In uscita il 2 /12/20 (1 , 0 euro) Versione ebook in uscita tra fine dicembre 20 e inizio gennaio 202 ( ,99 euro)
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ROSANNA BALOCCO
LA PRIMA INDAGINE DI LUIGI LUZZO
ZeroUnoUndici Edizioni
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LA PRIMA INDAGINE DI LUIGI LUZZO Copyright © 2020 Zerounoundici Edizioni ISBN: 978-88-9370-430-4 Copertina: immagine Shutterstock.com Prima edizione Novembre 2020
Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, avvenimenti e luoghi sono il frutto della fantasia dell’autrice o usati in modo fittizio. Ogni somiglianza con persone esistenti o esistite e con le vicende narrate è puramente casuale.
A mio figlio Massimo, la mia creazione meglio riuscita A mio marito Giancarlo A mia madre
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CAPITOLO I
Gina Botta stava ammirando il suo giardino. Si era già alla metà di giugno e la fioritura, iniziata ai primi del mese, era in pieno rigoglio. Era una splendida mattinata di sole e Gina si compiaceva con se stessa per il modo in cui era riuscita ad alternare le varie qualità di rosa, il suo fiore preferito. Al suo giardino si accedeva dal balcone di casa e vi si poteva ammirare tutta una fila di piante di rosa: si iniziava con un bellissimo cespuglio di Black Baccara, la rosa rossa quasi nera, subito seguito da un alberello di Friesia, la magnifica rosa gialla che si alternava con un altro cespuglio di Salmon Beauty, dai fiori color salmone come il nome stesso indicava, poi uno stupendo alberello di Kristell, una rosa bianchissima e, infine, un altro cespuglio di Doris Tysterman, dai petali color arancione. Ricordava di aver sempre spassionatamente amato quei fiori tanto che, dopo la morte del marito il quale non aveva mai voluto abitare in un altro posto che non fosse nel centro di Savona, la loro città, aveva venduto l’abitazione di
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cui era proprietaria e aveva acquistato quella casa dotata di un bel giardinetto, riuscendo anche a mettere da parte un bel gruzzolo e a potersi così dedicare al suo svago preferito. C’erano voluti due anni per riuscire a ottenere quel risultato, ma ne era valsa la pena. L’unico neo era che la fioritura si poteva ammirare da giugno a ottobre, solamente la Salmon Beauty e la Doris Tysterman fiorivano fino a novembre inoltrato, poi, per gli altri mesi, le piante non avevano più fiori, ma Gina si accontentava. Era un piacere godere della loro vista per tutta l’estate e parte dell’autunno e la donna non faceva mancare alle sue rose tutte le cure necessarie. Nel bel mezzo del giardinetto, poi, troneggiava un bellissimo albero dai fiori screziati, i cui colori spaziavano dal rosa-fucsia al bianco. *** Sbuffò al suono del campanello. Era la seconda volta, quella mattina, che la distoglievano dalla sua contemplazione ed era certa di sapere, prima ancora di aprire la porta, di chi si trattasse. Infatti Mario Salvi era proprio lì, come aveva immaginato. «Ti disturbo?» domandò il suo vicino.
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Mario risiedeva, come lei, in una casetta monofamiliare, situata poco oltre la sua, su una collinetta. Da lì si dominava uno splendido panorama: si poteva ammirare una buona parte della loro città, lo sguardo poteva addirittura spaziare fino al mare e si poteva intravvedere uno scorcio dell’isoletta di Bergeggi. Le loro erano le ultime case rimaste abitate, mentre le altre tre, che facevano parte di quel borgo, erano vuote. I proprietari erano morti e gli eredi, se ve n’erano, non avevano ritenuto necessario né di venirci ad abitare né di affittarle ed era un vero peccato, considerando la posizione. «Certo che no! Entra pure.» rispose, facendosi da parte per permettergli l’accesso, «Gradisci un caffè?». «No, ti ringrazio. Sono già abbastanza nervoso!» commentò l’uomo. «Ah, ho capito. È passato anche da te, vero?». «Proprio così, hai indovinato». «Be', se il caffè ti rende nervoso, posso offrirti una delle mie tisane?». «Ah, quella sì!» esclamò Mario. «A quella non rinuncio. Non so come tu faccia, ma da quando ho assaggiato le tue tisane ho dovuto ricredermi. Prima pensavo che non fossero altro che brodaglia, ma dopo averne gustato una, devo dire che sono gradevolissime! Ma che razza di erbe usi?».
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«Quelle che acquisto in erboristeria, ma il segreto sta nel saper dosare bene le quantità necessarie per ottenere, come hai detto, un gusto gradevole». Mario bevve qualche sorso, posò la tazza e disse: «È tornato alla carica quell’essere. Sai bene di chi parlo…». E, al cenno affermativo di Gina, continuò: «Mi ha nuovamente proposto l’acquisto della casa e, ingenuamente, pensavo che avrebbe alzato l’offerta, invece, con mio grande stupore, l’ha ulteriormente ribassata. E sai con quale scusa? Dicendo che tu avevi accettato di vendere e che, restando io l’unico a oppormi, il
Comune
avrebbe
potuto
espropriare
la
mia
casa,
offrendomene un’altra in un altro luogo e, a quel punto, senza alcuna possibilità di scelta da parte mia. Ma davvero tu vuoi vendere?». «Io? Ma non se ne parla proprio! Prima, quando Minghetti è arrivato, gli ho detto, come già le volte precedenti, che non avevo fatto tanta fatica a coltivare le mie rose per poi farmele estirpare da lui! Inoltre, anche a me ha fatto un’offerta più bassa della precedente, dicendomi che ti aveva quasi convinto a vendere». «Ma che razza di bastardo! Cerca di metterci l’una contro l’altro! E sai cosa mi ha risposto quando gli ho detto che avrebbe potuto avere la casa solo dopo la mia morte? Che,
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considerata la mia età e i miei problemi di cuore, non avrebbe dovuto attendere molto!». «Decisamente hai ragione, Mario, è un vero bastardo! Risponderti così… lo avrai messo alla porta, spero!». «Eccome! E gli avrei anche assestato un calcio nel didietro se non avessi avuto paura di passare qualche guaio. Da chi l’avrà saputo, poi, che ho dei problemi di cuore?». «E chi lo sa?» rispose lei. «Quella è gente che viene sempre a sapere, in un modo o nell’altro, ciò che gli interessa!». L’uomo finì di bere la tisana, posò la tazza e dichiarò: «Grazie, mi hai decisamente tranquillizzato. Se noi due continueremo a opporre resistenza, non potranno farci nulla e riusciremo a vivere dove vogliamo. Ho passato più di quarant’anni con la mia Francesca in questa casa e non vorrei abitare in nessun altro posto. Tu lo capisci vero?». «Certo che lo capisco! Mi dispiace solo di non aver potuto conoscere tua moglie. Doveva essere una brava donna». «Ah, è proprio vero: era una donna unica! Sono stato fortunato a poter dividere gran parte della mia vita con lei! Mi ha anche concesso la gioia di avere un figlio, però devo dire che Giorgio da noi ha preso ben poco». E, con un grande sospiro di rassegnazione, continuò: «I giovani d’oggi non hanno valori di alcun genere. Pensano solo ad avere soldi da spendere e a
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vivere nel lusso o quasi. Anche mio nipote Franco, che ha poco più di venticinque anni, segue le orme del padre. Non ha voluto frequentare l’università. Dopo il diploma, finito il servizio militare, ha trovato lavoro come consulente finanziario e riesce a guadagnare tanto bene che andrà a vivere per conto proprio e mio figlio e mia nuora, invece di essere dispiaciuti del fatto che lui li lasci, sono contenti! Ci credi? Se fosse capitato a noi, Francesca e io ci saremmo dannati l’anima!». Gina ascoltava con rassegnazione e per l’ennesima volta le geremiadi di Mario. Lo capiva, pover’uomo: era praticamente sempre solo. Né il figlio né il nipote venivano mai a trovarlo, tranne in qualche raro caso in cui potevano aver bisogno di qualcosa e lui, poverino, con qualcuno doveva pur sfogarsi. Purtroppo, il più delle volte, capitava che lo facesse con lei, specialmente dopo che era nata questa faccenda dell’acquisto delle loro abitazioni. Del resto, non poteva certo negargli di andarla a trovare, ogni tanto, e doveva ammettere che un po’ di compagnia, sempre ogni tanto, faceva piacere anche a lei. Era una donna sola, non aveva avuto figli e magari non era stato neppure un male, considerando i discorsi che le faceva il suo vicino, in più non aveva altri parenti in quella città. I pochi congiunti che le erano rimasti, un lontano cugino e la sua famiglia, abitavano in Toscana e i loro rapporti si riducevano a
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una breve telefonata in occasione delle varie festività: Pasqua, Natale, compleanni, anniversari, eccetera. Ma a lei andava bene così. Accompagnò Mario alla porta e lo osservò mentre, un po’ curvo, si allontanava. Ormai aveva tutti i capelli bianchi e, in due anni circa, cioè da quando lo conosceva, era notevolmente invecchiato. Forse Minghetti non aveva tutti i torti: non avrebbe dovuto aspettare più di tanto per acquistare la sua casa. Era certa che il figlio di Mario l’avrebbe venduta subito. Con un sospiro, chiuse la porta e decise di dedicarsi al suo passatempo preferito.
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CAPITOLO II
Mario Salvi, affacciato alla finestra della camera da letto, posta al secondo piano di casa sua, riusciva a vedere bene attraverso i vetri la cucina della sua vicina. Osservò Gina mentre stava tritando diversi tipi di verdure che, però, proprio verdure non gli parevano. Poi capì: non erano verdure, bensì erbe. Probabilmente quelle che usava per le sue tisane. A quel pensiero sentì l’acquolina in bocca. Erano così buoni quegli infusi! Ricordava ancora il sapore della tisana gustata il giorno prima e ne avrebbe volentieri bevuto ancora. Allora perché non approfittarne? Decise di andarla a trovare, ma con che scusa? Mah, ci avrebbe pensato strada facendo… «Entra, entra, Mario!» lo accolse Gina. «Spero di non disturbarti, ma volevo chiederti se il tuo telefono funziona, perché il mio mi sta dando dei problemi. Ogni tanto non c’è la linea e capisci bene che, essendo solo, se avessi bisogno…».
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«Ora vedo» rispose lei, dirigendosi nell’ingresso dov’era posto l’apparecchio. Alzò la cornetta e subito udì il segnale di libero. «Il mio funziona, vuoi chiamare la compagnia telefonica e segnalare il guasto?». «Magari più tardi. Potrebbe essere stato un fatto momentaneo. Quando torno a casa, riprovo e se non va, dato che sei così gentile, vorrà dire che tornerò a disturbarti». «Ricorda che non mi disturbi mai, anzi un po’ di compagnia mi fa sempre piacere e ricorda anche che non sei solo. Se hai bisogno, in qualunque momento, io sono qua. Certo, se dovesse presentarsi un problema di linea telefonica, neppure io potrei chiamare ma ho le gambe ancora buone e non ci metterei molto tempo a raggiungere il palazzo più vicino e chiedere aiuto. Ma ora siediti e stai un po’ con me». L’uomo non si fece ripetere l’invito, occupò subito una sedia della cucina e, dopo aver ringraziato, domandò: «Cosa cucini di buono?». «Non cucino. Queste sono le erbe per le mie tisane. Le sto triturando per poi dosarle nel modo giusto. A proposito, ho una tisana già bella pronta, te ne posso offrire una tazza?». «Ah, l’accetto con vero piacere! Le fai talmente buone che non posso rifiutare».
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Mentre beveva, compiaciuto, l’infuso della sua vicina, Mario chiese: «È più tornato qualcuno alla carica da te? Da me non è più venuto nessuno. Che si siano rassegnati?». «Neppure da me si è più presentato quell’essere, però ho dei grossi dubbi che si rassegnino. Vedrai che quanto prima qualcuno arriverà, ma noi terremo duro, non è vero?». «In quanto a questo non c’è dubbio. Non cambierò mai idea. Gliel’ho fatto capire chiaro e tondo: avranno la mia casa solamente dopo che sarò morto!». «Va bene, va bene, ho capito anch’io! Però cerca di sopravvivere il più a lungo possibile, se non altro per non dargli soddisfazione!» disse Gina, ridendo apertamente e sonoramente. Alla sua risata si aggiunse anche quella di Mario che annuiva con il capo. «Farò tutto il possibile, sta’ tranquilla. Ma quanto è buona anche questa tisana! Sai che se avessi un bar e le servissi ai clienti faresti tanti di quei soldi!». «Può darsi, ma non ho certo voglia di mettermi a lavorare come una schiava! Ho già lavorato abbastanza nella mia vita finché non ho dovuto licenziarmi per assistere il mio povero marito. È stato un calvario. Povero Alberto, quanto ha patito prima che
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quel maledetto cancro se lo portasse via! Be', non ci voglio più pensare. Ora, con la mia piccola pensione e parte della sua, vivo bene senza dover lavorare e posso dedicarmi alla mia passione». «A proposito che lavoro facevi?». «Ero commessa in un’erboristeria». «Adesso capisco perché sei così brava! Devi conoscere più che bene tutte le erbe!». «Infatti, ma la mia passione è un’altra. Hai visto le mie rose? Non sono belle?». Mario spostò lo sguardo verso il giardino e, conoscendo Gina, disse: «Sono belle davvero e disposte nel modo giusto, cioè, voglio dire, hai alternato i colori in modo che la fioritura sia piacevolissima per chiunque la guardi e abbia un po’ di buon gusto, s’intende!». Tutta contenta per quel complimento, la donna, ringalluzzita, domandò: «Ancora un po’ di tisana?» e Mario, felice, le porse la tazza da riempire.
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CAPITOLO III
Gina Botta era intenta a bagnare le sue rose. Non pioveva da circa dieci giorni e si vedeva che erano assetate. Alzò lo sguardo e vide Mario alla finestra della sua camera. «Ehilà, Mario!» esclamò. «Come va stamattina? Un po’ meglio?». Il vicino, il giorno precedente, mentre stavano conversando piacevolmente, le aveva confessato che ogni tanto aveva un po’ di nausea. «Magari sono le nuove pillole che il medico mi ha prescritto per la pressione» aveva commentato. «Probabilmente sono troppo forti, ma lui dice che soffro di ipertensione e che devo tenermi riguardato, anche per via del mio disturbo al cuore…». «Oggi mi sembra vada meglio, grazie» le rispose. «Ho avuto un po’ di vertigine quando ho messo i piedi giù dal letto, ma sono rimasto seduto, poi mi sono alzato con cautela e non ho accusato più nulla. Ora faccio colazione e prendo le mie
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medicine… mi raccomando, annaffiale bene eh?» concluse, sorridendo. «Stai pur certo che non le lascio senza le mie cure. Più tardi darò loro un po’ di fertilizzante, ma poco però perché è meglio andarci cauti in questa stagione…» gli spiegò, ma quando alzò gli occhi vide che Mario non era già più alla finestra. *** Al suono del campanello, Mario si domandò chi fosse venuto a trovarlo. Guardò l’orologio: erano quasi le sei di sera, un’ora un po’ insolita per ricevere visite, almeno per quanto lo riguardava. “Speriamo che non sia di nuovo Minghetti o, peggio ancora, Fiori!” pensò. Si augurava, infatti, di non aver niente a che fare con quell’imprenditore presuntuoso e invadente, che non aveva nessun rispetto per gli altri e a cui interessavano solo i propri guadagni. Si trovò davanti, invece, una giovane donna che non conosceva. Era talmente bella che Mario rimase piacevolmente colpito.
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«Spero di non disturbarla» disse la donna. «Mi concede di entrare?». Nonostante la sorpresa per quella visita inaspettata, Salvi stava per farla accomodare, quando lei disse: «Permetta che mi presenti. Mi chiamo Ester, Ester Fiori e questo è per lei». E gli porse un incarto che aveva tutta l’aria di essere un vassoio di paste. A quel nome, Mario sussultò. A questo era arrivato quel bastardo di Fiori, a mandargli anche la moglie! «Scusi, ma non capisco il motivo della sua visita e neppure di questo presente!» reagì in modo scortese e facendo cenno di chiuderle la porta in faccia. «No, la prego!» esclamò subito lei. «Non mi mandi via. Devo solamente parlarle un attimo, non le prenderò molto tempo, sia gentile…». E accompagnò la richiesta con un sorriso e un’espressione così disarmanti, che l’uomo, nonostante fosse estremamente seccato, decise di assecondarla. “Del resto” pensò “io sono sempre stata una persona educata. L’ascolterò e a mandarla via avrò sempre tempo!” «Grazie» disse la giovane entrando e, al cenno di Salvi, si sedette su una poltroncina del salotto. «Posso offrirle qualcosa?» domandò Mario, tanto per rimarcare la sua buona educazione con quel gesto che considerava
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magnanimo. «Ho giusto una tisana che mi è stata data da un’amica ed è buonissima, se le può far piacere…». «La ringrazio, in effetti avrei un po’ sete… fa già caldo…». L’uomo si diresse verso la cucina e tornò con un vassoio su cui erano posate una caraffa e due tazze in cui versò un liquido ambrato. Ester prese la tazza e ne bevve un piccolo sorso che, però, le provocò un senso di nausea, per cui la posò subito. «Che c’è, non le va a genio?» osservò Salvi. «No, mi scusi, è… è colpa del mio stato». E, all’espressione interrogativa dell’uomo, continuò: «Vede sono incinta. L’ho saputo con certezza proprio poco fa e anche per questo motivo ho deciso di venire a trovarla. Mio marito ha investito molto in questo borgo e non può realizzare il suo progetto perché lei…». «Perché io non me ne voglio andare» la interruppe lui. «Esatto ma…». «No, no, mi ascolti bene prime di continuare. Io da qui non me ne vado! È chiaro? Ho vissuto più di quarant’anni con mia moglie in questa casa e non ho nessuna intenzione di lasciarla!». «Lo
capisco,
soluzione…».
ma
mio
marito
potrebbe
offrirle
una
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«No!» esclamò con foga Salvi. «Qualunque soluzione per me non andrebbe bene e mi meraviglio di suo marito! Oltre al suo tirapiedi manda anche la moglie e incinta per di più! Credeva di potermi impietosire? No, non se ne parla. Mi dispiace ma la prego di andarsene e si riprenda i suoi pasticcini!». Ester balzò in piedi all’istante. «Decisamente credevo che lei fosse un’altra persona. Speravo… non so neppure io cosa speravo, ma non volevo impietosirla come dice lei, solo dirle che dovremo pensare al futuro di nostro figlio…». «Ah, vorrebbe insinuare che non avete abbastanza soldi per mantenere un bambino? Ma per piacere! Non credo assolutamente che la vostra sia una condizione disagiata. E ora la prego nuovamente di andarsene e di non farmi più perdere tempo inutilmente». Ester si avviò verso la porta. Dopo averla aperta, si girò e squadrò l’uomo con uno sguardo in cui si poteva rilevare tutto l’odio di cui era capace, dicendo: «Non mi ha mandato mio marito. È stata una mia iniziativa questa, ma purtroppo mi è andata male. Comunque i pasticcini non li voglio. Li mangi alla mia salute e buon pro le facciano!».
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Mario Salvi la seguì con lo sguardo finché non salì in macchina e non si fu allontanata. Era ancora scosso e agitato per quella visita. “Una donna così bella e così venale!” pensò “Che peccato!” Poi gli occhi gli caddero sul vassoio, lo aprì e, alla vista di quelle paste, gli venne l’acquolina in bocca. “Non dovrei, non dovrei proprio.” si disse, mentre con la mano prendeva uno di quei dolcetti e lo portava alla bocca. Infine, si giustificò pensando che il vassoio non era tanto grande, che le paste non potevano pesare più di tre etti e che, ogni tanto, uno strappo alla regola poteva ben concederselo. Ne mangiò più della metà e mise il resto nel frigo per il giorno dopo. *** Daniele Fiori era a dir poco furioso. Doveva smetterla di fidarsi di quel buono a nulla di Minghetti, lo sapeva. Già due volte l’aveva mandato dalla Botta e dal Salvi e non aveva concluso nulla! Era decisamente un incapace! E pensare che suo padre gliel’aveva raccomandato come uno che sapeva il fatto suo. «Se hai bisogno di una persona che convinca qualcuno a fare qualcosa che non vorrebbe mai fare, rivolgiti a Piero. Credimi, più di una volta l’ho ingaggiato ed è sempre riuscito nel suo
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intento, che poi era anche il mio. Sai quante volte Minghetti ha fatto recedere dai loro propositi uomini o donne che erano decisi a non fare una determinata cosa? Come ci riuscisse non lo so, ma so che mi ha sempre soddisfatto!». Così gli aveva detto suo padre e perciò si era rivolto a lui ma senza esito, purtroppo. Accidenti! Gli era capitata un’occasione unica per sfondare nel suo campo di costruttore edile. Il borgo che aveva individuato era il luogo ideale per costruire: vedeva già nella sua mente i due magnifici palazzi che vi sarebbero nati, al posto di quelle malandate casette! Be', tre erano praticamente cadenti e, infatti, era riuscito ad acquistarle a un prezzo quasi irrisorio tanto erano felici gli eredi dei defunti proprietari di disfarsene, ma due continuavano a restare in piedi, purtroppo, perché erano abitate da quei vecchiacci! Se doveva essere sincero con se stesso, però, il vecchiaccio era uno solo, quel Mario Salvi che non ne voleva sapere di andarsene, nonostante Minghetti avesse fatto ricorso a tutta la sua capacità di persuasione proponendogli una bella sommetta, oltre a un alloggio in una zona centrale della città. «Ho cercato di convincerlo ponendogli davanti mille argomentazioni. Gli ho fatto presente che, data la sua avanzata età, quella sistemazione sarebbe stata molto più comoda a fronte di una casa praticamente isolata, lontana da negozi e
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farmacie e non servita da autobus di linea. Inoltre, con la sua salute cagionevole, vivere in un alloggio in città, magari nelle vicinanze del figlio, sarebbe stato un vantaggio notevole!» gli aveva riferito Minghetti. «Invece, lui dapprima mi ha domandato come facevo a sapere che era cagionevole di salute e, poiché io non sapevo che dirgli, ha aggiunto che mai e poi mai avrebbe ceduto. Che lui ci sarebbe morto in quella casa! Era talmente arrabbiato che credevo volesse prendermi a calci! A quel punto, ho dovuto lasciar perdere, girare sui tacchi e venire via». Insomma, suo malgrado, doveva convenire che quel Salvi era davvero un osso duro, pur essendo un vecchiaccio! L’altra, quella Gina Botta, non era poi tanto vecchia: era una donnina che non dimostrava più di sessant’anni, ancora in forma e piuttosto piacevole, anche se molto esile, ma l’esilità riguardava solamente il suo fisico, non il carattere. Neppure lei aveva accettato la proposta di Minghetti. Però quest’ultimo gli aveva riferito che, nonostante il diniego, la donna gli aveva dato l’impressione di essere meno testarda del vicino e che, forse, se si fosse ritrovata l’unica abitante di quel borgo, avrebbe ceduto. Fiori pensava a quel progetto che gli stava sfuggendo dalle mani per colpa dell’ostinazione di una sola persona. Rimuginava sui soldi che aveva investito inutilmente,
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nella speranza di ricavare profitti ben maggiori. Pensava anche a coloro che aveva già contattato e che sarebbero stati interessati ad acquistare gli appartamenti sorti in quei palazzi! Quanto avrebbe potuto guadagnare! Era certo che li avrebbe venduti a peso d’oro, solamente considerando il panorama di cui avrebbero potuto godere i proprietari di quegli alloggi. Al mattino avrebbero visto il sorgere del sole e, nelle serene notti estive, un magnifico cielo trapuntato di stelle, come non si potevano certo scorgere abitando in città. Mentre si arrovellava in tutte quelle riflessioni, continuava ad andare avanti e indietro nel suo ufficio. Il giorno precedente Minghetti era arrivato in ritardo. Fiori aveva pensato che la trattativa avesse richiesto più tempo e che questa volta fosse andata a buon fine ma, quando aveva visto giungere l’uomo e scrutato la sua faccia seria e cupa, aveva capito che non vi erano speranze. Ma ora che doveva fare? Ammazzare quel Salvi? Allontanò subito quel pensiero dalla mente ma sapeva ciò che avrebbe fatto. Intanto avrebbe
licenziato
Minghetti,
poi
si
sarebbe
recato
personalmente da quei due. Mentre indossava la giacca per mettere in atto il suo proposito, ricordò all’improvviso l’impegno di quella sera. Ester, sua moglie, aveva organizzato una cena con amici e lui non poteva mancare. Purtroppo
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doveva rassegnarsi. Si sarebbe recato a parlare con Mario Salvi un’altra volta. “Però, a pensarci bene” ragionò “sarebbe molto meglio se prima andassi a parlare a suo figlio. Magari, se lo alletto con un bel po’ di soldini, lui tenterà di convincere il padre e, comunque, tentar non nuoce!” Decise quindi di telefonargli e, benché recalcitrante, Giorgio Salvi accettò di fissargli un appuntamento per la mattina dopo alle nove. Era tanto nervoso che rientrare a casa non lo tentava. Era meglio restare ancora un po’ in ufficio e avvisare la moglie che sarebbe arrivato in tempo per la cena fissata per le ventuno, ma che avrebbe tardato un po’ più del solito. Al telefono rispose Mariana, la loro cuoca. «La signora è uscita». «Uscita? E dov’è andata e per quale motivo?». Era strana quell’assenza, tanto più che Ester, in occasione di una cena, non si defilava mai perché sovrintendeva di persona a tutti i preparativi. «Non saprei, signore. Non mi ha detto il motivo, solo che sarebbe rientrata presto perché avrebbe preso l’auto». Daniele ringraziò ma rimase molto sorpreso. Generalmente Ester evitava di guidare perché non le era mai piaciuto. Poi,
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uscire proprio quella sera! Mah, doveva aver avuto un motivo ben importante che non riusciva a capire. Scartò subito l’idea di un amante. Non era da lei e loro due si amavano troppo per pensare a una simile eventualità. In ogni caso, l’avrebbe interrogata! Dopo la cena, magari, o l’indomani mattina… Per un po’ si dedicò al lavoro ma era così irritato dalla notizia appena appresa, che non riuscì a concentrarsi più di tanto. Decise allora di rientrare. Giunse a casa un po’ prima delle otto, convinto di non trovare la moglie, invece Ester era già lì e gli corse incontro: «Tesoro!» lo accolse. «Mariana mi ha detto che ritardavi, invece sei qui!». Lo abbracciò e baciò con tale trasporto che Daniele dimenticò il motivo del suo nervosismo. )LQH DQWHSULPD &RQWLQXD
INDICE
CAPITOLO I ............................................................................. 5 CAPITOLO II ......................................................................... 12 CAPITOLO III ........................................................................ 16 CAPITOLO IV ........................................................................ 27 CAPITOLO V ......................................................................... 32 CAPITOLO VI ........................................................................ 39 CAPITOLO VII ...................................................................... 47 CAPITOLO VIII ..................................................................... 55 CAPITOLO IX ........................................................................ 61 CAPITOLO X ......................................................................... 65 CAPITOLO XI ........................................................................ 71 CAPITOLO XII ...................................................................... 80 CAPITOLO XIII ..................................................................... 86 CAPITOLO XIV ..................................................................... 93 CAPITOLO XV .................................................................... 101 CAPITOLO XVI ................................................................... 114 CAPITOLO XVII.................................................................. 119 CAPITOLO XVIII ................................................................ 124 RINGRAZIAMENTI................................................................... 129
AVVISO NUOVO PREMIO LETTERARIO La 0111edizioni organizza la Terza edizione del Premio ”1 Giallo x 1.000” per gialli e thriller, a partecipazione gratuita e con premio finale in denaro (scadenza 31/12/2020) www.0111edizioni.com
Al vincitore verrà assegnato un premio in denaro pari a 1.000,00 euro. Tutti i romanzi finalisti verranno pubblicati dalla ZeroUnoUndici Edizioni senza alcuna richiesta di contributo, come consuetudine della Casa Editrice.