In uscita il 30/6/2015 (14,50 euro) Versione ebook in uscita tra fine giugno e inizio luglio 2015 (3,99 euro)
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CLAUDIO PAGANINI
NEMICO NELL’OMBRA LIBRO SECONDO
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NEMICO NELL’OMBRA Copyright © 2014 Zerounoundici Edizioni ISBN: 978-88-6307-896-1 Copertina: Immagine Shutterstock.com
Prima edizione Giugno 2015 Stampato da Logo srl Borgoricco – Padova
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PROLOGO
Era un rigido inverno quello del 1680, quando mia madre Mary mise al mondo un piccolo esserino tutto rosso e paffuto che avrebbe poi chiamato Sara: io. All’apparenza ero una bimba come tutte le altre, viva, nonostante il difficile travaglio in quella notte di tempesta, e molto speciale, non solo agli occhi dei miei genitori; avevo un dono che mi distingueva da tutti gli altri neonati, un’appartenenza speciale a qualcosa di molto antico. Questa fu la storia della mia nascita, il secondo giorno di febbraio dell’anno del Signore 1680; nulla di apparentemente rilevante nella storia di Wenham, piccolo borgo immerso nel verde dei boschi e della campagna, a poche miglia da Salem, nella contea di Essex, ma destinato a diventare l’ago della bilancia in una guerra ancestrale tra le forze del bene e quelle del male. La mamma era una wicca, una strega dedita al culto della Grande Madre, la Dea della Natura, Colei che impersonava lo spirito stesso della Terra; Lei era, in tutte le sue manifestazioni, il simbolo dell’unità di tutte le forme esistenti in natura: il suo potere era nell’acqua, nelle pietre, negli animali, nelle colline, negli alberi, nei fiori, nel fuoco e nel vento, ovunque. Grazie alla sua benevolenza e ai suoi doni, mia madre era in grado di alleviare le sofferenze della gente che chiedeva il suo aiuto, e io, come sua discendenza diretta, avevo ereditato il suo potere e la benevolenza della Dea. Ero cresciuta ignara dei doni che mi erano stati elargiti alla nascita, cresciuta nella fede puritana dei padri fondatori, ligia alle regole di Dio e della Chiesa, fino a quando questi doni non si erano manifestati, all’età di otto anni, in tutta la loro straordinaria bellezza: Gea e il suo sposo mi erano apparsi durante il mio primo sabbat, svelandomi la loro esistenza e il loro amore per me. Da quel momento la mia vita era cambiata, divisa tra i doveri di una religione rigida e osservante e il culto, dolce e consolatorio, della
4 Dea, professato nel più assoluto segreto insieme a mia madre e alle nostre consorelle che avevo incontrato durante il mio percorso di crescita e maturazione; ero ancora una bambina, ma quello che stavo scoprendo era un mondo tutto nuovo, fatto di leggi e di regole diverse da quelle che avevo fin qui conosciuto, impregnato di un’energia magica che mi permetteva cose che altri non riuscivano nemmeno a immaginare. Ma ogni medaglia ha il suo rovescio e anche le arti magiche che stavo acquisendo comportavano una consapevolezza e una responsabilità che mal si legava con la spensieratezza tipica della mia età; stavo maturando troppo in fretta e questo mi faceva sentire vecchia se paragonata ai miei coetanei. Ma per fortuna c’erano altri le cui credenze religiose erano molto simili alle nostre, un popolo fiero che abitava le pianure vicino a Wenham da molto più tempo di noi: la tribù pellirossa dei Massachusetts, una delle popolazioni indiane più importanti della nazione algonchina. Qui incontrai amici preziosi che mi aiutarono nel difficile cammino della comprensione di ciò che il destino aveva in serbo per me e fu proprio con loro che iniziò il mio cammino di purificazione, il mio avvicinamento a Gea e al suo sposo Wakan Tanka, il Grande Spirito. Lui mi affidò il talismano che tuttora mi protegge dal Caos e anche Lupo, un compagno fedele che avrebbe vegliato su di me, proteggendomi da tutte le insidie che l’Oscurità avrebbe posto sul mio cammino. Per il popolo rosso divenni Igat_she, la viaggiatrice, la prescelta dagli Dei, colei che la profezia indicava come la messaggera della Luce, quella che avrebbe sconfitto il Caos e allontanato le tenebre dall’umanità. I miei poteri di wicca, però, non erano sufficienti a garantire né la vittoria, né tantomeno la mia stessa sopravvivenza; il nemico che avrei dovuto combattere era potente e senza scrupoli e non si sarebbe fermato di fronte a nulla e a nessuno pur di raggiungere il suo scopo. Per essere all’altezza di una simile calamità, dovevo imparare a essere più forte, padrona delle arti magiche e delle forze che le regolavano; gli Dei che reggevano l’equilibrio dell’universo mi avevano mostrato la via per diventare qualcosa di diverso, di infinitamente più potente. Cathbad, il gran maestro della congrega dei warlocks, i potenti stregoni di Salem, fu il maestro che mi iniziò alle antiche arti magiche dei druidi e dei maghi celti, colui che mi diede i mezzi per
5 difendermi dagli emissari del male che, lentamente, stavano tramando nell’ombra l’avvento del Caos. Non ero più la semplice, piccola wicca di Wenham; mi era stata affidata una missione di cruciale importanza e non potevo deludere la fiducia che mi era stata accordata dai custodi dell’Ordine e della Luce, non ora che la profezia sull’avvento delle Tenebre si stava per avverare. Ero pronta a ritornare a casa, dopo il duro addestramento cui mi avevano sottoposto i maghi, e mentre all’orizzonte si addensavano le cupe ombre della guerra imminente, l’unica mia preoccupazione era di rivedere la mia casa e di poter riabbracciare i miei famigliari da troppo tempo lontani.
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CAPITOLO 1
Wenham non mi era mai sembrata così bella da quando cominciò ad apparire dietro l’ultima curva; anche l’aria aveva mantenuto gli stessi odori di sempre: la legna che bruciava nei camini, l’odore delle stalle e del fango della strada, la resina dei boschi circostanti, tutto gridava a gran voce che ero tornata finalmente a casa. Avevo salutato Falco in Piedi qualche giorno prima; era stato doloroso separarmi da lui perché avevamo condiviso molte delle mie esperienze mistiche e questo faceva di lui una guida spirituale che difficilmente avrei potuto sostituire. Cathbad, invece, volle accompagnarmi per un tratto di strada, sfruttando quelle ultime ore insieme per farmi le ultime raccomandazioni: «Dovrai imparare ancora moltissimo prima di essere in grado di affrontare il tuo destino, ma sono convinto che non avrai difficoltà a sceglierti i giusti insegnanti. Ricorda che la magia attira le forze negative come una luce le falene, per cui usala solo se è strettamente necessario e mai per gioco; ogni mezzo è buono per raggiungere lo scopo finale per cui non puoi avere scrupoli né essere troppo schizzinosa con le risorse che dovrai utilizzare per la tua sopravvivenza e per la riuscita finale della tua missione. Che i miei e i tuoi Dei trovino il mezzo di aiutarti, sempre…». Queste furono le sue ultime consegne prima di voltare il cavallo e tornare sui propri passi; sembravano raccomandazioni ovvie o superflue, ma celavano un insegnamento cruciale: con un nemico come il nostro, ogni arma, sortilegio o talismano, poteva essere quella giusta per vincere la sfida contro le tenebre, per cui dovevo imparare tutto quello che si poteva, comprese le arti oscure, per quanto pericoloso fosse anche il solo nominarle. Mamma, partita alcuni giorni prima di me, era sull’uscio di casa ad attendermi; mi aveva sentito arrivare con un modo tutto suo di percepire le cose e aveva mandato Giles ad avvertire papà del mio imminente ritorno. Elizabeth era in cucina a
8 sfornare una torta di mele il cui profumo fragrante si stava lentamente espandendo su tutto il vicinato. “Sono a casa…” pensai non appena tutti quegli odori arrivarono alle me narici; “mio Dio che bello essere di nuovo qui…”. La voce si sparse velocemente tra gli amici e i conoscenti della nostra famiglia tanto che dopo meno di un’ora avevamo la casa piena di invitati; tutti avevano portato qualcosa, chi da mangiare, chi dolci o frutta passita, chi solo il calore della propria amicizia, ma erano tesori così grandi che solo ora realizzavo quanto mi erano mancati. Solo verso sera i festeggiamenti si spostarono alla taverna, dove erano esclusivamente riservati agli adulti maschi; le donne e le mie amiche del cuore continuarono a chiacchierare del più e del meno fino a tarda sera, curiose di tutto quello che poteva offrire in fatto di vestiti e di feste una città grande come Salem. Quando finalmente io e mia madre rimanemmo sole, eravamo troppo stanche per parlare e, di comune accordo, decidemmo di rinviare all’indomani ogni altro discorso: avevamo tutto il tempo che volevamo, perché non avevo intenzione di muovermi più da casa mia, ma non sapevo ancora quanto questo desiderio fosse irrealizzabile. Salii in camera mia e, per prima cosa, misi il grimorio al sicuro nel suo nascondiglio. Ero stata in ansia tutta la sera nel saperlo incustodito nei miei bagagli, in bella mostra: il libro scivolò nella sua nicchia senza problemi, sparendo immediatamente, come fumo al vento. La notte passava lenta, mentre il sonno stentava ad arrivare; c’erano state troppe emozioni vissute in modo intenso che mi avevano lasciata agitata ma felice di aver nuovamente ritrovato dei punti di riferimento certi su chi fossi realmente. Erano successe troppe cose a Salem che mi avevano profondamente confusa, rendendomi incapace di capire in che cosa mi stavo trasformando; ero partita come wicca e adesso non sapevo cos’ero diventata. “Lupo…” sussurrai nella mia mente mentre tenevo il suo amuleto nella mano, “fammi capire che non mi hai dimenticata, ti prego…”. L’ululato del mio amico non si fece attendere; dapprima basso e lento, poi sempre più forte e acuto, potente, il suo richiamo, squarciò il silenzio del bosco,
9 dolce melodia per la mia triste anima. “Grazie amico mio…” riuscì appena a pensare mentre il sonno mi portava via, lontano. Dal libro specchio di Sara. 20 dicembre 1690. Tornare a casa era stato come bere nuovamente una pozione allucinatoria; ero cosciente di essere di nuovo a Wenham, tra i miei cari, ma allo stesso tempo percepivo tutto come parte di un sogno molto vivido: stentavo ad accettare l’idea che il mio soggiorno a Salem fosse finito e che avrei avuto altri maestri che mi avrebbero insegnato cose di cui, al momento, non supponevo nemmeno l’esistenza. Nonostante gli sforzi fatti, né la Grande Madre, né il Grande Spirito mi erano apparsi per chiarirmi le idee sul mio futuro; era un’assenza che aumentava le mie incertezze e i miei timori: chi sarebbero stati i prossimi precettori e cos’altro avrei dovuto imparare per essere all’altezza del compito che mi avevano affidato? Avevo parlato a lungo con la mamma di quanto era successo durante la mia assenza, ma le sue conoscenze si erano rivelate troppo esigue per tentare di formulare ipotesi su quello che sarebbe accaduto. Mi ero resa conto solo in quel momento che il mio potere era ormai superiore al suo, diverso e potenzialmente distruttivo; ne ero spaventata anche perché, in fin dei conti, avevo solo dieci anni. Elizabeth stava organizzando la cerimonia di Yule, il sabbat del solstizio d’inverno che quest’anno cadeva la notte del 22 dicembre. Era riuscita a mettersi in contatto con alcune consorelle che erano appena arrivate dalla madrepatria e che ora abitavano nel vicino paese di Hamilton e le aveva invitate a celebrare insieme la ricorrenza. Era stata proprio una di loro a dare alla mamma le prime notizie su di me: aveva raccontato, infatti, di una ragazza che le aveva aspettate al molo, disegnando ripetutamente sul coperchio di una botte il simbolo di Gea per attirare la loro attenzione; si erano sentite come rinascere alla vista di quel semplice gesto, certe di non essere sole e abbandonate in una terra che non era la loro. C’era poco tempo per organizzare una cerimonia degna di Yule, anche perché le condizioni atmosferiche e il gelo non permettevano di celebrarlo all’aperto. L’unica alternativa era l’utilizzo della cantina di Elizabeth, molto più spaziosa della nostra per festeggiare e onora-
10 re la rinascita della luce. Proprio in questa ricorrenza, dove le ore del giorno sono le più brevi dell’anno, Gea dà vita nuovamente al suo sposo, mentre gli spiriti della terra sono spinti a riposare, in attesa di prepararsi al lavoro che ci sarà nel ridare alla Terra i nuovi boccioli di vita, con la primavera. Mamma mi aveva spiegato che i cristiani avevano fatto coincidere la nascita di Gesù proprio in concomitanza con la festa molto più antica di Yule, in quanto entrambe festeggiavano l’arrivo del ”portatore di luce” e l’inizio di un nuovo ciclo vitale. Papà e Giles erano andati a tagliare un albero da addobbare in vista della festività e ne portarono uno anche ai nostri vicini; era curioso notare come anche quest’usanza era comune alle due religioni: le wicca portavano un albero in casa affinché gli spiriti del bosco potessero avere un posto caldo dove passare l’inverno, lo adornavano con campanelle per sapere quando lo spirito era presente e con piccoli dolci per sfamarlo. Sul ramo più alto, poi, si poneva una stella a cinque punte, un pentacolo, simbolo dei cinque elementi, proprio come facevano tutti gli altri abitanti del villaggio, anche se con motivazioni differenti. Le altre streghe arrivarono il giorno del sabbat, in mattinata; nonostante i nostri villaggi distassero pochi chilometri, il viaggio non fu dei più semplici per l’abbondanza di neve che quell’anno copriva tutto con un soffice manto candido e spesso. Quattro donne, di cui una poco più che adolescente, bussarono timidamente alla nostra porta e attesero che qualcuno aprisse loro invitandole a entrare; era la prima volta, da quando erano arrivate, che andavano in visita a qualcuno e l’incertezza che si leggeva sui loro volti era palese. Avevano ricevuto l’invito di Elizabeth nascosto in mezzo ad altro materiale che il marito aveva inviato all’emporio di Hamilton affinché fosse messo in vendita, e la sorpresa era stata così forte da farle dubitare che potesse essere vero; i simboli e le parole utilizzate nella missiva erano inequivocabili e il ricordo del loro incontro con la giovane wicca del porto le avevano convinte ad affrontare il viaggio per verificare di persona. Quando aprii la porta di casa vidi quattro donne intirizzite dal freddo, avvolte in pesanti mantelli, che mi osservavano speranzose; riconobbi all’istante la ragazza che mi aveva ringraziato sul pontile del porto e, senza altri indugi, le feci accomo-
11 dare davanti al fuoco: mamma era dalla nostra vicina, ma arrivò immediatamente con la sua amica e tutte e tre offrimmo un caloroso benvenuto alle nostre sorelle nella Dea. «Vi ringrazio dell’invito ma ancora di più della speranza che avete acceso nei nostri cuori dopo la dura esperienza dell’espatrio…» fu la donna più vecchia a iniziare a parlare, dopo essersi scaldata al fuoco del camino: dall’atteggiamento si capiva che oltre a essere l’anziana del gruppo, era anche in qualche modo la guida e il punto di riferimento per le altre donne. «Sono la vedova Richardson, Agnes, e loro sono mia figlia Emily, mia nipote Violet e Jessie, la figlia della wicca che dirigeva il nostro cerchio a Neath nel Galles meridionale. Siamo state costrette ad abbandonare le nostre case e le nostre famiglie a causa delle feroci persecuzioni di cui siamo state oggetto in patria; molte nostre sorelle hanno patito atroci condanne per mano cristiana, tanto da spingere quelle rimaste a nascondersi ancora di più oppure a fuggire verso il nuovo mondo, lasciandosi tutto alle spalle per iniziare una nuova vita dove nessuno potesse riconoscerle…». C’era tristezza e paura nella sua voce, mentre ci raccontava quello che avevano dovuto patire prima e durante l’imbarco a bordo del veliero che le aveva condotte fin lì; giorni di malesseri e timori di diventare oggetto di attenzioni da parte dell’equipaggio, di fame e di freddo senza sapere quanti giorni mancavano all’arrivo, e poi la tempesta che le aveva quasi uccise e che a stento erano riuscite a placare utilizzando tutta la magia a loro disposizione. Poi, al loro arrivo, una ragazza sconosciuta, minuta nell’aspetto ma dallo sguardo fiero e dal dolce sorriso, le aveva accolte incarnando l’unica speranza che credevano persa per sempre, una figlia della Dea in quelle terre dimenticate che aveva fatto loro sentire nuovamente il caldo abbraccio della Grande Madre semplicemente disegnando cocciutamente il suo simbolo sul legno: non erano sole in quelle lande desolate, ma la sorellanza era presente anche lì, e le stava dando il suo benvenuto. «La situazione è leggermente differente da quello che sembra; siamo piccoli gruppi, per lo più familiari, sparsi su un territorio enorme ma in contatto tra noi grazie anche alle sorelle indiane che onorano la
12 Dea e praticano la sua magia…» intervenne mia madre per spiegare meglio alle nuove venute la realtà in cui vivevamo. «Nessuno sa cosa facciamo e chi veneriamo e questo è l’unico motivo per cui non ci sono indagini o persecuzioni contro di noi. La prudenza e la segretezza sono le sole armi che abbiamo per sopravvivere in un mondo dedito alla superstizione e alla rigidità religiosa; ci siamo dovute adattare, mimetizzandoci tra i puritani per meglio celare il nostro vero credo e il fatto di essere divise in piccoli gruppi facilita questa soluzione…». «Faremo tesoro di ogni vostro suggerimento ma ora urge terminare i preparativi: questo sabbat è il primo che celebriamo da tanto tempo e sarà un modo di ringraziare Gea e il suo sposo di averci protette facendoci giungere sane e salve da voi» rispose Violet, la ragazza che avevo conosciuto sulla banchina del porto di Salem.
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CAPITOLO 2
Dal libro specchio di Sara 22 dicembre 1690. Oggi è venerdì e si sente nell’aria la festa imminente; fra tre giorni sarà Natale e in tutto il villaggio fervono i preparativi per festeggiarlo nel migliore dei modi. Noi ragazze siamo state impegnate tutta la settimana a pulire e addobbare la chiesa in vista della visita del vicario che celebrerà la funzione natalizia proprio nella nostra parrocchia, mentre i ragazzi mantenevano sgombra dalla neve la piazza e le vie adiacenti. Le donne della comunità preparano dolci e piatti prelibati che poi distribuiranno ad amici e conoscenti, mentre gli uomini sono partiti per una battuta di caccia al cervo che assicurerà carne fresca e abbondante per tutti. In questo clima di frenetiche attività, ce n’erano alcune che passavano del tutto inosservate agli abitanti di Wenham, ignari che un’altra ricorrenza si sarebbe celebrata sotto i loro occhi proprio la sera stessa: il sabbat di Yule. Avevamo presentato Agnes, Emily, Violet e Jessie come lontane parenti che, alla morte del capofamiglia, a causa di problemi finanziari derivati dalla vedovanza, avevano dovuto raggiungere le colonie americane per iniziare una nuova vita. Essendo questa la ragione comune a molti coloni del luogo, erano state accettate con generosità e amicizia e, cosa più importante, con poche domande sul loro triste passato. Grazie a questo espediente erano riuscite a terminare i preparativi per la celebrazione della Dea appena in tempo; al calare della sera, mentre ognuno tornava alla propria casa e alla propria famiglia, ci radunammo tutte nella cantina di Elizabeth, pronte a onorare la Grande madre e il suo sposo. Le pareti erano state adornate con fronde di quercia, albero sacro all’eternità mentre rami di vischio erano stati posizionati nei luoghi di passaggio in modo che tutte ne venissimo a contatto; ero a conoscenza del significato dei vari elementi presenti nella stanza, ciascuno con il proprio contenuto simbo-
14 lico, ma mi trovai in imbarazzo a spiegare a Jessie ciò che sapevo in quanto, pur essendo la più giovane delle nuove consorelle, era comunque più grande di me di ben quattro anni. «Il vischio è la pianta che simboleggia la vita perché le sue bacche, bianche e traslucide, somigliano al seme maschile, generatore di vita. Si usa a Yule proprio perché in questa notte il Dio della luce rinasce a nuova vita dal grembo della Dea riportando la ruota della vita a un nuovo punto d’inizio…». La mia nuova amica mi guardava assorta, incredula che io potessi sapere così tante cose su quel rituale, ignara di ciò che si celava dietro l’apparente fragilità di quella giovane fanciulla. Intanto, in un angolo della stanza in cui era stato realizzato un piccolo caminetto, le altre wicca si erano radunate davanti a un ciocco di quercia, adornato e abbellito da altri tipi di piante; rametti di tasso per indicare la morte dell’anno calante, l’agrifoglio, simbolo dell’anno che stava per finire, l’edera, pianta sacra del Dio solstiziale e la betulla, l’albero delle nascite e dei nuovi inizi, il tutto tenuto insieme da nastri rossi, colore della rinascita. Una litania appena sussurrata, lenta e ritmata, ripetuta più volte, era l’inizio del rito che avrebbe portato all’accensione del ceppo propiziatorio e al festeggiamento vero e proprio. Regina del Sole, Regina della Luna Regina dei corni, Regina dei fuochi Portaci il Figlio della Promessa. È la Grande Madre che Lo crea È il Signore della Vita che è nato di nuovo! L'oscurità e la tristezza vengono messe da parte quando il Sole si leva di nuovo! Sole dorato, delle colline e dei campi, illumina la Terra, illumina i cieli, illumina le acque, accendi i fuochi! Questo è il compleanno del Sole, io che son morto, oggi son di nuovo vivo. Il Sole bambino, il Re nato in inverno!
15 Non fu necessario utilizzare una fiammella, l’energia delle streghe riunite davanti al camino fece ardere il legno che avvampò in una fiammata dorata carica di aromi, scaldando in poco tempo l’ampio locale. Le fiamme avevano un potere quasi ipnotico su di noi e ci lasciammo trasportare dalle litanie provenienti dalle wicca, come cullate dalle dolci brezze di primavera. Violet, Jessie e io ci tenevamo per mano, danzando leggere al suono di quella strana melodia; tutto sembrava lento, rallentato, come in sogno, colpa forse dei vapori dei ramoscelli che crepitavano nel falò: mia madre, Elizabeth e le altre tre consorelle più anziane sembravano non accorgersi di quello strano fenomeno e continuavano a cantilenare i ringraziamenti propiziatori alla Dea al suo sposo rinato. “Tre altre streghe?” pensai cercando di snebbiare la mente, mentre un campanello d’allarme risuonava nel mio cervello; il talismano sul petto bruciava di energia mentre il mio corpo reagiva inconsciamente al pericolo: tutto sembrò fermarsi, bloccandosi nell’istante in cui stendevo la mano verso l’estranea, pronta a colpire. «Chi sei tu? Voltati in modo che possa vedere il tuo volto prima di cancellarlo dalla faccia della terra…» dissi all’intrusa; «per il potere della Dea e del sigillo di Salomone svela le tue intenzioni o muori!». La donna al centro del gruppo sembrò irrigidirsi per un attimo, mentre le altre consorelle rimasero immobili come statue di sale; solo noi due eravamo coscienti di quello che stava succedendo e nessuna avrebbe potuto accorrere in mio aiuto in caso di bisogno. Impiegai quei brevi istanti d’incertezza per osservare meglio chi avevo innanzi; era una persona giovane, dell’età circa di Emily, vestita con abiti troppo leggeri, color dell’autunno: lunghi capelli castani erano raccolti sulla nuca in una complicata acconciatura mentre tutto di lei mi suggeriva familiarità. La vidi voltarsi lentamente, quasi prendendosi gioco di me mentre un largo sorriso le illuminava il viso. «Sara, figlia prediletta, sono compiaciuta dei risultati che hai ottenuto dagli insegnamenti dei maghi di Salem; la rapidità e la determinazione che hai dimostrato confermano che la scelta non poteva essere migliore. Abbassa il palmo della tua mano perché non sono un’emissaria dell’oscurità, bensì della luce».
16 Avevo intuito chi fosse ancor prima che la figura che avevo davanti parlasse; il palmo della mano era rimasto immutato nonostante il mio desiderio di colpire e la testa di Lupo, dopo la prima reazione, era tornata un freddo pezzo di metallo. Non c’era pericolo in quella persona che era apparsa tra di noi, anzi, era un onore che poche potevano vantare di avere avuto; Gea in persona aveva onorato il nostro sabbat con la sua presenza e questo fugava ogni mio dubbio e ogni mia perplessità. «Perdonami Grande Madre se mi sono comportata in modo così poco rispettoso, ma l’addestramento cui mi hai fatto sottoporre è stato così ben appreso che sono scattata sulle difensive appena capito che qualcosa non andava…». «Non ti devi scusare figlia mia, anzi, devi essere orgogliosa di aver adempiuto il desiderio dei custodi della luce in così breve tempo; tutti noi siamo compiaciuti del risultato ma il cammino è ancora lungo e i tempi sono ormai vicini. Non permettere ai dubbi di minare la tua determinazione e il tuo coraggio; sei lo strumento del bene in una lotta che ti contrappone a forze malvagie di ogni genere, non dimenticarlo mai…». «Mio Dio, Sara che ti succede? Rispondimi piccola… presto un po’ d’acqua fresca… » la voce di mia madre mi giungeva da lontano, come un’eco portato dal vento: mi sentivo esausta mentre, a occhi chiusi, cercavo di radunare un po’ di energia per riuscire a rispondere. “Nei momenti di bisogno, un mago riesce ad attingere energia dall’ambiente che lo circonda; i cinque elementi sono una fonte inesauribile di potenza magica ma è piuttosto difficile assorbirla: più semplice è sottrarla a un altro mago, sempre che lui non opponga resistenza…” le parole di Arthur mi tornarono alla mente in un lampo, come se le sentissi direttamente dalla sua bocca quando, pazientemente, mi insegnava ad aumentare le mie riserve di energia: feci espandere la mia aura nella stanza assorbendo calore dalle fiamme del camino, vigore dall’acqua che qualcuno mi stava ripetutamente spruzzando sul viso e vitalità dalle riserve magiche delle mie consorelle.
17 «Cos’è successo?» chiesi confusa cercando di mettermi in piedi; la testa girava mentre le gambe cercavano di sopportare il mio peso: ricordavo l’incontro con la Dea ma ignoravo il motivo per cui mi ero risvegliata sul pavimento. «Stavamo danzando tenendoci per mano, quando a un tratto ti sei bloccata con il viso rivolto al fuoco: hai aperto la bocca come per dire qualcosa, hai proteso un braccio in avanti e poi, subito dopo, sei svenuta…»; Violet tremava visibilmente mentre mi raccontava quello che aveva visto: si era spaventata temendo per la mia salute, non sapendo quale onore aveva ricevuto nell’avere Gea a pochi passi da lei, sia pure invisibile ai suoi occhi. «Scusatemi… sto bene ora… è stato solo un piccolo malore improvviso…». Gli occhi di mia madre incrociarono i miei, carichi di apprensione e di domande inespresse: le sorrisi cercando di tranquillizzarla, mentre con un cenno le feci capire che c’era dell’altro ma che non volevo parlarne davanti a tutti. «Festeggiamo Yule perché in questi tempi d’incertezza non sappiamo se e quando potremo nuovamente riunirci; la vita di una wicca è solitudine ma la gioia che ci dona la nostra Dea ci ripaga di tutte le sofferenze… » ci esortò Agnes, mentre riprendeva il suo posto attorno al ceppo crepitante: non poteva sapere quanta verità c’era nelle sue parole e così, dopo lo spavento per il mio malessere, ci abbandonammo alla gioia dei festeggiamenti fino all’alba, quando il nuovo sole annunciò la nascita del Dio del Fuoco e l’inizio di un nuovo ciclo vitale.
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CAPITOLO 3
Dal libro specchio di Sara 25 dicembre 1690. Quest’anno il Natale è capitato di lunedì. Alla funzione della mattina tutta Wenham era radunata per salutare la nascita di Nostro Signore. Sono animata da sentimenti contrastanti, perché per tutta la vita sono stata abituata a credere in Dio e in Gesù Cristo e ora che la Grande Madre si è rivelata a me, non posso fare a meno di avere dei conflitti nella mia anima. Mamma ha cercato di spiegarmi che ci sono misteri che l’uomo non riesce a comprendere o capisce solo in parte: gli indiani, ad esempio, credono nel Grande Spirito, ma non negano l’esistenza della Grande Madre o di altre divinità, e così hanno fatto per secoli altre religioni più tolleranti. Purtroppo i cristiani non hanno questa mentalità aperta ad altre spiritualità e cercano di soffocare nel sangue tutto ciò che mette in pericolo le loro convinzioni religiose; per questo dobbiamo stare molto attente a non farci scoprire: siamo un pericolo per le loro certezze religiose anche perché noi abbiamo un contatto diretto con la nostra Dea, cosa che loro non riescono ad avere. Nonostante questo conflitto interiore, assaporo ogni istante del Natale perché è un momento di gioia da condividere con tutti e che tutti condividono con te… anche questa è magia. 1 gennaio 1691. È da tanto che non sento Lupo e sono preoccupata; non voglio chiamarlo tramite l’amuleto perché mi era stato detto che serviva solo in caso di pericolo e non voglio mettere in ansia il mio amico. Aspetterò che sia lui a farsi vivo; lo fa sempre, prima o poi. Il grimorio si arricchisce di nuove formule tanto che è già diventato un discreto volumetto ma le magie più importanti riesco a farle senza l’ausilio delle formule magiche e questo disorienta un po’ la mamma; non riesce a capire in cosa mi sia evoluta, anche perché
19 non ci sono precedenti conosciuti che un simile cambiamento sia successo in passato né si ha memoria di un aiuto così forte da parte degli stregoni: questa è una setta che raramente incrocia il suo cammino con le streghe e per nessun motivo svela a esse i propri segreti. Con me, invece, hanno aperto il loro sapere e le loro conoscenze facendo di me un ponte tra la magia delle wicca e la loro, così diversa, così istintiva. La domanda che mi tormenta è sempre la stessa: alla fine di tutto questo, ammesso che riesca a sopravvivere, in che cosa mi sarò trasformata? Sarò ancora una strega wicca oppure qualcosa di diverso, più potente e quindi più vulnerabile al lato oscuro della magia? È proprio in questi momenti, quando il dubbio mi assale, che sento più forte la mancanza di Lupo. 2 febbraio 1691. Oggi è il mio undicesimo compleanno, anche se, nel mio cuore, mi sento molto più grande. La magia ha il potere di farti sentire più matura, consapevole, adulta in un corpo che sembra troppo giovane e fragile per contenere tutto questo sapere, tutta questa energia: eppure dall’esterno tutto sembra normale, in un mondo che di usuale non ha più nulla, almeno per me. Wakan Tanka mi ha fatto visita stanotte, nel sonno portandomi un regalo da parte delle mie “entità protettrici” come lui ama definirle; non è un oggetto materiale, ma l’annuncio di una prossima visita di qualcuno che contribuirà ad aumentare le mie conoscenze: non ho ancora ben chiaro se posso considerarlo o meno un dono visto che porterà comunque altri dubbi e altre domande. Le nevicate si stanno alternando a giornate di sole ma le temperature sono ancora troppo rigide; non credo che avremo visite tanto presto. Agnes e le altre consorelle sono partite ormai da due settimane, approfittando di un momento di quiete tra una bufera e l’altra e sono arrivate sane e salve a casa. La chiaroveggenza imparata da madame Capeau si è rivelata molto utile e ora, dopo tanto esercizio, posso mettermi in contatto sia con loro sia con gli amici pellirossa di Bella Collina, ancora accampati nei territori invernali. 4 marzo 1691. Le giornate si sono notevolmente allungate ma, come sempre in questo periodo dell’anno, piove spesso tramutando tutto in
20 un’enorme distesa di fango. Rimpiango il soffice tappeto di neve candida tutte le volte che devo uscire da casa, ma mi consola il fatto che la primavera sta arrivando e con essa la possibilità di riprendere le normali attività con la mamma; sembra quasi un sogno tutte le peripezie vissute a Salem solo qualche mese fa. Nessuno è arrivato a insegnarmi nulla e comincio a pensare che quello fosse solo un sogno e non una visione soprannaturale; forse è meglio così, dopo tutto. 6 marzo 1691. Le prime carovane dirette verso gli insediamenti interni sono arrivate e ripartite, portando nuovi coloni con notizie fresche dall’Inghilterra. Si sussurra insistentemente di roghi di streghe in tutto il vecchio continente, in Spagna, in Francia e in Italia soprattutto ma nessuna nazione cristiana ne è esente. “Il Maligno è tra di noi” è la frase ricorrente in ogni omelia, ovunque essa sia pronunciata, e questo non fa che fomentare l’odio e la superstizione tra la gente. Forse, come diceva il Grande Spirito, l’Oscurità è molto vicina. I nuovi coloni, oltre alle notizie, hanno portato anche qualcos’altro: malattie. Molta gente di Wenham e dei paesi vicini si sta ammalando e sembra che i normali medicamenti facciano poco effetto. Siamo uscite quasi tutti i giorni mamma e io per cercare le erbe adatte a curare tutta questa gente ma è difficile trovare quello che ci serve in questa stagione. 7 marzo 1691. È arrivato quello che dovrebbe essere il mio regalo, o così almeno credo. Cathbad in persona ha bussato alla nostra porta di buon mattino, accompagnato da una donna anziana che a stento riusciva a camminare. Papà li ha subito fatti entrare cercando di rifocillare alla meglio la vecchia signora; il suo accompagnatore, invece ha insistito per incontrarmi al più presto ma ha dovuto attendere pazientemente il mio ritorno, cosa alquanto inusuale per il carattere del gran Maestro degli stregoni. Avevo avvertito la sua presenza ancor prima di varcare la soglia di casa e la gioia di rivedere il mio mentore mi fece attraversare la stanza di corsa.
21 «Cathbad» gridai tutta felice mentre lo abbracciavo con calore; lui ricambiò il mio gesto d’affetto, anche se normalmente avrebbe evitato un contatto fisico così stretto con chiunque operasse nel campo della magia, tranne me naturalmente. «Sapevo che qualcuno sarebbe arrivato ma non speravo fossi proprio tu…» mi interruppi a metà della frase perché nel suo sguardo c’era gioia mista a preoccupazione. Non era una visita di piacere, questo lo sapevo, ma ciò che leggevo nei suoi occhi mi aveva messo in agitazione. Non eravamo i soli a patire l’ondata di malattie portate dai nuovi arrivati; Salem e le altre città portuali della colonia erano state contagiate prima di noi e non erano state in grado di arginare l’epidemia. Nonostante il divieto di viaggiare emesso dal governatore, molte carovane erano partite prima che si potesse agire con fermezza e il contagio si stava diffondendo. «Non è un semplice malanno passeggero…» mi aveva confidato lo stregone appena eravamo rimasti soli, «ma un’affezione studiata in modo da colpire tutti i porti della costa quasi contemporaneamente; l’ombra del male si sta allungando verso di noi e utilizza la magia nera per potenziare il suo attacco. I miei fratelli stanno scovando le streghe oscure e le stanno scacciando una dopo l’altra, ma i danni del sortilegio rimangono anche dopo la loro sconfitta proprio perché dobbiamo agire nell’ombra anche per assistere chi è stato infettato. Non sarà facile curare tutti e forse ne dovremmo seppellire una parte ma la cosa più importante è celare le nostre capacità pur cercando di aiutare tutti». Mamma non era preparata a simili rivelazioni e mentre il mio mentore spiegava quello che occorreva fare, io andai a conoscere l’altra nostra ospite. La trovai in cucina, vicino al focolare, le mani protese verso le braci in cerca di calore: non era una strega, questo era certo perché avrebbe ravvivato i tizzoni ormai quasi spenti invece di avvicinarsi così tanto alle pietre calde del camino. La osservai attentamente prima di parlarle ma non riuscii a capire il motivo della sua presenza accanto al mago più potente del nuovo mondo; era anziana e minuta, appoggiata a un bastone scuro, liscio e leggermente arcua-
22 to: aveva lo sguardo fisso verso il muro, come se i suoi pensieri fossero da un’altra parte, lontani. «Avvicinati giovane wicca, non aver timore; sono qui per aiutarti, non per farti del male. Eri stata avvertita del mio arrivo, per cui come mai sei così sorpresa?». La sua voce era chiara, calda, stranamente ferma nonostante l’età; sapeva molto di più di quello che voleva dire e sicuramente era in contatto con le stesse entità che mi avevano preannunciato il suo arrivo. «Scusami, sono stata sgarbata a fissarti in quel modo mentre eri girata; sono Sara e volevo darti il benvenuto nella mia casa e chiederti il motivo di questa visita». «Lo scopo è duplice, mia cara fanciulla: Cathbad è qui per aiutare tua madre a curare i tuoi concittadini e io sono stata mandata per continuare il tuo addestramento…» mentre diceva queste parole, l’anziana signora si era voltata rivelando un viso pieno di rughe e di saggezza; la bocca, simile a una fessura, era perennemente distesa in un timido sorriso mentre lunghi capelli color dell’argento le incorniciavano un viso sottile, quasi tagliente. Non riuscivo a capire il suo paese d’origine, viste le molteplici caratteristiche somatiche della sua faccia, ma erano gli occhi il particolare più inquietante, quello che non si poteva fare a meno di osservare; erano due globi bianchi, traslucidi come perle di fiume eppure assai mobili, come perennemente alla ricerca di un bagliore di luce. Indovinando la mia domanda, fu proprio l’anziana signora a svelare chi fosse in realtà: «io sono Anania; nelle mie vene scorre il sangue di molti popoli ma le mie capacità le ho ereditate dalla mia bisnonna, una gitana che ha conosciuto le corti più importanti d’Europa. Lei era in grado di vedere il passato e il futuro delle persone, di predire ciò che sarebbe accaduto e anche il modo di evitarlo; era molto apprezzata e invidiata ma, purtroppo anche temuta da chi voleva tramare nell’ombra. Fu torturata e uccisa per mano delle stesse persone che avevano chiesto più volte il suo aiuto e il suo corpo fu nascosto in modo che non potesse tormentare i suoi aguzzini. Io ho ereditato le sue capacità e sono qui a insegnarti il modo di predire e anticipare i tuoi nemici».
23 «Perdonami Anania ma io non credo di possedere un simile talento, altrimenti la confraternita dei wizards l’avrebbe scoperto; come posso imparare qualcosa che non ho?». «Tu non ascolti giovane strega. Io non ho mai detto che riuscirai a fare quello che faccio io, almeno non nello stesso modo: la magia, a volte, sopperisce in parte alla mancanza naturale del talento. Ti assicuro che, quando avremo finito, sarai in grado di vedere cose che dovranno ancora accadere oppure scoprire i piani che i tuoi nemici stanno preparando contro di te. Abbi fiducia nelle tue e nelle mie capacità perché il dubbio è il primo passo sulla strada della sconfitta». «Com’è successo?». La domanda uscì dalla mia bocca senza che quasi me ne accorgessi e prima di potermi scusare per la mia maleducazione, lei riprese a parlare: «non essere imbarazzata, è una domanda più che lecita; è stato tanto tempo fa, quando cominciò a palesarsi il mio dono: per aumentare il mio potere e avere divinazioni più precise e nitide, non potevo essere distratta da nulla che potesse interferire con le mie percezioni e così, visto che ero il loro unico sostentamento, i miei familiari mi accecarono». Rimasi inorridita dalla semplicità con cui Anania mi aveva rivelato il motivo della sua infermità tanto che non riuscii a rispondere nulla, solo ascoltare il proseguo del racconto. «Ero appena più grande di te quando vennero a prendermi per portarmi da una pseudo guaritrice; mi stesero su un tavolaccio, mani e piedi legati saldamente mentre mio padre mi teneva bloccata la testa in modo che non potessi muoverla. Mi spalmarono il viso con un unguento grasso e lo bendarono in modo che non rimanesse ustionato; solo gli occhi erano liberi dalle fasce, spalancati dal terrore e da un arnese che mi impediva di chiudere le palpebre. L’ultima cosa che vidi fu un ferro rovente che calava sulle mie pupille mentre un dolore tremendo attanagliava ciò che rimaneva dei miei globi oculari. Ci vollero mesi di cure prima che le ustioni guarissero, lasciando i miei occhi come li vedi ora, bianchi e irrimediabilmente spenti…».
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CAPITOLO 4
Mamma si era messa subito al lavoro non appena saputo che l’epidemia era in realtà alimentata da un sortilegio maligno; insieme a Cathbad visitarono tutti gli ammalati incominciando da amici e vicini, proprio per creare una sorta di alone di fiducia attorno al nuovo arrivato. Dal canto suo, lo stregone si presentava come un importante dottore venuto dalla città proprio per curare e studiare nuovi rimedi contro quello strano tipo di febbre che aveva colpito così impietosamente la collettività. I medicamenti e le pozioni di mia madre uniti alla magia guaritrice dei druidi celti riuscirono a spezzare il sortilegio legato all’epidemia e a riportare la speranza e la salute nella nostra comunità. Il connestabile in persona ringraziò entrambi per l’aiuto che avevano offerto a tutte le persone sofferenti di Wanham e offrì addirittura di pagare il sedicente dottore per l’assistenza che aveva dato alla cittadinanza, mentre il sentimento di riconoscenza aveva fornito alla nostra famiglia l’opportunità di consolidare la sua posizione all’interno del villaggio. Senza le streghe oscure che alimentavano con la loro energia malvagia il sortilegio lanciato sui coloni, le guarigioni erano sempre più numerose tanto che, a inizio primavera, la salute dei cittadini di tutta la contea poteva dirsi ristabilita; tremavo al pensiero che senza l’aiuto di tutti i maghi e le streghe, le forze del male avrebbero potuto annientare tutta la nostra colonia e le popolazioni vicine: nulla avrebbe arrestato il contagio che sarebbe arrivato, inesorabilmente, a colpire anche i nostri amici pellirossa. Intanto, mentre mamma e Cathbad erano impegnati all’esterno, Anania e io proseguivamo in casa il mio addestramento. Due erano le tecniche che l’anziana veggente stava insegnandomi, quelle che potevo utilizzare meglio sfruttando la mia magia di wicca legata agli elementi: la lecanomanzia e la piromanzia.
25 «Tu non potrai mai essere una veggente né tantomeno un oracolo; ci sono doni che vengono tramandati e che non si possono imparare né acquisire con lo studio o con le arti magiche, ma per quelli come te che già padroneggiano nell’arte della chiaroveggenza, ci sono alcune tecniche che possono rivelarsi utili. Essendo una wicca, il tuo potere è fondamentalmente legato ai quattro elementi naturali per cui sfrutteremo l’acqua per la lecanomanzia e il fuoco per la piromanzia». «Perdonami, ma non capisco. Cos’hanno di diverso da quello che mi ha già insegnato madame Capeau?». «Possono essere l’uno il completamento dell’altra; poiché ci dobbiamo affidare ai tuoi poteri di strega e non a un’intercessione divina, i vari metodi ti permetteranno di raggiungere più facilmente lo scopo che ti prefiggerai: la chiaroveggenza può addirittura metterti in contatto con una persona distante nel tempo e nello spazio, ma ti rende vulnerabile agli attacchi magici e alle possessioni demoniache, oltre a renderti visibile ad altri sensitivi. L’acqua e il fuoco sono due elementi così comuni in natura che non avrai difficoltà a trovarli lungo il tuo cammino, senza contare che possono essere trasformati istantaneamente da mezzo divinatorio ad armi contro i tuoi nemici. Usando queste due tecniche non potrai essere né localizzata né manipolata, ma potrai sapere ciò che ti serve e addirittura colpire il tuo nemico a distanza». Sarebbe stato un enorme vantaggio se avessi imparato ad anticipare le mosse dei miei avversari, se fossi riuscita a precederli durante il lungo cammino che mi era stato preannunciato più volte durante i miei incontri onirici con le divinità che mi guidavano e mi proteggevano: forse avrei avuto la possibilità di colpire prima di essere colpita. «La lecanomanzia è un’arte antica, vecchia di millenni; impararla è semplice, più complicata è l’interpretazione delle informazioni che si possono ricavare dal comportamento dei vari liquidi utilizzati. Lo stesso discorso vale per la piromanzia; lo studio delle fiamme e del loro comportamento possono dare utili informazioni, ma entrambe servono a poco se non avrai la piena padronanza della chiaroveggenza e della sua applicazione con le altre arti. Dovrai esercitarti tantissimo per essere poi pronta a integrarla con le altre due tecniche
26 e allora, e solo allora, sarai pronta ad affrontare l’oscurità e a sconfiggerla». Fu così che iniziò un lungo periodo di studio e di pratica sull’antica arte della divinazione; con la scusa dei postumi della malattia, ero riuscita a farmi esonerare dai miei doveri verso la comunità e verso la chiesa, impiegando ogni minuto della giornata a mettere in pratica gli insegnamenti di Anania. Si era rivelata un’insegnante severa e puntigliosa, molto attenta anche ai più piccoli particolari, ma allo stesso tempo gentile e premurosa; le sue lezioni erano così emozionanti, per i risultati che riuscivo a ottenere, che il tempo scorreva talmente veloce da non accorgersene. Cathbad e la sua veggente erano ancora nostri ospiti quando giunse la notizia che i primi indiani stavano arrivando dai territori invernali, diretti alla stessa pianura che aveva ospitato le loro tende per centinaia di anni; poter finalmente rivedere tutte le mie amiche indiane e Bella Collina era stata un’emozione talmente forte da togliere il fiato. “Va_shesh_na_bè è vicina ed è sana e salva…” continuavo a ripetere mentalmente, mentre la voglia di rivederla cresceva di attimo in attimo; non sapevo se avrei avuto la pazienza di aspettare che il loro campo fosse ultimato: volevo rivederli tutti, e subito. «So a cosa stai pensando piccola Sara, anch’io non vedo l’ora di incontrare Pioggia sulla Faccia. Falco in Piedi mi ha raccontato quanta magia e quanta luce c’è nel cuore del tuo amico sciamano e non vedo l’ora di conoscerlo e di condividere il nostro sapere». Cathbad era rimasto in piedi sulla soglia della stanza a osservare il mio volto mentre fantasticavo del prossimo incontro con i nostri amici pellirossa; aveva intuito tutto quello che si agitava nel mio cuore e mi stava suggerendo qualcosa che ancora non capivo. «Anania dice che sei molto dotata e cocciuta; ti sei applicata con una costanza che non si aspettava ed è rimasta molto colpita dalla facilità con cui hai imparato i suoi insegnamenti: secondo lei sei pronta per il passo successivo. Te la senti di provare a vedere se riesci a contattare la tua amica?». Era da tempo che fremevo dall’impazienza di mettere alla prova le mie nuove capacità; a Salem ero riuscita a entrare addirittura nella sua wigwam ma, in quell’occasione, l’ansia per la sua sorte mi ave-
27 va fatto dimenticare la paura provata dopo il disastroso tentativo con il peyote. Ora, pur essendo cosciente delle mie capacità e dei miei cambiamenti, ripetere l’esperienza mi lasciava un po’ in apprensione. «So che cosa ti frena, giovane wicca; tua madre mi ha raccontato i tuoi esperimenti con quegli strani cactus allucinogeni. Sei stata veramente fortunata quella volta; avresti potuto morire senza l’intervento del tuo amico a quattro zampe…». Sorrideva in modo ironico mentre lo diceva, come se quell’episodio della mia vita avesse risvegliato ricordi ormai sepolti. «Tutti commettiamo delle stupidaggini: fa parte del percorso per imparare a utilizzare qualcosa che sfugge a ogni tipo di logica, qualcosa che non dovrebbe esistere eppure c’è, dentro di noi». «So di essere pronta ma ho paura; se mi starai vicino sono sicura che non mi potrà accadere nulla di male…». «Non ti preoccupare, Sara, ci sarò io a vegliare che tutto vada per il meglio, stai tranquilla». Scendemmo insieme in cantina, diventata ormai il luogo dei miei studi e dei miei esperimenti e, dopo aver tracciato a terra il sigillo di Salomone, accendemmo i fuochi ai quattro lati della stanza. «In caso di bisogno attingi pure energia dalla mia aura, ma sarebbe preferibile utilizzare quella presente nella stanza; non avrai sempre a disposizione qualcuno che professa la magia, ma gli elementi naturali saranno sempre ovunque intorno a te…». Mi guardai intorno, osservando l’ambiente più con l’anima che con gli occhi: questo era un trucco da warlock, insegnatomi da Arthur durante i primi giorni di addestramento. Mi misi al centro del pentacolo e inspirai profondamente; dovevo rilassare ogni fibra del mio corpo per essere più concentrata e ricettiva nei confronti del vigore mistico che mi circondava; percepivo le fiamme dei bracieri, l’aura potente del mago al mio fianco ma anche il terreno su cui ero seduta era carico di energia, cuore pulsante della mia Dea: ero pronta a cominciare e, senza indugio, aprii la mia mente percorrendo le linee dello spazio e del tempo. Avevo preparato una bacinella piena d’acqua per utilizzare inizialmente la lecanomanzia; il liquido trasparente si era dapprima leggermente increspato mentre i ricordi della mia amica affluivano niti-
28 di dalla mia memoria: stavo cercando di trovarla esclusivamente con l’aiuto del nostro legame affettivo e i risultati non tardarono ad arrivare. «Bella Collina non è ancora arrivata al luogo dell’accampamento; lei e un gruppo di altre donne sono rimaste indietro e procedono lentamente: ci sono dei giovani guerrieri che scortano la carovana e tutto sembra tranquillo…». Una visione si era materializzata sulla superficie increspata del recipiente, dapprima confusa, poi via via sempre più nitida; potevo osservare il piccolo gruppo di pellerossa procedere tranquillo sulle rive di un lago e, sforzandomi ancora, vedevo addirittura i loro volti. Fumo Giallo e suo fratello Quattro Corvi guidavano la carovana e subito dietro c’erano le squaws che accompagnavano Bella Collina; tutt’intorno potevo vedere altri guerrieri e, dal loro modo di procedere, era chiaro che non temevano attacchi improvvisi. Ma allora perché non erano insieme al resto della tribù? La lecanomanzia aveva funzionato egregiamente; li avevo trovati e avevo osservato tutta la scena perfettamente al sicuro: ora, però dovevo scoprire il perché del loro ritardo. Afferrai il mio talismano più per essere rassicurata che per invocare il suo potere e aprii la mia aura espandendola oltre i confini di quell’angusta cantina… e mi trovai all’aperto, accarezzata dai raggi tiepidi del sole e da una brezza fresca che mi fece rabbrividire. Poco più avanti, il gruppo di viaggiatori si era fermato per riposare e io ne approfittai per avvicinarmi alla mia amica; era visibilmente stanca, aggrappata al dorso del cavallo, come per sostenersi dopo una prolungata fatica, pallida e palesemente ingrassata sotto gli abiti invernali. «Mio Dio, ma sei incinta…» urlai di gioia quasi senza accorgermene, protendendomi istintivamente verso di lei per abbracciarla. Avevo dimenticato, però, la reazione che potevo suscitare; Va_shesh_na_bè ebbe un sussulto di paura accompagnato da un urlo che mise in allerta tutto il gruppo: immediatamente i guerrieri più vicini accorsero in suo aiuto mentre le vedette scrutavano il terreno tutt’intorno alla ricerca di eventuali pericoli. «Per la Grande madre, perdonami…» avevo le lacrime agli occhi per aver causato uno spavento così grande alla mia amica, specie nelle sue condizioni. «Sono Sara, ti prego cerca di sentirmi, non volevo
29 spaventarti…». Per un attimo sembrò che non fosse successo nulla, poi l’atteggiamento della mia amica cambiò: inclinò il capo come per cercare di udire un rumore lontano e un largo sorriso apparve sulle sue labbra. «Igat_she, sei proprio tu?» mormorò al vento, quasi avesse timore di farsi sentire dagli altri. «Sì amica mia sono proprio io; perdonami, non volevo spaventarti ma ero in pensiero per te e ti ho cercata usando una nuova magia: spiega agli altri chi sono e che non c’è nulla da temere: sto cercando di essere lì anche se in realtà sono a casa ma non so ancora cosa riuscirò in pratica a fare…». Dopo che la moglie del loro sciamano ebbe spiegato cosa stava accadendo, si radunarono tutti in attesa di assistere a quello strano prodigio. La cultura degli Algonchini era permeata di magia e soprannaturale e loro avevano accettato quella spiegazione come un fatto possibile. Allungai la mano e le accarezzai il pancione nascosto sotto la pesante casacca di pelliccia; non mi ero accorta che fosse così grosso e teso, segno di un parto imminente; Va_shesh_na_bè percepì immediatamente il mio tocco e mise la sua mano sulla mia, guidandola di lato. «Senti piccola Sara? Questa è la testa del mio bambino, un piccolo guerriero che scalcia e tira pugni perché vuole uscire; non manca molto oramai e spero di arrivare al villaggio in tempo per farlo nascere…». Sfruttai ogni riserva del mio corpo per aumentare la mia presenza accanto alla mia amica; le fiamme nella stanza dov’ero con Cathbad presero ad ardere con più vigore mentre un debole tremore saliva dal profondo della terra, proprio sotto di me: ero consapevole di entrambe le situazioni, dentro e fuori la cantina e stavo assorbendo energia dagli elementi naturali che mi circondavano per integrare quella spesa durante la chiaroveggenza. “Oh Grande madre aiutami…” ripetevo dentro di me mentre tornavo da Bella Collina. «Igat_she, ora ti vedo…» sentii dire dalla mia sorella in Gea, mentre un coro di esclamazioni di sorpresa uscì dalle bocche dei presenti. «Sembri un’apparizione, come uno spettro, ma ti riconosco e sento la tua voce; com’è possibile tutto questo piccola Sara?».
30 «Ti spiegherò tutto al tuo arrivo, amica mia; ci sono tantissime cose che ti devo raccontare e altre che devo sentire da te. È stato bellissimo poterti incontrare di nuovo ma non rallentare a causa mia il tuo viaggio; devi arrivare al più presto per far nascere tuo figlio…». «Aspetta; hai ancora un’altra cosa da fare prima di tornare…»; la voce del mago mi arrivava da lontano, simile al sussurro del vento, ma oltremodo nitida e perentoria: chiedi ai tuoi amici di radunare della legna e di tenersi a distanza e poi metti in pratica ciò che hai imparato sulla piromanzia». Fecero come avevo chiesto e accatastarono della legna sul margine della pista, dopo di che si allontanarono prudentemente; avevo paura che, fallendo, avrei potuto causare danni ai miei amici ma, dentro di me, la consapevolezza delle mie capacità prese il sopravvento. Visualizzai mentalmente il fuoco che crepitava nel braciere davanti a me e lo proiettai lontano, verso l’altra me stessa in attesa; sentivo i palmi delle mani diventare sempre più caldi, quasi roventi e in quel preciso istante lanciai il mio sortilegio. I rami, dapprima, presero a fumare debolmente, poi sempre di più fino a che una fiammata appiccò il fuoco a tutta la catasta, improvvisamente. La temperatura era così intensa che Va_shesh_na_bè e i suoi compagni dovettero retrocedere immediatamente per non essere travolti dall’ondata di calore improvvisa; il risultato era andato ben oltre le aspettative, ma era giunto il momento di permettere alla mia amica di continuare il suo viaggio. «Verrò presto a trovarti e a vedere il tuo bambino. A presto amica mia…» e con queste semplici parole sparii dalla loro vista. )LQH DQWHSULPD &RQWLQXD