telefonata ricevuta all’una di notte, poco più di quattordici ore prima, e alle parole dell’italiano la sua curiosità si accese di colpo. Bevve un bel sorso di tè freddo e invitò l’amico a raccontargli il motivo di tanta agitazione e tanta segretezza. «Quel testo… sai dirmi se in questi anni qualcuno ha potuto accedervi liberamente?» Vladimir non riusciva a capire il motivo di una domanda tanto vaga. «Be’, ovviamente non è un testo accessibile a tutti… come ben sai i reperti devono essere maneggiati con cura e da persone competenti, altrimenti si rischia di rovinarli irrimediabilmente. Comunque se parliamo degli ultimi anni, le persone che ci hanno lavorato o che hanno avuto la possibilità di averci a che fare liberamente non sono poi pochissime. Ma qual è il motivo di tanto interesse?» Aldo fece un grosso respiro, come indeciso se rivelare o meno al collega il motivo per il quale era corso fino a lì senza prima avere in mano qualcosa di più concreto. Poi, capendo che la gentilezza e la disponibilità di Vladimir meritavano una spiegazione, cominciò a parlare. «Vedi, proprio ieri sera mi sono imbattuto in un sito internet. Me ne aveva parlato un ragazzo che segue i miei corsi dicendo che si trattava di qualcosa di magnifico e che dava spiegazioni su molti dubbi ancora irrisolti del nostro passato.»


37 «Umpf…» sbuffò Vladimir «un altro di quei profeti improvvisati della rete» disse con un tono seccato. «È proprio quello che ho pensato io all’inizio. Ero così seccato che i miei studenti perdessero il loro tempo a seguire certe buffonate su internet anziché dedicarsi allo studio e alla ricerca che avevo intenzione di leggere quello che questo tipo pubblicava e sbugiardarlo di fronte ai miei allievi il giorno dopo.» «E avresti fatto solo che bene» aggiunse Vladimir. «Però su quel sito ho trovato un paio di cose che mi hanno lasciato di stucco» replicò Aldo. Vladimir si faceva sempre più attento. «Il blog cominciava con una serie di articoli che parlavano di dèi alieni responsabili dell’evoluzione genetica e tecnologica dell’uomo, della probabile discendenza di Gesù e così via.» «Fin qui, niente che chiunque non possa scrivere avendo letto un paio di libri o facendo una breve ricerca su internet» lo interruppe l’amico. «Già, anch’io ho pensato inizialmente la stessa cosa. Però poi ho notato che alcune fonti citate, alcune prove e diverse nozioni riportate non erano cose che chiunque potesse scrivere. Doveva trattarsi di qualcuno che conosceva a fondo gli argomenti e che aveva fatto alcune ricerche sul campo. Magari uno storico come noi, o uno studente molto capace e con la possibilità di viaggiare e visitare alcuni siti chiave.» «Mi sembra sempre qualcosa di plausibile. Vieni al punto.» Aldo prese una penna dal tavolo e cominciò a giocherellarci nervosamente. «Il punto è che la persona che scrive quelle cose ha avuto accesso a documenti e informazioni che pochi altri conoscono e delle quali non dovrebbe essere a conoscenza!» Vladimir continuava a fissarlo come se stesse guardando un povero pazzo in preda a dei vaneggiamenti, così Aldo capì che più di ogni altra parola sarebbe bastato mostrare al suo stimato collega il sito internet in questione. «Hai la possibilità di accedere a internet da questo studio?» domandò fissando il computer sulla scrivania. «Certamente! Cosa credi, di essere in un villaggio sperduto nell’Africa nera?» Vladimir accese il PC che in meno di un minuto caricò il sistema operativo divenendo pronto per essere utilizzato. Cliccò quindi sull’icona del browser per l’accesso alla rete e una finestra si aprì direttamente sull’homepage di Google. «Allora, cosa devo cercare?» «Vai sulla barra degli indirizzi e digita “TruthAboutHistory.blogspot.com”.» «Però, modesto il tipo. “La verità sulla Storia”! Vediamo cosa ne salta fuori.»


38 La pagina ci mise un po’ ad aprirsi. Forse non si trovavano in un villaggio sperduto nell’Africa nera, ma la connessione non aveva niente a che vedere con quella che Aldo aveva in casa. Dapprima apparve il messaggio iniziale del blog, qualche secondo dopo cominciò a comparire anche l’angelo minaccioso con le ali spiegate e avvolto dalla luce. Alla visione di quell’immagine Aldo ripensò al sogno fatto in aereo e gli sembrò quasi di sentire un brivido percorrergli la schiena mentre fissava quella figura così tetra. Il blog era scritto completamente in italiano e Vladimir non riusciva a capire neanche una parola. Subito commentò che una persona seria che avesse davvero qualcosa da dire al mondo avrebbe usato un linguaggio un po’ più internazionale, come l’inglese, anziché la sua lingua madre comprensibile da pochi. In effetti aveva ragione, questo era un dettaglio al quale Aldo non aveva pensato. Comprendendo tutto quello che leggeva, si era basato solo sul contenuto del messaggio e non sulla forma. Aldo passò dietro alla scrivania e si posizionò in piedi di fianco a Vladimir e cominciò a tradurre in inglese quello che c’era scritto. L’ucraino non rimase molto impressionato da quel messaggio, sembrava la spacconata di un mitomane che voleva catturare l’attenzione di qualche persona influenzabile e l’immagine di quell’angelo che sembrava uscita dalla copertina di qualche disco heavy metal anni ‘90 confermava ancora di più la sua tesi. Aldo percepì la perplessità provata dal suo collega e decise di andare subito al punto. Aprì la pagina che racchiudeva le informazioni e alcune foto del libro appartenente alla setta dei Figli dei Nefilim, conservato proprio a pochi metri sotto di loro. Alla vista di quelle immagini che Vladimir riconobbe subito, il professore ucraino fece un salto sulla sedia. «Che mi venisse un accidente! E queste dove diavolo le ha prese?» Come Aldo aveva intuito, la reazione del suo amico confermava la teoria che le immagini del libro dei Figli dei Nefilim fossero state prese senza l’autorizzazione di Vladimir, che scorrendo la pagina sembrava a ogni secondo divenire più stupito e infuriato. «Come vedi avevo ragione a pensare che chi si occupa di scrivere questi articoli sia un personaggio alquanto bizzarro, se così si può definire.» «Bizzarro? Ma questo qui è un autentico criminale!» lo corresse Vladimir con tono irritato. «Hai idea di come possa essere entrato in possesso di queste foto?» domandò allora Aldo per cercare di capirci qualcosa in più.


39 «Assolutamente non so cosa risponderti. Tutti i nostri dipendenti sanno che fotografare il materiale contenuto all’interno dell’archivio è assolutamente vietato e che se lo facessero perderebbero il posto e andrebbero anche incontro a delle grane giudiziarie. Come ben sai molti dei documenti e dei reperti che custodiamo qui dentro sono ancora in fase di studio e la fuga di immagini o informazioni da questo luogo potrebbe negarci l’attribuzione di nuove scoperte.» Aldo rimase qualche secondo a riflettere mentre il suo amico continuava a fissare lo schermo del computer bofonchiando qualche parola nella sua lingua. «L’opera è stata mai trasportata fuori di qui? Che ne so… prestata a qualche museo, fatta uscire per essere restaurata o qualcosa di simile?» Vladimir fece cenno di no con la testa. «Questo documento al momento non avrebbe valore per nessun museo. A parte il fatto che si tratta di un libro con più di trecento anni, per il resto finché non troviamo qualcosa di più su questa fantomatica setta potrebbe trattarsi solo degli scritti di qualche riccastro fuori di testa. E per quanto riguarda i restauri le opere non escono mai da questo posto, i restauratori vengono direttamente qui e lavorano sui reperti nel piccolo laboratorio che abbiamo a disposizione.» «Qualche collega particolarmente interessato all’oggetto? Che ne so, magari qualcuno al quale lo hai mostrato come hai fatto con me e che ne è rimasto così tanto affascinato da tornare in seguito chiedendoti di rivederlo e che magari per quell’occasione si era dotato di qualche sorta di microcamera nascosta da qualche parte con la quale ha fotografato il testo.» Vladimir ci pensò un attimo, ma anche per quella ipotesi cominciò a scuotere la testa. «Escludo anche questo. Il libro l’ho fatto vedere solamente a te e a un altro paio di colleghi e in tutti e tre i casi è stato visto una sola volta e in mia presenza. Dubito che qualcuno possa aver fatto qualche fotografia, me ne sarei di certo accorto, e a parte il fatto che mi fido di tutti e tre nella maniera più assoluta, è assolutamente impensabile che uno di loro avesse con sé una microcamera o altre diavolerie del genere. Non ce ne sarebbe stato il motivo.» «Allora la fuga di informazioni e di immagini deve essere per forza venuta da uno degli addetti ai lavori. Qualcuno che abbia libero accesso ai reperti e che possa aver avuto la possibilità di fotografare il libro senza essere visto, magari nelle ore in cui l’archivio è meno frequentato.» Vladimir ci pensò un attimo, ma sembrava non gli venisse in mente nessun nome. I suoi colleghi erano tutti fidati, e quasi mai si trovavano da soli all’interno della struttura. E poi nessuno sembrava essere tanto interessato a quell’opera.


40 La storia sembrava non avere nessuna via d’uscita, quando a un certo punto la faccia di Vladimir si illuminò, quasi come una lampadina gli si fosse appena accesa in testa. «Aspetta un momento» esclamò spalancando gli occhi e fissando un punto nel vuoto come se si stesse concentrando per ricordare meglio qualcosa «c’è stato un tizio che ha lavorato qui dentro circa un paio di anni fa. Me ne ero completamente dimenticato perché è rimasto solo qualche mese e poi si è licenziato per andare a lavorare chissà dove. Era un tipo molto sveglio ma aveva poca voglia di lavorare. Penso che sia venuto qui più per una sorta di capriccio che per guadagnarsi da vivere. Si trattava di un giovane restauratore, lavorava con noi aiutandoci proprio nella preservazione di alcuni documenti.» Aldo si avvicinò al collega, convinto - o speranzoso - che quella fosse la strada giusta da seguire. «Mi ero completamente dimenticato di lui, perché alla fine io non ci restai molto a contatto. Adesso che ci penso però era molto affascinato da ogni reperto avesse dei collegamenti con qualsiasi religione. Sembrava quasi un’ossessione per lui. Appena arrivato la prima domanda che mi fece fu proprio quella, se all’interno dei nostri archivi avessimo qualche manufatto o dei manoscritti che potessero avere a che fare con la religione. La cosa strana che venni a sapere dopo il suo licenziamento era che fece praticamente a tutti la stessa domanda, come se si fosse messo in testa di scoprire chissà quale segreto nel nostro archivio.» «E ti ha mai chiesto specificamente di quel libro?» chiese Aldo per cercare di arrivare al punto della questione. «Non che io mi ricordi. Ma è passato tanto tempo e la mia memoria non è più quella di una volta. Forse chiedendo ai ragazzi che lavorarono con lui in quel periodo riusciremo a capirci qualcosa di più.» Aldo acconsentì. I due uscirono dalla stanza e si diressero verso l’ascensore, con il quale scesero fino al primo livello interrato. Era lì che lavoravano due dei collaboratori di Vladimir che, quattro anni prima, erano stati più a contatto con quell’uomo. Erich Bauer e Richard Taylor erano i due restauratori dei quali da anni Vladimir si serviva. Tedesco il primo e inglese il secondo, si erano da molto tempo stabiliti in Armenia e ormai si trovavano perfettamente a loro agio con le tradizioni e la gente del luogo. I due professori cominciarono a fare domande sul misterioso personaggio che aveva lavorato per loro alcuni anni prima. Si chiamava Edouard, ma nessuno dei due seppe dir loro molto di più.


41 Era un tipo schivo, riservato, per tutto il tempo del suo soggiorno in Armenia non era mai uscito una sera insieme ai suoi colleghi di lavoro. Sembrava indifferente al mondo intorno a lui, era interessato solo ai reperti antichi, e più precisamente a tutto quello che avesse a che fare con la religione o qualsiasi strano culto. Purtroppo per lui, durante tutta la sua permanenza non gli capitò mai di maneggiare un documento del genere. Quell’archivio conteneva documenti e manufatti sì antichi, alcuni vecchi anche più di mille anni, però la maggior parte non aveva nulla di religioso o mistico ma solo un’importanza storica e artistica per il paese. Ricordavano infatti di come spesso l’uomo, che doveva avere intorno ai trentacinque, trentasette anni al massimo, si lamentasse perché quel lavoro non era quello per il quale aveva deciso di trasferirsi e di come fosse noioso lavorare su certi oggetti per lui privi di ogni interesse. A parte l’insistenza con la quale Edouard continuava a parlare quasi quotidianamente di oggetti mistici, per il resto non ricordavano nessun episodio degno di nota. I due professori non sapevano più cosa pensare. A parte il nome che pareva essere francese, mentre il misterioso blogger sembrava in tutto e per tutto un italiano, c’era anche il fatto che nessuno sembrava averlo mai visto armeggiare con l’opera fotografata e pubblicata su internet. Mentre continuavano con le loro domande a Bauer e Taylor, un quinto individuo passò di lì avendo modo di ascoltare la conversazione. «State parlando di quel matto di Edouard?» domandò attirando l’attenzione del gruppo; tutti si girarono di scatto verso di lui. Gevorg Vanlian, un uomo di quarantacinque anni che da dodici si occupava della sicurezza e sorveglianza all’interno dell’archivio. Era un ex soldato dell’esercito che aveva preferito la vita più tranquilla e meno pericolosa dell’addetto alla sicurezza. La pelle olivastra, i capelli e le folte sopracciglia nere, la faccia di chi nella vita ne ha viste molte. Si avvicinò al gruppo con in mano una bottiglietta d’acqua presa dal distributore fuori nel corridoio. «Era un bravo ragazzo ma non doveva avere tutte le rotelle a posto.» Da quelle frasi si intuiva facilmente che l’uomo stava aspettando che qualcuno gli chiedesse qualcosa per dire la sua. «Che cosa intendi dire? Spiegati meglio» lo incoraggiò Vladimir. «Oh, be’. Lo vedevo sempre solo, non parlava mai con nessuno. Così un paio di volte l’ho portato in giro con me; volevo che si godesse un po’ il suo soggiorno nel nostro paese e che questo lavoro non gli lasciasse un brutto ricordo di noi armeni. Le serate si rivelarono un buco nell’acqua. La prima volta lo portai in centro, a bere qualcosa in un locale dove facevano anche della buona musica. Passò la serata senza dire nulla, bevve una birra e


42 rimase lì impalato a guardare cantante e musicisti senza rivolgermi la parola.» Gevorg si fermò un attimo a bere dalla bottiglietta. «E la seconda?» chiese Aldo come per incitarlo a raccontare tutto in fretta. «La seconda… be’, mi vergogno un po’ a dirlo… ma dopotutto siamo tra uomini di mondo e non mi sembra che nessuno qui sia troppo religioso.» Fece un’altra pausa fissando Aldo negli occhi, come stesse aspettando per constatare effettivamente che il professore italiano non lo fosse. Quando ebbe la certezza che nessuno gli avrebbe risposto il contrario continuò. «Insomma, io sono vedovo, mia moglie è morta per una brutta malattia sei anni fa e da allora non ho avuto più una donna stabile. Ogni tanto frequento una casa di piacere che si trova a circa quattro chilometri da qui e immaginavo che magari al ragazzo avrebbe fatto piacere ricevere un certo tipo di attenzioni.» «Comunque non gli dissi subito dove lo avrei portato. Lo caricai in macchina e guidai dritto fino al bordello, convinto che di lì a un paio d’ore il ragazzo mi avrebbe ringraziato. Be’, credo di non essermi mai sbagliato tanto in vita mia. Quando Edouard capì dove l’avevo portato andò in escandescenze. Sembrava come se avendolo portato lì lo avessi tremendamente offeso, che gli avessi fatto un torto grave. Se ne andò in strada borbottando di brutto e rifiutò anche di essere accompagnato in macchina. Credo se la fece a piedi fino a qui.» «Lì per lì pensai che fosse fuori di testa e mi godetti la mia serata in compagnia delle ragazze, ma poi scoprii che proprio come me anche lui era vedovo, sua moglie era morta da un paio di anni e probabilmente non aveva ancora superato il trauma. Così mi prese il rimorso per quello che avevo fatto e decisi di scusarmi con lui in qualche modo. Sapevo del suo interesse per la religione e per tutte quelle cose lì. Non è che io me ne intenda molto, ma da quando lavoro qui praticamente ho sentito parlare di ogni singolo reperto trovato e infilato in queste stanze polverose. Allora andai da lui e gli promisi di fargli un regalo, di mostrargli qualcosa che avrebbe sicuramente apprezzato.» I due professori si guardarono in faccia come se tutti i tasselli del complicato puzzle si stessero in quel momento ricomponendo da soli. «Che cosa gli hai mostrato?» domandò Vladimir con un tono molto duro. «Avevo sentito parlare di un libro appartenente a una specie di setta, che parlava di angeli o di cose simili. Era l’unica cosa di quel genere che conoscevo qui dentro, così gliela mostrai. Non potete neanche capire l’entusiasmo di Edouard quando la vide. Se non sbaglio era scritta in greco o in latino o in un’altra di quelle lingue morte che piacciono tanto a voi


43 studiosi. Lui lesse alcune righe come se si trattasse della sua lingua, e più andava avanti nella lettura più sembrava essere eccitato.» Vladimir allora si avvicinò minacciosamente al sorvegliante. «Gevorg, mi stai dicendo che hai prelevato e mostrato a uno sconosciuto uno dei reperti custoditi in questo archivio senza la ma autorizzazione?» L’ex militare capì subito dal tono di voce del direttore che si trattava di qualcosa che sarebbe stato meglio non fare. «Non credevo di far niente di male. Più volte i ragazzi qui mi chiedono una mano per portare qualcosa da una parte all’altra o per andare a prendere qualche reperto perché impossibilitati a muoversi. Non credevo fosse un problema che il ragazzo vedesse quel libro, dopotutto lavorava per noi ed era abituato a vedere e restaurare cose antiche.» Vladimir si girò di scatto dall’altra parte imprecando nella sua lingua. «Gevorg» intervenne Aldo «hai permesso a quel tipo di fare qualche foto di quel documento?» La guardia scosse la testa, preoccupata dal fatto che il suo datore di lavoro stesse ancora di spalle a imprecare. «No, non ha fatto niente del genere. Conosco benissimo il regolamento e mi sono sempre impegnato per farlo rispettare. Si è limitato solo a dare una letta alle pagine. A meno che…» A quelle parole Vladimir si girò di nuovo verso di lui. «A meno che, cosa?» domandò alterato. «Ecco… mi aveva detto di essersi dimenticato alcune pastiglie che doveva prendere a degli orari tassativi qui nel laboratorio. Mi ha chiesto il favore di andargliele a prendere mentre lui dava un’ultima occhiata a quel testo.» L’espressione di Vladimir si fece ancora più sbalordita. «No, ti prego. Non dirmi che lo hai lasciato solo.» La guardia abbassò lo sguardo e Vladimir andò di nuovo su tutte le furie. «Mi sentivo in debito con lui e non pensavo potesse fare nulla di male a consultare un semplice testo. Ma cosa ha fatto di così grave?» Aldo spiegò alla guardia che l’uomo probabilmente aveva ideato lo stratagemma delle pastiglie per permettersi di rimanere solo con il testo, e per scattare delle fotografie che aveva poi a distanza di qualche anno pubblicato su internet. Gevorg era mortificato. Cominciò a scusarsi per il suo comportamento poco professionale, probabilmente preoccupato per il suo posto di lavoro. Vladimir lo invitò a uscire dalla stanza. I due tornarono di nuovo nell’ufficio di Vladimir che continuava a ripetere che non si capacitava come un uomo del genere, al suo servizio da più di dieci anni e con una ferrea carriera militare alle spalle, avesse potuto commettere una sciocchezza del genere.


44 Alla fine era più la gravità dell’episodio in sé a farlo infuriare piuttosto che l’effettivo danno arrecato. Vladimir non trovava nulla di interessante in quel manoscritto e questo lo portò a fare la domanda cruciale ad Aldo. «Non penso che tu mi abbia chiamato nel cuore della notte e abbia percorso tutti questi chilometri così di fretta solo per avvisarmi che qualcuno aveva violato alcune regole dell’archivio e che fossero state pubblicate a mia insaputa delle immagini di alcuni documenti. Avanti, sputa il vero motivo della tua visita.» In Effetti Vladimir aveva ragione. Aldo si era fatto così tanto prendere dalla possibilità di scoprire l’identità del misterioso blogger che quasi si stava dimenticando di spiegare all’amico il perché della sua visita. «Apri di nuovo quel sito internet» disse Aldo avvicinandosi alla scrivania e indicando il computer all’amico. Vladimir allora corse alla scrivania e senza fare domande si collegò di nuovo alla rete e digitò nuovamente l’indirizzo del blog. Di nuovo comparì l’inquietante immagine dell’angelo, Vladimir a quel punto fissò l’amico, la mano sul mouse, come per aspettare nuove istruzioni ed essere pronto a eseguirle. «Vai avanti con le pagine, devi arrivare fino a quella che parla di Mosè.» L’ucraino eseguì senza esitare. Davanti a lui scorrevano articoli che trattavano diversi temi storico-religiosi, tra i quali l’argomento più visualizzato e commentato era quello relativo alla probabile discendenza diretta di Gesù Cristo, argomento che chiunque avesse letto il libro di Dan Brown “Il Codice da Vinci” o avesse almeno visto il film era andato a ricercare sul web, e facendo due rapidi calcoli doveva trattarsi di un centinaio di milioni di persone dato che solo il libro aveva venduto ottanta milioni di copie in tutto il mondo. Continuò ad andare avanti e finalmente arrivò alla pagina desiderata. «Ok, adesso scorri fino ad arrivare a fine pagina» lo invitò Aldo facendo segno all’amico con il dito di andar giù con la barra di scorrimento verticale. Vladimir fece scendere celermente la barretta fino alla fine. Aldo guardò in basso a destra, quasi sperasse ancora di aver preso una svista e che quel simbolo non fosse ancora lì ad attenderlo per imporgli duramente la verità dei fatti. Purtroppo non c’era stata nessuna svista, il simbolo era lì, in bella mostra, visibile a chiunque si fosse connesso e avesse selezionato quella pagina. Aldo fece cliccare a Vladimir sulla pagina successiva del blog, la cui anteprima era rivelata in un rettangolino nell’angolo dello schermo.


45 Non appena l’amico ci cliccò sopra la pagina si aprì immediatamente, anche più veloce delle altre - o almeno così sembrò ad Aldo - come se sapesse che quella visione lo avrebbe infastidito. Al cento dello schermo saltava subito agli occhi un simbolo.

«Che follia è mai questa?» esclamò Vladimir incredulo. Se per una persona normale quel simbolo poteva non significare assolutamente nulla, per qualsiasi studioso che conoscesse un minimo di storia e opere egizie e avesse una leggera infarinatura riguardo la simbologia dei maggiori culti religiosi, quell’immagine assumeva un significato preciso, o meglio, sembrava non avere per nulla significato proprio per quello che rappresentava. «Non crederai mica che una cosa del genere sia autentica?» domandò stupito Vladimir girandosi verso il collega, come cominciasse a dubitare della sua sanità mentale. «Invece lo è» affermò Aldo convintissimo della sua affermazione. Quell’immagine, in realtà, era un’unione di due diversi simboli, appartenenti a due culture completamente diverse. I quattro segni che caratterizzavano la parte superiore erano infatti dei geroglifici egizi che indicavano il nome di Aton, un’importante divinità egizia di particolare interesse perché intorno al quattordicesimo secolo avanti cristo era stato venerato dagli egizi come unico dio e creatore dell’universo, proprio come lo era Yahweh, il dio degli ebrei. Il simbolo inferiore invece sembrava essere tutt’altra cosa. Con quasi sicurezza si trattava del simbolo della Menorah, una delle più antiche immagini ebraiche. La Menorah è una sorta di candelabro a sette punte, sempre presente a tutt’oggi nelle sinagoghe.


46 Secondo alcune tradizioni, la Menorah simboleggia il rovo ardente in cui Dio si manifestò a Mosè, ed è uno dei simboli principali della religione ebraica presente addirittura nello stemma dello stato di Israele. Il fatto che i due simboli si trovassero insieme per formarne uno completamente nuovo sembrava assurdo, se non in qualche modo bizzarro e molto improbabile. Vladimir non riusciva a credere a quello che stava vedendo, e sentire il suo amico, un rispettato professore di Storia ed eminente archeologo fare un’affermazione del genere lo lasciava letteralmente basito. L’ucraino rimase a guardare il collega in silenzio, aspettando di ricevere delle spiegazioni riguardo le sue affermazioni, spiegazioni che non tardarono ad arrivare. «Circa due anni e mezzo fa ho organizzato una spedizione. Eravamo un gruppo di dieci persone, a parte me tutti ragazzi alle prime armi. Organizzavo spesso viaggi del genere, riuscivo a ottenere ottimi fondi dal governo che spesso veniva ricompensato da qualche importante ritrovamento, mai sensazionale ma di discreto valore storico. Era un modo come un altro per iniziare i giovani archeologi e per condurre alcune mie ricerche.» «Come tu ben sai io amo la Storia, ma sono sempre stato affascinato dalla religione, qualunque essa fosse. Ma, forse per la mia istruzione cattolica, forse perché è quella che di più mi ha influenzato nel corso della mia esistenza, la religione cristiana, in particolare tutto quello che riguarda l’Antico Testamento, ha sempre suscitato in me un fascino superiore alle altre. Fare qualche importante ritrovamento che chiarisse di più a me e al mondo alcuni misteri descritti nella Bibbia, dandone anche delle spiegazioni banali e poco affascinanti, per me sarebbe stato qualcosa di unico, entusiasmante, che avrebbe ripagato gli enormi sacrifici fatti in una vita di studi. Questo non è mai successo, fino appunto a quella fatidica spedizione.» «Come sai, di molti fatti descritti nella Bibbia non si conoscono ancora oggi dei riscontri storici che possano in qualche modo confermarli, soprattutto per quanto riguarda tutto quello descritto prima di un grande evento: l’Esodo, la fuga degli ebrei dall’Egitto e il loro viaggio durato circa mezzo secolo verso una fantomatica “Terra Promessa”.» «Sebbene l’Esodo sembri in qualche modo presentare alcune analogie storiche, il personaggio di Mosè, elemento chiave di quell’evento, sembra non trovare nessuna conferma di esistenza. Mi sono sempre chiesto come potesse accadere una cosa del genere, e cominciai a studiarlo, ad appassionarmi a lui e a cercare di capire se si trattasse o no di un personaggio realmente esistito o se fosse l’ennesimo protagonista di una favola che va avanti da millenni.»


47 «Le ricerche sono state tante, tutte infruttifere. Di Mosè sembrava non esserci traccia, fino a quando non decisi di andare a cercare la sua tomba, il luogo dove secondo il mito poteva essere sepolto il leggendario patriarca. Questo mi ha portato ad andare in Giordania, più precisamente nei pressi del monte Nebo, la cresta di una catena montuosa situata nella parte occidentale di quella nazione.» «Cercammo per settimane ma non trovammo niente, fino a quando uno degli studenti per una drammatica sventura o per la più grande delle fortune non scivolò dentro a un crepaccio, rompendosi una gamba. Chiamammo subito i soccorsi via radio che nel giro di qualche ora arrivarono sul posto e riuscirono a recuperare il ragazzo che se la cavò con poco e in meno di due mesi era già più in forma di prima.» «Non appena il ragazzo venne sistemato sul mezzo che lo avrebbe portato dritto nel più vicino ospedale, io mi avvicinai a lui per constatarne le condizioni; dopotutto mi sentivo responsabile di quei giovani inesperti. Con mio sincero stupore il ragazzo, con voce tremante e rotta dal dolore, mi disse queste parole: “In mezzo a quelle rocce, nascosto nei crepacci… non ne sono sicuro, ma credo di aver visto qualcosa… potrei anche sbagliarmi, però… credo ci sia qualcosa lì sotto…”.» «Rimasi di stucco ascoltando quelle affermazioni. Forse poteva trattarsi solamente di un abbaglio, ma con tutto quello che avevamo fatto fino a quel momento, con tutte le energie spese e i sacrifici patiti, non potevo lasciare niente di incompiuto.» «Così mi decisi. Mi attrezzai per bene servendomi dell’aiuto di alcuni abitanti del posto e dopo un paio di giorni tentai di calarmi in quella fenditura. Quello che trovai al suo interno fu sbalorditivo. A pochi metri dal fondo del crepaccio c’era l’ingresso di una grotta alla quale qualche terremoto o altri fattori fisici o atmosferici avevano tolto l’enorme masso che in principio la sigillava. Entrai al suo interno senza esitare e mi trovai davanti uno spettacolo folgorante: la grotta era una tomba, una tomba degna di un grande uomo, un uomo rispettato dalla sua gente e probabilmente considerato come un capo.» «Fotografai tutto quello che c’era al suo interno e cominciammo i lavori di recupero. Sembrava in tutto e per tutto la tomba di un grande patriarca ebreo, anche se c’erano alcuni elementi che non tornavano; alcuni oggetti ritrovati nella tomba lasciati da chi si era occupato della sepoltura e anche il modo in cui era stato trattato il corpo, mummificato, sembravano da attribuire più alla cultura egizia che a quella del popolo ebraico. Pensai quindi che potesse trattarsi del corpo di un uomo che ebbe molto a che fare con il popolo egizio e che per questo prima di morire avesse lasciato precise disposizioni alle persone a lui care perché si occupassero della sua salma in un determinato modo. Questo mi fece ancor di più sperare che potesse


48 trattarsi proprio del famigerato Mosè, che aveva, secondo la leggenda, trascorso la sua giovinezza alla corte del faraone.» «Dopo alcuni giorni di studi su quei reperti m’imbattei in un documento che si rivelò essere uno dei più importanti ritrovamenti degli ultimi cinquant’anni. Su di un rotolo di papiro gravemente danneggiato ma integro abbastanza da riuscire a comprenderne il messaggio, erano riportate informazioni stupefacenti.» Aldo cominciò a rivelare il contenuto del messaggio, con una tale precisione che dimostrava come lo studioso avesse letto decine e decine di volte quel testo, fino quasi a impararlo a memoria. Qui giacciono le spoglie mortali del grande padre Mosè, liberatore del popolo di Dio, sacerdote di Yahweh, favorito dai cieli. A quel punto, riferì Aldo, il testo era rovinato e intraducibile. Continuava poco dopo con delle lodi a Dio e a Mosè, riportando alcuni avvenimenti come appunto il lungo viaggio che gli ebrei dovettero affrontare per raggiungere la Terra Promessa e alcuni avvenimenti come la caduta della manna dal cielo e la costruzione del vitello d’oro da parte di “uomini persi”, come riferiva il testo. Già di per sé quel testo aveva un’importanza storica fuori dal comune, ma la cosa che aveva fortemente colpito Aldo era un’altra, ed era contenuta nella parte finale del testo. Sembrava una sorta di curriculum vitae che riportava alcune fasi salienti della vita di Mosè, ma quello che era scritto al suo interno aveva davvero dell’incredibile. Qui giace il figlio dell’altissimo, nato per governare le genti. Qui giace il figlio d’Egitto, nato da sovrano con il nome di Amenophis IV, conosciuto dal popolo con il nome di Akhenaton con il quale governò saggiamente il suo popolo. Qui giace il liberatore che portò via la sua gente dall’oscurità immergendola nella luce eterna della gloria dell’unico dio! Qui giace il fuggitivo ripudiato dal suo popolo, scacciato come un ladro ed esiliato dal suo regno. Qui giace Mosè, l’uomo capace di parlare con il Signore e di scatenare la sua collera. Lode a te, o grande, seduto alla destra del padre celeste. Alla lettura di quel testo, ad Aldo era parso per un istante che gli stesse per pigliare un colpo.


49 Il documento affermava che Mosè non era nientedimeno che il faraone Akhenaton in persona, il sovrano che diffuse tra la sua gente il culto dell’unico dio creatore dell’universo. Più e più volte Aldo aveva esaminato quei testi temendo che si trattasse di una gigantesca bufala, ma tutto sembrava convalidarne l’autenticità; quella che aveva trovato era la tomba di Mosè, la tomba di un faraone egizio che aveva rinunciato a tutto per seguire la sua fede e fondare una nuova nazione insieme al suo popolo. Vladimir quasi non credeva alle sue orecchie. Quella storia gli sembrava impossibile, e aveva per un attimo pensato che il suo amico si fosse inventato tutto di sana pianta per fargli una qualche sorta di scherzo, ma gli occhi di Aldo non mentivano. Quello che diceva era il vero, o almeno lui era totalmente convinto che lo fosse. Aldo confidò che aveva tenuto volutamente nascosta la scoperta per evitare dei problemi prima che avesse potuto stilare un rapporto completo sul ritrovamento, ricco di fotografie e dati, che avrebbe fatto pubblicare da qualche autorevole pubblicazione storico-scientifica che presentasse in anteprima al mondo quello che aveva scoperto. Solo dopo fatto questo, come fosse una sorta di assicurazione, avrebbe messo a disposizione dei suoi colleghi studiosi tutto il materiale ritrovato. Aldo aveva paura che, dato l’argomento delicato che avrebbe scombussolato alcuni fondamenti delle più importanti religioni, il suo lavoro potesse essere in qualche modo ostacolato, magari da qualcuno che riteneva scomode quelle verità e che avrebbe preferito distruggere i documenti e screditare la spedizione piuttosto che ammettere alcuni fatti storicamente provati. O ancora che qualche suo collega, studiando il suo lavoro, potesse trovarvi spunto per importanti rivelazioni che per qualche motivo Aldo non aveva colto in un primo esame, togliendogli quindi la soddisfazione di aver portato alla luce una verità storico-religiosa come sognava ormai da anni. Aldo continuò il suo racconto rinfrescando un po’ a Vladimir la storia di Mosè e del faraone Akhenaton così come erano conosciute fino a quel momento e soffermandosi su alcune importanti analogie: Akhenaton era un faraone egizio della XVIII dinastia, figlio di Amenothep III e della regina Tyi, vissuto nel quattordicesimo secolo avanti cristo. Diffuse il culto di Aton, un dio unico, in opposizione alla cultura politeista fino a quel momento in vigore in Egitto e aggiudicandosi la nomea di faraone ribelle. Da lì la prima analogia con Mosè; in effetti i due personaggi avevano promosso e divulgato un culto simile. Il grande faraone aveva una storia totalmente avvolta nel mistero; infatti dopo circa diciassette anni di governo scomparve letteralmente nel nulla, lasciando pochissime tracce del suo passaggio. Nessuno ancora oggi sa spiegare con precisione per quale motivo. Alla luce delle sue scoperte, Aldo


50 poteva affermare con soddisfazione che fu perché il faraone decise di abbandonare l’Egitto, partendo con gli ebrei alla ricerca della terra promessa e che gli egizi decisero di ripudiarlo e cancellare il suo nome dalla loro storia. Dopo la sua scomparsa, infatti, Akhenaton subì quella che viene definita damnatio memorae, una sorta di revisione volta a cancellare il faraone dalla storia dell’Egitto e dalla mente di tutto il popolo. Vennero infatti distrutti tutti i documenti che lo riguardavano e con esse anche le sculture, le iscrizioni e tutto quello che potesse far pensare a lui, compresa la capitale che fondò e dalla quale dominò il paese, la città di Amarna, allora conosciuta con il nome di Akhet-Aton. Dopo la sua scomparsa tornò anche in vigore in Egitto il politeismo, al quale la popolazione era abituata, col suo pantheon ricco di circa quattrocento differenti divinità. Il trattamento riservatogli faceva proprio supporre che l’antico popolo egizio volesse per qualche ragione ripudiarlo come il peggiore dei traditori, e questa era una ragione in più per avallare la tesi della sua scomparsa e conversione. Vladimir non sembrava del tutto convinto. Aveva studiato molto riguardo al faraone Akhenaton; alcuni ritrovamenti, non per ultimo quello della sua mummia, sembravano screditare la teoria di Aldo. Per quale motivo gli egizi avrebbero dovuto, al momento della sua morte, accettare di seppellire e custodire il corpo del faraone esiliato? «Ma allora la tomba rinvenuta in Egitto? Come la mettiamo con la mummia ritrovata nella valle dei re alla fine dell’ottocento?» «Non è mai stato dimostrato che si trattasse di Akhenaton. Lo si credette inizialmente, ma il corpo era in realtà di uno sconosciuto e le iscrizioni sulle pareti erano state distrutte, così da non poter provare assolutamente nulla. Successivamente furono trovate tre mummie anonime in un’altra tomba e gli studiosi dissero che anche lì una delle tre apparteneva al faraone, teoria comprovata dal test del DNA condotto sulla mummia e su quelle dei suoi parenti più prossimi. Non possiamo escludere però che potesse trattarsi del corpo di qualche parente di Akhenaton, magari di qualche figlio illegittimo del faraone Amenothep III. La realtà è che nessuno ha mai avuto prove certe che la mummia di Akhenaton fosse seppellita insieme ai suoi avi e ai suoi discendenti, questo perché egli non morì in Egitto ma in Giordania, sotto la sua nuova identità, quella di Mosè!» Vladimir ascoltava le parole del collega fissando il vuoto con gli occhi spalancati, completamente incredulo. Certo, quello che Aldo gli stava riferendo sembrava avere una certa coerenza, ma molte volte gli erano state propinate teorie rivoluzionarie che


51 poi si rivelavano veri e propri buchi nell’acqua una volta analizzate più da vicino. Ma una cosa era certa: se conosceva Aldo almeno la metà di quello che pensava conoscerlo, allora se diceva di aver trovato dei reperti e di averli analizzati questo voleva dire che lo aveva fatto sotto ogni aspetto possibile e inimmaginabile fino ad avere la quasi certezza delle sue convinzioni. Vladimir venne scosso da un brivido di euforia. L’essere venuto a conoscenza di una tale scoperta prima del resto del mondo lo rendeva particolarmente felice. Era per quello che amava la Storia, perché anche se parlava di argomenti trattati da migliaia di anni, ogni giorno poteva insegnargli qualcosa di nuovo e donargli delle soddisfazioni infinite. La storia raccontata da Aldo lo stava intrigando sempre di più, quasi sembrasse un bambino che ascoltava chissà quale impresa dei suoi eroi preferiti. Certo però che i dubbi e le domande verso quell’argomento erano ancora tante. «Per quale motivo però un faraone, l’uomo praticamente più potente del mondo antico, avrebbe dovuto lasciare il suo trono e andarsene con un gruppo di profughi verso un luogo imprecisato, praticamente senza una meta?» Aldo incrociò le braccia e inarcò leggermente le spalle. «Le ragioni potrebbero essere tante. Quello che io penso, e mi sembra la teoria più plausibile, è che ad alcune persone di potere che circondavano il faraone non andasse troppo a genio questo nuovo culto monoteista. Potrebbero aver tramato contro di lui, costringendolo a lasciare l’Egitto e a non farvi più ritorno.» «E per quale motivo si portò dietro degli schiavi ebrei?» Aldo sorrise come si aspettasse una domanda del genere. «Prima di tutto non c’è nessun documento che attesti una fuga di schiavi dall’Egitto di quei tempi.» «Be’, uno c’è… ed è il libro più venduto della Storia!» rispose Vladimir. «Certamente, è descritto nella Bibbia. Ma come tu sai la Bibbia nei secoli è stata sicuramente adattata secondo i voleri dei vari uomini di potere delle varie epoche. Ancora oggi il Vaticano tende a nascondere molti documenti, fingendo che non esistano o marchiandoli come scritti eretici solo perché vanno contro tutto quello che loro sostengono essere la verità! La mia stessa scoperta, probabilmente, se fosse stata fatta da un gruppo di ricercatori osservanti sarebbe stata alterata, se non celata al mondo o addirittura distrutta!» L’espressione di Vladimir ora si fece confusa.


52 «Un momento… prima però se non sbaglio hai citato una frase di quel documento che hai ritrovato nella presunta tomba di Mosè, e mi sembra parlasse di lui come di quello che liberò la sua gente dagli egiziani. Ora affermi che questi non erano schiavi?» «Esattamente.» «Scusami ma non capisco il senso di tutto questo.» A questo punto Aldo si mise seduto in una delle due poltrone di fronte alla scrivania dell’amico e, la gola ormai secca, decise di accettare l’offerta precedente dell’ucraino facendosi servire un bicchiere di quel tè freddo che l’uomo sembrava aver sorseggiato con tanto gusto. Ne buttò giù un goccio e riprese a parlare. «Quello che c’era scritto era che Mosè era giudicato un liberatore perché aveva sottratto il suo popolo dal buio per portarlo nella luce della gloria di Dio. Non si parla di una liberazione fisica ma spirituale, come se Mosè li avesse liberati dall’oscurità in cui erano avvolti adorando diverse divinità e avesse mostrato loro la luce con il culto monoteista di Aton, o di Yahweh, che a mio avviso erano la stessa e identica cosa.» Vladimir decise che il tè freddo non bastava più. Quel racconto meritava qualcosa di meglio. Tirò quindi fuori una bottiglia di whisky invecchiato cinquant’anni che teneva celata in attesa di un evento importante. Ne rimosse il tappo e se ne versò un mezzo bicchiere, offrendone anche all’amico che rifiutò ringraziandolo. «Ma quindi se gli ebrei non erano schiavi, perché l’hanno seguito in quel folle viaggio?» «E me lo domandi? Per fede, per cos’altro altrimenti! Akhenaton, quando ancora governava l’Egitto con il titolo di faraone, raccolse intorno a sé numerosi seguaci che decisero di adottare il culto monoteista di Aton. E il loro numero probabilmente aumentava di giorno in giorno, tanto da cominciare a far preoccupare i diversi uomini politici e i sacerdoti intorno a lui, come già ti ho accennato.» «Proprio per questo credo che Akhenaton venne scacciato in qualche modo dalla sua terra e messo in esilio, come riportato nel documento ritrovato nella sua tomba. Il faraone dovette andarsene con le cattive, ma radunò intorno a sé un’intera popolazione di persone che credeva in lui e nelle sue parole, e che era pronta a seguirlo anche incontro alla morte per aggiudicarsi un posto in paradiso al fianco di Dio.» «Se ci pensi ancora adesso, nel ventunesimo secolo, ci sono persone disposte a farsi esplodere in nome della propria fede. Figuriamoci all’epoca, quando il timore degli dei era grande, la popolazione era ignorante e analfabeta e vedeva addirittura il proprio faraone disposto a rinunciare ai propri diritti di nascita pur di seguire i voleri del suo dio. Le persone credettero in lui e, semplicemente, lo seguirono.»


53 Non c’era alcun dubbio; in pochi minuti il racconto di Aldo aveva del tutto convinto Vladimir, che lo ascoltava quasi commosso. «E il simbolo?» aggiunse l’ucraino rizzando la schiena di scatto come se quel dettaglio gli fosse tornato in mente di colpo. «Il simbolo che ti ho mostrato su quel sito era impresso all’interno della tomba di Mosè in più di un punto, ed era anche riportato sopra la pergamena verso la sua fine. Io credo si tratti del simbolo di Mosè, che lo rappresenti e che incarni in un’unica immagine tutta la sua storia e il suo credo. Quel simbolo rappresenta il tassello di unione tra due razze e due religioni diverse. Quel simbolo rappresenta l’unione tra il dio egizio Aton e quello ebraico Yahweh ed è stato celato al mondo per millenni.» «Ma allora come diavolo fa questo tipo ad averlo pubblicato sul suo sito internet?» «Questo, amico mio, è il mistero che ti chiedo di aiutarmi a scoprire.» )LQH DQWHSULPD &RQWLQXD


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