Senza cuore, Marco Caruso

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In uscita il 30/11/2018 (1 , 0 euro) Versione ebook in uscita tra fine novembre e inizio dicembre 2018 (3,99 euro)

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MARCO CARUSO

SENZA CUORE

ZeroUnoUndici Edizioni


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SENZA CUORE

Copyright © 2018 Zerounoundici Edizioni ISBN: 978-88-9370-247-8 Copertina: immagine Shutterstock.com

Prima edizione Novembre 2018 Stampato da Logo srl Borgoricco – Padova


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1.

Da quando siamo nati, prendiamo per buone le narrazioni che, del mondo, ci forniscono prima i genitori, poi gli insegnanti, poi man mano tutti quelli che scrivono un libro, come quelli inseriti nei programmi scolastici. Un tempo, la religione pretendeva di rispondere a tutte le domande del genere umano; oggi, invece, è la scienza a descriverci il mondo, quel che siamo e quel che saremo. La scienza ha sostituito la religione, nei secoli, ma questo vuol soltanto dire che l’umanità ha costantemente bisogno di una narrazione per sopravvivere e svilupparsi. Su questa fonda codici e regole per la civile convivenza, per dirimere le controversie e per amministrare la cosa pubblica. Eppure, inevitabilmente, qualcuno non concorda con le convenzioni generali, con le norme di riferimento puntualmente applicate alla vita comune, politica ed economica. E la relativa tradizione, è pedissequamente ripetuta, generazione dopo generazione, fin quando la tecnica e la tecnologia nei vari campi del sapere, sanciscono il necessario rinnovamento. D’altra parte, sono molti a cercare in quel che la narrazione comune ha trascurato e oscurato, la ragione della propria vita o, semplicemente, la risoluzione dei propri problemi. E talvolta, anche con mezzi non proprio ispirati alla massima etica o alla pietà umana. Ed è questo il motivo che spinge alcune persone a cercare il responso dei Tarocchi, permettendo a me di sopravvivere tramite un mazzo di carte. Sono un cartomante di trent’anni, non so fare altro, e potrei persino definirmi un uomo di successo se non fosse che il mio lavoro non è politicamente corretto, non apporta nulla alla società scientista in cui viviamo e non ha un albo professionale. Per fortuna, non sono il solo ad avere problemi simili. La mia ex, tuttavia, dichiarava di preferire un profilo meno avventuroso, in qualità di futuro sposo, e me lo comunicò dopo due


4 anni di (quasi) felice convivenza. Amavo Patrizia e l’amo ancora. Purtroppo non ho un’occupazione stabile e neanche una partita Iva accesa. Solo un mazzo di carte. Considero me stesso un survivalista della società odierna, una sorta di ribelle dello status quo, me ne rendo conto: è forse questo il motivo che, allora, spinge la polizia a continuare nel tormentarmi? Me lo stavo chiedendo anche quel giorno di fine settembre, mentre l’autunno non voleva proprio cedere al freddo stagionale e su Roma risplendeva un sole pallido ma tenace. E in una giornata come quella, ero di nuovo convocato dal commissario Cella: un solerte funzionario di polizia che avevo già, purtroppo, avuto occasione di conoscere. Costui amava ricevermi di prima mattina, in Questura, con un capiente vassoio posato sulla scrivania proveniente dal bar sottostante, contenente un bricco di caffè bollente, latte, cornetti e ciambelle fritte. Talvolta, offriva pure. A quell’ora, la gente che affolla uffici come quello mostra un’energia particolare. Vedo sempre poliziotti e funzionari affaccendati in mille mansioni, persone tra le più disparate che parlano, si lamentano, gesticolano. Uno spaccato di vita umana che anima un commissariato con i suoi suoni, le cantilene, il sussurrare delle prostitute che attendono di poter tornare sulla strada e qualche ubriaco che fa loro il coro. «Deve firmare la deposizione, per il tribunale», bofonchiò Cella, con la bocca piena di cornetto alla crema e una tazza di caffè amaro in mano. «Capisco che l’ora possa risultare scomoda a lei, ma io inizio a lavorare presto.» Mio malgrado, dovevo pur collaborare alla coda di un’indagine giudiziaria che mi aveva visto protagonista e vittima di un maniaco. Una storia alquanto intricata e amara che mi aveva rovinato la vita per qualche settimana. Firmai dopo aver vuotato una tazzina di ottimo espresso. Era l’ultimo atto, prima dell’udienza che sarebbe stata fissata chissà quando, e che avrebbe chiuso la disavventura vissuta di recente. «Sa che ci è stato utile, dopo tutto… Chi l’avrebbe detto?» commentò, controllando sul documento in questione che sapessi ancora firmare. «Eh, già; un cartomante che collabora con la polizia. Ma non è il primo caso, stia tranquillo, e non sarà l’ultimo.» «Tranquillissimo… Si tenga a disposizione e se cambia regione, ci avverta», intimò, prima di afferrare con avidità l’ultima ciambella


5 rimasta sul vassoio. Uscii dalla Questura con grande sollievo. Il sole mi accarezzava mentre passeggiavo per le vie di Roma, con quel senso di libertà che l’assenza di impegni, e anche la scarsità di soldi nelle tasche, ti può donare. Camminando per San Vitale, nel rione Monti, a Roma, m’imbattei nella cerimonia funebre che si stava tenendo nell’omonima basilica, a pochi passi dai Giardini del Quirinale. Come sempre, ero in bolletta e attendevo con impazienza la telefonata di qualche cliente. Tramite annunci sui giornali, su internet, e il passa parola di amici e conoscenti, pubblicavo i miei numeri telefonici e ricevevo a casa mia casalinghe ansiose, studentesse innamorate, genitori delusi dai propri figlioli e persino qualche manager incerto sulla qualità del personale. Invece, quando squillò il cellulare, sentii la voce di un mio vecchio amico che mi cercava con urgenza. «Dove ti trovi, Mister Tau?» Era Jimmy Cassini, uno psichiatra, consulente scientifico dell’Associazione Internazionale degli Esorcisti, il tipo più amabile che conosca, non soltanto in ambito religioso. Ma quella volta aveva un tono esageratamente ansioso. «Vicino alla Questura. Che succede?» «Sono sotto casa tua; sbrigati, che partiamo…» Effettivamente, lo trovai davanti al mio portone, a braccia conserte e con il motore della sua vettura acceso. Uno splendido maggiolone con il motore rifatto, di colore blu e dai paraurti metallici fiammanti. «Mi vuoi dire cosa diavolo succede?» Cassini era un uomo ormai maturo, molto giovanile e dalla spiccata tendenza a farsi benvolere dal prossimo; i suoi occhi azzurri ti fissavano con apparente allegria dietro occhialetti tondi da professore universitario; suscitava simpatia in chiunque avesse a che fare con lui, e certamente non l’avevo mai visto così preoccupato. «Fammi prendere due cose al volo, e ti avverto che sono al verde», lo avvisai. «Finanzio io la spedizione, tranquillo, ma fai in fretta e partiamo subito; sei l’unico che ha abbastanza conoscenza delle occulte cose, che sia assolutamente fidato e del tutto incosciente, e quindi devi accompagnarmi. Ti spiego strada facendo.» A parte i complimenti, mi venne da sorridere. Il noto psichiatra che mi onorava della sua amicizia, in fondo, mi conosceva bene. Come io, del resto, conoscevo lui.


6 Era quasi l’ora di pranzo quando, nel Maggiolone, ci dirigevamo verso la più vicina uscita al GRA, immersi nel solito traffico deprimente della Capitale. «Non sarebbe male», provai a dire, mentre eravamo praticamente fermi, con il semaforo verde e l’autoradio che parlava di leggi elettorali in discussione al Parlamento, «se provassi a spiegarmi. Pensa, ieri è uscito il mio annuncio sul giornale… a pagamento… Oggi avrei atteso le telefonate di clienti in cerca di predizioni. Io vivo di consenso popolare, caro amico, non dimenticartelo.» «È una storia complicata. Da Roma mi hanno detto di prendere contatto con l’arcidiocesi di Perugia, dove mi hanno indirizzato presso la curia locale, dove, per mia fortuna, conosco un vecchio amico; e conosco anche il procuratore Ambrosetti, della Procura di Perugia, che certamente dovrò consultare.» «E io non ti ho mai visto così ansioso… Cos’è, hanno trovato profilattici in un convento di suore?» Cassini sospirò, mentre ripartiva, con il semaforo rosso, per liberare la strada occupata dal suo Maggiolone e da un’altra decina di vetture, tra i clacson che urlavano. «Ieri sera c’è stata l’ennesima scossa tellurica, in Umbria, dalle parti di Spoleto. Magnitudo: due o poco superiore…» «E allora? La terra trema da parecchio, mi pare.» «Certamente. Il Centro Italia, da anni, ha registrato almeno tremila scosse, dopo il terremoto tremendo del 1997 che colpì l’Umbria e le Marche. Durante una delle tante scosse, l’anno scorso, un deposito della Soprintendenza a Norcia è crollato da un lato; custodiva oltre duemilasettecento casse di reperti archeologici datati dall’VIII secolo avanti Cristo fino all’epoca romana. Iniziarono subito le operazioni di soccorso coordinate dai vigili del fuoco e dai funzionari del Mibac. Nelle cassette c’erano il frutto delle campagne di scavo condotte in buona parte della Valnerina, reperti perlopiù destinati allo studio e non all’esposizione, ma l’interesse era significativo come nel caso dei ritrovamenti riaffiorati dalle diverse necropoli studiate nella zona, tra loro anche corredi funerari che sono attribuiti agli antichi Umbri.» «Magnifico, ma cosa c’entro io?» «Aspetta… Gli antichi Umbri, secondo Plinio, erano la stirpe più antica della penisola: “Gens antiquissima Italiae”. In quanto a reperti celebri in quelle zone, forse avrai sentito parlare delle Tavole di Gubbio,


7 ritrovate nel 1444 e citate anche in Anna Karenina, di Tolstoj.» «Le Tavole Iguvine.» «Sì; ma in Umbria sono state notevoli anche le influenze dei Celti, popolazione antica della quale si parla molto poco, in Italia. Le cronache ci narrano di Carlo Magno che si dette parecchio da fare per sottomettere le ultime sacche di resistenza dei pagani, proprio intorno Spoleto, che veneravano i loro riti in onore dell’Uomo Verde dei Celti…» «Alt, professor Cassini. Sono le tredici e trenta, io sono affamato, siamo bloccati in mezzo a un mare di automobili, e ancora non mi hai detto a cosa devo tanto onore. Non sono un archeologo e neppure un esperto di antichi culti religiosi.» «Capperi, Mister Tau, ci stavo arrivando. Vuoi sapere cosa hanno trafugato a Norcia, dai reperti in realtà da trasferire a Spoleto l’anno scorso?» «Dimmi pure, sono tutto orecchi.» «Qualcosa che ha dato il via a una sciarada di sacrifici umani, un revival, probabilmente di antichi riti infernali. Da allora, in Umbria, si sono verificati molteplici delitti, talvolta associati a simboli malefici o rituali oscuri. E spesso simili particolari non vengono diffusi tramite la stampa per evitare interferenze con le indagini. O forse per altri motivi.» Cominciavo a capire. Del resto, Cassini aveva già collaborato sia con le forze dell’ordine, sia con le gerarchie ecclesiastiche, in passato. «Qualche svitato che vuole evocare Satana tramite il sangue?» «Il mio contatto con la curia locale è convinto di questo e altro. Ma ne sentirai parlare tra poco. Lo andremo a trovare in quel di Norcia, dove si presume sia stato trafugato quel reperto di cui ti parlavo. Tra l’altro, tra i problemi del clero del posto, c’è da dire che si è salvata solo la Chiesa della Madonna Bianca, appartenente all’arcidiocesi SpoletoNorcia.» «San Benedetto è stata demolita dal terremoto.» «Non solo: la Concattedrale di Santa Maria Argentea, Santa Maria delle Grazie, San Salvatore e Sant’Andrea… tutte crollate nel 2016.» «In Italia, i terremoti sono sempre stati una dannazione: è dai tempi di Roma Antica che distruggono la superficie, le case, le strade. Le cronache del tempo ne parlano dal IV° secolo fino agli inizi del XVI°. Intere città furono rase al suolo, gli abitanti morirono come mosche. La


8 penisola italiana è sempre stata un luogo sismico.» «Ed è altrettanto assurdo che qualcuno si sia messo in testa di placare la terra con il sangue umano, no?» «Mi pare tipico di certi riti pagani. È per questi motivi che sei stato convocato, dunque. Ma non ho letto niente del genere, sui giornali. Ovvero il collegamento di certi delitti con le attività di una setta, o qualcosa del genere…» Cassini annuì: «Quel che pubblicano, solitamente, è relativo a quanto le Procure ritengono giusto o conveniente pubblicare. E in Italia, prima di arrivare soltanto a sfiorare l’ipotesi di omicidi rituali o massonici, deve accadere un finimondo; talvolta non basta neppure questo.» «Si chiama censura. Da parte di chi?» «Da parte di chiunque, da posizioni di potere, ritenga di dover tacere alla pubblica opinione la vera motivazione di determinati accadimenti. Di volta in volta, i presidenti dei tribunali, certi pubblici ministeri, persino certi periti incaricati di effettuare le indagini necessarie a far comprendere al magistrato inquirente di turno la vera motivazione di un delitto particolarmente efferato, poco comune o addirittura incomprensibile.» Eravamo arrivati sul GRA, e da Orte saremmo usciti sulla Flaminia per arrivare alla SS 685. «Capisco il fastidio di questa gita improvvisata», disse poi, «ma t’indennizzerò il disturbo. In queste condizioni, potevo fidarmi solo di te. Tutto sommato, non sei neppure troppo impressionabile.» Aggiunse qualche particolare su delitti avvenuti nella zona della Valnerina negli ultimi anni e sempre in concomitanza con le mille scosse telluriche che, come un continuo sciame, si erano registrate in quei territori contemporaneamente in Abruzzo e nelle Marche e che avevano fatto strage di monumenti storici, abitazioni e aziende. «Poiché dovrò indagare su certe questioni, una persona fuori dal giro potrebbe svolgere quella parte d’inchiesta più riservata. Ecco perché mi sarai utile in questa indagine non ufficiale. Il rapporto che dovrò stilare riguarda, come ti ho appena accennato, il probabile se non certo rinascere di un culto pagano assassino. E comunque, dovremo cercare di capire il motivo dell’agitazione di tanti parroci della zona.» «Spero di esserne all’altezza. Spesso mi viene da pensare che chiedi di accompagnarti solo perché non mi crederebbe nessuno se raccontassi quel che ho visto o sentito…»


9 Ridacchiò, accendendosi un puzzolente sigaro e reagii immediatamente abbassando il finestrino. Era veramente incredibile la fiducia che riponeva in me uno dei più noti cattedratici in continuo contatto con il Vaticano. La Chiesa non ha mai visto di buon occhio i praticanti di riti occulti, come la divinazione, eppure la storia delle collaborazioni con il mondo dell’investigazione giudiziaria deve aver convinto qualcuno del positivo apporto di sensitivi ed esperti del settore. Il più noto fu Gerard Croiset, sensitivo belga, in grado di localizzare i resti di persone scomparse con incredibile precisione. Il professor Wilhelm Tenhaeff, titolare della cattedra di parapsicologia dell’Università di Utrecht, lo fece conoscere al mondo intero. Gli Italiani, ogni tanto, si ricordano della parapsicologia, specie quando i media portano all’attenzione generale casi come quello del ritrovamento, nel Lago di Como, del corpo di una ragazza precipitata con la sua autovettura, dopo tre anni dalla sua scomparsa nel 2005, e solo grazie alla segnalazione di una sensitiva. La giustizia non ha mai chiarito la dinamica dell’incidente o del delitto che portò la vettura della povera vittima in fondo al lago; ma senza l’apporto di una sensitiva bresciana, non sarebbe stato possibile neanche ritrovare vettura e cadavere. A parte questo, qualcuno ha deciso che la parapsicologia debba restare fuori dalle scienze praticate e insegnate nel nostro paese a parte un corso integrativo universitario tenuto a Milano. Si vuole relegare le possibilità del corpo umano al solo potenziale fisico, come se mente e anima non esistessero. E ovviamente, tutto quel che esula dai cinque sensi, ovvero le facoltà ESP, dalla scienza ufficiale non viene neanche considerato. Arrivammo a Norcia nel primo pomeriggio. Una trattoria nei pressi del centro storico si occupò di sfamare il sottoscritto, mentre Cassini usava il cellulare per contattare un certo monsignore. Faceva un discreto fresco e certe situazioni climatiche aumentano a dismisura il mio appetito. Mi accontentai di un ottimo panino imbottito e di una birra, a causa dell’orario poco abituale per un pasto completo. I cibi più proteici che avrei potuto assaggiare erano tutti a base di carne, che io non mangio. «Ci aspetta a casa sua», mi annunciò Cassini. «Preferisce non farsi vedere troppo in giro. Si tratta di un alto prelato.»


10 Pagai il conto e lasciai il caffè ad attendermi perché il professore mi prese per un braccio e mi trascinò lungo i vicoli dopo piazza Verdi. I danni del terremoto erano ancora evidenti. Molti palazzi presentavano lesioni esterne e balconi visibilmente danneggiati, ma almeno stavano in piedi. In un palazzo color crema dietro la piazza, Cassini cercò un nome sul citofono e la serratura del pesante portone scattò. Anche all’interno dell’androne, prima del cortile, le crepe prodotte dal sisma lasciavano intravedere il senso di grande precarietà che stavano vivendo gli abitanti della Valnerina ormai da anni. L’appartamento di monsignor Porreggiani era al piano rialzato e poteva benissimo essere scambiato per la residenza di un cacciatore. Falchi, cinghiali, scoiattoli e altri animaletti dei boschi erano imbalsamati e appesi come trofei un po’ ovunque, alle pareti. La morte che fa bella mostra di sé, come se ci fosse qualcosa di glorioso nell’esibire poveri corpi imbalsamati che un tempo condividevano la vita con gli altri senzienti. La caccia come sport è semplicemente abominevole. Cassini strinse le mani a un uomo piuttosto anziano, alto, ossuto, mentre ci accoglieva con la domestica, una donnetta grassa e rubizza che volle sapere subito se gradivamo una tazza di caffè o un liquore. Cassini chiese una sambuca, io la desideravo dentro il caffè che non avevo potuto bere in trattoria. Il monsignore ci fece accomodare in salotto dove, alle pareti, imponenti scene di caccia nei boschi erano impresse in grandi quadri dalle cornici dorate e soprattutto in un arazzo di seta antica che troneggiava sopra il divano di pelle. Il mobilio serio, scuro, di legno pesante, contribuiva a rendere lugubre e tediosa l’atmosfera di quella sala. «Ho ereditato quest’appartamento da mio fratello», spiegò, con voce incerta, l’anziano religioso, che sembrava compiere una gran fatica nel parlare. «Un vero appassionato di caccia… almeno fin quando nei boschi qui intorno, c’era qualcosa da cacciare.» Cassini attese che la donna di servizio ci portasse un grande vassoio d’argento con bevande varie e un piatto di lingue di gatto. Avvertivo in modo quasi palpabile la fretta del mio amico. Quella vicenda lo inquietava non poco. «In effetti», riprese monsignor Porreggiani, «ti ho voluto qui per una faccenda non del tutto chiara e soprattutto poco nota al grande pubblico.» Fece una smorfia per il calore eccessivo della tazza di tè che


11 stava assaporando. «E… e soprattutto di questi fatti è già informata Roma. Credo che qualche vescovo sia abbastanza preoccupato là in Vaticano.» «Lo so», rispose il mio amico. «Sanno tutto e si sono fatti sentire. Ma non gli basta e vogliono notizie certe, di prima mano; e ti prego, non divaghiamo…» «Certo, e capirai che non è facile parlare del ritorno di un culto esoterico che pensavamo perso nei meandri del tempo. Questi personaggi che, sì, noi definiamo eretici, considerano la Terra come un’entità viva, che si sta rivoltando contro la condotta empia degli umani. Insomma pensano che il terremoto sia una diretta conseguenza delle cattive azioni della gente. E fanno giustizia a modo loro. Si tratta di una setta, con ogni probabilità, gente pericolosa e decisa a tutto.» Così dicendo sciorinò sotto il naso di Cassini una serie di fotografie a colori prese direttamente da una tasca della giacca che indossava. Le immagini di cadaveri erano sparse sul tavolino di marmo bianco, come quello di un obitorio. Sembravano scene prese da una macelleria solo che si trattava di esseri umani. Vidi il professore impallidire. «I segni che vedi, tracciati con il sangue delle povere vittime di questa follia, sulle pareti delle abitazioni, appartengono all’alfabeto degli antichi Umbri. Insomma, quello riportato in tanti reperti ritrovati in questa zona. Probabilmente fanno parte di invocazioni dirette a entità soprannaturali.» «Mi vuoi dire che la setta sceglie le sue vittime secondo una logica rituale?» «Gli omicidi, assassinii di uomini e donne, sono compiuti mediante un’aggressione diretta e brutale e si concludono sempre con l’asportazione del cuore, spesso quando il soggetto è ancora in vita. Non sappiamo molto della loro liturgia dato che non abbiamo testimoni diretti se non qualcuno miracolosamente scampato alle aggressioni. «Il sacrificio umano è comune alla cultura religiosa degli Aztechi, ma anche dei popoli come i Meria indiani, oppure elementi sacrificali sono presenti nelle pratiche sciamaniche in Caucaso e Asia centrale. Da queste parti, si dice che gli Etruschi, talvolta, leggessero il futuro anche nelle viscere di qualche povero disgraziato oltre che in quelle di animali al pascolo… Ne parlano i cronisti romani. «I messaggi lasciati sul luogo del ritrovamento dei corpi, sono


12 inequivocabili. Generalmente, dopo l’asportazione del cuore dal petto, il sangue è usato per dipingere le pareti e scrivere le frasi del rituale. I cuori di circa venti vittime non sono mai stati ritrovati. È probabile che gli officianti li ritengano una sorta di pegno che racchiude il patto con gli dèi o i demoni evocati. E purtroppo, in questi casi, è possibile che seguano episodi di cannibalismo.» «La polizia cosa ne pensa?» chiese, conseguentemente, Cassini. Il monsignore scosse la testa, sconsolato: «Ritengono i delitti precisa responsabilità di un maniaco isolato il più delle volte, che io sappia. Hanno solo chiesto ai giornalisti di non divulgare i particolari per evitare episodi di emulazione. Se vuoi sapere quel che penso, non hanno mostrato neanche troppo interesse nella vicenda se considerata come filo logico di una precisa strategia di nuocere. Qui, in qualche modo, i terremoti hanno ammaliato le coscienze. Si ritiene che il Male sia inevitabile, proprio come il sisma. Ti suggerisco la conferenza di domani, verso le dieci. Forse parlerà qualche amico.» «Vada per la conferenza e comunque Roma vuole vederci chiaro, e forse non sarò il solo a occuparmene.» «Roma dovrebbe anche occuparsi d’altro… La Chiesa è di fronte al pericolo più grande della sua millenaria esistenza. E non parlo delle eresie, ma dell’ateismo più radicale che nasce dalla mancanza di fede. Avrai saputo che la Conferenza Episcopale tedesca, la diocesi di Stoccarda, ci ha in pratica privati delle profezie di Isaia… si sono accorti, dopo qualche millennio, che le traduzioni erano errate. O forse solo mal interpretate. Noi sapevamo che gli scritti che compongono il Libro di Isaia, e che sono stati redatti dal 740 a.C. fino al 520 a.C. non possono essere di un solo autore. Chi sostiene l’ispirazione divina di questo testo, utilizza come prova anche la presenza nei capitoli successivi al 40 delle profezie che si sono applicate al Messia Gesù Cristo e questo contrasta con la possibilità che sia una raccolta di opere posteriori.» «Ricordo qualcosa. Isaia (7:14), in cui si legge una profezia della venuta del Messia: “Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele”.» Monsignor Porreggiani sospirò: «E infatti su quella predizione si fonda gran parte del dogma che riguarda Il Salvatore e la sua origine divina. Ma nel nuovo testo diffuso, quindi corretto, si mette in dubbio sia la verginità di Maria (dato che la parola ebraica “halmah” significa


13 giovane donna, più che vergine) sia il fatto che abbia potuto partorire un figlio restando vergine.» Cassini rise: «So benissimo che i testi antichi sono stati e saranno sempre materiale utile per correzioni e aggiustamenti vari.» Porreggiani abbassò lo sguardo come se si vergognasse di quanto stava per dire: «C’è di peggio. Si parla, ormai, apertamente, di eradicare dal dogma il Vecchio Testamento. Divulgatori, filologi e traduttori stanno compiendo un lavoro di demolizione delle antiche scritture riconosciute dalla Chiesa. La Bibbia adottata dai cattolici subirà a breve tragici tagli e nuove interpretazioni. E il Nuovo Testamento, di conseguenza, cederà come una vecchia diga, a un fiume di nuove credenze e concezioni.» Cassini rise ancora, di gusto: «Peggio di quanto ha fatto monsignor Balducci, è impossibile…» Si riferiva ovviamente all’opera di divulgazione ufologica compiuta da Corrado Balducci, uno degli esorcisti ecclesiastici più noti e rispettati anche in ambito popolare per le scienze alternative. «Balducci era un critico della moderna teologia e cercava di inserire tra le creature da evangelizzare anche quelle che vengono da altri mondi.» «Balducci», insistette Cassini, «era anche un esorcista e aveva capito quel che so io, cioè che Satana esiste solo giacché simboleggia l’azione di figure extra-dimensionali che s’inseriscono nella nostra coscienza e provocano quelle che definiamo possessioni diaboliche. E cosa cambia, questo, rispetto alla vecchia demonologia? Voglio dire che il significato della commedia non cambia con il mutare della rappresentazione dei commedianti. Quel che conta è la morale della storia. Sapessi da quanto se ne discute tra noi psichiatri! Non si può aver paura di una differente diagnosi, in medicina. Oppure di un nome diverso da dare a uguale morbo. Basta capire il male vero che affligge il paziente.» «E sia», concesse Porreggiani, «ma tutto questo non allontanerà mai il gregge dai suoi pastori. Oggi, invece, si fa strada una diversa concezione della fede stessa. Si sta cercando di immaginare una diversa origine del Cristo, visto solo come una sorta di agente di un’altra civiltà, proveniente da altri mondi. O, nella migliore delle ipotesi, di uno zelota qualunque dalla predicazione anti-romana di un certo successo. Quel che rischia di diventare la nostra religione è il racconto di una semplice interferenza aliena oppure l’umanizzazione del Figlio di Dio. Eresie, comunque.» Cassini annuì: «Se pure fosse, è questo il male peggiore? Sono qui per


14 capire qualcosa di una serie di efferati omicidi che fanno pensare a rituali di sacrifici umani in nome di oscure potenze infernali. La magia viaggia parallelamente alla religione in tutta la cronologia non della fede ma della stessa storia umana. E la magia nera è la peggiore risposta al nostro bisogno di interagire con l’infinito. Per millenni, gli uomini hanno adorato Baal, considerandolo il Padre degli Anni e dell’Uomo. Pensavano che vivesse nell’Ombelico del Mondo, ovvero sul monte Cassius. Il monte, in Siria, faceva parte di una località bagnata da due fiumi che conteneva il giardino dell’Eden ebraico. Baal rappresentava la protezione contro il mondo del Male e dei morti. La tribù di Israele sostituì il culto di Baal con quello di Yahweh. La nostra religione non inizia così?» Porreggiani pareva meditare sulle parole del mio amico. «Se dobbiamo sempre porre la nostra rotta verso il bene assoluto», disse poi, «i nomi degli dèi contano davvero poco. La nostra religione si fonda, del resto, sulle parole e sugli atti del Cristo, dio vivente e vivificante.» «Qualunque popolo antico avrebbe descritto in questi termini il proprio dio. Il problema non è andare a cercarsi un protettore nell’universo mondo, ma trovarlo in sé stessi. Come potrebbe la salvezza essere al di fuori dell’essere umano? Una sorta di terra promessa spirituale da raggiungere.» Il tempo stava peggiorando. Oltre i tendaggi pesanti di quelle stanze, sentivo il rumore di un temporale. Il mio cellulare mi costrinse ad alzarmi e allontanarmi da quella discussione piuttosto allucinante. Una cliente disperata non aveva potuto trovarmi a casa e ora esigeva il mio conforto. Le spiegai che sarei tornato presto a Roma, ma in quel momento non potevo riceverla. Forse un sacerdote avrebbe potuto fare il mio mestiere e io il suo? Tornai dal mio ospite quando Cassini era già in piedi e si aggiustava la sciarpa di seta pesante intorno alla giacca. Il discorso doveva esser tornato su argomenti più stringenti e, infatti, chiese: «Cosa pensano all’arcidiocesi di Spoleto? Dovranno pur aver formulato un’ipotesi di collaborazione con le autorità se davvero ritengono che esista una setta che sta compiendo sacrifici umani!» «Pensano anche loro che la tua presenza sia indispensabile e quindi, ora, la direzione della nostra inchiesta passa a te. Acquisisci più informazioni che puoi e riferisci. Quando avremo un dossier completo,


15 potremo avanzare qualche proposta a chi di dovere. Penso alla Procura della Repubblica, più che altro. Il dottor Ambrosetti ha preso molto sul serio l’intera sequenza di questi crimini. Tra poco, riceverai sullo smartphone tutta la documentazione che abbiamo riunito su venti omicidi.» Il mio amico restò un attimo a pensare, poi riprese a parlare con foga: «Senti monsignore, c’è qualcosa che vorrei comprendere, prima di iniziare un’inchiesta che potrebbe portarci, me e l’amico che hai conosciuto oggi, su sentieri del tutto sconosciuti e perigliosi. Se noi consideriamo che un evento naturale terribile come un sisma porta, inevitabilmente, uno sconvolgimento anche nelle coscienze, non posso credere che una setta come quella che sta compiendo queste atrocità nasca dal nulla. Se i loro scopi sono davvero di tipo religioso e, bada bene, ogni religione ha i suoi dogmi, come può essere che siano comparsi all’onore delle cronache soltanto dopo il sisma del 2016?» «In Umbria c’è sempre stato un fervido ribollire di questo tipo di credenze. Posso dirti che su questo territorio si tengono altrettante messe nere di quante siano le funzioni sacre. Ci sono migliaia di persone che, in un modo o nell’altro, sostengono questi riti demoniaci.» «Io volevo sapere se la curia locale ha idea di chi stia alimentando questo fuoco malvagio. Non si tratterà di qualche contadino superstizioso, no? Da dove viene la feccia che sta uccidendo questa povera gente?» Porreggiani sembrava esitare: «Forse potrei darti un’idea. C’è uno spretato, una persona del tutto impossibile, che potrebbe fornirti una risposta a riguardo.» Il monsignore si alzò per andare a frugare in un piccolo scrittoio intarsiato all’altro lato della sala. Tornò con un fogliettino giallo. «Questo è il nominativo che può interessarti. Bada, è una persona che si è del tutto persa sulla strada del Signore.» Cassini prese il biglietto e abbracciò il vecchio religioso e uscimmo sotto una pioggerellina insistente. Il compito ricevuto dal mio amico non era di facile esecuzione e presentava non pochi pericoli. O forse si sarebbe risolto in una normalissima investigazione nelle superstizioni popolari locali da dove era spuntata la figura di un singolo assassino seriale. Mi guardò, mentre camminavamo in fretta, e sospirò: «Ti rendi conto di quel che sta accadendo qui?»


16 «L’importante è che te ne renda conto tu stesso. A me sembra una forma di follia generale. Gente che è uscita fuori di testa per il perdurare di un fenomeno, del resto del tutto prevedibile a lungo andare, come il sisma del Centro Italia. Gli esperti sanno benissimo che questa terra è destinata a strapparsi come una coperta tirata da tre lati.» «La realtà che ci piace contemplare, scienza inclusa, non è avvezza a questi signori. Sono convinti che il mondo si possa cambiare tramite i loro riti occulti. Il problema risiede sempre nel tasso di pericolosità di questi soggetti. E qui, pare che il limite di guardia sia stato superato da un pezzo.» «Dal terremoto del 2016, in particolare.» «Ha fatto crollare i simboli della cristianità. E sotto c’era tutto il marcio del mondo. Poi, il furto di quei reperti, così inusuale rispetto ai traffici tipici dei ladri di antichità… È come lievito nella farina del diavolo.» Raggiungemmo in tutta fretta un albergo a poca distanza. Il portiere, in divisa, ci salutò con un accenno di grande rispetto verso il mio amico, che evidentemente conosceva bene. E quel che contava maggiormente era che la mia stanza dava sui vicoli del centro storico di Norcia o meglio su quanto ne rimaneva e il materasso era persino comodo. Devo confessare che l’atmosfera generale di quel posto era comunque davvero deprimente. La gente masticava amaro per quel che aveva perso e per l’immagine di una città sventrata dalla natura impazzita in varie occasioni. Il terremoto demolisce la sicurezza della gente, oltre alle mura più antiche. E proprio qui, adesso, eravamo venuti per fare chiarezza su una sequenza di delitti che la Chiesa locale attribuiva a un gruppo di pazzi scatenati dediti a culti antichi a base di sacrifici umani. Delitti che la polizia, a quanto avevo sentito, non collegava direttamente a una specifica associazione a delinquere e, tuttavia, si era preoccupata di evitare che i particolari più raccapriccianti fossero divulgati alla e dalla stampa. Cominciavo a chiedermi cosa avrei potuto apportare a tale investigazione e, più che altro, cosa avevo da temere da una faccenda del genere. Conoscevo il mio amico come uomo assolutamente integro e soprattutto tenace nei suoi intenti: non si sarebbe accontentato di qualche giro in città per vagliare il sentire comune degli abitanti. Temevo, inoltre, che la polizia locale avrebbe informato il commissario Cella della mia presenza. Non avrei voluto per nulla al mondo essere di


17 nuovo inquisito o controllato da quel cane mastino che pure mi aveva diffidato dal lasciare la regione senza informarlo. Ne parlai a cena, davanti a un buon piatto di pappardelle ai funghi porcini, al mio amico, impegnato più che altro a leggere le informazioni inviate dall’arcidiocesi riguardo ai delitti, sul suo smartphone, davanti a un piatto fumante di tortelli in brodo. «Non credo che la nostra indagine darà molto nell’occhio…» rispose lui. «E comunque la discrezione sarà la nostra parola d’ordine. Quando andremo a parlare con la Procura di Perugia, vedremo il da farsi.» Il ristorante annesso all’albergo era completamente pieno, quella sera. Dodici tavoli apparecchiati con tovaglie a quadrettoni e stoviglie di vetro colorato, allegre e pratiche che ben s’intonavano con l’arredo da vecchia osteria. Un televisore sul fondo della sala, vicino alle porte delle cucine, gracchiava le solite notizie trite e ritrite mentre la gente mangiava e parlava piano. L’aria, densa dei profumi che venivano dalla cucina, era alquanto pesante anche per evitare il freddo esterno. Fuori, un discreto temporale stava martellando la cittadina e faceva piacere rimpinzarsi in quell’ambiente caldo e confortevole. Cassini aveva appena finito di consultare il suo smartphone, quando un tizio, alto e allampanato, si presentò al nostro cospetto, con uno strano cappello da cacciatore pressato sulla testa. Indossava pantaloni di fustagno e una maglia dolcevita di lana pesante; in pratica uno di quei tizi che va per boschi sparando a qualunque cosa si muova, in terra o in cielo. Viso appena abbronzato dai lineamenti delicati sotto quel cappellaccio, poteva avere una quarantina d’anni. I suoi grandi occhi neri erano mobilissimi. «Buonasera, se posso disturbarvi…» disse, con voce bassa, quasi flebile. Cassini lo salutò affabilmente, come se lo conoscesse da tempo: «Buonasera a lei… come va? Gradisce un bicchiere di buon rosso? Ci fa compagnia?» L’altro sorrise, compiaciuto: «Oh, grazie mille, accetto volentieri», e si sedette a un lato del tavolo quadrato, davanti al professore. Aveva un modo di atteggiarsi che mi ricordava Topo Gigio. La voce, bassa ma roca, aveva un che di innaturale. O forse era il risultato di troppi sigari fumati davanti al camino. Non mi sembrava di averlo visto seduto a mangiare, probabilmente era entrato da poco anche se le sue scarpe non mi sembravano umide.


18 «Talvolta, vendo un po’ di cacciagione al padrone di qui…» spiegò, dopo aver assaggiato il calice di vino che Cassini gli aveva già versato. «Ah, sì? E cosa si caccia, da queste parti?» «Cinghiali, soprattutto, piccoli volatili, scoiattoli, istrici. Purtroppo, giorni fa, uno di noi è stato colpito per sbaglio e non è riuscito a …» «Avevo letto qualcosa sul giornale», dissi io. «Quindi il poveretto è deceduto…» dissi, quasi automaticamente, mentre guardavo la piccola testa dell’uomo, dove la capigliatura appena brizzolata aveva un aspetto predominante e ne incorniciava la fronte come una corona. «Sì», confermò il cacciatore. «A proposito, perdonate la distrazione… mi presento: sono il dottor Marrone, farmacista qui a Norcia, e devo dire che ero presente, più o meno, mentre il mio compagno di battuta veniva raggiunto dal colpo di una doppietta.» «Curioso», commentò Cassini, «non sapevo che si usasse la doppietta per il cinghiale…» «Infatti», confermò il dottor Marrone. «Più che altro si utilizza una buona carabina. Una 338 con palle da duecentosettantacinque grani può andar bene. E poi cani per l’assedio. No, la doppietta non si sa chi l’avesse. L’uomo è caduto, i suoi amici si sono fatti intorno, ma non si sa chi abbia sparato.» «Davvero? Sicuri che fosse un incidente?» chiesi «Oh, sì. Sparavano tutti in direzione di uno splendido animale che correva verso la fine della radura. Da quella direzione, purtroppo, veniva Sandro Vessi, un operaio edile di queste parti. Quando è arrivato il 118, ormai era già spirato.» «Dov’è successo?» chiese Cassini. «Eravamo nei boschi intorno Piediripa. Circa cinque chilometri da qui. Ve ne parlo perché conoscevo la vittima e non vorrei che finisse, diciamo, nella vostra indagine…» Cassini sorrise amabilmente: «Ah, sì? La nostra indagine… cosa ne sa? Vuole qualche delucidazione in più?» «Oh», fece il dottor Marrone, quasi mostrando imbarazzo, «si parla, tra noi, del fatto che Roma vi abbia mandati qui a investigare per conto del Vaticano. Non vorrei essere indiscreto…» Mi guardò come per scrutarmi. Vidi i suoi occhi straordinariamente grandi per un uomo, e le sopracciglia ben curate. Aveva un modo di fare eccessivamente dimesso, quasi timido eppure non sembrava un debole o un depresso. «Lei è un aiutante del professor Cassini?»


19 «Io non le ho detto il mio nome», commentò Cassini, evitando che rispondessi alla domanda di quell’uomo. «Infatti. Piccola confidenza di monsignor Porreggiani…» «Sono un amico del professore. Praticamente, sono qui in gita di piacere.» Non intendevo certo confidarmi con quell’impiccione e non sapevo valutare cosa volesse. Ma fui quasi costretto a rispondergli. Sembrò soddisfatto di quel colloquio e, infatti, si alzò di scatto, come se avesse ricordato improvvisamente d’aver lasciato il pentolino di latte sul fuoco, inchinandosi leggermente: «Vi ho disturbato fin troppo. Grazie per l’ottimo vino.» «È stato un piacere, conoscerla, dottor Marrone.» Cassini si era alzato per stringergli, fin troppo vigorosamente, la mano. Quando tornò a finire i suoi tortelli, ormai freddi, sbottò: «Mani delicate come un pianista… o come un farmacista.» «Pensavo che lo conoscessi, da come lo hai salutato.» Scosse la testa: «Era lui che voleva conoscere noi. È stato mandato in avanscoperta.» «Che cosa vuoi dire?» Cassini rise come se avessi detto una barzelletta: «Che siamo nel mirino!» E continuò a ridere. Quella notte, solo nella camera comunicante con la stanza del mio amico, non mi riuscì di prendere sonno. Ero quantomeno incuriosito dalla piega che aveva preso quella nostra inchiesta. Inoltre, avevo avvertito un paio di scosse, neanche troppo violente; accesa la luce, il lampadario di plastica della mia stanza oscillava vistosamente. Avevo mandato un paio di messaggi a Patrizia, senza ricevere risposta. Il mio problema era che mi aveva lasciato senza una lite e senza una spiegazione. O meglio, sapevo quale fosse il problema di fondo, ovvero la mia attività e la mancanza di sbocchi professionali, come diceva lei. Ma non potevo farci niente se banche e ministeri non ne avevano voluto sapere di me. E come cartomante non me la cavavo certo male. Ma lei aveva un’idea molto comune della stabilità finanziaria che una coppia deve mostrare al mondo per ottenere un mutuo per acquistare un’abitazione più grande o nel caso venga al mondo un bambino. Alle sette di mattina, mi toccò rispondere a una cliente abituale che si sentiva depressa per un amore andato male. Ovviamente, non ero nelle condizioni di fissarle un appuntamento e faticai non poco a calmarla. Quasi come un assistente sociale. Poco dopo, scesi a fare colazione.


20 Il ristorante dell’albergo era già pieno di gente che affrontava la mattinata tra cappuccini, caffè e ciambelle fritte. Invitanti cassette di cartone piene di cornetti e dolciumi vari erano infatti in bella mostra sul tavolo accanto alla macchina del caffè e niente al mondo avrebbe potuto privarmi di un cornetto ancora caldo e un cappuccino bollente. La televisione rilanciava le notizie di scosse telluriche notturne tra Umbria e Marche, che si erano avvertite fino a Roma. La gente commentava preoccupata e nessuno aveva voglia di scherzare. Il disagio dei nursini era evidente. Cassini mi raggiunse prima delle otto per una rapida colazione. «Sentite le scosse, stanotte?» «Neanche troppo forti, mi pare.» «Oh, beh, il mio lampadario ballava la rumba. Io sognavo di essere in barca, con il mare mosso. Comunque non credo che il Centro Italia smetterà molto presto di tremare. Per quanto so io, siamo sulla frattura di due faglie; e una terza, spinge dall’Adriatico.» «Se si costruisse sempre secondo norme antisismiche, il problema sarebbe risolto per metà. Qui a Norcia hanno fatto tesoro di quanto accaduto in precedenza.» «Sì, ma ciò che è stato già costruito? Non a caso, qui le chiese maggiori non esistono più. Comunque, parliamo di noi. Ho esaminato la documentazione arrivata dall’arcivescovado. Effettivamente, almeno in quindici casi, l’efferatezza dei delitti pare sospetta. Certo, potrebbe trattarsi di un killer seriale…» «Eppure… c’è qualcosa che non ti convince.» «Le vittime. Di questi quindici delitti, conclusi tutti con l’asportazione del cuore dalla cassa toracica, sei sono gli uomini, quasi tutti pensionati. E delle nove donne, tre sono anziane, e le altre prostitute che ricevevano i loro clienti in casa. Tutti pare che conoscessero il carnefice. Le serrature degli appartamenti non riportano segni di scasso. Dalle abitazioni non manca nulla, almeno per quanto riguarda i preziosi. Non è mai stata trovata l’arma usata per asportare il cuore. Le vittime sono state soppresse in vari modi: dal trauma inferto con un corpo contundente, al soffocamento, alle ferite da coltello. Una delle vittime è stata soffocata con un cuscino del suo divano.» «Perché non credi al singolo killer?» «Si tratta di un arco temporale di ventuno mesi, in concreto dall’inizio del 2016, con una particolare frequenza dal 30 ottobre fino al 20


21 febbraio 2017.» «Il 30 ottobre dello scorso anno, è crollata la basilica di San Benedetto.» «Sì, sono rimaste solo la facciata, l’abside e poco altro. L’evento più traumatico occorso a Norcia. Eppure, se vogliamo, Norcia ha rappresentato un esempio virtuoso: non ci sono stati morti né feriti dovuti direttamente ai vari eventi di sisma. Le migliorie apportate dopo i terremoti del 1977 e 1979, quando ci furono almeno cinque morti, sono state determinanti.» «Mi chiedo perché la Procura abbia voluto minimizzare la serie di delitti che stai analizzando.» «E fai bene a chiedertelo. In effetti, c’è qualcosa che non torna. Anche se spesso gli omicidi rituali non sono riconosciuti dagli investigatori. Molti dei delitti assunti all’onore delle cronache nazionali, in realtà, sono delitti rituali non catalogati come tali. Ma stanotte ho esaminato anche attentamente le scritte lasciate dall’assassino, o dagli assassini, sulle pareti di casa delle povere vittime, sempre la stessa stanza dove è stato compiuto il sacrificio, perché di questo si tratta secondo me. Devo chiedere conferma, ma sono certo che i caratteri vergati con il sangue siano gli stessi presenti nelle Tavole Iguvine. Un alfabeto doppio, con caratteri etruschi e latini. Gli Umbri antichi, a partire dalla seconda metà del II millennio avanti Cristo, nell’Età del Bronzo, erano insediati in modo stabile in quello che si può definire l’attuale Centro dell’Italia: un territorio molto più vasto della piccola Umbria di oggi, che abbracciava i monti e le pianure che andavano dal Po al Tevere e dall’Adriatico al Tirreno. Dagli storici romani furono chiamati aborigeni. Un popolo che adottava gli stessi sistemi di sepoltura e le medesime tombe a circolo riemerse dagli scavi archeologici. E che indossava dischi ornati, usati come pettorali, e schienali di corazze come quelli del guerriero di Capestrano.» «Sì, ma la setta odierna cosa avrebbe a che fare con tutto questo?» «Gli studiosi hanno accertato che i testi delle Tavole sono molto più antichi delle Tavole stesse; sono insomma stati riportati da altri documenti. Servivano a conservare i complessi riti comunitari della Federazione umbra: le cerimonie pubbliche officiate dai confratelli Atiedii. Del resto, gli Umbri avevano l’esigenza di parlare con gli dèi. Se gli autori di questi crimini pensano di entrare in contatto con i loro dèi tramite il sangue delle vittime…»


22 «Sapevo che si trattava di popolazioni alquanto pacifiche. E poi, se devo dirla tutta, questi fatti di Norcia e provincia mi sembrano più che altro dovuti a gente tipo Bambini di Satana e simili.» «In effetti, puoi aver ragione per quanto riguarda il satanismo; certi riti infernali pare siano stati introdotti da Celti ed Etruschi. Carsulae, oggi tra Terni e San Gemini, era da questi considerata la porta per il regno dei morti. Gli etruschi credevano nell’oltretomba o in un ritorno alla vita, e praticavano il culto dei morti. Cercavano i loro auspici negli organi interni delle vittime, non solo bovini ma anche umani. In ogni caso, nelle iscrizioni vergate con il sangue sulle pareti, in ben sei casi risulta presente il nome Mefitis. Era una dea venerata anche a Roma antica: riuniva in sé molteplici valenze, dalla dea celeste, fino alla tellurica, delle acque sorgive, come da quelle cariche di zolfo, propiziatrice delle unioni e della fecondità.» «Quindi, secondo te, qualcuno cerca di dedicare sacrifici a qualche antica dea pagana.» «Probabilmente, cercano di scongiurare gli effetti nefasti del terremoto. E come gli antichi Umbri, cercano di parlare con la dea infernale mediante il sangue delle loro vittime.» «Non parliamo di gente sana di mente, vero?» Cassini sorrise debolmente: «Noi, sani di mente, celebriamo da duemila anni il rito della comunione, divorando il corpo di Cristo e bevendone il sangue. Ma di questo e altro, tra poco sentiremo parlare con abbondanza di particolari. Non ti spaventano le conferenze, vero?» Il Centro polifunzionale di Norcia ospitava una conferenza patrocinata dall’Assessorato alla Cultura dal titolo evocativo: Il Terremoto è un nemico invincibile? Una struttura iper-moderna, costruita in legno, vicino alla circonvallazione e più precisamente in Via Meggiana. Il padiglione dedicato alla conferenza era pieno di gente e i relatori erano architetti del comune, professori universitari, esperti del CNR. Cassini affermava che, senza dubbio, in quella sede avrebbe potuto capire meglio l’aria che tirava da quelle parti. L’aria del luogo, personalmente, mi stuzzicava l’appetito e mi ero trovato un posto di osservazione privilegiato presso il bar interno. Ascoltavo distrattamente il relatore inziale descrivere il clima di grande incertezza che il sisma aveva provocato, subito dopo i danni ingenti al patrimonio e alle strutture di quei luoghi, mentre sorseggiavo un


23 cappuccino bollente. Il barman, un ragazzotto rosso in viso e dal sorriso smagliante, era convinto di fare grandi affari quel giorno. Umidità e freddo si sarebbero presto contesi la più completa attenzione del folto pubblico in sala, con buona pace dell’Assessorato alla Cultura di Norcia. In seguito, avrebbero parlato un sociologo, l’assessore ai lavori pubblici del comune di Norcia, un esperto antropologo e un archeologo dei Beni Culturali. Una ragazza chiese un caffè e venne a sedersi accanto a me. Indossava un cappotto celeste che faceva risaltare i capelli biondo-ramati e s’intonava perfettamente con il colore degli occhi, di un azzurro quasi innaturale. «Interessato?» chiese, con la tazzina ancora in mano. «Come no? Sono venuto da Roma per ascoltare.» «Ah, è di Roma, lei?» Il suo accento tradiva origini slave o qualcosa del genere. «E lei scommetto di no. Lavora qui?» Sorrise, radiosa. «Qui e ovunque. Mi chiamo Katia.» «Mario. In arte Mister Tau.» «Oh, una specie di attore?» «In un certo senso. Di cosa si occupa, Katia?» La ragazza abbassò lo sguardo. Poteva avere una ventina d’anni e certamente disponeva di una sensualità esuberante. «Io offro sana compagnia», disse poi, abbassando la voce. «Sono nuova di queste parti, mi sto ambientando. Lei si sente solo?» «Capisco. Sei molto simpatica e non solo. Vorrei però chiarire che non sono propriamente qui per cercare compagnia.» «Sì sì, la conferenza», disse lei, comprensiva. «Ma mi chiedevo se dopo, magari… Guarda, ti lascio il cellulare.» E m’infilò nella tasca del giaccone un bigliettino che sapeva di pesca. Quando si alzò per andarsene, mi stampò un bacio sulla guancia, con il ragazzotto del bar che sorrideva. «Ho lo stesso bigliettino», disse poi. «Non è male. Katia, intendo. Molto materna, se ti piace il tipo.» «Oh, di mamma ce n’è una sola. Lavora qui a Norcia, quindi.» «Sì, e spero si tenga lontano dai guai. Pare che qualcuno ce l’abbia con le prostitute, ultimamente.» «Un mestiere pericoloso.»


24 «Ultimamente, troppo pericoloso.» Si allontanò da me per servire un paio di colazioni a due signore impellicciate e molto infreddolite. Poi tornò con una tazzina in mano anche lui. «Una mia amica è scomparsa.» «Una di… loro?» «Occasionalmente. Aveva perso l’impiego in un supermercato. Di quindici dipendenti, ne avevano licenziati sei. Lei era l’ultima assunta e capisci come vanno queste cose…» «Certo, dannazione. Oltre alla crisi economica, qui ci si mette anche il sisma.» «Appunto. Ma la gente deve comunque mangiare. Guarda cosa capita alla mia amica. Una sera, riceve una donna. Sai, lei non badava a queste cose. È bisex.» «Un modo come un altro per ampliare la clientela.» «Certo. Poi, Maria era una bomba in certe cose. Tempo fa pensavo di sposarla per quanto mi piaceva. Solo che con questi mezzi, cioè con gli stipendi che ci danno, mettere su famiglia non è possibile. E comunque, una sera, riceve questa donna che le fa strani discorsi. Voleva andasse a una specie di party nel bosco.» «E ci è andata?» «È questo il punto. Sapevo che sarebbe andata, ma non l’ho più vista. Contrattarono il prezzo, mi chiamò per dirmelo, poi la mattina dopo la cercai. Da allora, e sono passati due mesi, non l’ho più vista.» «Santo cielo, ma non aveva parenti? Avranno denunciato la sua scomparsa. La polizia ha fatto ricerche, o no?» «Qui, da quando è scoppiata ‘sta faccenda del terremoto, ne succedono di tutti i colori. Maria viveva sola, i suoi sono morti anni fa e i parenti più prossimi sono a Venezia. Per scrupolo, sono andato in commissariato a dire che non la vedevo da tempo e ho raccontato i fatti.» «E loro?» «Mi hanno preso le generalità e raccomandato di non mettermi nei guai. Credo siano andati a casa della ragazza, ma ovviamente non ha aperto nessuno. Da allora, non ho saputo più nulla.» In quel mentre, Cassini mi venne a battere una mano sulla spalla. «Interessante la conferenza, vero?» Il barman lo vide e tornò a sfornare caffè per un gruppo di spettatori


25 che cominciava ad apprezzare il tepore del bar. Era accompagnato da un paio di signori che, in giacca e cravatta, si fregavano le mani per il freddo. Il più alto, in un impeccabile gessato grigio, l’avevo visto seduto sul palco della conferenza. Poteva essere uno degli esperti del CNR. L’altro, esile e nervoso come un ballerino, aveva tutta l’aria del politico locale. «Laggiù fa troppo freddo per i miei gusti. Ti è utile sentire tante chiacchiere?» «Beh, come al solito sono andati a parlare della mafia che vuole mettere le mani sul movimento-terra, che vuole mettere le mani sui fondi per la ricostruzione, che cerca di prendersi guadagni tramite imprese edili controllate direttamente o indirettamente. La seconda parte, dopo una pausa per il caffè, riguarda la parte storico-esoterica, per noi più interessante.» Cassini ordinò un caffè macchiato bollente, poi si guardò intorno con fare teatrale: «In fondo devo anche occuparmi di quello che la gente può raccontarmi. Compreso quel che ritengo inutile, sul momento.» «A me stavano raccontando di una sparizione. Una che faceva la vita, dissolta in aria come nebbia al sole.» «Di quelle professioniste ne spariscono in quantità industriale, che io sappia. È un mestieraccio.» «Questa era stata invitata a una festa nei boschi.» «Nel 2016 solo in Umbria, sono scomparse centoquaranta persone. Su un totale, in Italia, di ben trentaseimilanovecentodue individui. In stragrande maggioranza, stranieri.» «Forse, alla tua inchiesta non interessano solo i delitti che vengono catalogati, ma anche le persone che non si trovano più e che potrebbero comunque rientrare nella casistica omicida.» Cassini annuì: «Qui vicino c’è un’associazione che tutela le famiglie delle persone scomparse. Ci faremo un salto.» Il resto della mattinata avremmo dovuto passarla negli uffici della Procura di Perugia. Porreggiani aveva caldeggiato un incontro tra Cassini e il procuratore Ambrosetti. I due signori che avevo visto seguire Cassini diretto al bar, si presentarono a lui, per stringergli la mano. «Lei è di queste parti?» chiese il più alto, che sembrava riconoscerlo senza però ricordare chi fosse.


26 Cassini spiegò che aveva trascorso vari anni a Perugia e dintorni e il più basso, che si era qualificato come un consigliere comunale, rise come se avesse detto una battuta. «Sapesse quanta gente sta tornando dopo il sisma del 2016!» «Beh, saranno preoccupati per le loro proprietà», dissi. «Non ci vedo nulla di strano.» I due risero come bambini. «Ma no», disse il più alto, «fa gola ogni singolo fondo per la ricostruzione, signore mio, altro che preoccupazione per le vecchie proprietà o le vecchie famiglie! Il terremoto è come una guerra e prevede la sua economia!» aggiunse, con l’aria di tenere una lezione colta. Cassini, con il solito fare bonario, sembrava perfettamente a suo agio anche con quei due tipi, e rise di cuore: «Ma certo che il sisma è come una guerra. Con le sue vittime. Avete saputo, se siete di qui, cosa sta accadendo, vero?» I due si guardarono. Sembravano non capire. «Ma sì, parlo di questi strani delitti in città e dintorni. Gente squartata come maiali in casa propria.» Mi colpì la mancanza totale di reazione da parte dei due soggetti che si limitarono ad accennare una specie di inchino di saluto e tornarono verso la conferenza dopo aver bevuto il loro caffè. Vidi sul palco un signore calvo che, seduto dietro il tavolo comune dei conferenzieri, si aggiustava il microfono per portarlo all’altezza della bocca. «Visto?» mi chiese Cassini. «Una guerra conta anche i suoi bravi disertori!» Il barista ci fissava, dubbioso. Senza dubbio ripensava alla sua amica scomparsa. Fuori, il sole aveva fatto la sua timida comparsa da qualche minuto, spuntando da un banco di nuvole minacciose. La gente, infreddolita, entrava nel bar per consumare qualcosa di caldo e io, stretto dal mio giaccone, attendevo Cassini che fuoriuscisse da quella conferenza e provavo a telefonare a Patrizia. La sua mancanza si faceva sentire e non riuscivo ad accettare che la nostra storia fosse finita in quel modo. Stavolta, mi rispose, con la voce assonnata: «Guarda che è inutile. Stai soltanto sprecando il tuo tempo a telefonarmi in continuazione.» «Buongiorno. Potresti almeno salutarmi. Fa freddo, a Roma?»


27 «Quasi freddo. Lo sai com’è questa città. Dove sei?» «A Norcia e stamattina sarò a Perugia. Sono con il professor Cassini, in missione speciale. Una faccenda delicata.» Patrizia sospirò: «Con le conoscenze che hai non sai trovarti uno straccio di occupazione seria. Quando crescerai, Mario?» Sono talmente abituato a sentirmi chiamare con il mio nome d’arte, che quasi mi meravigliai e glielo dissi: «Sei rimasta la sola a chiamarmi così. Per tutti sono Mister Tau. Ci sentiamo, Cassini e io dobbiamo partire.» Riattaccò dopo un timido saluto. Forse avrei recuperato la donna che amavo, in qualche modo. Certamente, non intendevo rinunciare al mio lavoro. Ma perché un uomo deve sempre giustificare la propria attività con la donna che vorrebbe vicino? Senza considerare che lei, con il suo diplomino di ragioniera, passava da un impiego a tempo a uno precario. Senza contare quelli che, talvolta, pretendevano di depositare le proprie manacce sulle splendide chiappe della mia ex se erano assunti nella carica di capo ufficio oppure nella funzione di capo del personale. Raggiunsi Cassini seduto in una fila intermedia. Intorno a noi, almeno una cinquantina di spettatori erano assorti a sentire l’esposizione del relatore calvo. Si riferiva, costui, in maniera precisa e molto comprensibile, alla storia locale, alle origini dei culti esoterici più antichi in relazione alle migrazioni avvenute nella Protostoria in Italia Centrale. «Quel che conta, al fine di tracciare una relazione tra il sisma e gli effetti psicologici sulla popolazione, potrebbe anche riferirsi a quanto la popolazione che ci interessa pensi del sisma, ovvero a come la gente si relaziona a questo fenomeno della natura. Per esempio, sappiamo che gli Etruschi, o Tirreni, come erano chiamati dai Greci, pensavano che i terremoti fossero manifestazioni riconducibili alle loro divinità sotterranee. Essi stessi, gli Etruschi, sceglievano i territori nei quali insediarsi a seconda dell’abbondanza o meno di acqua, uranio, ferro; e soprattutto, dovevano presentare una forte sismicità. È forse questa la ragione che spinse le popolazioni provenienti dall’Asia Minore a stanziarsi sui luoghi che la morente civiltà villanoviana stava progressivamente abbandonando, proprio qui, nel Centro Italia. La terra tremava allora, e parliamo di almeno settecento anni prima di Cristo, come trema oggi. Ma quel che per noi è un dramma, per il popolo etrusco era un gioioso richiamo di divinità viventi in un paradiso


28 sotterraneo o piuttosto infernale nel senso più ampio del termine. Il loro paradiso era pensato nelle profondità più interne del pianeta e non nell’alto dei cieli. E quel che per noi è la disgrazia peggiore, ovvero morire, per loro diventava la felicità massima: liberarsi dal corpo per volare tra le braccia di Velthe, la dea che viveva sotto terra.» Ascoltando quelle parole mi venne da pensare ai significati che, generalmente, si attribuiscono al tredicesimo arcano dei Tarocchi: La Morte. È vero che la carta ha il senso di una fine, ma anche di un inizio; dell’inevitabile demolizione prima della ricostruzione, ovvero di quel che si consuma per rinascere. Iniziai a fantasticare di come si potesse applicare la divinazione a quella vicenda e al terremoto stesso che scuoteva da sempre la regione dove eravamo, alla gente che era vissuta e che viveva ancora là, alle loro eterne costruzioni e ricostruzioni non solo materiali, ma anche a quel che pensavano dei mondi invisibili e delle divinità che intervenivano a loro spese o per il loro benessere. Dopo l’antropologo, che, in sintesi, era del parere che i fenomeni naturali, in quanto inevitabili, devono essere valutati esclusivamente in base alle reazioni spirituali dei viventi, e quindi anche in relazione alle culture vigenti nei periodi di maggior attività tellurica, parlarono persone interessate alle ricadute economico-sociali in relazione ovviamente al costo della ricostruzione. Il guadagno privato e la spesa pubblica dopo un disastro naturale erano fattori che nella nostra cultura avevano soppiantato qualunque aspetto o interpretazione spirituale. Mi chiedevo quanto potesse valere una conferenza del genere, in un periodo di vera disperazione sociale. Forse, la gente del posto aveva tutto da guadagnare da riunioni come quella; in fondo, l’attenzione dei media non doveva scendere in un periodo di bisogno come quello. «Quando hai quella faccia, hai sentito la tua ragazza…» dichiarò Cassini, allegro come sempre, una volta lasciato il Centro polifunzionale, un’ora e molte chiacchiere dopo. «Non mi va di parlarne. Tanto hai già capito tutto. È servita a qualcosa ‘sta conferenza, secondo te?» «Sì, più che altro a fare il punto sull’afflusso dei fondi per la ricostruzione. Stanno in sostanza ragionando solo di questo. Poi, ho ascoltato un po’ di antropologia spicciola, ma non una parola, non un accenno a questa mattanza che pure dovrebbe essere in qualche modo nei pensieri della comunità locale.»


29 «Se la comunità è rappresentata da persone come quei tizi del bar, la gente di qui ha parecchio da temere…» osservai. «Non te ne stupire. Tranne rarissimi casi, le ricostruzioni attirano stormi di avvoltoi famelici. È inevitabile che sia così.» «Ma questi lavori, la distribuzione di questi fondi, avrà pure il controllo di qualcuno.» «C’è controllo sulle gare di appalto, sui bandi, poi il nulla. Hai presente il terremoto dell’Irpinia?» «Possibile che su ogni attività umana ci sia il cappello dell’interesse più squallido?» «Certamente. Persino le guerre sono sempre ideate e combattute in nome di qualche speculazione, le epidemie, la scarsità di cibo e acqua… tutto. Solo la natura procede su altri binari. E infatti, tutti la temono. O perlomeno, tutti tranne poche eccezioni. L’antropologo che ha parlato oggi ricordava quel che pensavano del sisma gli Etruschi, e non erano i soli, in realtà, a divinizzare alcune manifestazioni naturali.» Nel Maggiolone, ci mettemmo in viaggio che erano le undici di mattina. Poco prima della strada statale, alcune donne già battevano la strada. Erano tutte molto giovani, probabilmente slave. Ripensai a Katia, e a come avrebbe presto fatto parte di quel gruppetto. La vita è troppo avara con qualcuno. O forse, i bisogni di taluni diventano semplicemente il pane di altri. Talvolta, mi vergognavo con me stesso per le banalità che mi venivano in mente. Ma la mente, per tutti noi, è solo il terminale sul quale si riversano le esperienze del mondo in perenne contrasto con le aspettative spirituali. «Sai, professore», mi venne da commentare, «nei bar, di solito si parla di calcio o di avvenimenti di economia spicciola. Che invece il discorso sia incentrato sulla sparizione di una prostituta, la dice lunga. Questa gente è tesa, ha paura.» «Sono contento che tu l’abbia notato. In fondo, siamo qui per questo. E probabilmente, il sentire comune di tante persone è ancora più sensibile di una singola anima. Qui la tensione e la paura per quel che la terra può emanare è palpabile. Del resto, gli esperti sono sicuri che durante i terremoti, alcuni strani avvenimenti possano influire gravemente sull’umore di uomini e animali. Per esempio, le cosiddette luci sismiche.» «Cosa sono?» «Bagliori che appaiono prima e durante le scosse sismiche più violente,


30 presumibilmente prodotti da alterazioni elettromagnetiche generate dalle tensioni che si scaricano nell’ambiente. Non sono fenomeni ben compresi dagli scienziati che, a intervalli regolari, emanano nuove teorie e persino bizzarre interpretazioni di quanto può accadere durante un sisma più o meno grave.» «Se non ricordo male, persino Kant citava alcuni episodi inquietanti nelle sue opere: bussole impazzite, luci abbaglianti e cieli colorati prima del terremoto; Kant pensava che le cause dei terremoti potessero estendere il loro effetto fin nell’atmosfera.» «In Italia, parlano di questi fenomeni sia Ignazio Galli, nel 1910, sia il famoso ideatore della Scala Mercalli, Giuseppe Mercalli, specialmente dopo il sisma del 1908.» «Le luci derivano da fiamme?» Cassini annuì, convinto; quell’argomento pareva stimolare la sua attenzione mentre guidava e lo divertiva. «Certamente, data la gran quantità di gas che si sprigiona durante le scosse. La loro manifestazione è spesso accompagnata da un odore fortissimo di zolfo o bitume. I lampi e le nebbie luminose, e magari alcune sfere notate spesso durante questi fenomeni, hanno probabilmente una natura elettrica che si originerebbe nel sottosuolo, dove durante un sisma le rocce sono sottoposte a enormi compressioni.» «Ecco perché gli antichi pensavano a collegamenti con dèi o demoni riguardo i terremoti!» Arrivammo dopo un’ora e poco dopo eravamo in Procura, all’interno di un palazzone grigiastro. Cassini chiese del procuratore Ambrosetti e un usciere ci indicò un lungo corridoio del secondo piano, dopo averci ritirato i documenti in cambio di un paio di passi che dovevamo portare addosso; Cassini se lo appuntò sulla tasca del giaccone, e io feci altrettanto, sul colletto. Ambrosetti era dietro una scrivania di mogano, dentro una stanza con due finestre e la fotografia del presidente della Repubblica in bella mostra. Un’altra scrivania doveva servire alla sua segretaria, ma era vuota. Il procuratore vestiva un completo gessato color grigio chiaro, una cravatta celeste scuro, e sorrideva in maniera quasi contagiosa. Era un personaggio alto almeno centonovanta centimetri, dall’aspetto atletico e con due baffi imponenti. Vide Cassini e si alzò per stringergli la mano. «Finalmente ti rivedo, professore.»


31 Cassini lo abbracciò, ignorando la sua mano tesa. Sembravano due vecchi liceali che s’incontrano dopo vent’anni. «Ci volevano venti omicidi per rivederti a Perugia!» Cassini sogghignò, con quel suo modo affabile che conquistava tutti persino quando prendeva in giro il suo prossimo. «Questo è il mio amico fidato, in arte Mister Tau: un cartomante!» annunciò il professore, con finta enfasi. Gli piaceva stuzzicarmi e lo sapevo benissimo. Anche perché lui provocava amabilmente solo le persone che amava. Il magistrato sospirò, con simulata ammirazione: «Perbacco, ti sei dotato di un aiutante… E la tua vecchia segretaria?» «In maternità, amico mio, e comunque è a Roma.» «Ah, come la mia, solo che è a Perugia!» I due si misero a ridere come bambini. Era quasi un piacere vederli. A me giravano parecchio le scatole. Odio gli ambienti giudiziari. I magistrati, poco meno. Dopo un’inevitabile visita al bar interno, affollato di magistrati, carabinieri e avvocati, tornammo nell’ufficio di Ambrosetti che non smetteva di rievocare i tempi in cui, a quanto capivo, i due amici erano andati spesso a pesca insieme: «Soltanto, caro ragazzo», disse, mentre rideva, rivolto a me, «che la maggior parte delle volte, per non sfigurare con le ragazze del posto, il tuo professore faceva qualche compera in pescheria…» «Sono vili menzogne. Quando pescavamo sul Trasimeno, la trota più grande fu la mia!» rispose Cassini, con l’espressione indignata, mentre sghignazzava. «E quel persico che presi quel giorno che diluviava? Sembrava uno squalo!» Andarono avanti per un bel po’, e a guardarli non si sarebbe detto che eravamo lì per parlare di efferati crimini. Anzi, avevo la netta impressione che i due amici cercassero di scacciare i mille fantasmi che dovevano infestare le loro menti. Spesso, avevo visto Cassini, al culmine di una situazione di indicibile complessità, rilassarsi ridendo di qualunque sciocchezza. Quando ritornarono al presente, il viso di Ambrosetti divenne terreo. Dispose sulla scrivania una ventina di fotografie di corpi straziati con tanto sangue sparso dappertutto: sugli arredi, sulle pareti, su tavoli e tappeti. Mi sembravano le stesse mostrate a casa del monsignore. O forse non le guardavo con sufficiente attenzione, essendo strazianti e


32 spaventose. La morte violenta è qualcosa di sconvolgente per chiunque, specie se avviene con tanto spargimento di sangue. Mi chiesi quanta ferocia poteva pretendere manovre così efferate. Mentre descriveva date e presunti orari dei decessi, io non potevo distogliere lo sguardo da quelle scene di vera macelleria. Vedere un cadavere con il viso sconvolto dal terrore di un’aggressione mortale e la cassa toracica squarciata per estrarre il cuore era veramente orribile. «Hanno tagliato lo sterno longitudinalmente, per poi usare un divaricatore come quelli tipici della cardiochirurgia, e hanno strappato il cuore. I medici hanno il sospetto che almeno in cinque casi le vittime fossero ancora vive mentre era eseguita… l’operazione.» «Quindi, almeno due persone», osservò Cassini. Ambrosetti sospirò: «Non lo sappiamo ancora. Le vittime abitavano quasi sempre in condominio, ma nessuno ha sentito nulla e tantomeno avvisato le autorità. Hanno sempre agito senza scassinare le porte o le finestre e con grande rapidità. Per le scritte hanno usato il sangue delle vittime. Cosa ne pensi?» «Ne parlavo con Porreggiani. Sembrano proprio omicidi rituali.» Ambrosetti sembrava perplesso. «Potrebbero essere simulati. Spesso i serial killer si creano false identità proprio per depistare gli inquirenti. Oppure, se così non è, perché tanta macelleria gratuita?» «Un solo assassino può riuscire a entrare nell’abitazione di queste persone senza mai dare nell’occhio o creare allarme…? Tra l’altro, pur non essendo un chirurgo, mi pare che l’estrazione del muscolo cardiaco sia stata compiuta con una certa precisione. Io penso che da solo occorra essere un novello Barnard per compiere questi interventi.» «Hanno usato strumenti chirurgici, questo è certo. Quel che non riesco a capire è perché sfidare apertamente la polizia, gli inquirenti.» Cassini si aggiustò sulla poltrona, come per cercare una posizione migliore. Si grattò la testa e chiese: «Le conclusioni della polizia?» Ambrosetti storse un angolo della bocca, come se dovesse dire qualcosa di spiacevole; ma non rispose e si rivolse a me: «Lei, giovanotto, ha mai visto niente di simile?» Fui sorpreso da quella domanda; ero solo l’amico di un amico e cosa poteva mai interessare, al magistrato che indagava su quell’orrore, il mio parere? «Non mi occupo di criminologia. Ma posso dirle che… no, di certo, non ho mai visto nulla di simile. Comunque, ci vuole una determinazione notevole per porre in essere omicidi tanto crudeli e con


33 questo spargimento di sangue. Oppure, essere preda di qualche droga che induce a una ferocia innaturale.» Ambrosetti assentì, paziente, per rispondere come se fosse un insegnante che sta parlando a uno scolaretto un po’ ottuso: «Certo, potrebbe essere. Ma un assassino seriale difficilmente compie questo macello con tanta precisione e, soprattutto, riuscire nell’intento di farsi sempre e comunque aprire la porta dal padrone di casa… E questo spiega anche l’assenza di testimoni.» «Da Roma», riprese Cassini, «vogliono notizie certe. Il Vaticano pensa si tratti di esponenti di un culto misterico-religioso che hanno deciso di compiere sacrifici umani. E il Vaticano sa benissimo che spesso, in casi come questo, le Procure evitano di considerare questi delitti come rituali o massonici.» «Sì, so la storia. Si polemizza spesso, su periodici e siti internet, di queste baggianate. Pensa se si fosse seguita una pista del genere in casi come quello di Donato Bilancia. Dobbiamo saper distinguere e non trarre conclusioni affrettate, caro mio.» «Bada, Luigi, non mi va di litigare con te sui metodi d’indagine dei giudici italiani, ma ci sarebbe comunque da discutere parecchio. E qualche tuo collega potrebbe non concordare con te. Comunque, cercherò di non intralciare le vostre indagini, e non ti chiedo cosa pensate di fare.» «Cosa che non ti potrei dire comunque. E ti prego di fare attenzione. Chiunque e per qualunque motivo stia compiendo questi omicidi, di sicuro non ha scrupoli e non ha pietà. Agisce secondo un calendario preciso e con cura prepara le sue aggressioni, sempre riuscite. Nessuno è mai riuscito a scampare, finora.» «E come pensate di fermare questo macello?» Ambrosetti parve di nuovo imbarazzato: «Più che altro, quando e se l’assassino si tradirà con qualche errore… Mi muovo praticamente da solo. Le indagini che occupano gli altri sono relative alle consuete infiltrazioni camorristiche. C’è una strana apatia in città. E sta emergendo che molti dei… sacrificati erano prossimi comunque alla morte. Gente malata seriamente. Seguiamo anche una pista negli ospedali.» Cassini lo guardò fisso. Questa era una novità. Percepivo chiaramente il suo stupore. «Eppure li hanno squarciati senza alcuna pietà…» disse, più che altro a


34 sé stesso, mentre cercava di riflettere su qualche particolare che a me, sinceramente, sfuggiva in quel momento. Lo schifo e l’orrore erano troppo intensi per permettermi di formulare qualsiasi ipotesi convincente o almeno plausibile. «Senza cuore, davvero, anche loro», ammise il magistrato. Mi permisi di far notare come sarebbe stato opportuno stilare una mappa degli omicidi, ovvero pensare di anticipare la prossima mossa degli assassini. Ambrosetti mi squadrò con finta severità. «Ora capisco perché ti sei portato dietro questo ragazzo. Un tipo che ragiona. Vede, Mister Tau, dopo il quinto caso, abbiamo cercato proprio di capire che tipo di strategia seguissero gli assassini. Ci siamo appostati negli ospedali, ma lì niente di strano anche nelle morti repentine di qualche malato terminale. Qui non si tratta di un cosiddetto angelo della morte. Probabilmente, sono presi di mira personaggi malati per fiaccarne l’eventuale resistenza. Anche psicologicamente, spesso queste persone non hanno un grande attaccamento alla vita. Ma sono state aggredite e brutalmente straziate nei modi che ha potuto vedere anche prostitute che stavano benissimo in salute.» «Sì», intervenne Cassini. «Negli omicidi rituali, capire l’esatta dinamica delle aggressioni e la scelta delle vittime è cosa impossibile. Talvolta è una sola persona che pianifica il tutto e gli altri eseguono. E questa volta deve trattarsi di persona molto affabile e in grado di convincere le persone prescelte a farsi ammettere facilmente in casa loro. Magari una persona nota tra le associazioni che si occupano di anziani o disabili.» «Potrebbe darsi. E hai ragione: è più facile con i delitti dei killer seriali. In quei casi è effettivamente possibile anticipare le loro mosse e preparare eventuali trappole.» «E allora», chiesi, «come sarà possibile evitare che il massacro continui?» «Io so solo», disse ancora Cassini, «che quando la polizia si deciderà a fare indagini serrate e organiche in certi ambienti, allora uscirà fuori qualche nome. Le sette, perché di questo si tratta, raramente sono circoli perfettamente chiusi. Hanno bisogno di appoggi esterni, spesso coinvolgono persone abbienti, e possono contare su reti di fiancheggiatori e simpatizzanti. Non solo qui in Italia, beninteso; anzi, per quel che so io, all’estero, e soprattutto in Gran Bretagna, è anche


35 peggio.» Ambrosetti sorrise: «Quanti pretendenti al mio posto! Voi leggete troppi libri gialli. La realtà è più sfuggente. E talvolta, quando devi dividere le forze per seguire tre-quattro indagini ugualmente importanti, ti resta solo la tua mente e ragionamenti che speri ti portino a capire, almeno, se esiste una logica dietro le mosse di un criminale. La logica è l’unico salvagente al quale aggrapparsi durante tempeste orripilanti come questa.» «Certamente, ma io devo occuparmi di quel che la crisi odierna sta apportando alle coscienze dei bravi cittadini della Valnerina. E della faccenda degli omicidi rituali pare che non voglia occuparsene quasi nessuno. Devo capire se questa cosa fa troppa paura, oppure chi di dovere considera tali vittime una sorta di danni collaterali accettabili.» Ambrosetti atteggiò la bocca a una specie di ghigno: «Forse stai toccando il tasto dolente. Ma una risposta non sarà facile neanche per la tua arguzia. Ti stai confrontando con il carattere di queste popolazioni. È un elemento che contemplo sempre nelle mie indagini.» «E cosa ne ricavi?» Il magistrato si alzò e cominciò a percorrere la stanza in semicerchio, lentamente, a testa bassa. Stava riflettendo su qualcosa che doveva averlo tormentato parecchio, ultimamente. «Probabilmente», disse, lentamente, dopo qualche istante di quella passeggiata all’interno della sua mente più che nella sua stanza, «in un certo senso, la spiritualità di queste genti ha sempre trovato un tenace avversario nel Diavolo che i satanisti invocano da centinaia di anni. Potrebbero essere più chiari i parroci della zona, ma anch’io ne sento parlare continuamente. E questi culti fanno proseliti, adocchiano persone bisognose o semplicemente deboli e magari malate. Le nostre inchieste se ne occupano sempre quando esiste un collegamento con casi di stupro o di rapimento, magari per brevi periodi. Raramente riusciamo a mettere le manette ai capi delle sette. E forse in un ambiente simile sono maturati i delitti di cui ti stai occupando e che preoccupano tanto me. Non tutti, a dire il vero. Ma io sì, e non posso farne a meno.» Cassini si alzò per stringergli di nuovo la mano. Ambrosetti la strinse, poi lo abbracciò brevemente. Mi guardò e rise: «Stia attento a questo bambinone. Ha un incredibile talento per certe questioni, ma anche un’incoscienza degna di miglior nota.»


36 Cassini rise di gusto: «Se ti raccontassi alcune avventure del mio amico… Ma un’altra volta e magari davanti a un bel piatto di tagliatelle al cinghiale!» «E a cinque litri di ottimo rosso di questi dintorni… A presto, amico mio, e fatti sentire nei prossimi giorni. O magari, ti verrò a cercare io. Ci sarà occasione, vedrai.» )LQH DQWHSULPD &RQWLQXD


AVVISO NUOVO PREMIO LETTERARIO: In occasione del suo 10° anniversario, la 0111edizioni organizza la Prima edizione del Premio "1 Giallo x 1.000" per gialli e thriller, a partecipazione gratuita e con premio finale in denaro (scadenza 31/12/2018) http://www.0111edizioni.com/

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