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BARBARA BUGANZA
PRIMA DI TORNARE NELLE CAVERNE
ZeroUnoUndici Edizioni
ZeroUnoUndici Edizioni WWW.0111edizioni.com www.quellidized.it www.facebook.com/groups/quellidized/ PRIMA DI TORNARE NELLE CAVERNE Copyright © 2018 Zerounoundici Edizioni ISBN: 978-88-9370-331-4 Copertina: immagine Shutterstock.com
Qual è infatti lo scopo di provare a immaginarsi il futuro se non deviarne la traiettoria almeno un po’? Se volete che i lavoratori partecipino a uno sciopero generale, le donne si approprino dei loro corpi o le minoranze oppresse ottengano i diritti politici –il primo passo da compiere è rinarrare la loro storia. La nuova storia spiegherà che “la nostra situazione presente non è né naturale né eterna. Una volta le cose erano diverse. Soltanto una sequenza di eventi casuali ha creato il mondo ingiusto che conosciamo oggi. Se agiamo con saggezza, possiamo cambiare questo mondo e crearne uno molto migliore”. Ecco perché i marxisti ricostruiscono la storia del capitalismo; perché le femministe studiano la formazione delle società patriarcali; e perché gli afroamericani commemorano gli orrori della tratta degli schiavi. Yuval Noah Harari “Homo Deus”, 2015
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PROLOGO
Nel pomeriggio infuocato e immobile una donna curva e rugosa s’immerge nelle acque fresche del fiume salmastro, che dall’oceano s’incunea per diversi chilometri fino all’interno della costa frastagliata e nuda. Non c’è quasi vegetazione, arsa dal sale, dal sole e infine divorata dagli ultimi mammiferi, anch’essi ormai estinti. La vecchia ha il capo coperto di stracci e indossa occhiali da aviatore usurati e graffiati, ogni centimetro del suo corpo è avvolto da stracci e cinture, ma le mani maculate sono scoperte, di un grigio che tende al verde, soprattutto laddove le vene sono sporgenti per lo sforzo di trasportare il sacco colmo di merce da contrabbandare. Il fiume è il luogo più adatto a questo scopo perché i Vigilanti non si spingono fin lì, troppe insidie e poca visibilità. La vecchia aspetta qualcuno che evidentemente è in ritardo, ma non appare contrariata, srotola una lenza e impiega l’attesa pescando. I piedi in ammollo per rinfrescarsi. Ogni tanto mette in bocca un chicco di caffè che preleva da una tasca logora. E aspetta. Una pinna nera solca le onde dell’oceano nei pressi dell’estuario. Disegnando cerchi concentrici sempre più piccoli, si avvicina al punto in cui la corrente marina si fa largo nel fiume ed entra indisturbata nella foce. Risale esperta le acque salmastre e punta verso un’ansa, dove le alluvioni hanno depositato nei secoli sassi e calcare di varie dimensioni.
6 La pinna si accosta alla riva bassa e detritica, poi emerge scoprendo un dorso di squalo lucido e pesante. Con agilità carica il peso sulle pinne ventrali, muscolose, e si trascina fuori dall’acqua. Rivoli di acqua fuoriescono incontrollati dalla bocca semiaperta, mentre la pinna caudale indica la direzione da seguire. Deve averlo fatto altre volte, perché riconosce nella figura piegata una preda. Con determinazione si avvicina, ma la vecchia non nota nulla, non se lo aspetta, perché è lei la più anziana della sua tribù e una cosa del genere non si è mai vista, né è mai stata raccontata. Se la sarebbe ricordata una tale nefandezza. Quando si accorge della cosa alle sue spalle è troppo tardi.
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CAPITOLO 1. SAT
Il sole accecante di mezzogiorno accende i colori dei tetti sulla costa arsa e rocciosa, mentre le onde spumose frustano la terraferma solitaria. Difficile trovare anima viva in giro a quest’ora, gli abitanti di questo pezzo di mondo sono già tutti al riparo dalla luce cattiva, e si riposano per qualche ora prima di poter tornare all’aperto e alla loro vita fatta di progetti, speranze, paure. L’immobilità dell’oceano illude che sia calma serena questo silenzio, invece ė mancanza di vita, deserto e fame, perdita di memoria e paura. Il sole non ė morto come dicevano gli antichi, si è invece progressivamente ammalato ed è diventato cattivo, non per tutti gli uomini, certo, ma chissà che in futuro non annienti ogni essere vivente, uomini e scarafaggi compresi. Per ora ci limitiamo a esporci ai raggi diretti solo per lo stretto necessario, giusto il tempo di scendere al fiume per pescare e lavarci, raccoglierne l’acqua salmastra da dissalare – l’unica consentita a noi misti – e quindi rientrare nei capanni di lavoro dove trascorriamo la nostra vita risicata e spenta. Ma c’è chi se la passa molto meglio di noi, chi non vive nella costante paura che il sole gli cuocia la pelle o gli spenga la vista. Tipo Rex, il ragazzo per cui lavoro da cinque anni. Gira senza occhiali e si ferma ai bordi della piscina per asciugarsi dopo un tuffo, come se la luce riflessa dall’acqua non fosse un problema per la sua pelle scura.
8 Se lo facessi io, sarei già andato, seccato e sepolto in un blitz. Tra parentesi mi chiamo Sat, da Saturno o satellite credo, i miei nonni si sono scordati di chiarirlo prima di andarsene. Sono stato allevato da loro perché i miei genitori non hanno saputo piegarsi al dovere, che per noi misti significa servire i potenti, ricchi, sanissimi scuri. Noi misti lavoriamo così tanto che non abbiamo il tempo di sognare, ma i miei genitori, tanti anni fa, avevano ancora desideri e memorie. Dicevano che per andare avanti dovevano unirsi e farsi coraggio, che smettere di obbedire avrebbe costretto loro, gli scuri, a lavorare, sudare per dovere e non solo per piacere, nelle loro belle ville con le piscine. Perché loro non sanno come procurarsi l’acqua dolce, e nei capanni neanche sanno dove mettere le mani per tirare fuori le cellule fotovoltaiche che permettono di rinfrescare i loro palazzi del potere. Ma qualcosa è andato storto e i miei genitori sono finiti in carcere, e da laggiù non ne sono più usciti. I nonni a un certo punto hanno smesso di parlarne, anche se io e mia sorella Alba chiedevamo di loro ogni notte, finché abbiamo capito tutti che non c’era più niente da chiedere. Poco dopo mi sono ritrovato ad avere gli anni sufficienti per poter lavorare e il nonno mi ripeteva “sei fortunato, non dovrai lavorare nei capanni, ti hanno voluto per Rex, il figlio del Predicatore Uro”. Ma Rex non era il nome di un antico predatore, mi sono chiesto, poi però lo ripetevano tutti al villaggio che ero fortunato, anche dopo la morte dei nonni, e così ho finito per crederci anch’io e non ho fatto più domande. Spesso mi chiedo se gli altri misti come me non siano più coesi e solidali per il fatto di faticare nei capanni insieme, mentre io parlo e ascolto solo Rex e quelli come lui, in pratica vivo con loro e mangio come loro, ma sono diverso, so di esserlo! Ma a chi posso spiegarlo?
9 Preferirei essere meno fortunato ma uguale agli altri, con gli stessi problemi e gli stessi pensieri, invece sono qui in questa enorme piscina senza la possibilità di entrare con loro, gli scuri; vicino ma diverso, segregato. Eppure capisco e vedo come loro. Conosco il loro mondo fatto di privilegi e salute, ma adesso che ho compiuto sedici anni ho capito di essere il prescelto di qualcos’altro, sarò il ponte tra noi e loro, tra due popoli in competizione per la sopravvivenza.
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CAPITOLO 2. REX
Fa caldo oggi in città! Fa sempre un caldo dannato, ma stamani fatico a sopportarlo, e quell’indolente di Sat non si vede qui attorno. Si sarà rintanato come al solito in qualche angolo buio a sonnecchiare. È sempre stanco quel fannullone pallido. «Sat, maledetto esci fuori! Non ho tempo da perdere io.» Eccolo, sgualcito e spettinato come sempre, con quegli occhiali scuri non capisci mai se sia seriamente consapevole del suo ruolo o se ti prenda in giro. Probabile la seconda. «Prendi quella fiala e aiutami, sono affamato e assetato.» Con lentezza esasperante prende finalmente la fiala azzurra dal mio astuccio e me la spara nella spalla destra. Cerco di rilassarmi, in attesa dell’effetto benefico, assaporando già il tuffo che mi aspetta dopo il solarium. Mio padre, il Predicatore, dice che il bene supremo di questo mondo sia l’acqua dolce, così rara e difficile da scovare, ma io sostengo che il sole sia la nostra vera forza. Senza la sua potente irradiazione noi saremmo come gli altri, solo un po’ più scuri, braccia forti per faticare e bocche insaziabili da sfamare. Invece la nostra pelle scura è lo scudo contro il mondo. Non lavoriamo, sono i misti che lavorano per noi in cambio della speranza. Sat sa che io vivrò meglio e più a lungo di lui. Il sole mi rende migliore di lui.
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CAPITOLO 3. SAT
Vorrei sapere almeno una volta nella vita cosa significhi non avere fame, spararmi quella fiala nel braccio ed essere forte come Rex. Io devo nutrirmi di cibo vero, il che significa che devo procurarmelo, andare a caccia di lumache, cavallette e topi, a seconda della stagione, oppure andare a pescare ma questa è solo l’ultima spiaggia per me, in quanto mi obbliga a espormi per troppe ore. Sempre col rischio di cadere, scivolare, affogare, o peggio, tornare a mani vuote da Alba. Invece Rex non fa nulla, lui ha la sua dose garantita, il suo unico obbligo è tenere in forma il suo fisico già perfetto. Ma se lo facessi davvero, rubare una fiala di Rex, verrei giustiziato davanti a tutti prima del sorgere del prossimo sole. E Rex sarebbe arrestato, nonostante il ruolo del padre. Sulle fiale non si scherza mai. Lo guardo mentre esce dall’acqua salata della piscina e va a distendersi al sole pomeridiano. Controlla il suo esposimetro e si sdraia soddisfatto, mentre le gocce scendono lungo il collo tornito e lucido. Dai muscoli scolpiti che si agitano appena al di sotto della pelle tirata capisco che non ha un filo di grasso, Rex è potenza pura e agilità. La sua pelle è così scura da ricordare il blu in alcune pieghe. In confronto a lui io sono solo una foto sbiadita, un grigio spento che non può definirsi colore.
12 Uro il Predicatore ha convocato una riunione degli Ingegneri giovani, la terza questo mese. Rex deve partecipare anche se non appartiene alla categoria. Suo padre lo esibisce come un perfetto esemplare della specie, ecco perché devo prendermi cura del suo aspetto continuamente: in un mondo in cui la stragrande maggioranza delle persone vive nell’ombra, al buio, incurante quando non spaventata dal proprio aspetto, poter brillare alla luce del sole significa avere una marcia in più. Significa avere una speranza. Uro aspetta che i convenuti facciano silenzio nella piccola arena cittadina. Poi attacca con le solite notizie. «Oggi un altro collaudatore si è ammalato. Rendiamo grazie al suo sacrificio e concediamogli una fine dignitosa e indolore. La sua tenacia ci ha permesso di calibrare, per la terza volta in un mese, il limite massimo di esposizione ai raggi solari. Meno 32 lumen/giorno. L’accelerazione del processo di assottigliamento dell’atmosfera genera, secondo il rilevamento semestrale, l’equivalente di + 12 lumen/giorno, come ben sapete. Ciò significa che dobbiamo ridurre in maniera esponenziale la nostra vita all’aria aperta.» Uro a questo punto fa una pausa. Osserva con occhi magnetici i giovani Ingegneri, uno per uno, dando enfasi al silenzio creatosi. Poi continua: «Di questo passo ci ridurremo a vivere nell’ombra come i nostri amici pallidi, la paura ci spingerà sempre più nell’oscurità finché non avremo altra strada che attendere la fine. Senza nessuno che ci sappia guidare. Ma noi non possiamo arrenderci. Per il nostro, e per il bene di tutti, dobbiamo portare a termine il progetto che tutti conosciamo, per il quale ognuno contribuisce con la propria parte. In questa fase storica noi siamo chiamati a dirigere e realizzare. Voi siete la mente e la forza che ci traghetterà in un futuro in cui nessuno dovrà preoccuparsi del sole. Che Dio vi aiuti e possiate terminare la Cupola prima che sia troppo tardi.
13 Che Iddio vi tenga lontani da pensieri negativi e che il vostro lavoro trionfi su tutto!» Un boato si leva dal pubblico mentre sullo schermo alle spalle del Predicatore viene proiettato un filmato dove si vedono file ordinate di persone che s’incamminano verso la zona destinata alla protezione, verso il loro futuro di salvezza, scuri e misti insieme. Questa parte mi fa sempre un certo effetto, perché è credibile. Soprattutto da quando hanno smesso di terrorizzare i ragazzi come Rex con i discorsi sulle unioni miste, da sempre scoraggiate e da qualche anno definitivamente proibite. A un certo punto hanno smesso di parlarne e basta. Come se la cosa fosse assodata o dimenticata. La folla si disperde velocemente dopo che Rex ha fatto girare i nuovi valori da impostare sull’esposimetro. Entro domani dovranno essere tutti regolati. Naturalmente noi misti non abbiamo aggeggi che ci indichino quando è ora di rinchiuderci. Ci regoliamo con il fastidio, il dolore e la stanchezza. Se va male, siamo morti. Ma questo nel filmato non lo dicono.
Finalmente si torna a casa, sono fuori da parecchie ore e gli occhi mi fanno male. Mi copro come posso testa e occhi e accompagno Rex per la sua dose serale. Poi potrò tornare da Alba e cenare con lei prima del riposo. Ho bisogno di parlarle di cosa è successo oggi al fiume.
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CAPITOLO 4
Alba mi corre incontro, allarmata dalla notizia che avrei voluto portarle io. La vecchia Luna è stata sbranata giù al fiume! Cerco di riportarla alla calma, facendole capire che era già ben oltre la soglia di sicurezza che avevamo stabilito, ma Alba è terrorizzata perché la scarsità di acqua dolce quest’anno la obbliga a recarsi quotidianamente al fiume. «Devi dirmi di cosa si tratta, Sat. Con sincerità… se sono abbastanza cresciuta per procurare l’acqua, lo sono anche per conoscere i pericoli.» Il problema è che nemmeno io conosco la verità, come faccio a dirle che è un pericolo nuovo questo del fiume. Comincio a srotolare la carta che avvolge il pezzo di tartaruga che sarà la nostra cena di stasera, e spero che questa ghiottoneria le faccia dimenticare per un momento che il nostro mondo sta cambiando in fretta. Troppo in fretta. «Alba, ti ricordi quando i nonni lavoravano alla piantagione di caffè e ogni sera ci ripetevano che finché avrebbero avuto la forza di lavorare non avremmo sofferto la fame?» «Come potrei dimenticarlo, quei chicchi ci hanno permesso di sopravvivere al mercato nero per molti anni.» «Infatti! Pensavamo che la cosa peggiore fosse il momento in cui i nonni sarebbero diventati troppo deboli per lavorare, ma anche così andava bene perché nel frattempo saremmo cresciuti noi due e avremmo preso il loro posto, ci sembrava di essere al sicuro, ma non è andata così… è arrivata prima la siccità, poi le piante sono morte. Tutti i nostri piani sono andati a male.»
15 «Già… il nonno era disperato, non era un gran cacciatore, e la nonna si è ammalata poco dopo.» «Il punto è che un imprevisto ha cambiato la nostra vita e le nostre priorità. Le cose cambiano e noi dobbiamo rincorrerle il più velocemente possibile. Da questo dipende la nostra capacità di sopravvivenza. Il nonno ha dovuto imparare a cacciare cavallette e formiche perché per lui era troppo tardi fare altro, ed è stato un bene perché ci ha permesso di andare avanti.» «Facevano schifo quegli insetti!» «Però si è adattato! Non sappiamo cosa abbia attaccato e divorato la povera Luna, ma possiamo immaginare che quella cosa, che fino al giorno prima mangiava pesci, a un certo punto non abbia avuto altra scelta che mangiare uno di noi.» «A questo siamo arrivati! Cibo per chiunque! È questo che siamo? Sat, io ho paura! Ho fame, ho sempre fame e sete, le mie labbra sanguinano e siamo solo all’inizio dell’estate. Non piove da mesi e io non ho altra scelta che dissalare l’acqua di quel fiume. La vecchia Luna è stata attaccata in piena luce e non si è potuta difendere, come posso farlo io nella debole luce del crepuscolo? Mi espongo fin troppo durante il giorno e tu lo sai bene!» Alba è davvero esausta e mi spiace non riuscire a risparmiarle quest’angoscia. Da domani questo sarà un mio compito, non posso più permettere che Alba rischi così tanto. Mi costerà parecchio, soprattutto se Rex dovesse venirlo a sapere, ma un’alternativa al fiume c’è. Consumiamo il nostro pasto frugale, l’unico della giornata, in silenzio. La carne è deliziosa, Alba l’ha arrostita al punto giusto e servita con delle alghe tenere e saporite. Non posso fare a meno di pensare che non mangeremo più alghe se Alba non potrà più andare al fiume. «Cosa si perdono quegli scuri giù in città, eh Sat?» sorride Alba, morsicando voracemente la carne.
16 Almeno la cena le ha ridato il sorriso. Ha solo quindici anni e ha già passato gioie e dolori di una vita intera. «Non c’è cuoca migliore in tutta la città, mia cara. Trasformi ogni cosa che striscia o nuota in un piattino niente male. Se non sto attento, un giorno o l’altro ci metterai anche me in quella tua pentolaccia!» «Beh, quando avremo finito anche l’ultimo chicco di caffè… chissà!» «Shh! Zitta, non parlare dei chicchi! Ti ho detto mille volte che non devi pensarci, sono la nostra ultima speranza. Li useremo quando sarà necessario, ma se tu continui a parlarne qualcuno ti sentirà e ci terrà d’occhio per rubarli. È questo che vuoi? Te lo ricordi cosa ci ha detto il nonno quando ce li ha dati?» «Ma si che me lo ricordo! Non ne avrete altri e poi valgono due vite. Ma scusa qui non c’è nessuno!» «Va bene, ma ne parli con troppa facilità, Alba. Ora vai a riposare, ti sveglio io quando è il momento di andare.» Mia sorella si stropiccia gli occhi come una bambina. Credo sia molto più stanca di avere paura, più che di avere fame. Si corica avvolta nella pelle di pecora della nonna. La notte fa molto freddo, per la stessa ragione per cui di giorno il sole ci cuoce: buchi nell’atmosfera. Lei se la caverà, ne sono certo. La sua pelle è più scura e spessa della mia, ed è così bella che ci sarà sempre qualcuno che la proteggerà, anche se non se ne rende conto. La mamma era così… anche se non ne andava molto fiera, da qualche parte nei suoi geni scorreva il sangue degli scuri. Una vergogna da nascondere, anche se da noi le unioni miste sono tollerate. Si copriva anche in casa, per non dover ricordare. Alba è come lei, ma senza pudore, appena entra si libera degli indumenti polverosi e non si nasconde né a me né agli altri. Che la osservano ammirati. Come Lupetta, per esempio, la sua compagna di giochi e lavoro. Sempre appiccicata e silenziosa
17 come un parassita, pronta a seguirla anche senza sapere dove e perché, furba ma bruttina, quante volte s’incanta a guardare Alba per la sua inconsapevole bellezza? Vorrebbe essere come lei o rubarle anche solo un po’ di spontaneità, quel suo alone di calore e simpatia che la rende speciale. Alba ha il fascino degli scuri, ma senza essere né pretenziosa né arrogante. Spero di poter contare su questa dote quando arriveremo alle caverne. Quella gente è diffidente e non ama avere contatti con noi misti. Anch’io non mi fido, Rex mi farebbe uccidere se sapesse che ho contatti con loro, dice che portano malattie e che il loro posto sono le fogne buie. Ho sempre cercato di arrangiarmi senza la loro acqua, ma adesso le cose sono cambiate. Il nonno mi direbbe che serve adattamento, ma lui si spingerebbe a tanto? Quali e quante soluzioni troverebbe? Devo assolutamente parlare con qualcuno, prima di fare qualcosa di cui pentirmi.
Celacanto è la persona più anziana e saggia che conosca, mio nonno avrebbe la sua età se non fosse morto in quell’incidente. Quando busso alla porta della sua capanna, è suo nipote Bufo che mi fa entrare. All’interno ci sono altri uomini, riconosco l’intero Consiglio e ho come l’impressione di aver interrotto qualcosa. Celacanto mi dice di sedere e ascoltare. C’è anche una donna, mi sembra si chiami Smilodon, è la figlia di Luna e sta parlando al Consiglio. «Non ci sono state avvisaglie, capite? Luna conosceva troppo bene quel tratto di fiume. È successo qualcosa, vi dico!» «Ma tu stessa ci hai detto che non sai con chi si dovesse incontrare» interviene Celacanto con pacatezza «è possibile che si sia spinta a fare affari con uno scuro e che questi, per ragioni che
18 non conosciamo, abbia preferito chiuderle la bocca dopo aver avuto ciò che voleva?» «Che bisogno aveva di ridurla a pezzi? Ti dico che è stata sbranata. Non è stata assassinata, ma divorata.» Il silenzio cala pesante sul Consiglio. La vecchia Luna era una donna in gamba, faccio fatica a immaginarla a pezzi. Il contrabbando di chicchi di caffè era la sua unica ragione di vita. Conosceva molte persone ed era rispettata perché per lei esisteva solo la legge del giusto scambio. Non aveva mai fregato nessuno, neanche tra gli scuri. Sapeva tacere pur conoscendo molti segreti. Mi chiedo quanti di quei segreti abbia tramandato a Smilodon. «Che fine ha fatto la merce che aveva con sé?» chiede il vecchio Quagga, anche lui contrabbandiere ma di acqua dolce, un uomo molto potente e temuto tra la nostra gente. «Il sacco era rotto ma i chicchi erano per terra, non sono stati portati via da nessuno. Eccoli» Smilodon porge la merce ancora insanguinata, non le importa del loro valore adesso, ma solo di essere creduta. Bufo mi tira una gomitata e mi fa segno di seguirlo fuori. Gli dico di aspettare e lui mi fa una smorfia perché ancora non ha capito che non sono qui per la solita faccenda. Questa cosa del fiume voglio cambiarla, e so anche come. Il miele può aspettare.
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CAPITOLO 5
L’ho lasciata dormire. Dopo il Consiglio di ieri notte, una pioggia acida e calda ha cominciato a cadere dal cielo, sono corso a casa da Alba, sperando di non imbrattarmi troppo, coprendomi viso e mani con stracci e plastica. Per ora non è possibile mettere in pratica le decisioni prese. Oggi non sarà possibile uscire, occorre rimandare a quando la pioggia sarà cessata, tra un paio di giorni forse. Nessuno esce di casa quando piove, nemmeno Rex e quelli come lui. Troppo pericoloso. Quell’acqua brucia ogni cosa. Il Consiglio ha ascoltato la mia idea alla fine. Celacanto era contrario all’inizio, ma per fortuna gli altri hanno capito che le cose stanno cambiando velocemente e che non possiamo più aspettare. «Dobbiamo agire prima di perdere del tutto le forze. Oggi noi misti rappresentiamo l’anello di congiunzione tra pallidi e scuri.» È stata questa la frase che ha messo tutti a tacere, Bufo compreso. Ho continuato dicendo che ciò che sappiamo fare è lavorare. «Lavorare per gli scuri, nei loro laboratori e nei campi per coltivare il loro cibo. In cambio della speranza che quando la Cupola sarà terminata, anche noi avremo un posticino sotto di essa. Che quando non sarà più possibile cacciare per sfamarci, perché anche tartarughe e armadilli saranno estinti o trasformati in predatori della nostra specie, com’è avvenuto ieri con chi si è mangiato la povera Luna, avremo comunque un posto assicurato in cui rifugiarci.» A quel punto è intervenuto Quagga:
20 «La verità è che siamo incapaci di progettare un futuro contando solo sulle nostre forze! Siamo solo una massa codarda di invertebrati!» «Fai silenzio, vecchio cinico, sentiamo cosa ha da dire il ragazzo» lo ha apostrofato Celacanto. «Perché anche noi non possiamo attingere alla stessa acqua dolce degli scuri? Perché siamo tagliati fuori dalle loro scorte di cibo?» «Che se le tengano, quelle schifezze!» ha esclamato Smilodon, alzando un pugno a mezz’aria. «Se partecipiamo alla produzione della ricchezza, significa che siamo necessari, giusto? È per questa ragione che diamo per scontato che rientreremo nel loro progetto della Cupola. Ma se così non fosse? Se all’ultimo minuto ci chiudessero fuori e decidessero di fare a meno di noi? Se inventassero nuovi schiavi del loro stesso colore? Avete visto di recente quali slogan mandano in onda in città?» Un mormorio crescente ha interrotto le mie parole. Bufo ha aggiunto di averli visti. «È come se avessero già deciso di escludere i pallidi, si vedono solo due colori che entrano nella Cupola della speranza! Qualcuno ha mai sentito un pallido che sia riuscito a prenotare un posto per sé e la sua famiglia? No di certo! Chi ci assicura che non verremo traditi?» Celacanto ha cercato di calmare i membri del Consiglio che reagivano alle nostre domande, come se fossimo solo dei piccoli rivoluzionari senza cervello. «Che cosa hai in mente di preciso, Sat? E che cosa ha a che fare tutto questo con la morte della povera Luna?» Ho provato a rispondere pacatamente, anche se sapevo di scatenare un putiferio. Anche tra la nostra gente non mancano certi pregiudizi. «Apriamo un canale diretto con i cavernicoli. Noi potremmo portare cibo in cambio della loro acqua pura.»
21 Ecco, l’ho detto. «E di quale cibo si parla, visto che anche noi stentiamo a sopravvivere con la caccia di quelle poche creature rimaste sulla faccia della Terra? Oppure intendi “rubare” le scorte degli scuri? Diccelo subito, così capiamo di che morte morire, se di fame o impiccati!» Quagga è sempre il più aggressivo, però gode di una certa autorevolezza all’interno del Consiglio, proprio perché ha a che fare con i Vigilanti ogni giorno. «Io non so ancora come, ma sono certo che se non cerchiamo un alleato, resteremo fuori da ogni gioco. E l’alleato che abbiamo scelto finora non ci dà garanzie, perché anche noi rappresentiamo un pericolo, esattamente come i pallidi cavernicoli!» Sapevano che avevo ragione. Gli alberi sono quasi completamente scomparsi, è rimasta una vegetazione bassa e spinosa che resiste alle piogge acide e al sole cocente, buona solo da bruciare. Di tutte le creature che abitavano questa Terra, sono rimaste solo quelle protette da carapace, gusci o scudi di cartilagine. A parte gli insetti, ovviamente. Quelli abbondano sempre. Per noi le scorte alimentari sono destinate a finire, questa è la dura verità. Vorrei far capire alla mia gente che siamo a un bivio: dobbiamo scegliere il nostro alleato per il futuro. Se facciamo la scelta sbagliata, sarà davvero la fine. «È vero…» ha commentato Smilodon con amarezza «stanno scommettendo sulla selezione della specie per creare individui sempre più resistenti ai raggi solari.» «Ma tutti sanno che è una guerra contro il tempo» ha aggiunto Celacanto «il sole peggiora più velocemente rispetto all’adattamento umano, ed è impossibile velocizzare questo processo.» «Non conosciamo tutti gli esperimenti che stanno portando avanti nei loro laboratori, ma di sicuro non possiamo rischiare di restare
22 fuori dalla Cupola e anche dalle caverne. È necessario compiere una scelta.» «L’abbiamo già fatta questa scelta, abbiamo scelto di stare con i più forti, non con i deboli.» «Ma non vedi che ci stanno mettendo in un angolo sempre più piccolo e deserto e che le nostre donne muoiono per andare al fiume? Ci consumiamo lavorando per loro in cambio di una promessa che forse non manterranno… perché è logico che non la manterranno.» Ringrazio Bufo per essere stato dalla mia parte. «Proviamo almeno a essere loro amici. Loro hanno il bene supremo, l’acqua pura. Cerchiamo un contatto.» Al momento è tutto ciò che ho ottenuto dal Consiglio. Quando Alba si risveglia, le do la buona notizia: se le cose vanno come spero con i cavernicoli, non dovrà più recarsi al fiume. È felicissima e si offre di accompagnare me e Bufo non appena avrà smesso di piovere. Da bambino la nonna mi raccontava delle storie che riguardavano il buio. Ricordo che ne ero terrorizzato perché finivano sempre male. Un bambino cadeva in uno squarcio del terreno e finiva dentro una grotta buia. All’interno vi abitavano esseri alati e con artigli che lo beccavano agli occhi. Il povero malcapitato era destinato a morire tra atroci sofferenze, ma in extremis giungeva sempre un soccorritore, poteva essere un cane oppure un suo parente che era riuscito a rintracciarlo. Tornava a casa ma rimaneva paralizzato o cieco o demente per il resto della sua vita. Comunque mentre era imprigionato nella grotta gli accadevano cose terribili, come ad esempio la perdita della vista o dell’orientamento, deliri da veleni inoculati, oppure piaghe alle mani per aver toccato acqua acida. Lo scopo era abbastanza chiaro, adesso lo so: tenere lontano dalle caverne i bambini come me e mia sorella.
23 Quelle storie mi vengono in mente tutte questa sera, che il Consiglio mi ha delegato al tentativo. E non è un grande inizio. Siamo io, Alba e il mio amico Bufo, nipote di Celacanto il Saggio. Bufo è stato costretto dal nonno ad accompagnarmi, dovrebbe controllarmi, in realtà se la sta facendo sotto dalla paura di incontrare un pallido. Evidentemente anche a lui hanno raccontato storie simili. Il sole sorgerà solo fra quattro ore quindi abbiamo un buon margine. Alba è eccitata. È la prima volta che viene esonerata dal suo lavoro per una missione, a dire il vero anch’io, ma sono troppo preoccupato per come potrebbero mettersi le cose se non riuscissimo ad avere la nostra fonte d’acqua buona, per esserne felice come lei. Dopo un’ora di cammino, siamo stanchi e disidratati anche se è ancora notte fonda. Fa freddo a quest’ora, ma non abbiamo altra scelta che continuare a muoverci. Se il sole ci dovesse sorprendere durante il ritorno, non avremmo sufficienti forze per camminare fino a casa. Il caldo ci toglierebbe l’energia e la luce diretta del mattino ferirebbe le nostre retine. Non ci è consentito stare all’aperto per più di un’ora al mattino. Non ci è consentito stare per più di dodici ore al buio. La sfida più grande oggi non è restare in vita, bensì stabilire un contatto con uno di loro. Fare in modo che superino il retaggio di sfiducia e paura, che capiscano cosa possiamo offrire loro in cambio dell’acqua. «Ho fame! Quando ci fermiamo per mangiare qualcosa?» «Bufo, tu hai sempre fame. Non ci fermeremo finché non saremo in vista delle caverne, poi solo una breve sosta.» «Sat, Bufo ha ragione. Meglio non perdere le energie inutilmente. Anch’io ho fame, ho portato un pasticcio di pesce e radici.»
24 Mi fa quella faccia naso contro naso, e spalanca gli occhi sperando di impietosirmi. Ci riesce. «Camminiamo ancora un po’, se Celacanto e Quagga hanno fatto bene i calcoli, arriveremo tra meno di un’ora e a quel punto il sole non sarà ancora sorto. La sosta ci servirà anche per studiare come entrare.» «Credi che abbiano qualcuno di guardia?» «No, lo escludo, chi vuole entrare là dentro?» Quelle brutte storie mi fanno ancora rabbrividire. «Ma tu ne hai mai visto uno?» mi chiede Bufo. Decido di divertirmi un po’, spero che Alba capisca e mi regga il gioco. «Eccome se ne ho visti! Sono ancora terrorizzato, vero Alba, te la ricordi quella volta che nostro padre ci portò alla spiaggia per vedere il mare e invece incontrammo quello storpio? Aveva occhi enormi che fuoriuscivano dal cranio, senza capelli e un odore pestilenziale. Voleva venderci della carne di topo.» «Carne di topo?! Mangiano quella roba?» C’è cascato in pieno. «Come credi che sopravvivano nelle caverne, scusa? Vero, Alba, che puzzava e noi avevamo paura che si avvicinasse troppo e ci toccasse?» «Già, tu ti mettesti a piangere.» Che carogna la sorellina… «E alla fine papà lo prese a bastonate sulla gobba.» Addirittura! «E dalle ferite uscì del sangue verde…» Bufo si ferma e mi guarda inorridito. Poi capisce e mi tira un pugno. «Deficienti che siete, ecco cosa mi tocca controllare, dei bugiardi e deficienti!» Alba ride mentre io canticchio come quando andiamo a rubare il miele.
25 «Comunque mangiano davvero i topi, l’ho sentito dire da Smilodon. Topi e pipistrelli, in pratica tutto ciò che trovano in quelle grotte umide e buie.» Alba è sempre particolarmente attratta da questi dettagli cruenti e nauseabondi. Mi blocco, sento un rumore alle nostre spalle. Faccio segno ad Alba di non fiatare. Anche il rumore cessa. Ci troviamo in una valle sassosa, dove un tempo scorreva un fiume. L’orizzonte è privo di ostacoli e il suono si propaga liberamente. Potrebbe essere qualsiasi cosa, anche in lontananza. Decido di proseguire. «Facciamo in fretta, dobbiamo arrivare alle montagne, lì saremo meno visibili.» «Meno visibili… a chi?» domanda Bufo, il fifone. Nessuno risponde. Alba e io abbiamo più esperienza e meno ansie. Sappiamo che la cosa migliore è accelerare. Così usciamo dalla valle e ci dirigiamo verso le montagne, tagliando di netto l’ultima ansa del vecchio fiume seccato. Qui troviamo scheletri giganteschi di alberi pietrificati, se le cose si dovessero mettere male, sarebbero un buon rifugio. Ma al momento dobbiamo stare attenti a non ferirci con i rami sporgenti. La luce della luna è tutto ciò che abbiamo. Di nuovo il rumore ed è sempre alle nostre spalle. Più vicino, mi sembra. «Shh! Alba, arrampicati su quel tronco laggiù, svelta! Bufo, aiutala, poi sali anche tu. Fate silenzio.» Decido di indagare meglio. Afferro il mio coltello, anche se so che mi servirebbe a poco in un corpo a corpo con un alligatore. Torno indietro facendo attenzione a non cadere o fare rumori. Il rumore è ricominciato, si direbbe uno strisciare sulle pietre. Qualunque cosa sia, si trova ancora nella valle del vecchio fiume. Mi apposto sulla riva e aspetto. Il mio stomaco gorgoglia. Alba e Bufo stanno approfittando della sosta per nutrirsi. Sento l’odore del pesce.
26 “Un momento! Se lo sento io, lo sente anche lui questo odore! È per questo che ci segue! È davvero un alligatore!” con questo pensiero decido di tornare al tronco e arrampicarmi in fretta. «Cos’hai visto?» sussurrano in coro, mentre masticano voracemente. «Nulla, ma si sta avvicinando. Deve avere fame come noi. Sbrighiamoci a finire il pesce. Se siamo fortunati si stancherà di cercarci una volta esaurito l’odore del nostro cibo.» Poco dopo finiamo ma non ce la sentiamo di scendere, perché ancora non sappiano nulla sulla fine della vecchia Luna. Il tempo passa senza che si possa udire più alcun rumore.
Improvvisamente Alba urla inorridita. Mi devo essere addormentato, Bufo quasi cade dal ramo sul quale si è appisolato. I primi raggi del sole fanno capolino all’orizzonte, non avremmo dovuto addormentarci! Poi vedo Alba che fissa qualcosa al suo fianco. Un topo con la corazza la fissa con il suo muso appuntito. Entrambi sembrano terrorizzati. Il topo corazzato e gigante si alza sulle zampe posteriori e gesticola con i piccoli artigli a mezz’aria, mentre Alba non riesce a smettere di urlare. «È solo un armadillo!» esclama Bufo sollevato «smettila di urlare, non vedi che è più spaventato di te?» Alba rimane a bocca aperta, senza emettere alcun suono, e il povero animale non sa che fare, rimane con le zampette sollevate e unite. «Prega il poverino! Ti sta pregando di non ucciderlo, Alba.» «Secondo me ti sta pregando per avere un pezzo di quel pasticcio che hai portato» aggiungo divertito. «Dagliene un pezzo, vediamo cosa fa» suggerisce Bufo incuriosito. Alba preleva un boccone di pesce dalla bisaccia e lo porge al supplichevole armadillo, tremando; questi non esita, afferra con
27 le due zampine il boccone prelibato, lo ingoia e ne chiede un secondo. Alba gliene concede ancora un paio, le sembra buffissimo ma soprattutto innocuo. «Che carino! Però secondo me è una femmina, guarda che pancione ha! Eppure è affamatissima! Tieni piccola!» Mi spiace quasi interrompere questo momento di serenità, ma il sole sta sorgendo. «Forza, mettete gli occhiali e mettiamoci in marcia. Non manca molto.» A breve distanza ci segue l’armadillo. ),1( $17(35,0$ &RQWLQXD
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