Nel cuore e nell'Arma

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In uscita il 31/5/2017 (14,50 euro) Versione ebook in uscita tra fine maggio e inizio giugno 2017 (3,99 euro)

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MARCO CAMMALLERI

NEL CUORE E NELL’ARMA

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NEL CUORE E NELL’ARMA Copyright © 2016 Zerounoundici Edizioni ISBN: 978-88-9370-101-3 Copertina: immagine Shutterstock.com

Prima edizione Maggio 2017 Stampato da Logo srl Borgoricco – Padova


A Enrico Pigni



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L’ARMA CON GLI OCCHIALI SCURI

Rosalba era lì, al centro dell’attenzione. Era stata capace di radunare intorno a sé una moltitudine di gente. La maggior parte era composta da uomini che indossavano la divisa, la stessa di suo marito Antonio Rossi, brigadiere della stazione dei carabinieri di Cerro Maggiore, seduto sul banco più vicino alla bara chiusa, con le gambe accavallate e un’imperscrutabile espressione sul volto. In chiesa non mancava nessuno, ogni ufficiale della Compagnia di Legnano, ogni milite di stanza a Cerro, non aveva perso l’occasione per stringersi attorno al dolore del collega. Il maresciallo Paolo Pace, il comandante di Cerro, si era messo un po’ da parte appoggiandosi a una delle colonne della chiesa. Il parroco si dilungò come suo solito nell’omelia, ma commosse tutti quando sottolineò l’atteggiamento guerriero di Rosalba nei confronti del tumore al seno che se l’era portata via a soli trentanove anni. Negli ultimi mesi aveva aperto il suo cuore su Facebook e aveva condiviso con tutti i suoi contatti le sofferenze e, cosa ancora più preziosa, quei rari momenti di sorriso e di speranza. Così, durante la notte più lunga per il suo sposo, se n’era andata, consapevole che solo la morte avrebbe potuto porre fine alle sue tribolazioni. Quando il celebrante pronunciò: «La messa è finita», il maresciallo Pace e i colleghi del brigadiere, Corradi, Tasca e Conte, si avvicinarono alla bara prima degli altri e a spalla accompagnarono il feretro fino al carro funebre. «Maresciallo, il brigadiere è strano» sussurrò Conte appena chiuso il portellone dell’auto.


6 «Che intendi dire?» «Cioè, voglio dire… era rilassato, impassibile. Non sembrava il marito della morta.» «Conte, Rossi ha pianto tutte le lacrime che aveva durante la malattia, soprattutto nell’ultima settimana in ospedale. Per lui è come se Rosalba fosse morta già da un pezzo. Il funerale della moglie lo aveva vissuto insieme a lei.» «Ha ragione maresciallo. Spero solo che tornerà a lavorare con noi con lo stesso senso del dovere che aveva prima.» «Questo lo vogliamo tutti, ma lo sapremo solo fra qualche mese.» «E poi Rossi è ancora giovane ed è un bell’uomo» aggiunse Tasca. «Quando sarà pronto gli faremo conoscere qualche bella ragazza e…» Tasca non poté completare il discorso, il maresciallo lo aveva incenerito con una semplice occhiata. Al cimitero il brigadiere si sottomise al cerimoniale, mettendosi a disposizione per le condoglianze. Il colonnello fu l’unico a non togliersi gli occhiali da sole. A Rossi sembrò il solito segno di maleducazione da sopportare perché compiuto da chi è più alto in grado. Quella sarebbe stata una delle giornate che Rosalba avrebbe vissuto con più gioia: amava il sole abbagliante, capace di riscaldare in un lampo la frescura mattutina e costringere gli ingrati abitanti della terra a tenere giù lo sguardo e nascondere la vergogna dietro un paio di lenti scure. Quando la bara fu posta sullo stallo, Rossi chiese di poter vedere per l’ultima volta e da solo il viso della moglie. Si abbassò per baciarla e le parlò sottovoce; nessuno riuscì a percepire quel che le aveva bisbigliato. Gli addetti delle pompe funebri presero il coperchio e sigillarono la salma. Il brigadiere reagì voltandosi di scatto e si incamminò verso l’uscita senza dare confidenza a nessuno. «Ecco, questo è l’Antonio che conosco» si lasciò sfuggire Conte.


7 «Proprio così» aggiunse il maresciallo. «Dai su, andate a dare il cambio al piantone che hanno mandato dalla Compagnia, io intanto vado a tenere a bada il capitano. Quello sarebbe capace di offendersi se nessuno di noi non gli va a fare un po’ di riverenza.» Tornati in caserma, ricevettero le consegne dal collega. Nessuna chiamata, nessun cittadino si era recato in stazione: anche la delinquenza sembrava avere avuto rispetto del dolore del brigadiere e si era presa una mattinata di riposo. Il maresciallo rientrò qualche tempo dopo. «Maresciallo, porta novità?» chiese Tasca. «No, nessuna novità.» «Che facciamo ora?» «Nulla, se ci sarà qualche chiamata ci muoveremo. Oggi niente lavori extra, niente pulizie, niente stesura turni, niente. Appena sarà ora ce ne andremo a casa. Da domani si ricomincia come prima, tranne che per chi resterà qui stanotte, s’intende.» «Speriamo, ma con Rossi in quelle condizioni sarà difficile.» Non accadde nulla di significante fino all’ora di smontare. Quando erano capitate giornate simili ne avevano approfittato per andare tutti insieme in pizzeria, ma quella sera non c’erano i presupposti. Il maresciallo Pace ritornò subito a casa e chiamò via Skype Maurizio, il suo partner, un avvocato di Bologna. Si erano conosciuti una fredda sera di Febbraio, era il mercoledì delle ceneri. «Paolo, come è andata?» «Come vuoi che sia andata Maurizio? Antonio è distrutto, irriconoscibile.» «Non si può dargli torto. E poi Rosalba era una donna speciale. È stato grazie a lei che ci siamo conosciuti.» «Già.» E per celebrare l’addio a Rosalba rimembrarono il momento del loro incontro: Maurizio era ospite di un happening, e Rosalba aveva scommesso con Pace che quel ragazzo fosse


8 omosessuale nonostante non avesse mostrato alcun “indizio”; lei si era avvicinata e aveva iniziato a usare la sua carica sensuale nei confronti del giovane avvocato, aumentando gradualmente le avance, interrompendosi solo quando Maurizio, stizzito, le sussurrò in un orecchio: «Smettila, sono gay.» «Certo che tu non ne hai perso di tempo per farti avanti!» «Appena mi ha confermato che eri gay ho sentito il colpo di fulmine.» Si salutarono programmando il week-end, che per forza maggiore avrebbero dovuto trascorrere a Cerro, vista l’impossibilità di lasciare la stazione senza comandante. Spento il computer dopo essersi salutato con Maurizio, prima di indossare il pigiama si mise a pulire la lettiera di Caillou, il suo gatto. Beh, non era proprio il suo, era di un uomo che era stato ucciso, e lui si era dovuto occupare delle indagini riguardanti il caso ed era riuscito a scoprirne il colpevole consegnandolo suo malgrado a una giustizia, che di certo non era quella istituzionale. Caillou si era dimostrato un gatto speciale e dopo essere stato accudito da Conte per qualche tempo, il maresciallo ne aveva preteso la custodia e se lo portava in giro anche per lavoro. Più volte parlando con Caillou gli diceva: «I poliziotti hanno i cani, io ho il gatto carabiniere.» Si mise a letto e dopo avere rivisto nella mente Antonio abbracciare Rosalba si addormentò. Russava profondamente quando ebbe la sensazione di avere sentito il campanello della porta, ma convinto che fosse un’allucinazione si riappoggiò al cuscino. Dopo un po’ Caillou lo svegliò leccandogli le mani, e a quel punto sentì suonare il campanello. Si mise la vestaglia, prese la pistola e si avvicinò alla porta. «Chi è?» «Maresciallo, mi scusi per l’ora. Sono Gualtiero, il figlio del panettiere.» Pace osservò dallo spioncino per avere conferma.


9 «Gualtiero?» rispose aprendo la porta. «Che ci fai qui?» «Posso entrare?» Il maresciallo fece cenno di sì. Il ragazzo una volta entrato si butto tra le braccia di Pace. «Gualtiero, ma cosa ti succede?» «Maresciallo deve venire con me.» «Dove?» «Alla zona industriale di Cantalupo.» Il maresciallo si stupì; Gualtiero era sì ventenne, ma aveva sia la cultura sia la possibilità economica di andare con la ragazza in un motel per amoreggiare, non gli sembrava il tipo da ricorrere a quel ritrovo. «Che ci facevi là?» «Non è per me, maresciallo.» «E per chi, allora?» «Per Laura Marnati, la figlia del chirurgo.» «Laura? Ma avrà sì e no quattordici anni, che ci fa in un posto simile?» «Ci è morta.»


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SUCCEDE ANCHE QUESTO

Il maresciallo si rivestì con la velocità d’un trasformista. Prese le chiavi della Musa e uscì. Sulle scale iniziò a interrogare Gualtiero. «Dai, racconta. Perché sei andato là?» Il ragazzo fu sorpreso dalla domanda. «Ero con Adele, la mia ragazza. Avevamo voglia di starcene un po’ soli. Purtroppo non avevo granché in tasca e ho già prelevato troppo al bancomat, così siamo andati alla zona industriale.» «Mi meraviglio di te.» In silenzio si divisero, Pace scese al seminterrato per prendere l’auto, Gualtiero salì sulla sua Renault e attese che il maresciallo uscisse. Il piccolo panettiere fece strada e dopo qualche minuto si ritrovarono davanti al corpo di Laura. Il maresciallo si chinò e mise una mano sul collo della ragazza. Era fredda e rigida, era morta già da un bel po’, e la temperatura esterna con buona probabilità aveva accelerato il processo del rigor mortis. Mancava poco a che si accendessero le luci dell’alba. «Gualtiero, dov’è Adele?» «Appena ha visto il corpo ha avuto una crisi isterica e l’ho riaccompagnata a casa.» «Bene. Adesso tu stai qui con me e non ti muovi fino a quando non te lo dico io. Avverti tuo padre.» «Già fatto, tanto lui a quest’ora è già al lavoro.» «Gli hai detto che è morta la figlia di Marnati?» «E no! Non sono così pirla! Dopo avere accompagnato Adele sono venuto direttamente a casa sua. A mio padre ho detto che


11 tardavo. Il problema sarà preparare il pane per il pranzo. Quello lo faccio io tutte le mattine.» «Sappi giovanotto, che per oggi preparare il pane sarà l’ultimo dei tuoi pensieri.» Chiamò alla svelta in caserma, quella notte erano di turno. A rispondere fu Tasca. «Tasca, sono Pace. Chiama subito Conte e digli di venire con la macchina di servizio con le luci blu accese alla zona industriale di Cantalupo.» «Che cosa è successo, maresciallo?» «Un cadavere. Notte tranquilla?» «Mica tanto. La centrale mi ha detto che il Professor Marnati e la moglie hanno chiamato varie volte perché la figlia non è rientrata a casa.» «E cosa hanno risposto?» «Non lo so. Forse avranno detto loro che le ricerche iniziano ventiquattro ore dopo la scomparsa.» «Tasca, sta’ bene attento. L’ho trovata io. Morta.» «O mamma!» «Aspetto che arrivi qui Conte e poi diamo inizio alle danze. Tu cerca di stare calmo e fai quello che ti ho detto io.» «Signorsì, maresciallo.» Tasca aveva capito subito che la rogna era grossa e difficile da grattar via, ma sapeva che era tra le mani del maresciallo, e questo assicurava a tutta la caserma di Cerro molta serenità. Conte si presentò dopo un quarto d’ora. «Ma tu dormi in divisa?» chiese il maresciallo. Conte non rispose, non serve quando le domande sono retoriche. Anzi non disse proprio nulla, una volta visto e riconosciuto il corpo si affidò a Pace e attese ordini. La procedura non era proprio ortodossa e quindi continuarono su quella strada. «Allora Conte. Prendi la radio e chiama il Comando. Di’ loro che abbiamo trovato il corpo senza vita di Laura Marnati. Devi dirlo proprio con queste parole. E fai in modo che arrivino i fotografi


12 con Miss Universo.» Conte eseguì in modo impeccabile. I “fotografi” era il soprannome che ogni caserma della Compagnia di Legnano aveva attribuito alla scientifica, e Miss Universo era il loro capo, una donna alla quale avevano affibbiato quell’epiteto perché era di una bellezza statuaria, ma a vederla dava l’impressione di avere una strana convinzione: essere l’unica al mondo a possedere un apparato riproduttivo femminile. Nei pensieri di Conte, quelli malsani, ovvero quelli che cercano di sdrammatizzare momenti tragici come quelli, s’erano intrufolate due immagini particolari: l’eccitante visione mattutina della carabiniera nel suo splendore acqua e sapone, e il suo viso deluso di non essere riuscita nemmeno questa volta ad avere fatto uscire la bava dalla bocca del maresciallo. Il maresciallo attese con calma che arrivasse il momento giusto per chiamare il capitano, che lui sapeva essere amico del dottor Marnati. «Pronto capitano? Sono Il maresciallo Pace della caserma di Cerro.» Il capitano stava ancora dormendo e si fece raccontare due volte ciò che era accaduto. «Scusi, signor capitano se ho l’ardire…» «Maresciallo la faccia breve, ho già capito. Non si preoccupi: ci penso io ad avvertire il professore.» «E la Procura?» «A quello ci pensi lei.» Aveva ottenuto il cinquanta percento di quello che desiderava. Ora sperava di trovare reperibile come magistrato quello giusto. E anche qui fu accontentato a metà. Di turno c’era Lorenzi, un suo coetaneo molto capace e valido, con il quale però aveva avuto dei trascorsi un po’ burrascosi. «Allora maresciallo, che devo fare? Glielo chiamo?» lo incalzava al telefono l’uomo in Procura. Lui indugiò un attimo, non sapeva se fosse meglio chiamarlo di persona o lasciare che si seguisse la procedura normale. Optò per la seconda: «Lo chiami» e spiegò all’addetto come raggiungere il luogo.


13 Il maresciallo, nell’attesa che tutto il circo venisse a piazzare il tendone, tornò a interrogare Gualtiero, che si era ripreso un po’, o almeno così pareva. «Gualtiero, mi spieghi come avete fatto a trovare Laura?» «Di nuovo?» «Ancora non mi hai detto nulla. Allora, siete venuti qui e poi?» Il ragazzo finalmente capì. «Siamo arrivati qui che saranno state le due. Di solito vado su un altro piazzaletto, ma era occupato.» «Da chi?» «Come da chi? Da un’altra coppia.» «Che macchina era?» «Una Mercedes GLA.» «Targa?» «Adesso vuole troppo. Comunque, lì vicino c’era un altro posto e ci sono andato.» «E da lì si vedeva quell’altra macchina?» «Che ne so? Forse!» «C’era qualcuno dentro alla macchina?» «Che ne so?» ripeté sconfortato. «Ci sarà stata dentro una coppietta. I vetri erano belli appannati. Ma a lei cosa gliene frega?» «Senti ragazzino, le domande le faccio io e tu rispondi.» Non gli andava di spiegare a nessuno che dentro a quell’altra auto poteva esserci qualche altro testimone, che adesso avrebbe dovuto cercare e spenderci appresso molto tempo. «Va bene, alla macchina ci torniamo in un secondo momento, quando ti interrogheranno gli altri.» «Gli altri chi?» A quelle parole sia a Conte che a Pace venne voglia di mollare un manrovescio al ventenne, ottuso come un mattone. «Comunque, avete parcheggiato. E poi?» «Beh, prima di spegnere i fari, Adele ha notato che c’era qualcosa di strano. Le sembrava ci fosse qualcuno steso a terra. Ho fatto


14 retromarcia sterzando a sinistra e abbiamo visto Laura nuda per terra.» «Hai riconosciuto Laura subito?» «Certo che no. Sono sceso per andare a vedere. Non c’è stato bisogno di avvicinarmi molto. Si vedeva che era Laura, e si vedeva che non respirava più. Poi ho accompagnato Adele e sono venuto da lei, ma questo lo sapeva già.» Il maresciallo chiese a Conte di fare accomodare Gualtiero in macchina fino a quando non fosse arrivato il giudice Lorenzi. E intanto rifletteva guardando il cielo. Era una notte strana, di quelle senza luna, senza un filo di vento, senza rumori di sottofondo. Una poco più che bimba, conosciuta in tutto il paese perché figlia di una delle personalità di spicco della zona, giaceva cadavere nel posto più squallido. Per di più nuda, con un corpo che non faceva altro che sprizzare innocenza. Aveva qualche ipotesi sulla causa della morte, ma non voleva crederci. Meglio aspettare che fosse qualcun altro a formulare delle congetture. Appena sorto il sole, giunsero la scientifica e il giudice Lorenzi, con pochi minuti di distanza l’uno dall’altro. Si portarono dietro anche il medico legale. Con sorpresa vide che era il dottor Galli. «Dottore, come mai è venuto lei?» «Mi ha avvertito Lorenzi. Appena ho capito che era la figlia di Ruggero Marnati, ho detto al magistrato che mi sarei occupato io di tutta la faccenda, fin dal ritrovamento. Suppongo e spero che io non debba eseguire l’autopsia.» «Perché?» «Se lei avesse figli, e fosse in grado di impedire un’autopsia, come si comporterebbe?» «Non ho figli. Non posso sapere.» «Allora si fidi di me, non la farebbe eseguire. Sezionare una salma per ricercare cause di morte è qualcosa che si deve fare solo se indispensabile.» Galli si avvicinò alla ragazza, un po’ commosso. Lorenzi gli si avvicinò appena si fu alzato. Galli rispose laconico. Laura era


15 morta da poco, il maresciallo s’era sbagliato. La ragazza era spirata all’incirca tra le undici e mezzanotte. Lorenzi diede un ordine di massima, trasportare la salma all’obitorio di Legnano appena finito con i rilevamenti. Pace si avvicinò a Miss Universo. «Mi perdoni, mi può dire qualcosa?» «Niente.» «Suvvia, sia gentile!» «Le ho detto niente perché non c’è niente. Niente impronte, o se vuole ce ne sono talmente tante che è come se non ce ne fossero. Niente segni sul corpo visibili. Le posso dire, con abbastanza certezza, che la ragazza è morta e in un secondo momento è stata deposta lì dove si trova adesso.» «Ci avevo pensato anch’io, se è per questo.» «Bene, allora arrivederci» si allontanò sorridendo la dottoressa. Conte non poté fare a meno di notare che questa volta la donna mostrava una malcelata soddisfazione. «Che le ha fatto?» «In che senso, Conte?» «Sorrideva.» «Ah, per quello. Nulla! Ho seguito il consiglio che mi avete dato tante volte: per farla contenta le ho guardato nella scollatura. Devo ammettere che ha proprio un bel seno!» Cosa non si fa per ottenere qualcosa in più! Rientrarono in caserma quando Laura fu prelevata dall’agenzia funebre per il trasporto all’obitorio. Ad attenderli c’erano buona parte del personale di stanza a Cerro. Nell’ufficio del maresciallo c’era il capitano che lo attendeva già da un pezzo. «Bentornato Pace. Avete finito a Cantalupo?» «Signorsì.» «Bene, adesso deve venire con me.» «Dove?» «Come dove? A casa del professor Marnati.»


16 «Ma lei mi aveva detto che ci pensava lei.» «Maresciallo, lei mi ha preso nel sonno. Quando mi sono svegliato un po’ di più ci ho riflettuto meglio. È lei che ha scoperto il corpo ed è lei il comandante di questa stazione, quindi tocca a lei. Io le farò compagnia, e se necessario intervengo.» E così, il compito peggiore che gli spettava non era riuscito a evitarlo. Durante il tragitto verso Villa Marnati non faceva altro che cercare le parole più azzeccate per introdurre il discorso.


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COMUNICAZIONI

Il maresciallo Pace non sapeva dove abitassero i coniugi Marnati. Aveva immaginato che fosse una gigantesca villa immersa all’interno di un giardino circondato da alberi secolari, ma quando arrivò a leggere la targa in marmo “Villa Marnati” non vide altro che un villino simile a tutti gli altri: due cancelli, uno pedonale e uno per le auto, un po’ di verde e qualche albero. Credeva di dover parlare con il maggiordomo, ma alle otto del mattino era difficile trovare il personale di servizio. Tutto più complicato, al campanello avrebbe di sicuro risposto uno dei familiari della vittima. Il capitano non prendeva iniziativa e il maresciallo fu costretto a scampanellare. Non c’era citofono, sentirono il clang della serratura che apriva il cancello. Sull’uscio alla fine del vialetto, li aspettava una donna. Più si avvicinavano e più lei piangeva. «Maresciallo, è la signora Marnati» sussurrò il capitano. Si accinsero a salire i quattro gradini necessari per entrare in casa, ma la signora scappò via gemendo e urlando. «Deve avere già capito.» «Beh capitano, mi sembra ovvio! Hanno chiamato per denunciare la scomparsa della figlia e poi ci presentiamo io e lei a casa in divisa!» Ad accoglierli ci pensò il marito, a vederlo sembrava distrutto. «È morta, vero?» «Purtroppo sì» rispose il capitano con un filo di voce. Il chirurgo portò le mani sopra il volto e frizionò gli occhi con le dita. «Prego, accomodatevi». I due carabinieri lo seguirono e lui li fece accomodare sul divano di un enorme salone. Alle pareti quadri di


18 diversa dimensione e stile, a una prima occhiata non di grande valore, ma tutti dipinti a mano, e un soffitto di gran lunga più alto del solito. «Vi prego di scusare mia moglie. Ha questo carattere, rimarrà a lungo dentro la camera di mia figlia Laura.» Dette qualche colpo di tosse, per rischiarare la voce: «Dov’è adesso Laura?» «All’obitorio di Legnano» rispose il capitano. «Professore…» disse Pace, ma fu interrotto dal chirurgo. «Dottore. Non sono professore. Mi chiamano così solo perché sono il primario di una delle chirurgie dell’ospedale, ma non ho quel titolo.» «D’accordo. Dottore, ci sono altri familiari in casa?» «No. Non adesso. Ho altri due figli, ma vivono lontano da qui e sono molto più grandi di Laura.» Il chirurgo aveva altri due figli maschi, entrambi chirurghi, e uno di loro lo aveva già reso nonno. «E come mai non lavorano qui vicino?» «A me piace credere che sia perché sono come un’ape regina. Solo che quando l’ape regina partorisce un’altra regina, sciama alla ricerca di un altro alveare. In questo caso a sciamare sono stati i miei figli.» «Sono bravi come lei?» «Anche di più. E lontano da qui possono dimostrare tutto il loro valore senza che nessuno possa dire loro che sono dei raccomandati. Ma ora torniamo a Laura, questa piccola digressione mi ha fatto inorgoglire, ma dura solo un momento. Ho perso il mio fiore.» «Mi scusi» disse il maresciallo. «Ora la prego, dottore. Mi faccia parlare senza interrompermi. Ho trovato io Laura questa mattina. Alla zona industriale di Cantalupo, che come lei forse saprà, è uno dei posti dove i ragazzi vanno in camporella.» «A Cantalupo? Ma come è possibile? Laura ha quattordici anni!» sbottò Marnati, che parlava della figlia usando ancora il presente. «Dottore, l’avevo pregata. In ogni caso, se la sente di venire con noi a Legnano? Adesso?»


19 «Ma maresciallo» intervenne il capitano, «non le sembra troppo presto?» «Perché?» «Non possiamo lasciare la signora da sola» rispose il capitano. «Non c’è nessuno che può tenere compagnia alla signora?» chiese al medico. «Non subito. I miei figli ancora non sanno nulla. Li avvertirò appena voi sarete andati.» «Se non può venire adesso ci faccia sapere quando le sarà possibile. Noi andiamo via» disse alzandosi dal divano Pace. «Non si preoccupi maresciallo, mi dia un’oretta. Ci vedremo in obitorio.» Il capitano risalì in macchina al posto del passeggero sbattendo la portiera. «Si è comportato in modo inqualificabile, senza un po’ di tatto. Ma si può sapere che le è preso?» «Ha ragione. Mi perdoni. Ma in tutta sincerità le dico che il dottore mi ha fatto una grossa antipatia.» «Lei è proprio strano.» «Può darsi. Ma può capitare a tutti di conoscere qualcuno che risulta antipatico così, a pelle.» Pace aveva avuto un momento di follia da indagine, gli era capitato tante volte di andare in casa di genitori ai quali durante la notte erano deceduti i figli, e spesso per quelle che ormai chiamano stragi del sabato sera. Le madri, i padri e gli altri figli entravano nello sconforto totale, e anche se la morte dei ragazzi era un evento da considerare, la speranza di non sentire quelle ferali parole era come sempre l’ultima a morire. Il dottor Marnati aveva fatto eccezione, era partito con la convinzione che non ci fosse nulla da sperare, così se per caso il capitano gli avesse portato una notizia diversa sarebbe stata in ogni caso una buona notizia. Ed era per questo che lo aveva preso in antipatia.


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Al rientro in caserma si accomodò sulla sua poltrona. Non l’avesse mai fatto. Di colpo sentì tutto il sonno che non avrebbe più recuperato. S’era svegliato a notte fonda, dopo una giornata che gli aveva spezzato il morale. Il guaio era che non riusciva a sapere quando avrebbe potuto riabbracciare il suo cuscino. La morte di Laura aveva d’improvviso riempito la giornata della caserma. «Conte, dov’è Gualtiero?» «Il giudice Lorenzi ha consigliato di chiamare il padre. Quando è arrivato qui Corradi li ha messi in macchina tutti e due e li ha portati in Procura.» «Bene.» Il giudice ci sapeva fare. Il tempo di interrogare i testimoni, e di conseguenza convocare Adele come ulteriore testimone, e al maresciallo sarebbero giunte le sue disposizioni in materia. Tanto valeva portarsi avanti. Avvertì Conte che stava andando all’obitorio e di prendere le redini della caserma fino al suo ritorno. «E cercate di preparare un pranzo dignitoso» impose a voce alta prima di uscire. «Ci riuniamo a tavola come al solito?» Pace sogghignò alla sagacia di Conte, e lui lo prese per un sì. Pace non andò subito in obitorio, decise di passare prima in anatomia patologia e provare a cercare Galli. Incontrò un’ausiliaria e le chiese di lui. «Mi pare di sì. Terza porta a destra.» Ringraziò la signora e ne seguì le indicazioni. «Salve dottor Galli.» «Oh maresciallo, come mai è qui?» «Tra un po’ il dottor Marnati sarà qui per il riconoscimento. Volevo sapere se lei ha qualcosa da dirmi in proposito.» «E che cosa glielo fa pensare?»


21 «Ormai per lavoro ci interfacciamo spesso. Si può benissimo dire che io la conosca. Secondo me per quanto le è possibile avrà già ispezionato il cadavere.» Pace puntava sulla meticolosità e sulla curiosità che erano prerogative inderogabili dell’anatomopatologo. «E ha ragione!» ammise Galli rassettandosi gli occhiali. «Le dirò subito che Laura era sessualmente attiva. E non ci sono a un primo esame segni di violenza. Purtroppo non posso dare con certezza le cause della morte fino a quando non avrò eseguito l’esame autoptico.» «E lo farà allora.» «Credo di sì. Anche se Ruggero dovesse fare di tutto per impedirla, non credo che il giudice Lorenzi lo accontenterà.» «Ma dottore Laura era nuda e sessualmente attiva, come dice lei. In più era a Cantalupo.» «Sì, lo so a cosa pensa. Ma c’è da valutare l’ipotesi di una overdose. E se pensa a segni di puntura le dico sin da ora che non ne ho visti. Ma ormai le droghe che uccidono sono anche sotto forma di pastiglia.» «Grazie dottore. Adesso vado in obitorio.» «Aspetti, vengo con lei.» I due si fermarono a uno dei tanti distributori di caffè presenti nell’ospedale. Pace ne sentiva proprio il bisogno. Quando Galli glielo offrì, rispose facendo capire che se lo stava aspettando. Gustarono il caffè in silenzio e ripresero il cammino verso l’obitorio. Con sorpresa videro che Marnati si trovava già lì e aveva riconosciuto il cadavere. Lo avevano accompagnato alcuni dei medici che lavorano con lui e la caposala del suo reparto. Allora Galli si avvicinò al collega e i due si abbracciarono. «Mi dispiace Ruggero. Non ho parole.» «Grazie per essere venuto, ma il fatto che hai portato con te il maresciallo mi fa pensare che sei qui per lavoro.»


22 «Sai bene che sarei venuto lo stesso. Ma sai, Laura l’hanno trovata loro. Anzi, è andata bene che hanno riferito a me dell’accaduto. Ora posso occuparmene solo io.» «Devi fare l’autopsia?» «Dovrei. Il giudice che lavora alla faccenda è un po’ pignolo. Penso sia difficile evitarla. Poi sai, se è morta per…» «Per che cosa? Non penserai mica?» «Io, in questo caso posso pensarla anche come te, ma tutto ciò è ininfluente.» «Quindi sei proprio sicuro che si debba fare?» Galli non sapeva cosa rispondere. «Facciamo così» s’infervorò Marnati, «ti autorizzo io. Fagliela.» Galli era molto imbarazzato. «Ti prometto che sarò leggero» sussurrò all’orecchio del chirurgo. «Ti ringrazio. Quando la eseguirai?» «Anche subito. Il tempo di avvertire il giudice.» «Mi raccomando, non mettiamo i manifesti» esortò il chirurgo riferendosi a tutti i presenti. Il maresciallo Pace non sapeva se era il momento giusto per intervenire, ma si fece coraggio, tanto la giornata poteva solo peggiorare. «Dottore, mi perdoni.» «Cosa vuole, maresciallo?» «Sapere quando potrò porle qualche domanda.» «Lei non sa…» «Le chiedo scusa ancora, ma io sto lavorando. Non ho fretta, quando si sentirà pronto.» Il dottore lo avrebbe volentieri mandato a quel paese, ma era pur sempre un carabiniere e si trattenne. «Adesso sono intento ad altro. Chiamerò il capitano prima possibile, va bene?» «Va bene» rispose sommesso Pace, e andò via.


23 Ritornato in caserma, chiese a Conte se fosse successo qualcosa in sua assenza. «Niente da segnalare» replicò Conte. «Meno male. Allora io mi metto comodo in ufficio. Faccio una pausa lunga» un modo criptico per annunciare a tutti che si sdraiava sul divanetto e provava a chiudere gli occhi. I suoi sottoposti portarono avanti il lavoro di routine, ma lo chiamarono quando la pasta era in tavola. «Mi spiace maresciallo, ma l’aveva detto lei che voleva riunirci» lo svegliò Corradi. «Bravo Corradi. Hai fatto bene. Me l’ero quasi dimenticato» rispose stiracchiandosi. Dalla cucina proveniva un dolce odore di Carbonara. A tavola, già seduti, c’erano tutti quelli in turno più uno: Rossi. «Brigadiere, cosa ci fa lei qui?» non poté fare a meno di chiedere. «Maresciallo, non mi andava di stare da solo. Ormai mi siete rimasti solo voi. Ho chiamato prima e Tasca mi ha detto che era disperato perché doveva cucinare per bene. Allora son venuto a cucinare per due motivi: se non vi dispiace mangio in compagnia e, secondo, non sto lavorando ma se vi riunite devo esserci, non voglio trovarmi indietro quando ritornerò.» «Lo sa che può rientrare quando vuole?» «Sì, ma è ancora presto. Ancora qualche giorno.» Era inutile stare ancora lì a discutere, e poi la pasta si freddava. Sulla questione di Laura Marnati c’era ancora poco o niente da dire. Pace riferì agli altri dell’ipotesi di morte per overdose che era a quel punto la più probabile: se fosse andata in quel modo si sarebbe dovuto cercare chi avesse mai potuto vendere lo stupefacente alla ragazza, e quindi una volta fatto il giro dei locali dove c’era tale attività a Cerro, la storia si sarebbe dovuta considerare conclusa, almeno dal loro punto di vista lavorativo. Aveva quasi finito con il suo discorso quando gli suonò il cellulare.


24 «Pronto?» e attese che parlasse il suo interlocutore. «Oh dottor Galli, mi dica.» Stava ad ascoltare e il suo viso s’incupì. «La ringrazio dottore. Arrivederci» e poggiò il telefono sul tavolo. Rossi e gli altri s’erano accorti che l’espressione sul viso era cambiata. «Allora maresciallo, è stata un’overdose?» chiese Corradi. «No» rispose laconico Pace. «E allora?» insistette Rossi. «Glielo dobbiamo tirare fuori con il cavatappi? Avanti su, come è morta Laura?» «D’infarto.»


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UN CUORE DEBOLE

L’avere appreso che Laura era stata uccisa da un infarto aveva gettato nel silenzio la caserma per qualche minuto, un raccoglimento involontario ma dovuto. Lasciare questa valle di lacrime a quattordici anni in quel modo è difficile da accettare per chiunque, non solo per i genitori. Nella mente di tutti coloro che erano a conoscenza della morte della ragazza era balenato un pensiero atroce: che un maniaco avesse approfittato di lei e l’avesse poi uccisa. Il fatto che a Laura avesse ceduto il cuore escludeva questa possibilità e apriva a nuove teorie, ma tutte riconducevano a una conclusione: infarto uguale morte naturale, e se c’è morte naturale non c’è da trovare alcun colpevole. «Maresciallo, mi scusi ma potrebbe dirci qualcosa in più?» propose Tasca. Il maresciallo tardò a rispondere, sembrava ancora distratto, tant’è che Tasca dovette ripetere la domanda. «Sì, scusate» disse prendendo fiato. «Il dottor Galli mi ha detto che la bambina è di sicuro morta in poco tempo, le è praticamente scoppiato il cuore. Aveva una malformazione congenita di cui nessuno sapeva l’esistenza.» «E cosa ha provocato l’infarto?» «Il dottor Galli mi ha detto anche questo e ne è sicuro al cento percento: un rapporto sessuale.» «Quindi è stata violentata?» chiese Conte, meravigliato. «Non credo. Già stamattina mi aveva rivelato che non c’erano segni di violenza sul corpo.» I carabinieri avrebbero avuto voglia di fare altre domande, ma lo squillo del telefono troncò il momento, Corradi intanto si affrettò a rispondere.


26 «Maresciallo, era il giudice Lorenzi. Deve andare da lui il più presto possibile.» «Perché vuole me? Non può chiamare il capitano? Io non posso lasciare così la caserma.» «Maresciallo, vada. Non dica certe corbellerie» gli rispose Rossi cercando di non pronunciare volgarità. «Qui sappiamo badare a noi stessi. In ogni caso resto io in caserma, anche se sono fuori servizio. E poi non si preoccupi, di sicuro Galli avrà chiamato anche lui. Le vorrà comunicare l’archiviazione delle indagini.» «Ha ragione. Vado subito.» E presa la sua auto si avviò in Procura. Purtroppo non aveva trovato parcheggio nei dintorni e non volle entrare in quello della struttura. Lasciò la macchina a un chilometro, e ne approfittò per fare una passeggiata e riordinare le idee prima di parlare con Lorenzi. Sapeva bene che non era il caso di prevedere domande e risposte con il giudice, perché sarebbe stato del tutto inutile. Lui era un uomo che parlava ordinando, senza lasciare molto spazio di dialettica agli altri, a meno che non lo volesse per suo interesse. Pace stette un po’ in attesa, il giudice era impegnato “in altra conversazione”, come lo aveva avvisato l’usciere. Qualche minuto dopo, dall’ufficio uscì un uomo sulla quarantina che credeva di avere già visto da qualche parte. Il giudice lo aveva accompagnato fino alla porta, così come si fa con chi si è in confidenza. Vedendo il maresciallo gli fece un cenno invitandolo a entrare. Il maresciallo un po’ se la prese e il giudice se ne accorse. «Suvvia maresciallo, non mi dica che se l’è presa perché le ho fatto così con la mano?» disse ripetendo il gesto che viene da tutti interpretato come un “vieni”. «Beh, se avesse anche aggiunto un “prego maresciallo” sarebbe stato meglio» replicò Pace.


27 «Va bene, lasciamo stare. Non divaghiamo, l’ho convocata per un preciso motivo.» «Laura Marnati?» «Esatto.» «Immaginavo, il dottor Galli ha chiamato anche me.» «Ah sì, e per quale motivo?» «Non si alteri, giudice. Lo ha fatto perché abbiamo una discreta confidenza, non voleva contravvenire alla procedura.» «Per quello che è successo questa notte non sono state seguite per niente le procedure. Vorrà dire che continueremo su questa strada» ribatté con un malizioso ghigno sul viso. «Attendo le sue disposizioni, giudice.» «Senta Pace, non riesco a esprimermi qui» disse Lorenzi sorprendendo il maresciallo. «Le va un caffè? Lo andiamo a prendere al bar più vicino.» «Posso rifiutare?» «Paolo, non fare lo stronzo.» E udite quelle parole il maresciallo capì il motivo per il quale Lorenzi volesse uscire dalla Procura e perché lo avesse ferito con quel gesto davanti alla porta: non ce la faceva a dare del lei al maresciallo. Quindi oltre al lavoro c’era di mezzo qualcos’altro. «Andiamo, ma spero di non dovere pentirmene.» Il bar aveva una saletta privata e lì si fecero servire il caffè. «Allora Riccardo, che mi devi dire?» iniziò il dialogo Pace. «Parliamo prima di lavoro. Cosa credi che dobbiamo fare per la ragazza?» «Lo chiedi a me?» «Sì.» «Archivia le indagini e lasciamo in pace quella disgraziata famiglia.» Il giudice diede un altro sorso al suo caffè. «No dico, ma stai scherzando?» «Io? Perché tu che vuoi fare?»


28 «Allora Galli non ti ha detto tutto. La ragazza è morta perché aveva una malformazione a tutti sconosciuta e per la quale non si era mai curata, come è ovvio.» «Questo lo sapevo, vai avanti.» «Quindi sai anche che ha avuto un rapporto sessuale. Bene, trovami il ragazzo con cui ha avuto il rapporto.» «E per quale motivo? Mi devi fare andare appresso a un ragazzino per quale scopo?» «Io così com’è la faccenda non posso chiudere un bel niente. Trovami il ragazzo, perché di fronte agli occhi della legge ha avuto rapporti con una quattordicenne e quindi lei non poteva di fatto essere consenziente.» «Ma questa da dove ti è uscita? Ah, scusa dimentico sempre che sei pignolo e le cose te le cerchi con il lanternino.» «Grazie, lo prendo come un complimento. Ma in tutto questo non hai notato niente di strano?» «No. Cosa avrei dovuto notare?» «La ragazza era nuda. E i vestiti dove sono?» «Ma non credo che si possa fare l’amore vestiti. Li avrà tolti. Di sicuro sarà morta durante l’atto. Il ragazzo spaventato avrà disposto il cadavere come lo abbiamo trovato noi e sarà scappato in preda al panico.» «Mi sorprendi sai. Tu non hai mai fatto sesso in macchina, vero?» «Che c’entra, scusa?» «In macchina è poco probabile che si sia spogliata completamente. Deve avere avuto il rapporto altrove.» «Glieli avrà tolti il ragazzo.» «Paolo, rifletti. Se era andato in panico, ha conservato la lucidità per spogliare la ragazza e senza nemmeno farle un graffio?» Alla fine, Pace dovette ammettere che non aveva ragionato abbastanza. «Hai ragione. Mi sa che la stanchezza mi ha tirato un brutto scherzo.»


29 «Non cercare giustificazioni, non servono. Hai avuto un calo della tua acutezza? Pazienza, ogni tanto anche agli altri non sfugge un particolare chiave.» «E va bene, touché!» rispose allargando le braccia. «Ora mi devo trovare un punto di partenza.» «Te lo do io. Il signor Banfi mi ha detto che c’era anche una Mercedes GLA sul luogo. E poi dopo il funerale puoi interrogare la famiglia e le amiche della povera ragazza. Se aveva un ragazzo te lo diranno.» «Per signor Banfi, intendi Gualtiero o suo padre?» «Non mi risulta che suo padre fosse presente» rispose ironico Lorenzi. «E della sua ragazza che mi dici?» «Non l’ho ancora ascoltata. Banfi mi ha chiesto di non chiamarla perché se la famiglia viene a sapere che è andata in certi posti con un ragazzo passerebbe un bel guaio.» «Esistono anche qui famiglie del genere? E poi quando mai te n’è fregato qualcosa? Vai sempre dritto come un treno.» «Beh, tutto il mondo è paese. E poi, senti chi parla!» «Che intendi dire, scusa?» «Ma se ancora te ne vai in giro nascondendo la tua vera natura!» «Perché tu lo hai fatto?» «Io sì caro mio. E non sai come ci si senta meglio!» «Si vede che tu potevi. Se lo faccio io mi mandano via da qui, sempre se mi va bene. E come mai ti sei deciso?» «Questa è la seconda cosa di cui ti volevo parlare. Sto insieme a un ragazzo.» «Ah, bravo. Mi congratulo. Lui chi è? Lo conosco?» «Forse sì. È l’avvocato Ferreri.» A quel nome associò subito il volto, ecco chi era quell’uomo dentro l’ufficio che non si ricordava di aver già visto. «E anche lui ha fatto coming out?» «Lui lo ha fatto tanto tempo fa, è iscritto all’Arcigay da una vita.»


30 «Ecco, ora ho capito perché hai accontentato Gualtiero, il tuo avvocato ti ha intenerito il cuore.» «E il tuo avvocato come sta?» «Penso bene, lo sentirò più tardi. Però non te lo saluto.» «Per carità. Non ci tengo proprio. Il fatto che tu mi abbia lasciato per lui mi ha fatto soffrire non poco» rispose sincero Lorenzi. A pagare il conto del bar ci pensò il magistrato, si salutarono e ognuno fece ritorno al lavoro. Rientrato in caserma, ragguagliò i suoi collaboratori sulla chiacchierata avuta con Lorenzi. «Allora intesi. Mussini e Corradi andate in Via Turati, appena dopo lo svincolo dell’autostrada e piazzate un posto di blocco. Fermate tutte le Mercedes GLA che passeranno. Prendete generalità e altro che può servire.» «E se ci sono irregolarità che facciamo?» «Già che ci siete…» Non c’era bisogno di andare avanti, se un automobilista merita un verbale è giusto elevare la dovuta sanzione. «Conte per te ho un altro compito. Mettiti in borghese e vai alla camera ardente della Marnati. Ci saranno di sicuro tanti ragazzini, i suoi compagni di scuola e altri. Cerca di capire chi è più disperato e tienilo a mente. Magari il suo ragazzo è lì in mezzo. Vedi di capire chi era l’amica del cuore della ragazza.» «Vado subito.» «Bene. Io me ne sto qui, buono buono. Buon lavoro.» E quando lasciarono l’ufficio si gettò a peso morto sul divano. Il divano lo abbracciò per parecchio tempo, tanto che gli sembrava di avere rivisto suo padre, morto tanti anni prima. Era un bel sogno. Il suo papà lo stringeva forte e gli faceva coraggio: «Non fermarti alle apparenze!» Sentì bussare, erano Mussini e Corradi, di ritorno dal posto di blocco.


31 «Maresciallo, per tutto il tempo che siamo stati in Via Turati non è passata nemmeno una Mercedes di quel tipo» esordì Corradi. «Ok. Domani scegliete un altro posto.» «Maresciallo, non è che può mandare qualcun altro? Almeno facciamo un po’ per uno.» «Va bene, domani se ne parla. Conte dov’è?» «Ha telefonato prima, ha avvertito il piantone che andava a casa perché doveva sbrigare un affare con la moglie. Le ha lasciato un messaggio, dice che ha svolto il lavoro che gli ha chiesto e domani mattina le riferirà tutto.» «A posto. Potete andare. E intendo a casa, anche voi. È da stamattina che siete qui. Chi c’è oggi pomeriggio?» «Quello nuovo, Palma. Di piantone c’è quello che ha mandato il Comando per sostituire Rossi.» «Come si chiama?» «Cozzi, mi pare.» «Ah sì, lo conosco. Ogni volta che possono se lo tolgono dai piedi, ha fama di essere pettegolo.» Si sentiva ancora stanco, chiamò il comando sperando di avere il permesso di lasciare la caserma. Il capitano capì la sua situazione e gli diede l’ok. A casa mangiò quello che aveva, rimise un po’ in ordine e pulì la lettiera del gatto. «Allora Caillou, ti sei trovato bene da solo in casa?» chiese al micio mentre giocavano. Alle dieci si mise al computer e chiamò Maurizio via Skype. «Allora Paolo. Che mi racconti?» E così gli spiegò per filo e per segno cosa era accaduto e perfino dell’antipatia che provava per il chirurgo. «Paolo, certe volte hai proprio un brutto carattere, ammettilo. Non tutti a sentire della morte di un caro si cospargono il capo di ceneri. E poi è un chirurgo molto apprezzato, deve avere molto sangue freddo per praticare il suo mestiere.»


32 «Sarà, ma mi ha dato fastidio lo stesso.» Poi, quasi con sollievo gli riferì di Lorenzi e del suo partner. «Meno male» commentò Maurizio. «Così si leva dalle palle.» )LQH DQWHSULPD &RQWLQXD


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