L'orologio del vecchio Farina

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Collana LaVerde Serie BIG‐C Grandi Caratteri

La serie Big‐C, Grandi Caratteri, grazie all’alta leggibilità del carattere utilizzato in stampa e alle sue dimensioni (generalmente 13 o 14), propone testi di agile lettura rivolti in particolare a lettori con problemi visivi (ipovedenti). Assieme a questo libro e fino a esaurimento scorte, viene dato in omaggio un audiolibro su CD (anche di diverso titolo) che permette in particolare a persone non vedenti o con problemi di dislessia, di ascoltare il racconto contenuto anziché leggerlo. Precisiamo che per i lettori con problemi di dislessia sono in commercio pubblicazioni a stampa realizzate con caratteri e accorgimenti particolari, che i libri della nostra serie non utilizzano. Tuttavia, il carattere utilizzato nella serie Big‐C (Candara) si presta comunque molto bene allo scopo. La presente opera è stata realizzata SENZA alcun finanziamento o contributo statale, pubblico o


privato, ma esclusivamente con il capitale della Casa Editrice. Gli audiolibri forniti, offerti in omaggio a scopo promozionale e realizzati in collaborazione con l’Associazione Servizi Culturali, sono narrati da non professionisti dalla voce chiara e gradevole. www.jukebook.it www.labandadelbook.it www.0111edizioni.com


LAURA LOMBARDONI

L’OROLOGIO DEL VECCHIO FARINA

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www.0111edizioni.com www.labandadelbook.it L’OROLOGIO DEL VECCHIO FARINA Copyright © 2012 Zerounoundici Edizioni ISBN: 978‐88‐6307‐443‐7 In copertina: immagine Shutterstock.com Prima edizione Luglio 2012 Stampato in Italia da Logo srl Borgoricco ‐ Padova


Esiste un grande eppur quotidiano mistero. Tutti gli uomini ne partecipano ma pochissimi si fermano a rifletterci. Quasi tutti si limitano a prenderlo come viene e non se ne meravigliano affatto. Questo mistero è il tempo. Esistono calendari ed orologi per misurarlo, misure di ben poco significato, perché tutti sappiamo che talvolta un'unica ora ci può sembrare un'eternità, ed un'altra invece passa in un attimo... dipende da quel che viviamo in quell'ora. Perché il tempo è vita. E la vita dimora nel cuore. MichaelEnde "Momo"



Atreyu: Perché Fantasia muore? Gmork: Perché la gente ha rinunciato a sperare. E dimentica i propri sogni. Così il Nulla dilaga. Atreyu: Che cos'è questo NULLA? Gmork: È il vuoto che ci circonda. È la disperazione che distrugge il mondo, e io ho fatto in modo di aiutarlo. Atreyu: Ma perché!? Gmork: Perché è più facile dominare chi non crede in niente ed è questo il modo più sicuro di conquistare il potere. MichaelEnde "La storia infinita"



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CAPITAN SINGHIOZZO Era appena passata la mezzanotte e il grande orologio a pendolo esposto nell’atrio aveva scoccato i soliti dodici rintocchi quando Gianni si svegliò. Dal piano di sotto provenivano strani rumori: fruscii, voci confuse che bisbigliavano. Certo dovevano essere mamma e papà, oppure il nonno che faceva uno spuntino in cucina ma ormai era sveglio e decise di andare a controllare. Si incamminò in punta di piedi verso le scale. Riuscì a intravedere dalla porta socchiusa i suoi genitori che dormivano ma il letto della camera del nonno era vuoto. Scese le scale e giunse nell’atrio,avanzando piano nella penombra per non farsi male.La sola cosa che riusciva a distinguere era l’orologio a pendolo in fondo all’ingresso e si


10 mosse per raggiungerlo. Fece un passo. Un altro passo. All’improvviso sentì un rumore più forte e sgranò gli occhi. Proprio accanto all’orologio scorse tre figure scure rischiarate appena dalla luce della luna che filtrava da una finestra. «Hic!»Un singhiozzo ruppe il silenzio. Gianni voltò la testa di scatto come se temesse che il rumore potesse svegliare i genitori ma nulla si mosse. Il suo respiro si fece affannoso e il cuore prese a battergli all'impazzata. Con un filo di voce provò a dire: «Chi è?» Appena aprì bocca, le tre figure si agitarono: una scomparve veloce lungo il corridoio mainciampò nel tappeto e ruzzolò a terra facendo un gran baccano, l’altra sgattaiolò via veloce, mentre la terza rimase immobile. Gianni si avvicinò e riuscì finalmente a riconoscerein quella sagoma nonno Farina. Tutti chiamavano il nonno così perché aveva i capelli, barba e baffi bianchi, come la farina.


11 «Ciao nonno» disse Gianni tranquillizzatosi. «Cosa fai in piedi a quest'ora?» «Sono sceso a fare uno spuntino. Non riuscivo a dormire.» «Chi c'era qui con te?» Farina rispose facendo spallucce: «Ero solo.» Ma Gianni era sicuro di avere visto quelle strane figure. «Non è vero, non eri solo. Eravate in tre lì vicino all’orologio e gli altri sono scappati, uno è persino inciampato. L’ho visto!» «Non essere sciocco» rispose nonno Farina «sei ancora mezzo addormentato. Andiamo in cucina e ci prepariamo una tazza di latte, vuoi?» «Sì, nonno.» Ma Gianni non credeva a quella storia. Qualcuno c’era ed era deciso a scoprire chi. Il giorno seguente lui e il nonno si comportarono come se nulla fosse accaduto ma Gianni stava già


12 escogitando un piano per saperne di più. Arrivò la sera e poi la notte. Erano quasi le dodici e il ragazzo si mise in fondo alle scale, ben nascosto, ad aspettare. Gianni era un bambino di nove anni. Aveva degli occhi grandi, vispi e furbi e delle gambe così veloci che gli permettevano di correre più veloce di tutti i suoi amici. Non aveva paura di niente o almeno così era solito dire, ma proprio le sue gambe in quel momento tremavano come foglie. Suonarono le dodici. Niente. Ecco il nonno scendere le scale. Gli passò così vicino che dovette trattenere il respiro per non essere scoperto. Si voltò ed eccole lì, tre ombreche si stagliavano sul muro di fronte. Intravedeva il profilo della lunga barba del nonno e lo sentiva confabulare con un ometto basso e paffuto con solo due ciuffi di capelli in testa. Il terzo era strano: portava dei calzoni stretti e una cintura in vita, un cappello a tesa larga e alla sua sinistra, appesa alla cintura, teneva qualcosa che a Gianni sembrava proprio una spada.


13 “Una spada?” pensò. “Un uomo con una spada in casa mia?” Voleva andare da loro, ma non appena simossei tre svanirono nel nulla. Gianni non trovava il coraggio di scavare a fondo nella faccenda ma venne sopraffatto dalla curiosità e dopo pochi giorni decise di convincere il nonno a dirgli la verità. Un giorno si alzò e si sedette in cucina accanto a Farina e tanto fece e tanto insistette che quest’ultimo decise di raccontare al nipote una storia, la storia del famoso Capitan Singhiozzo. Così si schiarì la voce e cominciò a raccontare. «Non molto tempo fa, in un pezzo di mare tra le Bermuda e le Canarie, viveva su di una grandissima nave un famoso capitano. Era conosciuto e temuto in tutti imari del mondo per il suo indomito coraggio. Affrontava impavido ogni situazione, sconfiggeva


14 valorosi avversari e mostri marini non conoscendo la paura. Per questo era chiamato Capitan Senzapaura. Un giorno uno straniero giunse in città. Aveva un viso stanco incorniciato da capelli lunghi, barba e baffi, con il corpo coperto da un lungo mantello. Si mormorava fosse un pirata anche lui. Volendo mettere alla prova il coraggio del valoroso capitano, gli lanciò una sfida: rubare uno dei coralli dell’albero della maga Khora che viveva su di un’isola sperduta in un castello ricavato da un'enorme conchiglia. L’albero dei coralli cresceva proprio sulla spiaggia dell’isola, di fronte al portone del palazzo della maga. Nessuno era riuscito mai a rubarle un corallo e solo in pochi si erano avventurati sulle sabbie di quell’isola maledetta. Certamente il Capitano non poteva respingere una siffatta sfida, altrimenti avrebbe perso il suo onore e la sua reputazione. Così accettò e partì con il suo valido aiutante Furfa che conosceva da anni e che era diventato ormai il suo più caro amico.


15 Sbarcò di notte sull’isola, sicuro che la strega dormisse. Per non destare sospetti attraccò sul retro dell’isola, dalla parte opposta all’entrata del castello e raggiunse l’altro lato a piedi in poco tempo. Non c’era nessuna guardia poiché i poteri della maga erano sufficienti a tenere a bada un intero esercito. L’unico modo per farla franca era non farsi vedere e fare in modo che la strega non avvertisse in alcun modo la sua presenza. Raggiunta l’entrata del castello si mise a terra e cominciò a strisciare. L’albero si trovava a pochi passi di fronte a lui e lo raggiunse lentamente.Tutto era silenzioso. Il soffio del vento carezzava il viso del capitano. Quando fu ai piedi dell’albero, si alzò in piedi e tese una mano verso l’alto. Tratteneva il respiro. Afferrò un corallo e tirò. Ma in quello stesso istante il fragore di un tuonofece tremare la terra sotto i suoi piedi e l’albero cominciò a muovere i suoi rami. Il capitano stordito e confuso si voltò prima da una parte, poi dall’altra ecominciò a


16 correre all’impazzata verso il mare. Doveva raggiungere la barca al più presto. Dall’interno del castello si udì una voce stridula che feriva gli orecchi:“Chi ha toccato il mio albero. Chi?”. Era Khora che veloce volò dal suo letto fino alla finestra e fece appena in tempo a vedere il Capitano eFurfache si allontanavano tra le onde e il corallo rubato che risplendeva rosso come il fuoco.“Tu, Capitan Senzapaura, me la pagherai!” gridò la strega Khora. “Venti dei sette mari, io vi invoco!Onde del profondo oceano sprigionate le vostre forze! Io ve lo ordino! Inghiottite quella nave tra le acque! Ora!”. «Appena ebbe finito di pronunciare quelle parole un fortissimo vento si alzò. Il mare si gonfiò e le onde si levarono alte come montagne. I fulmini rischiararono tutto il cielo e il vento del disastro portava con sé l’ululato di un branco di lupi. La piccola barca del capitano lottava nella tempesta e Furfa aveva ormai perso il controllo, erano in balia delle onde. Il


17 Capitano allora prese il timone cercando di governare la minuscola barca in un mare furibondo. All’improvviso due muri d’acqua s’innalzarono di fronte a lui e si frantumarono sulla barca portandola a fondo con i suoi passeggeri.» «E il capitano, nonno,e Furfa? Il capitano era vivo vero?» chiese Gianni trepidante. Il nonno non rispose e seguitò a raccontare. «Il mare aveva inghiottito il capitano con Furfa e, una volta che furono scomparsi, la tempesta si placò. Khora era soddisfatta. Il re del mare però che dormiva sereno nel suo castello di perle, fu svegliato da tutto quel frastuono ed era piuttosto infastidito Solo lui aveva il potere di agitare in tal modo il mare e uscì allora in fretta e furia per scoprire cosa fosse accaduto. Si guardò intorno, scrutando le profondità del mare con occhi attenti e a un tratto vide alle sue


18 spalle risplendere due corpi quasi senza vita in una luce rossa, calda, magica.Guardò più attentamente e vide

tra

le

mani

del

capitano

il

corallo

splendente.“Per tutte le sirene! Ma quello è un corallo dell’albero di Khora! Non posso lasciar morire così due giovani che sono riusciti a portare via un tale tesoro.”Detto questo il re del mare se li caricò sulle spalle e nuotò in superficie lasciandoli sulla riva della loro terra. «Capitan Senzapauraaveva accolto la sfida e superato la prova. Depose il corallo nella sua stanza in una sfera di vetro e lasciò vedere a coloro che lo desideravano quello che ormai era diventato il simbolo del suo coraggio. Chi scendeva dalla sua nave, non poteva fare a meno di raccontare la sua storia. Amici ad amici, padri a figli, nonni a nipoti, l’impresa del capitano divenne nota a chiunque avesse orecchi per intenderla.La strega invece, convinta di essersi sbarazzata da tempo dell’invasore,


19 un giorno interrogò il suo corvo Girmondo per sapere cosa stesse accadendo lontano dal suo castello. Il corvo, fedele servitore della strega le raccontò allora la storia che aveva sentito durante i suoi lunghi voli sul mare. La strega pensò inviperita: “Quella canaglia è ancora viva. Deve essere punito, severamente. Devo mandarlo in rovina togliendogli la cosa che ama di più.” Allora comandò al suo corvo: “Girmondo, servo devoto e fedele, va’, vola da Capitan Senzapaura, strappa uno dei suoi capelli e portalo a me.” Il corvo spiegò le ali nere e partì. Volò veloce sopra mari e monti, nella notte più scura e sotto il sole del mattino e infine giunse alla nave di Senzapaura. Il capitano stava ritto in piedi sulla prua della sua nave, mani dietro la schiena e un sorriso compiaciuto sul volto. Socchiuse gli occhi e si godette per un istante la brezza mattutina. Non si accorse che un uccellaccio nero svolazzava sopra di lui, tracciando cerchi ora più grandi, ora più piccoli, avvicinandosi e


20 allontanandosi. Infine si avvicinò deciso,sfiorò con gli artigli il cappello del capitano che cadde a terra. In un lampo, quando questi si chinò per raccoglierlo, il corvo fu sopra di lui e gli strappò un capello lungo e nero. “Maledetto corvaccio” sbottò il capitano. “Sei in vena di scherzi eh?” Ma non diede peso all’accaduto, si rimise il suo cappello in testa e tornò nella sua cabina. «Nel frattempo Khora, pronta a vendicarsi, scese una lunga scala. Dalla sua mano destra si sprigionava una luce verde che illuminava a stento le pareti, nella mano sinistra teneva ben saldo il capello di Senzapaura. Attraversò corridoi silenziosi dove il suo passo risuonava lontano, come in un pozzo senza fondo. Giunse di fronte a una pesante porta di legno a due battenti, con due pomi di conchiglia come maniglie: “Apriti. Subito” disse con voce ferma e tranquilla. La porta si spalancò lenta come se fosse una enorme fatica per lei aprirsi e richiudersi e mentre


21 lasciava passare Khora mormorò sommessamente: “Prego, mia signora, entri pure”. La stanza era spaziosa, con un soffitto altissimo. Quattro minuscole finestre, una per ogni parete, lasciavano filtrare pochi raggi di sole, ma erano talmente in alto e talmente piccole che anche nelle giornate più splendenti la stanza rimaneva in penombra. Un grande tavolo era stato posto al centro, un tavolo sgombro, di legno. Khora si mise al centro della stanza: “È necessario un incantesimo”.“Di che genere mia signora?” Le parole risuonarono all’interno della stanza ma non provenivano da voce umana. Era il luogo stesso a parlare,

con

una

voce

spaventosa.“Capitan

Senzapaura dovrà pentirsi del suo ardito gesto e verrà pertanto privato della qualità a lui più cara, il suo coraggio. Coloro che lo hanno affrontato in battaglia, rivedendolo, proveranno pena per lui, le fanciulle che lo hanno tanto amato saranno sopraffatte dalla sua miseria e diverrà talmente


22 codardo da non poter più vivere: ogni volta che proverà paura non potrà superarla e si metterà a singhiozzare come un bambino. Tanto mi basta per vendicarmi.”“La mia signora ha parlato, ecco ciò che serve.”Pronunciate queste parole, sul tavolo apparve un’ampolla vuota e un bicchiere con un liquido bianco come il latte. Khora prese il capello e lo lasciò cadere nel bicchiere. La sostanza si mescolò e una nuvola di fumo si levò in alto. Dapprima era una nuvola indistinta, poi si aggregò e volò via, veloce. Volò dal capitano che ignaro stava dormendo beatamente sulla sua nave. Quando la nube di fumo giunse nella sua cabina, si posò su di lui addormentato, penetrò nel suo fegato e ne uscì non più grigiastra ma rossa, color del sangue e volò via di nuovo per tornare là dove era partita. Senzapaura non si svegliò, ma quella notte si girò e rigirò nel letto e non comprese perché a un trattoaveva sentito il bisogno di aprire gli scuri per non dormire al buio.Khora raccolse il fumo carico


23 del coraggio del capitano e lo chiuse soddisfatta nell’ampolla. Ordinò al suo corvo di controllare cosa sarebbe successo l’indomani sulla nave del ladro di coralli e poi se ne andò a dormire. Fu il sonno più beato che fece mai in vita sua. «La mattina seguente il capitano si svegliò di soprassalto a causa delle urla della sua ciurma. Furfa entrò in cabina.“Dormito bene capitano?” chiese con voce squillante come ogni mattina. “Barba, capelli e colazione?”“Devo aver dormito troppo a lungo, mi duole la testa Furfa. È tardi, dobbiamo salpare, e in fretta. So di un mercantile che viaggia colmo di oro. E noi lo vogliamo qui quell’oro, vero?”“Esatto, mio capitano. Allora si salpa”, replicò allegro Furfa. Salparono e in poco tempo furono in vista del mercantile. La ciurma era pronta all’azione con l’orecchio teso per non perdere gli ordini del valoroso capitano.Le due navi erano sempre più vicine e dal mercantile si udivano voci allarmate gridare: “Pirati!


24 Pirati in vista!”L’imbarcazione del capitano era ormai a pochi metri e la ciurma attendeva impaziente il fatidico

comando

con

le

spade

sguainate.

All’equipaggio già sembrava di avvertire l’eco della parola tanto amata: “All’arrembaggio!” Ma nulla si udì e nulla si mosse. Ancora un attimo. Ecco, il momento giusto era arrivato ma la nave, passando di fronte a loro, si allontanò incolume. Il momento propizio era ormai svanito. Il capitano non aveva dato il comando. I pirati, occhi fissi sulle vele del mercantile e gambe pronte per il ballo, si resero presto conto che ormai un’intera miniera d’oro si era allontanata. Fu allora che cominciarono a lanciarsi occhiate l’un l’altro, rimanendo muti e immobili cercando di capire cosa fosse successo. All’improvviso uno strano rumore:“Hic”, il rumore delle onde?“Hic”, il rumore del vento?“Hic”, un mostro marino?Tutti si voltarono verso Senzapaura con occhi sbarrati. Il capitano singhiozzava e lo faceva così forte che era impossibile


25 ignorarlo e non solo: le sue gambe tremavano come foglie. “Cosa c’è capitano? Tutto bene? Ha avvertito un pericolo e per questo non ha dato l’ordine? Ha mal di stomaco?” “Ho pa… pa…Hic!” cercava di rispondere il capitano. “Ho paura.”Al sentire quelle parole la ciurma scoppiò in una fragorosa risata.“Il capitan Senzapaura ha paura! Che bello scherzo!”Ma si accorsero ben presto che non si trattava di uno scherzo. «Da quel giorno fu sempre peggio. La paura divenne sempre più grande: paura del buio, paura del temporale, paura dell’uomo nero e persino delle galline. Bastava il gracchiare di un corvo che il capitano, a suon di singhiozzi, scuoteva lanave. A poco a poco i suoi uomini lo abbandonarono, uno a uno, e ognuno raccontava la storia del valoroso capitano trasformatosi in codardo all’improvviso, senza ragione. E le leggende che lo avevano reso una


26 volta famoso furono sostituite da storie ridicole che valsero al capitano un nuovo soprannome e una nuova infame reputazione, quella di Capitan Singhiozzo. «E poi? È tornato dalla strega? I suoi uomini decisero davvero

di

abbandonarlo?»

domandò

Gianni

impaziente. Nonno Farina fece un sospiro: «Calma ragazzo, quante domande. Allora…» Ma Gianni lo interruppe: «Ma nonno. Io non capisco. Perché mi hai raccontato questa storia? A chi appartengono le ombre in corridoio e… insomma, tu cosa c’entri in tutto questo?» «Ti avevo detto di non essere impaziente. Non ho terminato il mio racconto. Mettiti comodo e ascolta il resto. «Furfa rimase l’unica persona fidata accanto a ciò che


27 rimaneva dell’impavido condottiero. Provava molta pena per lui e non passava giorno che non desiderasse trovare il modo di aiutarlo. Ma una mattina, dopo aver assistito all’ennesimo pianto causato da una farfalla sul davanzale, scese dalla nave, senza dire una parola. Camminò per giorni senza sapere dove andare ma l’istinto, o forse il cuore, lo guidò alla ricerca di quell’uomo, folti capelli e barba, che molto tempo prima aveva sfidato il capitano, come se avesse la certezza che solo lui potesse aiutarlo ma lo straniero sembrava scomparso nel nulla. C’erano giorni in cui lo si vedeva girare sulle spiagge o chiacchierare con i filibustieri nel porto ma subito dopo se ne andava non lasciando alcuna traccia. Furfa, sconsolato, decise di tornare sulla nave del Capitano ma proprio sulla via del ritorno, lo straniero gli si mise di fronte e lo interrogò:“Sono giorni che vai cercandomi, dimmi cosa vuoi.”“Cerco aiuto per il mio capitano” rispose Furfa intimidito e


28 proseguì raccontando allo strano personaggio tutto ciò che era accaduto. Dopo aver ascoltato attentamente il racconto, quest’ultimo disse a Furfa di seguirlo attraverso vicoli strettissimi e strade malfamate fino a che giunsero a una porta verde, con un catenaccio. L’uomo estrasse una chiave da sotto il mantello e aprì. La stanza era buia e silenziosa. Furfa poteva udire solo un lieve ticchettio e vide un grande orologio a pendolo al centro della stanza. Lo straniero si sedette tranquillo sotto l’orologio e chiuse gli occhi.“E ora?” Chiese Furfa spazientito.“E ora attenderemo la mezzanotte.” Nonno Farina si avvicinò a Gianni e sussurrò: «E così ho portato Furfa qui da noi e l’ho convinto a portare qui anche il capitano. Sono due giorni, o meglio due notti, che cerchiamo di preparare un piano per andare a riprendere il coraggio di Capitan Senzapaura. Sai, in fondo è stata colpa mia e io


29 intendo aiutarli. Sai, dopo tutti questi anni io...»Gianni ebbe l'impressione che il nonno avesse molto altro da dire in proposito ma si fermò e poi riprese cambiando argomento. «L’orologio che vedi nell’atrio mi è stato regalato molto tempo fa, quando ancora ero bambino e quando ancora non credevo che avesse poteri magici. Chiunque tocchi l’orologio allo scoccare della mezzanotte viene trasportato nel mondo da cui Furfa proviene e torna indietro nello stesso modo.» Gianni si grattò la testa e si sfregò il naso. Era perplesso, ma in fondo al cuore sapeva che il nonno stava dicendo la verità e sapeva anche di aver visto quelle ombre. Si fece sopraffare dall’entusiasmo e gridò: «Questo vuol dire che anche questa notte verranno? E poi andrete dalla strega? E riprenderete il coraggio? Avete un piano? E io cosa dovrei fare? E…» «Frena, frena, ragazzo» lo interruppe nonno Farina.«Non ho intenzione di portarti con me. Il mondo del capitano è pieno di pirati, streghe, mostri


30 e potrebbe essere pericoloso per te. Stasera andrò nel loro mondo e tu resterai qui ad aspettare il mattino. Potrei stare via molto, ma l’orologio comunque

mi

riporta

sempre

indietro

alla

mezzanotte stessa in cui sono partito, non importa quanto tempo è passato: giorni, settimane o anni interi.» Quella notte Gianni se ne stava pensieroso nel suo letto continuando a guardare l’orologio. Mancavano ormai pochi minuti alla mezzanotte e, non riuscendo a darsi pace, decise di preparare il suo zaino e partire con il nonno.

Fine anteprima. CONTINUA...


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