L'eredità degli Haller

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EMANUELA DAL POZZO

L'EREDITÀ DEGLI HALLER

ZeroUnoUndici Edizioni


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L’EREDITÀ DEGLI HALLER Copyright © 2021 Zerounoundici Edizioni ISBN: 978-88-9370-476-2 Copertina: immagine Shutterstock.com Prima edizione Giugno 2021


LA FAMIGLIA HALLER

OTTAVIA e HANS HALLER

HILDE

Helga Ingrid

ALBERTO (moglie DIANA)

Nicolas John Joel

MAXIMILIAN (moglie GISELLA)

Kevin



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SETTEMBRE 1983

Ottavia Haller scese la scala della sua villa di Lucerna. Era sempre stata una bella donna, dai tratti tipicamente mediterranei. I suoi occhi scuri espressivi e i suoi capelli lunghi neri avevano attratto il biondo tedesco Hans, in tempi in cui la razza faceva la differenza, e poiché fortunatamente non era ebrea, la loro unione non era stata osteggiata. Hans, oltre che un giovane attraente, era anche ricco e questo era bastato per zittire le rimostranze della sua famiglia, che avrebbero preferito per lei un marito italiano. Ottavia aveva avuto in dote due qualità: il talento e il fiuto per gli affari e il matrimonio con Hans, che era uno dei pochi fortunati ad avere un gruzzolo consistente, le aveva garantito nel tempo agiatezza e solidità economica, grazie al lancio, nel 1947, della nuova linea sartoriale “Ottavia Haller”, elegante e appetibile per quella classe ricca che, stanca delle privazioni della guerra, non vedeva l'ora di dimenticare con le novità all'ultima moda. Ottavia si diresse verso la sala. Nonostante l'età camminava spedita.


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La giovane domestica svizzera le chiese in italiano corretto: «Avete bisogno di me?» Ottavia la squadrò pensando che il completino azzurro che indossava le donava. «Puoi andare, Miriam. Ci vediamo lunedì alle otto». La giovane ringraziò accennando appena un inchino e si avviò verso la porta. S'infilò il soprabito, indossò il cappellino e tirò dietro di sé la porta, sparendo oltre la parete. Ottavia l'aveva seguita con gli occhi, mentre attraversava il corridoio, incuriosita da tanta leggerezza, chiedendosi se fosse dovuta al materiale delle suole delle scarpe o al suo portamento. Forse aveva seguito lezioni di danza. Nonostante gli anni passati al suo servizio era ancora in grado di incuriosirla. Dalla finestra le acque della Reuss fluivano regolari, macchiate dai rami frondosi autunnali che si specchiavano. Rimase a guardare la Wasserturn, l'ottagonale torre dell'Acqua, ergersi sul Kapellbrucke, il ponte più antico simbolo della città. Poi il suo sguardo si posò su tutte quelle case addossate l'una all'altra. Ciascuna di esse conservava una storia che sarebbe rimasta sepolta e che lei non avrebbe mai conosciuto. Il telefono squillò. Ottavia alzò lo sguardo sovrappensiero. Di norma era il marito che rispondeva dal proprio studio,


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quando non era profondamente assorto in qualcosa di importante. Dopo il quinto squillo si decise ad alzare il ricevitore dal salotto. «Pronto?» Un lungo silenzio dall'altra parte del filo precedette la voce roca e determinata di Hilde. «Tu non puoi sbattermi la porta in faccia e fingere che io non esista più. Ho il diritto di riavere con me le mie figlie, in una casa decorosa, con tutti i confort cui hanno diritto». Ottavia sospirò. «Ne abbiamo già parlato, Hilde. Hanno già tutto quello che tu non potresti garantirgli. Sono cresciute qui, bene grazie a me, non gli ho fatto mai mancare niente. E poi, se avessero bisogno, come faresti a mantenerle che non riesci a badare nemmeno a te stessa? Hai messo la testa a posto? Non mi pare. Mi pare invece che segui le orme del loro padre». «È colpa tua. Se mi dessi soldi, invece che blaterare le solite cose...». «Ecco cosa vuoi: i soldi! Se tu avessi avuto a cuore davvero le tue figlie, non le avresti abbandonate inseguendo chissà quali fantasie. E, in ogni caso, non le avresti ignorate per tanti anni! Ogni tanto, quando hai finito i soldi, torni alla carica. Be', sappi che finché saremo in vita io e tuo padre non asseconderemo i tuoi capricci, così come non ti abbiamo permesso di rovinare la vita delle ragazze come hai fatto con


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la tua!». Ottavia restò con la cornetta in mano. Hilde aveva riattaccato. Helga la raggiunse. La nipote era bella e giovane e aveva la vita davanti. Quando lei aveva la sua età, ci si preparava alla guerra e Hans l'aveva sottratta a una vita di privazioni. La sua famiglia d'origine non era ricca. Per questo oggi poteva apprezzare di più ciò che possedeva. «Dov'è Ingrid?» le chiese. «È uscita a fare una passeggiata» rispose Helga. «Ha detto che sarebbe tornata per cena». Ottavia la guardò. Le due gemelle bionde Helga e Ingrid, tra loro identiche, erano simili a Hilde, la madre, che a sua volta aveva preso i tratti principali da Hans. Quando a diciassette anni Hilde le aveva partorite e abbandonate, se ne era presa cura lei. Il padre tossico, per fortuna, non ne aveva voluto sapere. In quegli anni le aveva cresciute come fossero sue figlie e avevano abitato con lei, finché i loro studi e i loro viaggi non le aveva portate altrove. Aveva intestato loro una casa a Roma, che tenevano come punto di riferimento tra un viaggio e l'altro. Nessuna delle due poteva dirsi ancora indipendente economicamente e per questo era preoccupata. Avrebbero potuto sistemarsi con un uomo ricco, come aveva fatto lei, ma l'esperienza le diceva che affidarsi a un uomo


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non era saggio. Hans l'aveva finanziata, forse incoraggiata, sostenuta economicamente nei momenti difficili, quando l'Azienda avrebbe potuto crollare, ma il grosso del lavoro era sempre stato sulle sue spalle: il personale, gli acquisti, le scelte strategiche, la concorrenza... e non tutti gli uomini ricchi erano disponibili come lo era stato Hans. In ogni caso, finché lei ci fosse stata e le gemelle avessero avuto bisogno di lei, lei non si sarebbe mai sottratta. Sorrise a Helga. «Il giorno in cui io e tuo nonno abbiamo deciso di comprare questa casa stavamo passeggiando su quel ponte, il Kapellbrucke, e ci piacque talmente il panorama che decidemmo sui due piedi di cercare un luogo decente in cui rifugiarci, quando ne avessimo sentito il bisogno». Ottavia sospirò. Le cose non erano andate esattamente così: gli impegni e l'Azienda avevano preso il sopravvento e la casa non era stata utilizzata come avrebbe voluto. «Permetti cara? Devo fare una telefonata» disse Ottavia dirigendosi verso la camera. Digitò il numero dell'Ufficio di Michaela che conosceva a memoria. «Michaela? Ciao cara, come vanno le cose? Sì, il tempo è buono e la temperatura perfetta... Sì, lo so che dovrei staccare la spina... E non pensare che non mi fidi di te, ma ho avuto un'intuizione a proposito di una nuova linea per la


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prossima primavera... non indovineresti mai, tutto merito di Miriam, conosci Miriam, la mia governante... Ti assicuro che mi sto riposando, sì, anche papà. Ora è nello studio e sai che quando va nel suo “regno” non vuole essere disturbato, ma tra un po' dovrò, perché è ora di cena... comunque per quella mia idea... te ne voglio parlare. No, non ho ancora bozzetti... magari domani provo a buttar giù qualcosa. In realtà è l'idea in sé che mi piace: una linea elegante, semplice, disinvolta... tu immagina di vedere l'eleganza di un gabbiano mentre si posa sull'acqua... assenza di rumori... quello che rende nuova questa linea è l'atmosfera, il senso di rapimento... Le persone hanno bisogno di sognare, ma non ti parlo della ricchezza, del tipico “miraggio”, ma di venire rapiti dal mistero. Capisci ciò che intendo? Facciamo così. Io penso di rientrare a fine mese, ma se volessi venire qui tu un paio di giorni... Eh lo so bene che c'è molto da fare. Vuoi che non lo sappia io? Va bene, appena arrivo ci sentiamo. Ciao Michaela, a presto e se hai bisogno di qualcosa sai che puoi contare su di me. Ciao cara, ciao». Ottavia si diresse verso la cucina. La tavola era già stata apparecchiata da Miriam che aveva anche preparato la cena. Ingrid era rientrata mentre lei era al telefono. «È il momento di disturbare il grande capo» disse Ottavia guardando l'orologio che segnava le otto, dirigendosi verso lo studio del marito.


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Bussò e chiamò senza ricevere risposta. Aprì la maniglia dello studio ed entrò. Il marito Hans era seduto alla scrivania, con un bicchiere di whisky mezzo rovesciato sulle carte sparse e il capo appoggiato. Pareva addormentato ma non dava segni di vita. Che fosse morto le fu lampante quando si avvicinò. Urlò portando le mani ai capelli. Helga e Ingrid accorsero rimanendo impietrite sulla soglia a guardare la morte in faccia. Ottavia si riprese e chiamò inutilmente l'ambulanza: il marito era già deceduto. Il medico di famiglia disse che la causa della morte era probabilmente dovuta ad abuso di alcool e di cocaina. Non era un mistero che Hans si lasciasse andare a stravizi, abituato a largheggiare con le proprie finanze. Probabilmente il corpo già provato, aveva improvvisamente ceduto. A Milano, nella residenza principale degli Haller, che contavano diverse proprietà sparse tra l'Italia e l'Europa, fu celebrato il funerale che radunò tutti gli Haller: i suoi figli con le relative famiglie, come fosse Natale. I giorni che seguirono furono occasione di riflessione per Ottavia. Da quando in quegli ultimi anni la figlia Michaela aveva preso in mano l'Azienda, liberandola di parte della responsabilità, aveva passato più tempo con il marito,


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recuperando le distanze che si erano create durante il tempo della seconda giovinezza, quando Hans, fuori da ogni controllo, si era lanciato in spericolate intime amicizie. Il marito non era stato l'esempio della fedeltà coniugale e lei, immersa nelle problematiche del lavoro, non aveva avuto tempo di stare dietro ai suoi colpi di testa, né di controllare quanto e cosa bevesse. Ma negli ultimi tempi, complice anche l'età e forse la saggezza, avevano ritrovato il gusto di condividere, che ora le era stato definitivamente sottratto.


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DICEMBRE 1983

A tre mesi dalla scomparsa del marito, Ottavia tornò nella villa di Lucerna, decidendo di festeggiare il Natale con la famiglia al completo proprio lì. Era stata una scelta coraggiosa, a così poco tempo dal funerale, ma la considerò necessaria, per riuscire a superare l'ansia che quella casa avrebbe potuto rappresentare nel futuro se non avesse affrontato la questione. II figli non obiettarono: Natale era l'unica occasione che li vedeva tutti riuniti. Chiese a Miriam di organizzare la sala, in modo che risultasse festosa e per l'occasione assunse un cuoco e due camerieri che lavorarono dal giorno precedente. I figli e le relative famiglie arrivarono alla spicciolata, mentre Helga e Ingrid li avevano anticipati qualche giorno prima. Il primo ad arrivare fu Max, con la moglie Gisella e il figlio ventiduenne Kevin. Avevano scelto di venire in auto perché poi avrebbero proseguito per un viaggetto fuori programma. Max era sempre molto impegnato, costretto per lavoro a


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raggiungere varie destinazioni nel mondo, sempre in aereo e sempre di corsa e aveva colto l'occasione per passare un po' di tempo con la famiglia. Erano riusciti a convincere il figlio a seguirli promettendogli una tappa in montagna. Poi Kevin si sarebbe potuto fermare a sciare e loro due avrebbero proseguito da soli. Una sommaria occhiata le disse che Gisella era in ottima forma come il marito. Formavano una bella coppia. Il figlio Max le assomigliava. Mentre la sua pelle si abbronzava facilmente, quella della moglie era pallida e delicata. Lui scuro, lei bionda, entrambi si muovevano con grazia, a differenza del figlio Kevin che sembrava sempre fuori posto. Dopo i saluti di prassi, che Kevin schivò chiedendo alla nonna se gli altri tre nipoti fossero già arrivati e squadrando le gemelle con aria di sufficienza, Gisella s'informò sulla salute di Diana. L'ultima volta che si erano viste le era parsa dimagrita e meno socievole del solito. «Per quel che ne so sta bene. Sarà qui a momenti» la rassicurò Ottavia. «Anzi, eccoli» aggiunse sentendo scampanellare alla porta. Invece sentirono la voce di Michaela annunciarsi: «Scusate il ritardo ma sono stata impegnata con l'Azienda fino all'ultimo» disse guardando con preoccupazione la madre. «Tu sai come ci sia da fare, soprattutto in questo periodo».


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Michaela sembrava tirata, nonostante l'abile trucco che nascondeva le occhiaie. Forse non dormiva abbastanza. Aveva bei tratti, ma lo sguardo era severo, capace di allontanare chiunque volesse avvicinarla senza il suo permesso. Ottavia sapeva che faceva parte del suo carattere forte e determinato. Per questo sarebbe stata un'ottima manager. Le fece una blanda carezza. «Lavori troppo e dormi poco. Dovresti sorridere più spesso e trovare un valido aiuto». Michaela annuì. Sapeva che la madre aveva ragione, eppure l'idea di delegare ad altri ciò che avrebbe potuto fare lei proprio non le andava giù, rimandando di giorno in giorno quella possibilità. Anche adesso, pur conscia che il Natale era l'unica opportunità di riunire la famiglia, aveva qualche senso di colpa e un po' di preoccupazione per avere piantato tutto in asso ed essere partita. Era atterrata con l'aereo a Zurigo aveva aspettato le gemelle Helga e Ingrid provenienti da Roma, poi aveva saputo che l'avevano preceduta ed erano già lì. Aveva noleggiato un'auto ed era arrivata, impiegando più tempo del solito. C'era traffico e la strada era a tratti ghiacciata, ma a lei piaceva guidare e quando era alla guida non aveva paura di nulla. L'ultimo ad arrivare fu Alberto, fresco di discussione con la


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moglie Diana, seguito dai tre figli in ordine di età: Nicolas, John e Joel, che avevano stampata sul viso la stessa aria compassata del padre. Ottavia osservò Diana poi il figlio Alberto: lei pallida e inquieta, lui distaccato e imperscrutabile. La prima cosa che la nuora le chiese furono un paio di dita di whisky, per riprendersi dal viaggio, mentre Alberto con il classico tono compassato la baciava sulla guancia. Alberto, a differenza dell'estroverso Max, non era mai stato loquace. Quando aveva qualche problema si chiudeva a riccio a riflettere, uscendo da quel letargo quando il problema era risolto. Con gli stessi silenzi aveva educato i tre figli che difficilmente si esponevano in pubblico, mantenendo la cortese impassibilità d'etichetta. Oltre questa cortina impostata, i tre ragazzi erano molto diversi tra loro. Il più ridanciano era Joel, il più giovane, un giocherellone che subiva l'influenza del maggiore Nicolas, che tendeva a esercitare il proprio potere e si divertiva a manipolarlo. John invece, più simile al padre, stava sulle sue, sempre pronto ad attaccare prima di dover subire. Il pranzo fu servito e ciascuno parlò un po' di sé e molto di amenità, senza mai nominare Hans che incombeva su loro come un macigno. Terminato il pranzo, Ottavia, Michaela, Max, Alberto, Diana e Gisella si trasferirono in salotto, mentre i nipoti: Kevin,


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Helda, Ingrid, Nicolas, John e Joel si ritirarono nella sala del biliardo, da tutti chiamata la sala dei giochi. «Eccoci qui riuniti, ancora una volta insieme» esclamò Ottavia, con un'inflessione ottimista nella voce. «E come potrebbe essere altrimenti?» rispose gioviale Max. Ottavia osservò Diana, apparentemente assente, versarsi un goccio di whisky e sprofondare nella poltrona. «Come stai, Gisella?» chiese Ottavia affabile, volgendo lo sguardo verso l'altra nuora. «Bene, decisamente. Io e Max stiamo bene, ma è Kevin che mi preoccupa». «Sciocchezze» rispose Max. «Sai come sono le madri, sempre apprensive. È un adolescente e sta crescendo... Bisogna solo dargli del tempo. Certo che potrebbe fare di più e di meglio. Anche la scelta di questa facoltà di legge, per uno introverso come lui...». «Però qualche esame l'ha dato. Il vero problema è che non ti va mai bene quello che fa e sai che attraversa un periodo difficile» aggiunse Gisella. «D'altronde come potrebbe competere con un padre perfetto come Max?» sorrise ai presenti. «Soprattutto se ha preso tutta dalla madre» commentò velenoso Max. «Oh non vorrete mica litigare a Natale!» s'inserì Diana. «No di certo» rise Max baciando la moglie.


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«Io sono contento dei miei tre figli» sentenziò Alberto. «Per quanto lo possa essere un genitore che li vorrebbe perfetti» aggiunse rivolto a Max. «Studiano e non hanno grilli per la testa e ciò basta, alla loro età». Alberto guardò la moglie in cerca di conferma, ma lei sembrava assorta nel sorseggiare il liquido nel bicchiere. «Anche io sono contenta delle gemelle. Sono versatili e imparano in fretta. Hanno entrambe una vena artistica che non so proprio da dove arrivi. Sapete che Helga dipinge? So che prima o poi arriverà a fare una sua personale e Ingrid non è da meno. Studia architettura, viaggia, sempre coinvolta in qualche ricerca storica allettante. Un vero miracolo se si considera tutto quello che hanno passato nella loro infanzia» sospirò Ottavia. «Perciò qualsiasi cosa riusciranno a fare nella vita sarà un trionfo» concluse convinta, cacciando un velo di tristezza misto a rabbia al pensiero di Hilde. Calò il silenzio. «Sentite che silenzio dalla sala giochi?» sussurrò Michaela. «Nessun litigio. Io penso che sarebbe bello che i rapporti tra nipoti si rinsaldassero! Un buon auspicio per la famiglia Haller, che ne pensate? Dovremmo frequentarci di più, permettere loro di conoscersi meglio. Qui ci sta un brindisi. In alto i bicchieri». «Agli Haller!» brindarono in coro, sciogliendosi dagli


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obblighi. Max e Alberto si lanciarono in una dissertazione sulle auto sportive, Ottavia cominciò a riordinare e Gisella trattenne Diana prima che seguisse Ottavia in cucina per aiutarla. «Come stai cara?» la sondò con attenzione, una volta sole. «Come vuoi che stia. Non è cambiato nulla dall'ultima volta» rispose lei laconica. «Ma almeno hai affrontato l'argomento con lui?» le chiese Gisella. «Per dirgli cosa? Non mi piacciono le scenate e gli aut aut sono pericolosi. Non è la prima volta che corre dietro a un'altra donna. Passerà». «Io non so proprio come fai ad accettare tutto questo. Se Max mi tradisse lo butterei fuori di casa». «Ci sono altri tipi di vendetta. Quando ti ci trovi nel mezzo impari a ragionare, a ponderare le opzioni e a capire che l'agire d'impulso non è la soluzione migliore».


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MARZO 1984

Ottavia tornò nuovamente a Lucerna all'inizio della primavera, al primo tepore del sole. Aiutata da Miriam ne aveva approfittato per fare un po' di pulizia e liberare lo studio del marito dalle tante scartoffie rimaste imprigionate nei cassetti. Ci sarebbe voluto un bel po' di tempo per capire cosa tenere e cosa buttare. Nell'incertezza aveva deciso di raccoglierle e riporle in un baule, che avrebbe accolto anche le cartelline che non potevano trovare alloggio nella libreria, già piena di libri e di contenitori. Voleva trasformare lo studio in una palestra per la sua attività fisica. Non che le mancasse lo spazio, ma modificare quella stanza, con il marito in vita quasi sacrale, significava dimostrare che la vita continuava e che non si sarebbe lasciata abbattere. Dopo una settimana piena e faticosa aveva deciso di licenziare Miriam, come faceva solitamente nei week end. Alle 17, con il suo caratteristico passo delicato, Miriam se ne andò, sprofondando la villa nel silenzio. Ottavia guardò i quadri alle pareti, tra i quali spiccavano due


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Picasso, un Degas e un Cézanne, ancora illuminati dai raggi del sole. Le giornate si erano allungate, alleviando il proprio senso di solitudine. Avrebbe potuto inventariare gli oggetti di valore, cosa a cui prima non aveva mai pensato: sarebbe stato un bel modo di trascorrere il tempo e allontanare le ombre che l'accompagnavano quando il sole scendeva e la casa diventava triste e silenziosa. Mentre era immersa in questi pensieri sentì suonare alla porta. Fu piacevolmente sorpresa nel vedere Helga. Dopo la morte di Hans, le due gemelle Helga e Ingrid erano rimaste zitte, chiuse in un guscio protettivo ogni volta che lei cercava di affrontare l'argomento. Forse, pensava, la morte del marito aveva irrimediabilmente rotto il già precario equilibrio del nucleo familiare delle due ventisettenni in perenne confitto tra loro, ora unite solo dall'esile filo che le accomunava alla nonna. Forse le due ragazze erano meno forti di lei, che anche dopo la morte di Hans aveva continuato ad affiancare la figlia Michaela nella conduzione dell'Azienda Ottavia Haller, ora diventata Ottavia & Michaela Haller. Michaela era l'unica, tra i suoi figli, che se ne occupava e l'unica che non aveva messo su famiglia. Ottavia Haller abbracciò Helga, non appena la vide sull'uscio di casa, stupita che non avesse la valigia con sé.


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«È vero che non ti aspettavo, è vero che non mi hai avvertito, ma sai che la mia casa è sempre aperta per te, così come per Ingrid, quindi non vedo perché tu non abbia pensato di fermarti qualche giorno» la rimproverò. «Sono solo di passaggio, nonna. Devo raggiungere degli amici e ho pensato di venire a controllare come stai. Non mi piace pensare che tu viva sola in questa enorme villa. Hai mai pensato che potrebbe intrufolarsi qualcuno e farti del male?» rispose sorridendo Helga ricambiando l'abbraccio. Ottavia sbuffò con sufficienza. L'idea che qualcuno potesse considerarla vecchia o indifesa le dava sui nervi. Aveva settantadue anni, il passo svelto, la mente sveglia e la salute ottima. Non prendeva medicine e aveva trasformato lo studio dell'ex marito in palestra, per tenersi in allenamento. La casa era protetta da allarmi e serrature a prova di ladro. Cos'avrebbe potuto temere, se non la vecchiaia? «Prendi una tisana con me?» le chiese conciliante Ottavia. «Purché sia io a preparartela» concesse Helga. «Va bene. Mentre tu la prepari, io apparecchio in sala» stabilì la nonna, servendo i biscotti da tè e aspettando la nipote comodamente seduta in poltrona. Helga sparì in cucina, trafficò un poco, poi tornò con il vassoio e le tazze di tisana fumante. Per un paio d'ore chiacchierarono di più cose, scambiandosi


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impressioni sui membri della famiglia. Helga era più ciarliera del solito e si divertì a lanciare qualche frecciata ai cugini. «Nonna, non ti sembra che Nicolas, John e Joel siano fatti con lo stampino?» La nonna la guardò divertita. «Con lo stampino no. Non si somigliano nemmeno». «Dovevi vederli a Natale. Tutti dritti e ossequiosi come zio Alberto». «Li ho visti a Natale!» brontolò la nonna. «Ma non sei stata con noi nella sala dei giochi». «Vi siete divertiti?» chiese Ottavia curiosa. «Divertirsi con loro è eccessivo. Diciamo che è stato... istruttivo. Diciamo che ci siamo... confrontati» sorrise Helga. «È un'ottima premessa per rinsaldare un'amicizia» concluse saggiamente Ottavia. Ottavia pensò alla festa del Natale dell'anno precedente, quando Hans era ancora vivo. Anche durante quel Natale i nipoti, nell'altro lato della casa, nella sala del biliardo, miracolosamente non avevano litigato, nessuno aveva dato in escandescenze presentandosi alla porta, o minacciando di andarsene. «Mi piacerebbe che andaste d'accordo» commentò Ottavia. «Nonna sai benissimo che ognuno fa la propria strada». «Sempre che sappia quale sia» rispose Ottavia, pensando che


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in fondo, a esclusione di Hilde, gli altri suoi figli se la cavavano brillantemente: Alberto dirigeva una concessionaria collezionando auto di lusso, Maximilian aveva a che fare con il mondo della finanza, per quanto, oltre al fatto che avesse rapporti con le maggiori banche internazionali, non avesse mai capito bene in cosa consistesse il suo lavoro e Michaela dirigeva l'Azienda di famiglia. «Io ho le idee chiare per quello che mi riguarda» la contraddisse la ragazza. Squillò il telefono, Ottavia le fece cenno di attendere e rispose al figlio Max. Come ogni sabato la chiamava per sapere come stava. Poi toccò all'altro figlio Alberto. Helga aspettò pazientemente il termine delle conversazioni. «Sai nonna, sto preparandomi per un concorso per giovani artisti. Un docente dell'Accademia ha detto che i miei lavori sono “interessanti”». «Oh cara, sei venuta a portarmi solo buone notizie oggi!». «Esatto e spero di sfondare!». «Te lo auguro di cuore, ma ascolta le mie parole: il successo non è dato per sempre, una volta ottenuto, bisogna mantenerlo». «Me lo ricorderò, nonna». Quando Helga lasciò la casa imbruniva e Ottavia era di ottimo umore.


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Forse non era stata la migliore delle madri, forse aveva trascurato i figli in passato, ma questo, oggi, non impediva ai suoi figli di interessarsi a lei e di correre in suo aiuto se ne avesse avuto bisogno. In cucina Helga le aveva lasciato un pacchetto regalo: una scatola della sua tisana preferita. Fu l'ultima volta che Helga vide Ottavia viva. Una quindicina di giorni dopo, la servitù l'aveva trovata senza vita davanti alla televisione accesa, con ancora la tazza di tisana sul tavolo. Il medico aveva diagnosticato un infarto. «Il cuore è misterioso» aveva commentato perplesso andandosene. Avrebbe giurato che il suo cuore fosse forte, ma evidentemente così non era. Alla lettura del testamento presso il notaio di Zurigo, Adolf Keller, gli Haller erano tutti presenti, a esclusione di Hilde che non era stata convocata. Nello studio notarile, nella zona centrale della città, era stato predisposto un grande tavolo ovale attorno al quale, oltre ai figli di Ottavia, Michaela, Maximilian e Alberto, erano presenti le relative mogli Gisella e Diana e i sei nipoti: Kevin, figlio di Maximilian e Gisella, Helga e Ingrid figli di Hilde, infine Nicolas, John e Joel, figli di Alberto e Diana. Il notaio scorse i presenti, fece le condoglianze a tutti e iniziò con un breve preambolo:


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«C'è un'antica amicizia che mi lega alla vostra famiglia. Come voi sapete conoscevo Hans Haller già prima della guerra, quando ha lasciato la Germania. Allora ero impiegato presso la BNS, la Banca Nazionale Svizzera di Zurigo. Mi ricordo ancora l'espressione fiduciosa e sorridente di quel ragazzo che muoveva i primi passi nel mondo degli affari. Forse perché avevamo la stessa età, forse perché mi assomigliava, in poco tempo siamo diventati amici». Il notaio fece una pausa. «Per questa ragione ho sempre seguito con attento interesse le vicende della vostra famiglia, che ho visto crescere e affermarsi». Il notaio guardò negli occhi i convenuti passandoli in rassegna. «Mi piacerebbe pensare di venire ricambiato da voi con la stessa stima che io ho sempre nutrito per Hans e Ottavia Haller». Michaela conosceva a grandi linee la storia, tenuta prudentemente riservata. Il padre Hans, impiegato in un'azienda di munizioni, era riuscito a integrare il proprio guadagno con la requisizione di oro ebreo che teneva per sé. A un certo punto quell'oro scottò. Era quindi sconfinato in Svizzera. A Zurigo aveva conosciuto Adolf Keller, che lo aveva aiutato nella conversione dell'oro e nelle operazioni finanziarie. Quando alcuni anni dopo Keller aveva aperto lo studio notarile, Hans Haller era diventato suo cliente. «Sono molto rammaricato di dover espletare oggi questa


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triste incombenza, a così breve distanza dalla morte di Hans. Ottavia Haller era un'instancabile lavoratrice, che con il proprio ingegno ha messo in piedi dal niente una florida Azienda, dimostrando quanto possano venire ripagati il talento e la determinazione». Quindi aggiunse: «Oltre che un'ottima imprenditrice, Ottavia è anche stata una donna affabile, generosa, previdente e saggia. Ha sempre avuto a cuore i membri della sua famiglia, così come si evince dal suo testamento». Iniziò quindi la lettura del testamento. Le proprietà venivano ripartite in parti uguali tra i figli, con due clausole: l'Azienda Ottavia & Michaela Haller andava in proprietà esclusiva a Michaela, la parte di Hilde andava in parti uguali alle sue due figlie Helga e Ingrid. Egli aveva il mandato di stabilire l'ammontare complessivo del patrimonio immobiliare e mobiliare e di ripartirlo secondo criteri di equità. Il testamento non suscitò sorprese: era esattamente ciò che si aspettavano gli eredi. Ottavia non aveva mai nascosto i propri piani per l'Azienda e i figli erano consapevoli dell'impegno di Michaela. Quanto a Hilde consideravano saggia la sua decisione, così come quella di ripartire in parti uguali la ricca e poliedrica eredità, passata da Hans nelle mani di Ottavia, che contava, oltre alla villa di Lucerna, una residenza a Parigi, una villa con parco a


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Londra - le case in cui ogni famiglia abitava era stata già intestata ai rispettivi figli- gli innumerevoli mobili e oggetti di valore con i quali le varie sale erano arredate, comprensive di quadri, sculture e gioielli, un cospicuo conto in banca. Adolf Keller, in quella sede, non allegò l'elenco di tutti i beni, che avrebbe richiesto un inventario lungo e accurato e un certo tempo, ma ciascuno degli eredi era certo che avrebbe fatto le cose al meglio, nell'interesse di tutti. Michaela sapeva che era anche il depositario dei segreti degli Haller fin dai tempi in cui il giovane padre Hans muoveva i primi passi nel mercato immobiliare. )LQH DQWHSULPD &RQWLQXD


INDICE

LA FAMIGLIA HALLER ......................................................... 3 Settembre 1983 ......................................................................... 5 Dicembre 1983 ........................................................................ 13 Marzo 1984 ............................................................................. 20 Marzo 1984 ............................................................................. 20 Giugno 1984............................................................................ 29 Giugno 1984............................................................................ 29 Agosto 1984 ............................................................................ 37 Settembre 1984 ....................................................................... 48 Ottobre 1984 ........................................................................... 56 Novembre 1984 ..................................................................... 102



AVVISO NUOVI PREMI LETTERARI La 0111edizioni organizza la Quarta edizione del Premio ”1 Giallo x 1.000” per gialli e thriller, a partecipazione gratuita e con premio finale in denaro (scadenza 31/12/2021) www.0111edizioni.com

Al vincitore verrà assegnato un premio in denaro pari a 1.000,00 euro. Tutti i romanzi finalisti verranno pubblicati dalla ZeroUnoUndici Edizioni senza alcuna richiesta di contributo, come consuetudine della Casa Editrice.


AVVISO NUOVI PREMI LETTERARI La 0111edizioni organizza la Prima edizione del Premio ”1 Romanzo x 500”” per romanzi di narrativa (tutti i generi di narrativa non contemplati dal concorso per gialli), a partecipazione gratuita e con premio finale in denaro (scadenza 30/6/2021) www.0111edizioni.com

Al vincitore verrà assegnato un premio in denaro pari a 500,00 euro. Tutti i romanzi finalisti verranno pubblicati dalla ZeroUnoUndici Edizioni senza alcuna richiesta di contributo, come consuetudine della Casa Editrice.


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