Le avventure di Beo

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Disponibile anche: Libro: 13,50 euro (da novembre 2011) e-book (download): 8,99 euro e-book su CD in libreria: 8,99 euro

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TANYA BAYRISKA

Le avventure di Beo

Serie Big-C Grandi Caratteri www.0111edizioni.com


www.0111edizioni.com www.ilclubdeilettori.com LE AVVENTURE DI BEO Copyright © 2011 Zerounoundici Edizioni Copyright © 2011 Tanya Bayriska

ISBN: 978‐88‐6307‐397‐3 In copertina: Immagine fornita dall’Autore

Finito di stampare nel mese di Ottobre 2011 da Logo srl Borgoricco ‐ Padova


Prima parte



Beo fa conoscenza con la signorina Anna Là dove Via dei Tigli s’incrociava con la via principale, vi era una piccola pasticceria di lamiera rossa in cui si preparavano e si vendevano vari tipi di dolci e salatini. La pasticcera era una donna sorridente e paffuta che apriva la mattina molto presto e si metteva a sistemare le torte salate e i cornetti in grandi teglie, così che anche i più mattinieri potessero far colazione prima di andare al lavoro. Dopodiché si sedeva su una sedia di legno scortecciata ad aspettare i suoi primi clienti. In un simile mattino, quando tutt’intorno era buio, la signorina Anna (così si chiamava la pasticcera) aprì la porta della pasticceria, accese la lampada e si mise al suo lavoro abituale. Stava proprio per prendere in mano la teglia con i cornetti alla cioccolata, quando una vocina da bambino gridò dietro di lei: «Stai attenta per piacere, sennò mi pesti!» La pasticcera rimase immobile e allarmata cominciò a guardarsi intorno. «Non guardi nella direzione giusta!» si fece sentire la vocina «sono quaggiù, proprio dietro al tuo piede sinistro.»


La signorina Anna si voltò verso il proprio piede. Non vide pero nient’altro che un piccolo scarabeo. «Perché mi guardi a bocca aperta? Non hai mai visto uno scarabeo parlante? Su, sollevami che altrimenti, cicciona come sei, mi pesti!» La signorina Anna si pizzicò la guancia e scosse la testa. No, non sognava. Quel piccolo animaletto nero davvero parlava. Lei si chinò, lo prese con delicatezza in mano e se lo avvicinò agli occhi. I due si esaminarono silenziosamente per un po’ di tempo. Gli occhietti dello scarabeuccio, come due capocchie di spillo, si spostavano ora a sinistra, ora a destra. Alla fine lui si mosse sul palmo della mano della donna strofinando l’una sull’altra le zampine anteriori come se fosse contento del suo aspetto. La signorina Anna prese profondamente fiato e chiese un po’ confusa: «Sei tu che stai parlando, scricciolo? Da dove sei sbucato e chi diavolo sei?» «Ah, no! Senza offese, prego, che importanza ha che io sia piccino? Se lo vuoi sapere, da dove vengo essere piccolo è di moda! Ti puoi immaginare che confusione sarebbe stata fra i miei parenti se io fossi nato grande come una casa?» La donna si mise a ridere di tutto cuore, sentendo queste parole. «E da dove vieni?» domandò lei.


«Dal Gran Parco sotto la collina che si trova dall’altra parte della città.» «So dove si trova, però è molto lontano, come sei riuscito ad arrivare fin qui?» «Be’, seguendo la strada!» disse lo scarabeuccio «se lo vuoi proprio sapere, sono scappato da casa!» Alzò la testina con aria d’importanza. «Guarda un po’! E perché?» chiese la pasticcera. «Perché ce n’avevo fin sopra i capelli! Mi sono scocciato di sentirmi che cosa devo fare e come. Non so per quale ragione sia così, però tutto quello che vogliono che io faccia, non mi piace, mentre le cose che mi sono proibite, guarda un po’… mi piace farle! Roba da pazzi! Ieri ad esempio volevo visitare il mondo degli esseri umani e ho pregato mio padre di lasciarmi venire nella vostra città per alcuni giorni, ma lui si è subito infuriato! “E cosa cercherai nel mondo degli uomini?” mi ha detto “non puoi invece metterti a fare qualcosa di più utile come, per esempio, condurre una spedizione esplorativa al Lago delle Rane, oppure iscriverti a un corso di giardinaggio?”. E così ho deciso di far fagotto, dato che…» «Ma guarda un po’! Che linguaggio stai usando!» lo interruppe la signorina Anna «che cosa vuol dire “mi sono scocciato”, “faccio fagotto”? Non è per niente bello parlare


in questa maniera! Su, per cortesia, parla come una persona… ehm… volevo dire, come uno scarabeo beneducato!» «Ci risiamo!» sospirò con noia lo scarabeuccio «ma è mai possibile che non ci sia in questo mondo un posto dove una persona… e va bene, volevo dire uno scarabeo possa fare quello che vuole senza che lo rimproverino immediatamente?» «Non c’è!» borbottò la pasticcera «e anche se c’è da qualche parte, non è qui! A proposito, come ti chiami?» «Ma per quale ragione ti dovrei dire il mio nome? Guarda un po’, questa cicciona! Adesso m’impone anche di dire il nome!» «Senti un po’!» mise minacciosamente le mani ai fianchi la pasticcera «se ti permetti ancora di chiamarmi cicciona, ti manderò fuori senza starci a pensare! Ancora una cosa: dato che sei venuto nella mia pasticceria e mangi le mie colazioni, dovresti comportarti cortesemente, hai capito! Altrimenti, vattene subito!» Le guance paffute della pasticcera erano diventate rosse di rabbia. All’ospite non invitato fu chiaro che sarebbe stata capace di mettere in atto la minaccia. “Devo stare attento con lei!” pensò lo scarabeuccio.


Era stanchissimo per il suo lungo viaggio attraverso la città e non voleva in nessun caso andare a finire di nuovo sulla strada. E poi quella donna grossa, cinta con un grembiule bianco, gli incuteva un particolare rispetto. «Va bene, scusa!» pronunciò lui e aggiunse «venendo in qua ho sentito certi ragazzi parlare tra loro, e quindi ho pensato che nel vostro mondo tutti parlassero così. Io posso comportarmi decentemente, vedrai! Tra l’altro non ho mangiato le tue colazioni, non sono così sfacciato.» «Bene!» lo guardò con un po’ più di benevolenza la donna, e lo mise con cautela sul banco di vendita in una scatoletta poco profonda di cartone. «Qui ti sentirai bene!» disse lei «i ragazzi che hai incontrato saranno stati di certo dei piccoli delinquenti. Ma dato che tu sei nuovo di qui e quindi tutto ti è sconosciuto, sei perdonato. Hai fame?» «Be’ sì!» I suoi occhietti brillarono golosamente «sto morendo di fame!» La signorina Anna spezzò un pezzettino di pasta sfoglia ripiena di formaggio e lo mise presso di lui, nella scatoletta. «Che ti sia gradita! Mangia un po’ che io devo andare a lavorare. Ci siamo messi a parlare noi due, mentre la gente arriverà presto.» «Beo!» borbottò lo scarabeuccio con la bocca piena.


«Che cosa?» La signorina Anna lo guardò con perplessità. «Il mio nome è Beo. Lo volevi sapere, no? A proposito, per essere davvero preciso, io sono Sua Altezza Beo Terzo.» «Che cosa hai detto? Sei sua… che cosa?» «Sua Altezza. Io sono il figlio del re degli scarabei, Scarabeone Sesto.» «Guarda un po’!» batté le mani la pasticcera «allora tu sei…» «Esatto!» annuì in modo dignitoso lo scarabeuccio «io sono un principe!» e continuò imperturbabilmente a masticare, mentre la signorina Anna schioccava sbalordita la lingua e scrollava la testa. «Che cosa sono venuta a sapere!» sospirò lei «solo ieri chi l’avrebbe detto che mi sarebbe capitato di conoscere uno scarabeo parlante, e non uno qualunque, proprio l’erede al trono del regno degli scarabei!» «Noi tutti sappiamo parlare» si fece sentire Beo «solo che non vogliamo discorrere con la gente, perché loro sono molto altezzosi e stupidi! Soltanto alcuni di loro però…» aggiunse, capendo che la donna avrebbe potuto offendersi. «Su, basta chiacchiere!» scosse la testa la signorina Anna, e uscì per sollevare la grande serranda di lamiera che copriva la vetrina della pasticceria.


Alcuni signori e signore, giunti da prima, stavano aspettando lì fuori, battendo con impazienza i piedi e guardando con inquietudine i loro orologi. Probabilmente avevano paura di fare tardi al lavoro. «Scusatemi di aver fatto tardi stamattina! Vi servirò subito!» La pasticcera sì sbrigò, e dopo soli cinque minuti ognuno riprese la propria strada con una calda colazione in mano. «Eh sì! Come dice il proverbio, “orso affamato non balla”. Quando la gente ha fame non si perde in chiacchiere, non è vero Beo?» Dalla scatoletta di cartone, sopra il banco, invece di una risposta, si sentì un lieve rumore come se qualcuno russasse. Dopo aver mangiato, stanco morto per tante avventure, il piccolo Beo si era addormentato come un sasso. «Sua Altezza…» sorrise la signorina Anna e sospirando si mise a sedere sulla sedia scorticata per attendere i prossimi clienti.



Beo strofina il suo baffo sinistro A un certo momento un terribile baccano svegliò Beo e lui stralunò gli occhi con aria assonnata. Di che chiasso si trattava? Una decina di ragazzine e ragazzini, come se buttati giù da un autocarro ribaltabile nella pasticceria, si spingevano uno contro l’altro col desiderio di arrivare al bancone e gridavano in tale maniera che chiunque avrebbe provato il desiderio di tapparsi le orecchie con le dita. Invano la signorina Anna tentava di gridare più forte di tutti e di indurre qualche ordine. Nessuno faceva caso alle sue parole. Ogni monello tendeva le manine, stringendo le monetine preparate per la colazione che aveva scelto e voleva essere servito per primo. D’un tratto una vocina tenue si alzò sopra le altre: «Ehi, banda di strilloni! Fate più piano!» Tutti per un attimo si azzittirono e si scambiarono occhiate. Nella pasticceria non si vedeva nessun altro oltre alla signorina Anna, ma questa non era la sua voce. E poi lei in nessun caso li avrebbe nominati “banda di strilloni”.


«Banda di scimmie strillanti!» si sentì di nuovo. I ragazzi si scambiarono delle occhiate «Zia, c’è qualcuno da te?» chiese timidamente un ragazzino un po’ magro. «No, non c’è nessuno» mentì la pasticcera diventando tutta rossa e facendo segni allo scarabeuccio di stare zitto. «Ma allora chi parla così?» In quel momento Beo uscì dalla scatoletta e strisciò in fretta sul banco di vendita, fingendo di non aver visto i segni che gli faceva la signorina Anna. «Ve lo faccio capire io chi sta parlando!» minacciò lui, muovendo con rabbia i suoi baffi neri. Finalmente i bambini capirono da dove veniva quella voce misteriosa e circondarono lo scarabeuccio con occhi scintillanti di curiosità. «Guarda un po’! Si vede che davvero sta parlando!» sussurravano emozionati. «E com’è che ce lo faresti capire, piccolo insetto? Se qualcuno vuole vederti, bisogna che si metta gli occhiali…» sorrise con tono beffardo un ragazzo grasso con orecchie grandi e guance rosse. «Eh, non tutti possono essere enormi come le tue orecchie!» strizzò l’occhio con sguardo espressivo ai bambini e loro scoppiarono a ridere.


Il cicciottello diventò rosso e si mise a procedere lento strisciando i piedi verso lo scarabeo. «Ehi tu, sai che solo volendo, ti potrei schiacciare proprio così!» e fece vedere con il pollice in che modo avrebbe potuto schiacciare lo scarabeuccio. «Ah sì? Tu invece sai che solo strofinando il mio baffo sinistro, ti potrei far diventare più minuto di me?!» «Ma sì, come no!» lo derideva il ragazzo con le orecchie enormi «è mica possibile che esista una cosa più minuta da te!» Senza aggiungere altro, Beo strofinò con il piede il suo baffo sinistro e tutti i ragazzi rimasero a bocca aperta, dato che in quell’attimo il ragazzo grasso sparì alla loro vista. In effetti non era sparito del tutto, si era ridotto alle misure di una piccola formica e strisciava giù intorno ai loro piedi insieme ad altri insetti. La signorina Anna, che fino a quel momento aveva osservato silenziosamente ciò che stava accadendo, non resistette più e saltò da dietro al banco di vendita. «Che cosa hai fatto al bambino?» si rivolse a Beo con le mani ai fianchi «spiegami subito dove è andato a finire!» «È qui, è qui! In verità non è mai sparito!» si affrettò a spiegare lui « l’ho solo fatto rimpicciolire un po’.» «E adesso? Voglio che tu lo ingrandisca immediatamente!» gridò tutta arrabbiata la signorina Anna.


«Va bene! Lo faccio subito! Ma guarda un po’, una tale angoscia per un asino dalle orecchie penzolanti…» Lo scarabeuccio strofinò di nuovo il suo baffo sinistro, dopodiché il ragazzo con le orecchie grandi tornò ad assumere le sue misure normali. Lui si era impietrito della paura e muoveva soltanto gli occhi in maniera ridicola, da tutte le parti. Infine fuggì giù per la via, senza volgersi indietro nemmeno una volta. Tutti i bambini se ne stavano zitti, stupefatti nell’accaduto, e non osavano muoversi. In quel momento si diffuse il suono rauco di campanello della scuola. La ricreazione era finita, e loro filarono verso la scuola per due, per tre, gettando un’occhiata timorosa dietro di loro, come se avessero paura che quest’insolito scarabeuccio li seguisse per rimpicciolire anche loro. «Hai visto che cosa è successo!» la signorina Anna cominciò a sfregarsi le mani «i miei dolci e i miei salatini non sono stati venduti! Che cosa farò con un tale numero di torte salate? I ragazzi se ne sono andati affamati senza colazione e la colpa è tutta tua!» La povera donna era così sconvolta che le veniva da piangere. Beo si mise confusamente a raspare con il gambetto sul banco di vendita e non sapeva più cosa rispondere. Quello che è giusto, è giusto. Lui aveva colpa di


tutto quel pasticcio e toccava a lui aggiustare le cose in qualche modo. «Signorina Anna, sai che se io, all’inizio, strofino il mio baffo sinistro e poi quello destro…» incominciò lui. «Non osare!» battè con un piede la pasticcera «basta con questi tuoi baffi, perché te li strappo, sappilo! Guarda di non toccarli più! Esco per un’ora e quando torno, voglio trovare tutto così come l’ho lasciato! Niente bambini rimpiccioliti, niente trucchi o sono guai! Chiaro?» Si levò il grembiule, lo gettò sulla spalliera della sedia, e senza aspettare risposta uscì sbattendo dietro di sé la porta. Lo scarabeuccio sospirò desolato. Non voleva né causare grattacapi alla buona donna, né spaventare in tal modo i bambini, però qualche diavoletto dentro di lui gli faceva sempre combinare dei guai. Dato che aveva un buon cuore, a Beo dispiaceva tanto dei malanni fatti. Strisciò sotto la porta e fissò lo sguardo verso la scuola. Doveva inventare qualcosa. In quel momento presso la pasticceria passò una piccolissima bambina con un corto vestitino rosso e a Beo venne in un’idea. «Ehi, marmocchia!» emise un grido dietro alla piccolina. La bambina si fermò e si guardò intorno.


«Qui, in questa direzione!» gridò di nuovo lo scarabeuccio mentre pensava fra sé che era una fortuna che la signorina Anna, uscendo, non avesse chiuso a chiave la porta. «Di qua, eccomi sulla soglia della porta! Vieni che ti devo chiedere qualcosa!» La ragazzina si avvicinò presa dalla curiosità e si mise a osservare Beo con la bocca spalancata per la meraviglia. «Perché non sei a scuola?» chiese lo scarabeuccio. «Pelché sono ancola piccola. L’anno plossimo falò la plima elementale.» «E come ti chiami?» «Maia.» «Maia, dimmi adesso, mi aiuteresti a fare un lavoro?» «Che lavolo?» «Be’, di mettere, ecco, in questa cesta un po’ delle colazioni. Poi portarle ai bambini della scuola.» Maia pensò un po’. «E tu che cosa mi dalesti?» chiese lei, socchiudendo gli occhi contro il sole. «Vediamo un po’!» Beo si grattò la testa pensierosamente «ti piacciono i cornetti al cioccolato?» «Non mi piacciono!» la bambina girò la sua bionda testolina. «Ma guarda un po’, per la prima volta vedo una bambina a cui non piacciono i cornetti al cioccolato. E le torte salate?»


«No!» si accigliò Maia. «Ah sì? Allora che cosa ti piace mangiare di più?» «Il gelato!» «Ma guarda un po’… gelato!» Lo scarabeuccio di nuovo si grattò la testa. Nella pasticceria non si trovava del gelato, ma nonostante questo lui poteva far comparire nella mano di Maia il gelato più gustoso che fosse mai esistito al mondo. Era sufficiente grattarsi con il piede il baffo destro, e pronunciare la parolina magica. Aveva promesso però alla signorina Anna di non fare cose simili e non voleva rompere la sua promessa. La bambina fece cenno di andarsene. «Aspetta! Aspetta un po’!» la fermò Beo «e una gomma di masticare non la vuoi?» «Sì, la voglio!» fece un cenno di consenso la bambina. «Va bene, vieni a sceglierti quella che vuoi!» Maia entrò nella pasticceria e gettò lo sguardo sulle scatolette variopinte ordinate nella vetrina. «Posso avelne due?» chiese lei. «Certo!» sorrise Beo. «Va bene!» fece un cenno di consenso Maia «ti aiutelò a fale quel lavolo.» Scelse due gomme da masticare, dopodiché cominciò a mettere vari tipi di colazione in una cesta tessuta, fino a


colmarla completamente. Poi la coprì con un tovagliolo pulito e infine mise attentamente nella tasca del suo abitino lo stesso Beo. «Tu porta il cestino, mentre io da qua ti suggerirò che cosa dovrai fare quando arriveremo» si sentì da dentro. «D’accoldo!» La bambina girò la gran chiave di ferro nella serratura, la lasciò cadere nell’altra tasca dove stavano le gomme e mentre teneva con due mani il cesto colmo, si avviò verso la scuola.



Beo porta le colazioni Nella prima aula gli scolari stavano assistendo alla lezione di matematica e proprio quando stavano risolvendo un problema difficile, Maia bussò alla porta. «Avanti!» gridò la maestra guardando sopra gli occhiali per vedere chi fosse. La porta si aprì e si vide la testolina bionda di Maia. «Buongiolno!» suonò la sua vocina «signorina, potlei poltale ai bambini queste gustose colazioni, pelché…» s’inceppò e guardò verso la sua taschina, dalla quale arrivò al suo orecchio il suggerimento sommesso di Beo. La bambina cominciò a ripetere dopo di lui: «Pelché un cattivo scalabeuccio oggi ha fatto sì che lolo limanesselo affamati.» La maestra, che in effetti era una signora molto gentile, sorrise, tolse gli occhiali e disse: «Su, va bene, mia piccola! Non ho capito molto di quello che mi hai detto, in ogni caso penso che non vi sia niente di male nel portare queste colazioni. Ti prego però di farlo in maniera più veloce che puoi, dato che noi qui abbiamo un lavoro molto importante da compiere.»


Maia annuì e si mise a camminare di banco in banco, rivolgendosi a ogni bambino con le parole: «Allo scalabeuccio dispiace tanto pel quello che ha fatto stamattina e plomette che non falà mai più così!» I bambini si animarono. Loro porgevano i soldini per le colazioni ed emozionati sussurravano tra di loro. Tutti desideravano che le lezioni finissero il più presto possibile, per correre alla pasticceria e vedere di nuovo il miracoloso scarabeo parlante. La loro paura, in fin dei conti, aveva ceduto posto alla curiosità. Soprattutto avevano ricevuto la promessa che “lui non falà più così”. Nell’aula successiva gli scolari avevano una lezione di musica. Tutti cantavano la canzoncina del coniglietto che in nessun caso era ubbidiente. Ecco perché nessuno sentì, quando Maia bussò. Lei aprì la porta e si avvicinò alla cattedra dove, misurando il ritmo con la mano, se ne stava seduta la maestra di musica. Questa signora, però non era gentile come quella precedente. «Cosa c’è?» disse aggrottando le sopracciglia tenui come un filo «perché interrompi la mia ora bimba?» Maia si confuse e si mise a procedere lentamente, titubante. «Io… posso… distlibuile queste colazioni pel favole?» pronunciò timidamente.


«Che cosa?» alzò la voce la maestra «ma stai scherzando? Di quali stupidaggini si tratta? Su, esci immediatamente dalla classe!» Il suo dito lungo e macilento mostrò la porta. Maia era pronta a mettersi a piangere. In questo momento si sentì la vocina litigiosa di Beo: «Invece, secondo me, è meglio che sia tu ad abbandonare la stanza, così non ci disturbi più con il tuo canto falso!» La maestra sobbalzò al suo posto, piena di sdegno. «Ma che educazione è questa!» urlò, pensando di parlare con Maia «come osi tenere un tono simile!» «E tu come osi comportarti in questo modo con una bambina piccola, non ti hanno insegnato le buone maniere?» Il viso della maestra, dalla rabbia, diventò rosso come un ragno bollito. «Vado a chiamare il direttore!» sibilò e si precipitò fuori. «Agisci in modo giusto!» gridò dietro di lei Beo che si era tirato fuori dal suo nascondiglio ed era strisciato sul cesto. «Si deve agire così!» aggiunse «altrimenti per quale ragione esisterebbero i direttori, se nessuno li chiama per un motivo o l’altro?»


Tutti si alzarono dai banchi e si raccolsero intorno a lui. Quelli più coraggiosi perfino allungarono le mani per accarezzare il suo lucido dorso. «Avete visto che non sono così spaventoso!» sorrise Beo sotto i baffi «divento cattivo solo nei momenti nei quali mi fanno arrabbiare tanto! Come stamattina, per esempio, però questo non succederà più, parola d’onore di uno scarabeo! Su, prendete velocemente le vostre colazioni, prima che torni la signorina “Macheducazione”!» Nell’ultima stanza c’era una lezione di scrittura. Maia chiese gentilmente il permesso di distribuire le colazioni ai bambini e la signora anziana, che dettava un certo testo da un grosso libro, fece un cenno d’approvazione. In linea di massima qui tutto filò liscio e in modo tranquillo. Solo all’ultimo banco della seconda fila successe un piccolo incidente. Lì sedeva il ragazzo rimpicciolito da Beo quella stessa mattina. Lui minacciosamente chiuse il pugno davanti al viso di Maia, appena capì di che cosa si trattava. «Dì a quell’insetto che se mi capita a tiro, lo pesto!» In quel momento Beo si fece vedere dalla tasca di Maia, muovendo con stizza i suoi baffi neri. Vedendolo, il ragazzo diventò pallido, e tutto spaventato si rannicchiò sul suo banco. Non avevano più nessun problema. Il lavoro era stato fatto e quando i due abbandonarono l’edificio della scuola, il


fondo della cesta era coperto da luccicanti monetine. Si avviarono lungo la strada. Dalla finestra aperta, al primo piano, si sentivano ancora le esclamazioni indignate della maestra di musica: «Come è possibile tutto questo, di che educazione si sta parlando!?» La signorina Anna non era ancora ritornata quando arrivarono alla pasticceria. Maia aprì con la chiave la porta, mise la cesta sulla sedia e mentre lo scarabeuccio nella scatoletta sul banco di vendita. «Ti ringrazio, Maia!» disse lo scarabeuccio «sei una brava bambina! E adesso torna a casa, perché tua madre sicuramente si sta già preoccupando! D’accordo?» «D’accoldo!» La ragazzina tolse dalla sua tasca le gomme, le scartò e se le mise in bocca tutte e due in una sola volta. Poi, coprendo con le mani le sue labbra per poterle masticare, si avviò lungo la via. Di tanto in tanto si volgeva indietro e agitava la mano per un addio. «Vieni di nuovo, quando non hai qualche lavoro più importante da fare!» gridò Beo dietro alla bambina. Lei girò la sua bionda testolina, e non si seppe mai se fosse stato un “sì” oppure un “no”.



Beo tiene una conferenza stampa Proprio mentre il vestitino rosso spariva dietro alla curva, si sentirono dei passi e nella pasticceria, tutta ansimante, entrò la signorina Anna. Il suo primo lavoro fu di assicurarsi che tutto fosse a posto; però, quando vide le teglie mezze vuote, il suo cuore si allarmò. «Che cosa hai fatto di nuovo, dove sono i dolci?» chiese lei. «Li ho venduti.» «Ma su! Non me la fai in questa maniera!» «Davvero li ho venduti!» ripeté lo scarabeuccio «guarda nel cesto che sta sulla sedia!» La pasticcera gettò uno sguardo e rimase meravigliata. Non poteva credere ai propri occhi; lì dentro era pieno di monete! «Come hai fatto?» si rivolse a Beo. «Segreto!» sorrise lui, ma vedendo il suo viso sbalordito le raccontò tutta la storia. «Ma guarda un po’ che cosa hai inventato, furbo che sei!» s’intenerì la signorina Anna «va bene, l’importante è che tutto si sia concluso felicemente. Mi sono preoccupata


inutilmente di non poter vendere oggi le colazioni. Meriti un premio!» Staccò un pezzo di cornetto alla cioccolata e lo scarabeuccio lo inghiottì con piacere. Durante la parte rimanente del giorno non successe niente di particolare, eccetto il fatto che i bambini vennero dopo la scuola per vedere Beo e per fare due chiacchiere con lui. Per non disturbare la signorina Anna, presero il piccolo amico e andarono nel parco vicino, dove lui tenne una specie di conferenza stampa. Gli fecero qualsiasi tipo di domanda. Per esempio, alcuni volevano sapere se i piccoli scarabei andavano a scuola, altri invece s’interessavano per sapere se nella Scarabelandia, così si chiamava il regno degli scarabei, si festeggiasse il Capodanno e si ornasse l’albero di Natale e così via. Beo rispondeva di buona lena. Risultò che lui stesso faceva la seconda elementare nella scuola degli scarabei e che era un bravo allievo. Solo che lì non si mettevano voti, ma si davano delle pietrine. Per voti insufficienti davano delle pietrine normali, per quelli ottimi pietrine preziose. «Ormai ho raccolto un intero mucchio di diamanti!» si pavoneggiò Beo.» «Ma guarda un po’!» esclamò un ragazzino «sicuramente quando diventerai grande ti comprerai una formidabile automobile! Per esempio l’ultimo modello Mercedes.»


«Vediamo!» disse lo scarabeuccio «sarebbe possibile, però io ho le ali con le quali posso volare e quindi non vedo una particolare necessità di avere un’automobile…» «Beo, e tu che cosa diventerai, quando sarai grande?» «Diventerò un re!» rispose Beo e tutti i bambini si misero a ridere, perché credevano che lui scherzasse. «E nella Scarabelandia avete dei giochi via computer?» chiese un altro bambino. «Non ne abbiamo» disse lo scarabeuccio «abbiamo però delle sale di magia, dove impariamo diverse pratiche magiche.» «Come quella di aver fatto rimpicciolire il ciccione?» «Quella e tante altre.» I bambini lo pregarono di mostrar loro qualcosa di magico. «Va bene, guardate allora!» Lui strofinò il suo baffo destro. All’improvviso nella mano di ogni bambino apparve un enorme gelato. «Ah!» esclamarono tutti. «Possiamo mangiarlo?» chiese uno dei bambini. «Vedi piccolo, non mi viene nient’altro in mente, oltre al fatto di poterlo mangiare» disse Beo «però se qualcuno vuole, lo potrebbe solo guardare…» Certo che nessuno voleva solo contemplare il proprio gelato. Ognuno s’impegnò diligentemente con la deliziosa


ghiottoneria. Ma che miracolo! Quanto più ne mangiavano, tanto più i gelati tornavano immensi, come se nessuno stesse leccandoli. «Mia mamma ha detto che non dovrei mangiare tanti gelati perché mi fanno male alla pancia» si fece sentire una ragazzina. «Sicuramente ti farà male, quando si tratta di un gelato normale, ma questo non lo è. Di questo puoi mangiarne quanto vuoi» disse Beo. Passò tanto tempo prima che i bambini dicessero finalmente che si erano saziati e non ne volevano più. Allora lo scarabeuccio strofinò di nuovo il suo baffo sinistro e i gelati sparirono. Dopodiché raccontò loro di tutte le cose magiche che avrebbero potuto vedere a Scarabelandia. «Guarda un po’! Deve essere molto interessante da voi!» disse tutta immersa nei sogni una ragazzina riccioluta «come vorrei poter vedere queste cose…» «Non c’è problema!» la calmò lui «quando ci sarà vacanza, vi porterò in gita fino a Scarabelandia. Però è indispensabile che prima io vi faccia rimpicciolire, dato che altrimenti non c’è modo di farvi venire con me, nevvero?» «Urrà!» gridarono i bambini, e si misero a saltellare di gioia, sapendo che li aspettava una miracolosa avventura.


Dopo aver riportato al chiosco lo scarabeuccio, ancora a lungo girarono intorno alla pasticceria e animatamente esaminarono le particolarità dell’imminente viaggio avventuroso. La vacanze sarebbero cominciate entro pochi giorni, e per quel momento tutto doveva essere pronto. La cosa più difficile sarebbe stato convincere i propri genitori a lasciarli partire. Solo nel tardo pomeriggio, quando la signorina Anna doveva ormai chiudere, i ragazzini tornarono alle proprie case. Durante quella notte si rigirarono a lungo nei loro lettini e non riuscirono ad addormentarsi. «È giunta l’ora di andarsene, Beo» disse la pasticcera, dopo aver fatto scendere la saracinesca. «Ma veramente tu mi porteresti con te? Non mi lascerai qui, durante la notte?» chiese lo scarabeuccio. «Perché? Hai qualcosa in contrario?» «No, è solo che non mi aspettavo che tu mi avresti portato a casa. In fin dei conti sono solo uno scarabeuccio…» La signorina Anna sorrise e accarezzò con l’indice il suo piccolo dorso vellutato. «Davvero hai pensato che ti avrei lasciato qui da solo?» disse lei «in primo luogo tu potresti sembrare un monello, ma in realtà hai un buon cuore, e in secondo luogo non sei uno scarabeuccio qualsiasi. Non è così… Vostra Altezza?»


La pasticcera, che in effetti non credeva che Beo fosse davvero un principe ma riteneva che lui semplicemente si fosse inventato tutto, fece un inchino semischerzoso e aggiunse: «Su, non perdiamo più tempo!» Mise attentamente nella sua borsa la scatola di cartone con dentro lo scarabeuccio, chiuse a chiave la pasticceria e si avviò verso casa.


Beo ospitato dalla signorina Anna Risultò che la signorina Anna viveva in una piccola cameretta affittata in una soffitta. Il padrone di casa era una persona macilenta, maligna, che viveva al primo piano di un edificio di quattro piani e che sempre attendeva gli inquilini alle scale, per vedere se per caso non fossero accompagnati da ospiti. Nel suo edificio ciò era assolutamente proibito. Dato che non si occupava di niente e aveva a disposizione tanto tempo libero, per l’intera giornata lui andava di porta in porta e origliava, per sapere se per caso qualcuno si fosse introdotto a sua insaputa. Ecco perché, avvicinandosi, la signorina Anna avvisò Beo di star zitto. Lei si guardò intorno quando s’introdusse nell’atrio e, dato che non vi era nessuno, s’avviò su per le scale. Però non aveva risalito che la metà dei gradini quando la porta del padrone di casa cigolò, e da dietro si sentì la sua voce roca e sgradevole: «Ah, signorina Anna, è lei?! Ha fatto presto a vendere le sue colazioni oggi. Brava, brava!» sogghignò il padrone con la mano sulla bocca.


Nonostante l’apparente gentilezza, la pasticcera sapeva che quell’uomo gobbo, con gli occhi luccicanti sotto le sopracciglia spettinate, aveva un cuore freddo e senza anima. «Buona sera, signore!» salutò lei con disgusto e si affrettò di sopra. «Perché non passa per un attimo da me, le offro un tè e facciamo due chiacchiere come buoni vicini!» la raggiunse la sua vocina unta. La pasticcera fece finta di non sentire e continuò a salire. «E niente gente estranea, signorina, siamo d’accordo, no?!» gridò arrabbiato dietro di lei il padrone di casa e poi mormorò sotto il suo naso: «Se cominciamo a trascinare qui persone diverse, mi guasteranno la mia bella casa!» «Ma che persona terribile!» sospirò la signorina Anna quando finalmente entrò nella sua stanzetta e chiuse la porta dietro di sé. Dopodiché tirò fuori Beo dalla sua borsa e lo mise sulla credenza. «Eh, benvenuto! Ti pregherei solo di parlare piano, per non farci sentire dal padrone di casa» disse lei con la voce bassa. «Ma sai, io questo padrone di casa lo farei parlare piano fino alla fine dei suoi giorni, però non è arrivato ancora il


momento adatto!» le rispose Beo, anche lui sottovoce, poi si guardò intorno. L’arredamento era assai modesto, però tutto era pulito e gradevole. La signorina Anna si era adoperata per rendere accogliente la sua stanzetta coprendo la tavola con un bel pizzo e un vaso di porcellana pieno di margherite fresche. Sulla finestra erano appese belle tendine variopinte, mentre in uno degli angoli se ne stava modestamente un immenso, vecchio televisore di quelli ancora in bianco e nero. «Funziona?» chiese Beo. «Sì, funziona, però è vecchio.» «Non ha importanza. Lo accendi?» La signorina Anna premette un bottone e dopo un po’ il televisore si mise a funzionare. Davano un filmetto per bambini e lo scarabeuccio si mise a guardarlo. «Anna, ma tu vivi qui da sola?» chiese dopo un po’ lo scarabeuccio. «Sì.» «E non hai proprio nessuno?» «No, Beo, non ho nessuno.» «Non hai mai pensato di sposare qualche buon uomo e di toglierti da questo posto?» La pasticcera sorrise un po’ tristemente e sospirò:


«Come dirtelo, non è che io non abbia voluto farlo; però, come tu personalmente hai notato, io in fin dei conti sono una cicciottella e, mio malgrado, a nessuno piacciono le donne grasse.» «Non è vero! Tu mi piaci!» si oppose lo scarabeuccio. La signorina Anna chinò soltanto un poco la testa e si mise a preparare qualcosa per la cena. «Ho provato qualsiasi cosa per dimagrire, ma niente.» disse lei sbucciando una patata. «Ma in effetti, sai qual è il mio desiderio?» si fece sentire dopo un po’ «vivere in una casetta bianca, nel cortile della quale ci sia un negozio dove di giorno io possa lavorare, mentre la sera, sotto la finestra aperta della mia stanza, uno spasimante segreto suoni il violino per me. Oh!» sospirò la pasticcera «sarei tanto felice se tutto questo potesse accadere!» Lo scarabeuccio si commosse fino alle lacrime. Se fosse stato possibile, in quello stesso istante avrebbe abbracciato la buona donna, però era così piccolino, mentre lei davvero era assai cicciona. Dopo aver cenato la pasticcera lavò i piatti e disse: «Mi sembra che sia giusto, in fin dei conti, che tu ritorni a casa tua, ragazzo mio. Chissà i tuoi genitori, quanto si preoccupano per te!»


«Ma io ho lasciato un bigliettino quando sono partito affinché loro non si preoccupassero. Ti prego, fa’ che io rimanga da te almeno qualche giorno! Ti prometto di comportarmi come si deve e di non fare stupidaggini! Qui è così interessante e diverso, che non ho proprio voglia di andarmene a casa!» «Va bene!» acconsentì la signorina Anna «a dir la verità anch’io vorrei che tu rimanessi un po’, dato che così avrò un po’ di compagnia. Però, a mio avviso, sarebbe giusto scrivere una lettera ai tuoi per far sapere che tu stai bene.» «La scriverò, però avrò bisogno di succo di mirtilli» disse Beo «noi lo usiamo come inchiostro.» Fortunatamente la signorina Anna aveva del succo di mirtilli in una bottiglia. Ne versò un po’ in un coperchietto e tagliò un pezzo di carta. Lo scarabeuccio intinse il proprio piedino e si mise a scrivere. Alla fine lesse a voce alta quello che aveva scritto. Miei cari, mamma e babbo, Loro Maestà! Vi scrivo la presente con la quale vi comunico che io, Sua Altezza Beo Terzo, sto bene. Al momento vivo presso da una donna eccezionalmente buona e gentile ‐ a questo punto la signorina Anna diventò rossa e agitò la mano ‐ e ho intenzione di stare un po’ da lei. Spero che le Loro Maestà non siano arrabbiate tanto con me


per il fatto che io ho abbandonato il regno a loro insaputa e senza la loro benedizione. Ciononostante ci sono delle cose che uno scarabeuccio dovrebbe fare nella sua vita. Io davvero ritengo che per me, in veste di futuro sovrano di Scarabelandia, sia giusto conoscere il mondo degli uomini. Con affetto, vostro figlio Beo! «Fatto!» sospirò tutto contento, lo scarabeuccio «non rimane altro che, domattina, volare fino al parco sotto la collina e portarla al nostro postino. Un vecchio scarabeo porta la posta. Glielo darò e tornerò subito indietro.» «Vuoi che la porti io?» chiese la pasticcera «mi dici dove trovare quel postino e io ci andrò.» «No, no, tu devi aprire la pasticceria la mattina presto e non avrai tempo per queste cose, per me invece sarà un nonnulla.» Quella sera, prima di andare a letto, i due chiacchierarono a lungo, ovviamente a voce bassa per non farsi sentire dal padrone di casa. Dopo si augurarono la buonanotte e la signorina Anna spense la luce. Più tardi, nel silenzio sceso della notte, lei disse: «Beo, sai una cosa? Mi mancherai tanto, quando te ne andrai!» La sua voce suonò tristemente.


«Non si sa, può darsi che io non ti manchi poi tanto» sussurrò Beo nel buio «e poi io non ho intenzione di partire presto. Ho da fare qualche lavoretto qui…» FINE ANTEPRIMA CONTINUA…


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