In uscita il 31/7/2017 (14, 0 euro) Versione ebook in uscita tra fine luglio e inizio agosto 2017 ( ,99 euro)
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ANNA CALCIOLARI
LE STREGHE DI LAGOAZZURRO
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LE STREGHE DI LAGOAZZURRO Copyright © 2016 Zerounoundici Edizioni ISBN: 978-88-9370-119-8 Copertina: immagine Shutterstock.com
Prima edizione Luglio 2017 Stampato da Logo srl Borgoricco – Padova
A Lucia e a Laura
“Essere davvero solidali con chi è lontano e diverso da noi è molto difficile, ma se ognuno praticasse la solidarietà nei confronti di chi gli vive immediatamente accanto, questa si diffonderebbe fino agli angoli più remoti del mondo, come un contagio. Come una magia.”
LE STREGHE DI LAGOAZZURRO
Maria si girò un’altra volta per controllare che nessuno le avesse viste. Era ben nascosta dietro un albero e guardava giù per il sentiero che portava al lago. Non si vedeva nessuno. Si girò, si chinò in avanti e si infilò in uno stretto passaggio tra gli alberi, quasi impossibile da vedere. Forse era sempre troppo preoccupata, come le dicevano le sue amiche, ma era molto meglio essere prudenti che rischiare di essere viste. Le altre erano già arrivate alla casetta, non erano mai abbastanza attente quelle due! C’era sempre qualcuno in giro sulle colline intorno al lago, avrebbero potuto vederle. Tra loro tre, lei era certamente la più attenta, la più riflessiva, era sempre stato così. Lara invece era la più spericolata. Sì, la faceva ammattire e quando stava con lei non sapeva
mai come sarebbe andata a finire, ma in fondo, era stato grazie alla sua curiosità se tutto era cominciato. A questo pensava Maria mentre entrava nel sentiero segreto per raggiungere le ragazze alla casetta. Certo lei, il giorno in cui avevano scoperto la casetta, non ci sarebbe mai arrivata se Lara e Rosalinda non l’avessero costretta a seguirle per quel sentiero misterioso. E questa era stata la prima cosa strana, perché quel sentiero non c’era mai stato prima nel bosco di Lagoazzurro.
Lagoazzurro era una piccola città, ma molto molto carina, davvero speciale, con grandi alberi ai lati delle strade che regalavano una bella ombra alle case. Ovunque c’erano aiuole piene di fiori, perché il clima era mite, e la città sorgeva proprio sulle rive del Lago Azzurro, da cui naturalmente aveva preso il nome. Il lago, in effetti, era uno specchio d’acqua azzurra,
tranquilla, abbastanza grande da farci un bel giro in barca, e con due spiagge di piccoli sassi rotondi. Ci andavano tutti al lago: i ragazzi per fare il bagno e tuffarsi dai rami degli alberi che si protendevano sull’acqua, le famiglie per fare i pic-nic la domenica, le coppie di anziani la sera per passeggiare e prendere il fresco quando faceva caldo. Il lago era come un abitante della città , tutti lo amavano molto e per questo non avevano voluto costruire ristoranti, bar o chioschi delle bibite sulle sue spiagge. Non volevano abbattere i bellissimi alberi del bosco che girava intorno al lago per costruire strade asfaltate e parcheggi per le macchine. Il lago era lÏ da molto tempo prima che fosse costruita la città e andava rispettato. Quando ancora Lara, Maria e Rosalinda erano piccole, erano arrivati in città alcuni signori che, a quanto avevano detto, erano i proprietari di una catena di hotel e ristoranti. Volevano comprare una parte del bosco e una delle spiagge per costruire un hotel-ristorante proprio sul lago che, secondo loro,
avrebbe portato molti turisti alla città e, quindi, molti soldi per tutti. Il sindaco, che era il padre di Lara, aveva indetto una riunione nella sala grande del palazzo comunale. Tutti ci erano andati. Il sindaco, teso e silenzioso, aspettava i suoi concittadini in piedi dietro il grande tavolo. Quando gli ultimi erano arrivati, la sala era talmente piena che parecchi erano dovuti restare fuori. Senza fare giri di parole inutili, cosa che non amava, proprio come sua figlia, il sindaco aveva chiesto semplicemente se qualcuno era d’accordo con la costruzione dell’hotel sulla riva del lago. Nessuno era d’accordo. Il sindaco si era rilassato, aveva sorriso. Ne era sicuro. Il giorno dopo, senza fare tante chiacchiere, gli abitanti di Lagoazzurro avevano rispedito i signori della catena di ristoranti da dove erano venuti. Il lago era un rifugio. Chi era stanco, chi era triste andava a camminare in riva al lago, o si tuffava nell’acqua azzurra e fresca, tra le mille libellule che sfioravano la superficie; tornato a casa, si sentiva meglio. Era un
luogo magico. Ma quanta magia in realtà fosse nascosta tra gli alberi del lago, Lara, Maria e Rosalinda lo scoprirono un pomeriggio di gennaio. Dopo pranzo, erano uscite tutte e tre di casa contemporaneamente,
come
quasi
ogni
giorno.
Passavano le loro giornate insieme da quando erano nate. Erano tre ragazze molto in gamba e unite come sorelle. Lara e Maria abitavano una di fronte all’altra e Rosalinda poco più avanti sulla stessa strada, nel centro di Lagoazzurro. Era il primo giorno dell’anno, ma anche d’inverno il clima non era mai molto freddo e quella giornata in particolare era tiepida e soleggiata, prometteva molto bene. «Avete visto ragazze che bella giornata! Santa pace! Sembra quasi primavera! Oh guardate là! Le aiuole stanno già fiorendo! Che meraviglia!» Detto questo, Rosalinda era partita saltellando verso
un’aiuola del giardino del palazzo comunale, con i lunghi capelli biondi e lisci che ondeggiavano di qua e di là. Era sempre così: aveva un animo sensibile, era entusiasta per ogni cosa e soprattutto la emozionava la natura. Andava matta per piante, piantine, fiori, germogli… la sua stanza era piena di vasetti in cui coltivava le più diverse specie di piantine, per non parlare degli animali. Tre gatti, di cui uno senza una zampa, un cane cieco, una tartaruga, più tutti gli uccellini, i ricci, insetti e mammiferi vari feriti o abbandonati che trovava in giro e che portava a casa per curare. Una volta guariti, li liberava facendo loro mille raccomandazioni, perché non sopportava di tenere un animale in gabbia. Era convinta che loro la capissero e a giudicare da come gli animali, anche quelli selvatici, si fidavano di lei, veniva da pensare che fosse davvero così. Sua madre all’inizio aveva cercato di opporsi a quella specie di zoo e orto botanico che la figlia stava costruendo in casa, ma poi si era dovuta arrendere. La
sensibilità e la generosità di Rosalinda conquistavano tutti. Aveva una grande conoscenza della natura: la sua stanza era zeppa di libri di botanica e zoologia. «Dai Rosi andiamo!» la chiamarono le sue amiche. Rosalinda si staccò a malincuore da quei fiori di calendula appena sbocciati e seguì le sue amiche verso il lago. «Cosa facciamo oggi?» chiese Maria. Era contenta perché durante le vacanze la madre non lavorava e lei non doveva tornare a casa presto per occuparsi di suo fratello. Era una ragazzina molto responsabile e attenta e si occupava sempre di suo fratello fino a che la mamma non tornava dal lavoro. Ma qualche volta era felice di essere libera e di non dover tenere continuamente sotto controllo quella peste. «Perché non facciamo il primo bagno della stagione?» propose Lara. «Il bagno?» disse Maria. «Ma Lara, sei matta! È ancora troppo freddo! Sai che raffreddore ci prendiamo se
facciamo il bagno oggi! Non è mica estate!» «Oh Mari! Se fosse per te, non dovremmo fare mai niente! Ricorda: devi tentarla una cosa per sapere se funzionerà.» Quello era il motto di Lara. «Non se parla neanche! A parte che non abbiamo nemmeno i costumi.» «Ma chi se ne importa! Lo facciamo lo stesso, non ci vede nessuno!» Lara era così. Per lei una giornata non era degna di essere vissuta senza un’avventura e non aveva mai paura di niente. Se una cosa andava fatta, lei ci si buttava fino in fondo, fino a che non aveva visto tutto quello che c’era da vedere, e più pericolosa si presentava la missione, meglio era. Lei e Maria erano proprio
due
poli
opposti
e
battibeccavano
in
continuazione. A cominciare dall’aspetto erano molto diverse: Maria aveva i capelli lunghi e castani sempre perfettamente raccolti in una coda ordinata, stava attenta a non sporcarsi i vestiti e si controllava ogni volta prima
di uscire per vedere di essere in ordine. Lara aveva una chioma di ricci neri e disordinati che pettinava raramente e non faceva mai molto caso a quali vestiti si metteva. Ma in realtà, si compensavano perfettamente e avevano bisogno l’una dell’altra. Lara trascinava Maria in avventure ardite che lei non avrebbe avuto il coraggio di vivere da sola e che rendevano la vita di certo più interessante e divertente. Maria, con la sua prudenza, sapeva fermarla prima che l’avventura si trasformasse in un guaio serio. E poi c’era Rosalinda, che con il suo entusiasmo e la sua dolcezza dava stabilità al loro trio. Continuando a discutere sulla possibilità o meno di fare il bagno nel lago, arrivarono nel bosco e cominciarono a scendere il sentiero che portava alla spiaggia. Il bosco era fresco e silenzioso, le foglie secche e i rametti scricchiolavano sotto i piedi. A un certo punto Lara si fermò. Guardava verso sinistra: con la coda dell’occhio aveva intravisto qualcosa. Si chinò a guardare tra i rami fitti degli abeti.
«Ho visto qualcosa. Mi sembra che ci sia un sentiero.» «Un sentiero? Non c’è mai stato un sentiero qui!» disse Maria. «Venite!» Lara si chinò in avanti fino quasi a mettersi a quattro zampe e si infilò in uno stretto passaggio tra gli alberi. «Ma Lara! Non c’è nessun sentiero da questa parte!» protestò Maria. «Dai Mari vieni!» Si ritrovarono, invece, su uno stretto sentiero tra alti cespugli e alberi dal tronco sottile. Sopra le loro teste, i rami si richiudevano, sembrava di essere in una galleria verde. La luce era soffusa e verdina e c’era un gran silenzio. Le tre ragazzine cominciarono a camminare una dietro l’altra guardandosi intorno. «Ma Lara, tu lo avevi mai visto questo sentiero?» chiese Rosalinda a bassa voce, perché quello strano luogo le incuteva un po’ di timore. «No. Non lo avevo mai visto, ma neanche ne avevo mai
sentito parlare da qualcuno.» «Non trovate che sia bellissimo?» continuò Rosalinda. «Sembra di camminare in una galleria di piante!» «Ragazze, secondo me dovremmo tornare indietro» disse invece Maria. «Non se ne parla neanche Mari! Dobbiamo vedere dove porta questo sentiero. E comunque, è molto strano… non si sentono neanche gli uccelli.» Continuarono a camminare in silenzio. Dopo circa una ventina di metri, il sentiero si allargava in una piccola radura. Al centro c’era una casetta di legno. Il sentiero finiva lì, non continuava più oltre. Le ragazze fecero un giro intorno alla casetta. Era poco più grande di un capanno degli attrezzi, ma rifinita come una casa sull’albero. Doveva essere stata molto graziosa quando era nuova, ma ora era abbastanza rovinata dal tempo, sembrava piuttosto vecchia. Il tetto aveva ancora delle tracce di colore verde, le pareti e la porta erano rosse, anche se la vernice era in buona parte scrostata. Nella
porta c’era una stella traforata nel legno. L’erba le era cresciuta tutta intorno tanto che sembrava fosse nata anche lei dal terreno, come se fosse parte del bosco. Sembrava abbandonata da molto tempo. «Oh! Ma che carina!» disse subito entusiasta Rosalinda. «Ma da dove è uscita questa casetta?» chiese Lara. Erano molto sorprese. Quella casetta era saltata fuori dal nulla. «Com’è possibile che non l’abbiamo mai vista?» disse Maria. Lara le fece un giro intorno. «Sembra abbandonata da anni.» «Oh! Mi è venuta un’idea bellissima: perché non ci facciamo il nostro covo segreto!» propose Rosalinda con gli occhi che le brillavano. «È un’idea niente male Rosi, sempre che quando apriamo la porta non ci caschi tutto in testa!» Così dicendo, Lara si avvicinò alla porta. Moriva dalla voglia di vedere cosa c’era dentro. Appoggiò la mano al
pomello di legno e provò a tirare leggermente. Niente. Provò a tirare un po’ più forte. Scricchiolando la porta si aprì, appena una fessura. «È aperta!» strillò Rosalinda. «E se ci sono dei topi, o dei pipistrelli?» chiese Maria. «Beh, in effetti, qualche topo potrebbe esserci, ma sarà già scappato!» rispose Lara. «Ah no! Io non ci entro!» Maria fece un passo indietro, ma poi la curiosità fu troppa e allungò il collo per vedere. Lara tirò ancora con tutte e due le mani e la porta si aprì, lasciando entrare un po’ di luce. Sbirciarono all’interno. Topi non se ne vedevano, anzi, all’interno la casetta sembrava stranamente pulita, ed era vuota. La luce filtrava attraverso alcune fessure del tetto e creava dei nastri che attraversavano tutta la piccola stanza e colpivano il pavimento. Con cautela, entrarono e si guardarono intorno. «Non c’è niente!» disse Rosalinda delusa. «Che
peccato! Speravo che avremmo trovato un baule con qualche tesoro!» «Sì
figurati!
Il
tesoro
dei
“famosi”
pirati
di
Lagoazzurro!» rispose Lara. Poi provò ad aprire l’unica finestra che c’era. Era chiusa da due ante che avevano al centro la stessa decorazione a forma di stella che c’era sulla porta. Dopo qualche tentativo, le due imposte di legno si aprirono in una nuvola di polvere. In effetti, dentro non c’era proprio niente. Poi, però, Lara si accorse che qualcosa c’era. «Ehi! Guardate qui!» Sulla parete opposta alla finestra era appeso un piccolo quadro con la cornice di legno, ma l’immagine non si vedeva bene perché era coperto di polvere. Con la manica della maglia Lara tolse la polvere dal vetro. Restarono in silenzio tutte e tre a guardare. Era un dipinto. Rappresentava tre donne in piedi: si tenevano per mano dandosi la schiena, avevano gli occhi chiusi e formavano un cerchio. Indosso portavano vestiti scuri
che sembravano abiti del passato, con i corpetti stretti ma le gonne lunghe e larghe. Da molto, molto tempo quel dipinto aspettava di essere guardato. Le ragazze restarono in silenzio per qualche minuto a guardare il quadro e ognuna di loro provava una strana sensazione, un misto di curiosità e paura che non avrebbe saputo spiegare. Poi Lara lo girò. Dietro c’era una scritta incisa nel legno, ma le lettere erano piccole. Piene di curiosità, si spostarono vicino alla finestra per riuscire a leggere la scritta. E Lara lesse ad alta voce: «NASCOSTE
NEL
FOLTO
DEL
BOSCO,
INVOCHIAMO IL TUO POTERE CHE SIA IL NOSTRO.» Più sotto c’era incisa una data: 1910. Si guardarono in faccia. Poi tornarono a guardare la scritta incisa nel legno del piccolo quadro. «Sembra… una formula magica» disse Lara.
«AAAAAAAAAAAAH!» gridò Rosalinda. «SONO STREGHE! SONO DELLE STREGHE! E QUESTA È UNA FORMULA MAGICA! Oh! Non ci posso credere!» «Ma Rosi… streghe! È solo un quadro!» disse Maria. Lara guardava con attenzione il quadro: «Vedete lo sfondo dietro le tre donne? Secondo me è questa casetta, è un ritratto che è stato fatto in questa casetta, esattamente cento anni fa. Nel 1910.» In effetti, si vedevano le pareti di legno e un angolo della finestra con la stella intagliata. «Ragazze!»
cinguettò
Rosalinda
saltellando
per
l’agitazione. «Proviamo! Proviamo anche noi, siamo tre come loro! Ma ci pensate? Forse vivevano tre streghe cento anni fa qui a Lagoazzurro e questo era il nascondiglio in cui venivano a fare i loro riti magici, rimasto nascosto e abbandonato fino a oggi! E noi lo abbiamo trovato!» «Certo Rosi che la fantasia non ti manca!» disse Maria
guardandosi intorno. Lara era rimasta in disparte a guardare il quadro, a rigirarlo tra le mani, per vedere se trovava qualche altro particolare che potesse svelare un po’ quel mistero. «Esattamente cento anni fa…» bisbigliò tra sé. Era tutto molto strano. Primo, quel sentiero che era apparso all’improvviso. Erano passate di lì un milione di volte e mai si erano accorte che c’era un passaggio tra gli alberi? E poi… non avrebbe saputo spiegarlo chiaramente, ma lei quando si era girata e aveva scorto il sentiero, si era sentita come chiamare in quella direzione, come se qualcuno le avesse sussurrato nell’orecchio di girarsi da quella parte, che qualcosa le stava aspettando. E ancora: da dove usciva quella casetta delle favole? Loro o qualcun altro dei ragazzi della città prima o poi avrebbero dovuto trovarla! E invece, non ne aveva mai sentito parlare. E infine, le tre donne del quadro. Se quella casetta un tempo era servita per qualcosa, come riparo per qualcuno o come
magazzino, tutto quanto era stato portato via, tranne quello strano dipinto. «Lara!» la chiamò Rosalinda. «Proviamo! Proviamo a recitare la formula magica del quadro!» «Va bene, proviamo!» «Oh! Ma dai ragazze, che sciocchezza! Giochiamo a fare le magie adesso!» «Dai Mari non brontolare sempre! Proviamo, chissà magari è una formula magica che esaudisce tutti i desideri!» rispose Lara con uno dei suoi migliori sorrisi ironici. «Su, mettiamoci in cerchio come loro.» «Dai Mari ti prego, proviamo solo una volta!» la supplicò Rosalinda tirandola per un braccio. «Va bene, va bene!» Si misero al centro della casetta, si girarono ognuna verso una parete dandosi le spalle, come nel quadro, poi si presero per mano. «Allontaniamoci un po’, dobbiamo formare un cerchio»
disse Lara. «Un
momento
ragazze,
che
magia
chiediamo?
Invochiamo il potere del bosco per chiedere qualcosa no?!» «Sì, hai ragione Rosi…» rispose Lara riflettendo. «Trovato! Chiediamo la pioggia! Fuori il cielo è azzurro e non c’è neanche una nuvola, se la “formula magica” è proprio magica, allora vediamo se riesce a far piovere!» «D’accordo, chiediamo la pioggia! Allora ragazze, chiudete gli occhi e poi la diciamo in coro… aspetta, com’è la formula?» chiese Rosalinda. Lara aveva riappeso il quadretto al chiodo, ma se la ricordava perfettamente. «Bene allora, pronte?» In coro pronunciarono le parole dell’incisione e fecero la loro richiesta: «NASCOSTE
NEL
FOLTO
DEL
BOSCO,
INVOCHIAMO IL TUO POTERE CHE SIA IL
NOSTRO. CHIEDIAMO LA PIOGGIA.» Appena ebbero pronunciato queste parole, qualcosa di strano accadde a ognuna di loro. Avvertirono come un capogiro, la testa che girava leggermente e un improvviso senso di stanchezza alle gambe: si sentirono per qualche secondo spossate e con la voglia di sedersi. Restarono immobili. Dentro e fuori la casetta tutto era silenzio. Poi: “TOC”. Un rumore secco sul tetto. Poi ancora: “TOC… TOC… TOC…” Qualcosa cadeva sul tetto. Aprirono gli occhi, si guardarono. Lara corse alla porta e uscì fuori. Le altre la seguirono. Pioveva. Restarono ferme sotto la pioggia a guardarsi, poi Maria rientrò. «Avanti, venite dentro, non state lì a bagnarvi!» disse. Cercò di parlare in modo calmo, come se non fosse successo niente, ma la strana sensazione che aveva
provato prima l’aveva lasciata turbata. Rosalinda e Lara rientrarono nella casetta, avevano i capelli umidi. Dopo un po’, per prima fu Rosalinda a fare una domanda: «Ma secondo voi siamo state noi a far piovere?» «No. Non è possibile! Non diciamo assurdità! Quante volte piove all’improvviso sul lago? Succede spesso» rispose Maria. «Va bene, sapete cosa facciamo, riproviamo, così lo scopriamo subito. Chiediamo che smetta di piovere!» «Ragazze, io voglio andar via!» disse Maria. «Va bene Mari, facciamo così, proviamo per l’ultima volta, chiediamo che smetta di piovere, e poi se non vuoi, non torneremo mai più. Rosi?» Rosalinda fece segno di sì con la testa. Così, si presero di nuovo per mano, si girarono e chiusero gli occhi. «NASCOSTE
NEL
FOLTO
DEL
BOSCO,
INVOCHIAMO IL TUO POTERE CHE SIA IL NOSTRO. CHIEDIAMO CHE SMETTA DI PIOVERE.»
Fine anteprima. Continua…