In uscita il 3 / /2019 (1 ,50 euro) Versione ebook in uscita tra fine DSULOH e inizio PDJJLR 2019 ( ,99 euro)
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CLAUDIO PAGANINI
QUIETE APPARENTE
ZeroUnoUndici Edizioni
ZeroUnoUndici Edizioni WWW.0111edizioni.com www.quellidized.it www.facebook.com/groups/quellidized/ QUIETE APPARENTE Copyright © 2018 Zerounoundici Edizioni ISBN: 978-88-9370-297-3 Copertina: immagine Shutterstock.com Prima edizione Aprile 2019 Stampato da Logo srl Borgoricco – Padova
A mia moglie Orietta con cui condivido la passione e l’amore per questa meravigliosa terra: la Valle d’Aosta.
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RINGRAZIAMENTI
Un particolare ringraziamento all’Ufficio Relazioni con il Pubblico della Questura di Aosta nella persona della signora Franca Fata per la gentilezza e la solerzia con cui ha prontamente risposto alla mia richiesta d’informazioni indispensabili per la realizzazione di questo romanzo.
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PROLOGO
Il locale era piccolo e illuminato da una lampada che scendeva nuda dal soffitto; gli occhi bendati non le permettevano di osservare i particolari, ma i suoni che le arrivavano alle orecchie erano ovattati, lontani. Sapeva che la parete alle sue spalle, come il resto di quella squallida stanza, era pannellata da una perlinatura dozzinale mentre alcuni scaffali metallici odoranti di ruggine e polvere erano l’unico mobilio che riusciva a ricordare dello sguardo fugace che aveva dato alla cantina prima che la benda le impedisse di vedere altro. Le fascette di plastica, strette intorno ai polsi legati dietro la schiena, le segnavano dolorosamente la pelle e anche i muscoli delle spalle le dolevano sempre di più, tanto da cercare una posizione meno disagevole nell’attesa di quello che doveva succedere. «Dio, fa che finisca in fretta…» continuava a ripetere, mentre il silenzio opprimente cominciava ad aumentare le sue insicurezze. Un dolore improvviso, tra le scapole, le strappò un grido più di sorpresa che di dolore; non c’erano state avvisaglie di quello che stava per accadere, non una parola, non un rumore, solo quella fitta nella schiena che lentamente si stava tramutando in bruciore. “Non fa troppo male”, si sorprese a pensare mentre la lama penetrava sempre più in profondità togliendole il respiro, fino a sfiorare con la punta la parete del cuore; sentiva il sangue impregnare la camicetta, ma era l’ultima delle sue preoccupazioni in quel momento. «Ti prego Dio, non voglio soffrire…» aveva gridato, come se ci fosse ancora una possibilità di sfuggire a quello che stava subendo. Un colpo secco e il pugnale era penetrato fino all’impugnatura squarciandole il cuore e ponendo fine alla sua
8 agonia; le sembrava di aver sentito un rumore, come di legno che si scheggiava mentre si accasciava a terra senza fiato, contando i battiti che velocemente rallentavano fino a fermarsi e quel terribile silenzio che ne era seguito fu l’ultima cosa che riuscì a percepire prima di sprofondare nell’oblio.
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CAPITOLO 1
Aosta si era svegliata presto quella mattina, come se la frenesia del week end non avesse lasciato traccia sui suoi cittadini; l’aria frizzante dell’autunno aveva costretto i suoi abitanti a tirare fuori dagli armadi i maglioni e le giacche che si sperava dovessero servire più avanti, e il passo affrettato per le vie del centro denotava più una voglia di scaldarsi che una reale fretta di raggiungere il posto di lavoro. Corso Brigata Aosta era, come ogni mattina, intasata dal traffico; una fila interminabile di macchine e furgoni procedeva a passo d’uomo, rispettosi dei passaggi pedonali, degli studenti che affollavano i marciapiedi e gli spazi adibiti alle fermate degli autobus. Trovare parcheggio non era stata un’impresa semplice quella mattina anche perché ero decisamente in ritardo sull’orario d’ufficio e tutti i posti riservati alla polizia di Stato erano già occupati. «Accidenti, bell’inizio di settimana!» avevo imprecato tra i denti vedendo l’ultimo parcheggio libero che veniva occupato da una macchina di tedeschi. «Ma proprio lì dovevano parcheggiare? Ma non lo sanno che le cose da vedere sono molto più avanti, da via Aubert in poi?» Il rientro dalle ferie, sia pure brevi, era sempre stato motivo di irritabilità e di malumore per me; immaginavo già il lavoro accumulato che avrei dovuto smaltire tutto insieme, i piccoli e grandi problemi che inevitabilmente confluivano nel mio ufficio e che avrei dovuto gestire nel migliore dei modi, senza scontentare né agevolare nessuno anche se le simpatie e le antipatie sul posto di lavoro erano inevitabili.
10 «Buon giorno commissario, ben tornato…» era stata la frase di benvenuto appena varcata la soglia del commissariato; il piantone aveva voluto essere gentile e io non potevo rispondere quello che in quel momento mi passava per la mente. “Buongiorno un cazzo…” sarebbe stata la risposta in linea con il mio umore, ma lui non c’entrava nulla con il mio stato d’animo per cui ingoiai quella frase infelice e risposi con un semplice: «Grazie Alfonsi, buongiorno anche a te.» Nulla era cambiato in quei pochi giorni di mia assenza; alcune persone aspettavano nella saletta d’attesa di essere ricevute per i motivi più disparati e, al di là della porta che separava il pubblico dagli uffici, il solito caos e le solite chiacchiere d’inizio turno. «Commissario, meno male che è rientrato; si è sentita la sua mancanza in questi giorni…» era la frase che sentivo ripetere più spesso mentre mi dirigevo verso il mio ufficio, ma, invece di farmi piacere, aumentava il mio nervosismo mattutino. “Passerà Guido, passerà non appena ti siedi alla scrivania e cominci a esaminare i fascicoli che si sono ammucchiati in questi giorni…” continuavo a ripetermi senza convinzione mentre la porta del mio ufficio si avvicinava inesorabilmente. «Commissario, ben tornato; sulla scrivania le ho messo i fascicoli riguardanti i casi dell’ultima settimana, da controllare e controfirmare. Il Dottor Maquignaz la sta aspettando nel suo ufficio: ha detto che è importante per cui è sottinteso che intendeva subito, appena arrivato.» L’ispettore Brunod aveva la stessa solerzia di una vecchia segretaria e altrettanto zelo; era al mio fianco da quando, quasi dieci anni prima, ero arrivato “in prestito” ad Aosta dalla questura di Torino, per un’indagine congiunta che era durata più di un anno. Al momento di rientrare, però, l’atmosfera della Valle d’Aosta mi era entrata nel sangue e avevo chiesto una proroga, poi un’altra e infine il trasferimento definitivo a questo commissariato.
11 «Sergio, accidenti, sono appena arrivato, fammi respirare un attimo…» «Respira in fretta allora perché il capo ti vuole subito; sembra che ci siano novità nell’aria, ma se sono belle o brutte dovrai dircelo tu.» Passare dal “lei” al “tu” appena varcata la soglia era stato automatico; ci legava ormai una profonda amicizia, una delle molteplici ragioni che mi aveva spinto a richiedere il trasferimento in quella regione che ormai amavo profondamente. L’ufficio del primo dirigente, capo della Divisione Anticrimine, era l’ultimo del corridoio, quello più grande e tranquillo, naturalmente; c’ero stato spesso durante il mio affiancamento per coordinare le indagini e decidere le azioni da intraprendere, ma da allora c’erano stati due avvicendamenti di cui l’ultimo appena l’anno scorso. Il dirigente che attualmente occupava quella carica era un funzionario capace ma molto distaccato, a differenza del suo predecessore, per cui non avevo una confidenza tale da permettermi di farlo aspettare; bussai alla sua porta e attesi di poter entrare con un senso di apprensione che non riuscivo a spiegare. «Avanti!» lo sentii dire mentre la sua voce continuava un’altra conversazione. Mi fece cenno di accomodarmi mentre terminava la telefonata che aveva in corso; questo avrebbe potuto darmi il tempo di cercare di capire quale fosse la natura dell’urgenza per cui ero stato chiamato, ma i nostri sguardi non si incrociarono mai durante la conversazione telefonica. «… Certamente, la terrò al corrente dello sviluppo delle indagini; non si preoccupi, probabilmente non è nulla di serio, ma stiamo valutando tutte le ipotesi e raccogliendo ogni testimonianza utile a farci un quadro più completo dell’accaduto. Buon lavoro anche a lei, buongiorno…» Il viso del dirigente tradiva irritazione e malumore per quella telefonata che evidentemente reputava inopportuna, ma fu capace di dissimulare i suoi pensieri non appena i suoi occhi incrociarono i miei.
12 «Mi scusi Lombardi, ma a quanto pare c’è ancora chi pensa che abbiamo bisogno di essere spronati per fare bene il nostro lavoro; com’è stato il rientro dalle ferie? Ha già avuto modo di aggiornarsi con gli ultimi casi?» «Non ancora, sono appena rientrato e Brunod mi ha detto che desiderava vedermi con una certa urgenza per cui eccomi qui.» «L’ispettore è molto solerte, a volte troppo, ma ci sono un paio di cose che vorrei discutere con lei e che, purtroppo hanno una certa urgenza; non volevo disturbarla durante il suo periodo di riposo per cui ho rimandato a oggi una questione di una certa importanza su cui mi stanno facendo pressione dall’alto. Come lei sa a giorni inaugureremo la sottostazione della polizia di Stato a Courmayeur e nell’organico manca proprio chi andrà a comandare quel presidio; il prefetto ha redatto una lista di probabili candidati che si sono successivamente ridotti a due, tre nomi al massimo tra cui il suo.» «Il mio? Perché proprio il mio?» «Perché lei ha le qualifiche necessarie per ricoprire un ruolo del genere; come mai così sorpreso? Dovrebbe essere lusingato di essere stato proposto per un ruolo che comporterebbe un avanzamento della sua carriera di funzionario…» «Con il dovuto rispetto io non lo vedo come un avanzamento bensì come un allontanamento dai miei ruoli attuali; se posso permettermi io sono un operativo, non un funzionario da scrivania e a Courmayeur diventerei proprio questo. Sono sempre stato sul campo e credo di aver dimostrato di avere le qualità necessarie per gestire le indagini, sia con lei che con i suoi predecessori; mi perdoni se non mi mostro grato o entusiasta della notizia…» Mi sentivo offeso e irritato oltre ogni misura; mi ero fatto in quattro per portare la squadra investigativa di Aosta ai livelli di quelle delle grandi città sfruttando al meglio le limitate risorse che avevamo e questo era il ringraziamento per tutta la fatica e l’impegno? Un posto da burocrate in un paesino sperduto dell’alta valle?
13 Il primo dirigente aveva notato il mio repentino cambiamento d’umore, ma aveva preferito prendere una pausa per calmare gli animi prima di proseguire; aveva congiunto le mani come se volesse con quel semplice gesto rasserenare l’atmosfera e, dopo una breve pausa, aveva ripreso il discorso interrotto dalle mie esternazioni. «Capisco benissimo le sue motivazioni e proprio in virtù della sua franchezza mi permetta di aggiungere solo una cosa; lei ha dimostrato di essere la persona che fa la differenza ed è stata la prima cosa che i miei predecessori si sono premurati di sottolineare nel passaggio delle consegne. L’ho osservata a lungo e, nonostante i suoi metodi non sempre abbiano incontrato la mia approvazione, devo ammettere che i risultati sono stati più che soddisfacenti. Lei, commissario, ha la capacità di osservare attentamente ogni piccolo indizio elaborandolo fino a farlo diventare un tassello importante nel quadro generale delle indagini, una peculiarità tanto preziosa quanto rara che l’ha portata in passato a scovare prove laddove esistevano solo semplici deduzioni. È in virtù di ciò che avevo deciso di bocciare la sua candidatura, ma volevo essere certo che anche lei fosse d’accordo con me che il suo posto è qui ad Aosta e non a Courmayeur o in qualsiasi altro posto.» Mi ero accorto solo in quel momento di aver trattenuto il fiato per tutta la durata di quel lungo discorso che poneva fine a quella terribile prospettiva; cercai di riprendere una respirazione regolare, ma la gioia e il sollievo per lo scampato pericolo non me lo permetteva. Era stata una conversazione inaspettata, ricca di complimenti e di attestazioni di stima, cosa inusuale per un funzionario così altero e distaccato; ero entrato in quell’ufficio con l’ansia di qualche brutta notizia e ne uscivo con un carico enorme di autostima, ma c’era un altro argomento che il mio capo voleva affrontare prima di congedarmi. «Ora che abbiamo sgombrato il campo da equivoci vorrei sottoporle un’altra questione piuttosto delicata; l’altro ieri è stata
14 fatta una denuncia di scomparsa da una persona piuttosto in vista qui ad Aosta e questo ha attirato l’attenzione della stampa locale oltre a un interessamento personale alla faccenda; il denunciante è un caro amico del questore, ma questo non deve implicare alcuna pressione da parte mia sull’operato del suo ufficio anche se gradirei che si occupasse personalmente della vicenda proprio per quello che ci siamo detti poc’anzi.» «Dottore, sono appena rientrato per cui mi occuperò immediatamente di questa scomparsa; grazie ancora per il suo appoggio e la sua stima e, se non c’è altro, mi metterei subito al lavoro…» «Certamente Lombardi, non c’è altro; mi tenga informato, mi raccomando.» «Non dubiti dottore, buona giornata e ancora grazie.» «Buona giornata a lei commissario…» Uscii da quella stanza sollevato, quasi allegro e per un attimo, mentre richiudevo la porta, ebbi l’impressione che il mio capo stesse sorridendo compiaciuto. “No, non è possibile…” pensai tra me mentre tornavo nel mio ufficio più carico che mai.
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CAPITOLO 2
La scrivania non era ingombra di incartamenti come mi ero aspettato di trovare, segno che anche in mia assenza, il lavoro era andato avanti senza intoppi. Per prima cosa avevo cercato tra le carte il fascicolo di cui mi aveva accennato il primo dirigente, la scomparsa di Susana Sandoval dalla sua abitazione avvenuta due giorni prima in località Arpuilles Chacotteyes, una piccola frazione del capoluogo. Aveva denunciato il fatto l’attuale compagno, tale Francesco Bionaz, un imprenditore molto conosciuto in tutta la valle, che però non era stato in grado di fornire elementi utili a comprendere se l’allontanamento della sua signora fosse o meno volontario. Per ora le indagini erano appena all’inizio per cui il passo successivo sarebbe stato la convocazione del denunciante per avere ulteriori informazioni sull’accaduto. «Sergio, puoi venire un attimo nel mio ufficio?» «Eccomi Guido; che cosa ti ha detto il dottor Maquignaz?» «Ha detto che a breve mi trasferiranno nella nuova sottostazione di Courmayeur; sembra che abbiano bisogno di una persona qualificata e hanno scelto me…» «Stai scherzando vero? Non possono trasferirti a un incarico che chiunque potrebbe assolvere e lasciare la direzione della Squadra Mobile in mano a chissà chi; se ti mandano lassù stai certo che chiederò immediatamente il trasferimento anche io…» Il viso del mio amico era diventato paonazzo dall’agitazione e questo voleva dire che lo scherzo era durato abbastanza. «Stai calmo Sergio, sto scherzando; non me ne vado da nessuna parte per cui rasserenati e cominciamo a lavorare, va bene?»
16 «Accidenti a te Guido, non sei neanche rientrato che già mi hai fatto prendere un colpo; allora qual era il motivo di tanta fretta?» «Vuole che ci occupiamo subito della sparizione di Susana Sandoval senza però tralasciare le altre indagini in corso; cerca di ragguagliarmi in fretta sulla situazione mentre leggo il rapporto preliminare e convoca nuovamente il suo compagno.» «In effetti non c’è molto da dire in proposito; abbiamo atteso le solite quarantotto ore per accertarci che non fosse una fuga volontaria dettata dai soliti motivi, dopodiché abbiamo avviato le indagini presso vicini e conoscenti, ma al momento non è scaturito niente di utile. Sappiamo che la donna è uscita di casa alle otto e un quarto circa di giovedì 23 novembre e ha preso l’autobus per Aosta; la fermata dista circa trecento metri dalla villa del signor Bionaz e per raggiungerla ha dovuto attraversare a piedi il centro abitato dove è conosciuta e dove è stata notata da più persone. Hanno riferito di essersi meravigliati di vederla in giro di prima mattina, cosa inusuale per la signora Sandoval mentre il conducente dell’autobus ricorda che è scesa alla fermata vicino all’incrocio tra via Ginevra e corso Saint Martin de Corleans qui ad Aosta. A parte questo non abbiamo altri riscontri se non la testimonianza di un’amica, tale Alicia Peres che afferma di averle parlato al telefono quella mattina concordando un incontro per pranzo al quale, peraltro, non si è mai presentata. L’ultima cella telefonica che ha agganciato il segnale del suo telefono la posiziona a Saint Pierre nel primo pomeriggio dello stesso giorno, poi più nulla.» «Che cosa fa la signora Sandoval, oltre a essere la compagna di un facoltoso imprenditore della zona?» Non c’erano indizi al momento che potessero avvalorare una o l’altra ipotesi, ma eravamo nella fase preliminare delle indagini, troppo presto per farsi un’idea generale della situazione, forse troppo tardi se ci fossimo trovati in presenza di un rapimento o di un altro evento delittuoso.
17 «Al momento è disoccupata da circa due anni, da quando si è trasferita da Ivrea ad Arpuilles Chacotteyes in casa del Bionaz; prima lavorava come cameriera alla birreria Gasthaus Bierfall di Gressoney Saint Jean ed è lì che il signor Bionaz l’ha conosciuta e frequentata nei primi tempi. Poi, da quando sono andati a vivere insieme la signora si è licenziata senza peraltro cercare un nuovo impiego.» Era una situazione abbastanza classica; una giovane ragazza sudamericana che conosce un ricco imprenditore e dopo un periodo di frequentazione si trasferisce a casa sua per vivere senza più preoccupazioni economiche, un cliché visto e rivisto che, però, non spiegava questa improvvisa sparizione. «Avvertimi quando il signor Bionaz arriva; voglio parlargli personalmente, mi raccomando. Nel frattempo cercherò di mettermi in pari con gli arretrati…» «Va bene Guido, me ne occupo subito.» La mattinata volgeva inesorabilmente al termine senza che fossi riuscito a combinare un granché; i fascicoli da esaminare non erano molti, ma era la concentrazione che mancava. La mente continuava a tornare al primo caso della mattina nel tentativo di scorgere qualche incongruenza nella dinamica di quell’anomala scomparsa, qualche piccolo particolare che potesse spiegare quel senso di perplessità che avevo provato non appena avevo finito di leggere il rapporto, una sensazione che ben conoscevo e che avevo imparato a non sottovalutare. “Capacità di osservare attentamente ogni piccolo indizio” l’aveva definita il dottor Maquignaz, io lo chiamavo intuito, una sorta di sesto senso che faceva squillare un campanello d’allarme nella mia testa ogni qualvolta immagazzinavo, sia pure inconsciamente, un’informazione che “stonava” con il contesto generale, una sorta di sbavatura tra le righe del racconto; e quel piccolo campanellino era suonato più volte quella mattina. «Prego signor Bionaz, si accomodi; sono il commissario capo Lombardi e seguo personalmente le indagini sulla scomparsa
18 della signora Susana Sandoval. L’ho fatta convocare perché ho bisogno di ulteriori informazioni sulla vita della sua compagna e spero che lei possa esserci utile a delineare un quadro il più possibile completo di questa incresciosa faccenda. Innanzitutto, vorrei sapere se ha ricevuto notizie della sua signora dal momento della sua scomparsa a oggi, segnalazioni di amici, parenti, di qualcuno che magari l’ha sentita anche solo per telefono…» «Commissario, se avessi avuto notizie gliele avrei comunicate immediatamente; ho contattato tutti gli amici che abbiamo in comune, tutte le sue amicizie, prima fra tutte la sua amica del cuore, Alicia Peres, e ho passato al setaccio tutti i luoghi che abitualmente frequenta. Sono perfino andato in stazione e all’aeroporto per vedere se qualcuno l’avesse notata, ma è stato tutto inutile. Sembra svanita nel nulla, come se improvvisamente avesse cessato di esistere. Voi piuttosto che cosa avete scoperto?» «Di questo, se non le dispiace, parleremo dopo; dobbiamo capire innanzitutto se l’allontanamento sia stato volontario oppure no e lei potrebbe aiutarci: avevate avuto litigi, dissapori, contrasti tali da far supporre che la signora Sandoval volesse abbandonare la sua casa per trasferirsi altrove, magari da un’amica per esempio?» «Negli ultimi tempi, in effetti, discutevamo spesso, ma niente di serio o di talmente grave da costringerla a prendere una decisione tanto drastica; i soliti litigi che avvengono tra due persone che vivono insieme e a cui non ho mai dato tanto peso…» «Può essere più specifico? Qual era il motivo dei dissapori?» «Innanzitutto, mi rimproverava di essere troppo poco presente nella sua vita, di lasciarla troppo da sola in un posto che non offriva nulla, né svago, né divertimenti per una persona come lei, abituata a frequentare gente allegra e piena di vita, come le sue amiche sudamericane. Poi, ultimamente si era fissata che le mie assenze erano dovute a una fantomatica amante e questo aveva scatenato una gelosia morbosa che non mi faceva più vivere; per questi motivi discutevamo sempre più spesso, ma poi facevamo regolarmente la pace e tutto tornava come prima…»
19 «È a conoscenza di qualche motivo, oltre a quelli che ci ha già detto, che potevano indurre la signora ad allontanarsi volontariamente dalla sua abitazione senza peraltro farsi più sentire per così tanto tempo? Era già successo in passato o questa è la prima volta?» «Era già accaduto che si allontanasse per qualche giorno, ma sono sempre stato in grado di sapere dove fosse; la cerchia delle sue amicizie è limitata e io conosco tutti i suoi conoscenti più intimi, quelli che le fornivano un alloggio quando voleva stare da sola, lontana da me. I cubani sono molto ospitali tra di loro e creano un forte legame all’interno della loro comunità, ma questa volta nessuno l’ha più vista e io sono veramente preoccupato che le possa essere successo qualcosa di brutto.» «Perché dice così signor Bionaz? Ha ricevuto minacce per caso o le ha ricevute la sua signora? Magari richieste di denaro in cambio di informazioni o quant’altro?» «No, niente di tutto ciò, ma ultimamente era strana, distante anche quando cercava di essere affettuosa, più violenta ed esasperata durante i nostri litigi, come se covasse dentro una rabbia che non riesco a spiegare.» «E lei non ha chiesto spiegazioni? Non ha cercato di capire cosa le stava succedendo?» «Io ultimamente ero molto impegnato con il lavoro e quando rientravo a casa cercavo unicamente di trovare un po’ di pace, un po’ di relax lontano dai problemi che avevo dovuto affrontare tutto il giorno, per cui cercavo in ogni modo di non affrontare alcun argomento che potesse innescare l’ennesima discussione. Se solo l’avessi saputo, se solo avessi intuito cosa stava per succedere io… io forse avrei potuto fare qualcosa, ma non ho fatto nulla, nulla…» «La ringrazio per il tempo che ci ha dedicato; è stato molto utile e appena sapremo qualcosa di più sarà mia premura tenerla informata. Buona giornata signor Bionaz.»
20 «Grazie commissario, grazie di cuore; trovatela, ve ne prego, trovatela sana e salva, per favore…» Era stato un incontro penoso, diverso da come me l’ero immaginato; l’uomo che avevo avuto di fronte sembrava veramente dispiaciuto e in pena, ma qualcosa continuava a dirmi che c’era molto altro ancora da scoprire, che avevamo appena scalfito la superficie di quel maledetto rompicapo. Le indagini proseguivano senza aggiungere particolari di rilievo, ma solo conferme a quanto già sapevamo; gli abitanti di Arpuilles avevano visto la signora Sandoval prendere l’autobus per Aosta a un’ora inusuale per le sue abitudini e questo aveva aumentato i pettegolezzi che già giravano sulla giovane donna. “Bionaz se l’è trovata giovane e carina, ma dovrebbe stare un po’ più a casa per controllare cosa succede nella sua villetta quando lui non c’è…” era il commento più ricorrente, come se la gente sapesse più cose di quelle che voleva dire apertamente, ma occorreva essere cauti nel distinguere i fatti dalle dicerie o dalle maldicenze, perché in una comunità ristretta come quella di paese molte volte il confine tra l’uno e l’altro è quasi invisibile. «Che cosa succedeva in quella villa di così strano?» era la domanda che il sovrintendente, mandato a raccogliere deposizioni, faceva a chi insinuava scenari poco chiari nella vita della coppia. «C’era gente che raggiungeva Arpuilles in macchina ed entrava nel cortile della villetta senza nemmeno rallentare, gente di colore e ragazze con la musica tanto alta che li si sentiva arrivare ben prima di vedere le loro automobili. Facevano feste in continuazione, specie negli ultimi tempi e bevevano fino all’alba facendo un chiasso infernale. Ci eravamo lamentati con il signor Bionaz, ma non era servito a nulla; lui non c’era quasi mai e sembrava non importargli nulla di cosa faceva la sua signora in casa sua…» Avevamo un paese che malvedeva la giovane donna, un compagno assente a cui sembrava non importasse nulla di cosa
21 succedesse in casa sua e una ragazza all’apparenza allegra e spensierata che aveva trovato un’ottima sistemazione al fianco di un uomo facoltoso: ma nessuna motivazione valida che spiegasse la sparizione della donna. «Sergio, per favore mi contatti il commissario Andreoli dell’ufficio immigrazione? Vorrei chiarirmi un po’ le idee sulla comunità cubana qui ad Aosta…»
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CAPITOLO 3
La svolta alle indagini arrivò inaspettatamente da una fonte esterna alla questura, da un mezzo che sempre più prepotentemente cercava di infiltrarsi nei fatti di cronaca per il proprio tornaconto: la televisione. Era andata in onda, sulle reti nazionali, una trasmissione che da anni si occupava di persone scomparse e che in passato aveva fornito dei validi suggerimenti alle forze dell’ordine per il loro ritrovamento: proprio questa settimana si era occupata del caso su cui stavo indagando. Tra i molteplici avvistamenti, tutti da verificare, uno in particolare sembrava molto circostanziato e preciso: un turista genovese aveva contattato la redazione affermando di aver riconosciuto la donna del servizio che era andato in onda e di averle dato un passaggio il pomeriggio del 23 novembre da Sarre fino al bivio per Chaillod, poco dopo il centro abitato di Fossaz Dessus, una frazione di Saint Nicolas, confermando così le notizie che avevamo della rilevazione del suo cellulare a Saint Pierre. Che cosa ci faceva da sola in un posto del genere? Aveva amici in quel luogo o nelle vicinanze che la potessero ospitare o quantomeno fornirle un supporto per la sua fuga? Era chiaro ormai che il suo era stato un allontanamento volontario e, dopo le normali verifiche, il caso sarebbe passato in secondo piano; Susana Sandoval era maggiorenne e nel pieno diritto di andare dove più le piaceva senza l’ingerenza di nessuno, meno che altri della polizia. Il passo successivo sarebbe stato quello di avvertire il signor Bionaz del risultato delle indagini verificando se, nel frattempo, nuovi elementi potessero chiarire il quadro generale in cui era
23 maturata quella drastica decisione, ma mentre mi accingevo a verificare i riscontri, un’altra notizia buttò all’aria tutto. Una telefonata alla centrale operativa del centotredici segnalava il ritrovamento del cadavere di una giovane donna in una casa disabitata di Vens, proprio a pochi chilometri dal bivio di Chaillod, una coincidenza troppo sospetta per non pensare a una drammatica svolta nelle indagini. Vens era un piccolo paesino di appena ventun abitanti, formato da un compatto ammasso di case in pietra scistosa e travertino a millesettecentotrentacinque metri sul versante occidentale della valle; ne avevo sentito parlare, ma era la prima volta che visitavo questa parte della regione e purtroppo non era una visita di piacere. La strada che dalla frazione di Fossaz Dessus arrivava fin lì era un susseguirsi di curve e tornanti, quasi nove chilometri di strada di montagna, percorribile a piedi in circa due ore e mezza, forse tre ore, un cammino decisamente fattibile per chi vuole arrivare al paese senza essere notato. C’era solo un locale aperto, l’hotel Ristoro Vagneur, ma nessuno sembrava aver notato la donna né arrivare in paese né transitare per le vie interne del borgo; anche le macchine nel parcheggio antistante questa piccola località erano le stesse da settimane, appartenenti al gestore dell’albergo e agli ospiti presenti quella settimana. Sembrava di aggirarsi tra le case di un villaggio fantasma; nessun curioso alle finestre, le imposte inesorabilmente chiuse, solo un cane e alcuni gatti che ci seguivano con lo sguardo da lontano, diffidenti come i pochi abitanti di quel luogo. «Strano che nessuno sia incuriosito dall’arrivo di così tanti agenti; eppure la notizia del ritrovamento di un cadavere avrebbe già dovuto essere di dominio pubblico…» «Questa è gente di montagna Guido, abituata a farsi gli affari propri, specialmente in presenza di estranei; i residenti fissi poi sono veramente pochi e dubito che qualcuno abbia visto la Sandoval o chiunque altro entrare in quella casa, anche perché
24 esiste una strada sterrata che congiunge la statale al paese un paio di curve più su, per cui se qualcuno avesse voluto non farsi notare sicuramente non sarebbe passato davanti all’albergo ma avrebbe scelto quella via più nascosta.» Sergio era un valdostano purosangue e i suoi pareri erano importanti per riuscire a capire la mentalità degli abitanti della valle, specialmente di quelli dei piccoli borghi come questo, ancora legati alle attività contadine e alla vita dura della montagna. «Chi è che ha rinvenuto il corpo? Dove è stato trovato?» «Ci ha chiamati un certo Enrico Perron, un operaio di una ditta che si occupa di manutenzione; come ogni anno era venuto al civico ventuno per svuotare l’impianto idraulico e sistemare le cose in vista della stagione invernale. Avrebbe dovuto fare il lavoro venerdì 24 novembre, ma una colica lo ha costretto a rimandare a oggi l’intervento di manutenzione; ha detto di essere arrivato presto e di essere entrato con le sue chiavi, di essere sceso subito nel seminterrato per chiudere la valvola principale dell’acqua e svuotare le tubature, ma alla vista del corpo era subito corso fuori a chiedere aiuto e non si era più mosso dalla hall dell’albergo. La casa era di proprietà dei genitori di Francesco Bionaz, deceduti alcuni anni fa e veniva affittata ai turisti nei mesi estivi, ma l’ultimo occupante era partito ai primi di settembre, dopodiché più nessuno era entrato nell’abitazione o almeno dovrebbe essere così…» «Qualcuno è sicuramente entrato: la vittima e il suo assassino tanto per cominciare. Il medico legale è arrivato?» «Sì, è già al lavoro; stiamo aspettando la scientifica e il magistrato mentre il signor Perron è ancora a disposizione all’interno dell’albergo.» «Andiamo a dare un’occhiata prima che la scientifica ci impedisca di entrare…» La casetta era piccola ma ben tenuta, a differenza di molte altre segnate dall’abbandono e dall’inclemenza del tempo; un piano sopraelevato più un locale nel seminterrato adibito a cantina e
25 ripostiglio, un largo tetto coperto di lastre di pietra scura, pesanti, segnate dalla neve e dal gelo dei lunghi mesi invernali. L’ambiente interno era accogliente, arredato con mobili semplici di legno massiccio come si facevano una volta, probabilmente gli stessi usati dai genitori del proprietario, eterni e indistruttibili come le pietre con cui erano fatti i muri. Dietro una porta vicino alla cucina, una scala scendeva al piano sottostante, uno stanzone pavimentato con pietre a spacco, venate di verde e di grigio, una sorta di taverna pannellata con una perlinatura di legno ormai sbiadita e rovinata in più punti, ma che riusciva nonostante tutto a dare un senso di calore e di intimità all’ambiente. Ciò che però raggelava il sangue era il corpo di una giovane donna riverso supino proprio di fronte alla scala, costretto in quella posizione dai legacci che ancora le serravano i polsi e le caviglie, immerso in una pozza di sangue scuro, ormai coagulato da tempo. Faceva molto freddo in quella stanza e la scena del delitto suggeriva a prima vista un’esecuzione spietata e senza esitazioni; la donna era stata fatta inginocchiare vicino al muro davanti alla porta d’entrata, in modo che chi fosse sceso da quella scala si sarebbe trovato di fronte a questo tremendo spettacolo. Le avevano legato le caviglie con fascette di plastica e così pure i polsi, stretti in una sorta di manette improvvisate che le avevano segnato profondamente le carni. Il manico di un coltello spuntava ancora dalla schiena, tra le scapole, all’altezza più o meno del cuore; doveva essere stata una morte rapida, quasi pietosa, ma era l’unico atto di clemenza che potevo vedere in quello scenario di pura violenza. Aveva gridato? Aveva implorato pietà prima che il suo aguzzino infierisse su di lei con quel pugnale? Come mai nessuno aveva sentito nulla? C’erano alcuni particolari che mi erano balzati agli occhi e che fornivano le prime spiegazioni alle mie domande; le strette finestrelle che davano sulla via erano state oscurate utilizzando vecchie coperte, sicuramente trovate all’interno della casa e la posizione arretrata verso il versante della montagna non aveva certo favorito un possibile intervento
26 d’aiuto, sempre ammesso che ci fosse qualcuno in grado di sentire le grida della vittima. Era un luogo ideale per un simile delitto che solo un caso fortuito aveva permesso di scoprire abbastanza rapidamente. «Commissario… mi scusi…» L’agente lasciato all’esterno della casa era rientrato scendendo le scale quasi senza far rumore arrivando alle spalle dei presenti prima che questi si accorgessero del nuovo arrivato. «Commissario, è arrivata la scientifica; il magistrato ha fatto sapere che arriverà con un po’ di ritardo per cui ha dato il nulla osta a procedere anche in sua assenza.» «Grazie, accompagnali qui sotto; noi ci spostiamo così potranno lavorare in pace. Brunod, andiamo a parlare con il testimone e sgombriamo il campo ai colleghi della scientifica; qui non possiamo fare nulla al momento, ma il testimone che ha trovato il corpo ci sta ancora aspettando e prima lo interroghiamo, prima potrà tornare ai suoi impegni.» L’albergo Vagneur era l’unico locale pubblico del paese, una costruzione bassa e larga, di legno e pietra, a due piani leggermente sfalsati, con i classici tetti larghi e coperti da pesanti lastroni di pietra grigia. Un omino baffuto con giacca, foulard e il cappello in mano sembrava invitarci a entrare dall’insegna su cui era scolpito, mentre la porta di legno chiaro, massiccia e rigorosamente chiusa sembrava suggerire proprio l’opposto. “Quell’insegna sembra riassumere alla perfezione il carattere di questa gente, ospitale ma chiusa con i forestieri che percorrono le loro montagne…” mi ero sorpreso a pensare mentre ruotavo la maniglia d’ottone e varcavo la soglia senza più indugi. L’interno era tutta un’altra cosa; il legno era ovunque, dalle pareti ai soffitti, dal pavimento agli arredamenti, in tutte le tonalità possibili, dal noce all’abete, dal frassino al castagno chiaro, in una piacevole sensazione di calore e di amicizia che non traspariva dall’esterno. Il bancone del bar era subito sulla destra, piccolo ma ben assortito, con una serie di alti sgabelli senza schienale e un corrimano proprio sotto il granito del bancone.
27 C’era solo un avventore seduto, un uomo di mezza età che sorseggiava qualcosa da una tazza fumante, lo sguardo fisso davanti a sé a guardare senza vederle le file dei bicchieri in bell’ordine sui ripiani di vetro. «Il signor Perron?» Avevo mantenuto un tono di voce piuttosto basso visto il silenzio che regnava in quella stanza, ma il suono della mia voce lo aveva fatto ugualmente sobbalzare. «Sì, sono… sono io…» «Buongiorno, mi scuso per l’attesa; sono il commissario capo Lombardi della Divisione Anticrimine del commissariato di Aosta. Ha trovato lei il corpo della donna in casa Bionaz?» «Sì, l’ho trovato io stamattina e sono corso subito ad avvisarvi; è stata una cosa spaventosa che mi fa ancora star male. Non mi aspettavo di trovare nessuno per cui sono sceso tranquillamente in taverna per fare il mio lavoro, ma quando ho fatto l’ultimo gradino, a momenti non cadevo addosso al cadavere. Sono uscito subito da lì senza nemmeno voltarmi indietro e sono venuto al bar a cercare aiuto. Marco, il proprietario, è un amico da tanti anni e mi ha fatto sedere mentre telefonava alla polizia spiegando l’accaduto.» «Mi può raccontare bene cosa ha fatto dal momento in cui è arrivato a Vens fino a quando è entrato nella locanda in cerca di aiuto, cercando di essere il più preciso possibile?» «Sì, certamente, mi scusi. Sono arrivato presto, verso le sette e mezza, forse le otto meno un quarto. Ho parcheggiato il furgone sul piazzale e ho scaricato la borsa degli attrezzi; non me ne servivano molti perché era un intervento che faccio tutti gli anni sia qui che in altre case perché d’inverno, con il gelo, le tubature possono scoppiare e quindi occorre svuotare i tubi e mettere l’antigelo nelle vaschette…» «C’erano altre macchine nel parcheggio?» «Sì, un paio oltre a quella di Marco e alla “Vespa” della cameriera del ristorante; in questo periodo non ci sono molti
28 clienti e quindi è facile riconoscere di chi sono le auto parcheggiate.» «Vada avanti; cos’ha fatto dopo?» «Sono andato a casa del signor Bionaz e, non trovando il mazzo di chiavi al solito posto, ho aperto la porta con le mie…» «Lei ha un mazzo di chiavi personale di quella casa?» «Sì, da quando sono morti i suoi genitori mi occupo io della manutenzione e al signor Bionaz viene scomodo ogni volta venire ad aprirmi la casa per cui mi ha consegnato un mazzo di chiavi per semplificare, visto che con suo papà eravamo amici da sempre; in genere uso quelle nascoste sopra l’architrave, nell’angolo sinistro della porta, ma stamattina non erano al loro posto e così ho usato le mie.» «Non ha notato nulla di strano oltre al fatto che mancavano le chiavi, non so, ad esempio la porta chiusa in modo differente, con meno giri di chiavistello del solito oppure una finestra non chiusa bene o altre cose del genere?» «No, non mi sembra, ma non ci ho fatto molta attenzione; volevo sbrigarmi perché mi si è accumulato un po’ di lavoro arretrato che devo smaltire prima che cominci a nevicare…» «Come mai era in ritardo con i lavori?» «Sarei dovuto venire a Vens venerdì scorso, ma giovedì notte ho avuto una brutta colica di reni e sono finito al pronto soccorso dell’ospedale Parini. Ne sono uscito la mattina dopo, ma fino a lunedì non sono riuscito a tornare al lavoro e appena ho potuto sono venuto quassù a fare la manutenzione… e ho trovato il cadavere di quella donna.» «La ringrazio signor Perron, se avremo bisogno di ulteriori chiarimenti la contatteremo noi; se vuole può pure andare, per oggi abbiamo finito.» «Grazie commissario, ma rimarrò ancora un po’ qui; ho le gambe che ancora tremano e non sono sicuro di riuscire a guidare fino a casa, non subito almeno.» «Faccia come crede, buongiorno…»
29 «Buongiorno un cazzo…» Lo avevo sentito nitidamente borbottare quella frase poco riverente nei miei confronti, ma quell’esternazione così schietta pronunciata mentre stavo uscendo mi aveva fatto sorridere anziché accigliare; d’altra parte come potergli dare torto? )LQH DQWHSULPD &RQWLQXD
INDICE
RINGRAZIAMENTI .......................................................................... 5 PROLOGO ....................................................................................... 7 CAPITOLO 1 ................................................................................... 9 CAPITOLO 2 ................................................................................. 15 CAPITOLO 3 ................................................................................. 22 CAPITOLO 4 ................................................................................. 30 CAPITOLO 5 ................................................................................. 39 CAPITOLO 6 ................................................................................. 51 CAPITOLO 7 ................................................................................. 59 CAPITOLO 8 ................................................................................. 73 CAPITOLO 9 ................................................................................. 84 CAPITOLO 10 ............................................................................... 97 CAPITOLO 11 ............................................................................. 105 CAPITOLO 12 ............................................................................. 121 CAPITOLO 13 ............................................................................. 130 CAPITOLO 14 ............................................................................. 140 EPILOGO .................................................................................... 145
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